La Rotta d'Europa Vol 1 Economia

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  • 8/2/2019 La Rotta d'Europa Vol 1 Economia

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    La rotta dEuropa1.Leconomia

    a cura di Rossana Rossanda e Mario Pianta

    sbilibri 2 | www. sbilanciamoci.info/ebook | aprile 2012

    Sbilanciamoci/ il manifesto

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    La rotta dEuropa1.Leconomia

    a cura di Rossana Rossanda e Mario Pianta

    La crisi finanziaria e le alternative per lEuropa.

    Il dibattito di Sbilanciamoci! e il manifesto

    www.sbilanciamoci.info

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    5La rotta dEuropa. Leconomia

    Iice

    Volume 1.Lecoomia

    8 Preseaioe

    Le omae

    11 Le crisi sea UioeRossana Rossanda

    Lecoomia europea e la crisi

    17 I perch ella crisiMario Pianta

    23 LEuropa ella roika. Ierisa a Luciao Gallio

    27 Se goera la fiaa. Ierisa a Giorgio Lughii

    30 Leuro come scialuppa i salaaggio?Immanuel Wallerstein

    33 Olre leuroClaudio Gnesutta

    39 La poliica el pesiero uicoGuido Viale

    43 Se la poliica si ripreesse la moeaDaniela Palma, Paolo Leon,Roberto Romano, Sergio Ferrari

    47 Liea i Europa fra uopia, realismo e loa Sergio Cesaratto

    51 AllEuropa sere u ew eal i classeRiccardo Bellofiore

    57 U corao sociale per gli iigaos EuropaNicola Melloni

    64 Europa: leclisse ella ragioe e ella emocraiaSergio Bruno

    71 Crisi i Europa e Usa. Se ua mariaa ci isiasse...Grazia Ietto-Gillies74 La grae crisi, lUioe europea e la siisraFelice Roberto Pizzuti

    84 Se il paraiso fiscale lEuropaAndrea Baranes

    89 Lecoomia e i cerchi el poereSusan George

    La fiaa

    95 Graemee isabile. LEuropa ella fiaaVincenzo Comito

    100 Le isaeure ella Baca cerale europeaPitagora

    106 I eri creiori siamo oiAutori vari

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    Roma, aprile 2012

    4 La rotta dEuropa. Leconomia

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    IndiceIndice

    7

    110 Il irio al efaul come coropoere fiaiarioAndrea Fumagalli

    116 Fiaa, lulima occasioe per ualra EuropaAntonio Tricarico

    Riorare alle aioi?

    124 Luscia alleuro prossima euraAlberto Bagnai

    131 Gli europei e il proeioismo. Ierisa a Philippe MurerAnna Maria Merlo

    Lavoro, salari, disuguaglianze

    135 La crisi europea e la iamica ei salariAndrew Watt

    142 Grae Europa, grai isuguagliaeMaurizio Franzini

    147 Laoro, alla ricerca el uoo paraigmaFrancesco Garibaldo, Gianni Rinaldini

    Volume 2.La poliica

    8 LEuropa di spade e di denari Guglielmo Ragozzino

    Leioi i soria

    13 Da Versailles a Maastricht Annamaria Simonazzi

    17 Limpossibile ritorno al mondo di prima Roberto Schiattarella

    21 Ripartiamo dai princpi Francesco Ciafaloni

    Isiuioi e poliiche europee

    28 Quando lEuropa ha svoltato a destra Bengt-ke Lundvall

    34 Germania: unisola felice che sente lassedio Ulrike Gurot

    40 Europa, la politica che manca John Palmer

    46 Lo stato dellUnione, tra mercato e democrazia Claudio De Fiores

    50 LEuropa incompiuta e la governance sbagliata Isidoro Davide Mortellaro

    53 Solo un Leviatano pu salvarci Gianni Ferrara

    67 LEuropa del privato o del bene comune?Ugo Mattei

    73 Pareggio di bilancio, maneggiare con cura Paolo De Ioanna

    Ambiee e bei comui

    78 Avanti tutta, per lEuropa verde Sergio Andreis

    83 Per una comunit europea dei beni comuni Riccardo Petrella

    89 La crisi ambientale e la soluzione dei beni comuni Giovanna Ricoveri

    Poliica e socie

    93 Movimenti e democrazia. Le piazze dellUnione Donatella Della Porta

    97 Europa, la crisi dalle molte teste Mary Kaldor

    101 La difficile Europa della democrazia partecipata Laura Balbo

    Che cosa rispooo i poliici

    105 LUnione che serve. Intervista a Giuliano Amato Rossana Rossanda

    112 LEuropa salvi lEuropa Stefano Fassina

    118 Cambiare strada per unaltra Europa Roberto Musacchio

    122 LEuropa che c, e la politica per cambiarla Monica Frassoni

    126 Merkel-Sarkozy: un vertice contro lEuropa Alfonso Gianni

    131 Questa crisi unoccasione Fausto Bertinotti

    Che cosa si pu fare

    135 Le strategie di uscita dalla crisi delleuro Domenico Mario Nuti

    169 Finanza forte, politiche deboli. Una sintesi del dibattito Claudio Gnesutta

    188 Correzione di rotta. Economia e democrazia in Europa Mario Pianta

    197 LEuropa e noi, tra passato e futuro Rossana Rossanda

    207 La rotta dEuropa, una discussione a Firenze Rossana Rossanda

    Lappello europeo

    211 Unaltra strada per lEuropa

    213 Elenco autori

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    8 9La rotta dEuropa. Leconomia La rotta dEuropa. Leconomia

    Di questi temi si parlato al Forum La via duscita. LEuropa e lItalia,crisi economica e democrazia che Rete@sinistra, Sbilanciamoci,Il manifesto eLavoro e libert hanno organizzato il 9 dicembre 2011 a Firenze. Un incontroa cui hanno partecipato 800 persone (i video dei lavori si possono scaricare dalsito sbilanciamoci.info). Da Firenze nato lappello europeo Unaltra strada perlEuropa che trovate in chiusura di questi materiali e che promuove nel maggio2012 un incontro al Parlamento europeo di confronto tra le reti europee, gruppidi esperti, sinadacalisti e le forze politiche del Parlamento europeo sulle propo-ste di nuove politiche per uscire dalla crisi.

    La chiave di lettura proposta dal dibattito che come dichiara lappelloUnaltra strada per lEuropa lEuropa in crisi perch stata sequestratadal neoliberismo e dalla nanza. Negli ultimi ventanni il signicato dellEu-ropa con un persistente decit democratico si sempre pi ridotto a unavisione ristretta del mercato unico e della moneta unica, portando a liberaliz-zazioni e bolle speculative, perdita di diritti ed esplodere delle disuguaglianze.Le risposte della politica sono state i salvataggi delle banche, le misure di auste-rit, le riduzioni dei salari e dei diritti dei lavoratori, con un approccio liberistasempre pi ideologico. Queste politiche non risolvono la crisi, portano lEuropaverso una grande depressione, riducono gli spazi di democrazia. il momentodi cambiare rotta, per lEuropa e per lItalia.

    Preseaioe

    LEuropa ha perso la strada, e rischia di perdere se stessa. stata colpita dallacrisi nanziaria nata nel 2008 negli Stati Uniti e ha permesso che si trasfor-masse in una grave crisi del debito pubblico, che ha travolto Grecia, Portogallo,Spagna e Italia, mettendo in pericolo la solidit dellUnione e leuro. Nel 2012linsieme dellEuropa in recessione e le politiche di austerit stanno aggra-vando i problemi anzich risolverli. A Bruxelles, a Berlino e a Roma le politiche

    liberiste lasciano fare alla nanza, tagliano la spesa pubblica, peggiorano lecondizioni di vita, non progettano uno sviluppo diverso, avvicinano una nuovagrande depressione. Non una strada obbligata. Trovare una via duscita dallacrisi possibile, cambiare direzione alla politica europea e italiana necessario.

    Sono questi i temi arontati nel dibattito su La rotta dEuropa apertonellestate 2011 da Rossana Rossanda e animato da 50 interventi, apparsi susbilanciamoci.info, sul manifesto e, nella versione inglese, su opendemocracy.net,che sono ora raccolti in questi due sbilibri.

    Il primo volume de La rotta dEuropa si apre con le domande poste daRossana Rossanda, le prime risposte sui perch della crisi di Mario Pianta, leinterviste a Luciano Gallino e Giorgio Lunghini, le analisi sulleconomia euro-pea. La sezione sulla nanza aronta le radici della crisi e le possibilit dilimitare la speculazione. Due testi propongono poi di ritornare alle nazionicome reazione alla crisi, mentre le sezione nale dedicata a disuguaglianzee lavoro.

    Il secondo volume, aperto da Guglielmo Ragozzino, parte da qualche lezionedi storia sul passato dellEuropa, esamina le istituzioni europee e le politicheche le caratterizzano, pone i problemi dellambiente e dei beni comuni, analizzai movimenti sociali e passa in rassegna le risposte dei politici, con uninter-vista di Rossana Rossanda a Giuliano Amato e interventi tra gli altri diStefano Fassina, Monica Frassoni e Fausto Bertinotti. Lultima parte del volumetira le la della discussione e di che cosa si pu fare, con una ricostruzionedella traiettoria della crisi di Domenico Mario Nuti, una sintesi del dibattito diClaudio Gnesutta, la proposta di alternative di Mario Pianta e le conclusioni diRossana Rossanda.

