La Siria. - Università di Roma Dispense... · A differenza della Mesopotamia e dell’Anatolia,...

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La Siria. 1. Storia dell’esplorazione archeologica Nel quadro dell’interesse per lo studio delle più antiche civiltà del Vicino Oriente, stimolato dalla riscoperta di quell’area avvenuta tra 1700 e 1800, la Siria (si intende con questa denominazione l’area oggi suddivisa tra Siria e Libano, con la provincia di Iskenderun, in Turchia) restò un po’ ai margini: nel 1860 la Francia di Napoleone III, con l’esplicita mira di rinnovare i trionfi, anche culturali, di Napoleone I in Egitto, aveva lanciato un programma per l’esplorazione dei maggiori siti fenici, Biblo, Sidone, Tiro e Arwad. I risultati di questa spedizione non furono, però, particolarmente soddisfacenti dal punto di vista, soprattutto, della raccolta di preziosi reperti per i musei, tanto che, in quella fase, la scoperta più sensazionale avvenne a Nimrud, in Assiria, con la corretta attribuzione a botteghe fenicie di un gruppo di oggetti di avorio di pregevole fattura. Poco dopo, nel 1888, uno studioso tedesco, F. von Luschan, iniziava lo scavo del tell di Zincirli, l’antica Sam‘al, con la collaborazione di R. Koldewey, che si sarebbe successivamente dedicato con successo all’esplorazione di Babilonia e nel 1911 iniziava, ad opera di M. von Oppenheim, lo scavo di Tell Halaf. Seppure con qualche iniziale incertezza nell’attribuzione cronologica dei reperti, soprattutto nel caso di Tell Halaf, i due siti rivelarono, con i loro complessi di ortostati scolpiti, la cultura siriana della prima metà del I millennio a.C., che venne, però, giudicata “primitiva” e “provinciale”, rispetto alla grande cultura mesopotamica, che pure, in quel periodo, si andava riscoprendo. Questo giudizio negativo si basava, da un lato, sulla valutazione della qualità delle opere trovate e, dall’altro, sulla mancanza di documentazione scritta, un fatto che ha relegato per molto tempo l’antica Siria tra le civiltà illetterate. Sempre agli stessi anni (1908) risalgono alcune operazioni condotte dagli Inglesi a Karkemish, con l’unico scopo di recuperare, anche in questo caso, gruppi di rilievi, che già apparivano in superficie. Il mancato approfondimento degli scavi a Karkemish, che, come oggi si è appurato, fu un centro di grande importanza a partire dal III millennio a.C., impedì, in quel momento, la comprensione dello sviluppo dell’antica arte siriana, tanto che la cultura del I millennio a.C. fu a lungo definita neo-hittita o siro-hittita, poiché se ne ignoravano i fondamenti e le elaborazioni originali dei periodi proto- e paleosiriano (Bronzo Antico e Bronzo Medio). Dopo la I Guerra mondiale, Siria e Libano divennero protettorati francesi e fu, dunque, la Francia a impegnarsi più continuativamente, riprendendo immediatamente, ma in modo questa volta sistematico, l’esplorazione dei centri fenici. Ancora una volta i risultati non furono all’altezza delle aspettative, con un’unica eccezione, Biblo, dove si ebbe la conferma dell’importanza della cultura artistica fenicia, con il rinvenimento del sarcofago del re Ahiram. D’altro canto, non fu possibile identificare i livelli pertinenti, dell’età del Ferro, ma il sito si dimostrò importantissimo per la definizione degli sviluppi artistici del III e del II millennio a.C. e dei complessi rapporti commerciali e politici tra Siria ed Egitto nello stesso periodo. Malauguratamente, la metodologia di scavo applicata fu così inadeguata da creare molti ostacoli alla ricostruzione complessiva dell’urbanistica del centro. A differenza della Mesopotamia e dell’Anatolia, ove, seppure in modo approssimativo, erano state condotte ricognizioni di superficie per l’identificazione di siti antichi, l’esplorazione della Siria è, in questa fase, legata unicamente a rinvenimenti occasionali, che attirarono l’attenzione, ad esempio, su Mishrife, l’antica Qatna, dove R. du Mesnil du Buisson condusse quattro campagne a partire dal 1926, o su Tell Nebi Mend, l’antica Qadesh (M. Pézard dal 1921), ma su siti di questo tipo solo un’esplorazione sistematica di lunga durata poteva dare risultati apprezzabili. Più interessanti sono stati, sempre per la definizione della cultura del I millennio a.C., gli scavi di Arslan Tash (dal 1928) e di Tell Ahmar (1929-1931). Ma sicuramente il momento cruciale dell’archeologia siriana coincide con l’inizio di due grandi cantieri francesi, tuttora attivi, Ugarit sulla costa, intrapreso da C.F.A. Schaeffer nel 1929, e Mari, ai confini con l’Iraq, iniziato da A. Parrot nel 1933. Il secondo centro, che, come si è già visto, è di cultura propriamente mesopotamica, ha dato un gran numero di documenti cuneiformi, dell’inizio del II millennio a.C., che hanno fornito una messe di dati sugli eventi storici anche della Siria settentrionale, per gli stretti legami che intratteneva con Aleppo. Ugarit, invece, fece conoscere un importantissimo centro del Bronzo Tardo, con una cultura architettonica e artistica di grande originalità e,

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La Siria.

1. Storia dell’esplorazione archeologica

Nel quadro dell’interesse per lo studio delle più antiche civiltà del Vicino Oriente, stimolato dalla riscoperta di quell’area avvenuta tra 1700 e 1800, la Siria (si intende con questa denominazione l’area oggi suddivisa tra Siria e Libano, con la provincia di Iskenderun, in Turchia) restò un po’ ai margini: nel 1860 la Francia di Napoleone III, con l’esplicita mira di rinnovare i trionfi , anche culturali, di Napoleone I in Egitto, aveva lanciato un programma per l’esplorazione dei maggiori siti fenici, Biblo, Sidone, Tiro e Arwad. I risultati di questa spedizione non furono, però, particolarmente soddisfacenti dal punto di vista, soprattutto, della raccolta di preziosi reperti per i musei, tanto che, in quella fase, la scoperta più sensazionale avvenne a Nimrud, in Assiria, con la corretta attribuzione a botteghe fenicie di un gruppo di oggetti di avorio di pregevole fattura. Poco dopo, nel 1888, uno studioso tedesco, F. von Luschan, iniziava lo scavo del tell di Zincirli, l’antica Sam‘al, con la collaborazione di R. Koldewey, che si sarebbe successivamente dedicato con successo all’esplorazione di Babilonia e nel 1911 iniziava, ad opera di M. von Oppenheim, lo scavo di Tell Halaf. Seppure con qualche iniziale incertezza nell’attribuzione cronologica dei reperti, soprattutto nel caso di Tell Halaf, i due siti rivelarono, con i loro complessi di ortostati scolpiti, la cultura siriana della prima metà del I millennio a.C., che venne, però, giudicata “primitiva” e “provinciale”, rispetto alla grande cultura mesopotamica, che pure, in quel periodo, si andava riscoprendo. Questo giudizio negativo si basava, da un lato, sulla valutazione della qualità delle opere trovate e, dall’altro, sulla mancanza di documentazione scritta, un fatto che ha relegato per molto tempo l’antica Siria tra le civiltà illetterate. Sempre agli stessi anni (1908) risalgono alcune operazioni condotte dagli Inglesi a Karkemish, con l’unico scopo di recuperare, anche in questo caso, gruppi di rilievi, che già apparivano in superfi cie. Il mancato approfondimento degli scavi a Karkemish, che, come oggi si è appurato, fu un centro di grande importanza a partire dal III millennio a.C., impedì, in quel momento, la comprensione dello sviluppo dell’antica arte siriana, tanto che la cultura del I millennio a.C. fu a lungo defi nita neo-hittita o siro-hittita, poiché se ne ignoravano i fondamenti e le elaborazioni originali dei periodi proto- e paleosiriano (Bronzo Antico e Bronzo Medio). Dopo la I Guerra mondiale, Siria e Libano divennero protettorati francesi e fu, dunque, la Francia a impegnarsi più continuativamente, riprendendo immediatamente, ma in modo questa volta sistematico, l’esplorazione dei centri fenici. Ancora una volta i risultati non furono all’altezza delle aspettative, con un’unica eccezione, Biblo, dove si ebbe la conferma dell’importanza della cultura artistica fenicia, con il rinvenimento del sarcofago del re Ahiram. D’altro canto, non fu possibile identifi care i livelli pertinenti, dell’età del Ferro, ma il sito si dimostrò importantissimo per la defi nizione degli sviluppi artistici del III e del II millennio a.C. e dei complessi rapporti commerciali e politici tra Siria ed Egitto nello stesso periodo. Malauguratamente, la metodologia di scavo applicata fu così inadeguata da creare molti ostacoli alla ricostruzione complessiva dell’urbanistica del centro. A differenza della Mesopotamia e dell’Anatolia, ove, seppure in modo approssimativo, erano state condotte ricognizioni di superfi cie per l’identifi cazione di siti antichi, l’esplorazione della Siria è, in questa fase, legata unicamente a rinvenimenti occasionali, che attirarono l’attenzione, ad esempio, su Mishrife, l’antica Qatna, dove R. du Mesnil du Buisson condusse quattro campagne a partire dal 1926, o su Tell Nebi Mend, l’antica Qadesh (M. Pézard dal 1921), ma su siti di questo tipo solo un’esplorazione sistematica di lunga durata poteva dare risultati apprezzabili. Più interessanti sono stati, sempre per la defi nizione della cultura del I millennio a.C., gli scavi di Arslan Tash (dal 1928) e di Tell Ahmar (1929-1931). Ma sicuramente il momento cruciale dell’archeologia siriana coincide con l’inizio di due grandi cantieri francesi, tuttora attivi, Ugarit sulla costa, intrapreso da C.F.A. Schaeffer nel 1929, e Mari, ai confi ni con l’Iraq, iniziato da A. Parrot nel 1933. Il secondo centro, che, come si è già visto, è di cultura propriamente mesopotamica, ha dato un gran numero di documenti cuneiformi, dell’inizio del II millennio a.C., che hanno fornito una messe di dati sugli eventi storici anche della Siria settentrionale, per gli stretti legami che intratteneva con Aleppo. Ugarit, invece, fece conoscere un importantissimo centro del Bronzo Tardo, con una cultura architettonica e artistica di grande originalità e,

ugualmente, con importanti archivi di tavolette cuneiformi. Questi due siti, inoltre, furono per alcuni decenni gli unici ad avere archivi di testi scritti, confermando, in qualche modo, l’impressione iniziale sulla scarsa attitudine alla scrittura della regione. Dopo il 1933, anno nel quale fu promulgata la nuova legge per le antichità in Iraq, molti archeologi, soprattutto inglesi, si rivolsero alla Siria, dove ancora non era stato adottato il criterio di spartizione dei reperti. Tra gli scavi più importanti di questa fase si ricordano, oltre alla già citata Mari (Parrot aveva anch’egli lavorato a lungo in Mesopotamia, a Tello), quello intrapreso da C.L. Woolley (lo scopritore di Ur) ad Alalakh, nella piana di Iskenderun, e quelli iniziati da M.E.L. Mallowan (il marito di Agatha Christie) in alta Siria. È, tuttavia, caratteristico, nelle valutazioni di tutti questi studiosi, il pregiudizio negativo dominante sulla cultura siriana preclassica: le esplorazioni in alta Siria, infatti, portavano alla luce siti che avevano certamente forti contatti con la Mesopotamia e, quindi, era abbastanza facile relegare gli eventuali elementi discordanti a espressioni di provincialismo. Più complesso era l’esame dei repertori ceramici e fi gurativi e della cultura architettonica di siti costieri, come Alalakh o Ugarit, ove gli elementi originali sono invece prevalenti; ma, anche in questo caso, al di là dell’identifi cazione della cultura materiale propriamente locale (ad esempio la ceramica caliciforme del Bronzo Antico), nella presentazione della cultura fi gurativa si privilegiava il confronto con il mondo mesopotamico, considerato comunque dominante e più maturo nelle sue realizzazioni. Pur con queste remore, comunque, l’esplorazione archeologica tra le due guerre portò a una conoscenza ampia della Siria del Bronzo Tardo e del Ferro e fece intravedere le potenzialità dello studio delle fasi del Bronzo Antico e Medio. Alla fi ne della seconda Guerra Mondiale la Siria ottenne, come quasi tutti gli altri Paesi della regione, l’indipendenza e immediatamente intraprese un rilevante sforzo organizzativo per creare una struttura scientifi ca e amministrativa di tutela del suo patrimonio culturale: per alcuni anni si impegnò, quindi, in questo arduo compito, che comprese anche la sistemazione e la costruzione dei musei di Damasco e Aleppo, mentre archeologi siriani iniziavano importanti scavi, da soli o in collaborazione con studiosi stranieri (Palmira, Tell Kazel, Amrit). Anche le grandi imprese tradizionali (Mari, Ugarit, Biblo) ripresero presto a operare e, intorno alla metà degli anni ’60 cominciarono a presentarsi archeologi stranieri che, ormai, potevano considerarsi specialisti dell’antica Siria. È in questa fase che inizia la missione a Ebla, diretta da P. Matthiae (1964), che avrebbe portato alla rivelazione della grande civiltà proto- e paleosiriana. La Siria è, allo stato attuale, una delle zone più promettenti dell’archeologia orientale, sia per l’oggettiva importanza della sua cultura preclassica, sia anche per la grande liberalità delle Autorità locali (vi operano più di 100 missioni straniere). In particolare, dal 1973 a oggi, vi è stata una forte concentrazione di attività nella Jezira, per operazioni di salvataggio legate alla costruzione delle dighe sull’Eufrate e sul Khabur, che stanno consentendo una ricostruzione abbastanza organica degli sviluppi culturali di quella regione. Se, dunque, importanti lavori di sintesi sulla storia dell’arte del Vicino Oriente antico (H. Frankfort) ancora univano le civiltà delle regioni non mesopotamiche sotto il titolo di “culture periferiche”, soprattutto per quanto riguarda la Siria siamo oggi in grado di valutarne appieno gli apporti originali e gli sviluppi distintivi.

2. L’ambiente geografi co

La Siria antica corrisponde abbastanza esattamente al Paese moderno con questo nome, includendo, ovviamente, anche il Libano, creato come Stato durante il protettorato francese, e la piana di Iskenderun, che fu sottratta alla Siria con un referendum truffa nel 19xx. È, quindi, limitata a nord dalle catene montuose che iniziano dal Tauro e confl uiscono negli Zagros, a sud dal Giolan e a ovest dal Mediterraneo, mentre a est il territorio sfuma in quello che è impropriamente defi nito deserto di Siria e che è, in realtà, più propriamente una regione stepposa.

Da punto di vista fi sico, pertanto, la Siria non è una zona unitaria come la Mesopotamia, ma nemmeno frazionata come l’Anatolia, piuttosto può essere suddivisa in alcune regioni principali: la pianura costiera, le vallate del Ghab e del Ruj, l’altopiano settentrionale, la Jezira e la regione meridionale.

La piana costiera, chiusa a est dalle catene del Libano, dell’Antilibano e dell’Amano, è fertilissima, con clima mediterraneo e piovosità abbondante, ma il territorio che offre all’insediamento umano è abbastanza

limitato e non consente colture estensive di cereali, mentre è assai adatto a colture ortofrutticole; le montagne erano fi no all’età romana coperte da una ricca vegetazione di conifere. I centri di questa regione, quindi, non sono mai di dimensioni molto estese e sviluppano assai presto una spiccata vocazione commerciale, che poteva sfruttare le potenzialità offerte dal mare.

Le vallate del Ghab e del Ruj si estendono, parallelamente alla costa, tra le catene montagnose costiere a ovest e il sistema del Jebel Zawiye-Jebel Ansariyye a est. Hanno caratteristiche climatiche simili a quelle costiere e, in più, sono rese ancora più fertili dalla presenza dell’Oronte, unico fi ume di una certa portata in Siria. Anche in questo caso, la situazione geografi ca non ha portato allo sviluppo di rilevanti centri, con esteso controllo sul territorio, ma piuttosto il fi orire di una costellazione di centri medi o piccoli con economia prevalentemente agricola.

L’altopiano settentrionale, tra il Jebel Ansariyye a ovest, la steppa a est, l’Eufrate a nord e un’altra regione stepposa a sud di Homs, non presenta corsi d’acqua importanti, con l’unica eccezione del Nahr Qoueiq, che, oggi completamente prosciugato, si perdeva in una palude a sud-est di Aleppo, ha clima caldo e secco in estate, freddo e secco in inverno, con piovosità media annua intorno a 300 mm. La pioggia si distribuisce nei mesi autunnali e primaverili, creando le condizioni ideali per coltivazioni estensive di cereali. Questa zona è, pertanto, adatta a sostenere centri urbani di grandi dimensioni, in grado di controllare bacini agricoli assai estesi, attraverso una rete di villaggi medi e piccoli e con l’integrazione con l’allevamento transumante degli ovini.

La Jezira siriana è la zona più settentrionale, compresa tra il Tigri e l’Eufrate (il termine signifi ca “isola”); è una regione climaticamente semi-arida, che usufruisce di una limitata piovosità invernale, ma soprattutto dell’apporto fornito dai due corsi d’acqua maggiori e dai loro affl uenti, come il Khabur. È, quindi, una zona di agricoltura irrigativa, molto simile alla Mesopotamia, caratterizzata dalla presenza di un buon numero di centri abitati, talora di notevoli dimensioni.

La regione centro-meridionale, da Homs al Giolan, è caratterizzata da un vasto settore di steppa, a nord-est, e dalla presenza della regione montagnosa a sud, con la cima più alta della Siria, il monte Hermon, usualmente innevato in inverno, con prevalenza di formazioni vulcaniche basaltiche e con terreni particolarmente adatti alla coltura della vite. Gli insediamenti si concentrano nelle vallate pedemontane, non molto ampie, mentre la zona più favorevole all’insediamento è la vasta e fertile oasi nella quale, infatti, fu costruita Damasco.

Complessivamente, quindi, pure in assenza di un grande corso d’acqua che la attraversi interamente, o in gran parte, la Siria si presenta come una regione particolarmente adatta all’insediamento umano, per la presenza di numerose specie vegetali spontanee, dalle graminacee, alle leguminose, agli alberi da frutto e per la possibilità di sfruttare forme di allevamento transumante tra steppa e coltivato, integrate perfettamente al sistema di sussistenza e non confl ittuali rispetto alla popolazione sedentaria. A differenza di quello mesopotamico, molto esteso e distribuito su varie collinette non troppo elevate, l’insediamento siriano è piuttosto raccolto, spesso stabile nel tempo e, quindi, assume una caratteristica forma “a budino rovesciato”, che è ciò che propriamente si defi nisce tell (termine arabo che indica una collina creata dall’opera umana).

3. Gli eventi storici3.1. Il periodo Neolitico e il periodo protostorico (ca. 6000-2900 a.C.)

Considerate le caratteristiche fi siche della regione siriana e la presenza delle specie vegetali e animali spontanee, è evidente come quest’area appartenga pienamente alla cosiddetta Mezzaluna Fertile e, quindi, è naturale che essa abbia partecipato pienamente sia alla Rivoluzione Neolitica sia alla Rivoluzione Urbana.

