Fiume Ticino: ponte ecologico d'Europa

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Fiume Ticino: ponte ecologico d’Europa Proposta per una gestione integrata del corridoio ecologico transnazionale Settembre 2005

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Fiume Ticino: ponte ecologico d’Europa

Proposta per una gestione integrata del corridoio ecologico transnazionale

Settembre 2005

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Settembre 2005 Coordinamento: Michele Candotti, Daniele Meregalli, Maurizio Rivolta. Testi: Chiara Pirovano, Silvia Barbaruolo (autrice in particolare dell' Allegato n. 2), Prof.ssa Silvana Galassi (Università degli Studi di Milano; autrice del paragrafo "1.6.2 - La qualità delle acque del fiume Ticino e dei suoi affluenti") e Alessandra Perego (coordinamento dei contenuti del paragrafo "1.6 - Le problematiche territoriali: rischi e minacce esistenti sul territorio") Ricerca e analisi sul territorio: Chiara Pirovano e Silvia Barbaruolo Si ringraziano: Andrea Agapito, Claudia Andriani, Michele Bove, Sara Bragonzi, Gianna Chiocchio, Andrea De Bernardi, Claudio De Paola, Alessandra Doridoni, Benedetto Franchina, Dario Furlanetto, Silvana Galassi, Marino Gatto, Francesco Maggi, Francesco Magna, Stefania Operto, Nicola Patocchi, Marta Pedotti, Paolo Poggiati, Silvia Pozzi, Paola Sozzi, Luciano Turrici, Manuela Vailati, Sylvie Wabbes. Un ringraziamento particolare va ai parchi lombardo e piemontese del Ticino, ai sindaci dei comuni del Parco Lombardo della Valle del Ticino, ai rappresentanti delle associazioni ambientalis te, di categoria e dei comitati, agli agricoltori e alle persone intervistate durante la ricerca: essi hanno fornito un prezioso aiuto e hanno messo in comune il sapere locale senza il quale sarebbe risultato impossibile condurre l'analisi. Foto di: Norino Canovi - Parco lombardo della Valle del Ticino

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INDICE Prefazione

Pag. 5

Introduzione - I motivi del Dossier Pag. 7

I PARTE CORRIDOIO ECOLOGICO TRASNAZIONALE: ANALISI DEL TRATTO ITALIANO

Pag. 9

1. Il territorio protetto - Peculiarità e problematiche Pag. 11

1.1 Il paesaggio Pag. 13

1.1.1 L’evoluzione dell’uso del suolo Pag. 14

1.2 I “primi passi”: dalla sensibilità locale agli atti istitutivi Pag. 15

1.3 Le caratteristiche istituzionali e gli strumenti d’azione dei due parchi a confronto Pag. 16

1.4 Una riserva per la biosfera: il riconoscimento MAB Pag. 20

1.4.1 La struttura della Riserva di Biosfera della Valle del Ticino Pag. 23

1.5 L’evoluzione dei due Parchi e la sfida della governance : le problematiche relazionali Pag. 26

1.6 Le problematiche territoriali: rischi e minacce esistenti sul territorio Pag. 27

1.6.1 La Valutazione Ambientale Strategica: uno strumento innovativo Pag. 35

1.6.2 La qualità delle acque del fiume Ticino e dei suoi affluenti Pag. 37

2. I Parchi: valenze, funzioni e opportunità - Le aree protette del Ticino e il contributo alla sostenibilità del territorio regionale, italiano ed europeo

Pag. 41

2.1 Le risorse naturali: la biodiversità Pag. 44

2.2 Le funzioni del territorio per la comunità umana Pag. 46

2.3 Il territorio come luogo di identità e di cultura Pag. 50

2.4 Gli attori: un panorama attivo e complesso Pag. 51

2.4.1 Il territorio del Ticino nella percezione della popolazione Pag. 53

2.5 I Parchi della Valle del Ticino: un’opportunità per il territorio Pag. 57

2.5.1 I Parchi: propulsori di progetti innovativi e partecipati Pag. 58

2.5.2 I Parchi: partner territoriali per l’educazione ambientale e per il turismo Pag. 61

2.5.3 I Parchi: partner territoriali per il sostegno alle attività tradizionali compatibili e al mantenimento del paesaggio

Pag. 64

II PARTE CORRIDOIO ECOLOGICO TRASNAZIONALE: LA PROPOSTA

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3. Proposta per un’azione coordinata di gestione del corridoio ecologico transnazionale - Gli scenari futuri e le opportunità