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    Le domande

    11La rotta dEuropa. Leconomia

    Le crisi sea Uioe

    Rossana Rossanda

    Il progetto europeo davvero al collasso? LEuropa ancora in grado di orire

    una nuova prospettiva di sviluppo ai suoi cittadini? Con questo articolo di RossanaRossanda, Sbilanciamoci.info e il manifesto hanno aperto il dibattito sul progettodi costruzione dellEuropa

    Qualche anno fa Romano Prodi si felicitato di aver fatto lunit dellEuropa

    cominciando dalla moneta. Se avessimo cominciato dalla politica stato ilsuo argomento non ci saremmo arrivati mai data la storica rissosit dei singolistati. Mi domando se lo ripeterebbe oggi.

    vero che la moneta unica, leuro, c ed diventata la seconda monetainternazionale del mondo, ma lui medesimo, che aveva a lungo diretto laCommissione, Jacques Delors, che laveva preceduto nonch Felipe Gonzales,presidente allepoca del governo spagnolo ed altri minori responsabili di queglianni hanno scritto il 16 luglio 2011 su Le Monde un preoccupato testo sulsuo destino1. Quattro paesi dellUnione, Grecia, Portogallo, Spagna e Italia sonoindebitati no agli occhi e sono entrati in una zona di turbolenza pericolosa pertutto il continente. Soprattutto, i padri delleuro riconoscono che certe misureche si sarebbero dovute prendere a suo tempo, come un coordinamento dellepolitiche economiche, non sono state prese e si stanno elaborando oggi e neldolore. Di furia, perch siamo alle strette. Se ho capito bene, si tratta di alleg-gerire il debito greco con lemissione di eurobond che se ne assumono una partea lunga scadenza (e senza specularci sopra come hanno fatto le banche tedesche

    e francesi) e poi andare a un programma economico di tutti i paesi europei checessi di lasciare ciascuno a cavarsela da s. E non getti sui cittadini greci tutto ildolore e il peso del rientro del debito e della ricostruzione di una economia.Paghino una parte del conto i grossi investitori istituzionali, cio le bancheestere: hanno investito a rischio, e arontarne i costi sta nel loro mestiere.

    Parole prudenti, ma che non hanno convinto il vertice europeo del 21 luglio

    11

    LE dOMAndE

    (1) Jacques Delors, Felipe Gonzalez, Romano Prodi, Etienne Davignon, Antonio Vitorino, Gilles de Margerie,

    Stphane Boujnah, Yves Bertoncini, Une vision claire pour leuro an quil sorte renforc de cette crise, Le

    Monde, 16 luglio 2011.

    http://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Rossana-Rossanda-9041http://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Rossana-Rossanda-9041
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    Le domandeRossana Rossanda

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    a Bruxelles con la Germania che ha voluto prendere tempo. Un suo illustreeconomista sostiene, nello stesso numero di Le Monde, che bisogna invecemettere la Grecia temporaneamente fuori dalleuro a spicciarsela con le suedracme, una loro energica svalutazione e senza laiuto degli eurobond. la linealiberista. Che si incrocia, in tuttaltra prospettiva, con quella di Amartya Sen, dialcuni economisti e sociologi francesi come Jacques Sapir e Emmanuel Todd e dipolitici di sinistra come Mlenchon e una parte dellamletico Partito socialista, edellestrema destra di Marine Le Pen via dalleuro e per sempre.

    Non so non trovando traccia delle procedure di abbandono delleuro nellevarie bozze di trattati se sia fattibile n ho capito in che cosa migliorerebbe le

    condizioni della Grecia un ripescaggio della dracma; la poderosa svalutazione siaccompagnerebbe, certo, a una maggiore possibilit di esportare i suoi prodotti(ammesso che ne abbia di appetibili oltre il turismo) ma anche a un aumento, diproporzioni pari, del debito con le banche tedesche. O sbaglio?

    Sta di fatto che il giudizio sulla moneta europea una cacofonia. Non a casolappello di cui sopra chiama prima di tutto ad avere una visione chiara e condi-visa dello stato dellEuropa. Sarebbe stato utile arrivarci prima e non con il coltelloalla gola. Oltre alla Grecia infatti, Portogallo, Spagna e Italia hanno accumulato unindebitamento pubblico mostruoso e vacillano sotto locchio spietato e non disin-teressato delle agenzie di rating. Per il patto di stabilit non si dovrebbe superareil 60 per cento del Pil mentre noi, per esempio, siamo al 120. Ma la nostra econo-mia appare in stato ben migliore di quella greca e, cosa che conta, il nostro debito soprattutto allinterno, non ci sono banche tedesche che ci ringhiano addosso.

    Per cui anche se Moody ci abbassa la pagella, la Commissione si limita aordinarci cure da cavallo, tipo la manovra votata a velocit supersonica a inizioluglio 2011, per rientrare. La cui losoa uguale per tutti: tagli alla spesapubblica (scuole ospedali e amministrazioni locali in testa), vendita di tutto ilvendibile (perch la Grecia non cederebbe il Partenone a Las Vegas?), privatiz-zare il privatizzabile, cancellazione dello stesso concetto di bene pubblico.Il governo greco andato gi a un taglio del 10 per cento dei salari e dellepensioni, e la collera e le manifestazioni della gente vengono dalla disperazione.E gi per leuro un sisma.

    Forse non inutile ricordare che fra pochi giorni, il 2 agosto, gli Stati uniti sitroveranno, mutatis i molti mutandis, nella situazione greca di non poter pagarei salari n onorare le proprie fatture, perch il debito pubblico ha superato il

    tetto imposto dalla legge. Senonch a innalzare quel tetto basta un accordo fra idemocratici e i repubblicani, che nora lo hanno negato. Nessuno stato europeopu invece spostare da solo il patto di stabilit. Pi che consolarsi sulle vagheanalogie sar meglio chiedersi se questi indebitamenti dellex ricco occidentenon abbiano qualche radice comune.

    Mi rivolgo a chi ne sa pi di me, cio agli amici economisti e ai padri e aipadrini (di battesimo, in senso cattolico) della Ue, nella speranza che rispon-dano ad alcune altre domande che a una cittadina di media cultura si presentanoormai impietosamente. Non c stato qualche errore nella costituzione della Ue?E come si ripara?

    La prima domanda come mai i padri delleuro si erano convinti che ununi -cazione della moneta sarebbe stata di per s unicatrice di unarea vasta di paesidalla struttura economica cos diversa per qualit e robustezza. Tanto convinti danon avere previsto misure di recupero per chi non riuscisse a stare nel patto distabilit. Non forse che consideravano impensabile che la mano invisibile delmercato non riuscisse ad allineare a medio termine le economie di questi paesi?Per cui bastava adarsi a una politica monetaria e attentamente deazionista linea che la Bce ha fedelmente seguito per garantirne il successo? Leuro e laUe sono nati in quella fede nel liberismo, che von Hayek aveva ripreso, proprioprima della guerra, contro la politica rooseveltiana seguita al 1929 e le propostedi Beveridge e di Keynes di trarre da quella crisi la consapevolezza del pericoloche rappresenta una frattura economica e sociale profonda, trovarsi di fronte unadestra populista come quella che negli anni 30 si svilupp, oltre il fascismo, nelTerzo Reich di Hitler, nella Grecia di Metaxas e nella Spagna di Franco? Non eranecessario evitarla andando a un vero compromesso fra le parti sociali, costrin-gendo i governi a (mi sia premesso il gioco di parole) costringere il capitale acedere una parte meno iniqua del protto agli operai, in modo da: a) garantirsiuna certa pace sociale (cera ancora di fronte lUrss che aveva fatto arretrare itedeschi a Stalingrado); b) garantire un potere dacquisto di massa per una produ-zione di massa (fordista)? Le costituzioni e le politiche dei governi europei delsecondo dopoguerra andarono, pi o meno, tutte in questa direzione.

    Dalla quale la Ue svoltava decisamente. Tre anni prima era caduto il Murodi Berlino, e i partiti di sinistra e i sindacati avrebbero seguito, pi o menoconvinti, la strada. I conti della scelta liberista ci sono oggi davanti agli occhi.

    Al di l degli eettivi successi in campo giuridico in tema di diritti umani,

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    Le domandeRossana Rossanda

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    non forse vero che, malgrado le enfatiche dichiarazioni, i vari trattati, quellodi Nizza incluso, registrano un arretramento dei diritti sociali rispetto ai decennidel dopoguerra? Probabilmente si riteneva che costassero troppo: nessuno stato eloquente su questo punto come il New Labour di Tony Blair. Sta di fattoche, dichiarando nobilmente la piena libert di circolazione delle persone, delleimprese e dei capitali, messi sullo stesso piano, la Ue dava libero corso allananza, alle delocalizzazioni e assestava ai lavoratori una botta epocale.

    Cittadini, imprese e capitali non sono infatti oggetti della stessa natura, e nonhanno la tessa libert di movimento. Altra cosa spostarsi in Lituania per il sala-riato di una impresa lombarda ed altra per la sua impresa in cerca di dipendenti da

    pagare di meno. E ancora altra lo spostarsi virtuale di un quotato in Borsa da Milanoa Tokyo. Ma non stiamo a fare losoa. Con la Ue cessava infatti ogni controllosul movimento dei capitali in entrata e in uscita, non solo da parte di ogni singolostato ma del continente; e siccome in Europa i lavoratori avevano raggiunto collet-tivamente un salario pi alto e una normativa migliore che nel resto del mondo, icapitali scoprivano presto che potevano ottenere dalle operazioni nanziarie unprotto assai pi ingente di quello che si poteva ottenere dagli investimenti nellaproduzione, materiale o immateriale che fosse. La nanza ha preso un ritmo dicrescita senza precedenti, le sue gure si sono moltiplicate inanellandosi su se stesseno a perdere ogni base eettiva, abbiamo scoperto parole suggestive, come i fondisovrani, i trader, gli asset, i futures, e capito meglio a che e a chi servisse un paradisoscale. Era insomma una via libera a manipolazioni non illegali ma mai conosciuteprima, tali da formare la grandiosa bolla nanziaria scoppiata nel 2008. Nella qualegli stati sono dovuti intervenire con i soldi pubblici per evitare il crollo delle banche(una, la Lehman Brothers, colata a picco) e dei relativi e ignari depositari. Coloroche erano stati consigliati di comperare una casa dallallegria nanziaria dellebanche stesse si sono trovati per strada. Un trader pi esperto dei suoi superiori hafatto perdere cinquecento milioni di euro alla antica Socite Gnrale, per amoredella mirabolante professione, senza mettersi in tasca un quattrino. Alcuni imbro-glioni hanno fatto miliardi, uno di loro, Mado, s fatto pescare. Il G20, riunito infretta, ha innalzato lamenti, denunciato la nanza, inneggiato allintervento delloStato, denigrato no un mese prima, deprecato lesistenza dei paradisi scali e sisono n giurati di ridare moralit al capitale. Ma tutto tornato come prima,neppure lobiettivo pi semplice, chiudere con i paradisi scali, stato realizzato.Linvestimento nella nanza resta golosissimo.

