La Rotta d'Europa Vol 2 Politica

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  • 8/2/2019 La Rotta d'Europa Vol 2 Politica

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    La rotta dEuropa2. La politica

    a cura di Rossana Rossanda e Mario Pianta

    sbilibri 3 | www. sbilanciamoci.info/ebook | aprile 2012

    Sbilanciamoci/ il manifesto

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    La rotta dEuropa2.La politica

    a cura di Rossana Rossanda e Mario Pianta

    La crisi finanziaria e le alternative per lEuropa.

    Il dibattito di Sbilanciamoci! e il manifesto

    www.sbilanciamoci.info

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    Idice

    Volume 1.Lecoomia

    8 Preseaioe

    Le domade

    11 Le crisi sea Uioe Rossana Rossanda

    Lecoomia europea e la crisi

    17 I perc della crisi Mario Pianta

    23 LEuropa della roika. Iervisa a Luciao Gallio

    27 Se govera la fiaa. Iervisa a Giorgio Lugii

    30 Leuro come scialuppa di salvaaggio?Immanuel Wallerstein

    33 Olre leuro Claudio Gnesutta

    39 La poliica del pesiero uico Guido Viale

    43 Se la poliica si ripredesse la moea Daniela Palma, Paolo Leon,Roberto Romano, Sergio Ferrari

    47 Lidea di Europa fra uopia, realismo e loa Sergio Cesaratto

    51 AllEuropa serve u ew deal di classe Riccardo Bellofiore

    57 U corao sociale per gli idigados dEuropa Nicola Melloni

    64 Europa: leclisse della ragioe e della democraia Sergio Bruno

    71 Crisi i Europa e Usa. Se ua mariaa ci visiasse... Grazia Ietto-Gillies 74 La grade crisi, lUioe europea e la siisra Felice Roberto Pizzuti

    84 Se il paradiso fiscale lEuropa Andrea Baranes

    89 Lecoomia e i cerci del poere Susan George

    La fiaa

    95 Gravemee isabile. LEuropa della fiaa Vincenzo Comito

    100 Le disavveure della Baca cerale europea Pitagora

    106 I veri crediori siamo oi Autori vari

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    Grafica

    Progettodi AnAlphabet,

    [email protected] e realizzazione di Cristina [email protected]

    Roma, aprile 2012

    5La rotta dEuropa. La politica4 La rotta dEuropa. La politica

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    7La rotta dEuropa. La politica

    Ambiee e bei comui

    78 Avai ua. Per lEuropa verde Sergio Andreis

    83 Per ua comui europea dei bei comui Riccardo Petrella

    89 La crisi ambieale e la soluioe dei bei comuiGiovanna Ricoveri

    Poliica e socie

    93 Movimei e democraia. Le piae dellUioeDonatella Della Porta

    97 Europa, la crisi dalle mole eseMary Kaldor

    101 La difficile Europa della democraia parecipaaLaura Balbo

    Ce cosa rispodoo i poliici

    105 LUioe ce serve. Iervisa a Giuliao AmaoRossana Rossanda

    112 LEuropa salvi lEuropaStefano Fassina

    118 Cambiare srada per ualra EuropaRoberto Musacchio

    122 LEuropa ce c, e la poliica per cambiarlaMonica Frassoni

    126 Merkel-Sarkoy: u verice coro lEuropaAlfonso Gianni

    131 Quesa crisi uoccasioeFausto Bertinotti

    Ce cosa si pu fare

    135 Le sraegie di uscia dalla crisi delleuro Domenico Mario Nuti

    169 Fiaa fore, poliice deboli. Ua siesi del dibaioClaudio Gnesutta

    188 Correioe di roa. Ecoomia e democraia i EuropaMario Pianta

    197 LEuropa e oi, ra passao e fuuroRossana Rossanda

    207 La roa dEuropa, ua discussioe a FireeRossana Rossanda

    Lappello europeo

    211 Ualra srada per lEuropa

    216 Eleco degli auori

    Indice

    110 Il dirio al defaul come coropoere fiaiario Andrea Fumagalli

    116 Fiaa, lulima occasioe per ualra Europa Antonio Tricarico

    Riorare alle aioi?

    124 Luscia dalleuro prossima veura Alberto Bagnai

    131 Gli europei e il proeioismo. Iervisa a Pilippe Murer Anna Maria Merlo

    Lavoro, salari, disuguagliae

    135 La crisi europea e la diamica dei salari Andrew Watt

    142 Grade Europa, gradi disuguagliae Maurizio Franzini

    147 Lavoro, alla ricerca del uovo paradigma Francesco Garibaldo, Gianni Rinaldini

    Volume 2.La poliica

    8 LEuropa di spade e di deari Guglielmo Ragozzino

    Leioi di soria

    13 Da Versailles a Maasric Annamaria Simonazzi

    17 Limpossibile rioro al modo di primaRoberto Schiattarella

    21 Ripariamo dai pricpi Francesco Ciafaloni

    Isiuioi e poliice europee

    28 Quado lEuropa a svolao a desra Bengt-ke Lundvall

    34 Germaia: uisola felice ce see lassedio Ulrike Gurot

    40 Europa, la poliica ce maca John Palmer

    46 Lo sao dellUioe, ra mercao e democraia Claudio De Fiores

    53 Solo u Leviaao pu salvarci Gianni Ferrara

    58 LEuropa icompiua e la goverace sbagliaa Isidoro Davide Mortellaro

    67 Europa, occupiamo lo spaio comueUgo Mattei

    73 Pareggio di bilacio, maeggiare co cura Paolo De Ioanna

    Indice

    6 La rotta dEuropa. La politica

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    8 La rotta dEuropa. La politica 9La rotta dEuropa. La politica

    LEuropa di spade e di deari

    Guglielmo Ragozzino

    La discussione sullEuropa si intreccia alla manovra economica di casa nostra,che moltiplica le iniquit. Poi ci sono le rivolte in molti paesi, i conitti che non

    si fermano. Ci sono altre Europe sotto i nostri occhi, quella delle disuguaglianze,delle guerre, del disastro ambientale. Altre Europe con cui fare i conti

    Lunga storia quella dEuropa

    1. LEuropa unita un valore perch una garanzia di pace, sia per gli euro-pei di origine controllata che per gli altri, di pi nuova presenza, aggiuntisi aiprimi nel corso dei decenni. Senza risalire troppo nel tempo, prima c stata unaguerra di cento anni tra Francia e Inghilterra; poi unaltra, durata molti secoli,con alterne fortune e alleanze, di tutti contro tutti, per il predominio sulla Germa-nia e di conseguenza sullintero continente. Motivo dichiarato: come pregare diocorrettamente, notava Voltaire. Nel nostro piccolo, si pu anche riettere chedopo secoli di guerre, nel centinaio di anni che intercorrono dal 1848 ai trattatidi Roma del 1957, lItalia si impegnata in sei guerre europee di cui tre guerresoprannominate dindipendenza, senza considerare la presa di Roma, deprecataoggi da molti, due guerre mondiali, con in mezzo la guerra di Spagna, nonchtre guerre di conquista coloniale in Africa, la fondazione dellimpero e lAlbania.Alla nascita del primo embrione di unEuropa unita, sono invece seguiti 50 annidi pace, interrotti soltanto dal bombardamento umanitario sulla Serbia. Siccomein Libia, negli scorsi mesi, si avuta una sgradevole replica di quella tendenzaumanitaria di taluni stati europei in particolare Francia e Inghilterra, ormaiunite, ma non Germania, in questo caso, a bombardare citt di altri, la primapreoccupazione sullEuropa riguarda questo aspetto: unEuropa bombardantenon fa per noi. Occorre tenerla unita e rilanciare, ogni volta se ne presenti loc-casione o la necessit, il popolo della pace, la timida seconda potenza mondiale.

    Arriva Mitch

    2. Non troppi anni fa, nel 1998, i paesi del centro America, soprattutto Nica-ragua e Honduras furono investiti dalluragano Mitch con terribili devastazionie migliaia di morti. Mitch stato un uragano ben previsto dai meteorologi dei

    paesi dellAmerica centrale e del resto del mondo, tanto pi che era lennesimodella stagione, e si poteva anticipare lo dissero in molti che fossero in arrivoguai ancora pi grossi. I paesi in attesa dellevento non furono in grado di fareuna buona prevenzione perch mancavano degli strumenti necessari per spostarein tempo la popolazione e per i soccorsi, dopo il diluvio. Il Fondo monetariointernazionale aveva stabilito regole molto severe per garantire la restituzionedei prestiti e in pratica proibito lacquisto di elicotteri e di macchinari per ilmovimento della terra, necessari per costruire qualche riparo e ridurre la strage.