Anche se l’esplorazione archeologica, ancora parziale e concentrata sulle fasi storiche, non consente di elaborare un quadro completo dello sviluppo di queste importanti fasi evolutive, si possono almeno tracciare alcune linee di base dell’evoluzione dei due fenomeni.

È molto probabile che il processo di sedentarizzazione abbia privilegiato le zone più favorite dalla disponibilità di acqua dolce: fi umi o torrenti stagionali (wadi). Oltre al Tigri, all’Eufrate e ai loro affl uenti nella Jezira (Sheikh Hassan, Jerf el-Ahmar), certamente l’Afrin a nord e l’Oronte più a sud costituirono due importanti poli di attrazione. Analogo è lo sviluppo, ad esempio, della regione di Biblo, dove, in questa fase, gli insediamenti si collocano nella zona montagnosa, a ridosso della costa, ricca di sorgenti e wadi.

Alla fi ne del VII millennio a.C. si registra una lieve crisi della cultura neolitica preceramica, cui segue, anche in Siria, come nelle altre regioni esaminate, una fi oritura di culture neolitiche ceramiche con caratteristiche regionali. Questa fase è, di nuovo, ben documentata nei bacini fl uviali, e forse ciò non è casuale, vale a dire che essi dovevano ancora costituire un irrinunciabile nicchia ecologica, mentre si può notare un particolare sviluppo costiero (Ugarit, Biblo), nel quale i villaggi si spostano verso il mare e compare uno strumentario specializzato per la pesca.

Anche in Siria la comparsa della ceramica offre la possibilità di esaminare la nascita e la diffusione di “famiglie” caratteristiche: assai importante, in questo senso, è la sequenza dello ‘Amuq A-D (Piana di Antiochia), con l’attestazione, anche in questa regione, di ceramiche dipinte monocrome, analoghe a quelle mesopotamiche e anatoliche.

Almeno a quanto si può osservare a Biblo, anche il Neolitico di Siria è caratterizzato dal passaggio dalla capanna circolare all’abitazione a pareti ortogonali, già considerate indizio di una strutturazione più compatta dell’abitato, come possibile risposta a un incremento demografi co.

Più diffi cile è, però, seguire il passaggio all’urbanizzazione piena, la vera e propria Rivoluzione Urbana: è certo che la presenza della colonia urukita di Habuba Kebira sul medio Eufrate stimolò una risposta, che per il momento è più defi nibile a livello locale (Tell Brak, Tell Hamukkar), ma che, verosimilmente, trovò riscontro anche altrove (Tell Afi s). È probabile che, dopo la fi ne della fase corrispondente al Tardo Uruk mesopotamico e in corrispondenza con il periodo di Gemdet Nasr, vi sia stata un’iniziale contrazione degli insediamenti, seguita poi da un graduale aumento del numero dei centri abitati, forse procedendo da nord verso sud e in termini non paritetici nelle varie regioni.

Per ragioni certamente legate all’incipiente sviluppo dei commerci sulla lunga distanza, la Siria settentrionale interna, da un lato, e la Siria costiera, dall’altro, potrebbero essere le aree dove prima e in modo più compiuto il processo di urbanizzazione giunse a maturazione.

3.2. Il Bronzo Antico (ca. 2900-2000 a.C.)

La defi nizione cronologica assoluta della prima metà del III millennio a.C., corrispondente al Bronzo Antico I-III, non è, allo stato attuale, possibile, per la mancanza di documentazione archeologica conclusiva. L’unico dato attualmente disponibile è la presenza di resti di strutture protopalaziali, databili al Bronzo Antico III fi nale (ca. 2400 a.C.), nel sito di Ebla, che, tuttavia, pur in assenza di evidenza scritta, sembrano comunque documentare l’avvenuta costituzione di un luogo centrale per l’amministrazione dell’organizzazione statale e una già defi nita gerarchizzazione della società.

Fino al 1974, anche l’ultima parte del Bronzo Antico siriano era una fase abbastanza oscura, ma, a partire da quella data l’esplorazione sistematica del Palazzo Reale (Area G) di Ebla protosiriana matura (= Bronzo Antico IVA, ca. 2400-2250 a.C.) ha gettato viva luce su quella civiltà, grazie al rinvenimento di parti dei corredi palatini, ma soprattutto degli Archivi di Stato (oltre 17.000 numeri di inventario tra testi interi e frammenti), tanto che il periodo Protosiriano maturo può oggi essere defi nito età di Ebla.

Nel Bronzo Antico IVA, dunque, si conoscono in Siria due potenze regionali: Biblo sulla costa ed Ebla nella Siria settentrionale interna, che dominava probabilmente tutta la regione, fi ttamente popolata di villaggi. Sono entrambe due potenze commerciali: a Biblo numerosissimi oggetti provenienti dalla corte di Menfi testimoniano una tradizione di rapporti con l’Egitto, che caratterizzerà tutta la storia del sito, stimolata dalla necessità di procurarsi il legname di alto fusto delle foreste costiere. A Ebla, oltre 22 kg di lapislazzuli non lavorato, conchiglie del Mar Rosso e vasi egiziani sono gli indicatori delle tappe estreme delle grandi rotte carovaniere, Afghanistan, Golfo Arabo-Persico, Egitto, anche se certamente non indicano contatti diretti, ma mediati, possibilmente proprio da Biblo, per quanto riguarda l’Egitto, e da Mari, per quanto concerne la Mesopotamia; d’altro canto, lo studio dei testi degli Archivi ha documentato il ruolo di Ebla nel commercio del legname e dell’argento, che probabilmente veniva dall’Anatolia e dall’Amano (la Montagna dell’Argento dei mesopotamici), ma ha anche rivelato l’esistenza di rapporti abbastanza frequenti con Mari e sporadici, ma signifi cativi, con Kish, nel Sumer.

Mentre l’area di infl uenza di Biblo era probabilmente più limitata, Ebla potrebbe essere stata la vera capitale della Siria settentrionale interna, ma era forse anche in rado di esercitare forme di controllo più ampie,

attraverso una politica di trattati internazionali e matrimoni dinastici, che apparentemente la portarono ad avere rapporti con centri fi no nella valle del Tigri.

Forse proprio il ruolo dominante, monopolistico, che la Siria esercitava sul commercio di alcune materie prime fondamentali, il legname e i metalli, soprattutto attraverso Biblo ed Ebla, fu la causa che spinse i re di Akkad a condurre spedizioni nella regione, “fi no al Mare Superiore”. Sia Sargon che Naram-Sin hanno lasciato iscrizioni dedicatorie che celebrano la presa di Ebla, ma è forse più probabile che il secondo sovrano la abbia effettivamente distrutta, intorno al 2250 a.C.

Il Palazzo Reale di Ebla protosiriana fu dato alle fi amme, dopo essere stato svuotato di tutti i preziosi arredi che conteneva, ma il controllo dei re di Akkad fu effi mero. Pochi anni dopo, le iscrizioni di Gudea di Lagash ricordano l’invio di legname dell’Amano e di tessuti da parte di Ebla e, ancora, documenti della III dinastia di Ur menzionano mercanti eblaiti presenti in quella lontana città del Sumer, mentre addirittura la barca con la quale il dio-luna Nanna si reca a Nippur è costruita con legname delle “foreste di Ebla”. In questi testi sono citati altri importanti centri siriani, ma Ebla è l’unico, allo stato attuale, ad essere stato scavato adeguatamente.

In realtà, i livelli corrispondenti all’età della III dinastia di Ur (= Bronzo Antico IVB, ca. 2250-2000 a.C.) non sono noti, poiché, all’inizio del Bronzo Medio, l’intera città venne spianata e i terreni furono usati per costruire il terrapieno difensivo, che, infatti, risulta formato in larga misura di terreni archeologici contenenti ceramica del Bronzo Antico IVB. Analizzando i materiali dei terrapieni, si è osservato che sono densi di cenere e, quindi, ance la città protosiriana tarda fu violentemente distrutta, ponendo defi nitivamente fi ne a quella cultura.

3.3. Il Bronzo Medio (ca. 2000/1900-1600 a.C.)

L’inizio del Bronzo Medio è caratterizzato da una forte ripresa dell’urbanizzazione, accompagnata dalla diffusione di una cultura materiale completamente diversa da quella del Bronzo Antico: i due fenomeni si possono collegare con l’affermazione delle tribù amorree sia in Mesopotamia, che in Siria e, probabilmente, in Palestina.

Gli eventi storici della prima fase del periodo sono abbastanza oscuri, per mancanza di documentazione scritta signifi cativa: alcune iscrizioni da Kültepe (Kanesh livello II) indicano un ruolo ancora una volta importante di Ebla, nell’ambito della rete commerciale dei centri anatolici e dei mercanti paleoassiri.

Tra la fi ne del XIX e l’inizio del XVIII secolo a.C. i testi di Mari mettono già in luce l’importanza della città di Aleppo; il centro sull’Eufrate aveva, inoltre, relazioni commerciali con Karkemish, Ugarit, Biblo e Qatna, mentre Ebla non è citata, ma era, forse, già in una fase di ripiegamento. Il sovrano più importante di questo periodo è Yarim-Lim I di Aleppo (ca. 1781-1765 a.C.), il vero fondatore del regno di Yamkhad, che occupò l territorio precedentemente dominato da Ebla, giungendo però fi no al mare, dove Alalakh era un vassallo fondamentale del regno, si imparentò con Zimri-Lim di Mari e stipulò un’alleanza con Hammurabi di Babilonia.

Più a sud si estendeva il regno indipendente di Qatna, spesso ostile nei confronti di Aleppo, mentre, sulla costa, Biblo continuava a intrattenere fruttuose relazioni commerciali con l’Egitto.

Intorno al 1650 a.C. iniziò, probabilmente, un periodo critico, che ebbe come causa, o come conseguenza, un sensibile calo demografi co. Questa precaria situazione facilitò l’intervento dei grandi re paleohittiti: Hattusili I, nel 1630 a.C., distrusse Alalakh e altri centri del regno di Yamkhad, e il fi glio Mursili I, che distrusse Ebla e sconfi sse Aleppo, prima di spingersi fi no a Babilonia, che conquistò nel 1595 a.C.

3.4. Il Bronzo Tardo (ca. 1600-1200 a.C.)

L’azione combinata della crisi economica degli ultimi decenni del XVII secolo a.C. e dell’esercito hittita creò nella Siria interna una situazione di gravissima debolezza: Ebla non fu ricostruita e, in generale, vi è una contrazione nel numero degli insediamenti, che si concentrano nelle zone pedemontane e costiere, verosimilmente meno toccate dalla diffi cile situazione. I dinasti siriani non riescono più a dare vita a una potenza regionale, creando invece minori principati autonomi tra loro.

Nel nord della Siria si costituisce il regno di Mitanni: si assiste, cioè, a una penetrazione di elementi indo-ariani. Sulla costa si affermano il regno di Alalakh, a nord, e quello di Ugarit, più a sud, ma, in generale, in questa età che già è stata defi nita “dell’equilibrio dei grandi imperi”, la Siria, per la sua posizione intermedia, divenne il luogo privilegiato dell’incontro e dello scontro tra le potenze del tempo. In generale, tutto il nord della Siria, comprese Alalakh e Ugarit, gravitò preferibilmente nell’orbita di Mitanni, mentre gli Egiziani rafforzavano i loro rapporti con Biblo.

Thutmosis III riuscì a spingersi, con una serie di campagne militari, fi no ad Aleppo, ma mantenne poi il controllo solo della piana dell’Akkar. Per molto tempo, tra scaramucce e rapporti diplomatici più amichevoli, si creò una situazione di stallo, con Ugarit e altri centri del nord alleati di Mitanni, Kamid el-Loz (Valle della Beq‘a), Tell Kazel (Piana dell’Akkar) e Biblo più legate all’Egitto.

Nella seconda metà del XIV secolo a.C., il re hittita Suppiluliuma I, su richiesta del re di Ugarit, penetrò nel paese e conquistò Aleppo e Qatna, creando un’ampia zona di infl uenza hittita, che giungeva sino a Damasco. Molti re siriani giurarono fedeltà agli Hittiti, che affi darono al re di Karkemish il controllo sulla Siria.

In realtà, la situazione era lungi dall’essere stabile: interventi egiziani da sud e Assiri da est stimolarono ribellioni dei principi siriani, mentre gli Hittiti si scontravano a più riprese con gli Egiziani, fi no alla battaglia di Qadesh del 1275 e alla successiva stipula della pace nel 1259 a.C. Della situazione approfi ttò Karkemish che, pur continuando a tutelare gli interessi hittiti in Siria, assunse un ruolo sempre più autonomo, riconosciuto anche da Ramses II.

Infi ne, tutti i maggiori centri mediosiriani, Ugarit, Alalakh, Emar, furono distrutti tra il 1200 e il 1185 a.C., probabilmente in parte nel quadro dei movimenti di popolazioni, defi niti dalla cancelleria egiziana “Popoli del Mare” e in parte a causa di eventi naturali, come i terremoti, testimoniati almeno nel caso di Ugarit.

3.5. L’età del Ferro (ca. 1200-535 a.C.)

La caduta dei principali centri siriani del Bronzo Tardo provocò una profonda innovazione nel tessuto sociale della regione: a Karkemish sembrano prevalere elementi di continuità, ma, in generale, tra la fi ne dell’XI e l’inizio del X secolo a.C., si osservano la diffusione dell’uso del ferro, anche per la produzione di armi e utensili, la diffusione della scrittura alfabetica fenicia, la penetrazione e la sedentarizzazione di tribù aramaiche. Si creano così principati luvii (che continuano a utilizzare la scrittura geroglifi ca hittita) e, appunto, aramaici, tra i quali i più importanti sono Karkemish, Sam‘al (Zincirli), Hamat (Hama) e Damasco, oltre ai grandi centri fenici della costa, Tiro, Sidone e Beirut soprattutto.

Le vicende dei principati siriani dell’età del Ferro sono note soprattutto grazie agli Annali dei re assiri e ai testi dell’antico Testamento e si riferiscono, prevalentemente, ai ripetuti scontri proprio con l’Assiria, con i re di Giuda e di Israele. Tra alterne vicende, l’episodio più glorioso è certamente la creazione di un’agguerrita coalizione, guidata da Zakkur di Hama, che non ebbe, però, vita lunga.

La politica assira cercò sempre di domare le rivolte, creando rapporti di vassallaggio, ma Tiglatpileser III mutò radicalmente questo comportamento, attuando invece una tattica di distruzione sistematica delle città ribelli. Questo sovrano, tra l’altro, si spinse fi no in Palestina, conquistando le città fenicie e Gaza.

Con le imprese di Sargon II e Sennacherib, tutta la Siria fu conquistata defi nitivamente, diventando parte integrante dell’impero assiro, ad esclusione dei porti fenici, che mantennero, comunque, un rapporto di vassallaggio. Da questo momento la vita urbana entrò in forte decadenza, molte città si ridussero a villaggi e non riuscirono a risollevarsi, nemmeno sotto il dominio neobabilonese prima e achemenide poi.

Durante queste complesse vicende, come già si è accennato, le città fenicie avevano mantenuto rapporti privilegiati con i re di Israele e di Giuda, che facevano perno soprattutto su Tiro ed erano riuscite a mantenere, almeno parzialmente, la loro indipendenza, fi no all’intervento di Asarhaddon, che nel 677 a.C. conquistò Sidone. Assurbanipal esercitò un forte controllo sui commerci fenici e, in ultima analisi, giunse alla creazione della provincia fenicia di Sirru.

Con la caduta di Ninive nel 612 a.C., le città fenicie si opposero a Babilonia, avvalendosi del sostegno egiziano. La resistenza della costa terminò con un terribile assedio a Tiro, che capitolò nel 572 a.C., consentendo a Babilonia di estendere il suo controllo sulla regione. Quando Ciro il Grande si impadronì

dell’impero babilonese, nel 539, “ereditò” anche le città fenicie, tra le quali fu Sidone ad assumere un ruolo preminente di collaborazione anche militare con i Persiani.

4. L’architettura4.1. Tecniche a materiali da costruzione

Come in Mesopotamia, il materiale più usato per l’edilizia è il mattone di argilla essiccato al sole, anche se, in assenza di importanti corsi fl uviali, ricchi di terreni argillosi, la ricerca della terra adatta a fornire la materia prima richiedeva certamente qualche sforzo supplementare. A differenza della Mesopotamia, però, la varietà di ambienti che caratterizza la regione siriana ha prodotto interessanti sviluppi locali: così, ad esempio, nella pianura costiera la pietra fu utilizzata con maggiore liberalità, non solo per le fondazioni, ma anche per parte dell’alzato, per la preparazione dei pavimenti e anche per i pavimenti stessi, come avviene, ad esempio, già nella Biblo neolitica, con la creazione di pavimentazioni di tritume calcareo. Un modo tipicamente siriano di usare la pietra, che caratterizza l’architettura della regione a partire del periodo paleosiriano (1900/1800-1600 a.C.), è quello di erigere gli alzati in crudo su alti basamenti in pietra a sacco (corsi di pietre medio-grandi all’esterno e riempimento interno in ciottoli e pietrisco), che, in corrispondenza delle porte vengono coperti da ortostati, sempre in pietra, come di pietra sono, normalmente le soglie. La pietra da costruzione era reperibile localmente: l’altopiano della Siria interna, infatti, è costituito da uno strato di calcare di buona qualità e la catena collinare-montagnosa che lo costeggia a ovest è stato defi nito “Massif calcaire (massiccio di calcare), mentre frequenti sono i giacimenti di basalto, di differenti qualità, a grana più o meno fi ne, adatte sia per la costruzione, che per la produzione di statue o utensili. Il facile accesso alle fonti di approvvigionamento del legname, sulle montagne delle catene costiere, ha fatto sì che questo materiale fosse molto presente nell’edilizia siriana pre-classica, per porte, infi ssi e travature di tetti, ma anche per colonne, scaffalature e arredi, ben documentati sin dal III millennio a.C. È verosimile che, per le coperture dei tetti, si usassero preferibilmente rami e fogliame, poi impermeabilizzati con argilla o bitume, dal momento che le canne erano più rare che in Mesopotamia, anche se erano certamente reperibili nella vallate del Ghab e del Ruj e, più in generale, lungo in fi umi, sulle montagne costiere e, all’interno, nella palude del Math, a sud di Aleppo, dove si perdeva il Nahr Qoueiq.