    Sulla stessa linea, i capitali che restavano nella produzione scoprivano cheavrebbero realizzato ben altri protti se avessero spostato le loro imprese fuoridallEuropa occidentale, dove imperversano ancora, sebbene assai allentati, ilacci e lacciuoli e la rigidit del lavoro. Cos succede, per orire qualcheesempio, che un gruppetto bresciano si sia acquistato in Francia una vecchia egloriosa marca di piccoli elettrodomestici per portarla in Tunisia (prima dellarivolta). Che un miliardario indiano si sia acquistato le residue acciaierie dEu-ropa per chiuderle, restando solo sul mercato con lazienda paterna. I governinon si permettono pi di intervenire sulle parti sociali, correndo dietro ai capi-tali e mettendogli il sale sulla coda con agevolazioni e detassazioni. Chi non sa

    che una impresa paga meno tasse di quanto debba pagare un salariato? Se poi una multinazionale del petrolio, come la Total, che insediata in diversi paesi,pu succedere che in Francia non paghi nulla.

    Inne, il capitale ha avuto pi intelligenza delle sinistre nel puntare sul trasfe-rimento del lavoro in tecnologia. Poteva essere un enorme risparmio di fatica e unenorme aumento della produttivit della manodopera, ma solo servito a ridurla.Pu sorprendere che in tutta Europa i disoccupati siano oggi 23 milioni? Che 15milioni abbiano lavori temporanei, a tempo pieno o parziale? Che altri 15 milionisiano troppo scoraggiati per cercare lavoro, pur volendo lavorare?2

    I governi pensano poi a demolire, per facilitare le imprese, le difese restantidel salario e della normativa nel lavoro dipendente. Linvenzione del precariato stata geniale. Certo resta ancora da fare per raggiungere linesistenza di diritti econtratti collettivi dellEgitto e della Cina, ma si direbbe che lobiettivo sia quello.

    Come si faccia a tener alte le entrate e modicare la crescita e in direzionecompatibile con un impoverimento diretto e indiretto, attraverso i tagli nelwelfare della grande maggioranza delle nostre societ per me un mistero.Come si possa stupirsi che gli operai, occupati o disoccupati, dalle politiche deipartiti di sinistra e dei sindacati, non amino questa Europa? E crescano dovun-que in voti le destre?

    Vorrei essere smentita. E che mi si dimostrasse che lEuropa non centra, chenon pu, e non solo non ha voluto, far altro.

    19 luglio 2011

    English version in opendemocracy:

    www.opendemocracy.net/rossana-rossanda/road-to-europe-questions-on-union

    (2) Eurostat, European Union Labour Force Survey, Annual results 2010,Statistics in focus, 30/2011.

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    LECOnOMIA EUROPEA E LA CRISI

    Leconomia europea e la crisi

    17La rotta dEuropa. Leconomia

    I perch ella crisi

    Mario Pianta

    Il progetto europeo immaginava ununione economica, monetaria, socialee politica. Limpasse di oggi il risultato del potere lasciato alla nanza

    e dellorizzonte liberista dellintegrazione europea

    La mitologia ci racconta di una giovinetta, Europa. Zeus la vede, si trasforma in

    toro, la fa salire sul dorso, la porta oltre il mare a Creta, la possiede. Ai giorninostri il toro il simbolo dei mercati nanziari, e il ratto e la violenza dEuropasono unecace metafora di quanto sta accadendo. La nostra Europa non unagiovinetta, leconomia pi grande del mondo, con 27 paesi nellUnione e 17nellarea delleuro, una complessa costruzione politica, una potenza mondiale.Come potuto succedere che il toro della nanza la trascini sulle onde dellaspeculazione, la pieghi alla sua volont, la getti nella depressione?

    Le domande che pone Rossana Rossanda aprendo la discussione del mani-festo e sbilanciamoci.info sulla rotta dEuropa interrogano la crisi europea, ilcollasso di un progetto nato per raorzare le economie del continente, allargarnelautonomia politica, difenderne il modello sociale. Vediamo alcuni meccanismiche in ventanni hanno portato la costruzione europea allimpasse di oggi.

    Lintegrazione europea

    Il 7 febbraio 1992 i governi europei hanno rmato a Maastricht il TrattatosullUnione europea che apriva la strada allUnione economica e monetaria ealla creazione delleuro. Era appena stato introdotto il mercato unico unin-tegrazione commerciale pi stretta del passato e liberalizzati del tutto, perla prima volta, i movimenti di capitale. Era nita la guerra fredda, caduti iregimi dellest europeo, riunicata la Germania. Neoliberismo e nanza eranodiventate le stelle polari dellintegrazione europea. Lorizzonte era quello di fararretrare il lavoro e aumentare protti e rendite nanziarie. Il progetto euro -peo puntava sulle capacit del mercato di trainare la crescita attraverso piecienza e investimenti favoriti da capitali mobili. La condizione necessariaera abbassare inazione e tassi dinteresse, stabilizzare i cambi, ridurre de-

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    Leconomia europea e la crisi

    cit produttive e di export, tecnologie, specializzazioni, potere di mercato dellegrandi imprese, produttivit, occupazione, salari. Si diceva che mercati apertied ecienti avrebbero portato crescita e occupazione per tutti allo stesso modo.Cos la politica dellEuropa per leconomia reale si ridotta a imporre, dopo illibero mercato dei capitali, analoghe liberalizzazioni sui mercati dei prodotti che spesso hanno distrutto i piccoli produttori nazionali dei paesi della peri-feria e sul mercato del lavoro, con politiche antisindacali, di essibilit emisure che hanno generalizzato la precariet e abbassato i salari. stata cancel-lata lidea che siano necessarie (o anche solo possibili) politiche industriali cheguidino il cambiamento di che cosa e come si produce, un cambiamento reso

    pi importante dallarrivo delle tecnologie dellinformazione e comunicazione edallevidente insostenibilit ambientale del nostro sviluppo.

    In un contesto di bassa crescita, lintegrazione dei mercati e della monetaha reso pi forti le economie gi forti. Le esportazioni tedesche, sostenute datecnologia e produttivit, hanno invaso il resto dellEuropa. Il risultato statauna concentrazione del potere economico e politico, generando una dinamicacentro-periferia: Germania, Francia (a fatica) e Nord Europa nel centro. SudEuropa Italia compresa , Irlanda ed Est nella periferia. Gran Bretagna pifuori (vicina al modello di nanziarizzazione Usa) che dentro lEuropa.

    Le strade della periferia

    Allavvio dellUnione monetaria, i paesi della periferia hanno cercato diarrangiarsi prendendo direzioni diverse. Grecia e Portogallo hanno usato laspesa pubblica nanziata dal debito approttando dei bassi tassi dinteresseiniziali consentiti dalleuro e aggirando il Patto di stabilit per distribuireoccupazione e salari; la perdita di capacit produttive ha peggiorato i conti conlestero e il debito pubblico stato nanziato sempre pi da banche estere, cheora temono linsolvenza e hanno scatenato la crisi.

    LIrlanda, un vero paradiso scale per le imprese mondiali, cresciuta inmodo accelerato per lausso di capitali esteri sempre pi destinati ad alimen-tare speculazioni nanziarie e bolla immobiliare; la crisi del 2008 ha azzeratoquesto modello e lasciato disoccupazione di massa e povert diusa.

    La Spagna ha avuto una crescita legata agli ultimi sussulti della modernizza-zione (in Catalogna in particolare), a unespansione della spesa pubblica e alla bollaimmobiliare, con forti aussi di capitali esteri e ora esposta sul fronte nanziario.

    Mario Pianta

    18 La rotta dEuropa. Leconomia

    cit e debito pubblico, in modo da avvicinare tra loro in termini nanziari le economie interessate allUnione monetaria. In altre parole, i governi euro-pei rinunciavano agli strumenti keynesiani che avevano sorretto la crescitadel dopoguerra (spesa pubblica e svalutazione del cambio) e condavano nellepotenzialit della domanda privata per investimenti ed esportazioni in uneco-nomia in via di globalizzazione.

    Quel progetto inciamp subito nella trappola della nanza. Sei mesi dopo larma del Trattato scoppi una crisi che port alluscita dal sistema monetarioeuropeo di lira (svalutata del 30%), sterlina e peseta. LItalia di ne prima repub -blica, con il governo di Giuliano Amato, prese misure draconiane prelievo sui

    depositi bancari, privatizzazioni, tagli alla spesa per mettere i conti in ordine,ridurre linazione, fermare la speculazione. Da quella crisi inizia la fase pievidente del declino economico italiano. E in Europa nasce unUnione monetariasubalterna alla nanza.

