La Smart City rinnova il modo di amministrare

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La Smart City rinnova il modo di amministrare Per la Fondazione San Benedetto la necessità di unarivoluzione«human» Più «following», cioè per- sone da ascoltare, con cui dia- logare e di cui avere cura, e meno follower, cioè utenti che guardano cosa fai, che ti seguono. Usando il linguaggio dei so- cial network, in questo caso di Twitter, ieri sera Michele Vianello, «Smart communi- ties strategist» chiamato dal- la Fondazione San Benedetto a parlare ai bresciani del te- ma delle Smart city e del ruo- lo dei cittadini, ha dato alcuni consigli agli amministratori locali e al folto pubblico che ha animato il Centro Paolo VI. «Impariamo a parlare con i cittadini con questi strumen- ti - ha affermato -. Un'artista deve avere certo più follower, cioè fan che lo seguono, ma le Amministrazioni non posso- no ignorare questo straordi- nario strumento di customer e comunicazione, dove ci so- no moltissime persone che ti parlano». Un esempio: «È me- glio avere molti following che al mattino segnalano che un semaforo così non va, piutto- sto che commissionare uno studio all'universitàperrisol- vere il problema». La serata di ieri, organizzata dalla Fondazione nell'ambi- to della propria Scuola, ha messo al centro un tema che anche Brescia da qualche tempo ha iniziato ad affronta- re: la Smart city; argomento scelto dagli stessi studenti stessi e sviluppato insieme a quattro esperti della materia. «Non basta ordinare un con- fronto con i cittadini più in- tenso e trasparente per af- frontare la complessità dei problemi che la nostra socie- tà ha davanti - ha affermato Marco Nicolai, vicepresiden- te della San Benedetto, in apertura di serata -. La nostra città fa i primi passi verso le Smart cities, ma abbiamo an- cora molto da lavorare insie- me perché una vera rivoluzio- ne sussidiaria venga applica- ta». Alessandro Balducci, proret- tore vicario del Politecnico di Milano, ha aggiunto al termi- ne Smart city la parola "hu- man", perché le città non sa- ranno migliori e sostenibili solo basandosi sulle reti infor- matiche e sulle nuove tecno- logie. In particolare, il docente ha insistito sul concetto di piani- ficazione moderna, che è ra- dicalmente cambiato rispet- to al passato: «Non si proget- ta più dal basso verso l'alto, con il Comune che impone le proprie idee, ma al contrario. Dobbiamo sviluppare una forma di smart plannig per usarelarete nelle due direzio- ni: inviare messaggi e riceve- re messaggi, cioè imparare dal basso ed essere capaci di accompagnare i processi». Anche per Mario Calderini, ordinario di Strategie dell'In- novazione al Politecnico di Milano, la pianificazione "top down" è finita, oggi ser- ve applicare «interoperabili- tà, scalabilità e replicabilità». Infine Paolo Testa (della fon- dazione Anci Ricerche) ha parlato di una incapacità de- gli amministratori di immagi- narsi una città nuova dove «convivere, produrre, consu- mare e volersi un po' più be- ne; vanno rimessi in discus- sione alcuni fondamentali che non hanno a che fare con lo smart, ma con la city, con le politiche urbane, dove la tecnologia e le risorse ci so- no, a mancare è la capacità degli amministratori e dei funzionari a cogliere le oppor- tunità di metodi strategici». Giuliana Mossoni La sala gremita ieri sera per il convegno al Centro Pastorale Paolo VI

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Articolo sul convegno tenutosi a Brescia Fondazione San Benedetto

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La Smart City rinnova il modo di amministrare Per la Fondazione San Benedetto la necessità di una rivoluzione «human»

• Più «following», cioè per­sone da ascoltare, con cui dia­logare e di cui avere cura, e meno follower, cioè utenti che guardano cosa fai, che ti seguono. Usando il linguaggio dei so­cial network, in questo caso di Twitter, ieri sera Michele Vianello, «Smart communi-ties strategist» chiamato dal­la Fondazione San Benedetto a parlare ai bresciani del te­ma delle Smart city e del ruo­lo dei cittadini, ha dato alcuni consigli agli amministratori locali e al folto pubblico che ha animato il Centro Paolo VI. «Impariamo a parlare con i cittadini con questi strumen­ti - ha affermato -. Un'artista deve avere certo più follower, cioè fan che lo seguono, ma le Amministrazioni non posso­no ignorare questo straordi­nario strumento di customer e comunicazione, dove ci so­no moltissime persone che ti parlano». Un esempio: «È me­glio avere molti following che al mattino segnalano che un semaforo così non va, piutto­sto che commissionare uno studio all'universitàperrisol-vere il problema». La serata di ieri, organizzata

dalla Fondazione nell'ambi­to della propria Scuola, ha messo al centro un tema che anche Brescia da qualche tempo ha iniziato ad affronta­re: la Smart city; argomento scelto dagli stessi studenti stessi e sviluppato insieme a quattro esperti della materia. «Non basta ordinare un con­fronto con i cittadini più in­tenso e trasparente per af­frontare la complessità dei problemi che la nostra socie­tà ha davanti - ha affermato Marco Nicolai, vicepresiden­te della San Benedetto, in apertura di serata -. La nostra città fa i primi passi verso le Smart cities, ma abbiamo an­cora molto da lavorare insie­me perché una vera rivoluzio­ne sussidiaria venga applica­ta». Alessandro Balducci, proret­tore vicario del Politecnico di Milano, ha aggiunto al termi­ne Smart city la parola "hu­man", perché le città non sa­ranno migliori e sostenibili solo basandosi sulle reti infor­matiche e sulle nuove tecno­logie. In particolare, il docente ha insistito sul concetto di piani­ficazione moderna, che è ra­

dicalmente cambiato rispet­to al passato: «Non si proget­ta più dal basso verso l'alto, con il Comune che impone le proprie idee, ma al contrario. Dobbiamo sviluppare una forma di smart plannig per usarelarete nelle due direzio­ni: inviare messaggi e riceve­re messaggi, cioè imparare dal basso ed essere capaci di accompagnare i processi». Anche per Mario Calderini, ordinario di Strategie dell'In­novazione al Politecnico di Milano, la pianificazione "top down" è finita, oggi ser­ve applicare «interoperabili-tà, scalabilità e replicabilità». Infine Paolo Testa (della fon­dazione Anci Ricerche) ha parlato di una incapacità de­gli amministratori di immagi­narsi una città nuova dove «convivere, produrre, consu­mare e volersi un po' più be­ne; vanno rimessi in discus­sione alcuni fondamentali che non hanno a che fare con lo smart, ma con la city, con le politiche urbane, dove la tecnologia e le risorse ci so­no, a mancare è la capacità degli amministratori e dei funzionari a cogliere le oppor­tunità di metodi strategici».

Giuliana Mossoni

La sala gremita ieri sera per il convegno al Centro Pastorale Paolo VI