4.2. Lo sviluppo dell’architettura privata

Per quanto riguarda le fasi precedenti lo sviluppo dell’urbanizzazione piena, i siti che hanno dato una documentazione più coerente sono Ugarit e Biblo, sulla costa, Abu Hureyra e Mureybet, sull’Eufrate. Anche in Siria le prime abitazioni, anteriori al Neolitico vero e proprio, sono circolari, eredi delle capanne stagionali del Paleolitico pieno, rivestite di legno e di legno, forse, erano anche le strutture emergenti. Nell’VIII millennio a.C., la formazione dei primi villaggi neolitici vede, accanto al modello più antico di casa circolare, ma con suddivisioni interne realizzate con muri diritti, nuove strutture a pianta rettangolare. Sembra che, originariamente, queste fossero dei silos, ma nel corso del VII millennio a.C., si affermano come tipologia abitativa. Ovunque le case, pluricellulari, hanno pavimentazioni in tritume calcareo o gessoso, pressato e lisciato e contengono forni, focolari mobili e altri utensili, in pietra e in argilla, per la preparazione del cibo. A Buqras, sull’Eufrate, a 40 km da Deir ez-Zor, un’abitazione aveva un affresco con struzzi e fi gure umane. Le case, abbastanza fi tte, si distribuiscono lungo strette vie che attraversano l’intero villaggio. Alla fi ne dell’età neolitica cominciano ad apparire edifi ci più imponenti, che sembrano prefi gurare l’inizio di una gerarchizzazione del sito: pur mantenendo, infatti, l’impianto di base comune, alcune strutture sono di dimensioni molto maggiori e con murature più spesse delle altre. Il fenomeno urbano, stimolato dalla presenza urukita lungo il corso dell’Eufrate, porta alla diffusione delle case tripartite, presenti, ad esempio, a Habuba Kebira, almeno nell’Eufratene, mentre nella regione costiera l’impianto abitativo è più irregolare, spesso con una sola partizione interna. Con la fi ne dell’età di Uruk, la Siria attraversa una fase di probabile contrazione degli insediamenti e, comunque, questo periodo è ancora scarsamente noto dall’esplorazione archeologica. Si può ricordare, comunque, il sito di Hama, che ha dato una stratigrafi a completa dal periodo Neolitico all’età del Ferro e che,

allo stato attuale, è quello che consente la migliore analisi dell’architettura privata delle fasi iniziali del III millennio a.C. Nel livello L, che dovrebbe corrispondere alla fase fi nale di Uruk e al periodo di Gemdet Nasr, le abitazioni, mono- o bicellulari e di dimensioni non molto estese, inferiori a 10 m di lunghezza, avevano basse fondazioni in piccole pietre, disposte con cura, focolari, apparentemente, interni e si collocavano, in modo abbastanza irregolare, ai lati di vicoli (larghezza poco più di 1 m), ad andamento tortuoso, o intorno a spazi aperti, sempre irregolari, evidentemente utilizzati per attività comuni a più gruppi familiari, come dimostra la presenza di focolari. Durante il periodo K, pressappoco contemporaneo al periodo Protodinastico in Mesopotamia (Bronzo Antico I-III), il tessuto abitativo diventa progressivamente più complesso, anche se, per il cattivo stato di conservazione delle strutture, non è sempre agevole distinguere i differenti nuclei, che, secondo una tendenza ben nota nel mondo vicino-orientale antico, si addossavano disordinatamente gli uni agli altri. Sembra, comunque, che si mantenga la tradizione di utilizzare spazi aperti comuni, ma l’articolazione di strutture monocellulari (lunghe ca 5 m) potrebbe indicare sia la presenza di nuclei familiari diversi, sia, invece, una distribuzione di funzioni diverse all’interno di un unico gruppo familiare; si nota, inoltre, accanto alla presenza di silos in mattoni crudi, anche quella di numerose fosse per rifi uti organici, indizio di una maggiore attenzione ad aspetti organizzativi dell’intero centro, ormai pienamente urbano. Se il sito di Hama è assai importante per lo studio dell’architettura privata, lo è molto meno per l’analisi della strutturazione gerarchica del sito, poiché gli scavi sono stati condotti per sondaggi di limitata estensione nella città bassa e non sono stati individuati, quindi, per queste fasi, i centri direzionali o i luoghi sacri. Nel livello J, corrispondente al Bronzo Antico IVA-B, si distinguono due fasi. Quella databile al Bronzo Antico IVA è certamente un periodo di forte sviluppo del centro: scompaiono gli spazi aperti, le strade sono di nuovo piuttosto strette e irregolari e le abitazioni, che sembrano prevalentemente bicellulari, si adattano al massimo allo spazio disponibile, adottando anche moduli particolari, con ambienti triangolari e angoli esterni stondati. Nel Bronzo Antico IVB, invece, forse a causa di un relativo calo demografi co, il tessuto urbano appare più arioso, con strade più larghe e qualche spazio aperto, mentre le abitazioni si articolano in più ambienti, anche se non sembra si sia adottato un modulo costante. Per quanto riguarda il Bronzo Medio, si possono ricordare i quartieri abitativi di Ebla, dove è stato possibile isolare due tipologie principali: le case private più comuni hanno un ambiente maggiore, che doveva essere aperto, come indica la presenza di focolari e di vasche per la raccolta dell’acqua piovana, e due o più vani quadrati minori; questo tipo di abitazione è attestato, ad esempio, anche a Biblo. Accanto a queste strutture vi sono residenze, di maggiori dimensioni e complessità, che, accanto all’impiego di tecniche edilizie tipicamente palatine, come le coperture delle basi degli stipiti con paramenti ortostatici, presentano un’articolazione funzionale più elaborata, indicata, ad esempio, dalla presenza di strumenti di lavorazione artigianale, oltre che di utensili per la preparazione del cibo. Per quanto riguarda il Bronzo Tardo, a Ugarit sono stati eseguiti studi assai articolati, soprattutto sulle tecniche costruttive, di questa fase, che, essendo la più importante nello sviluppo di quel centro urbano, era molto ben conservata, anche per l’esteso uso della pietra. Premettendo che la struttura sociale della Ugarit mediosiriana era diversa da quella di Ebla paleosiriana e che le case private portate alla luce si confi gurano come residenze di personaggi di medio rango, si possono sottolineare alcune caratteristiche particolari di questi settori abitativi: l’impianto cittadino mantiene le caratteristiche di irregolarità e di affollamento, pur in presenza di dimore signorili, ma si nota una grande cura anche per l’urbanistica generale, con strade acciottolate e canalizzazioni per lo scarico delle acque refl ue; le case hanno due piani, con uno spazio centrale aperto non ampio, che, per l’altezza complessiva dell’edifi cio, ha più le caratteristiche di un pozzo di luce che di una corte; il tetto è piatto e abitabile, quindi le attività di produzione alimentare si spostano dal cortile, troppo ridotto, a questo settore dell’edifi cio. Per quanto concerne l’età del Ferro, infi ne, la conoscenza molto incompleta dei centri aramaici, dove gli scavi si sono concentrati sulle cittadelle con i monumenti maggiori, e l’impossibilità di esplorare quelli fenici, non consentono, allo stato attuale, di avere dati suffi cienti sull’architettura domestica di questa fase.4.3. Lo sviluppo dell’architettura palatina

L’edifi cio palatino più rilevante del Bronzo Antico è il Palazzo Reale di Ebla, costruito intorno al 2400 a.C. e distrutto verso il 2250 a.C. da Naram-Sin di Akkad. Il complesso è stato certamente preceduto

da un edifi cio, databile al Bronzo Antico III, del quale restano parti delle strutture di terrazzamento, alle quali fu addossato il palazzo più recente, mentre un’altra costruzione dello stesso periodo, localizzata ai piedi dell’acropoli a sud, è certamente una importante residenza, ma non sembra aver avuto funzioni amministrative. Il palazzo eblaita, che doveva coprire l’intera superfi cie dell’acropoli (ca 3 ettari), comprendeva diversi settori funzionalmente distinti, con un’area per la preparazione di farine, il quartiere amministrativo, una zona residenziale e un blocco di magazzini fi no ad oggi riportati alla luce. Poiché è stata esplorata solo una parte periferica dell’edifi cio, non è noto il quartiere cerimoniale, che era probabilmente nel cuore del palazzo, ma certamente il sovrano riceveva, forse non abitualmente, nella Corte delle Udienze, esterna al palazzo. I quartieri residenziali del re erano collocati al piano superiore. Per l’articolazione planimetrica dei blocchi giustapposti e scaglionati sulle pendici dell’acropoli e delle Corte delle Udienze, con prospetti porticati a L, oltre che per la sicura presenza del piano superiore, il Palazzo Reale di Ebla protosiriana è stato confrontato con il Palazzo A di Kish. Nel Bronzo Medio, diversi edifi ci palatini consentono l’identifi cazione di alcuni elementi costanti nelle tecniche edilizie e nella pianta. Non è probabilmente un caso che i palazzi più rilevanti si trovino nell’area del regno di Yamkhad, che era certamente uno dei più importanti del tempo, a Ebla, Alalakh e Tilmen Hüyük. Il palazzo di Qatna, nella Siria centrale, molto frammentario, presenta comunque caratteristiche simili ai precedenti, mentre quello di Biblo, che si trovava su un rialzo del sito, a ridosso del mare, è completamente perduto. Gli elementi più tipici dell’architettura palatina paleosiriana sono l’uso dei paramenti ortostatici in pietra per i basamenti delle murature e gli stipiti delle porte, e delle soglie sempre in pietra, la presenza di ingressi monumentali porticati e l’elaborazione di un particolare quartiere cerimoniale, tripartito nel senso della lunghezza, con le ali suddivise in vani minori, tra i quali è spesso presente un vano-scala e la sala del trono divisa in due da colonne e con entrata a gomito. La tradizione architettonica palatina, elaborata soprattutto nei grandi centri del regno di Yamkhad, viene sostanzialmente conservata nel periodo mediosiriano, il Bronzo Tardo, in particolare con la conservazione e la moltiplicazione dei dispositivi a colonne negli edifi ci palatini di Ugarit e con maggiore conservativismo ad Alalakh, nel cosiddetto palazzo di Niqmepa. In questo secondo edifi cio, inoltre, si nota un’innovazione tipicamente mediosiriana del dispositivo delle udienze: nel settore occidentale del palazzo, infatti, l’entrata è costituita dal portico a colonne, che immette in un vestibolo dal quale si accede, indirettamente, alla sala maggiore; gli ambienti laterali, compreso il vano-scala, sono conservati con un impianto molto simile a quello originario, mentre alle spalle della sala principale viene aggiunta una fi la di vani quadrangolari. Questo particolare dispositivo di ingresso è considerato l’antecedente diretto del cosiddetto bit khilani, il tipico palazzo dell’età del Ferro siriana e, forse, già in questa particolare elaborazione lo si riconosce nel palazzetto di Emar, sull’Eufrate. Nell’età del Ferro, quindi, le cittadelle aramaiche sono caratterizzate dalla presenza del bit khilani, nel quale, a differenza di quanto avviene nel dispositivo di ingresso del palazzo di Alalakh, il vestibolo immette direttamente nella sala maggiore, la Sala del Trono, mentre il settore residenziale è collocato al primo piano. L’edifi cio più monumentale di questo periodo è lo khilani di Guzana (Tell Halaf); la cittadella di Sam‘al (Zincirli) aveva almeno sei edifi ci palatini con questa tipologia, con una suddivisione del potere, quindi, che ricorda l’organizzazione hittita; a Tell Ta‘yinat, infi ne, è presente uno khilani più articolato, che mantiene l’impianto di base in una disposizione più destrutturata.

4.4. Lo sviluppo dell’architettura templare

Al Bronzo Antico appartengono aree sacre portate alla luce prevalentemente in alta Siria (Tell Brak, Tell Khuera) o alla regione costiera (Biblo): nel primo caso sembrano prevalere tradizioni mesopotamiche, con impianti a cella longitudinale con ingresso a gomito, mentre a Biblo i templi, che hanno caratteristiche molto più monumentali di quelli di alta Siria, in particolare con il complesso della Baalat Gebal (la Signora di Biblo), sono strutturati come complessi articolati con ambienti coperti e aree a cielo aperto, nelle quali è diffi cile identifi care una tipologia di base unitaria. Già in questa fase, tuttavia, fa la sua comparsa, seppure sporadicamente, quello che poi diventerà il classico tipo templare siriano, un edifi cio monocellulare, con impianto longitudinale a ingresso assiale, con pareti molto spesse e, quindi, altezza cospicua e ante in facciata,

probabilmente identifi cato a Tell Khuera (tempio ad ante) e a Tell Halawa (tempio I). Nel Bronzo Medio questa caratteristica architettura templare si diffonde in tutta la Siria e raggiunge anche la Palestina. I templi maggiori di Ebla, il tempio della Baalat Gebal a Biblo, quello di Alalakh VII e quello arcaico di Hadad ad Aleppo appartengono tutti, con differenze irrilevanti, alla medesima tipologia. Una variante del tempio ad ante è il tempio tripartito, sempre longitudinale e con ingresso assiale, ma con vestibolo, antecella e cella separati da muri trasversali. Questa tipologia, che caratterizza l’edifi cio templare collegato a una residenza reale, è nota dal Tempio D di Ebla (collegato con il Palazzo Reale E), dal tempio di Alalakh VII e dal tempio della Baalat a Biblo. Nel Bronzo Tardo, la tipologia classica del tempio ad ante è conservata nei templi gemelli di Baal e Astarte a Emar, nell’area sacra di Tell Mumbaqat, dove è presente un tempio tripartito apparentemente non connesso a strutture palaziali e nel tempio palatino tripartito di Alalakh IV. Nella regione costiera, invece, compaiono tradizioni architettoniche diverse: a Ugarit i templi gemelli di Ba‘al e Dagan hanno cella latitudinale e antecella longitudinale di larghezza inferiore a quella della cella, mentre a Kumidi (Kamid el-Loz), nella valle della Beqa‘, l’area sacra è piuttosto irregolare, costituita da celle longitudinali di tradizione paleosiriana anche se prive delle ante in facciata, aree aperte, un santuario a tre celle e due colonne senza funzione portante in una delle corti. Nell’età del Ferro si osserva, da un lato, il perseverare della tradizione proto/paleosiriana, con i templi tripartiti di Tell Ta‘yinat e Tell ‘Ayin Dara e con il monumentale Tempio di Hadad di Aleppo, mentre a Karkemish è conservato il probabile tempio del dio della tempesta, a cella latitudinale e con pianta quasi quadrata. Per quanto riguarda la regione costiera, a parte santuari minori, che sembrano inserirsi nello stesso fi lone tradizionale, l’unica area sacra rilevante nota è quella di Amrit, presso Tartus: un santuario, parzialmente scavato nella roccia attorno a una sorgente, costituito da un peribolo, interamente costruito in pietra e da una cappella, al centro della piscina, a pianta quadrata, con un coronamento a gola egizia, che è tipico dell’architettura fenicia.

4.5. La città siriana

La regione siriana è certamente tra le più importanti aree del Vicino Oriente antico per quanto concerne l’elaborazione del modello urbano. Pure in assenza di documentazione scritta pertinente, come le iscrizioni reali, è possibile, infatti, sulla base della documentazione archeologica e di quella fi gurativa, comprendere come l’idea di città dovesse essere centrale nel modo di pensare della Siria pre-classica. È, probabilmente, in questa regione che viene elaborata la concezione di un mondo fi sico suddiviso in quattro parti, che sarà poi adottata dai re di Akkad, i quali aggiunsero alla loro titolatura, dopo la conquista della Siria, l’epiteto “re delle quattro parti del mondo”. Nella Ebla protosiriana il concetto venne rappresentato urbanisticamente attraverso la suddivisione del centro in quattro quartieri, un impianto che fu probabilmente conservato anche nel periodo paleosiriano, a quanto si può giudicare sulla base della presenza di quattro porte urbiche. Nel periodo paleosiriano i grandi centri urbani di tutta la regione siro-palestinese sono caratterizzati dalla cinta muraria, formata da imponenti terrapieni di terra battuta (i cosiddetti ramparts Hyksos), che sostituiscono le precedenti fortifi cazioni in muratura, con torrioni aggettanti. Contestualmente, viene creata una nuova tipologia di porta urbica, di grande estensione per essere proporzionata all’ampiezza del terrapieno (quelli di Ebla hanno uno spessore alla base di oltre 40 m), la cosiddetta “porta a tenaglia”, con tre coppie di contrafforti, alla quale si possono accompagnare possenti torrioni in muratura di pietra e sistemi integrati di forti e fortezze costruiti sulla sommità dei ramparts, che ad Ebla, ad esempio, sono complessi monumentali anche con funzioni amministrative. Cinte murarie cingevano anche le cittadelle interne, che, di norma, contenevano i principali edifi ci pubblici, tempio e palazzo. A quanto si può giudicare dall’urbanistica di Ebla, che è quella meglio conosciuta del periodo, l’amministrazione della città si articolava secondo una distribuzione delle funzioni, probabilmente sempre nell’ambito della famiglia reale, che è, verosimilmente, all’origine della proliferazione di grandi edifi ci palatini, con funzioni residenziali, amministrative e di difesa, che caratterizza l’assetto urbano della città. Nel Bronzo Tardo, almeno a quanto risulta dalla documentazione offerta da Emar e Ugarit, vi sono dei mutamenti nell’organizzazione dei centri urbani: in generale, i templi tendono ad occupare in solitudine

la posizione più sopraelevata e, forse non casualmente, si tratta sempre di templi doppi (Ba‘al e Astarte a Emar, Ba‘al e Dagan a Ugarit). Nel centro costiero, inoltre, le grandi residenze palatine, anche in questo caso molteplici, si spostano nella città bassa, addirittura a ridosso della cinta urbica. Nell’età del Ferro, infi ne, in strutturazioni urbanistiche che sono, talvolta, nuove fondazioni, il centro urbano viene organizzato con criteri di grande ordine, almeno nell’assetto generale, con cinte urbiche circolari od ovali, che tornano a racchiudere una cittadella, prevalentemente ovale, a sua volta cinta da mura, dove si concentrano gli edifi ci del potere centrale. In impianti che sembrano porre un forte accento sugli aspetti difensivi, l’elaborazione delle strutture murarie e delle porte assume accenti di spiccata monumentalità, accentuata dalla presenza di paramenti scolpiti, che sottolineano gli assi viari della città, congiungendo, spesso, le porte urbiche con il tempio maggiore o con la residenza reale. Tanto le cittadelle aramaiche si presentano come organismi chiusi e inaccessibili, tanto i porti della costa fenicia dovevano apparire permeabili, pure in presenza di strutture di difesa. Articolati in genere in due settori, uno sulla terraferma e uno su un’isola, affi davano probabilmente a questo secondo il ruolo di ultimo baluardo contro eventuali assalti, tanto che restò proverbiale la lunghissima resistenza di Tiro all’assedio degli Assiri e, successivamente, di Alessandro Magno. Poiché fondavano la loro economia prevalentemente sui commerci marittimi, le città della costa privilegiarono, nella scelta dell’insediamento, luoghi che avessero, oltre alla disponibilità di acqua dolce, la possibilità di controllare due approdi, utilizzabili in periodi diversi dell’anno.