    Ora tocca allEuropa: Mitch arrivato qui. Cos lEuropa non pu pi contri-buire in modo corrispondente alla sua ricchezza nanziaria e industriale ai

    disastri nel Sud del mondo: alimentari, sanitari, ambientali. Il Fondo moneta-rio con le sue catene perverse lha raggiunta prima ancora di Mitch. Terremoti,epidemie, alluvioni nel mondo intero sembrano non riguardarla pi. Laumentodel benessere e dellinformazione, che ha permesso di festeggiare la nascita diNargis, la bimba numero 7 miliardi, nata probabilmente nellottobre in India,si rovesciato nel suo contrario e rende la popolazione mondiale molto pifragile, proprio per il numero cos elevato di viventi. Ogni citt mondiale, dallapi ricca a quella fatta solo di favelas e slums, diventa un punto di debolezza cheavrebbe bisogno di attenti programmi di mitigazione e adattamento, del restoprevisti dagli uci di Bruxelles. Il problema riguarda lintera Terra. In Fran-cia si muore per il caldo, Praga sommersa, le Cinque Terre franano in mare,Il mondo dei ricchi non sa reagire al terremoto dellAquila. Di fronte a unEu-ropa consapevole che punta al risparmio energetico e di natura, che impara ariciclare i riuti, che si sforza di tagliare linquinamento, c unaltra Europa checonsuma una percentuale elevata della Terra e dellacqua comune, che sfrutta ivicini meno dotati di nanza e si arricchisce cos a dismisura (o crede di farlo).Sono le due Europe che si arontano nella crisi della nanza.

    Poi c il denaro

    3. Sul denaro, Mark Twain ha scritto un piccolo capolavoro. Frau Merkelfarebbe bene a rileggerlo; e anche signor Monti, o signor Draghi, tutto consi-derato. Per quei pochi che non lo ricordano, si tratta di questo: ai tempi dellaRegina Vittoria, la Banca dInghilterra emette due biglietti da un milione disterline. Uno utilizzato per qualche aare, laltro rimane in cassaforte, ciche fa aumentare lemozione generale. Ferve il dibattito losoco sullessenza

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    Guglielmo Ragozzino

    del denaro. Il valore sta in un pezzo di carta con una rma, oppure qual -cosa daltro? Roba di Banca o sentimento popolare? Due fratelli, ricconi, hannoidee contrastanti e decidono di fare una scommessa. Scelgono un tipo male inarnese, aamato ma dignitoso, il vero rappresentante del popolo, secondo loro.Lo vedono dalla nestra del loro ucio alla City e puntano su di lui: uno diceche mettendogli in mano la famosa banconota da un milione di sterline, quellonon ne ricaver niente di buono e morir lo stesso di fame; laltro fratello convinto del contrario; la semplice esibizione del biglietto di banca che ovvia-mente nessuno sar in grado di cambiare gli otterr cibo e vestiti e altroancora, in sostanza credito; tanto da farlo sopravvivere e perno prosperare nel

    tempo della scommessa, un mese. In cambio il giovanotto, nito il periodo diprova, avr un lavoro che i due simpegnano a concedergli. Il racconto prosegue;i due semidei spariscono e il giovane resta solo, con il suo milione e tutta Londradavanti a s. Come tutti i lettori di Una banconota da un milione di sterline sannobene, il secondo banchiere ad avere la meglio. Il buon credito conta pi delcontante; e con sorpresa generale, limmagine o la fama pi ancora del credito...Basta mostrare il denaro o perno aermarne in modo credibile il possesso perottenere ducia: il credito come rapporto tra persone. Solo dopo valgono glieetti delle banche.

    4. Anche senza insistere nello scambiare il giovane povero per il nostroMariomonti, i due fratelli in nestra per Merkel e Sark, oppure, cambiandoneil travestimento, per Lagarde e Draghi, il quadro odierno a pensarci bene pieno di richiami a quella favola: c la Gran Banca nazionale che ada senzapaura e presumibilmente senza garanzie, il biglietto (uno, dieci, cento miliardidi odierne sterline?) ai due straricchi, c la loro scommessa, insulsa ma gravidadi conseguenze, che sembra un caso di speculazione sui derivati; c la repu-tazione che plasma le vite, simile in questo alle case di rating, c perno lapromessa di un futuro lavoro per il precario senza ssa dimora, ma meritevolee ben disposto. Attenti!, osservava ai lettori, sorridendo, il grande Mark Twain:questi banchieri sono proprio via di testa. Conta il lavoro, conta la giovent,liniziativa personale, la ducia nelle proprie forze. Il denaro in s non niente.

    5. Oggi le cose sono un po cambiate, lottimismo scomparso. Nel mondodomina la Banca e sullinsieme delle Banche la Finanza che ormai prevale;sotto, il terzo stato, i senza diritti: in particolare, solo il terzo stato che si appas-siona ai contanti, chiede stipendi e pensioni; tra i ricchi, monete di metallo,

    lingotti, soldi di carta ligrana servono poco, forse solo per lelemosina e per ilca. Laccelerato passaggio alla moneta elettronica che in corso, va proprioin quella direzione. Sulla crisi attuale, almeno a giudicare dallo Spread tra Bunde Btp che scende, nonostante tutto, molto lentamente, la maggior parte deglispecialisti ritiene che Mariomonti ammesso che il giovanotto della scommessasi chiami proprio cos non ce la far a svoltare e vincer la posta il fratello libe-rista-pessimista. E sono in molti a scommettere con lui.

    6. Sono passati 120 anni e molte crisi nanziarie sono deuite sotto i pontidel Tamigi, o del Meno o della Senna. Il modo per arontarle sempre lo stesso.In una prima fase, quando la situazione si fa incerta, la si peggiora con la fuga

    dei capitali. I ricchi si difendono cos, si chiamano fuori di fronte alle di -colt e moltiplicano automaticamente quelle esistenti. Cresce la disoccupazionee le masse simpoveriscono. Nello stesso tempo esse sono chiamate a mostrarele proprie virt, che si riducono poi a una, lo spirito di sacricio: i governiaumentano le tasse, dirette e indirette, tagliano il potere dacquisto: i salari e,se ne vale la pena, le pensioni. Quel che peggio, nuove regole sono imposte,sempre le stesse. Si deve ridurre la spesa pubblica, alleggerire lo stato, privatiz-zare, portare tutto al mercato, cambiare vitto, aprirsi alle merci estere. Il lavorodeve essere incerto loro dicono essibile, noi precario e la pretesa di fare deiconti anche per lanno prossimo e il futuro, non scientica e deve essere scon-tta. Manuali su manuali confermano quel che i capitalisti gi sanno per scienzainfusa, quel che sinsegna nelle pi celebrate universit e si applica nelle orga-nizzazioni internazionali. Solo chi si adegua e consente alle regole, merita direstare sul libro paga. Gli altri si arrangino.

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    12 13La rotta dEuropa. La politica La rotta dEuropa. La politica

    Da Versailles a Maasric

    Annamaria Simonazzi

    LEuropa ripete gli errori del 1919 e dimentica le lezioni di Keynes.La paralisi di oggi viene dallossessione per la disciplina del debito,dallimpossibilit di estendere il modello tedesco e dallincapacitdi riorientare lopinione pubblica. Cos lausterit sta uccidendo la crescita

    La politica di ridurre la Germania in servit per una generazione, di degradare

    la vita di milioni di esseri umani e di privare unintera nazione della felicitdovrebbe essere odiosa e ripugnante: odiosa e ripugnante anche se fosse possi-bile, anche se ci arricchisse, anche se non fosse fonte di rovina per tutta la vitacivile dEuropa. C chi la predica in nome della giustizia. Nei grandi eventi dellastoria umana, nel dipanarsi degli intricati destini delle nazioni, la giustizia non tanto semplice. E se pur lo fosse, le nazioni non sono autorizzate, dalla religioneo dalla morale naturale, a punire i gli dei loro nemici per i misfatti di genitorio di governanti. Cos scriveva Keynes nella sua appassionata e disperata arringacontro le esorbitanti riparazioni imposte, nel trattato di pace rmato a Versaillesnel 1919, dalle potenze vincitrici alla Germania scontta. Condizioni economi-camente e nanziariamente impossibili da soddisfare, ispirate pi al principiodel castigo che della riparazione, sorde a considerazioni di capacit eettivadi pagare e dei costi, economici e sociali, imposti alla popolazione.