    A ventanni di distanza si pu vedere con chiarezza quello che successo: lEu-ropa non ha trovato una fonte alternativa di domanda (le esportazioni verso Usae Asia hanno funzionato solo per la Germania e pochi altri), gli investimenti sonocresciuti poco e sono andati soprattutto verso gli alti rendimenti della nanza, iconsumi sono rimasti fermi per i salari bassi e la disuguaglianza crescente, la spesapubblica stata bloccata dai vincoli del Patto di stabilit. vero che i paesi delleurorestano lontani dallipernanziarizzazione di Usa e Gran Bretagna, vero che laf-fermazione delleuro come moneta mondiale la prima moneta che dietro di snon ha oro e riserve stata un successo, vero che lUnione la pi grande areaeconomica del mondo. Ma il nuovo spazio per la politica europea non stato utiliz-zato perch mancata laltra met delle politiche, quelle scali, sia sul fronte delleentrate (niente armonizzazione delle tasse, restano ancora paradisi scali dentro laUe), sia sul fronte delle spese: niente spesa pubblica a scala europea che compensii tagli a scala nazionale. Il risultato che la crescita non c stata, ma c stato ilpassaggio di almeno dieci punti percentuali del Pil europeo dai salari a protti erendite nanziarie. LEuropa rimasta subalterna al modello americano di capitali-smo nanziario e ha perduto occupazione, diritti sociali e welfare state.

    Centro e periferia

    Allinterno dellEuropa, quel modello di integrazione neoliberista non hafatto i conti con leconomia reale e le forti dierenze tra paesi in termini di capa-

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    Leconomia europea e la crisiMario Pianta

    trovano daccordo tutti i governi. Le misure di austerit imposte ai paesi in crisi Atene, Dublino, Lisbona e ora Roma possono accontentare nellimmediatola nanza tutelando i creditori, aumentando i rendimenti nanziari, costrin -gendo a privatizzare beni e imprese pubbliche. Ma rendono impossibile luscitadalla crisi: drastici tagli a spesa e consumi aggravano la recessione, gli investi-menti si fermano, le entrate dei governi crollano, il servizio del debito esterodiventa impossibile.

    Linsolvenza concordata o meno diventa pi probabile; in questo casole banche esposte potrebbero rischiare il fallimento (con un avvitamento dellacrisi nanziaria), i capitali internazionali smetterebbero di nanziare i paesi

    a rischio, leuro ne sarebbe travolto. Per i paesi in crisi, lesperienza argentinamostra che linsolvenza ore un po di ossigeno non si devono pi usare letasse per pagare il debito alle banche straniere , leconomia si pu riprendere,ma senza la possibilit di svalutare la moneta, Grecia, Portogallo e Italia nonpossono puntare sulle esportazioni. Le ipotesi di uscita dalleuro sono poi deltutto fantasiose; non ci sono procedure previste e il costo sarebbe insostenibile:il debito estero resterebbe denominato in euro e si rivaluterebbe dello stessoimporto della svalutazione.

    I paesi in crisi sono senza via duscita, ma lo stesso vale per linsieme dellEu-ropa. Una recessione provocata dallausterit che investe un terzo delleconomiaeuropea trascinerebbe tutto il continente in una lunga depressione (dove espor-terebbero a questo punto i tedeschi?).

    Di fronte a questa emergenza si pone grandissima la questione dellademocrazia. Per quanto tempo possibile negare, insieme alle prospettive dicrescita, anche la pratica della democrazia ai paesi della periferia europea? Unapolitica dausterit senza futuro, imposta da Bruxelles ai partiti di ogni colore una ricetta per trasformare le ondate di populismo anti-europeo in un violentorigetto della politica e dellEuropa. Le somiglianze con gli anni 30 sono davverotroppe.

    La crisi di luglio ha fatto sciogliere lillusione che unUnione europea fondatasu neoliberismo e nanza potesse funzionare. Le regole ora devono cambiare,stanno gi cambiando in ogni caso: loccasione per far mutare rotta alla costru-zione dellEuropa.

    Le direzioni da seguire sono innanzi tutto il ridimensionamento della nanza:non possibile assicurare agli investimenti nanziari rendimenti reali del 5-10%

    LItalia della seconda repubblica ha visto aermarsi con i governi Berlu-sconi uneconomia del privilegio fatta di declino industriale e qualche nicchiadi export, saccheggio del settore pubblico e dei beni comuni, evasione scalee condoni, consumi opulenti dei ricchi e precarizzazione del lavoro. I governidi centro-sinistra hanno tentato qualche correzione, ma non hanno messo indiscussione lagenda neoliberista: privatizzazioni (acqua compresa) e rigorenei conti pubblici, tassazione agevolata della nanza, nessuna politica indu-striale e nessun freno alle disuguaglianze. Il risultato stato un decennio diristagno economico oggi in termini reali il Pil italiano al livello del 2001 che nasconde un forte spostamento di reddito, ricchezza e prospettive di vita

    dal 90% degli italiani lavoratori dipendenti, giovani, Mezzogiorno al 10%di italiani pi ricchi. Senza crescita, anche se la spesa pubblica stata tenutastretta, era inevitabile che il rapporto debito-Pil del paese tornasse al 125%non appena arrivata la recessione post-2008. In Italia, tuttavia, circa metdel debito pubblico nanziato dai risparmi interni e rappresenta quindi unaricchezza privata nazionale; questo limita un po il potere di ricatto che hannoi capitali esteri, ma lattacco speculativo di inizio luglio ha portato comunquele nuove enmissioni di titoli italiani a dierenziali record dei tassi dinteresserispetto a quelli tedeschi. In generale il livello di nanziarizzazione dellItalia rimasto limitato, Borsa e fondi pensione hanno un ruolo modesto, e questo haridotto gli eetti negativi della crisi del 2008 sullItalia.

    Con le diverse specicit nazionali, la crisi della periferia europea si puleggere come un rimbalzo perverso del crollo nanziario del 2008, con la specu-lazione che attacca (come sempre) le economie pi fragili. stata resa pigrave dal ritardo della reazione europea, che avrebbe dovuto mettere subito nel maggio del 2010 il debito pubblico dei paesi membri al riparo dietro lapotenza economica dellUnione monetaria, sottraendolo alla speculazione.

    Le disavventure dellUnione monetaria

    LUnione monetaria europea si inlata in un impasse da cui non sa uscire.Non aveva previsto le possibilit di crisi e ha dovuto mettere frettolosamentein piedi i fondi dintervento, coinvolgendo senza motivo anche il Fondo mone-tario. Non trova laccordo dei governi, divisi tra paesi forti e deboli, tra tuteladelle banche creditrici e tutela delleuro. Si trova con una Banca centrale euro-pea la cui rigida autonomia rende impossibili gli interventi anche quando si

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    Leconomia europea e la crisiMario Pianta

    LEuropa ella roika. Ierisa a Luciao Gallio

    Redazione

    Commissione europea, Banca centrale e Fondo monetario concentranoi poteri di decisione sulleconomia e la politica, alimentano la recessione,espropriano la democrazia. Si deve ripartire dal modello sociale europeo

    Quali sono stati i punti deboli della formazione della Ue?

    La Ue nata con due gravi difetti strutturali, insiti nello statuto e relativefunzioni della Commissione europea e della Bce. La Ce opera di fatto come il

    direttorio della Ue, ma non stata eletta da nessuno, le sue posizioni dieri-scono sovente da quelle del Parlamento europeo, organismo eletto, e appare in

    troppi casi funzionare come la cinghia di trasmissione dei dettami iperliberisti

    dellOcse e dellFmi.

    Da parte sua la Bce una banca centrale di nome, che per opera soloparzialmente come tale. I paesi entrati nelleuro hanno rinunciato al potere pi

    importante che uno stato possa detenere: quello di creare denaro. Oggi solo

    la Bce pu farlo. Ma lo fa male e in modo indiretto, ad esempio concedendoper anni imponenti ussi di credito alle banche che poi creano denaro priva -

    tamente con i prestiti che concedono a famiglie e imprese. Il maggior limite

    della Bce deriva dal suo statuto, che le impone come massimo scopo quello dicombattere linazione, laddove una banca centrale dovrebbe avere tra i suoi

    scopi anche la promozione dello sviluppo e delloccupazione. Va notato ancora

    che la sua indipendenza dai governi maschera in realt la sua dipendenza dalsistema nanziario e la sua mancanza di responsabilit sociale in nome di unottuso monetarismo. Democratizzare la Ce e la Ue sarebbero compiti impellenti

    per i governi europei, se non fosse che per governi di destra, come di fatto son

    diventati quasi tutti, in fondo una governance non democratica e socialmenteirresponsabile della Ue non poi un gran male.

    La centralit della moneta unica, come esclusivo campo dunit europea, quali

    vuoti ha prodotto nello sviluppo economico degli stati membri?

    Gli stati della zona euro hanno ceduto il potere di creare denaro, comera

    che leconomia reale non pu dare. Servono una regolamentazione pi stretta, latassa sulle transazioni nanziarie e unagenzia di ratingpubblica europea (altreproposte sono nel libroDopo la crisi. Proposte per uneconomia sostenibile, EdizionidellAsino, scaricabile da www.sbilanciamoci.info).

    necessaria la revisione del Patto di stabilit, che ora funziona solo comefreno, e che devessere aancato da un acceleratore che sostenga la domanda eporti a uno sviluppo sostenibile, attraverso una spesa europea nanziata da euro-bond, o la possibilit di spese pubbliche nazionali fuori dai vincoli se dirette, adesempio, alla riconvensione ecologica delleconomia. I conti pubblici vero vanno rimessi un po in ordine, ma le risorse vanno prese con imposte sui

    patrimoni, sulle rendite, sulle successioni da quel 10% pi ricco di europei chein questo decennio ha messo le mani su tutto laumento di ricchezza. alleco-nomia reale, a produzioni sostenibili e a lavori di qualit che devono essere oradestinate le politiche e le risorse dellEuropa. Tutto questo va discusso e deciso,nelle citt come a Bruxelles, con un dibattito democratico che lEuropa non hamai avuto. Meno disuguaglianze, pi lavoro, sostenibilit e democrazia potreb-bero essere le stelle polari per una rotta dEuropa che meriti di essere percorsa.