Pag. 71

3.1 I primi passi di una gestione integrata: una proposta Pag. 76

Bibliografia

Pag. 83

Allegato n. 1

Pag. 87

Allegato n. 2

Pag. 89

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PREFAZIONE Negli ultimi trent’anni si è assistito a un’evoluzione del ruolo delle associazioni ambientaliste in Italia: da una necessaria presenza sul territorio volta principalmente alla doverosa denuncia della devastazione del Bel Paese a un’attitudine più propositiva, finalizzata a porsi in qualità di soggetti capaci di dare nuove risposte al futuro dei territori. In tale direzione si inserisce la pubblicazione del presente libro bianco dal titolo “Fiume Ticino - Ponte ecologico d’Europa”, realizzato da FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), da Italia Nostra e da WWF Italia. Il libro bianco costituisce il secondo traguardo di un percorso iniziato nel maggio 2003 quando le associazioni suddette hanno portato una particolare e rinnovata attenzione sull’area del fiume Ticino, constatando non solo i rischi ai quali tale zona era ed è tuttora soggetta, in ragione del posizionamento geografico in un punto nevralgico del Nord Italia, ma anche l’estremo valore naturalistico e culturale del territorio. Per l’occasione è stato organizzato un workshop nel quale con il coinvolgimento del Parco Lombardo della Valle del Ticino, del Parco Naturale del Ticino Piemontese, dell’Unesco e di altri enti sono stati evidenziati tali aspetti, alla luce anche del riconoscimento dell’area in qualità di “Riserva di Biosfera” (Programma Man and Biosphere, Unesco). Ne è emersa una situazione particolarmente complessa, ma anche ricca, tale da motivare una ricerca ad hoc sull’area del Ticino. Tale indagine è qui presentata nella prima parte del libro bianco (dal titolo “Corridoio ecologico transnazionale: l’analisi del tratto italiano”) che presenta l’approfondimento degli aspetti che caratterizzano la presenza dei due “enti parco” nel territorio. Nella prima parte, infatti, è stata prodotta una fotografia sintetica della realtà protetta, indagando in particolare i rischi esistenti e valori/funzioni che tale territorio interpreta/riveste per la comunità umana. Tale chiave di lettura, inoltre, ha condotto il gruppo di lavoro a svolgere una ricerca di campo sugli aspetti legati alla percezione degli attori locali (associazioni, comitati e comunità locali) che non sono stati oggetto di indagine altrove. Ciò ha permesso di mettere in luce, oltre alle valenze riconosciute al territorio del Ticino da esperti a livello nazionale e internazionale, anche il valore simbolico di tale oggetto territoriale e l’importanza che riveste il cosiddetto “Fiume azzurro” nell’immaginario degli abitanti (si veda in particolare l’allegato n. 2). A partire da tali risultati della ricerca, FAI, Italia Nostra e WWF Italia hanno elaborato una proposta (contenuta nella seconda parte intitolata “Corridoio ecologico transnazionale: la proposta”) volta a interpretare il fiume Ticino nell’ambito del suo bacino complessivo, travalicando così i confini nazionali per giungere a un insieme di azioni coordinate e coerente per preservarne l’integrità e la funzionalità. Come indicato, infatti, dalla Direttiva Quadro europea sulle acque (2000/60/EC), occorre agire alla scala di bacino per poter preservare le condizioni di naturalità e di efficienza di un fiume. Tale proposta, inoltre, assume senso se si considera che il Ticino rappresenta, insieme al Tagliamento, uno dei più importanti corridoi ecologici di collegamento per la biodiversità tra l’ecoregione Alpi e l’ecoregione Mediterraneo. L’auspicio, quindi, è quello che le amministrazioni coinvolte (Regione Lombardia, Regione Piemonte, Repubblica del Canton Ticino), gli enti (Parco Lombardo e Parco Piemontese del Ticino, la Riserva Bolle di Magadino in Svizzera, etc), le associazioni, i comitati e le comunità locali siano consapevoli del valore del territorio del Ticino e che per la sua tutela occorra agire uniti e con obiettivi comuni. La funzionalità ecologica del corridoio transnazionale del Ticino, infatti, non è solo fortemente connessa alla conservazione della biodiversità del continente europeo ma anche alla qualità della vita dei suoi abitanti. Michele Candotti Segretario Generale WWF Italia

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INTRODUZIONE I motivi del dossier Il Parco Lombardo della Valle del Ticino, primo parco regionale italiano, ha compiuto nel 2004 i suoi primi trent’anni. Traguardo importante, momento di bilanci e di disegno di nuove prospettive. L’Ente Parco ha inaugurato l’anno in tale direzione, anche in considerazione del recente riconoscimento internazionale in qualità di area MAB conferito dall’Unesco al territorio protetto, congiuntamente a quello limitrofo tutelato dal Parco Naturale del Ticino Piemontese (2002). Parallelamente tre importanti attori storici del territorio, WWF Italia, FAI e Italia Nostra, hanno portato particolare attenzione sulla valle del cosiddetto “Fiume azzurro”, di cui il dossier qui presentato costituisce un primo prodotto. I motivi di tale focus sono diversi e possono essere sintetizzati nella volontà di mettere in luce le potenzialità insite nel territorio del fiume Ticino, memoria storica dello sviluppo umano dell’Italia e della Svizzera, e, nello stesso tempo, ecosistema fluviale di estrema importanza per la biocapacità dell’ecoregione alpina. A latere di tale consapevolezza, emerge una sostanziale situazione di rischio elevata, essendo la zona interessata dai due Parchi localizzata nel crocevia di sistemi regionali in tendenza di forte interconnessione tra loro (Svizzera - Italia e Milano-Torino in particolare). Tale quadro è riconosciuto da più parti: per questo motivo, si è scelto di evidenziare le problematiche di minaccia territoriale e di dedicare particolare attenzione alla fotografia della realtà naturale e socio-economica. Da qui, la necessaria individuazione delle possibili soluzioni di “convivenza” tra natura e popolazione umana, problema per così dire “vecchio come il mondo” ma che grazie alle ormai non più recenti riflessioni sullo “sviluppo sostenibile” sta individuando, almeno teoricamente, una strada per una sorta di ricongiunzione dell’errata ma radicata dicotomia uomo-natura. A tali ambiziose finalità, il Dossier intende fornire un piccolo contributo con i seguenti obiettivi: - offrire uno strumento conoscitivo e di scoperta della complessità e delle potenzialità dell’area della

valle del Ticino; - elaborare un quadro del territorio proponendo una lettura nuova che faccia emergere non solo i

rischi esistenti e futuri (in linea con un primo ambientalismo militante e di denuncia) ma anche e soprattutto le valenze del territorio, lette sia attraverso la capacità pro-attiva del Parco stesso sia re-interpretate nelle percezioni della comunità locale.

Alla luce dei risultati emersi nella ricerca svolta, il Dossier esprime, infine, anche una proposta finalizzata alla sostenibilità ambientale, istituzionale e sociale del territorio della valle del Ticino, interpretato come un sistema vitale nella sua interezza di bacino fluviale, uno dei pochi importanti corridoi di interconnessione tra il cuore dell’ecoregione alpina e quella mediterranea. Si intende qui, infatti, sottolineare tale fondamentale ruolo del Ticino che permette di conservare la biodiversità di una porzione importante di territorio europeo. Secondo le più recenti teorie della scienza ecologica, come conseguenza della riduzione e frammentazione di molti habitat naturali e seminaturali è risultato un notevole impoverimento del patrimonio biologico. Questo può essere arrestato solo attraverso una corretta pianificazione territoriale che mira a preservare una rete ecologica in grado di mettere in connessione attraverso corridoi biotici (e tra questi i fiumi sono tra i più importanti) le varie ecoregioni. Al fine di tutelare tali potenzialità insite del fiume Ticino, si propone, quindi, di cogliere l’opportunità di creare le condizioni per tutelare uno spazio di azione coerente, integrata e comune transregionale e transnazionale (ora interessato dalla presenza del Parco Lombardo della Valle del Ticino, del Parco Naturale del Ticino Piemontese, dell’Ente Parco e Riserve Naturali del Lago Maggiore e della Riserva Bolle di Magadino in Svizzera) che permetta di pensare e di gestire il territorio al di là dei confini amministrativi. Tale direzione è stata anche indicata come prioritaria dall’Unesco in occasione del riconoscimento MAB conferito al territorio del Ticino ricadente in Italia. La proposta è stata qui semplicemente avanzata nei suoi contenuti principali, avvalendosi di esperienze internazionali di “buone pratiche” di gestione dell’eco-antropo-sistema fluviale o di sistemi naturali transnazionali.