    A distanza di un secolo, gli attori si sono scambiate le parti, ma la trage-dia sulla scena la stessa. Qui ora si tratta di debito piuttosto che riparazioni,ma il principio non cambia: delitto e castigo. Questo stato il principio ispira-tore nella gestione della crisi delleurozona n dallinizio: il virtuoso Nord nondoveva pagare per la prodigalit e lirresponsabilit dei cugini del Sud. E dunquelaiuto stato dapprima negato, poi concesso col contagocce, e solo quando siera sullorlo del precipizio: sempre troppo poco, sempre troppo tardi, sempretroppo oneroso. E mano a mano che la crisi si espandeva a macchia dolio dalla Grecia ai PIIGS, al debito sovrano, alle banche cresceva il risentimento eil rancore dei salvatori e la disperazione e la rabbia dei salvati.

    stato ben presto chiaro ai pi che la medicina imposta ai paesi indisci-plinati avrebbe comportato costi enormi, quanto vani: tagliare salari e spesa

    Lezioni di storia

    LEzIOnI DI StORIA

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    14 15La rotta dEuropa. La politica La rotta dEuropa. La politica

    prudenza, frugalit, ecienza, competitivit, che servono bene gli interessi diun paese, se perseguiti da tutti, possano condurre al benessere generale. Questafede stata tradotta, nella teoria e nella politica economica, nel principio che imeccanismi che operano dal lato delloerta possano essere sucienti a garan-tire la coesione e la convergenza di paesi che partono da condizioni economichee sociali assai diverse. Si cos prestata la massima attenzione a costruire delleregole che vincolassero le politiche nazionali, senza prestare attenzione alcunaa creare le istituzioni necessarie a fronteggiare situazioni di crisi. Alla Bancacentrale, limitata nel suo mandato a garante della stabilit dei prezzi, non stataaancata nessuna altra istituzione capace di parlare nel nome dellEuropa, e di

    guidare lopinione pubblica nella ricerca di una soluzione condivisa della crisiche potesse tener conto degli interessi dei diversi paesi.

    I passi di Merkel

    Lopinione pubblica, lelettore, stata lossessione dietro cui si sono nascostii principali attori politici, in particolare in Germania, nellodissea innita dellacrisi. Ma lopinione pubblica non dogmatica e denita, ed dunque suscet -tibile di persuasione. Ed compito delllite di guidare piuttosto che essereguidata. Suo dovere quello di impedire che si apra uno iato troppo grandefra ragione e pulsione, che renda poi impossibile o estremamente costoso ilritorno a soluzioni socialmente ed economicamente realizzabili. Ma proprio quista il problema: cosa sia ragionevole cio quale sia il modello teorico che deveguidare lazione di governo. E, nonostante la gravit della crisi, il modello rimasto, di fatto, quello illustrato pi sopra. La classe dirigente europea ha coscontinuato a chiedere dosi ulteriori di austerit, accompagnate da condizionisempre pi pesanti e umilianti, al tempo stesso in cui ne riconosceva linuti-lit ai ni di risanamento. La popolazione gli elettori chiedono leadership,chiarezza, capacit di decisione e di comunicazione. Il messaggio che statotrasmesso allopinione pubblica, invece, stato incoerente e ambiguo, basatocomera su premesse teoriche continuamente smentite dallevolversi dei fatti.Questo spiega la politica a dir poco incoerente del cancelliere Merkel, la rispostaalla crisi nanziaria passo dopo passo, la riforma di bastioni dellimpalcaturateorica e normativa delleurozona un passo alla volta, che non tengono contodel fatto che i mercati non aspettano, e che pi lentamente si agisce, pi alto saril costo nale. Gi laumento dellEuropean Financial Stability Facility (il fondo-

    pubblica, aumentare imposte e tarie, liquidare i dipendenti pubblici, sven-dere le imprese e le propriet pubbliche in una situazione di crisi gi gravee in un contesto europeo stagnante avrebbe ammazzato leconomia, falcidiatoil reddito, e aumentato il debito. Che questa concatenazione di scelte suicideavrebbe trascinato con s nella rovina anche i creditori, era altrettanto chiaro:non solo le banche e leconomia dellEuropa, ma il mondo intero. LEuropa,ammonisce allarmato il presidente degli Stati uniti, sta spaventando a morte ilmondo.

    Perch dunque, di fronte allevidenza, non stato possibile interromperela concatenazione di scelte suicide? Perch non stato possibile intrapren-

    dere unaltra strada? Tre sono le risposte, non necessariamente alternative, chepotremmo sinteticamente riassumere cos: il principio calvinista che chi infrangele regole va punito, la certezza che la virt (austerit) porter alla stabilit, alladucia e alla crescita, il convincimento che unalternativa non politicamentepossibile, in quanto va contro lopinione pubblica.

    Il miracolo tedesco

    Il punto di vista della Germania (e dei paesi virtuosi, cio creditori) semplice: i paesi del sud si sono indebitati no al collo approttando dei bassitassi di interesse garantiti dalla partecipazione alla moneta unica. Ora sonopuniti dai mercati e devono imparare la disciplina. Alla base vi dunque unadiagnosi (sbagliata) delle origini della crisi del debito greco, e del problema deiPIIGS in generale, che addossa la responsabilit degli squilibri unicamente suipaesi in decit. Vizi e virt possono essere chiaramente distinti e distribuiti.Questo dimentica per esempio che prima della crisi la Spagna aveva un rapportodebito/Pil pi basso della Germania, e che i suoi problemi attuali derivano dauna bolla immobiliare che ha inazionato prezzi e salari, minandone la competi-tivit senza possibilit di svalutare; o che la Germania stessa ha infranto il limitedel disavanzo negli anni in cui era lei ad essere il malato dEuropa. Ma non questo il punto.

    Per lelettore tedesco il miracolo economico tedesco del dopoguerra stato costruito su una combinazione di nanze prudenti, valuta forte, modera-zione salariale, poderose esportazioni, e gli dicile immaginare che proprioqueste virt possano essere alla base della crisi presente. La costruzione dellu-nione monetaria europea riette questa stessa distorsione: la convinzione che

    Lezioni di storiaAnnamaria Simonazzi

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    16 17La rotta dEuropa. La politica La rotta dEuropa. La politica

    Limpossibile rioro al modo di prima

    Roberto Schiattarella

    Che cosa viene dopo lesaurirsi del progetto politico europeo? realisticopensare al superamento del neoliberismo? La politica pu ancora controllarela nanza? Tre domande scomode sugli scenari che ci aspettano e le lezionidegli anni 30

    Rossana Rossanda, con il suo articolo ha in qualche modo costretto coloro che

    sono intervenuti nel dibattito ad arontare una questione generale e cio se lapolitica europea sia oggi in grado di arontare i problemi che si stanno ponendoe quali siano le linee lungo le quali occorra intervenire. Questione che, se ciponiamo da un punto di vista pi strettamente italiano, diventa: pu lEuropasviluppare le politiche necessarie a fare fronte ai problemi che incombono sulnostro paese vista la sostanziale incapacit del nostro governo, ma anche i limitidi politiche sviluppate a livello nazionale?

    Guardando ai diversi contributi se ne pu concludere che la risposta a questadomanda dipende da come si risponde ad altre tre questioni. La prima puessere cos formulata.La politica europea pu ritrovare la capacit di guardare aldi l degli egoismi nazionali dando una risposta alta ai problemi che stanno dietroalle tensioni sui titoli governativi dei paesi deboli? Quasi tutti gli interventi, corret-tamente, hanno individuato nella debolezza della politica uno tra i principaliostacoli al raorzamento della capacit di intervento delle istituzioni europee;ma nel loro insieme sembrano immaginare, o quanto meno auspicare, che lesde poste dalla crisi possano costituire un incentivo suciente per aprire unanuova fase di integrazione europea. Largomento ha evidentemente una suaconsistenza ma, a giudizio di chi scrive, purtroppo potrebbe non essere conclu-sivo. Il progetto con il quale si avviata lintegrazione economica in Europa stato una espressione piena della cultura politica del dopoguerra. vero che ilprocesso stato favorito dal bisogno degli Usa di raorzare il blocco dei paesioccidentali contro lEuropa del socialismo reale e questo spiega perch la sini-stra italiana sia stata cos a lungo contraria ma anche vero che si trattato diuna scelta che ha espresso soprattutto la consapevolezza di una parte importantedella classe dirigente europea della necessit di avviare un percorso politico di

    salvastati) cos faticosamente approvato dalla Germania nei giorni scorsi, cosdicile da far ingoiare alla piccola Slovacchia, che si riuta di pagare lei persalvare i pi ricchi greci (e su cui la Germania dovr esercitare tutta la suainuenza) stato superato dagli eventi, ed ormai considerato di gran lungatroppo piccolo rispetto a quanto si ritiene appena necessario per contrastare lal-largamento del contagio a paesi pi grandi, come Italia e Spagna.