5. L’arte e la cultura materiale5.1. Il periodo Neolitico e il periodo protostorico

Le fasi del periodo Neolitico ceramico sono ben rappresentate nelle sequenze dello ‘Amuq (‘Amuq A-D), a Biblo e a Ugarit: i repertori ceramici più antichi sono caratterizzati da una gamma abbastanza ampia di forme e, soprattutto, dalla decorazione, impressa o incisa, con schemi a spina di pesce o a sequenze di brevi tratti o puntinature. Successivamente, anche in area siriana, non solo in alta Siria, si riconoscono produzioni ceramiche dipinte, che possono confrontarsi con quelle mesopotamiche, pur con una netta prevalenza di motivi lineari e geometrici (ceramica di Halaf). Nello strumentario litico si cominciano a osservare specializzazioni regionali, ancora più rilevanti nelle produzioni di utensili di osso, quali gli ami da pesca di Biblo, con tipologie variate. A partire da ‘Amuq B, inoltre, fanno la loro comparsa semplici sigilli a stampo con motivi geometrici, grani di collana e pendenti di pietra. Nel periodo corrispondente all’età di Obeid in Mesopotamia (= ‘Amuq E), si intensifi ca la produzione di vasellame dipinto, ove si privilegiano ancora gli schemi geometrici, che campiscono solo parte della superfi cie esterna del vaso. Pur nella generale, forte somiglianza con le ceramiche mesopotamiche non sono qui presenti i temi fi gurativi, né quelli a circolarità esasperata. I repertori di forme sono anche abbastanza omogenei e non sono facilmente identifi cabili defi nite specifi cità regionali. L’età di Uruk è ben rappresentata nella valle dell’Eufrate, da siti come Habuba Kebira o Tell Brak, con la presenza delle caratteristiche ciotole a orlo tagliato (“bevelled rim bowls”) e di repertori glittici con temi tipicamente urukiti. È soprattutto frequente, nella glittica di Tell Brak, la raffi gurazione delle fi latrici, che si può collegare con il culto praticato nel cosiddetto “Tempio degli occhi”; la denominazione deriva dalla presenza nel santuario di numerosissimi idoletti in pietra, costituiti dagli “occhi”, appunto e da una base trapezoidale, che, in realtà, sono antropomorfi zzazioni di strumentini per la fi latura. Questi sigilli, di forte ispirazione urukita, non sembrano attestati nei siti costieri, ove prevalgono ancora i sigilli a stampo, nei quali sempre più si affermano i motivi animalistici, stilisticamente prossimi a quelli anatolici.

5.2. Il Bronzo Antico Il Bronzo Antico in Siria è il periodo della grande fi oritura di Ebla protosiriana, del terzo quarto del III millennio a.C. (ca. 2400-2250 a.C.). Le fasi più antiche del periodo protosiriano sono note soprattutto dai materiali dell’esplorazione di superfi cie nella piana dello ‘Amuq (regione di Antiochia), da Biblo e da Ugarit. Per quanto riguarda la cultura materiale, il periodo è caratterizzato dalla creazione di un repertorio

ceramico distintivo, con la presenza di un tipico bicchiere, con corpo cilindrico, liscio negli esemplari più antichi, successivamente corrugato e, nel periodo Protosiriano tardo, corrugato e dipinto. Questa forma, diffusa in tutta la Siria settentrionale interna e nello ‘Amuq, è un elemento così riconoscibile della ceramica del Bronzo Antico III-IV che, prima della scoperta di Ebla e in mancanza di defi nizioni più pertinenti, la cultura è stata defi nita “caliciforme”, mentre oggi, almeno per la fase matura, si utilizza anche la defi nizione “età di Ebla”. Il Bronzo Antico III è certamente una fase protourbana, di preparazione alla grande fi oritura del Bronzo Antico IV e, per questo motivo, non è facile identifi carlo nei due grandi centri della fase matura, Biblo ed Ebla. A Biblo anche i metodi di scavo impiegati si oppongono a una completa ricostruzione delle vicende del sito, mentre a Ebla il Palazzo Reale protosiriano fu impiantato sui resti di un edifi cio palaziale precedente, riutilizzandone in parte le strutture. Pertanto, allo stato attuale, il Bronzo Antico III è noto solo per la presenza di un repertorio ceramico del tipo “caliciforme”, con bicchieri a orlo lievemente estrofl esso e corpo liscio. La scoperta dei livelli protosiriani maturi di Ebla ha consentito di riesaminare anche i repertori gubliti, ricostruendo, pur nelle differenze regionali, un quadro organico dello sviluppo della cultura artistica della Siria, in una fase di forte elaborazione ideologica. Il grande avanzamento dell’esplorazione archeologica in alta Siria, inoltre, sta contribuendo a precisare ulteriormente le caratteristiche specifi che di questo periodo. Nel periodo Protosiriano maturo (Bronzo Antico IVA), nell’ambito di una società urbanizzata pienamente formata, la Siria si suddivide, dal punto di vista della cultura artistica e materiale, in macroregioni. A nord, nella valle dell’Eufrate, una costellazione di città-stato è più legata, dal punto di vista dei sistemi di gestione del territorio, al mondo mesopotamico. Il centro dominante è Mari, di cui si è già esaminata la produzione artistica, proprio nel quadro di quella mesopotamica, ma anche siti come Tell Halawa, Tell Brak, o Tell Khuera, non si discostano da quella cultura: piccole statue, stele e sigilli sono sostanzialmente di tradizione mesopotamica. La Siria settentrionale interna ha in Ebla il sito dominante e, apparentemente, centro di un’organizzazione territoriale completamente diversa, basata sul controllo di aree più vaste, per sfruttare al massimo le potenzialità dell’agricoltura “secca”. Tappa fondamentale sulla rotta commerciale che dal Golfo Arabo-Persico giungeva alla costa del Mediterraneo, Ebla certamente ricevette stimoli culturali sia dalla regione mesopotamica che da quella costiera, elaborando in breve tempo repertori tematici di assoluta originalità, anche se conservati molto frammentariamente per il grave saccheggio subìto dalla città al momento della conquista da parte di Naram-Sin di Akkad. La statuaria monumentale è documentata da due capigliature in pietra, una maschile e una femminile: erano statue di grandezza quasi naturale, formate da materiali diversi, su una base di legno. Rispetto alla statuaria mesopotamica, quindi, sono presenti anche qui immagini sia maschili che femminili, ma queste si differenziano, oltre che per le caratteristiche locali delle acconciature, per il polimaterismo, per le dimensioni relativamente grandi e per la collocazione, in area palatina e non templare. Poiché solo il Palazzo Reale è stato, peraltro parzialmente, portato alla luce e nessuna area templare è stata individuata, non risulta presente a Ebla la tipologia della stele, che in Mesopotamia è di norma collocata nelle aree sacre, mentre un grande pannello parietale a intarsi di pietra sembra avere assolto alle medesime funzioni, con la rappresentazione di fi le di soldati, con bottino e prigionieri, in marcia verso una fi gura regale di grandi dimensioni, per celebrare, evidentemente, una vittoria eblaita. Altri pannelli a intarsio, di minori dimensioni, decoravano le pareti del Palazzo: qui si privilegiarono temi naturalistici, con fi gure di ovini, gazzelle e leopardi, molto frammentari, a che dovevano comporre scene di aggressione da parte delle fi ere agli animali più miti o, comunque, scene di pastorizia; accanto a questi, teorie di funzionari palatini, in processione verso il sovrano, dovevano invece decorare le pareti dei settori cerimoniali e di rappresentanza. Nella glittica si individuano due fi loni maggiori, uno palatino e uno “provinciale”. Il primo, rappresentato da un gran numero di impronte su cretule, utilizza le fi le di fi gure in lotta, di tradizione mesopotamica, ma con protagonisti principali una dea, signora degli animali, e il re che la coadiuva, partecipando all’azione; i sigilli sono in genere di dimensioni piuttosto grandi e potevano anche essere di legno. La glittica “provinciale” predilige, invece, temi legati all’ambiente agricolo, a volte fortemente stilizzati con animali e immagini fl oreali, presenti con diverse impronte da Biblo alla Palestina; i sigilli, spesso di legno, potevano essere a cilindro o a stampo.

La cultura protosiriana di Ebla, inoltre, offre la prima documentazione di un artigianato che sarà caratteristico della regione, vale a dire la lavorazione del legno, che diventerà poi lavorazione dell’osso e dell’avorio con le stesse tecniche, per produrre soprattutto mobili o parti di mobili elegantemente decorati: nella città protosiriana, infatti, un bracciolo di trono e parti di un tavolo erano lavorati a giorno, con fi gure umane e animali, intarsiati con elementi di conchiglia. A Biblo, che partecipa nelle linee generali della cultura protosiriana classica, si aggiunge la forte presenza egiziana: i faraoni, che inviavano nel porto siriano frequenti spedizioni, soprattutto per procurarsi legname, erano soliti presentare doni importanti, in particolare al tempio della Baalat, da loro identifi cata con Hathor: vasi in pietra iscritti, sfi ngi, pettorali e, probabilmente gioielli, furono il tramite per la conoscenza della grande arte faraonica. Si posero così le basi per la penetrazione e l’adozione di motivi iconografi ci egiziani, che saranno poi abbastanza diffusi, ma sempre originalmente rielaborati, nell’arte paleosiriana successiva. Per quanto riguarda, in generale, la produzione glittica, si osserva, in questo periodo, una decisa connotazione regionale: laddove a Ebla si affermano temi e iconografi e molto caratterizzati, in alta Siria si constata una maggiore presenza di temi di ispirazione mesopotamica, fregi di fi gure e tema del banchetto, in alcuni casi realizzati con piena aderenza al linguaggio della Terra tra i Due Fiumi (Mari, naturalmente), ma talora reinterpretati secondo mode locali, come avviene, ad esempio, a Tell Brak, con uno stile lineare-corsivo molto accentuato e una forte riduzione nel numero dei personaggi, o nello ‘Amuq, con la persistenza dell’uso del sigillo a stampo, con temi che si possono collegare con i repertori anatolici. I repertori ceramici di questo periodo sono ricchi e variati: chiaramente il vasellame di argilla era usato sia quotidianamente sia, con prodotti più raffi nati, nelle occasioni che richiedevano maggiore pompa. I caratteristici calici furono così prodotti in misure diverse, ma anche con argille diverse, più o meno raffi nate e con cotture più o meno alte, ottenendo esemplari più correnti e altri più di lusso, fi no a giungere a vasi defi niti “metallici”, per la sottigliezza delle pareti e l’elevato grado di cottura. Le stesse considerazioni valgono anche per il vasellame di medie dimensioni, da servizio o da conservazione nel breve periodo e anche le giare da magazzino si distribuiscono in categorie di uso specializzato, per acqua, granaglie, olio e vino. Poco si sa della cultura artistica della fi ne del periodo Protosiriano, poco rappresentato nei grandi centri siriani scavati, mentre la cultura materiale, facilmente riconoscibile, mantiene le caratteristiche del periodo precedente, con una maggiore e caratteristica presenza di tipologie dipinte, soprattutto per i calici.

5.3. Il Bronzo Medio

L’inizio del Bronzo Medio è documentato a Mari dalla fase di predominio degli shakkanakku, con la statuaria monumentale di questi “governatori”, con forti peculiarità locali, nell’ambito di una tradizione prettamente mesopotamica. Contemporaneamente, le botteghe palatine eblaite elaboravano iconografi e assai originali, note grazie ad alcune impronte di sigilli cilindrici rinvenute in Cappadocia, a Kültepe (livello karum II). In questi sigilli, che presentavano scene abbastanza complesse e non facili da interpretare, si distingue un personaggio, che deve essere identifi cato con il sovrano, con un caratteristico copricapo con puntale sulla fronte. I sigilli eblaiti di Kültepe sono anche la documentazione dello stretto rapporto instaurato tra la dinastia regnante e la dea Ishtar, che ne diventa la patrona, e della creazione di fi gure appartenenti all’ambito di questa divinità, come la ierodula nuda, la colomba e il leone. Il periodo Paleosiriano maturo della Siria settentrionale può essere suddiviso in due fasi: nella prima, corrispondente al Bronzo Medio IA, Ebla esercita ancora un predominio sulla regione, mentre nella seconda, successiva al 1750 a.C. circa, corrispondente al Bronzo Medio II, è Aleppo ad assumere questo ruolo, anche nell’elaborazione artistica. Nell’impossibilità di esplorare organicamente i livelli più antichi di Aleppo, l’analisi del periodo si deve fondare sui materiali provenienti da Ebla e da Alalakh, che sono tra i centri maggiori del regno di Yamkhad. La grande statuaria monumentale è ben rappresentata ad Ebla, con un notevole gruppo di statue di re e regine, nelle quali è palese il passaggio dallo stile lineare e severo del Bronzo Medio I, tipicamente eblaita, a quello più corposo, quasi barocco del Bronzo Medio II, di sicura ispirazione aleppina. Le statue maschili erano o sedute con coppa in un a mano, ovvero stanti, su basi con protomi leonine, mentre quelle femminili erano generalmente stanti e di dimensioni minori rispetto a quelle maschili. Accanto alle immagini regali, dedicate nei templi maggiori della città, sono anche attestate fi gure, in genere busti maschili, molto schematici, con i

tratti del volto appena sbozzati, certamente espressione di arte popolaresca, defi nite “stone Spirits”, spiriti di pietra, che dovrebbero indicare un culto non palatino, per i sovrani defunti. L’esplorazione delle maggiori aree templari di Ebla ha portato alla luce un’importante stele/obelisco del Bronzo Medio I, dedicata alla dea Ishtar, numerosi frammenti, oltre a tre esemplari completi o quasi completi, del tipico arredo templare eblaita, il bacino lustrale a due vasche, scolpito sui quattro lati e altri frammenti di stele scolpite. Quasi tutte queste opere appartengono al Bronzo Medio I e, quindi, se da un lato consentono di avere un’idea precisa delle potenzialità delle grandi botteghe di lapicidi di Ebla, dall’altro sembrano confermare, con la loro assenza nel Bronzo Medio II, il ruolo subordinato di questo centro rispetto alla capitale. Per quanto concerne la metallurgia, grazie soprattutto alla scoperta di tombe principesche e reali a Biblo e a Ebla, sono conservati repertori di armi, gioielli e ornamenti di bronzo, oro e pietre dure di squisita fattura, caratterizzati dall’introduzione della tecnica del niello, che si inseriscono nel quadro di una produzione locale di alta qualità, con contatti con le più importanti botteghe mesopotamiche e palestinesi. Caratteristica del periodo è anche la produzione di fi gurine in bronzo, maschili e femminili, umane e divine, che dovevano essere collocate nei maggiori templi dei grandi centri urbani. La lavorazione del legno, nota dagli eccezionali ritrovamenti di Ebla protosiriana, diede probabilmente origine alla raffi nata lavorazione dell’avorio e dell’osso, ben nota da pregevoli oggetti rinvenuti soprattutto a Ebla, dove si osservano, dal punto di vista iconografi co, temi e immagini di derivazione egiziana, accanto a fi gure di tradizione locale e, dal punto di vista tecnico, lavorazioni di placchette intagliate e incise accanto a fi gurine a tutto tondo, che decoravano parti mobili o cofanetti. La coroplastica è rappresentata da un cospicuo numero di fi gurine di argilla, prodotte a mano o a stampo, di donne nude con mani ai seni, animali o carri in miniatura, la cui funzione è diffi cile da determinare, poiché esse sono presenti in tutti i contesti, da quelli palatini a quelli templari, da quelli domestici a quelli funerari. La glittica paleosiriana matura è molto elaborata e di diffi cile interpretazione, per la presenza di molte fi gure, non sempre facili da identifi care. Uno dei personaggi ricorrenti è certamente la grande dea Ishtar, sia nell’aspetto pudico, vestita e talvolta alata, sia in quello licenzioso, nuda, frontale, talora in atto di aprirsi il velo per mostrarsi. Con l’affermazione del predominio aleppino, la glittica reale adotta uno schema fi gurativo caratteristico, ben noto dalla glittica di Alalakh: il sovrano riceve il segno della vita (lo ankh egiziano) dal dio della tempesta di Aleppo, Hadad, oppure dalla sua paredra, Khebat. Numerosi sigilli, infi ne, presentano schemi o fi gure di chiara derivazione egiziana, secondo una tendenza che aumenta verso la fi ne del periodo paleosiriano. La ceramica è ormai prodotta in serie e fortemente standardizzata: rispetto al periodo Protosiriano, il numero delle tipologie è più ridotto, scompaiono quasi del tutto le decorazioni della superfi cie, pitture e incisioni, mentre si defi niscono aree regionali di diffusione dei repertori, pur in presenza di talune forme, caratteristiche del periodo, attestate anche in regioni diverse.5.4. Il Bronzo Tardo

Le opere di statuaria monumentale sono in questo periodo assai rare, forse per la mutata situazione politica; spiccano, quindi, nel panorama generale, una grande testa di basalto dal lago Jabbul e la statua, intera, del re Idrimi di Alalakh, che conserva la tradizione paleosiriana delle immagini di sovrani seduti, anche se, in questo caso, il personaggio non tiene nella mano la coppa. La tipologia delle stele è, al contrario, ben documentata da un gruppo di monumenti votivi, soprattutto da Ugarit, in genere non molto grandi, ad eccezione di quella del cosiddetto Baal con la folgore (Baal au foudre): a differenza delle stele commemorative mesopotamiche, questi monumenti presentano unicamente una fi gura divina, talvolta con un adorante di piccole dimensioni di fronte. Ma è soprattutto nelle arti suntuarie che le botteghe artigiane medio-siriane raggiungono vertici di grande raffi natezza e di forte originalità: dalla produzione di preziosi mobili, con decorazioni di placchette di avorio scolpite, a quella di oggetti di metallo, fi gurine di bronzo placcate d’oro, armi e fi gurine niellate, patere d’oro a sbalzo, placchette di Astarte d’oro. Si accentua, in queste opere di alto artigianato, la tendenza, già osservata nel periodo paleosiriano, ad utilizzare, spesso contestualmente, iconografi e tradizionali siriane ed iconografi e egittizzanti, che sono

sicuramente maggioritarie, ma anche mitanniche ed egee. È di questa fase, si ricorda, la documentazione di intensi rapporti con l’isola di Cipro, fonte e tramite di materiale egeo. Analoghe tendenze si riconoscono nella glittica, nota non solo dal mercato antiquario, ma dagli importanti lotti unitari di Ugarit, Alalakh ed Emar: nel solco dell’importante tradizione del periodo Paleosiriano tardo, infatti, nella sfragistica si affermano tecniche e schemi compositivi, con l’uso del trapano, l’affollamento delle fi gure e la presenza di frequenti elementi secondari, che rivelano la presenza di chiari infl ussi mitannici. Per quanto riguarda, infi ne, la ceramica, dopo una fase iniziale che sembra riprendere i repertori della fi ne del Bronzo Medio, il deciso spostamento degli insediamenti verso l’area costiera porta all’affermazione di tipologie più caratterizzate, con forme di imitazione metallica o litica, con la presenza di vasi di importazione, soprattutto micenei e anatolici e con le repliche locali di quello stesso vasellame. Si osserva anche lo sviluppo della produzione di fi gurine e vasetti di piccole dimensioni per cosmetici in fayence dipinta, una tecnica che prefi gura la più tarda industria del vetro.