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Il Dossier è dedicato, in particolare, ai decisori politici (appartenenti ai vari livelli istituzionali) e ai portatori di interessi (rappresentanti di associazioni di categoria e di comitati, etc). Tra di essi rientrano anche le numerose persone-risorsa che, tramite la vita vissuta nel territorio protetto, l’esperienza e le utili valutazioni hanno permesso l’elaborazione di tale ricerca. A loro va un sentito ringraziamento per aver messo a disposizione tempo e condivisione della conoscenza. Gruppo di lavoro che ha ideato ed elaborato il presente documento: - referenti per il WWF Italia (Michele Candotti, Daniele Meregalli, Maurizio Rivolta); - referenti per il FAI (Sylvie Wabbes); - gruppo tecnico del WWF Italia (Chiara Pirovano, Silvia Barbaruolo, Alessandra Perego); - esperti con competenze specifiche (Silvana Galassi, Andrea Agapito, Andrea De Bernardi); - persone-risorsa contattate e intervistate (direttore e funzionari degli Enti Parco, rappresentanti di

comitati e di associazioni nazionali e locali, etc). Nell’allegato n. 1 sono stati elencati i diversi soggetti contattati. Il metodo di lavoro seguito ha previsto la definizione degli obiettivi condivisi e, in linea con questi ultimi, l’ideazione del contenuti. A seguire sono stati svolti uno studio di fattibilità (maggio 2004), una ricerca sul campo sia di dati tecnici sia di osservazioni derivanti dalla percezione della popolazione locale (tramite interviste dirette) e un’analisi dei documenti esistenti presso gli Enti Parco e presenti nella letteratura nazionale e internazionale.

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I PARTE

CORRIDOIO ECOLOGICO TRASNAZIONALE: L’ANALISI DEL

TRATTO ITALIANO

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1. IL TERRITORIO PROTETTO Peculiarità e problematiche Il primo capitolo è dedicato alla presentazione dell’area di ricerca incentrata sul territorio italiano attraversato dal fiume Ticino. Particolare attenzione è qui conferita alla dinamica istituzionale del Parco Lombardo della Valle del Ticino, in quanto essa presenta caratteristiche di esemplarità di un’esperienza nata “dal basso”. Insieme al Parco Naturale del Ticino Piemontese, le istituzioni protette tutelano ormai da tempo il Fiume Azzurro. Esse, dotate di competenze e di strumenti attuativi, si trovano confrontate a una serie di problematiche territoriali complesse che spesso rappresentano rischi e minacce ai quali occorre dare risposte adeguate. Il Ticino, altrimenti noto come “fiume azzurro”, è annoverato tra i principali sistemi fluviali italiani. La sua importanza non è solo conferita da indicatori numerici legati alle dimensioni ma soprattutto all’importanza del ruolo rivestito rispetto allo sviluppo della comunità umana nella storia e a quello legato alla sopravvivenza attuale di una fondamentale biodiversità immersa in una compagine estremamente antropizzata e banalizzata. Il fiume nasce al Passo del S. Gottardo, si immette nel Lago Maggiore in località Locarno e poi riprende il suo corso quale emissario del Lago, terminando nel Fiume Po al Ponte della Becca, a sud di Pavia. Esso si sviluppa per una lunghezza di circa 248 km, ripercorrendo l’omonima valle scavata durante il Quaternario dai ghiacciai (valle pro-glaciale). Il bacino imbrifero, che rappresenta il riferimento spaziale più adeguato per ragionare in termini di gestione e di tutela, interessa un’estesa area (7401 kmq di cui la vetta più alta è rappresentata dal Monte Rosa, 4663 m), per la maggior parte ricade in Svizzera, mentre per il tratto a sud del Lago Maggiore esso occupa una superficie di circa 800 kmq. Data l’estensione di tale bacino e l’estrema differenziazione delle istituzioni incaricate della relativa gestione, si è scelto di concentrare l’attenzione sul tratto italiano, in ragione del fatto che esso è da ormai una trentina di anni oggetto di tutela e di sperimentazione di modelli di sviluppo sostenibile1. Il territorio italiano della Valle del Ticino, infatti, è interessato dal 1974 dal Parco Lombardo della Valle del Ticino2 e dal 1978 dal Parco Naturale del Ticino Piemontese3, istituzioni che fanno capo a due Autorità Regionali contigue: la Regione Lombardia e la Regione Piemonte. L’area geografica del primo interessa la sponda sinistra del Ticino, dal Lago Maggiore fino ad Abbiategrasso, a sud del quale il fiume ricade con entrambe le sponde in territorio lombardo. L’area piemontese comprende la sponda orografica destra del fiume nel tratto settentrionale. L’area amministrativa corrispondente al Parco Lombardo del Ticino comprende gli interi territori di 47 comuni mentre quello piemontese interessa i territori parziali di 11 comuni. In totale, quindi, l’area di studio presenta una superficie complessiva di 97.200 ettari per circa 100 km complessivi di lunghezza del fiume e interessa totalmente o parzialmente lo spazio di competenza di 58 comuni.

1 Come si vedrà più in dettaglio nel capitolo 3 in Svizzera le esperienze legate all’azione delle aree protette nell’area interessata dal fiume Ticino sono ancora in parte a uno stadio embrionale. 2 L. R. n° 2 del 1974. 3 L.R. n° 53 del 1978.