    19 luglio 2011

    English version in Opendemocracy:

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    http://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Redazione-5158http://www.sbilanciamoci.info/www.sbilanciamoci.info/Dopo-la-crisi/Dopo-la-crisi-4792http://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.sbilanciamoci.info/www.sbilanciamoci.info/Dopo-la-crisi/Dopo-la-crisi-4792http://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Redazione-5158
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    necessario per creare una grande realt politica ed economica quale la Ue,ritrovandosi poi senza una banca centrale che presti loro, in caso di reale neces-sit, il denaro occorrente. La Bce dovrebbe operare come un prestatore di ultimaistanza cos sostengono vari economisti non diversamente da quanto avvienecon altre banche centrali quali la Fed o la Bank of England. Tuttavia il suostatuto per ora le impedisce di assumere in modo diretto un simile fondamen-tale ruolo e potere. Ci ha inuito negativamente in tutta la Ue sulla possibilitdi condurre politiche economiche e sociali adeguate alla situazione dellecono-mia europea e mondiale. Le economie pi forti, quali la Germania e la Francia,ne sono uscite meglio non da ultimo perch i banchieri tedeschi e francesi

    che siedono nel consiglio della Bce han fatto tutto il possibile per evitare troppidanni alle banche dei loro paesi.

    Cos mancato di pi, nel processo unitario, dal punto di vista sociale?Se c un elemento che pi di ogni altro potrebbe e dovrebbe fondare lunit

    della Ue il suo modello sociale, cio linsieme dei sistemi pubblici intesi aproteggere individui, famiglie, comunit dai rischi connessi a incidenti, malat-tia, disoccupazione, vecchiaia, povert. Sebbene il modello sociale europeopresenti notevoli dierenze da un paese allaltro, nessun altro grande paese ogruppo di paesi al mondo ore ai suoi cittadini un livello paragonabile di prote-zione sociale la pi signicativa invenzione civile del XX secolo. Ne segue chei governi Ue che attaccano lo stato sociale sotto la sferza liberista della troika Ce,Bce e Fmi, nonch del sistema nanziario internazionale, minano le basi stessedellunit europea, oltre a fabbricare recessione per il prossimo decennio e pian-tare il seme di possibili svolte politiche di estrema destra.

    Alla luce della crisi attuale, perch lUe appare impotente?Anzitutto perch non ha ancora alcuna istituzione che svolga qualcosa di

    simile alle funzioni di un governo centrale democraticamente eletto e ricono-sciuto dalla maggioranza dei suoi cittadini. Di conseguenza ciascun paese pensaper s. A ci contribuisce pure lo strapotere del sistema nanziario internazio -nale, in assenza di qualsiasi riforma che sappia arginarlo. Inoltre, se si guardaai singoli paesi, i partiti al potere hanno un orizzonte decisionale di pochi mesi,ovvero pensano soprattutto alle prossime elezioni, mentre dovrebbero ragio-nare su un arco di pi anni. Peraltro limpotenza deriva anche da una diagnosisbagliata quando non sia volutamente artefatta delle cause della crisi di

    bilancio. Questultima viene concepita come se derivasse da un eccesso di uscitegenerato dai costi dello stato sociale, laddove si tratta in complesso di un calodelle entrate che dura da oltre un decennio. Esso stato causato da diversifattori: i salvataggi delle banche, che solo nel Regno unito e in Germania sonocostati un paio di trilioni di euro; le politiche di riduzione dellonere scaleconcesse ai ricchi, che hanno sottratto centinaia di miliardi ai bilanci pubblici(in Francia, ad esempio, tra i 100 e i 120 miliardi nel decennio 2000-2009);inne il fatto che grazie alle delocalizzazioni le corporation pagano le impo-ste allestero, dove tra laltro sono minime, e non nel paese dorigine. Ancora inFrancia, per dire, si molto discusso del caso Total, il gigante petrolifero che nel

    2010 ha conseguito 12 miliardi di utili, ma in patria del tutto legalmente nonha pagato un euro di imposte (salvo qualche milioncino che vale come inden-nizzo ai comuni dove opera ancora qualche suo impianto). Ora se un governo ossessionato dallidea che il decit sia dovuto unicamente a un eccesso di spesasociale punta a tagliare questultima, cercando per al tempo stesso di evitarericadute negative in termini elettorali, e per la medesima ragione si riuta diaccrescere le entrate alzando le imposte ai benestanti, o alle imprese delocaliz-zate. ovvio che non fa dierenza se quel governo sa benissimo che la diagnosi errata, ma la abbraccia per soddisfare le forze economiche cui ritiene di doverrispondere. In ambedue i casi il risultato sono manovre che picchiano soltantosui pi deboli, mentre le radici reali della crisi non sono nemmeno intaccate.

    I vincoli di bilancio quali conseguenze hanno sulleconomia reale?Le pi visibili sono laumento della disoccupazione e del lavoro preca-

    rio. I licenziamenti in tanti paesi di centinaia di migliaia di dipendenti dellaPA, insegnanti compresi, i tagli alle spese dei ministeri ed ai servizi resi dai

    comuni, a partire dai trasporti pubblici, laumento delle imposte indirettecome lIva, comportano nellinsieme una riduzione dei consumi e con essa unaminor domanda di beni e servizi alle imprese. Queste reagiscono licenziando oassumendo quando capita solo con contratti a termine, il che genera altra disoc-cupazione, in un minaccioso avvitarsi dei processi economici verso il basso.

    Ha senso, come alcuni fanno, auspicare il default o il ritorno alle monete nazionali?Sarebbe una pura follia. In primo luogo il ritorno a diciassette monete diverse

    solleverebbe dicolt tecniche assai complicate da superare, poich linte-grazione economica, nanziaria e legislativa tra i rispettivi paesi ha fatto nel

    Leconomia europea e la crisiIntervista a Luciano Gallino

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    decennio e passa delleuro molti passi avanti. Inoltre parecchi paesi avrebbero ache fare con tassi di scambio catastroci. Tra di essi vi sarebbe sicuramente lIta-lia. Il giorno dopo un eventuale ritorno alla lira ci ritroveremmo con il francoa 500 lire (era a 300 quando venne introdotto leuro), il marco a 2.000 (era a1.000) e la sterlina a oltre 3.000. A qualche imprenditore simili tassi possono fargola, poich favoriscono le vendite allestero; ma essendo quella italiana uneco-nomia di trasformazione, che allestero deve comprare tutto, dal gas ai rottamidi ferro, il costo degli acquisti dallestero le iniggerebbe un colpo insostenibile.

    Gli stati, i governi hanno ancora qualche margine di manovra e qualche peso sulledecisioni di fondo o tutto nelle mani di Fmi, Bce o Commissione di Bruxelles?

    La troika in questione ha di fatto espropriato i paesi Ue della loro sovranit con leccezione della Germania per la sua capacit produttiva e del Regno unitoperch ha conservato una moneta sovrana. Senza le riforme strutturali della Ue,implicite in ci che dicevo allinizio, essa continuer a dettar legge.

    Che giudizio d sulla manovra italiana? E sullatteggiamento un po rassegnato sul merito delle opposizioni parlamentari?La manovra italiana una fotocopia sbiadita delle solite ricette che la troika

    di cui sopra trasmette regolarmente ai paesi in dicolt. Di certo essa accre -scer la disoccupazione, impoverir ulteriormente il paese, ponendo cos le basiper dieci anni di recessione teniamo conto che il nostro Pil ancora parecchipunti al disotto del livello raggiungo nel 2007 e per giunta non servir in alcunmodo a ridurre il debito pubblico. Su questo fronte lopposizione dicilmentepoteva opporsi allultimo momento, poich quando la nave sta aondando unocerca di salvare il salvabile, piuttosto che continuare a insistere sui difetti diprogettazione della nave. Peraltro le opposizioni hanno avuto anni per chiamare

    i cittadini a discutere su tali difetti, quelli della povera scialuppa del governo maanche quelli della nave Ue, e provare a disegnare insieme con loro un progettodiverso. Non mi pare che nora le loro proposte abbiano lasciato traccia di s,nella memoria dei cittadini o nei documenti.

    26 settembre 2011

    Se goera la fiaa. Ierisa a Giorgio Lughii

    Redazione

    Senza Unione politica in Europa, al governo ci troviamo la nanza.

    Le sue forme patologiche producono crisi e danneggiano tutti. Servirebbeuna redistribuzione, la ne delle rendite e nuova domanda pubblica.

    Invece ci troviamo con il solito errore della politica dei due tempi

    Che cos che ti colpisce di pi della crisi attuale dellEuropa? Limmutabilit delparadigma liberista? Lintoccabilit della nanza? Lincapacit politica?Colpiscono tutte e tre le cose, che per vanno ridenite. davvero liberista

    la politica economica europea, una politica economica in verit imposta da unsolo paese, la Germania? In che senso la nanza intoccabile, se non nel sensoche essa nanza al governo e che dunque la politica impotente? La nanza al governo perch lUnione europea, non essendo una unione politica, indi-fesa nei confronti di quello che Chomski, riprendendo Eichengreen, chiama ilsenato virtuale.