5.5. L’età del Ferro

La nascita e l’affermazione dei principati luvii ed aramaici in alta Siria porta a una nuova fi oritura della grande statuaria monumentale, documentata in tutti i grandi centri scavati da immagini di sovrani, stanti o seduti con coppa in mano, secondo la tradizione già instaurata nel periodo paleosiriano, che pure è conservata nell’uso di ergere le statue stanti su basi leonine. Diversa appare, però, la funzione della statuaria: le fi gure dei sovrani erano probabilmente collocate in spazi aperti, non nei templi, ma si ricorda anche il portico del bit khilani di Guzana (Tell Halaf), sostenuto da colonne in forma di fi gure divine stanti sul dorso di animali. Una caratteristica della cultura artistica dei principati aramaici, solo in parte derivata dalla tradizione hittita imperiale, è quella di decorare pareti esterne, di palazzi, templi, vie cerimoniali e porte urbiche, con lastre ortostatiche a rilievo, con raffi gurazioni di divinità, di scene cultuali, di teorie di personaggi armati, apparentemente senza alcun intento narrativo. Mentre è abbastanza netta la specifi ca caratterizzazione delle singole scuole, più diffi cile è l’attribuzione cronologica dei cicli: i più antichi dovrebbero essere quelli di Meliddu (Malatya), con quelli, di elevatissima qualità, del tempio di Hadad ad Aleppo e del tempio di ‘Ayin Dara, forse dedicato a Ishtar Shaushga, che si collocano tra l’XI e il X secolo a.C. Altri importanti cicli scultorei sono stati rinvenuti a Sam‘al (Zincirli), Karkemish, Guzana (Tell Halaf), Karatepe, risalenti al IX secolo a.C. Una tipologia caratteristica dell’età del Ferro siriana è, inoltre, la piccola stele, probabilmente funeraria, in genere con scena di banchetto, dove sono spesso presenti personaggi femminili. Sulla costa, la documentazione relativa ai centri fenici è assai scarsa, per l’impossibilità di esplorare i siti antichi, si possono, tuttavia, ricordare, da un lato, il sarcofago in pietra del re Ahiram di Biblo, probabilmente risalente all’inizio dell’età del Ferro e, dall’altro, il persistere della produzione di stele con la raffi gurazione di singole divinità, che in questo periodo sono di grandi dimensioni. Le stele rinvenute provengono spesso da contesti montani, dove erano collocate in santuari secondari e/o presso sorgenti d’acqua. La grande tradizione artigianale, iniziata nella Ebla protosiriana con le sculture decorative in legno e proseguita con la lavorazione dell’avorio e dell’osso da Ebla paleosiriana e da Ugarit mediosiriana, trova il suo compimento nell’età neosiriana, con i lotti di pannelli per mobili e di pissidi in avorio portati alla luce a Nimrud, nel Forte Salmanassar e, di recente, anche nel Palazzo Nord-Ovest, ma anche ad Arslan Tash e, in misura minore, in altri centri neosiriani (Zincirli, Tell Ta‘yinat, Tell Halaf). Tutti gli avori sono di produzione siriana, anche, in massima parte, quelli di Nimrud, frutto di bottino o tributo da centri conquistati dagli Assiri. In linea di massima, gli avori neosiriani si suddividono in due gruppi maggiori, uno più infl uenzato da iconografi e egiziane, probabilmente legato alle botteghe costiere, “fenicie” e un secondo gruppo più ispirato da tradizioni locali, siriane, attribuibile alle botteghe dei principati aramaici di alta Siria interna. Un’analisi più raffi nata dei repertori consente oggi di proporre l’identifi cazione di più botteghe, ciascuna caratterizzata da singole particolarità tematiche o stilistiche, pur nel fi lone della suddivisione principale tra repertori più “egittizzanti” o più “siriani”, mentre a cavallo tra i due si collocano botteghe della Siria meridionale, tra le quali quelle di Damasco sono certamente tra le più rilevanti. Proseguendo una tradizione nota da periodo mediosiriano, i toreuti neosiriani, in particolare quelli della regione costiera divennero famosi per la produzione soprattutto di coppe di bronzo e d’argento, lavorate a sbalzo, rinvenute a Nimrud, ma anche a Cipro, a Delfi e perfi no in tombe etrusche, che divennero, quindi,

un tramite rilevante per la trasmissione di iconografi e orientali in Occidente. Essi continuarono anche a creare fi gurine divine in bronzo, spesso del consueto tipo gradiente. Sempre i centri della costa continuano a utilizzare abbastanza liberamente sigilli, che sono prevalentemente a stampo e ricordano, nella forma, gli scarabei egiziani; sono, questi, infatti, i cosiddetti scaraboidi, lisci nella parte convessa e incisi su quella piana, spesso con un’iscrizione alfabetica fenicia, che ne consente l’attribuzione certa.

SCHEDE SIRIA

Fig. 1 Pianta generale della Siria, con i principali siti preistorici, protostorici e protosiriani

Fig. 1

Fig. 2 Pianta generale della Siria con i principali siti del periodo paleosiriano, mediosiriano e neosiriano

Fig. 2

Periodo neolitico

Fig. 3 Pianta di Bouqras. Il villaggio, che mostra chiare evidenze di agricoltura e allevamento del bestiame, ha una tipica strutturazione di tipo neolitico, con le abitazioni disposte sui lati di spazi aperti, probabilmente comuni, ma già rivela l’inizio di un processo di diversifi cazione nella dimensione e nell’articolazione interna delle case, che prelude alla gerarchizzazione della società: si notino, in questo senso, le ampie case nn. 12 e 20 e la complessa distribuzione dei vani, soprattutto nella seconda. L’unità n. 26, con vani piuttosto piccoli e chiusi, è stata interpretata come un magazzino-laboratorio.

Periodo protostorico

Fig. 4 Tell Brak, “Tempio degli Occhi”. In alta Siria il periodo di Uruk tardo vide una forte espansione degli insediamenti, con centri che superavano facilmente i 40 ettari, nei quali elementi della cultura mesopotamica meridionale sono variamente presenti, come a Tell Brak, con un tempio a tipica pianta tripartita, con cella longitudinale con ingresso a gomito e vani minori sui lati. Il tempio è stato chiamato Tempio degli Occhi la presenza di un cospicuo numero di idoletti, di pietra e di argilla, con la parte superiore che sembra una testa stilizzata dai grandi occhi.

Fig. 5-6 Tell Brak, “Tempio degli Occhi”, idoli, alabastro, alt. cm. 4,8 e cm 8,1, Aleppo, Museo Archeologico. I cosiddetti idoli a occhio hanno la parte inferiore a forma di campana, mentre in alto la base si arrotonda, quasi a formare le spalle da cui spicca l’elemento superiore, che ricorda una testa dai grandi occhi spalancati; possono essere singoli, oppure avere una doppia testa e, come nel caso qui raffi gurato, prendere l’aspetto di un essere maggiore che ne accoglie uno minore, talvolta presentati come madre e fi glio. In realtà gli idoli non sono esasperate stilizzazioni di fi gure umane, ma piuttosto umanizzazioni di strumenti da lavoro, essi, infatti, ricordano gli strumenti per tenere separati i fi li durante la fi latura, raffi gurati, ad esempio nella glittica contemporanea.

Fig. 7 Jebel Aruda e Habuba Kebira, impronte di sigilli cilindrici. I sigilli rivelano nettamente la loro derivazione da quelli urukiti, nei temi e nello stile, con le scene di lavorazione, le teorie di animali e l’immagine di un personaggio che caccia due cinghiali e un leone, nel quale si deve probabilmente riconoscere il cosiddetto re-pastore o re-sacerdote, vale a dire il capo della comunità.

Fig. 8 Riproduzione grafi ca di vasellame tardo Uruk, in parte proveniente da Jebel Aruda si riconoscono, in particolare, le ciotole a orlo tagliato e le caratteristiche giare a beccuccio ricurvo, tipiche di quella cultura.

Fig. 3

Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6

Fig. 7 Fig. 8

Età del Bronzo Antico

Fig. 9 Tell Khuera, tempio del livello 2, ca. 3500 a.C. Defi nito kleiner Antentempel, piccolo tempio ad ante, può essere considerato un antecedente del classico tempio paleosiriano, monocellulare, longitudinale, con ingresso assiale e con possenti ante in facciata, che trovano nel piccolo edifi co arcaico di Tell Khuera diversi elementi di contatto.

Fig. 10 Ebla, Palazzo Reale G, ca. 2300 a.C. Il complesso palatino di Ebla protosiriana è stato identifi cato e parzialmente portato alla luce ai piedi del pendio ovest dell’acropoli: i settori individuati sono, da nord a sud, l’Ala nord-occidentale, con ambienti per la preparazione di farine, la Corte delle Udienze, porticata su due lati, nord ed est, con il podio per il trono reale addossato alla parete nord, il Quartiere Amministrativo, con il vano dell’Archivio principale, vani adibiti a magazzino e una sala di ricevimento, con due colonne; il Quartiere Meridionale, residenza di un funzionario palatino e il Complesso Centrale, del quale sono stati scavati i vani magazzino sul pendio meridionale dell’Acropoli. Sulla Corte delle Udienze si aprivano tre ingressi: nell’angolo tra le due facciate, la Scala Monumentale, che conduceva direttamente agli appartamenti reali al primo piano, il Portale Monumentale, con una lunga scala in pietra, che conduceva ai settori più interni del Palazzo e l’ingresso al Quartiere Ammnistrativo, probabilmente ricavato in un secondo momento sotto il portico lungo la parete est. Per l’articolazione in blocchi, due dei quali disposti ai lati di una corte porticata, il Palazzo Reale G di Ebla è stato confrontato con il Palazzo Reale A di Kish.

Fig. 11 Ebla, Palazzo Reale G, Archivio L.2769. L’ambiente principale dell’archivio di stato di Ebla non è stato disturbato al momento della distruzione del Palazzo; è stato così possibile osservare, sia sul pavimento, che sulle pareti, le tracce degli elementi lignei, orizzontali e verticali, delle scaffalature sulle quali erano disposte le tavolette, scivolate in terra quando le scaffalature furono bruciate. L’archivio di Ebla è uno dei pochi, nel Vicino Oriente antico, del quale si possa ricostruire non solo la disposizione degli scaffali, ma anche la collocazione dei documenti su di essi.

Fig. 12 Nagar (Tell Brak), pianta degli edifi ci akkadici, Area SS. Una delle poche testimonianze di architettura akkadica, l’area SS di Tell Brak è particolarmente interessante, da un lato, perché rivela almeno due fasi di attività edilizie nel periodo e, dall’altro, perché la presenza dell’edifi cio palatino fatto costruire certamente da Naram-Sin di Akkad collega queste costruzioni almeno con un progetto voluto direttamente da un sovrano akkadico. Il complesso cerimoniale, che comprende un tempio longitudinale con ingresso a gomito, che si apre sul Cortile Centrale, appare molto articolato, con diversi annessi e ambienti sussidari e con alcune particolarità architettoniche, come l’articolazione degli ingressi, che appare più monumentale rispetto alla tradizione mesopotamica.

Fig. 9

Fig. 10

Fig. 11 Fig. 12

Età del Bronzo Antico

Fig. 13 Ebla, Palazzo Reale G, capigliatura maschile, steatite, alt. cm 12,5, Aleppo, Museo Archeologico. La capigliatura, che apparteneva a una statua maschile polimaterica, di grandezza di poco inferiore a quella reale, è composta di otto placche di pietra, fi ssate a una base, probabilmente di legno, per mezzo di tenoni, per i quali restano i fori sulla superfi cie interna delle placche. La lavorazione defi nitiva dei dettagli deve essere stata eseguita dopo la messa in opera delle singole placche. Nella parte superiore, mancante, si trovava forse un diadema. La statua maschile costituiva una coppia con una immagine femminile analoga, della quale è stata analogamente rinvenuta la sola capigliatura.

Fig. 14 Ebla, Palazzo Reale G, capigliatura femminile, steatite, alt. cm 30,5, Aleppo, Museo Archeologico. Realizzata con una tecnica analoga a quella dell’immagine maschile, la capigliatura femminile era composta di sei placche e otto ciocche terminali; manca un settore sulla fronte, un diadema, anche in questo caso, ovvero una frangia di riccioli. La presenza di una coppia di statue, una maschile e una femminile, si inserisce nella tradizione protodinastica mesopotamica, ma, mentre usualmente le statue mesopotamiche erano collocate nelle celle templari, quelle eblaite erano invece certamente situate nel palazzo reale. Le caratteristiche dell’acconciatura non hanno confronti immediati né in opere eblaite contemporanee, né nell’arte mesopotamica e identifi cano alcune peculiarità stilistiche del centro protosiriano, come il naturalismo, la ricercatezza nella resa dei particolari e il forte senso del volume.

Fig. 15 Ebla, Palazzo Reale G, testina maschile, calcare, alt. cm 3,0, Aleppo, Museo Archeologico. La testina, completa, apparteneva probabilmente a una fi gura maschile e faceva parte o di un gruppo miniaturistico, ovvero, più probabilmente, di uno dei numerosi pannelli, di soggetto diverso, che decoravano le pareti del Palazzo Reale G. I pannelli, che avevano in genere base lignea scolpita a rilievo, con applicazioni in pietra per gli abiti o i velli degli animali e in foglia d’oro per le parti nude dei corpi umani, riproducevano scene con personaggi animali, forse lotte tra belve ed erbivori, secondo la tradizione mesopotamica, scene di battaglia e scene di processioni di dignitari, volti verso la fi gura regale.

Fig. 16 Ebla, Palazzo Reale G, fi gurina animale, calcare, alt. cm 3,3, Aleppo, Museo Archeologico. La piccola fi gura di toro, probabilmente infi ssa su un oggetto perduto, si inserisce nella tradizione mesopotamica protostorica della piccola statuaria animale a tutto tondo, caratterizzata da uno spiccato naturalismo. Essa mostra, inoltre, forti somiglianze, anche nel tipo di fi ssaggio con una immagine di torello dal Cimiero Reale di Ur, testimoniando, come confermano anche altri elementi di evidenza dal Palazzo Reale G, contatti forse non occasionali con il grande centro del Sumer.

Fig. 17 Ebla, Palazzo Reale G, fi gurina femminile, steatite, diaspro e calcare, alt. cm 5,3, Idlib, Museo Archeologico. L’immagine miniaturistica, caratterizzata dal polimaterismo così frequente nelle botteghe protosiriane eblaite, dovrebbe raffi gurare un dama di corte di alto rango o, più verosimilmente una sacerdotessa, come dimostrerebbero le analogie dell’abbigliamento con quello delle statue di sacerdotesse di Mari, del periodo Protodinastico III.

Fig. 18 Ebla, Palazzo Reale G, parte di trono, legno e conchiglia, Aleppo, Museo Archeologico. Tra i numerosi, straordinari reperti del Palazzo Reale G spicca il ritrovamento di alcuni frammenti lignei, conservati perché carbonizzati dall’incendio che ha distrutto l’edifi cio: essi costituiscono i primi esemplari dell’artigianato di lusso che caratterizzerà l’arte siriana in tutto l’arco della sua storia, non solo per il tipo di lavorazione, legno traforato a giorno, ma anche per il tipo di oggetto, mobilio raffi nato, in questo caso, almeno un trono e un tavolo. Il bracciolo qui raffi gurato presenta, con lo stile naturalistico tipicamente eblaita, una teoria di animali, tori e leoni che assaltano capridi, di ispirazione mesopotamica. Caratteristico dell’artigianato locale è anche l’inserimento di tessere triangolari di conchiglia.

Fig. 13 Fig. 14

Fig. 15 Fig. 16 Fig. 17

Fig. 18

Età del Bronzo Antico

Fig. 19 Ebla, Palazzo Reale G, fi gura di animale, calcare, alt. cm 6,8, Aleppo, Museo Archeologico. L’intarsio, che rappresenta un leopardo stante, faceva certamente parte di un pannello a soggetto mitologico, con la rappresentazione di lotte di animali in posizione araldica. Il corpo dell’animale presenta una serie di incavi, forse per l’inserimento di materiali diversi per la rappresentazione del pelame, ed ha il muso volto in avanti, che sporge decisamente rispetto al corpo, conseguendo un effetto fortemente realistico.Fig. 20 Ebla, Palazzo Reale G, testa di gazzella, calcare, alt. cm 2,9, Aleppo, Museo Archeologico. La testina

dovrebbe far parte di un pannello simile al precedente; la fi gura è realizzata con tecnica a silhouette, con grande cura per i particolari, ad esempio nella resa delle corna tortili e del muso. Anche questa immagine, come la precedente, rivela la predilezione eblaita per le linee curve.

Fig. 21-24 Ebla, Palazzo Reale G, ricostruzione grafi ca di impronte di sigillo cilindrico. Nell’edifi cio palatino protosiriano erano conservati numerosi frammenti di sigillature di argilla (bulle), con le impronte di diversi sigilli cilindrici di produzione palatina. I soggetti, che derivano da quelli mesopotamici protodinastici, che i cosiddetti fregi di fi gure, o scene di lotta, presentano alcuni personaggi tipicamente eblaiti: protagonista delle lotte è il sovrano, caratterizzato dalla posizione frontale e dal copricapo a turbante, con una sorta di nappa su un lato; il re è accompagnato da una fi gura femminile con i capelli sciolti, che ricorda il resto di statua a grandezza quasi naturale, della quale è conservata proprio l’acconciatura con chiome sciolte. Alla lotta partecipa anche talvolta una fi gura divina femminile, una Signora degli animali, con una tipica veste con gonna a balze laterali rigonfi e, mentre l’immagine di un atlante inginocchiato, che sorregge sulla testa un simbolo costituito da quattro teste ricorda il titolo regale assunto proprio dai sovrani di Akkad per la prima volta, dopo la conquista della Siria, di “re delle quattro parti del mondo”.

Età del Bronzo Medio

Fig. 25 Kültepe, karum liv. II, riproduzione grafi ca dell’impronta di un sigillo cilindrico. L’impronta a parte di un piccolo gruppo di sigillature probabilmente di produzione eblaita, come è provato dalla presenza di iscrizioni che citano sovrani della città siriana: il personaggio più caratteristico è il sovrano, che indossa un tipico copricapo con puntale sulla fronte, secondo un’iconografi a attestata solo a Ebla, nei bacini rituali dai templi. La presenza della fi gura della dea Ishtar, o di immagini collegate con la dea, come la grande sacerdotessa, la colomba e il leone, rivelano come, già in questa fase arcaica del periodo paleosiriano, la corte eblaita avesse elaborato compiutamente un concetto di regalità, legato proprio con la grande dea.

Fig. 26 Ebla, Tempio P2, testa femminile, basalto, alt. cm 37, Idlib, Museo Archeologico. La testa, di dimensioni superiori a quelle naturali, è stata rinvenuta nell’area del grande Tempio P2 della Città Bassa nord di Ebla, dedicato alla dea Ishtar. Alcune caratteristiche dell’acconciatura inducono a datare la testa al periodo paleosiriano iniziale, se non addirittura al periodo protosiriano; è, comunque, probabile, che questa sia parte dell’immagine di culto della dea, raffi gurata, probabilmente, nel suo aspetto guerriero. Gli occhi erano intarsiati, mentre un leggero solco, che corre lungo il contorno del volto, serviva forse per fi ssare una lamina di metallo prezioso, che doveva contribuire a rendere più terribile l’aspetto della divinità.