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Comuni del Parco Lombardo della Valle del Ticino: Provincia di Varese: 13 comuni Provincia di Milano: 17 comuni Provincia di Pavia: 17 comuni

Arsago Seprio Abbiategrasso Bereguardo

Besnate Bernate Ticino Borgo San Siro

Cardano al Campo Besate Carbonara al Ticino

Casorate Sempione Boffalora Sopra Ticino Cassolnovo

Ferno Buscate Gambolo'

Gallarate Cassinetta di Lugagnano Garlasco

Golasecca Castano Primo Gropello Cairoli

Lonate Pozzolo Cuggiono Linarolo

Samarate Magenta Mezzanino

Somma Lombardo Morimondo Pavia

Sesto Calende Motta Visconti San Martino Siccomario

Vergiate Nosate Torre d'Isola

Vizzola Ticino Ozzero Travaco' Siccomario

Robecchetto con Induno Valle Salimbene

Robecco sul Naviglio Vigevano

Turbigo Villanova d'Ardenghi

Vanzaghello Zerbolo'

Comuni del Parco Naturale del Ticino Piemontese: Provincia di Novara: 11 comuni

Bellinzago

Cameri

Castelletto sopra Ticino

Cerano

Galliate

Marano

Oleggio

Pombia

Romentino

Trecate

Varallo Pombia

Le due realtà istituzionali oggetto della ricerca appartengono alla categoria prevista dalla legge quadro sulle aree protette (n. 394 del 1991) definita “parco naturale regionale”. Sebbene nel Nord Italia siano particolarmente presenti aree protette regionali che interessano la componente fluviale, occorre sottolineare che, tra queste, solo i due parchi oggetto della ricerca conservano un repertorio di diversità (vegetale, animale, culturale) alquanto rappresentativo.

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1.1 IL PAESAGGIO Si presenta di seguito il quadro paesaggistico ed ecosistemico della Valle del Ticino volto a mettere in luce l’estrema diversità e la notevole ricchezza caratterizzanti il territorio oggetto di ricerca. La parte settentrionale della valle del Ticino è stata modellata dal fiume nell’anfiteatro morenico costruito dalla più recente attività dell’enorme lingua glaciale che ha dato origine anche al Lago Maggiore (Sartori, Bracco, 1993). I depositi morenici sono testimoniati dalle colline ricoperte da boschi di castagno e di pino silvestre. La porzione centrale e meridionale del territorio è sostanzialmente costituita da due unità: i terrazzi alluvionali dislocati ai differenti livelli dei depositi che formano la Pianura Padana e la vera e propria valle fluviale. Data tale conformazione, la valle presenta un’ampiezza crescente, a partire da mezzo km all’altezza di Golasecca agli 8 km presso Pavia, poco prima della confluenza con il Po. Allo sbocco dal Lago Maggiore il fiume si sviluppa in ampi meandri incassati (per circa 30 km) che permettono divagazioni laterali minime. Dall’uscita della cerchia morenica fino alla fascia dei fontanili, il fiume ha un andamento intrecciato (per circa 50 km) mentre a valle di tale fascia assume di nuovo un andamento meandriforme (Parco Lombardo della Valle del Ticino, 1998). La valle del fiume rappresenta la porzione più importante dal punto di vista naturalistico dell’intera area, per la presenza di comunità animali e vegetali e per la ricchezza degli habitat: zone umide, barre, meandri abbandonati, isolotti sabbiosi, etc. Alcune superfici di boschi di latifoglie decidue testimoniano la matrice forestale primaria che ricopriva un tempo l’intera Pianura Padana. “Il fiume è un elemento geografico di forte differenziazione territoriale, ambientale e paesistica” (Sartori, Bracco, 1993). La vegetazione, in particolare, risulta particolarmente indicatrice di tale “inclusione” in una matrice diversa e come tale particolarmente importante da conoscere e conservare nei suoi aspetti precipui ai fini del mantenimento della biodiversità complessiva del paesaggio (ecologicamente inteso). Peraltro in Europa le foreste alluvionali poste lungo i grandi fiumi sono tra le espressioni di vegetazione più complesse delle zone a clima temperato, tali da renderle altrettanto importanti e comparabili alle foreste tropicali, sia come ricchezza floristica, sia come varietà di forme sia come struttura (Carbiener, 1974, 1984 in Sartori, Bracco, 1993). Alla scala globale, dal punto di vista biogeografico, l’area interessata dalla presenza dei due parchi regionali del Ticino ricade nella cosiddetta Provincia delle foreste di latifoglie decidue del Centro Europa. La lettura del territorio alla scala paesaggistica permette di sintetizzare, tramite cenni all’evoluzione geomorfologica e alle presenze vegetali, i tipi di ambienti caratterizzanti i territori protetti (Dossier MAB, 2001): Paesaggio delle colline moreniche: boschi di castagno, brughiere e brughiere cespugliate I sistemi forestali appartenenti all’associazione Quercion robori-petraeae, con Castanea sativa, Quercus petraea, Pinus sylvestris, Betula pendula, occupano le colline moreniche che caratterizzano la parte settentrionale. Tali boschi contraddistinguono la vegetazione tipica della cintura sub-montana delle Prealpi, anche se qui presentano aspetti di degrado derivato da disturbo antropico. Il paesaggio evolve dal bosco alla landa con pino silvestre e formazioni vegetali arbustive xerofile e infine alla brughiera (Calluno-Genistion), che occupa la pianura dei terrazzi alluvionali e costituisce rifugio per numerose specie animali e vegetali, che vi trovano il loro habitat esclusivo. La brughiera, qui sicuramente di origine antropica e ormai in condizione di vulnerabilità, è ormai poco rappresentata nel Nord Italia, presentando quindi carattere di unicità: nei suoi habitat tipici si rinvengono alcune specie di Sphagnum e altre briofite rare o minacciate, segnalate nel Libro rosso della Flora Italiana. L’erpetofauna e l’avifauna risultano importanti. (Dossier MAB, 2001)