    Lausterit sta uccidendo la crescita in tutta leurozona, e nir per travol-gere (ha gi cominciato, come dimostrano i dati pi recenti sul tasso di crescitatedesco) anche la Germania, aumentando il risentimento della popolazione.Cera spazio c ancora? per una politica di azione plausibile, capace di arre-

    stare la spirale di crisi e di austerit, per unopera coordinata di persuasionesulla propria base elettorale a favore di un piano di salvataggio per i paesi indicolt (un nuovo piano Marshall europeo), capace di risolvere la crisi nelbreve periodo e di formulare una politica di medio periodo che favorisca lacrescita e loccupazione. Il successo di questo piano richiede che due condizionisiano soddisfatte, a livello nazionale e a livello di Unione europea.

    Il consenso su un piano coordinato di aiuto esige che si dia risposta alle preoc-cupazioni tedesche, nlandesi, slovacche. La richiesta di un comportamentosolidale da parte delle nazioni creditrici deve andare di pari passo alloerta digaranzie di un comportamento responsabile e credibile da parte dei singoli paesiora in dicolt. Questo spiega il tono particolarmente duro della lettera dellaBce al governo italiano. Si pu obiettare alle linee di azione proposte, non sullanecessit di riforme strutturali per la crescita. Ma una unione monetaria europeasostenibile nel lungo periodo richiede anche di eliminare le cause di squilibrioche hanno portato alla crisi attuale. necessario dunque rivedere i meccanismidi funzionamento dellarea delleuro, partendo da un riesame critico dei mecca-nismi di aggiustamento, per ridisegnare nuove regole e predisporre politichecapaci di prevenire la creazione di nuovi squilibri.

    2 ottobre 2011. Questarticolo stato pubblicato inizialmente sul sito In genere: www.ingenere.it

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    che dunque segnalano la ne di quella che Kuhn ha denito una fase di scienzanormale. Daltra parte gli esiti di due decenni di riscoperta del mercato sonosotto gli occhi di tutti coloro che li vogliono vedere. Sul piano interno di ciascunpaese, societ sempre pi ingiuste e quindi con minor capacit di crescita nellungo periodo, indebolimento delle societ civili come eetto di uno schiaccia-mento della politica sugli interessi, istituzioni che si muovono con logiche checon la crisi appaiono sempre pi inconsistenti. Istituzioni che appaiono sempremeno come gli strumenti di risoluzione dei problemi e sempre pi espressionedei problemi con i quali ci si deve misurare. Quello che si vuol dire, ancora unavolta, che assolutamente ragionevole pensare che lintrecciarsi su se stessa

    della crisi costituir un fattore di accelerazione del cambiamento. Anzi deltutto probabile. Ma questo non vuol dire aatto che la risposta alla secondadomanda debba essere positiva. Quanto avvenuto negli anni 30 non sembrainfatti supportare lidea che questi processi possano svilupparsi in tempi breviper lovvia presenza di interessi consolidati e per le inevitabili inerzie culturali.In altre parole, ammesso che vi sar un cambiamento del paradigma, non si pucerto escludere che i tempi con cui questo cambiamento si svilupper si rivelinonon compatibili con le sde urgenti poste alla politica europea.

    Istituzioni internazionali e fnanza

    La terza domanda a cui occorre dare una risposta per comprendere ilpossibile ruolo delle istituzioni europee nella crisi la seguente: le istituzioniinternazionali e in particolare le istituzioni politiche dei paesi pi importanti, nelcontesto attuale, sono in grado di condizionare il comportamento dei mercati nan-ziari? La crisi segnala una rottura importante degli equilibri internazionali cheda un lato si manifestata in problemi di sottoconsumo e, dallaltro, in quellache potremmo denire una crisi di regime internazionale proprio perch lin-tero sistema di regole che stato messo in discussione. Il declino relativo delpaese che dal dopoguerra stato il centro del sistema economico, gli Usa, hanito con lindebolire il sistema monetario internazionale, ridimensionando ilruolo del dollaro. La crescente volatilit dei cambi e le politiche di svalutazionicompetitive tra le aree sono altrettante espressioni di questi indebolimento.Dunque stiamo entrando in una fase di instabilit il cui signicato pu esserecolto con un paragone, anche se questi sono sempre dicili, soprattutto nellescienze sociali. La situazione attuale potrebbe essere considerata non troppo

    superamento di nazionalismi i cui risultati devastanti erano ancora sotto gliocchi di tutti. Alta politica dunque. Cos come alta politica stata quella che hadeterminato laccelerazione dei processi che si avuta con la svolta del 1992della moneta unica; un passaggio che non pu essere compreso senza avere inmente gli straordinari problemi che limprovvisa unicazione tedesca ponevaalla politica europea. possibile dunque che laver privilegiato la dimensioneeconomica possa essere stato un approccio riduttivo ma non si deve dimenticareche questo approccio va visto come lespressione di una politica consapevoledei problemi che si stavano ponendo (certamente pi consapevole rispettoalle opinioni pubbliche europee) che ha usato lo strumento delleconomia per

    avviare processi che volevano poi portare a un superamento delle posizioninazionali e nazionalistiche. E, occorre ammetterlo, con qualche successo, se nonaltro sul piano del sentire comune. Il problema sta nel fatto che la spinta a tute-lare gli interessi nazionali stata sempre presente nella politica europea, e chequanto sta succedendo rappresenta qualcosa di qualitativamente diverso. Con laspeculazione sui titoli dei paesi europei in dicolt, il mercato si sta in qualchemodo riappropriando di quella sovranit che la politica aveva delimitato (tassidi interesse politici e non giusticati dalle condizioni di mercato) e che oranon ha pi la capacit (volont) di difendere. Quanto sta accadendo altro non che la certicazione che quella stagione politica nita e che unaltra se ne staaprendo. Tutto questo per dire che solo una riessione meno impressionisticasul perch quella stagione politica si sia andata esaurendo potrebbe permet-terci di rispondere alla prima domanda che ci siamo posti e di avviarci lungo lastrada desiderata.

    La cultura del mercato

    La seconda questione implicita posta da una parte non trascurabile degliinterventi riguarda un possibile secondo ostacolo allo sviluppo di politiche euro-pee capaci di misurarsi con i problemi posti dalla crisi; ostacolo individuatonella cosiddetta cultura del mercato, almeno per come si delineata negli ultimidecenni. La domanda : realistico pensare a un profondo cambiamento nellacultura economica che avvii la politica di intervento lungo direzioni diverse dalleattuali? possibile pensare che le voci sempre meno isolate che mettono indiscussione la cultura del mercato degli ultimi decenni siano lespressione delfatto che i paradigmi non sopravvivono al mondo per il quale erano funzionali. E

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    Ripariamo dai pricpi

    Francesco Ciafaloni

    I governanti della costruzione europea hanno sbagliato molto, quasi tutto.Ma qui siamo, e senza Europa e senza euro non andiamo da nessuna parte.Da qui possiamo ripartire, guardando in faccia leconomia pi che gli economisti

    LUnione europea, nelle intenzioni di quelli che per primi lhanno sostenuta,dal Manifesto di Ventotene in poi, non solo un espediente per armonizzare

    le politiche scali e ridurre le dierenze di Pil pro capite, che non si sonoridotte. La Comunit europea del carbone e dellacciaio non stata una intra-presa economica. stata il controllo congiunto degli Stati membri sulle basimateriali della guerra. LUnione europea la pace in Europa; e, in prospettiva,tra lEuropa e il mondo. Per la regione che, da vari secoli, da quando ha attra-versato gli oceani, stata allorigine, oltre che delle due guerre mondiali, dellamaggior parte delle guerre, intestine e di conquista, imperialistiche e commer-ciali; dei genocidi; delle generazioni perdute, questa la cosa fondamentale.Settantanni fa Giaime Pintor scrivevaSangue dEuropa. Anche se siamo vissuti,anche noi nati negli anni 30, per la maggior parte della vita, nel pi lungoperiodo di pace della storia di questo continente, inclusa la belle poque, nondovremmo dimenticarlo. Proprio perch abbiamo un ragionevole timore chepossa nire.

    Quando hanno aperto le frontiere, ho passato qualche giorno ad attraversarequella franco-tedesca, forse la pi insanguinata dopo le bloodlands, ai conni orien-tali, in macchina, da est a ovest e da ovest a est, senza meta, sui campi di battagliadai nomi famosi, ripuliti dalle ossa per sistemarle nei grandi cimiteri sotto la luna,come scriveva Bernanos. Esattamente come sono andato avanti e indietro, a piedi,attraverso le prime brecce del muro, a Berlino; e come, qualche mese dopo, ho attra-versato in macchina, in autostrada, senza rallentare, ridendo, la terra di nessuno cheha separato per poco meno di mezzo secolo le due Germanie.