Fig. 19 Fig. 20

Fig. 21 Fig. 22 Fig. 23

Fig. 24 Fig. 25

Fig. 26

Età del Bronzo Medio

Fig. 27 Ebla, Ricostruzione assonometrica del Tempio D. Il tempio era collocato sul margine occidentale dell’acropoli eblaita, adiacente al Palazzo Reale E, residenza del sovrano: con l’impianto longitudinale, con ingresso assiale tra ante e pareti molto spesse, in particolare quella di fondo, dove si apre la nicchia per la statua di culto, il Tempio D è un tipico tempio paleosiriano. Peculiare è, invece, la tripartizione interna, per la quale l’edifi cio si articola in ingresso, antecella e cella, che fa del tempio il primo esemplare della variante palatina del tempio paleosiriano. Questa particolare variante, sempre collegata con una residenza palaziale, attraverso le evoluzioni del Bronzo Tardo e della prima età del Ferro, è da ritenersi all’origine della tipologia cui apparterebbe anche il Tempio di Salomone a Gerusalemme. Il Tempio D era dedicato alla dea Ishtar nella sua funzione di protettrice della dinastia regnante.Fig. 28 Biblo, pianta del Tempio degli Obelischi. Il santuario è un buon esempio dell’architettura templare della

costa siriana: al posto di un edifi cio isolato, quale era di norma il tempio paleosiriano, il Tempio degli Obelischi si articola in corti e ambienti tutti irregolari, senza un asse individuabile, con una pluralità di funzioni, sia di immagazzinamento sia di culto, e con una molteplicità di punti di riferimento.

Fig. 29 Ebla, pianta del Palazzo Occidentale. L’architettura palatina eblaita è caratterizzata dalla moltiplicazione dei complessi palatini, secondo una verosimile distribuzione di funzioni, che trova probabilmente origine della tradizione protosiriana. Il Palazzo Occidentale era la residenza del principe ereditario, il cui compito principale era probabilmente quello di occuparsi dei culti per i sovrani defunti e divinizzati, le cui tombe si trovavano sotto le pavimentazioni del palazzo stesso. L’edifi cio, che si articola in corpi giustapposti, spesso con raddoppiamento dei muri perimetrali delle singole unità, presenta un sistema di circolazione periferico, attraverso una serie di corti, sulle quali si aprivano i vani: a nord vi erano i settori di servizio, sul lato est magazzini, mentre nella parte centrale del complesso si individua il settore cerimoniale, con un blocco quadrangolare di vani, uno maggiore, mediano, diviso in due da una coppia di colonne, e ambienti minori sui due lati lunghi, uno dei quali era forse un vano scala.

Fig. 30 Alalakh (Tell Atchana), pianta del palazzo detto di Yarim-Lim. Alalakh, che era, con Ebla, uno dei centri maggiori del regno di Yamkhad, la cui capitale era Aleppo, aveva un palazzo che, pur meno esteso degli edifi ci palatini eblaiti, presentava una certa articolazione nei vari settori e, soprattutto, nell’ala settentrionale, un settore cerimoniale in tutto simile a quelli eblaiti, confi gurando, così, una tipologia dei quartieri di ricevimento paleosiriani: anche in questo caso, infatti, si riconoscono il vano maggiore allungato, al centro, con la partizione a colonne, e gli ambienti laterali minori, tra i quali si distingue il vano scala. Anche questa tipologia del settore cerimoniale, così come quella del tempio monocellulare con ante in facciata è l’antenata di templi dell’età del Ferro, è all’origine del più tardo modello architettonico del palazzo neosiriano, il cosiddetto bit khilani.

Fig. 31 Ebla, Tempio P2, statua maschile, basalto, alt. m 1,06, Idlib, Museo Archeologico. Il Tempio P2 ha conservato un gruppo di statue, certamente regali, che comprendeva immagini maschili sedute e immagini femminili stanti, probabilmente presenti, a coppie, sia nel portico, che nella cella. La tradizione fu conservata per tutto il periodo paleosiriano, poiché si riconoscono immagini, come quella qui raffi gurata, più arcaiche, realizzate nello stile severo che caratterizza l’arte eblaita paleosiriana arcaica, ma anche immagini, datate alla fi ne del periodo, che seguono i canoni estetici della grande arte palatina aleppina.

Fig. 27 Fig. 28

Fig. 29 Fig. 30

Fig. 31

Età del Bronzo Medio

Fig. 32 Alalakh, palazzo di Yarim-Lim, testa maschile, steatite, alt. cm 19, Antakia, Museo Archeologico. La bella testa, che raffi gura probabilmente un re di Alalakh, può essere considerata un buon esempio della grande arte paleosiriana matura delle botteghe reali aleppine, caratterizzate da naturalismo e plasticismo.Fig. 33 Ebla, Tempio P2, statua femminile, basalto, alt. cm 72, Idlib, Museo Archeologico. La statua, mancante

della testa e tagliata all’altezza delle ginocchia costituisce una coppia con la statua maschile della fi gura successiva e mostra l’adesione delle botteghe eblaite, nel periodo paleosiriano maturo, ai canoni estetici dell’arte aleppina. Forse meno accentuata nella fi gura femminile, è comunque evidente la ricerca di effetti naturalistici, con le forme del corpo che appaiono al di sotto dell’abito aderente, e di un maggiore plasticismo, in particolare nella resa del bordo rigonfi o del mantello, suo quale si appunta uno spillone a testa di cigno.

Fig. 34 Ebla, Tempio P2, statua maschile, basalto, alt. cm 85, Idlib, Museo Archeologico. Nella fi gura maschile, della quale sono conservati solo il torso e parte del seggio, le caratteristiche fondamentali dello stile paleosiriano maturo sono esasperate, nelle forme piene del corpo e del mantello rigonfi o, con la frangia che viene ulteriormente movimentata da una serie di onde. È forse questa l’immagine che meglio riesce a dare un’impressione di quelle che dovevano essere le raffi nate realizzazioni delle botteghe aleppine.

Fig. 35 Ebla, Area Sacra di Ishtar nella Città Bassa (Area P), base di statua, basalto, alt. cm 63, Idlib, Museo Archeologico. Tutte le immagini regali presenti nel Tempio P al momento della distruzione di Ebla sono state frantumate e disperse nell’area circostante. È stato, comunque, possibile, ricostruire diverse statue, mentre due basi, una delle quali qui riprodotta, testimoniano dell’uso di riprodurre anche fi gure regali stanti, con i piedi, calzati da sandali, secondo quanto rivela un frammento, pure rinvenuto a Ebla, inseriti in un foro nella parte superiore del blocco. Le basi, a forma di parallelepipedo, erano decorate con protomi o con fi gure intere leonine e recavano, talora, come in questo caso, la fi gura di un sovrano seduto a rilievo, nella parte frontale, tra le immagini di leoni. Ancora una volta, Ebla offre l’evidenza dell’inizio di una tradizione che trova eco nel periodo neosiriano, quando ancora si troveranno statue regali stanti, erette su basi con fi gure di leone.

Fig. 36 Ebla, Tempio B, bacino rituale a due vasche, lungh. cm 88, Damasco, Museo Nazionale. Un tipico arredo dei templi eblaiti era il bacino rituale a due vasche, scolpito a rilievo su tre facce, ma talora anche su tutte e quattro i lati. In genere sulla faccia principale vi era una scena di banchetto, mentre le altre fi gurazioni indicavano la causa della celebrazione del banchetto. Il bacino qui riprodotto mostra il sovrano, con il tipico copricapo con puntale sulla fronte, seduto a banchetto, davanti a una tavola imbandita, accompagnato da un inserviente e da soldati. In questo caso il banchetto celebrava una vittoria militare e la tematica militare è ulteriormente sottolineata dalla fi la di protomi di leoni ruggenti alla base delle facce dell’arredo.

Fig. 32

Fig. 33 Fig. 34

Fig. 35 Fig. 36

Età del Bronzo Medio

Fig. 37 Ebla, Santuario G3, stele, basalto, alt. m 1,50, Idlib, Museo Archeologico. In un piccolo santuario annesso al Tempio D sull’acropoli di Ebla era conservata una stele, scolpita a rilievo sulle quattro facce, che costituisce una summa del pensiero religioso eblaita del periodo paleosiriano arcaico, di diffi cile interpretazione. Si sono individuati tre gruppi di motivi:

1) Immagini direttamente collegate con la dea Ishtar: A2, la dea, vestita, è stante, sul dorso di un toro, all’interno di un sacello alato, sorretto da uomini-toro, l’immagine allude alla natura astrale della dea; A4, D2 e D3, il mostro che vomita le acque dolci che portano fertilità, la sfi nge tetramorfa e il toro androcefalo fanno riferimento alla fertilità apportata dalla dea, secondo uno schema che ricorda quello dell’affresco dell’Investitura del Palazzo di Mari.

2) Immagini relative al rituale: A3a-b, scene di musica e danza, con un sovrano seduto con coppa in mano; B2-3 e C3-4, portatori di offerte.

3) Immagine relative alla regalità: B4 e C2 riprendono il motivo, già apparso nell’arte protosiriana, del sovrano che uccide il leone eretto sulle zampe posteriori, in duello; D4 mostra la fi gura del re, duplicata specularmente, ma non identica, mentre uccide un nemico, con un pugnale e con un’ascia; questo motivo iconografi co è certamente derivato dal tema egiziano della rappresentazione del faraone duplicato in quanto re dell’Alto e del Basso Egitto.

Fig. 37

Età del Bronzo Medio

Fig. 38 Ebla, Palazzo Settentrionale, testa maschile, avorio, alt. cm 13,4, Idlib, Museo Archeologico. Nel periodo paleosiriano la tecnica dell’intaglio in legno, iniziata dalle botteghe protosiriane, si trasforma in artigianato dell’osso e dell’avorio, con realizzazioni raffi nate, nelle quali temi di ispirazione egiziana si accompagnano a immagini di gusto spiccatamente locale. La testa maschile, che decorava probabilmente un seggio o un letto, riproduce l’immagine del faraone con la corona che caratterizza il dio egiziano dell’Oltretombe Osiride. Fortemente improntata all’iconografi a faraonica, l’opera, il cui stile è, invece, certamente locale, deve essere considerata un prodotto delle botteghe palatine eblaite.Fig. 39 Ebla, Palazzo Settentrionale, fi gura maschile, avorio, alt. cm 7,3, Idlib, Museo Archeologico. La fi gurina

decorava verosimilmente una cofanetto ed era probabilmente duplicata specularmente ai lati di una palmetta, della quale sono conservati frammenti. In questo caso, l’immagine, completamente siriana nel tema e nello stile, rappresenta il re con il mantello a frangia, la tiara ovoidale e l’ascia fenestrata in mano, secondo un’iconografi a tipica del periodo paleosiriano maturo, posteriore all’affermazione di Aleppo. L’occhio era probabilmente intarsiato con materiale diverso. Se realmente il gruppo comprendeva due fi gure regali uguali o simili ai lati di una palmetta, tornerebbe, almeno nel tema in generale, l’ispirazione dal tema egiziano del faraone duplicato.

Fig. 40 Ebla, area del Palazzo Settentrionale, fi gurina di offerente, avorio, alt. cm 7,4, Idlib, Museo Archeologico. Mentre le due fi gure precedenti sono lavorate a silhouette con i particolari interni incisi, questa immagine, di un personaggio maschile che reca in braccio una gazzella con il capo volto all’indietro, è lavorata con tecnica diversa, a tutto tondo e doveva essere inserita su un oggetto perduto, tramite il perno che si trova sotto i piedi del personaggio. In questo caso, le botteghe paleosiriane hanno prodotto un oggetto totalmente dipendente da modelli locali, per il tipo di immagine scelto e per lo stile naturalistico con il quale è realizzato.

Fig. 41 Ebla, Tomba del Signore dei Capridi, talismano, avorio, lungh. cm 35, Idlib, Museo Archeologico. Il talismano è costituito da due serie di lastrine di avorio, addossate l’una all’altra e inserite in due guide in due bacchette, decorate nella parte superiore con fi gurine di animali. I personaggi sono fi ssati alla base per mezzo di chiodini di avorio e di bronzo. Mancante di alcuni elementi, il talismano riproduce comunque, sulla faccia principale, il banchetto funebre del sovrano, seduto al margine sinistro, davanti alla tavola imbandita, al di là della quale si riconoscono il primogenito e la primogenita, in nudità rituale. Sulla faccia posteriore, il re è divenuto toro celeste barbato, sempre accompagnato dai due primogeniti e adorato da due scimmie con la zampa anteriore levata. L’oggetto riproduce un tema tipicamente siriano, l banchetto funebre e il culto per i sovrani defunti e divinizzati, mentre le scimmie introducono un elemento di derivazione egiziana: in ambiente faraonico, infatti, i cinocefali accosciati adorano con questo gesto il Sole e il nome del faraone, Sole in terra. Una mazza faraonica con questo tema era presente a Ebla e da essa gli artigiani eblaiti possono aver tratto ispirazione per questa trasposizione in chiave tutta siriana.

Fig. 38 Fig. 39

Fig. 40

Fig. 41

Età del Bronzo Medio

Fig. 42 Figura divina, bronzo, alt. cm 15,3, Parigi, Louvre. La fi gurina rappresenta un dio della tempesta, gradiente, con un braccio levato a sorreggere un’arma perduta, secondo un’iconografi a alquanto diffusa. Le fi gure gradienti, che possono avere le braccia realizzate a parte e applicate, sono caratterizzate dal corto gonnellino a pieghe orizzontali, fermato in vita da un’alta cintura, con i lembi frontali ricurvi. Questa immagine, che aveva gli occhi intarsiati, ha un copricapo particolare, senza confronti nelle altre fi gure della stessa categoria, mentre, come altre statuine, era forse coperta di foglia d’oro, almeno nelle parti nude del corpo.Fig. 43 Biblo, Tempio degli Obelischi, pugnale, oro, argento e avorio, lungh. cm 39, Beyrut, Museo Nazionale. L’arma appartiene a una tipologia di antica tradizione, probabilmente risalente al III millennio a.C., caratterizzata dall’impugnatura, terminante con un elemento intarsiato a falce lunare, in questo caso di avorio. L’impugnatura stessa e il fodero sono in oro, lavorato a sbalzo, mentre la lama è d’argento. Nelle decorazioni a sbalzo si riconoscono iconografi e legate alla fi gura regale: sull’impugnatura il sovrano stante, con un’alta tiara a doppio tronco di cono, mentre sul fodero appare una processione di animali ed esseri umani inginocchiati, volti verso un personaggio con pastorale, sul dorso di un asino, che potrebbe rappresentare il sovrano defunto e divinizzato.Fig. 44 Biblo, necropoli reale, Tomba II, collana e pendente, oro e pietre dure, alt. dei pendenti cm 4,5 e 7,5, Beyrut, Museo Nazionale. I due gioielli, opera di botteghe palatine gublite, imitano prodotti di orefi ceria egiziana, la collana nella forma e nell’iconografi a, il pendente solo nell’iconografi a, mentre assai originale è la forma a conchiglia del pendente. Pettorali egiziani erano certamente presenti, soprattutto nei grandi templi siriani, e furono certamente il tramite principale per la trasmissione di iconografi e faraoniche, in particolare quella della fi gura del sovrano duplicato specularmente, non necessariamente in totale simmetria.Fig. 45 Ebla, necropoli reale, Tomba del Signore dei Capridi, collana, oro, lungh. cm 10,4, Aleppo, Museo Archeologico. Il gioiello è costituito da tre elementi orizzontali, attraversati da quattro settori tubolari, per il passaggio del fi lo, segnalati sulla superfi cie dalla lavorazione a tortiglione; da questi pendono tre pendenti circolari, con decorazione a stella e globetti, eseguiti in fi nissima granulazione. La granulazione, ben documentata nella gioielleria eblaita, soprattutto presente nella necropoli reale, caratterizza molti oggetti di orefi ceria palatina in tutta l’area siro-palestinese, sempre realizzata con minutissimi globetti, di grande regolarità, che testimonia l’elevata qualità di quelle botteghe.

Fig. 42

Fig. 43 Fig. 44

Fig. 45

Età del Bronzo Medio

Fig. 46 Ebla, fi gurina femminile, argilla, alt. cm 12,5, Idlib, Museo Archeologico. La fi gurina rappresenta una donna nuda, con il volto fortemente deformato, le mani ai seni, il pube marcato da una serie di punti, gioielli al collo. Una variante ha, invece delle mani ai seni, le braccia aperte, ridotte a moncherini. L’immagine, il cui reale signifi cato è oscuro, dovrebbe collegarsi con l’ambito cultuale della dea Ishtar: fi gurine di questo tipo si rinvengono in ogni contesto, da quelli palatini, a quelli templari, a quelli domestici, a quelli funerari. È probabile che Ebla, grande centro dedicato a Ishtar, fosse anche uno dei maggiori luoghi di produzione delle fi gurine di argilla, come testimonia anche il ritrovamento di un forno, con resti di fi gurine mal riuscite, nella regione del Palazzo Settentrionale.Fig. 47 Ebla, Palazzo Occidentale, frammento di giara con impronta di sigillo, argilla, alt. dell’impronta cm 7,5, Idlib, Museo Archeologico. Alcune grandi giare da conservazione, rinvenute in frammenti nel Palazzo Occidentale e in una residenza signorile nell’Area Z, della città bassa ovest, recavano le impronte di due sigilli, certamente principeschi, impressi prima della cottura defi nitiva della giara, secondo un costume già attestato nel periodo protosiriano. I due sigilli dimostrano l’adozione, da parte della corte eblaita, di modelli aleppini: nel caso illustrato, il sigillo del principe ereditario, fi glio del re di Ebla Indilimgur, forse l’ultimo sovrano eblaita, il sovrano è rappresentato mentre riceve il simbolo egiziano della vita, l’ankh, dal dio della tempesta di Aleppo, Hadad, e dalla sua paredra, Khebat. Scomparsa, quindi, la dea patrona di Ebla, Ishtar, anche lo stile abbandona il severo formalismo dell’arte paleosiriana arcaica, per adottare forme eleganti e sinuose, tipiche delle botteghe aleppine, ben rappresentate dalla glittica contemporanea di Alalakh. Il sovrano indossa la tiara ovoidale e un ampio mantello dal bordo rigonfi o, Hadad è rappresentato come un classico dio gradiente, mentre Khebat ha una tiara cilindrica e un mantello a tunica frangiato.Fig. 48 Alalakh, Palazzo Reale, Sala 11, disegno ricostruttivo di impronta di sigillo cilindrico, alt. cm 2,5, Antakia, Museo Archeologico. L’impronta del sigilli del re Abba-El di Yamkhad (Aleppo), è un classico esempio di glittica paleosiriana matura: il sovrano, che indossa la tiara ovoidale e il mantello a bordo rigonfi o, riceve la regalità dalla dea Khebat, riconoscibile per la tiara cilindrica, con le corna libere alla base; alle spalle del sovrano, la dea intercedente Lama. In mancanza di reperti provenienti dalla stessa Aleppo, Alalakh, che era uno degli alleati principali del regno di Yamkhad, di cui costituiva il proto sul Mediterraneo, offre i migliori esempi della glittica palatina di quelle botteghe, con sigilli appartenenti sia a re di Alalakh, sia a re di Aleppo, conservati su documenti della cancelleria della capitale.Fig. 49 Sigillo cilindrico, limonite, alt. cm 2,5, New York, Pierpont Morgan Library. Questo sigillo, in stile paleosiriano classico, mostra, forse, l’affermazione del dio di Aleppo, Hadad, rappresentato nell’usuale iconografi a del dio gradiente sulle montagne, con la mazza nella mano levata per percuotere le nubi e farne scendere la pioggia. Il dio tiene per le briglie un toro accosciato, sul quale si erge Ishtar, nella sua versione lasciva, raffi gurata nuda, mentre apre il velo per mostrarsi; alle sue spalle la dea Lama e una serie di motivi di riempimento non tutti facili da interpretare, come il settore secondario del partito fi gurativo, diviso in due, con due fi gure, probabilmente femminili in alto e un leone ruggente in basso, quest’ultimo certamente legato alla grande dea.Fig. 50 Sigillo cilindrico, ematite, alt. cm 2,7, Parigi, Bibliothèque Nationale. Il sigillo riproduce ancora il motivo iconografi co tipicamente paleosiriano del sovrano che riceve la regalità dalla dea Khebat, mentre alle sue spalle, una seconda fi gura regale, senza tiara ovoidale, rappresenta forse il principe ereditario. L’aspetto slanciato delle fi gure e la resa più abbreviata dei particolari fanno attribuire il sigillo, che appartiene a un re di Yamkhad, alla fase fi nale del periodo paleosiriano.