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Paesaggio della valle: boschi mesofili, igrofili e zone umide Tale unità paesaggistica è rappresentata da cospicui nuclei di boschi mesofili e mesoigrofili, classificabili nell’alleanza del Fraxino-Carpinion (Dossier MAB, 2001). I boschi di quercia e di carpino rappresentano la vegetazione climax della Pianura Padana, sebbene “di essi purtroppo mancano esempi attuali di riferimento, per cui è difficile darne una descrizione esauriente” (Sartori, Bracco, 1993). I querco-carpineti del Ticino rappresentano gli ultimi relitti che possono più assomigliare all’originaria matrice padana. Tali boschi, che presentano condizioni di discreta naturalità, sono ubicati sui suoli più consolidati della media valle, in continuità spaziale con i boschi ripariali di salici, pioppi e ontani e quindi con le zone umide legate al corso del fiume: cariceti, fragmiteti, lanche, stagni, acque correnti, risorgive. La continuità degli ecosistemi comporta un’alta diversità di habitat e di specie, misurabile dalle alte percentuali dei relativi gruppi nel totale delle specie: ad esempio, su un totale di 232 specie di uccelli, nidificanti e migratori, la maggior parte risultano legate a questi habitat. Agli stessi habitat appartengono interamente gruppi specializzati quali crostacei, molluschi, odonati e vari ordini di insetti. (Dossier MAB, 2001) Paesaggio rurale : prati permanenti, marcite, campi di mais , risaie, pioppeti I coltivi occupano i suoli fertili della pianura irrigati da una fitta rete di canali derivati dalle risorgive. Il paesaggio coltivato è dominato da pioppeti (specie ibride ed esotiche) e da campi di mais altamente produttivi e risaie che sono tuttora preziosi habitat di organismi acquatici (larve di insetti, crostacei, molluschi) e funzionali alla sopravvivenza dell’avifauna. I prati stabili ospitano vegetazione erbacea naturale e costituiscono habitat esclusivi per numerose specie animali. (Dossier MAB, 2001) 1.1.1 L’EVOLUZIONE DELL’USO DEL SUOLO L’antropizzazione del territorio della Valle del Ticino risale a tempi remoti: essa, secondo le epoche storiche, ha fortemente caratterizzato in modo univoco le matrici naturali, trasformando e plasmando il paesaggio. Si ritiene che il territorio del Ticino abbia mantenuto le sue caratteristiche originarie senza significative trasformazioni fino ai tempi della centuriazione romana nell’89 a.C., durante la quale risulta notevole l’opera di deforestazione al fine di rendere fruibili i terreni da ripartire fra i soldati romani. Dopo tali eventi, rimasero i soli nuclei di foreste nei terreni più umidi e lungo le valli fluviali, il cui uso presumibile era di tipo comunitario e, quindi, autoregolato (Dossier MAB, 2001). Successivamente nel Medioevo, con il calo demografico, si assiste a un’estensione delle foreste che, durante il periodo di Carlo Magno, vennero utilizzate come riserve di caccia e allevamento brado. La seconda (dal punto di vista cronologico) notevole modifica è da ascriversi alle trasformazioni prodotte dagli ordini monastici, in particolare cistercensi, che, come avvenne nel caso di gran parte della pianura, mutarono in modo sostanziale il paesaggio, tramite l’apporto di tecniche di irrigazione e di sistemazione del suolo che rendessero tali terreni coltivabili e redditizi. Di tali innovazioni rimangono numerose tracce ancora oggi: una di queste, la marcita, rappresentò una pratica che venne studiata da esperti provenienti dall’estero e oggi costituisce un modello di agricoltura compatibile oltre che tradizionale. Caratteristico uso del suolo nell’area del Ticino è quello del riso, coltivazione iniziata nel 1400 che rappresenta tuttora una delle produzioni più redditizie e più significative del paesaggio agrario. Le pratiche dell’agricoltura intensiva hanno sempre più modificato il territorio, alle quali si sono aggiunte via via le strutture e le infrastrutture legate all’industrializzazione (Dossier MAB, 2001). Soprattutto nel decennio posteriore alla Seconda Guerra Mondiale, quando fu necessario recuperare rapidamente a bosco le aree deforestate durante il conflitto, per permettere la ripresa dell’attività di caccia, si introdussero numerosi pioppi ibridi che comportarono notevoli perturbazioni nella composizione floristica della foresta di fondovalle. Occorre, inoltre, considerare che l’estrema vitalità

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del fiume oltre a interventi poco accorti dal punto di vista ecologico, realizzati nel passato, hanno favorito il diffondersi di specie esotiche, come la Robinia pseudacacia e il Prunus serotina (Sartori, Bracco, 1993). 1.2 I “PRIMI PASSI”: DALLA SENSIBILITÀ LOCALE AGLI ATTI ISTITUTIVI Per comprendere a fondo la realtà attuale dell’area oggetto dello studio occorre risalire alla nascita della consapevolezza locale e istituzionale rispetto al valore della valle fluviale e alla successiva creazione del primo parco regionale italiano: il Parco Lombardo della Valle del Ticino. Interessante risulta tracciare nelle linee fondamentali le dinamiche politiche e territoriali che hanno portato all’istituzione del Parco Lombardo del Ticino. Occorre sottolineare che tale evoluzione dal 1974 fino ai giorni nostri acquisisce un carattere di interesse fuori dal comune in quanto si tratta del primo parco regionale italiano, voluto “dal basso”. Esso costituisce il primo atto importante che inaugura un ruolo importante delle Regioni, portando all’istituzione degli attuali più di trecento parchi regionali. La nascita del Parco del Ticino avviene nel momento in cui ci si accorge, alla fine degli anni Sessanta e all’inizio del decennio successivo, del degrado e delle trasformazioni della valle fluviale situata in un’area critica del Nord Italia. Tale periodo costituisce un momento prolifico e di crescita della sensibilità ambientale. Nel 1972, infatti, il “Giornale della Lombardia” si fa promotore dell’idea del rappresentante socialista Cutrera e lancia una raccolta firme per promuovere una legge di iniziativa popolare per l’istituzione dell’area protetta4. Tale iniziativa raccoglie il consenso di ventimila persone ma la Regione, solo successivamente, approva la legge ordinaria istitutiva il 9 gennaio 1974. E’ stato sottolineato che questa prima fase ha incontrato “un vasto consenso, esteso praticamente a tutti gli attori rilevanti”, spiegato per la maggior parte dalla novità politica dell’azione e dalla consapevolezza minima comune di salvaguardare l’acqua del fiume (Legnante, 2000). Sull’onda di tale istituzione, sostenuto da associazioni locali e nazionali, quattro anni dopo anche la Regione Piemonte istituisce un’area protetta a tutela della sponda idrografica destra del Ticino. In collaborazione con la Regione Lombardia viene redatto il Piano Territoriale di Coordinamento (Ptc) che, dopo numerose consultazioni in assemblee pubbliche, nel 1980 viene approvato. Dopo un primo periodo di avvio della gestione del Parco (1980-1991) in cui si manifestano vari conflitti con la popolazione locale, spesso strumentalizzati politicamente, emerge un problema di tutela rispetto al degrado che, nonostante la presenza del parco, risulta evidente soprattutto per l’intensificarsi dei processi di antropizzazione e di urbanizzazione (Malpensa, cave fuori alveo, discariche, progetti di realizzazione di golf e di parchi dei divertimenti, etc). Da varie parti provengono richieste di ridimensionamento dei confini dell’area protetta. La rappresentanza all’interno del Consorzio viene definita in base al peso demografico dei 465 comuni coinvolti nel parco, fatto che favorisce l’attenuarsi

4 Per delineare i tratti salienti della storia del Parco è stato utilizzato come testo di riferimento di base: “Dinamiche politiche nell’istituzione di parchi naturali. Partiti, gruppi di interesse, opinione pubblica e processo decisionale nel Parco Lombardo del Ticino” di Guido Legnante, 2000. 5 Solo recentemente il comune di Buscate è entrato a far parte del Consorzio di gestione del Parco Lombardo del Ticino, portando i comuni del parco a 47.