    Questo senato virtuale costituito da prestatori di fondi e da investitoriinternazionali che continuamente sottopongono a giudizio, anche per mezzodelle agenzie di rating, le politiche dei governi nazionali; e che se giudicanoirrazionali tali politiche perch contrarie ai loro interessi votano controdi esse con fughe di capitali, attacchi speculativi o altre misure a danno di queipaesi (e in particolare delle varie forme di stato sociale). I governi democra-tici hanno dunque un doppio elettorato: i loro cittadini e il senato virtuale, che

    normalmente prevale.Ma ci che colpisce di pi la straordinaria occasione storica che lEuropa

    ha mancato, nonostante le risorse naturali, economiche, umane e culturali di cuidispone: loccasione di diventare una Unione democratica e giusta, ricca e indi-pendente.

    La costruzione europea si fondata su mercati e monete. Cera unalternativa?Il modello cera, era quello pregurato dai grandi federalisti italiani. Scriveva

    Ernesto Rossi, nel 1953: Una tesi degli esperti[una tesi sostenuta dallallorapresidente della Conndustria, Angelo Costa] che non necessario costituire

    Leconomia europea e la crisiIntervista a Luciano Gallino

    http://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.opendemocracy.net/mario-pianta/road-to-europe-making-of-union%E2%80%99s-crisishttp://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Redazione-5158http://www.sbilanciamoci.info/Chi-scrive/Redazione-5158
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    ma quando essa assume le forme patologiche di una ingegneria nanziaria allaFrankestein, ci perdono tutti: anche e soprattutto quelli che non hanno parte-cipato al gioco. Tuttavia non con delle regole e con delle prediche che lostrapotere della nanza pu essere ridimensionato.

    Quali sono le politiche alternative che servirebbero allEuropa per uscire dallim-passe?Sarebbe stato necessario dotare lUnione dello strumento scale, e dubito

    che ci sia possibile fare oggi. UnUnione economica dotata soltanto dello stru-mento monetario, e la cui losoa monetaria dettata dalla memoria tedescadella repubblica di Weimar ha come unico obiettivo il controllo dellina-

    zione, costituzionalmente incapace di incidere sulle determinanti reali dellacrisi in atto: lincapacit a provvedere la piena occupazione e la distribuzionearbitraria e iniqua delle ricchezze e dei redditi.

    Una buona ricetta, liberale, laveva proposta Keynes: redistribuzione dellaricchezza e del reddito, eutanasia del rentier, e una socializzazione di una certaampiezza dellinvestimento. Ma Keynes, come si sa, era una Cassandra. A ripro-porre oggi quella ricetta si verrebbe bollati come bolscevichi.

    E in Italia che cosa si potrebbe fare?Temo che sia troppo tardi per fare qualcosa di risolutivo. Un errore mador -

    nale di tutti i governi stato quello di ricorrere a una politica dei due tempi:prima il risanamento, poi la crescita. Una politica dei due tempi non pu realiz-zare nessuno dei due obiettivi: basterebbe studiare un po di teoria e storia dellapolitica economica per saperlo.

    3 ottobre 2011

    Leconomia europea e la crisi

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    unautorit politica sovranazionale incaricata della unicazione del mercato euro-peo. Lunione economica, secondo loro, pu essere anche raggiunta con trattati che,conservando integra la sovranit degli Stati nazionali, aboliscano i contingenti alle

    importazioni, riducano la protezione doganale, regolino la convertibilit delle monete.Solo quando avremo cos costruite le mura maestre delledico europeo essi dicono

    potremo metterci sopra il tetto di un governo federale.Questa, infatti, fu la strada intrapresa, ma avvertiva Rossi la verit che,

    a questo modo, non si costruisce un bel niente: soltanto lunicazione politica cipu dare la garanzia che il processo di unicazione economica sar un processoirreversibile. Si pu forse tornare indietro e ricominciare da capo?

    La nanza internazionale ha avuto unespansione straordinaria. Che cosa

    cambiato nel funzionamento del capitalismo?Un sistema economico capitalistico uneconomia monetaria di produzione,

    nel linguaggio di Keynes impensabile senza moneta, senza banche e senzananza, dunque nella struttura del sistema gli elementi reali e gli elementimonetari sono strettamente interconnessi. Tra elementi reali ed elementi mone-

    tari c per una gerarchia, nel senso che un sistema economico capitalisticopotrebbe riprodursi senza crisi, per usare il linguaggio di Marx, soltanto se ladistribuzione del prodotto sociale fosse tale da non generare crisi di realizza-

    zione, di sovrapproduzione (di sovrapproduzione relativa: rispetto alla capacitdacquisto, non rispetto ai bisogni); e soltanto se moneta, banca e nanza fosserosoltanto funzionali al processo di produzione e riproduzione del sistema, e nondessero invece luogo a sovraspeculazione e a crisi di tesaurizzazione.

    Nel linguaggio di Keynes, non si darebbero crisi se la domanda eettiva, perconsumi e per investimenti, e la domanda di moneta per il motivo speculativofossero tali by accident or design da assicurare un equilibrio di piena occu-

    pazione. Ora improbabile che questo caso si dia automaticamente, di qui lanecessit sistematica di un disegno di politica economica. In breve: il sistemacapitalistico il mercato non capace di autoregolarsi.

    Negli ultimi anni (decenni) si avuto un cospicuo spostamento, nella distri-

    buzione del reddito, dai salari ai protti e alle rendite nanziarie, e dunquesi determinata uninsucienza di domanda eettiva e una disoccupazionecrescente. Daltra parte la nanza diventata un gioco ne a se stesso. In condi-

    zioni normali la nanza un gioco a somma zero: c chi guadagna e chi perde;

    Intervista a Giorgio Lunghini

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    Immanuel Wallerstein

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    Leuro come scialuppa i salaaggio?

    Immanuel Wallerstein

    I compromessi politici che lEuropa deve fare. A sinistra si detesta, con ragione,leurozona, istituzione neoliberista che protegge le banche e colpisce i pesci

    piccoli. Ma se ogni paese facesse per conto suo, le cose andrebbero meglio?

    La posizione uciale quasi dappertutto che leconomia-mondo presto si ripren-der, se solo facciamo questo o quello. Ma il fatto che nessuno n i governi,

    n le megabanche e nemmeno gli economisti coi paraocchi ci crede davvero.Il mondo attraversa una depressione, e vacilla sullorlo del vero e proprio

    crollo. Nessuno da nessuna parte sar esente dalle ripercussioni negative di quelcrollo anche se pochi fortunati riusciranno ad approttarne per arricchirsi. Lamaggiore preoccupazione dei governi non come farcela brillantemente masolo come fare a uscirne un po meno peggio degli altri stati.

    Lattenzione della stampa mondiale si concentrata su questo nei dibattitipubblici negli Stati uniti, nella eurozona e, s, in Cina. Ma questo non signica chegli altri stati grandi o piccoli, apparentemente in crescita oppure evidentementein piena stagnazione non siano altrettanto preoccupati, anche se spesso non sonoin grado di manovrare la situazione quanto i pi grandi protagonisti in ballo.

    A luglio, nel bel mezzo del grande dramma, sembra che leurozona abbiatentato un certo compromesso politico. Tutto ci permetter allUnione euro -pea (Ue) di fare meno peggio dei suoi tanti concorrenti? Credo di s. Ma percapire quello che successo davvero, dobbiamo andare oltre le complicate deci-sioni economiche. Nessuno sembra condividere laccordo preso e ancora menoil fatto che possa essere positivo per i dilemmi economici che i paesi delleuro-zona debbono arontare.

    Il compromesso era politico, non economico, e la sua conseguenza pipesante sar politica. I paesi delleurozona sono riusciti a salvare leuro comevaluta unica. Alcuni lo ritengono un risultato grandioso, altri disastroso. Mail punto che lhanno salvato. E questo, nel quadro delle lotte geopolitichemondiali, permetter allEuropa di conservare un ruolo da protagonista.

    Carsten Volkery, scrivendo perDer Spiegel, ha cos riassunto le decisioni: Ileader europei il [21 luglio] hanno fatto passare un secondo piano di salvatag -

    Leconomia europea e la crisi

    gio per il problema del debito greco, un pacchetto che prevede una sorprendentepartecipazione privata. Inoltre, al supporto delleurozona sono stati conferitinuovi poteri, che lo rendono simile, in modo sospetto, a un Fmi europeo.

    Il precedente dibattito economico sul debito greco (e su quello degli altripaesi delleurozona) conteneva tutti gli ingredienti standard. A un estremocerano quelli che predicavano la fede cieca nel mercato indipendentementedalle conseguenze. I pi estremisti di quello schieramento volevano buttarefuori la Grecia dalleurozona (anche se dal punto di vista giuridico la cosasembrerebbe impossibile). Allaltro estremo cerano quelli che predicavano lasolidariet economica basata sul principio neo-keynesiano di (ri)creare una

    domanda eettiva un mini-piano Marshall.Ma il problema politico di fondo era la politica interna dei diversi paesi.

    Una soluzione keynesiana era assolutamente impopolare in Germania e AngelaMerkel ragionevolmente temeva il disastro elettorale se lavesse perseguita. Unasoluzione neoliberale si esponeva al rischio di sollevamenti e rivolte popolari inGrecia, Spagna, e alla ne molti altri paesi. Ma il grande mediatore sarebbe statoproprio Nicholas Sarkozy che si era battuto per i nuovi poteri dati alla Euro-pean Financial Stability Facility (Efsf) e aveva festeggiato pubblicamente quelliche aveva denito i prodromi di un Fondo monetario europeo. Perno AngelaMerkel ha giudicato quel paragone non cos peregrino.