Fig. 46

Fig. 47 Fig. 48

Fig. 49 Fig. 50

Età del Bronzo Tardo

Fig. 51 Alalakh, pianta del palazzo del livello IV, cosiddetto Palazzo di Niqmepa. L’edifi cio costa di tre settori: il primo, e verosimilmente più antico, è quello centrale, con il dispositivo di ingresso, gli altri due settori, probabilmente aggiunti in una seconda fase, sono l’ampio annesso orientale e il settore posteriore; ancora più tarda dovrebbe essere l’aggiunta della corte e degli ambienti anteriori, disassati rispetto al resto del complesso. Il settore centrale comprende un ingresso monumentale con due colonne, dal quale si accede a un vestibolo, fi ancheggiato da ambienti minori, uno dei quali è un vano scala, dai quali ci si immette nella sala del trono, con il podio per il seggio regale. Il blocco orientale è costituito da due settori comunicanti, ognuno dei quali riproduce il modulo del dispositivo di ricevimento dei palazzi paleosiriani, con un vano rettangolare al centro, diviso in due da una colonna, in questo caso, e ambienti minori sui lati, tra i quali, almeno in un caso, si riconosce un vano scala. In tal modo, il palazzo, la cui fondazione è attribuita al re Niqmepa, raccoglie, in uno stesso complesso, la più antica unità del complesso cerimoniale paleosiriano (v. fi g. 29-30) e la sua rielaborazione, nella quale il settore colonnato si trasforma in dispositivo di accesso, prefi gurando il tipo del bit khilani. A differenza di quanto avverrà negli khilani classici, l’ingresso alla sala del trono avviene attraverso un ambiente secondario e non direttamente dal vestibolo. La presenza delle numerose scale, rispetto alla limitata articolazione dell’edifi cio palatino, è da considerare prova della presenza di estesi settori residenziali al piano, o ai piani superiori.Fig. 52 Emar, Area A. Il centro di Emar fu completamente ricostruito, con imponenti opere di sbancamento, dal re hittita Mursili II, ma, nonostante questo sicuro e radicale intervento esterno, gli edifi ci principali adottano modelli edilizi tipicamente siriani. Così, nell’area A, un settore residenziale, l’edifi cio maggiore si articola, pur con qualche incertezza per lo stato di conservazione non buono, secondo lo schema del bit khilani, con accesso con due colonne, vestibolo e sala di ricevimento: in questo caso, l’accesso alla sala dal vestibolo è diretto.Fig. 53 Ugarit, pianta del Palazzo Reale. L’edifi cio, che ha una superfi cie di 6.500 mq, è il più esteso complesso palatino del Bronzo Tardo. Assai articolato e abbastanza ben conservato, è probabilmente il frutto di ampliamenti e rimaneggiamenti successivi. Situato nella città bassa, hh l’ingresso principale, con un portico a colonne, che si apre sul lato ovest, in corrispondenza di uno spazio aperto a ridosso del muro di cinta. Ambienti con colonne all’ingresso sono frequenti in tutto il palazzo, a dimostrazione dell’adozione generalizzata del modello; inoltre, nella parte centrale dell’edifi cio si riconosce una versione quasi classica del dispositivo delle udienze paleosiriano (in nero nella pianta), anche se ormai probabilmente privato della sua funzione originaria, dal momento che la posizione delle porte non consente di individuare in nessun ambiente un luogo adatto a ospitare il seggio regale. In realtà, in questo palazzo non è facile identifi care un area di ricevimento, mentre una zona certamente riservata ad atti pubblici del sovrano è quella immediatamente a sud di questo settore, con un ampio bacino rettangolare per abluzioni al centro: sul lato meridionale del vano, cui si accede direttamente tramite una scala, sono state identifi cate tracce di balaustre di legno, che potrebbero delimitare un portico riservato al re. Il palazzo di Ugarit era ampiamente costruito in pietra, con intelaiature di legno, le cui tracce sono chiaramente visibili sulle murature e riempimento a sacco. La vicinanza delle montagne, ricche di foreste di conifere, ha fatto sì che il legname fosse liberalmente utilizzato nell’architettura di Ugarit: gli infi ssi di porte e fi nestre, infatti, recano le tracce delle travi lignee che li ricoprivano e decorazioni di legno erano probabilmente presenti anche in altri settori delle strutture.Fig. 54 Emar, Area E, pianta della terrazza cultuale. A somiglianza di quanto avviene a Ugarit, e forse confi gurando una tradizione dei centri siriani del Bronzo Tardo, un settore sopraelevato della città è riservato a templi gemelli: dedicati a Ba‘al/Hadad e a Dagan a Ugarit, probabilmente a Ba‘al e Astarte a Emar. I due edifi ci sacri di Emar si inseriscono pienamente nella tradizione siriana, con l’impianto longitudinale, con ingresso assiale tra ante e cella unica, mentre gli arredi all’interno della cella si articolano più variamente, con altari isolati con gradini, presenti anche in altri templi della regione della Gezira, banchette e bacini.Fig. 55 Ugarit, pianta del tempio di Ba‘al. Il tempio, come il suo gemello, dedicato a Dagan, ha un impianto diverso da quello siriano tradizionale e forse tipico della regione costiera: la cella è latitudinale, probabilmente assiale, mentre il vestibolo, longitudinale assiale, è di larghezza inferiore a quella della cella; i santuari, inoltre, non sono isolati, ma appaiono inseriti in aree sacre recintate, con arredi secondari. È evidente il diverso gusto volumetrico di queste architetture, che defi niscono una struttura nella quale la posizione e la dimensione della cella sono immediatamente evidenti anche dall’esterno dell’edifi cio.

Fig. 51 Fig. 52

Fig. 53

Fig. 54 Fig. 55

Età del Bronzo Tardo

Fig. 56-57 Kumidi (Kamid el-Loz), area templare: ricostruzione assonometrica di un settore dell’area templare e pianta degli edifi ci. L’area sacra di Kamid el-Loz identifi ca un’altra tipologia templare, probabilmente collegata con le tradizioni costiere, poco conosciute per i periodi precedenti. Il complesso appare assai articolato, con due vani adibiti al culto, sul lato sud, a impianto longitudinale assiale, con banchette lungo le pareti interne; i due santuari fi ancheggiano due corti irregolari, una con ambienti minori e la seconda con un altare al centro, inserito tra un’edicola sorretta da colonne e due colonne, o pilastri, non portanti. Gli elementi della trabeazione dell’edicola sembrano di ispirazione egiziana, mentre le due colonne libere (delle quali sono una è visibile nella fi g. 56) sembrano prefi gurare la presenza delle due colonne di bronzo Yakin e Boaz, collocate davanti al tempio di Salomone a Gerusalemme.Fig. 58 Alalakh, statua del re Idrimi, calcare e basalto, alt. m 1,04, Londra, British Museum. Le opere di statuaria in pietra del Bronzo Tardo non sono numerose e appaiono, quindi, poco coerenti. Certamente l’immagine del re Idrimi si inserisce nella tradizione della grande statuaria regale paleosiriana, per la posizione e per l’abbigliamento, con l’alta tiara ovoidale e il mantello con bordo rigonfi o ondulato. Diversa è la posizione della mano poggiata sulle ginocchia, che non sorregge la coppa, come è invece uso nelle opere più antiche. Il sovrano, seduto in trono, è inserito in un seggio, di materiale diverso, con sfi ngi ai lati, ma la collocazione non sembra coerente ed è forse frutto di un assemblaggio posteriore.Fig. 59 Figurina divina, bronzo, alt. cm 12,3, Parigi, Louvre. Ben più numerose sono le opere di toreutica, tra le quali spiccano le immagini gradienti, anch’esse nella linea della grande tradizione paleosiriana. L’immagine divina qui presentata, probabilmente femminile, è insolita per la presenza di un copricapo a corna molto elaborato e di tutte le armi della dea, due tenute tra le mani e la spada infi lata alla cintola.Fig. 60 Ugarit, città sud, fi gura divina, bronzo, alt. cm 25,8, Damasco, Museo Nazionale. La statuetta riproduce un’immagine divina femminile, benedicente. Il tipo più frequente è, come in questo caso, quello stante. L’immagine, che doveva essere inserita su un sostegno, a giudicare dalla presenza dei due perni sotto i piedi, aveva l’acconciatura realizzata in materiale diverso e gli occhi intarsiati; il braccio sinistro, chiaramente da inserire nel foro realizzato nella piega del mantello, non necessariamente, invece, era di un altro materiale, secondo la tradizione del periodo paleosiriano, che pure prevedeva l’uso di arti staccati, dello stesso metallo della statua di base.Fig. 61 Ugarit, città sud, fi gura divina, bronzo e oro, alt. cm 13,5, Damasco, Museo Nazionale. Il dio, probabilmente El, è rappresentato seduto, con gli usuali perni di fi ssaggio sotto i piedi. L’immagine conserva buona parte del rivestimento in foglia d’oro, che doveva caratterizzare molte immagini divine e regali in metallo di questo periodo e l’abbigliamento presenta diverse reminiscenze egiziane, in particolare nella corona osiriaca, che cinge la testa del dio e nella lavorazione della parte superiore della gonna, che ricorda la shendyt egizia.

Fig. 56 Fig. 57

Fig. 58

Fig. 59 Fig. 60 Fig.61

Età del Bronzo Tardo

Fig. 62 Ugarit, acropoli, a est del tempio di Ba‘al, stele detta del Ba‘al con la folgore, calcare, alt. m 1,42, Parigi, Louvre. Una tipica tipologia di stele, ben attestata a Ugarit, raffi gura singole fi gure divine; in genere di piccole dimensioni, da collocare nei recinti sacri dei santuari. La stele del Ba‘al con la folgore, pur mantenendo la rappresentazione della divinità da sola, è un’eccezione per le grandi dimensioni dell’oggetto e, in tal senso, precorre la produzione di stele divine dell’età del Ferro. La divinità è raffi gurata, in modo canonico, gradiente, con la mazza nella mano levata in alto, il tipico copricapo a puntale, con le corna raffi gurate libere nella parte frontale. La chioma scende sulle spalle in due lunghe ciocche arcuate; il gonnellino è quello caratteristico delle divinità gradienti, corto, a pieghe orizzontali, con alta cintura a lembi arcuati. Il dio è raffi gurato sulla stilizzazione delle montagne, di quel monte Safon (il Jebel Aqra’, Casio per i Greci, Cassiun per gli Arabi), presso Ugarit, che si riteneva fosse la dimora di Ba‘al e tiene nella mano sinistra una folgore stilizzata, rappresentata come una lancia a punta in basso, che nella parte superiore termina con un elemento a braccia ondulate, che sembra racchiudere, nella stilizzazione, sia il movimento del fulmine, che gli elementi vegetali, il cui sviluppo era favorito dall’azione della divinità. Davanti all’immagine del dio appare una piccola fi gura regale, stante su un podio, avvolta nel mantello a bordo rigonfi o; esito forse di un’aggiunta posteriore, volta a porre un sovrano sotto la protezione divina, non si può escludere che l’elemento appartenga alla concezione originaria della stele.Fig. 63 Ugarit, piatto, oro, diam. cm 18,8, Parigi, Louvre. Le botteghe orafe di Ugarit hanno prodotto una serie di piatti o coppe svasate di metallo, spesso d’oro, lavorate per martellatura, che sono certamente antecedenti della produzione fenicia del IX-VII secolo a.C. Decorate con motivi concentrici, spesso organizzati in partiti fi gurativi suddivisi da fasce con spirali ricorrenti (guilloches), le coppe traggono certamente ispirazione da iconografi e egiziane, mesopotamiche ed egee, che vengono variamente mescolate secondo un gusto nel quale prevale certamente l’aspetto decorativo. In questa fase, nella quale le botteghe siriane in generale e, soprattutto quelle di Ugarit, si specializzano nella creazione di oggetti in grado di soddisfare committenze diverse, la conservazione di iconografi e tradizionali, elaborate nei periodi proto- e paleosiriano, perde gradualmente di signifi cato, mirando soprattutto alla produzione di oggetti di lusso, nei quali sia apprezzabile soprattutto l’abilità dell’artigiano nella combinazione di temi e tecniche diversi.Fig. 64 Ugarit, porto di Minet el-Beyda, placchetta, oro, alt. cm 5,5, Parigi, Louvre. Anche in questo caso, le botteghe siriane hanno prodotto oggetti la cui diffusione continuerà nella successiva età del Ferro; le placchette, defi nite “placchette di Astarte”, riproducono la dea, nel suo aspetto licenzioso, ma con una variante rispetto all’iconografi a più antica, poiché, al posto del velo aperto, la dea tiene, nelle braccia aperte ai lati, fi gure di animali, in questo caso serpenti. L a dea ha capigliatura hathorica, con i due grossi riccioli ai lati del volto e tiene i piedi su un leone. Una variante della placchetta mostra della dea solo il viso, al di sopra della schematizzazione dei capezzoli e del pube.Fig. 65 Ugarit, porto di Minet el-Beyda, coperchio di pisside, avorio, alt. cm 11,5, Parigi, Louvre. Continua nel Bronzo Tardo, la produzione di raffi nati oggetti di avorio, nei quali, come avveniva anche nella toreutica e nell’orefi ceria, coesistono temi iconografi ci di origine diversa, talvolta uniti in combinazioni nuove. Nel coperchio di pisside, che non a caso proviene dal porto di Ugarit, l’iconografi a protosiriana della Signora degli animali, della dea che protegge animali domestici o sconfi gge belve feroci, assume un aspetto egeo, nell’acconciatura, ma soprattutto nel modo di rappresentare il corpo della dea, pieno ma con la vita sottile, vestito solo di un’ampia gonna a pieghe, che ricorda le fi gurine di dee con i serpenti, di produzione cretese.

Fig. 62

Fig. 63 Fig. 64

Fig. 65

Età del Bronzo Tardo

Fig. 66 Ugarit, Palazzo Reale, disegno ricostruttivo di testata di letto, alt. dei pannelli cm 23,5, Damasco, Museo Nazionale. I due pannelli sono un bell’esempio dell’eclettismo ugaritico, al di sotto di una fascia con fi gure di leoni e capridi in lotte, dove spicca, sul pannello riprodotto a destra, un motivo centrale con due leoni alati affrontati ai lati di una palmetta, i pannelli, inquadrati da due elementi con palmette, presentano serie di fi gure nelle quali è possibile individuare una precisa derivazione da iconografi e proto- e paleosiriane, mentre la resa delle fi gure trae certamente forte ispirazione dall’arte egiziana. Il pannello sulla sinistra reca fi gure tutte volte verso destra, verso un’immagine di personaggio vestito all’egiziana, tra le quali il personaggio che uccide un nemico al centro e l’uomo che uccide un leone alla sua destra, sono certamente derivati da temi già elaborati a Ebla. Nel pannello sulla destra, nel quale al gruppo centrale dei leoni alati corrisponde una sorta di Hathor alata che allatta due bambini, di chiara origine egiziana, mentre il portatore di offerte all’estrema sinistra e i due personaggi che si abbracciano trovano puntuali confronti in opere paleosiriane eblaite.Fig. 67 Ugarti, acropoli, sigillo cilindrico, ematite, alt. cm 1,9, Parigi, Louvre. Il sigillo raffi gura una dea alata seduta su un toro; di fronte a lei, una fi gura femminile nuda su un leone e una leonessa, fi ancheggiata da due fi gure nude inginocchiate, speculari. È un prodotto tipico delle botteghe medosiriane di Ugarit, nelle quali sembra prevalere un gusto più popolaresco, accentuato dall’esteso uso del trapano nella resa delle fi gure, caratterizzato anche dalla presenza di temi o iconografi e di provenienza diversa.Fig. 68 Ugarit, porto di Minet el-Beyda, sigillo cilindrico, steatite nera, alt. cm 2,2, Parigi, Louvre. Lo stile corsivo ugaritico è particolarmente evidente in questo sigillo, che raffi gura una scena di caccia al leone, da parte di un personaggio su un cocchio, armato di arco, resa con pochi, rapidi tratti di scalpello e con scarsa attenzione per i particolari.Fig. 69 Pianta topografi ca di Sam‘al (Zincirli). Tra XI e X secolo a.C. vennero fondati, in area siriana, numerosi nuovi centri, che, non dovendo adattarsi a preesistenze, prescelsero spesso la forma circolare, all’interno della quale la cittadella, più o meno decentrata, assumeva invece forma ovale, con un’organizzazione reminiscente di quella della cittadella di Hattusa (Boghazköy).Fig. 70 Sam‘al (Zincirli), particolare della cittadella. Anche l’organizzazione interna delle cittadelle aramaiche ricorda quella della più antica capitale hittita: organizzate su due corti, presentavano due accessi fortifi cati, in questo caso, il primo (D) ha pianta a tenaglia. Intorno alla corte maggiore si dispongono i principali edifi ci pubblici, tra i quali non è riconoscibile una struttura templare; in questa fase, gli edifi ci palatini hanno ormai costantemente assunto il tipo del bit khilani. Nella cittadella di Sam‘al tutti gli edifi ci o hanno l’aspetto dello khilani (edifi cio HI), oppure contengono uno o più khilani in impianti più articolati (edifi ci P, con gli khilani HII, HIII e HIV, e J, con lo khilani K).Fig. 71-72 Guzana (Tell Halaf), Tempio-palazzo di Kapara. Il palazzo attribuito a Kapara di Guzana è uno dei più monumentali esempi di Bit Khilani. Nella pianta si riconoscono la terrazza di accesso, con la scalinata che conduce al portico di ingresso, con tre pilastri, che immette nel vestibolo, dal quale si accede alla sala del trono, che presenta, sul pavimento, nella parte mediana, due guide, simili a quelle presenti nelle sale del trono dei palazzi assiri, per bracieri mobili. I due vani maggiori sono fi ancheggiati da ambienti lunghi e stretti, uno almeno dei quali, su un lato del vestibolo, dovrebbe essere il vano che ospitava la scala, che conduceva al piano superiore, dove si trovava la residenza del sovrano. La veduta prospettica della muratura posteriore mette in evidenza come il palazzo di Kapara fosse parte integrante della fortifi cazione della cittadella; sul lato dell’edifi cio è anche visibile una delle porte urbiche.