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della dialettica negativa fra centro e periferia. Una delle maggiori accuse nei confronti del parco, infatti, è stata quella di esistere in funzione di territori altri (l’area milanese) e di popolazione altre (i turisti). Successivamente il Parco si è impegnato, come vedremo, a realizzare progetti specifici che incontrassero le esigenze della comunità locale, posizionandosi maggiormente come un ente partner soprattutto nel campo dell’attività agricola, della sensibilizzazione e del turismo. Tale maggior collaborazione si evidenzia anche fra enti locali e parco ed emerge soprattutto in occasione della revisione del P.T.C. che è stato modificato nel 1999, in base ad esigenze intervenute per le trasformazioni socio-economiche degli ultimi 20 anni. 1.3 LE CARATTERISTICHE ISTITUZIONALI E GLI STRUMENTI D’AZIONE DEI DUE PARCHI A CONFRONTO I due parchi del Ticino, pur essendo limitrofi e presentando territori simili, non hanno le stesse caratteristiche istituzionali. In vista di una interazione più stretta e fattiva, utile per una migliore protezione dell’intero bacino fluviale, di seguito si presentano gli strumenti di azione messi a loro disposizione per la gestione del territorio. I due parchi presentano caratteristiche differenti comportate dalla tipologia istituzionale alla quale fanno riferimento: il Parco Lombardo è gestito da un Consorzio di 47 comuni rappresentando un unicum nella realtà regionale in quanto, fin dalla sua nascita, esso è stato pensato come inclusivo delle intere superfici comunali e quindi anche dei sistemi più antropizzati. Nel 2002, tale situazione è parzialmente cambiata in quanto sono stati ridefiniti i confini dell’area protetta con l’istituzione del cosiddetto “Parco naturale della Valle del Ticino”6, ai fini dell’adeguamento alla nuova legge regionale sui parchi lombardi. La normativa lombarda prescrive, infatti, l’individuazione delle aree definite “parchi naturali” all’interno dei confini dei parchi regionali, garantendo l’esistenza di zone con funzione di pre-parco. Nel caso del Parco Naturale Lombardo è dunque presente un’estesa porzione di territorio con funzione di zona di salvaguardia (Furlanetto, 1999). Il Parco Piemontese, invece, interessa solo la fascia più strettamente connessa all’ambito fluviale, coinvolgendo, quindi, solo parzialmente il territorio dei suoi 11 comuni. Anche per tale area protetta è stata individuata una fascia pre-parco. Esso è gestito dall’Ente Parco che si caratterizza in qualità di ente strumentale7 alla Regione Piemonte. I gradi di autonomia e di potere rispetto all’azione territoriale e ai rapporti con le diverse autorità regionali risultano, quindi, diversi e necessitano di essere approfonditi e confrontati dal punto di vista giuridico. 6 L. R. n° 31 del 12-12-2002. 7 L’Ente di gestione del Parco Naturale della Valle del Ticino è stato istituito con L.R. 14 gennaio 1992 n. 4, in sostituzione del Consorzio degli 11 Comuni del Parco, istituito ai sensi dell'art. 5 della L.R. 3/1978.

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CARTA D’IDENTITÀ: I DUE PARCHI DEL TICINO A CONFRONTO

Parco Lombardo del Ticino Parco del Ticino Piemontese Data di nascita 1974 1978 Autorità regionale di riferimento

Regione Lombardia Regione Piemonte

Ente gestore Ente Autonomo (Consorzio) Ente strumentale della Regione

Organi del Parco Assemblea Consortile (rappresentanti delle tre provincie - Pavia, Milano, Varese - e dei 47 Comuni), Consiglio di Amministrazione (Presidente del Consorzio e 8 membri tra i quali rappresentanti di associazioni ambientaliste e agricole), Presidente

Consiglio Direttivo (45 membri individuati dagli 11 Comuni, dalla Regione Piemonte, dalla Provincia di Novara, dalle associazioni agricole e ambientaliste), Giunta esecutiva (9 membri: Presidente, Vice Presidente e 7 Assessori), Presidente

Superficie 91.410 ha (69.161 ha classificati “parco regionale” e 22.249 ha “parco naturale”), ricadenti per il 50% in provincia di Pavia

6250 ha (in provincia di Novara)

N comuni 47 11 Areale del Parco rispetto a superficie complessiva dei Comuni

100% (“parco regionale”) e 24,34% (“parco naturale”)

23,03%

Tipi di ambienti Fascia fluviale, ambiti forestali e agricoli e urbanizzati

Fascia fluviale e ambiti forestali e agricoli

Proprietà dei terreni Ca. 90% privata, ca. 10% demanio statale, comunale e proprietà del parco

95% privata, ca. 5% demanio statale, comunale e proprietà del parco

N dipendenti e collaboratori 70 30 Documenti di riferimento Statuto

Regolamento PTC (1980) e aggiornamento Variante (1999)

Statuto Regolamento Piano d’area (1985) e revisione con approvazione in corso (2005)

La mission dei due parchi risulta simile nelle intenzioni: tutelare l’ambiente storico-naturale, promuovere e garantire l’uso sociale secondo i criteri e attraverso l’impiego degli strumenti previsti dalla pianificazione, partecipare alla programmazione regionale nella promozione del riequilibrio territoriale garantendo la più ampia ed effettiva partecipazione delle comunità interessate. La gestione delle aree del parco è orientata principalmente alla promozione di attività agricole e forestali compatibili con il mantenimento, la conservazione e il ripristino dei complessi forestali originali e degli altri habitat della valle fluviale, a tutela delle specie, delle comunità biotiche e del patrimonio genetico. Nei programmi dei Parchi sono incentivate e valorizzate anche le altre attività economiche sostenibili, già presenti tradizionalmente nell’area, quali il turismo e le attività del tempo libero per la promozione economica e sociale dei residenti. Per quanto attiene agli strumenti di azione sul territorio il quadro pianificatorio previsto dalla Legge Quadro delle aree protette (e dai suoi recepimenti nell’ambito della rispettiva legislazione regionale) si presenta abbastanza adeguato e caratterizzato da un’evoluzione recente per entrambi i parchi.