    La signora Merkel ha ottenuto la concessione che voleva la partecipazionedi investitori privati. E alla ne anche la Banca centrale europea (Bce) ha datola sua benedizione. LEfsf emetter i suoi titoli e coloro che possiedono titoli distato greci potranno scambiarli con quelli, a un tasso di interesse probabilmentepi basso. LFmi, attraverso il suo nuovo direttore Christine Lagarde, ha ricono-

    sciuto che il risultato di tutto ci sarebbe stato positivo per tutti. Ovviamentequesto nuovo accordo permette allFmi di essere meno coinvolto in un momentoin cui le sue risorse sono alle strette. Perno la Gran Bretagna, che non fa partedelleurozona, ha applaudito al compromesso.

    Siamo forse di fronte alla formula magica che salver lEuropa? Assolu-tamente no. Prima di tutto ci sono ancora altri attori in campo che cercano didisfare il compromesso. Le conseguenze elettorali sono ancora tutte da vedere.

    Ma perch Sarkozy, lerede post-gaullista di de Gaulle, si speso per uncompromesso che avvicina sempre pi lEuropa a una struttura di governancecomune? Per due motivi, in verit. Da una parte, dopo una serie di impasse poli-

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    tiche sembra buono, in vista delle prossime elezioni francesi, che Sarkozy abbiafatto qualcosa per la politica estera. Le proiezioni francesi indicano che di fatto salito in classica.

    La seconda ragione per piuttosto gaullista. De Gaulle si opponeva a unmaggiore federalismo europeo perch lo riteneva utile agli interessi Usa allespese di quelli francesi. Ma oggi pi federalismo in Europa serve gli interessidellEuropa (e della Francia) alle spese di quelli americani. Un crollo delleuro-zona avrebbe eliminato lEuropa occidentale dal gioco del sistema interstatale e raorzato il dollaro in un momento in cui il dollaro ha bisogno di tuttolaiuto possibile.

    Voci a sinistra della sinistra protestano costantemente perch leurozona sostanzialmente unistituzione neoliberal, che protegge le banche e danneggiai pesci piccoli. E questo in gran parte vero. Quello che non ho mai capito perch qualcuno ritenga che le cose andrebbero meglio per la sinistra se si trat-tasse di una serie di stati del tutto separati. A me sembra che se lUnione europeadovesse scomparire le forze neoliberal ne uscirebbero ulteriormente rinvigorite.

    Il fatto che la Ue e la sua eurozona se la caveranno meno peggio nelgrande crollo prossimo venturo. Questo forse non un gran successo, ma nellacorsa alle scialuppe di salvataggio lEuropa, se non altro, se ne assicurer una.

    04 agosto 2011

    traduzione di Maria Baiocchi

    English version in Opendemocracy:

    www.opendemocracy.net/immanuel-wallerstein/road-to-europe-racing-for-lifeboats

    Immanuel Wallerstein

    33La rotta dEuropa. Leconomia

    Olre leuro

    Claudio Gnesutta

    altamente plausibile che, rimanendo al di fuori dellarea monetaria europea,il deterioramento sociale sarebbe stato ancora pi rapido e incontrollato per ilrealizzarsi di uno scenario di inazione-svalutazione esacerbata dalla pressione

    nanziaria internazionale

    il carattere mondiale dellattuale rivoluzione liberale () costituisce infatti

    unulteriore prova che in atto un processo fondamentale che detta un comunemodello evolutivo per tutte le societ umane, qualcosa come una storia univer-sale che si muove in direzione della democrazia liberale (corsivo mio), cosFrancis Fukuyama, plaudendo ai risultati sociali e politici del friedmanismoaggressivo, prospettava la ne della storia e le magniche condizioni dellul-timo uomo.

    Non sembri troppo avventata questa citazione per un tentativo di riessionesulla domanda cruciale posta da Rossana Rossanda se non c stato qualcheerrore nella costituzione della Ue? E come si ripara? che ha dato lavvio a questadiscussione su Sbilanciamoci.info. Lesigenza di avere una visione chiara econdivisa dello stato dellEuropa si combina nelle sue parole con il sospetto chele tensioni che oggi interessano larea sono il frutto di una losoa uguale pertutti. E proprio perch condivido questo sospetto che mi sembra una necessitineludibile in un momento in cui di tutto si parla tranne che delle condizionioggettive che preparano il nostro futuro guardare un po oltre il 2013 percapire dove va lEuropa (e lItalia con lei). Anche se prima , forse, opportunochiederci dove sta oggi lEuropa (e ovviamente lItalia al suo interno).

    Fa bene Mario Pianta nel suo intervento ad arontare la discussione con unosguardo lungo ricercando le radici delloggi in quanto successo un ventenniofa (1992). Condivido lopportunit di riandare al nostro passato per ricordare ivincoli, interni ed esterni, di cui ci viene fatto ancora carico allo scopo di veri-care i condizionamenti attuali oggettivi prima di individuare le prospettivepossibili e quelle auspicabili.

    scontato ricordare che lultimo trentennio ha visto il sorgere, dion -dersi e aermarsi di una gestione neoconservatrice (neoliberista) della politica

    Leconomia europea e la crisi

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    che ha soppiantato, nel mondo anglosassone e quindi nel centro della poli-tica mondiale, il precedente indirizzo keynesiano e con esso denitivamentequellet delloro che era durata poco pi di ventanni. Troppo noto lorien -tamento (il Washington consensus) che ha mirato a trasformare anche con lademocrazia (liberale) gestita da militari e dittatori le economie del Sudame-rica e del Sud-est asiatico in societ di mercato. Pressione culturale che ha piche lambito lEuropa occidentale e che ha messo in discussione quellimpalca-tura istituzionale dei primi decenni del dopoguerra basata sul rapporto tra bigbusiness, big labour, big state e big bank (nazionali) giudicata del tutto obsoletanel fornire sicurezza ad ampi strati della popolazione nei confronti del futuro.

    Il prodotto sociale che, nel primo dopoguerra, deuiva dalle imprese produt -trici alla societ tramite lo stato e il sindacato, risulta rovesciato nella realt oraaermatasi poich sono le imprese a richiedere alla societ di essere garantitedallincertezza nei confronti del futuro con il trasferimento del relativo rischioal proprio esterno (contratti di lavoro individuali, regole pubbliche di sostegnoallintrapresa privata, privatizzazione della assicurazioni sociali ecc.) per porloa carico dei singoli, naturalmente in maniera pi gravosa per i settori, ceti,individui pi deboli. Non a caso ne risulta allentato il parallelismo tra crescitaeconomica e sviluppo sociale, che era stato garanzia di estensione delle liberte della democrazia. Per quanto non faccia pi capolino nelle dichiarazioni u-ciali dopo lultima crisi, il Washington consensus ancora parte costitutiva dellavisione della classe dirigente globale.

    Integrazione e competizione

    Ho detto che il neoliberismo ha pi che lambito unEuropa che negli anni 80si trovata stretta tra laggressivit industriale giapponese e quella nanziariastatunitense. Laccettazione di una prospettiva di liberalizzazione globale degliscambi ha richiesto, per competere internazionalmente, di raorzare le istitu -zioni economiche europee accelerando la costruzione del mercato interno peruna pi accentuata integrazione economica (la societ e la politica risultandonon prioritarie nella cultura politica del periodo). Per quanto riguarda i rapportiallinterno dellEuropa, la costruzione di unarea di libera circolazione di merci,persone, servizi e capitali si fondava sulla ducia che la maggiore concorrenzafra i vari sistemi nazionali su un mercato europeo meno frammentato sarebbestato il fattore preminente di un rilancio produttivo e, in seguito, di un rinno-

    vato benessere per lintera societ europea. Naturalmente, la ristrutturazionedel mercato europeo richiedeva la ristrutturazione degli organi della politicaeconomica, questione che si espressa nel passaggio della politica monetarianelle mani di unAutorit sovranazionale e nellassoggettamento dellazionepubblica nazionale ai vincoli del Patto per la stabilit e crescita. In particolare,la moneta unica garantiva, per le economie che laccettavano, pi convenienticondizioni nanziarie nel breve periodo in quanto eliminava il rischio di cambioe, con labbattimento delle attese inazionistiche, permetteva la riduzione deitassi dinteresse. Tuttavia essa costituiva, con riferimento al pi lungo periodo,una pressione per lomologazione di economie profondamente asimmetriche dal

    punto di vista economico e istituzionale: non potendo pi competere attraversomodicazioni delle relazioni nominali, esse avrebbero dovuto migliorare la lorocompetitivit reale ai livelli delle economie pi dinamiche.