    Forse non ammazziamo e non ci facciamo ammazzare pi molto perch cihanno tolto i denti; forse ammazziamo ancora troppo mandando in giro soldatie aerei per missioni qualche volte assai dubbie; ma se i nazionalismi, ancheestremi, che stanno risorgendo, prevalessero, torneremmo ad ammazzarci e ad

    diversa da quella della ne dellottocento. Come il gold standard aveva creatolambiente allinterno del quale la Gran Bretagna ha imposto le sue regole nellaseconda met di quel secolo, cos gli Usa hanno costruito un modo, o meglio,due modi successivi di essere del sistema economico coerenti con i propri inte-ressi. Il risultato stato in entrambi i casi una relativa stabilit dello sviluppoeconomico, un forte allargamento geograco dei mercati e, nella fase naleun ampliamento del ruolo della nanza. Sul piano culturale queste fasi si sonoaccompagnate con il prevalere di una cultura iper liberista (non a caso lelabora-zione dellapproccio ingegneristico alleconomia proprio degli ultimi decennidellottocento). Questa stabilit viene messa in discussione quando gli equili-

    bri politici cambiano perch i meccanismi economici attivati non solo nisconocon lessere non pi funzionali allo sviluppo del paese leader ma, al contra-rio, fanno emergere antagonisti strategici. Gli Usa e la Germania cento annifa; oggi in primo luogo la Cina. Se questa lettura di quanto sta accadendo puessere accettata ne derivano due implicazioni: la prima che i tempi di unauscita dalla instabilit potrebbero non essere brevi; la seconda che la questionedel rapporto tra politica e aari non si pu porre in termini scontati. indub -biamente vero che storicamente, soprattutto negli Usa, il potere politico hamostrato una forte capacit di condizionare le scelte del sistema nanziario.Ma non si possono trascurare segnali che fanno pensare che questo legame stiadiventando meno forte. E dunque che le tentazioni di una pi completa emanci-pazione dei mercati possano portare a esiti indesiderati da parte della politica ingenerale e dalla politica europea in particolare.

    Per concludere, credo che la consapevolezza che gli esiti della partita che sista giocando in Europa incideranno profondamente sul nostro futuro, sta spin-gendo tutti noi, in maniera pi o meno cosciente, a pregurare scenari coerenticon il progetto politico allinterno del quale siamo vissuti. Scenari che preve-dono un superamento di quegli ostacoli politici, tecnici e culturali che ne hannocondizionato lo sviluppo. Impegnarsi in questa direzione doveroso, ma questonon ci deve impedire di ragionare su altre possibilit, sconosciute e forse perquesto preoccupanti.

    5 ottobre 2011

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    contro la tradizione dei maggiori paesi continentali e del nord socialdemocra-tico. Hanno lasciato che le grandi banche tedesche e francesi collaborassero allagrande trua greca guadagnandoci, sintende. Ora tirano i freni, esattamentequando e dove non dovrebbero. Autori importanti come Marcello De Cecco, daMoneta e impero in poi, ci hanno dato la storia, la interpretazione e il commentodella tempesta che si preparava. Non sono mancate gure esemplari, anche inItalia a me viene in mente Padoa Schioppa, forse perch morto ma nessuno riuscito a realizzare politicamente ci che avrebbe voluto. Basti pensare aldisastro scale evasioni, furti al trasferimento di ricchezza a svantaggio dellavoro al momento del cambio di moneta, avvenuto, nel commercio, nella vita

    quotidiana, a un tasso doppio di quello formale.Basti pensare anche al fallimento del tentativo di scrivere una Costituzione

    europea, diventata una sorta di enciclopedia delle idee predilette degli autori,una summa delle ideologie europee, non una legge fondamentale. Nel nostropiccolo, anche la carta dei valori, modello da proporre agli immigrati, che sonola giovent dellEuropa, quando ministro dellInterno era Giuliano Amato, inbilico tra falso storico e proposta egemonica, non stata lungimirante. E bastipensare allimportanza che rappresentanti al Parlamento europeo annettono alloro alto incarico: poco pi che un sussidio, una pausa di riessione nel lorocursus honorum.

    Non comincio a fare lelenco degli arretramenti, dopo la carta di Nizza, degliallargamenti successivi, avvenuti sempre per necessit od opportunismo, senzauna luce politica, perch sono eventi noti e non bisogna abusare della pazienza dichi legge. Le regole di attribuzione per rotazione delle cariche comunitarie sonodiventate sempre pi macchinose e insensate. Come aggiungere epicicli al vecchiomodello, senza che nessun Copernico provasse a restituire un po di democrazia, aintrodurre qualche idea generale. Hanno, o abbiamo, sbagliato tutto.

    Ma qui siamo. Senza Europa e senza euro la cui scomparsa segnerebbe lini-zio delle svalutazioni competitive, degli attacchi speculativi, dei dazi mascherati non andiamo da nessuna parte. Da qui bisogna partire.

    Il labirinto delle istituzioni europee

    il titolo di un libro di Pier Paolo Portinaro che illustra ci che promettesullarco di molti secoli. Neanche il quadro tracciato da Pietro Costa, nei volumidi Civitas, della nascita e dei mutamenti del concetto di cittadinanza nellarco

    ammazzare alla grande, come una volta, magari al servizio e con le armi di unapotenza straniera, come avvenuto, secolo dopo secolo, in passato.

    Un continente ricco e pacico, la maggiore concentrazione di ricchezza almondo, ha bisogno di una moneta propria, sucientemente forte e garantitada non metterci in bala della prima grande nanziaria che voglia fare soldialle nostre spalle, senza produrre nulla, senza neppure sfruttare direttamente ilnostro lavoro. Non sta scritto n nella Natura n nella Bibbia che debba essere ilmercato a contenere gli Stati, come avviene, come hanno scritto sociologi auto-revoli e come ci ha ricordato Giulio Tremonti in La era delle tasse, pubblicato20 anni fa, quando era ancora solo un professore e un commercialista molto

    importante. Una Unione politica, anche se imperfetta, di mezzo miliardo di citta-dini, che quello che siamo, se vuole, se riesce a esprimere un partito politicoche lo voglia e vinca le elezioni, pu regolare, contribuire a regolare, qualsiasimercato. Non pu riuscirci lItalia; non ci riusciranno i nazionalismi e regionali-smi aggressivi che stanno rinascendo.

    Pensare alluscita dalleuro di singoli paesi, come se si trattasse di ordina-ria amministrazione, come se le inazioni, gli azzeramenti di risparmi e diprospettive di vita, fossero solo un ridurre lacci e lacciuoli e rimetterci in corsa,una normale scelta di politica economica, vuol dire davvero aver dimenticatole camice brune, quelle nere, quelle azzurre, e anche quelle verdi, e che cosasuccede quando molti perdono tutto e tutti si spaventano davvero. Non ceraleuro in Germania negli anni 30. I tedeschi che se lo ricordano rimpiangono ilmarco pensando a un supereuro, solo per loro, dimenticando che sono troppopiccoli per farcela. Ma noi, o la Grecia... Non scherziamo!

    Che cosa hanno sbagliato

    Hanno sbagliato qualcosa i governanti, le gure di riferimento, i grandi e ipiccoli dEuropa, nel cercare di costruirla e nel realizzare la moneta unica, dopola morte o luscita di scena dei padri fondatori, quelli che avevano esperienzadiretta della tragedia da cui venivamo?

    Figuriamoci! Secondo me quasi tutto. Si sono sentiti, spesso se non sempre,molti se non tutti, sulla cresta dellonda; inaondabili, senza problemi se non ilprimato nel caso dei forti e la conquista dei fondi e dei sussidi nel caso dei deboli.Timorosi di restare fuori dalla grande abbuata nanziaria, hanno consentitose non promosso la rincorsa neoliberista agli Stati uniti e alla Gran Bretagna,

    Lezioni di storiaFrancesco Ciafaloni

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    Le idee e i mezzi

    facile essere daccordo su principi generici. Pi dicile, ma indispensa-bile, esserlo sulle priorit. Sono quasi sempre daccordo con ci che scrive GuidoViale. Sono daccordo con la compatibilit, la frugalit, il recupero. Sono dac-cordo anche con ci che ha scritto sul manifesto dell8 settembre, cio sullanecessit di guardare oltre le compatibilit nanziarie, anche di guardare infaccia la possibilit del fallimento degli Stati, di questo Stato.