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Il Piano del Parco Ticino Lombardo (adottato tramite L.R. n° 33 del 22/03/80) è stato aggiornato dalla “Variante Generale al PTC”, approvata dall’Assemblea del Consorzio con delibera n.7 del 30/01/99 mentre quello del Parco Naturale del Ticino Piemontese, definito secondo le previsioni regionali, “Piano d’Area” è stato approvato dal Consiglio regionale della Regione Piemonte con delibera 839-CR-2194 (21/02/1985). Attualmente il Parco Piemontese sta procedendo all’approvazione del nuovo Piano d’Area (elaborato dal Politecnico di Milano, Dipartimento B.E.S.T. - Scienza e Tecnologie dell’Ambiente Costruito - Building & Environment Science & Technology) tramite lo svolgimento delle conferenze di servizi, luoghi di confronto con gli enti locali e con gli altri soggetti del territorio. L’obiettivo è quello di approvare tale piano nel gennaio 2006. Entrambi costituiscono il “Piano per il Parco” di cui all'art. 25, comma 1 della L. 6 dicembre 1991 n. 394, ossia lo strumento più importante di programmazione e previsione conferito alle aree protette. Essi hanno inoltre effetto di Piano Paesistico, ai sensi delle rispettive leggi regionali, oltre ad essere sovraordinati e integrati con gli altri strumenti pianificatori ascrivibili ad altri enti (Regione, Provincia, Comuni, Autorità di Bacino, etc). I Piani suddetti stabiliscono una suddivisione del territorio in zone che rispondono a vocazioni, caratteristiche paesaggistiche ed ambientali diverse, quindi suscettibili di altrettanto diversi vincoli o possibilità d’uso. Nel caso del Parco Lombardo, si passa dalla zona A, corrispondente grosso modo all’alveo fluviale, di esclusivo interesse naturalistico e scientifico, fino alle zone IC, cosiddette d’iniziativa comunale, dove hanno vigore i Piani Regolatori municipali e dove sono permesse alcune attività produttive più impattanti. Nel procedere dalle zone A verso quelle IC, vediamo un progressivo allentamento dei vincoli di tutela ambientale e un aumento delle possibilità d’uso del territorio. Ciò non toglie che entro i confini del parco vigano comunque esigenze generali di qualità ambientale che lo distinguono: le zone di attività agricola, ad esempio, sono soggette a controlli di modalità di produzione evidentemente non presenti in zone agricole fuori dal parco. Il Piano d’Area del Parco Piemontese suddivide il territorio nelle zone definite di riserva naturale speciale (complessi ecosistemi di elevato valore naturalistico), di zona agricola speciale (tutela per la presenza di specie faunistiche in via di estinzione), di zone naturalistiche di interesse botanico e faunistico (complessi ecosistemi a prevalente carattere botanico-forestale e di rilevante interesse faunistico), zone naturalistiche di interesse forestale (zone a preminente vocazione forestale) e infine zone agricole e forestali di interesse paesaggistico (parti del territorio destinate alle attività agricole, con scarse presenze antropiche e con elementi di notevole valore paesaggistico). Nella tabella di seguito sono state riportate le correlazioni fra le varie tipologie di zone previste dai due piani (Relazione generale del Piano d’Area, 2004): Parco Lombardo della Valle del Ticino Zonizzazione prevista dal PTC

Parco Naturale del Ticino Piemontese Zonizzazione prevista dal Piano d’Area

A – Zone naturalistiche integrali B1– Zone naturalistiche orientate

Zone di riserva naturale speciale

B2– Zone naturalistiche di interesse botanico - forestale B3– Zone di rispetto delle zone naturalistiche C1– Zone agricole e forestali di protezione a prevalente interesse faunistico C2– Zone agricole e forestali di protezione a prevalente interesse paesaggistico

Zona agricola speciale Zone naturalistiche di interesse botanico e Faunistico Zone naturalistiche a prevalente interesse Forestale Zone agricole e forestali di interesse e paesaggistico

G1– Zone di pianura asciutta a preminente(*) vocazione forestale G2– Zone di pianura irrigua *

Preparco (*)

(*) Zone comprese nel parco regionale ma esterne al parco naturale

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I Piani dei parchi prevedono inoltre l’adozione di specifici strumenti scientifici e attuativi. Il Parco lombardo ha adottato i seguenti strumenti: - il Piano di settore dei Boschi; - il Regolamento per il mantenimento delle aree a marcita; - il Piano di tutela dei Dossi Planiziali (particolari emergenze geomorfologiche, soprattutto presenti

nella zona della Lomellina in provincia di Pavia); - l’individuazione dell’area di divagazione del fiume Ticino che coinvolge tutti i territori interessati

dall’evoluzione naturale del fiume; - la classificazione delle aree archeologiche (“aree di tutela archeologica” e “aree a rischio

archeologico”); - l’individuazione delle aree degradate da riqualificare (Dall’Orto, 2001). Il Parco Lombardo ha inoltre avviato specifiche analisi finalizzate alla definizione del Piano socio-economico. Nel caso del Parco Piemontese sono stati previsti il Piano naturalistico, il Piano di assestamento forestale, i Piani agricoli di zona e il Piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili (in fase di elaborazione) (Relazione generale del Piano d’Area, 2004).