    La crisi italiana del 1992

    Un tale condizionamento apparso evidente nellItalia del 1992 quandogli squilibri accumulati nel decennio precedente hanno reso la situazione inso-stenibile con lappartenenza allo Sme. Per quanto le pesanti nanziarie e ladrastica svalutazione della lira abbiano allentato il duplice condizionamentodi un crescente debito pubblico e di una decrescente competitivit internazio-nale, la situazione politica ed economica di fondo non risulta risanata quandoil governo Prodi alla ne degli anni 90 prende la decisione di partecipare ndallinizio allUnione economica e monetaria. Attraverso leuro si vuole disci-plinare (come del resto era stato fatto agli inizi degli anni 80 con il divorziodella Banca dItalia dal Tesoro) la societ e la politica italiana per realizzare lanecessaria trasformazione delle modalit di governo delleconomia: la rinun-cia alla sovranit monetaria avrebbe imposto alle imprese innovazioni reali nonpotendo pi contare su svalutazioni competitive della lira; al settore pubblicouna determinante pressione esterna per contenere il decit e ridimensionareil debito pubblico; ai sindacati la necessit di tener conto nelle loro richiestesalariale dei pi stringenti vincoli nominali posti dal contesto monetario inter-nazionale. Si trattato di una scelta che, come si detto, ha garantito per undecennio condizioni nanziarie e valutarie pi favorevoli, che peraltro non sonostate sfruttate per avviare la auspicata trasformazione strutturale degli attori dipolitica economica. La partecipazione allUnione monetaria europea non accom-

    Leconomia europea e la crisiClaudio Gnesutta

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    Leconomia europea e la crisi

    fragilit economica (scarsa crescita), politica (aumentato peso dellindebita-mento pubblico) e sociale (crescenti disuguaglianze) lelemento che eccita laspeculazione internazionale. La nanza internazionale, e quella delle agenziedi ratingche ne orientano le attese, nella ricerca di ricostituire i propri bilancidepauperatasi nella crisi, scommettono che alcuni paesi con un alto rapportodebito/pil non saranno in grado nei prossimi anni di soddisfare gli impegninanziari assunti. Anticipare le dicolt di gestione del debito pubblico implicala caduta dei corsi dei titoli pubblici e il conseguente aumento del tasso di inte-resse per incorporare laumentato premio per il rischio. Si noti che con questeoperazioni il sistema nanziario non attiva alcuna concessione di credito, neces-

    saria a sostenere una domanda poco dinamica, ma opera per una redistribuzionedella ricchezza esistente tra chi mantiene in portafoglio i titoli soggetti a specu-lazione e chi ha anticipato la svalutazione dei loro prezzi. Se poi qualche banca,come quelle tedesche e francesi nel caso greco, mantiene i titoli svalutati inportafoglio, saranno le loro azioni a essere soggette a speculazione.

    Quale modello di societ?

    Tra gli eetti di questo normale comportamento nanziario va richia-mata lattenzione su uno in particolare. noto che, aumentando il premio peril rischio sui titoli dei paesi che si presume avranno dicolt a rispettare infuturo gli impegni assunti, si impone forzatamente il risanamento dei loro contiin tempi pi brevi di quelli siologicamente auspicabili. Il disciplinamento daparte del mercato (nanziario) accentua in questo modo le dicolt di nan -ziamento corrente del debitore pubblico e aumenta lonere sul debito contrattoper un periodo di tempo pi lungo, anche per eetto dellautorealizzarsi delleaspettative iniziali. Per il risanamento dei bilanci pubblici si deve ricorrere alcontributo di soggetti non-possessori nanziari (come evidente dalla nostraultima nanziaria) con una riduzione dello spazio dellintervento pubblico,divenendo essenziali tagli incisivi della spesa in quanto sono esclusi aumentidella pressione scale (sui redditi pi elevati). un contesto in cui la valuta -zione di insostenibilit dei conti pubblici si estende a diverse realt statualitanto da apparire frequente, nella comunicazione di massa, la possibilit diun fallimento dello stato. Lungi dallessere un termine puramente evocativodelle dicolt nanziarie dellente pubblico, esso si presenta come dimostrail dibattito corrente negli Stati uniti come una concreta possibilit norma-

    36 La rotta dEuropa. Leconomia

    pagnata da una crescita della competitivit dellintero sistema una condizionesuciente a indurre il declino del paese e, nel contempo, la condotta monetariadecisamente antinazionistica per tenere sotto controllo il conitto distributivoha inciso, come reclamato dalle imprese, sul sistema dei diritti dei lavoratorie delle garanzie di welfare dei cittadini, ritenuti i principali freni del rilancioproduttivo.

    La grande scommessa delleuro si pu sintetizzare nella convinzione che ilvincolo della moneta unica avrebbe costretto la classe dirigente, economica epolitica, ad avviare una stagione di riforme istituzionali per dare una rispo-sta positiva agli squilibri da lungo tempo accumulati, favorendo una politica

    economica di ridenizione dellapparato produttivo e una politica sociale dicontenimento degli eetti che le strutture economiche in gestazione avrebberoavuto sui diritti di cittadinanza. La storia dimostrer lirrealismo di una taleprospettiva, caratterizzandosi la politica economica nei successivi governi Berlu-sconi per lattesa di uno spontaneo miracolo economico che sarebbe seguitoalle riforme del mercato del lavoro e per una politica sociale consapevolmenteindierente al ristagno delloccupazione, al suo deterioramento qualitativo, allecrescenti disuguaglianze allinterno del corpo sociale.

    Due diverse contrapposte visioni del rapporto tra politica economica emercato che esprime la contrapposizione altrettanto netta presente nel corpopolitico-elettorale, hanno fatto prevalere, nellultimo decennio, governi orientatialla mera accettazione degli equilibri sanciti dal mercato (nemmeno concorren-ziale). Il lungo prevalere di una classe dirigente, politica e non, nel cui orizzontemanca ogni prospettiva n per assistere lapparato produttivo nel fronteggiarele pi stingenti condizioni di competitivit internazionale, n per rimodel-lare lo stato sociale in coerenza con le regole imposte dallappartenenza allanuova Europa, induce a ritenere che, per la comprensione dello stato attuale,sia del tutto irrilevante la questione del ruolo che ha avuto a questo proposito lanostra partecipazione alleuro. altamente plausibile che, rimanendo al di fuoridellarea monetaria europea, il deterioramento sociale sarebbe stato ancora pirapido e incontrollato per il realizzarsi di uno scenario di inazione-svaluta -zione esacerbata dalla pressione nanziaria internazionale.

    La pressione nanziaria internazionale che si fa viva ora sfrutta appunto lin-concludenza (del nostro paese, ma anche di altri paesi, quali per il momentoquelli del Sud Europa) nel ricostruire un solido assetto economico-sociale. La

    Claudio Gnesutta

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    La poliica el pesiero uico

    Guido Viale

    La sovranit continentale, un tempo del popolo, ora trasferita ai mercatiche poi sono nanza internazionale, a sua volta espressione dei grandi

    patrimoni privati; e poi degli interessi di banche, imprese multinazionali,societ di assicurazione, fondi pensione

    Il contagio greco non esiste. La Grecia non che il primo di molti birilli presi

    di mira nel gioco del bowling che tiene impegnata la nanza internazionale. Chele nanze greche possano salvarsi ormai non lo crede pi quasi nessuno. Il gioco solo quello di tirare per le lunghe perch non si intravvedono misure in gradodi raddrizzare la situazione. Portogallo, Spagna, Irlanda o Italia potrebbero esseretravolte, proprio come nel gioco del bowling, dalla caduta del birillo greco; maciascuno di questi paesi potrebbero anche essere il primo a cadere; ed essere lui,poi, a travolgere tutti gli altri. lintera costruzione dellUnione europea cherischia il collasso. E al centro di questa evenienza c leuro. Lidea che si possaespellere dalleuro, uno a uno, i corpi infetti non sta in piedi. Intanto, anche da unpunto di vista materiale, unoperazione assai dicile; senza procedure; e tantopi rischiosa se attuata non secondo un piano cadenzato, ma sotto lincalzare dellaspeculazione. Leuro ha privato i governi degli stati membri di due degli strumentitradizionali delle politiche economiche: la svalutazione e linazione controllata(attraverso lemissione di nuova moneta). Il terzo, la ssazione del tasso di inte -resse, non la fanno pi n gli stati membri n la Bce. Chi la accusa di immobilismonon tiene conto che nel contesto attuale tassi di sconto pi bassi fornirebberodenaro pi facile non allinvestimento produttivo, ma alla speculazione. Ma ilfatto che da tempo lindebitamento degli stati membri ha consegnato la ssa -zione dei tassi di interesse vedere per credere ai cosiddetti mercati, a cui igoverni di tutto il mondo si sono assoggettati. Una condizione di subalternit cheper alcuni decenni stata prerogativa dei paesi del cosiddetto Terzo mondo,strangolati dal Fondo monetario internazionale; ma che la globalizzazione staora estendendo a tutti i paesi del pianeta. Per invertire rotta lUnione europeadovrebbe probabilmente assumere e sterilizzare buona parte dei debiti deglistati membri: un default continentale, che certo sarebbe preferibile alla caduta in

    Leconomia europea e la crisiClaudio Gnesutta

    tiva di rilevo costituzionale: gli stati possono (essere lasciati) fallire e pertantoessi debbano essere assoggettati a procedure di diritto (quasi) commerciale, inmodo da permetter loro di concordare la rinegoziazione di tutti i contratti inessere con le diverse loro controparti (dipendenti pubblici, cittadini, pensio-nati). Lente pubblico perderebbe la natura di garante collettivo del futuro perrisultare omologo ai privati con i quali sarebbe in concorrenza per i suoi servizi.Una trasformazione radicale dellattuale struttura istituzionale che costitui-rebbe un passo decisivo verso quella democrazia (liberale) che, nel presagiodi Fukuyama, dovrebbe alla ne riguardare tutte le societ in quanto regolateesclusivamente da rapporti che emergono dagli scambi sul mercato.

    Se questo il contesto in cui si trova ora lEuropa, e con lei lItalia, moltodicile dire dove essa possa andare. Lobiettivo prioritario sarebbe di riacqui-stare una eettiva autonomia nella gestione del proprio futuro e ci signicapotersi sottrarre alla soggezione della nanza internazionale. Non so se lEsfs stato pensato come un primo passo in questa dicile (perch altamenteconittuale) direzione, ma certamente la ridenizione dellassetto nanziariointernazionale laspetto rilevante anch lEuropa possa avviare la costruzionedi un assetto di politica economica che permetta di difendere il proprio modelloeconomico e sociale, garantendo nel lungo periodo condizioni di convivenza trale diverse aree interne per quanto caratterizzate da asimmetrie e da fragilit.

    Ma a questo proposito che si manifesta una dicolt dirimente, lesistenzanel corpo sociale europeo di una contrapposizione tra i dierenti stati e allin-terno di ciascuno di essi di visioni radicalmente alte