Fig. 66

Fig. 67 Fig. 68

Fig. 69 Fig. 70

Fig. 71 Fig. 72

Età del Ferro

Fig. 73-74 Guzana (Tell Halaf), Palazzo-tempio di Kapara, veduta prospettica dell’edifi cio e ricostruzione della facciata. Il palazzo di Guzana presentava una ricca decorazione scultorea: nel portico di ingresso i tre pilastri riproducevano fi gure divine, erette sui loro animali simbolici e si inquadravano tra due sfi ngi alate. Le divinità erano, al centro, il dio della tempesta su un toro, alla sua destra una divinità maschile su un leone e, alla sua sinistra, una dea su una leonessa. La muratura esterna dell’edifi cio prevedeva una decorazione di piccoli ortostati di calcare e basalto, scolpiti con singole fi gure, che si estendevano anche alla parte del palazzo che fuoriusciva dalla cinta muraria. Le sculture, a differenza dei grandi cicli dei palazzi assiri, non sembrano costituire un complesso narrativo organico.Fig. 75 Ricostruzione di un bit khilani. Nell’età dei principati luvii e aramaici, lo khilani è il vero e proprio palazzo reale. Mentre quello di Guzana viene usualmente ricostruito come un complesso prevalentemente cerimoniale, ritenendosi che la vera e propria residenza reale si trovasse in un altro settore del centro urbano, altrove è evidente che esso assolveva anche a funzioni residenziali, con i quartieri privati collocati ai piani superiori.Fig. 76 Tell Ta‘yinat, pianta del tempio. L’edifi cio, connesso a uno khilani, conserva la classica tipologia templare paleosiriana, con l’impianto longitudinale assiale e l’entrata inserita tra due ante profonde, alle quali si aggiungono due colonne; in particolare, il tempio, collegato a un palazzo, si presenta con la tripartizione interna, nella quale si era già individuata una caratteristica dei complessi sacri palatini.Fig. 77 Tell ‘Ayin Dara, pianta del tempio. L’edifi cio sacro di ‘Ayin Dara, che è uno dei più antichi dell’età del Ferro, probabilmente dedicato a Ishtar Shaushga, è innalzato su una terrazza e, anch’esso collegato con un edifi cio palatino, presenta la tipica tripartizione interna, con il vestibolo, l’antecella e la cella. Per il cattivo stato di conservazione della cella non si riconosce la nicchia per l’immagine di culto. Questo tempio, inoltre, presenta un’altra caratteristica, che ne fa una tappa importantissima nell’evoluzione della tipologia del tempio siriano: l’edifi cio è circondato, su tre lati da un portico, un elemento che prefi gura la struttura del tempio di Salomone a Gerusalemme. La pareti dell’edifi cio e quelle del vestibolo sono decorate con un paramento ortostatico di basalto, scolpito ad alto rilievo, prevalentemente con immagini di sfi ngi, il cui stato di conservazione assai defi citario non impedisce di apprezzare la qualità formale delle sculture, dalle forme piene, tipiche della fase iniziale della scultura dei principati aramaici.

Fig. 73 Fig. 74

Fig. 75

Fig. 76 Fig. 77

Età del Ferro

Fig. 78 Amrit, disegno ricostruttivo del santuario (Ma‘abed). Il monumento, datato al VI-V secolo a.C. è una delle pochissime testimonianze dell’architettura attribuibile all’ambiente delle città fenicie della costa siriana, la cui conoscenza è impedita, per Tiro, Sidone e Beirut, dalla presenza dei centri moderni, che insistono sui livelli antichi, mentre a Biblo il centro dell’età del Ferro è probabilmente spostato rispetto al tell, ampiamente scavato ed è tuttora da indentifi care. Il santuario di Amrit è parzialmente scavato nella roccia e completato con elementi architettonici in pietra e circonda una sorgente di acqua dolce. Forse per proprietà particolari dell’acqua della sorgente, il santuario fu dedicato al dio guaritore Melqart, del quale sono state trovate immagini votive all’interno del recinto del santuario, insieme a ex-voto. Il Ma‘abed ha pianta quadrata, delimitando una sorte di piscina, al cui centro è un’edicola, coronata con elementi a gola egizia, tipici dell’architettura fenicia, per quanto essa può essere ricostruita, sormontata da pinnacoli piramidali. All’intorno corre, su tre lati, un portico, sorretto da pilastri e coperto con travature di pietra.Fig. 79 Karkemish (Cerablus), pianta dell’area templare e accesso alla cittadella. Karkemish è uno dei centri più monumentali del periodo; tradizionalmente legata alle corti anatoliche, venne ampiamente ricostruita e monumentalizzata nell’età del Ferro, con decorazioni scultoree, sempre realizzate con piccoli ortostati a fi gure singole, sulle pareti esterne dei maggiori edifi ci e dei portali di accesso alla cittadella, in particolare quella che si apriva a strapiombo sull’Eufrate. Il sito è, però, scavato in modo assai incompleto e attualmente l’esplorazione è impossibile, perché il centro si trova a cavallo del confi ne tra Siria e Turchia ed è stato minato.Fig. 80a-b Guzana (Tell Halaf), statua seduta, basalto, alt. m 1,80. La statua, perduta nel bombardamento di Berlino durante la seconda Guerra Mondiale, è di diffi cile identifi cazione: usualmente defi nita la Grande Dea, per la particolare acconciatura, che vagamente ricorda le capigliature hathoriche, di ispirazione egiziana, non presenta altri caratteri femminili chiaramente distinguibili, mentre la posizione del personaggio, seduto su trono con coppa in mano e la forma esasperatamente cubica del corpo ricordano la grande statuaria regale paleosiriana.Fig. 81 Sam‘al (Zincirli), area dello khilani J, statua regale, basalto, alt. m 3,70, Istanbul, Eski Shark Eserleri Müzesi. Anche questa immagine, di grandi dimensioni, si inserisce nella tradizione iniziata nel periodo paleosiriano: la fi gura, stante, poggia i piedi su una sorta di piedistallo, che a sua volta insiste su una base, con due immagini di leoni, domate da un eroe riccioluto.

Fig. 78

Fig. 79

Fig. 80a Fig. 80b Fig. 81

Età del Ferro

Fig. 82 Amrit, stele, calcare, alt.m 1,40, Parigi, Louvre. Caratteristiche della produzione a rilievo dei centri della costa, le stele con singole fi gure divine si pongono nel solco della tradizione ben nota grazie alle opere delle botteghe mediosiriane di Ugarit. Il monumento qui raffi gurato rappresenta il dio salutifero Shadrafa, sotto il sole alato e un simbolo lunare; il dio, che indossa una tiara e un corto gonnellino, poggia i piedi su un leone e tiene, nella mano volta verso il basso, un altro piccolo leone. Tipica opera costiera, sensibile agli stimoli culturali che provenivano dai grandi centri culturali contemporanei, la stele si caratterizza per l’adozione di elementi egiziani, modifi cati secondo il gusto locale, come il sole alato, che si piega per adattarsi alla sommità centinata del monumento, la tiara della divinità e il gonnellino, e di elementi che, invece, hanno caratterizzazioni stilistiche di derivazione siriana e assira, come le due fi gure di leoni.Fig. 83 Qadbun, stele, basalto, alt. m 1,82, Tartus, Museo Archeologico. Simile alla precedente, la stele, rinvenuta nei pressi di un santuario montano, raffi gura una divinità maschile, di diffi cile identifi cazione, con una tiara, con due corna libere sulla fronte e un lungo nastro nella parte posteriore, e con un gonnellino di forte ispirazione egiziana. Il dio, che si erge tradizionalmente sul dorso di un leone, reca una lancia, con la punta volta verso il basso e, nella mano levata, un oggetto non identifi cato.Fig. 84 Aleppo, cittadella, tempio di Hadad, ortostato scolpito, basalto, in posto. Il rilievo è parte della ricca decorazione di ortostati a rilievo della cella del grande tempio del dio della tempesta di Aleppo. Il tempio, uno dei più grandi e più famosi della Siria preclassica, è stato portato parzialmente alla luce, individuando la parte di fondo della cella, con la splendida decorazione scultorea. In corrispondenza della nicchia per la statua di culto, larga m 7,85, la lastra a rilievo raffi gurava il dio titolare del tempio, mostrato mentre, con agile movimento, si accinge a salire sul suo carro, tirato dal toro celeste.Fig. 85 Karatepe, porta nord-est, rilievi, basalto, alt. m 1,23, in posto. Nel quadro delle decorazioni a rilievi degli edifi ci pubblici luvii e aramaici, quelli di Karatepe si caratterizzano per lo stile, quasi popolaresco, che mescola temi fortemente locali, con temi di alta tradizione palatina, come l’allattamento regale o la lotta con il leone. Alcuni rilievi, inoltre, raffi gurano affollate scene di vita di corte, con banchetti, musica e danze.

Fig. 82 Fig. 83

Fig. 84 Fig. 85

Età del Ferro

Fig. 86 Guzana (Tell Halaf), Tempio-palazzo, rilievo, basalto, alt. cm 75, Berlino, Vorderasiatisches Museum. Il rilievo, che rappresenta due capridi ai lati di una pianta sacra, è caratteristico dello stile di Guzana, con l’attenzione alla resa dei particolari e con la particolare raffi gurazione della muscolatura delle zampe posteriori degli animali, con una sorta di fi amma, che trova confronti puntuali in alcune placchette eburnee rinvenute a Nimrud, prefi gurando l’identifi cazione di scuole locali.Fig. 87 Karkemish (Cerablus), Muro dell’araldo, rilievo, basalto, alt. m 1,13, Ankara, Museo. La lastra, che mostra una particolare rielaborazione del motivo della sfi nge, cui viene aggiunta una testa di leone, che fuoriesce dal petto, tipica dell’arte aramaica, rappresenta bene lo stile di Karkemish, caratterizzato dai contorni morbidi e dall’articolazione delle superfi ci per piani digradanti, con scarsa attenzione ai particolari interni.Fig. 88 Biblo, Tomba 5, sarcofago, calcare, lungh m 2,86, Beyrut, Museo Nazionale. Il sarcofago, che reca una lunga iscrizione in caratteri fenici, che rivela il nome del proprietario, il re Ahiram, è stato probabilmente creato alla fi ne del XIII secolo a.C., per essere riutilizzato per la sepoltura di Ahiram intorno al 1000 a.C. Sulla faccia principale appare il defunto, seduto su un trono sorretto da sfi ngi, con in mano il fi ore dalla corolla reclinante, che indica che il personaggio non è più vivente; di fronte a lui un tavolo imbandito, al di là del quale vi è un corteo di dignitari a lutto. Sui lati appaiono le lamentatrici. Sul coperchio sono incise due fi gure di leoni e quattro fi gure di leoni accovacciati sorreggono il sarcofago, indicando come esso fosse comunque stato originariamente concepito per un sovrano.Fig. 89 Nimrud, Forte Salmanassar, vano SW 2, placca, avorio alt. cm 8,5, Baghdad, Iraq Museum. I principati aramaici e i centri fenici erano famosi per la raffi nate produzioni artigianali, in particolare per la lavorazione dell’avorio e dei metalli. Mobili e suppellettili di avorio sono state rinvenute, e ancora oggi vengono alla luce, soprattutto a Nimrud, sia nel Palazzo Nord-Ovest di Assurnasirpal II, sia nel Forte Salmanassar, ove giunsero, certamente in larga parte come bottino, a seguito delle campagne dei re assiri. Negli avori si identifi cano tre fi loni principali: uno, nel quale prevalgono iconografi e e stili fortemente improntati a quelli egiziani, tipico dei centri costieri; il secondo, che riproduce, nei temi e nello stile, modelli di tradizione siriana, è collegato soprattutto con i principati aramaici dell’interno, mentre il terzo, intermedio tra i due precedenti, dovrebbe essere caratteristico di botteghe meridionali, tra le quali la più importante era forse quella di Damasco. Alcuni temi, come quello della vacca o della cerva che allattano, o la donna alla fi nestra, vengono ripetuti frequentemente e forse indicano la presenza di cartoni, utilizzati da botteghe diverse. Il tema della vacca che allatta, di lontana origine egiziana, si colloca tra il primo e il terzo gruppo di produzioni eburnee.Fig. 90 Nimrud, placca, avorio, lapislazzuli e corniola, alt. cm 10,2, Londra, British Museum. Anche questa placca rivela una decisa impronta egiziana, sia per il tema prescelto, la leonessa che azzanna un giovane etiope, sia nei dettagli dell’abbigliamento della vittima. Caratteristico di questa serie di avori fenici è, inoltre, l’esteso uso della lavorazione a cloisonné, con l’intarsio di materiali diversi, in incavi appositamente preparati; spesso realizzati in pasta vitrea, gli intarsi di questa placchetta, particolarmente raffi nata, sono invece in pietre dure.

Fig. 86 Fig. 87

Fig. 88

Fig. 89 Fig. 90

Età del Ferro

Fig. 91 Nimrud, Forte Salmanassar, Vano NE 2, fi gurina di etiope, avorio, alt. cm 13, New York, Metropolitan Museum of Art. La fi gurina, lavorata a tutto tondo, fa parte di un gruppo di sei soggetti simili, in stile egittizzante, che si differenziano solo per il tipo di animale che li accompagna, o che tengono sulla spalla e che erano originariamente fi ssati su una sorta di rotaia. Alcuni personaggi hanno tratti negroidi, mentre gli altri hanno lineamenti asiatici: il personaggio raffi gurato reca sulla spalla una scimmia seduta, che gli poggia le zampe anteriori sulla testa, mentre gli altri hanno una scimmia, poggiata sulle due spalle e con una zampa al muso, una gazzella, in tre casi, in posizioni diverse e un leoncino al guinzaglio. La fi gura è accompagnata da un’orice, tenuto per le corna, mentre le altre recano un capride, tenuto per il collo, una gazzella tenuta al guinzaglio, un toro al guinzaglio, un’altra gazzella tenuta per le corna, ma in posizione diversa e uno struzzo, tenuto per il collo. È incerto l’uso, oltre che la forma esatta, dell’oggetto originario, che sembra quasi un divertissement, mirato a riprodurre personaggi e animali esotici.Fig. 92 Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, pozzo AJ, pisside, avorio, alt. cm 9,8, Baghdad, Iraq Museum. Un’altra categoria di oggetti in avorio è rappresentata da raffi nati contenitori intagliati, probabilmente per cosmetici. L’oggetto raffi gurato ha sul coperchio quattro tori a tutto tondo accosciati, che presentano sulle zampe posteriori la tipica resa della muscolatura, per mezzo di elementi lanceolati, simili a fi amme, identifi cata con le cosiddetta “scuola della fronda e della fi amma”, attiva in Siria settentrionale interna. Tipica dello stile siriano è anche l’organizzazione del partito fi gurativo sul corpo del vaso, con una serie di fi gure disposte nel campo, quasi a formare una narrazione, senza alcun interesse per la simmetria, che, invece, caratterizza l’arte delle botteghe della costa.Fig. 93 Nimrud, Palazzo Bruciato, sala del trono, montante di mobile, avorio, alt. cm 17, Baghdad, Iraq Museum. Anche questo oggetto è da attribuire a botteghe nord-siriane, sia per il tipo di oggetto, un elemento di mobilio, sia per il tema e per lo stile: due fi gure femminili addossate, nude, conun’acconciatura con pesanti boccoli ai lati del volto e un diadema a elementi quadrati.Fig. 94a-b Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, pozzo AJ, vaschetta per cosmetici, avorio, lungh. cm 24,5, Baghdad, Iraq Museum. L’oggetto, prodotto da botteghe nord-siriane, di peculiare forma a barchetta, è completamente ricoperto con fi gure animali, realizzate con un rilievo abbastanza accentuato, tra le quali spiccano le coppie di leoni e sfi ngi, che inquadrano l’intero partito fi gurativo. Le immagini, seppure affi ancate, e spesso sovrapposte secondo un caratteristico horror vacui, riproducono tematiche classiche di lotte tra belve e capridi o bovidi.Fig. 95 Nimrud, Forte Salmanassar, vano SW 7, spalliera di trono, avorio, largh. cm 70, Baghdad, Iraq Museum. La testata, con un gruppo di altre simili, per forma e per soggetti, è un esempio tipico della scuola di intaglio in avorio, defi nita classica, operante nella Siria settentrionale, caratterizzata dalla presenza di fi gure maschili e femminili con tunica aperta davanti, dalla quale fuoriesce una gamba, rappresentate nel gesto di afferrare una pianta; anche tipica di questa scuola è la resa a scaglie dei tessuti, mentre la spalliera qui presentata si differenzia dalle altre per l’inquadramento con un grande sole alato in alto e con una scena di caccia dal carro in basso.

Fig. 91 Fig. 92 Fig. 93

Fig. 94a Fig. 94b

Fig. 95

Età del Ferro

Fig. 96 Praeneste, Tomba Bernardini, coppa, argento, diam. cm 18,9, Roma, Museo Etrusco di Villa Giulia. Seguendo la tradizione iniziata nel Bronzo Tardo a Ugarit, le città fenicie producono patere in bronzo e argento martellate, altamente apprezzate dai contemporanei, tanto che, in assenza di reperti della madre-patria, questi oggetti sono ben noti grazie a rinvenimenti non solo in altri siti del Vicino Oriente, come Nimrud, ma anche, come in questo caso, in Etruria, dove certamente giunsero come esito di scambi commerciali. Alcune patere, soprattutto quelle in argento, che si collocano nel segmento più recente della produzione, tra VIII e VII secolo a.C., potrebbero essere state eseguite da artigiani, di cultura o nazionalità fenicia, residenti a Cipro e vengono, per questo, defi nite cipro-fenicie. Quella presentata, che appartiene appunto a questo gruppo, ha al centro un medaglione con l’uccisione dei nemici, circondato da una fascia con fi gure di cavalli e da un partito fi gurativo più esterno con immagini di guerra, chiaramente ispirate dai rilievi assiri.Fig. 97 Idalion, patera, bronzo, diam. cm 13,1, New York, Metropolitan Museum of Art. la patera, che appartiene al gruppo più antico, datato al IX-VIII secolo a.C., è realizzata in bronzo e mostra una doppia processione cultuale di fi gure, che sembra trarre ispirazione dalle pissidi in avorio nord-siriane contemporanee.Fig. 98 Sam‘al (Zincirli), pendente, oro, alt. cm 4, Berlino, Vorderasiatisches Museum. Il pendente quadrangolare, che è uno dei pochissimi esemplari di toreutica nord-siriana rinvenuti in posto, rappresenta un personaggio femminile seduto, che tiene in mano fuso e conocchia, davanti a una tavola imbandita. Il tema presenta molti punti di contatto con le iconografi e delle stele funerarie contemporanee.Fig. 99 Regione di Aleppo, disegno di scaraboide, Oxford, Ashmolean Museum. Le città fenicie prediligono il sigillo a stampo e, tra questi, la tipologia più diffusa è quella defi nita scaraboide, di chiara derivazione dagli scarabei egiziani, dei quali, però, non si riproduce l’attenta defi nizione dei particolari del corpo dell’animale sulla parte superiore dell’oggetto. Gli scaraboidi, quindi, appaiono semplicemente convessi sulla faccia superiore, mentre quella inferiore, piana, reca immagini divine singole, ovvero, come in questo caso, una fi gurazione più complessa, con immagini distribuite su registri. La presenza quasi costante di iscrizioni rende possibile l’attribuzione dei sigilli, che non presentano caratteristiche iconografi che di spiccata originalità, agli ambienti fenici, quindi siriani della costa, piuttosto che a quelli aramaici o palestinesi.

Fig. 96 Fig. 97

Fig. 98 Fig. 99