    Ma, quando la guardo in faccia questa possibilit, mi succede quel che succe-deva a chi guardava la faccia di Medusa. Bisogna guardare al di l di ci che cidicono gli economisti, o almeno gli economisti conformisti. Possiamo, dobbiamo,

    guardare oltre le follie dei costruttori di titoli derivati e di previsioni fatte estra-polando le storie passate. Non possiamo per guardare oltre leconomia in sensolato, perch luomo fatto in modo che mangi, e che abbia bisogno di vestirsi edi ripararsi, e che non sia in grado di produrre da solo quel che gli serve. Qual-cosa dobbiamo fare da noi, qualcosa bisogna dare agli altri perch ci diano ciche non siamo capaci di fare per conto nostro; qualcosa che gli serva davvero.Avrei paura anche se noi italiani fossimo, come siamo stati, una societ di lavo-ratori, di operai e contadini, capaci di cavarsela da soli dovunque li mettano,capaci di rimboccarsi le maniche e di produrre pi di ci che consumano sottoqualsiasi cielo come si proponeva di fare il nto albanese e vero contadinodi Lamerica. Lo eravamo nel 22, e non bastato. Ma siamo una societ divecchi pensionati, di rentier poveri (e, pi di rado, ricchi), di giovani mantenutidai vecchi, a loro volta badati da straniere, una societ manifatturiera, vissutaesportando, ma fondata troppo spesso sui bassi salari. Se venissero gi lInps e ilSsn, che, con tutti i suoi guai, uno dei migliori al mondo, il grasso accumulatoche ci garantisce la sopravvivenza durerebbe poco, anche perch il tentativo ditrasformarlo in risorse lo brucerebbe in un istante. Provate a vendere la casa divostro padre quando tutti vogliono venderla e nessuno ha i soldi per comprarla.

    Qualche idea nanziaria la patrimoniale di Modiano e Mucchetti, la spen-ding review, gli accordi con la Svizzera bisogna averla. La macchina va riparatain moto. Non possiamo permettere che si sfasci. Se poi si sfascer lo stesso,dovremo far fronte. Il conitto tra chi ha e chi non ha, tra chi in grado dilavorare e chi no, tra cittadini e stranieri, mascherato dalla illusione contempo-ranea di essere tutti classe agiata, diventer esplosivo. Speriamo di cavarcela. Lesociet si riequilibrano sempre, magari con meno persone, anche dopo la guerra

    di pi di due millenni in Europa un quadro semplice. Abbiamo seri dubbisulla tenuta democratica di molti degli Stati che costituiscono lUnione europea,incluso il nostro. Chiedere democrazia in Europa pi esprimere un desiderio,formulare un progetto, che descrivere una realt o chiedere qualche piccoloaggiustamento.

    Viene voglia di liberarsi da questo labirinto, di tagliare questo nodo isti-tuzionale, di tornare al piccolo, al semplice, al diretto; o di cambiare tutto,uniformare tutto, approdare rapidamente alluniversalistico e al generale, costi-tuire un vero Stato. La prima cosa, il ritorno al piccolo e al diretto, non si pufare fuori e contro lEuropa. La seconda cosa, il vero Stato, la rappresentanza

    generale uniforme, forse non si pu fare; forse, per quel che mi riguarda, non lodesidererei neppure.

    Possono esserci, ci sono stati in passato, ci sono tuttora, idee generalicondivise, di eguaglianza, libert, solidariet, rispetto reciproco, rispetto eaccoglienza dello straniero, rispetto delle compatibilit ambientali e quindifrugalit, valore del lavoro, rispetto della vita e accettazione della morte,che possono esprimersi, e confrontarsi con altre, anche se restano le divisioniamministrative, le giurisdizioni, le lingue, le mescolanze e le dierenze diaspetto e culturali. Non si tratta di spazzare via il labirinto ma di mutarne lanatura, di renderlo comprensibile, compatibile, funzionale. C pi di quantonon sembri di gi costruito proprio sul terreno giuridico e giurisdizionale,anche per merito di giuristi italiani. I movimenti ecologisti, ambientalisti,attenti alla scarsit sono in crescita in Europa. Su singol i temi o al livello muni-cipale le maggioranze si sono trovate anche in Italia. Lostacolo non sembraessere nei conni tra gli Stati, perch i movimenti e le persone scavalcanofacilmente le frontiere, con la rete, ma anche alla vecchia maniera. Caso maisono le strutture politiche, le burocrazie politiche, le persone dei politici, chenon sono allaltezza.

    Ed proprio in campo economico e nanziario, oltre che in campo mili-tare e nella politica estera, che ci sono le dicolt maggiori. Mi sono abituato apensare che lindipendenza dei banchieri centrali sia una risorsa, come lo lin-dipendenza della magistratura. una risorsa in quanto magistratura nanziaria,che governa la moneta e il credito nel rispetto delle decisioni della maggioranza,dei diritti e delle leggi. Il potere assoluto dei banchieri, nel vuoto politico, unincubo. lincubo che stiamo vivendo.

    Lezioni di storiaFrancesco Ciafaloni

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    dei centanni e la peste nera. Ma non chiedetemi di augurarmelo o di proget-tarlo. Io, e molti altri, dopo, non ci saremo.

    Ma, bene o male che vada, in un momento di mutamento inevitabile, forsegrave, pi che mai bisogna avere principi e rispettarli. La ecienza della scuolapubblica, la formazione alla cittadinanza e al lavoro, la sostenibilit, nonpossono essere solo aermate.

    Pu darsi che il terrorismo sulla nanza sia in parte un blu, come lo era elo la pubblicit dei consumi e la crescita innita, che, lo capiscono tutti, puessere solo nanziaria, perch crescite materiali innite non si danno in natura.Ma un rimedio al peccato degli anni 80 bisogner trovarlo contro quelli che

    lo hanno prodotto, a loro vantaggio, allora.16 settembre 2011

    Francesco Ciafaloni

    LE IStItUzIOnI E LE POLItIChE EUROPEE

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    tassi di crescita negli Usa erano pi alti che in Europa, e lipotesi pi diusaera che questo fosse il risultato della nuova economia americana, fondata sumercati meno regolati, pi attivit imprenditoriali e maggiori investimenti nelcapitale della conoscenza. Si pensava che in Europa la crescita fosse ostacolatadalla rigidit soprattutto del mercato del lavoro, e dallo scarso investimento inricerca. La strategia Europa 2020 viene introdotta in un contesto tutto diverso,in cui gli Usa come lEuropa sorono le conseguenze della crisi nanziaria, lacrisi ecologica diventata una priorit e la concorrenza pi temibile viene dallaCina e dallIndia pi che dagli Usa.

    Queste dierenze di modalit e contesto si riettono nel contenuto della

    nuova strategia. Nella Strategia di Lisbona la Ue si proponeva un nuovo obiettivostrategico: diventare leconomia pi competitiva e dinamica basata sulla cono-scenza, capace di una crescita economica sostenibile con maggiore e miglioreoccupazione e una pi grande coesione sociale. Quel traguardo richiedeva dipreparare la transizione verso uneconomia e una societ basate sulla cono-scenza, attraverso politiche migliori per la societ dell informazione e la ricercae sviluppo (R&S), accelerando riforme strutturali per la competitivit e linnova-zione, completando il mercato unico, modernizzando il modello sociale europeo,investendo sulle persone e combattendo lesclusione sociale; sostenendo buoneprospettive economiche e crescita, applicando un insieme appropriato di politi-che macroeconomiche.

    Ora la nuova strategia Europa 2020 sottolinea tre priorit: crescita intelli-gente: sviluppo di uneconomia basata su conoscenza e innovazione; crescitasostenibile: promozione di uneconomia pi eciente rispetto alle risorse, piverde e pi competitiva; crescita inclusiva: sostenere uneconomia ad altaoccupazione che produca coesione sociale e territoriale. C una dierenzadi fondo che va sottolineata: le ambizioni si sono decisamente ridimensionate.Nella strategia Europa 2020 non si promette che lEuropa diventer la regionepi competitiva del mondo e si riconosce che la crisi economica ha avuto unforte impatto negativo su occupazione e reddito.

    Quando lEuropa andata a destra

    Nellorientamento generale delle due strategie esiste una continuit, ma si vericato un cambiamento delle priorit a qualche anno dalla strategia diLisbona, con un indebolimento della dimensione sociale e una maggiore atten-

    Quado lEuropa a svolao a desra

    Bengt-ke Lundvall

    Le buone intenzioni di Lisbona 2000, la svolta neoliberale e gli erroridi Europa 2020. Il risultato una costruzione europea instabile, vulnerabilee impopolare. Si deve ripartire dalleconomia della conoscenza e da unEuropa

    sociale. La vecchia strada ora porta alla depressione mondiale

    Aprendo il dibattito su La rotta dEuropa aperta da il manifesto, Sbilanciamoci.info

    e openDemocracy.net, Rossana Rossanda ha chiesto agli economisti e ad altri unavalutazione della crisi delleuro e dellUnione economica e monetaria (Uem). MarioPianta e Donatella della Porta hanno dato le loro risposte e io sono daccordo con leloro tesi di fondo. Pianta ha ragione nel sottolineare che la crescente diseguaglianzaeconomica e il dogma neoliberale hanno contribuito alla crisi presente. E Donatelladella Porta ha ragione a indicare nella mancanza di legittimazione democraticauno dei problemi pi grossi della situazione attuale, in cui lintegrazione europea spinta dalla necessit di evitare una crisi economica mondiale. Vorrei mostrarecome la forma e profondit di tale crisi rivelino la debolezza di fondo dei percorsiintrapresi dallintegrazione europea. La Strategia di Lisbona lanciata nel 2000 stata dirottata a met strada verso una via neoliberale, e ora la Strategia Europa2020 continua sul binario sbagliato. Tali iniziative non hanno costruito le fonda-menta necessarie per lUem. E lUnione monetaria, pensata per proteggere i paesimembri dallinstabilit economica, diventata essa stessa una fonte dinstabilitper tutto il mondo. Se la Uem stata una costruzione sbagliata n dallinizio, ora

    estremamente pericoloso lasciarla disintegrare. Nonostante la retorica che addossatutte le colpe ai governi degli stati, i leader nazionali potrebbero essere costretti aportare lEuropa verso una federazione, non perch questo faccia parte della lorovisione, ma perch devono evitare una depressione globale. Si tratta di scelte di-cili che che si scontreranno con il populismo nazionalista di unEuropa senza unavisione democratica radicata e comune che vada al di l del mercato unico.

    Da Lisbona a Europa 2020

    I contesti internazionali del 2000 e del 2010 erano profondamente diversi.Negli anni 90, quando fu lanciata la Strategia di Lisbona, loccupazione e i

    Le istituzioni e le politiche europee

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    i mercati del lavoro dellEuropa meridionale, in modo che gli eventuali chocesterni venissero assorbiti attraverso unimmediata riduzione dei salari reali.Linterpretazione neo-riformista era che le regioni meridionali meno sviluppatesarebbero state aiutate ad allinearsi al Nord grazie agli ambiziosi investimentinella loro base di conoscenze.

    Se la strategia di Lisbona fosse riuscita a ridurre le disuguaglianze regio-nali allinterno della Uem migliorando conoscenze e struttura industriale delSud dellEuropa puntando a unoccupazione di qualit, meno esposta allaconcorrenza mondiale lattuale crisi della Uem forse non sarebbe stata cosdrammatica. Non un caso che i paesi oggi esposti alla speculazione nanziaria

    siano quelli che hanno la struttura industriale pi debole e la maggior quota diposti di lavoro direttamente esposti alla concorrenza delle economie emergenti.

    Questo avrebbe richiesto maggiore, non minore, attenzione alla coesioneregionale e sociale, e riforme dei mercati del lavoro e dei sistemi scolasticivolte a migliorare le competenze e lorganizzazione del lavoro, cos come gandiinvestimenti nelle infrastrutture cuturali. Ma lagenda di Lisbona si andataorientando sempre pi verso la strada neoliberale. La situazione attuale mostrache questo spostamento a destra non solo stato inadeguato, ma ha nito percreare una struttura istituzionale distorta, che ora minaccia di far crollare nonsolo le economie europee, ma anche quella mondiale.

    Lombra della crisi mondiale

    La crisi delleuro va vista nel pi ampio contesto della globalizzazione deimercati nanziari, che ha reso pi esporte le economie pi piccole e ha ridottole possibilit di una politica economica autonoma da parte dei governi. Nellaprospettiva globale tutti i paesi europei sono piccoli; quelli grandi Usa,Giappone e Cina sono meno vulnerabili dalla speculazione nanziaria, madiventano anche loro sempre pi piccoli nel senso che si vanno riducendo imargini di quello che possono fare come politica economica autonoma.

    LUnione economica e monetaria pu essere vista come il tentativo di trasfor-mare lEuropa in un paese grande, proteggendo i piccoli paesi europei erendendoli pi capaci di superare crisi e speculazioni esterne. Ma si tratta di untentativo fallito che ha dato ragione a quanti sostenevano che era poco saggiocreare ununione valutaria in assenza di unione scale. La Grecia, il Portogallo,la Spagna, lItalia e pi di recente anche la Francia hanno visto la speculazione

    zione a crescita e occupazione. avvenuto con la valutazione di medio termine2004-05, in cui si sosteneva che la strategia era troppo complessa, con troppiobiettivi. Motivo per cui sarebbe stato necessario concentrare tutti gli sforzi suoccupazione e crescita economica. Un cambiamento che rietteva quello delpanorama politico europeo, con i governi socialdemocratici che erano stati sosti-tuiti da governi molto pi a destra.

    Tale cambiamento ha ridimensionato lobiettivo, passando da maggiore emigliore occupazione a maggiore occupazione e basta, ponendo laccentosulla essisicurezza ma con unattenzione esclusiva per lelemento essibi-lit. Con le nuove priorit, il concetto di coesione sociale viene inteso in modo

    restrittivo e tradotto in obiettivi rivolti alla riduzione della povert. Va notatocome la maggiore e migliore occupazione sia diventata, nellintroduzione allastrategia Europa 2020, un pi vago maggiore occupazione e vite migliori.

    Se la prospettiva generale della strategia di Lisbona, e in particolare latten-zione alla coesione sociale e alla societ basata sulla conoscenza, andavano nelladirezione giusta, i politici che dovevano realizzarla hanno visto la coesionesociale come un peso per lEuropa piuttosto che come il fondamento necessarioper uneconomia basata sulla conoscenza. Di conseguenza lattuazione si fattasempre pi squilibrata, dominata dallinterpretazione neoliberale delle riformestrutturali e dalla essibilizzazione.

    La strategia di Lisbona come sostegno alla Uem

    Fin dal principio (1996), la Strategia europea per loccupazione venne presen-tata come un complemento necessario per lUnione monetaria europea. La stessacosa si pu dire della strategia successiva, quella di Lisbona. Quando fu istituitala Uem, molte voci avvertirono che ununione monetaria senza politica scalecomune sarebbe stata vulnerabile da attacchi esterni. Il bilancio totale della Ue solo una piccola percentuale del Pil e non pu avere lo stesso ruolo di stabi-lizzatore automatico che ha il bilancio federale Usa. Questo era particolarmenteproblematico per ununione valutaria che metteva insieme paesi a livelli moltodiversi di sviluppo economico. La Strategia di Lisbona si pu vedere come untentativo di compensare questa fondamentale debolezza dellUnione monetaria.

    Sono state date due interpretazioni contrapposte del perch la Strategia diLisbona potesse funzionare come sostegno allUem. Linterpretazione neoliberaleera che il coordinamento delle politiche avrebbe dovuto rendere pi essibili

    Le istituzioni e le politiche europeeBengt-ke Lundvall

  • 8/2/2019 La Rotta d'Europa Vol 2 Politica

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    In un testo importante, scritto in occasione del convegno Lidentit europeain uneconomia globale in preparazione del Summit di Lisbona sotto la presi-denza portoghese, Manuel Castells aveva sostenuto la necessit di una comuneidentit europea in base alla quale i cittadini in tutta Europa possano condivi-dere i problemi e cercarne insieme la soluzione. Dopo aver scartato cultura ereligione, Castells aveva individuato i sentimenti condivisi sulla necessit diuna protezione sociale universale delle condizioni di vita, la solidariet sociale,un lavoro stabile, i diritti dei lavoratori, i diritti umani universali, la preoccupa-zione per i poveri del mondo, lestensione della democrazia a tutti i livelli. Se leistituzioni europee dovessero promuovere quei valori, diceva, forse il progetto

    identit potrebbe crescere.Per mobilitare il sostegno popolare e ricostruire lUem necessario ridenirla

    in modo che riconosca la dimensione sociale, trasformandola in una Unioneeconomica e sociale (Ues). Questo dovrebbe andare di pari passo con riformedei processi decisionali capaci di unire in modi nuovi partecipazione democra-tica ed ecienza. C bisogno di una svolta nel paradigma delle politiche, chetrasformi il timore dellintervento statale e la fede nei mercati in una prospettivain cui i governi possano assumersi i compiti necessari a promuovere una solidacrescita economica. Questo richiede una regolamentazione internazionale moltopi severa dei mercati nanziari. Ma soprattutto richiede di ridisegnare le istitu-zioni e le politiche di settore, con la consapevolezza della fase nuova che stiamoattraversando in cui la conoscenza la maggiore risorsa e lapprendimento ilprocesso pi importante.

    Ma il tempo stringe, ed probabile che assisteremo a piccoli e riluttanti passidei leader europei verso una politica scale comune, passi che verranno fattisenza sostegno popolare e con scarso coinvolgimento delle istituzioni. Largo-mentazione dei leader europei in cui presentano ciascuna riforma come fattain nome della Grecia, del Portogallo, della Spagna etc., e non per salvare la loroeconomia dalla depressione non di alcun aiuto. Se nella loro marcia esitantedovessero inciampare, possibile che cadremo nella prima depressione econo-mica dopo gli anni 30.

    3 settembre 2011

    nanziaria aumentare i costi del debito pubblico. C ora il rischio reale di unoscenario che vede uno o pi di questi paesi che fanno bancarotta, un conse-guente crollo delle grandi banche e una crisi nanziaria generale, che porta auna depressione mondiale.

    Il timore che leconomia nazionale nisca sotto il tiro della speculazionenanziaria costringe i governi nazionali a tagliare i bilanci e stimolare gli inve-stimenti privati abbassando le tasse sui ricchi e sulle imprese. Questo anche iltipo di risposta auspicato con forza dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Magli sforzi per raorzare la competitivit internazionale dei singoli paesi hannoun impatto negativo sulla domanda a livello globale. Se possono essere ritenuti

    utili per limitare lesposizione delle singole economie, accentuano per la possi-bilit di uno tsunami nanziario.

    Sembra impossibile che i leader europei vogliano riformare una delle fontiprincipali dellinstabilit: il modo in cui operano i mercati nanziari nel brevetermine. Quali sono allora le alternative? Per i governi essenziale evitare che lacrisi delleuro produca linsolvenza di uno dei paesi membri. Una delle proposte quella di istituire obbligazioni europee (gli eurobond) il cui valore sia garantitoinsieme da un gruppo di paesi. Sarebbe un primo passo verso la trasformazionedellEuropa in senso federale. Ma se il bisogno di pi Europa acuto quando sitratta di costruire barriere contro uno spaventoso tsunami nanziario, la sensa-zione della crisi rid ato ai sentimenti nazionalistici e raorza gli schieramentipolitici che si oppongono a politiche di solidariet internazionale.

    Le strade possibili

    La maggior parte delle priorit denite dalla strategia Europa 2020 sonorisposte rilevanti alle sde che lEuropa si trova oggi ad arontare, ma nonrappresentano nel breve termine una protezione di fronte a uno tsunami nan-ziario. La Strategia di Lisbona pu essere vista come il tentativo di creare unaconvergenza istituzionale e politica in Europa con lo scopo di costruire ununioneforte e coesa, fondata sul principio di solidariet. Ma lapproccio realizzato, conlaccento sulle buone pratiche, e la valutazione dei risultati delle politiche nellediverse aree (benchmarking) stato del tutto tecnocratico, incapace di suscitareunadesione popolare al progetto europeo. Perch i cittadini europei si mobili-tino per il progetto-Europa ci vuole una visione capace di andare oltre il mercatounico.

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    altra statistica impressionante nel contesto delle generali avversit nanziarie.Anche in anni precedenti, quando la disoccupazione era una macchia sullimma-gine della Germania, la disoccupazione giovanile non ha mai superato il 10%,ben lontani dai dati drammatici di oltre il 30% di Spagna o Grecia. Tutto questoha portato lautorevole rivista Foreign Aairs a pubblicare un articolo su cosaha azzeccato la Germania (si veda Stephen Rattner, The Secrets of GermanysSuccess,Foreign Aairs, July-August 2011).

    Anche nella sfera pubblica, la Germania pu in una certa misura sosteneredi difendere gli standard che si vanno indebolendo altrove. La sua gamma diquotidiani indipendenti che producono giornalismo di qualit rappresenta un

    importante contrappeso allo spirito del tempo populista e riduzionista e lanatura dei media del paese pu essere un fattore che contribuisce a spiegare lacapacit della Germania di contenere il populismo (o almeno laermazione diun partito populista tipo quelli aermatisi in Francia, Olanda, Europa centralee Scandinavia). Esperienze come quella dellUngheria (dove la libert di stampa minacciata), dellItalia (dove limpero di Berlusconi dominante) e della GranBretagna (dove loligopolio la norma) fanno spiccare la speciale posizionetedesca. Vista dal mare di problemi europei decit colossali, disoccupazionealle stelle, fratture sociali e risorgere del populismo la Germania pu ancoraapparire come unisola felice di sicurezza e prosperit.

    Diversi osservatori che condividono questo quadro segnalano il ruolochiave per il successo del paese svolto dal tessuto sociale e politico chesostiene lindustria tedesca, cos diverso da quello dei paesi vicini. Laspina dorsale della potenza economica tedesca sta nel Mittelstand (aziendedi piccole e medie dimensioni), soprattutto nel settore ad alta tecnologia,dove una moltitudine di piccole imprese vende sui mercati globali prodottispecializzati, la cui competitivit non dipende dal prezzo ma dalla qualit edallinnovazione.

    Queste realt rappresentano un settore industriale ancora robusto (a die-renza di economie, come quella inglese, dominate dalla nanza); attingono a unsistema educativo che per molto tempo ha potuto produrre un usso costantedi operai e impiegati qualicati, cos come di persone preparate ad occupareprofessioni di lite; sono radicate in uneconomia fortemente decentralizzatadove le competenze sono diuse e lindustria fa parte del tessuto sociale di tantecomunit locali.

    Germaia: uisola felice ce see lassedio

    Ulrike Gurot

    La storia del successo tedesco raccontata dagli indicatori economici visibili.Ma allinterno ci sono segni di inquietudine, in un paese senza una visionestrategica di se stesso e dellEuropa. La crisi nanziaria delleurozona riettequesto vuoto, che va riempito da una nuova politica europea

    La situazione tedesca dei primi giorni dellautunno 2011 appare stranamente

    ambigua, come si addice ai singolari tempi economici e politici che il paese e lEuropa intera sta attraversando. Da una parte, prosperit e crescita, unademocrazia che funziona e una societ pacica, nella quale i problemi sonodiscussi e condivisi da una stampa libera; dallaltra un paesaggio di preoccupa-zione e dubbi sui problemi nanziari tedeschi e delleurozona, sulla direzionedellEuropa e sulla capacit dellattuale leadership (soprattutto del cancelliereAngela Merkel) di arontare ecacemente tali problemi.

    Se dicile riconciliare queste immagini contrastanti, dicile anchesceglierne una, poich entrambe sono una descrizione autentica della Germaniadoggi. Per capire la reale situazione tedesca e data la sua posizione interna-zionale quella dellUnione europea e dellEurozona, vediamo meglio quegliapparenti paradossi.

    Lisola felice

    Dallesterno sembrerebbe che la Germania attraversi un periodo di prospe-

    rit. Nel 2011 stato addirittura necessario ridurre limpressionante tasso dicrescita economica che rimasto elevato perno nel mezzo della crisi nan-ziaria e del debito europeo perch (come asserito dal ministro delle nanzeWolfgang Schuble) le aspettative erano cresciute troppo.

    La Cina continua a essere una fonte inesauribile di domanda per la tecnolo-gia tedesca; la Germania rappresenta pi del 40% delle esportazioni dellUnioneeuropea in Cina. Imprese come la Siemens o come il gruppo di software azien-dale Sap hanno fatto registrare indici di crescita a due cifre. Alcune aziendedella Germania meridionale cercano disperatamente personale qualicato.

    E in eetti la percentuale di disoccupati andata regolarmente diminuendo,

    Le istituzioni e le politiche europee

    http://www.foreignaffairs.com/articles/67899/steven-rattner/the-secrets-of-germanys-successhttp://www.foreignaffairs.com/articles/67899/steven-rattner/the-secrets-of-germanys-successhttp://www.ejc.net/media_landscape/article/germany/http://www.opendemocracy.net/geoff-andrews/italy-beyond-berlusconi-normal-solutionhttp://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Ulrike-Guerot-10457http://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Ulrike-Guerot-10457http://www.opendemocracy.net/geoff-andrews/italy-beyond-berlusconi-normal-solutionhttp://www.ejc.net/media_landscape/article/germany/http://www.foreignaffairs.com/articles/67899/steven-rattner/the-secrets-of-germanys-successhttp://www.foreignaffairs.com/articles/67899/steven-rattner/the-secrets-of-germanys-success
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    cancelliere nel land di Mecleburgo-Pomerania Anteriore il 4 settembre 2011,ultima di una serie di battute darresto, raorza almeno il secondo punto deldiscorso di Teufel.

    Il discorso sulle condizioni interne della Germania assume una dimensione euro-pea. Perch lalleanza di decenni con il Mittelstand (e la solida classe media cuioriva competenze e occupazione) era la base politica dei partiti della destra mode-rata tedesca (la Csu in Baviera, oltre alla Cdu); i partiti che hanno governato ilpaese per la maggior parte dei decenni seguiti al 1949, e che hanno sostenuto ildiscorso europeo in Germania, convincendo gli elettori che la Germania era alcentro dellintegrazione europea, e che da quel processo avrebbero tratto vantaggio.

    Quel discorso europeo sempre pi dicile da sostenere in un momentoin cui lUnione europea divisa e incerta sulla direzione strategica da prendere,e in cui (secondo listituto demoscopico Allensbach) i tedeschi al 70 per cento dichiarano che lEuropa non pi il loro futuro.

    In questa prospettiva, la storia del successo tedesco raccontata sopr