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1.4 UNA RISERVA PER LA BIOSFERA: IL RICONOSCIMENTO MAB I territori dei Parchi del Ticino Lombardo e Piemontese sono stati riconosciuti a livello internazionale come area MAB dall’Unesco: tale recente atto sottolinea l’importanza strategica dell’area e offre un nuovo punto di vista da rivolgere al territorio alla luce dell’evoluzione della rete ecologica europea. L’area oggetto della presente ricerca ha ricevuto recentemente un riconoscimento internazionale che conferma la valenza dei territori interessati dai due parchi regionali, valenza che trascende i confini nazionali. L’area riconosciuta dall’Unesco come Riserva di Biosfera (novembre 2002) interessa il territorio congiunto delle due istituzioni protette per un’estensione totale di 97.200 ha, per circa 100 Km di lunghezza della valle, dal Lago Maggiore fino alla confluenza con il Po. Il concetto di “Riserva della Biosfera” nasce come prodotto ideativo del “Programma MAB8” (Man and Biophere, 1971), riconosciuto dalla Conferenza Generale dell’UNESCO. Esso si configura come precursore del modello di area protetta intorno a quale si è animato il dibattito negli ultimi dieci anni. L’idea di area protetta, infatti, si è evoluta: da una semplice zona di stretta protezione ambientale si auspica che essa possa diventare un luogo in cui conciliare l’ambiente, lo sviluppo economico e le popolazioni che vivono all’interno o nelle vicinanze delle stesse aree protette. La concezione che sta alla base delle Riserve di Biosfera, infatti, è quella che il fattore umano non sia da escludere dai siti naturali ma che piuttosto, in quanto parte integrante e fondamentale della biosfera, debba essere mantenuto e coinvolto nella gestione razionale delle risorse e che quindi sia possibile raggiungere un equilibrio fra protezione della natura, sviluppo economico e tutela delle istanze culturali e sociali. In quest’ottica, tali aree, inizialmente (1974) erano state pensate come forme di protezione internazionale per alcuni siti naturali in cui avviare il programma di ricerca MAB. Successivamente, l’UNESCO in collaborazione con l’UNEP e la FAO, ha stabilito dei criteri e delle linee guida per riconoscere secondo questa definizione di importanza internazionale anche altre aree. Queste devono avere caratteristiche naturali e di gestione tali da permettere il raggiungimento di 3 obiettivi primari: - la conservazione della biodiversità di piante ed animali all’interno di ecosistemi naturali e semi-

naturali, inclusi quelli mantenuti con programmi di gestione naturale avviati da lungo tempo; - l’elaborazione di ricerche naturalistiche e ambientali volte alla conservazione della biodiversità; - la realizzazione di corsi di educazione ambientale, oltre che di personale qualificato e costantemente

aggiornato sulle nuove leggi in materia.

COS’È UNA RISERVA DI BIOSFERA? Un’area caratterizzata da ecosistemi terrestri, costieri o marini, individuata dai Governi del territorio in cui ricade, e riconosciuta tramite una specifica procedura e la verifica della rispondenza a determinati criteri dall’Unesco, nell’ambito del Programma MAB/Man and Biophere. La rete mondiale delle Riserve di Biosfera pone particolare attenzione al contesto culturale e agli stili di vita tradizionali (pratiche locali di utilizzo del suolo, conoscenze e saperi locali, etc), interpretati come vitali per la conservazione della biodiversità. Essa rappresenta uno degli esempi migliori e concreti del cosiddetto “approccio per ecosistemi”, adottato dalla Convenzione sulla diversità biologica (1992) (Unesco, 2002).

8 Si tratta di un programma internazionale di ricerca, di formazione, di dimostrazione e di sensibilizzazione decentralizzate nei paesi membri.

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A partire dal 1976, sono state istituite numerose Riserve di Biosfera con un aumento annuale di riconoscimenti sempre più elevato: attualmente, a livello mondiale sono presenti 469 aree MAB in 97 paesi9 (2005). Esse interessano territori sempre più estesi: isole e arcipelaghi o intere zone costiere (ad esempio l’arcipelago Boloma-Bijagos in Guinea-Bissau), vaste foreste (Riserva Maya in Guatemala), aree montuose (Issy Kul in Kirghizistan), zone umide (Pantanal in Brasile) o zone che includono sistemi urbani (Golden Gate negli USA). In particolare in Europa sono state riconosciute 136 Riserve, in prevalenza in Spagna (27), in Germania (13), in Francia e nel Regno Unito (9). Fra queste, si ricordano la foresta di Bialowieza (tra Polonia e Bielorussia), il monte Ventoux e la Camargue (Francia), Minorca e El Hierro (Spagna). L’Italia vede la presenza di 8 aree MAB (tab. 1.1), tra le quali la Valle del Ticino, importante per estensione e per tipologia di ambiente rappresentativo, risulta una delle più recenti in ordine cronologico. Tale rete permette di favorire il parternariato Nord-Sud e Sud-Sud e costituisce uno degli strumenti utili per la cooperazione internazionale, in particolare per la condivisione delle conoscenze, per lo scambio di esperienze e la promozione delle buone pratiche. L’insieme delle Riserve di Biosfera rappresentano anche un’opportunità per la realizzazione dell’iniziativa “WEHAB” (Acqua, Energia, Salute, Agricoltura e Biodiversità) del Segretariato generale delle Nazioni Unite finalizzata allo sviluppo sostenibile. Il Parco, dunque, in applicazione delle direttive del programma MAB-UNESCO, dovrà esercitare, oltre ai suoi compiti istitutivi, una specifica funzione promozionale e socio-economica che tenga anche conto delle interrelazioni tra beni culturali e beni naturali. Il territorio assume pertanto una valenza trans-nazionale e mondiale, avendo stipulato un patto prioritario per garantire quei collegamenti fra ecosistemi che caratterizza il concetto di area MAB (Unesco, 2002). Tab. 1.1: Le Riserve di Biosfera in Italia Riserva di Biosfera Anno di

istituzione Estensione (ha)

Collemeluccio-Monte di Mezzo (Isernia) 1977 637 Circeo (Roma) 1977 8.500 Miramare (Trieste) 1979 290 Cilento e Vallo di Diano 1997 181.000 Somma - Vesuvio e Miglio d’Oro 1997 13.500 Valle del Ticino 2002 97.140 Isole Toscane 2003 264.800 Selva Pisana 2004 n.d. Estensione totale aree MAB in Italia 565.230 Fonte: elaborazione da dati presenti sul sito internet http://www.unesco.org/mab/wnbr.htm Sebbene le Riserve di Biosfera siano riconosciute sul piano internazionale sotto l’egida dell’Unesco, esse vengono proposte agli uffici MAB dai singoli Stati e la sovranità su di esse rimane quella nazionale. Da un punto di vista della procedura di riconoscimento, gli Enti Parco del Ticino hanno sottoposto un formulario presso l’Unesco con l’evidenziazione dei requisiti del territorio che permettessero di dimostrare l’aderenza dell’area protetta alle istanze richieste dalla qualifica di “Riserva di Biosfera”. Da un lato si prevede, infatti, che ogni Riserva di Biosfera assolva a tre funzioni ritenute fondamentali per il riconoscimento, definite dal Quadro Statutario, adottato durante la Conferenza Generale dell’Unesco nel 1995 a Siviglia. La prima è la funzione di conservazione ossia di tutela delle risorse genetiche, delle specie, degli ecosistemi e del paesaggio. A tale criterio l’area del Ticino corrisponde in ragione di varie caratteristiche 9 Nel continente africano vi sono 65 Riserve di Biosfera in 29 paesi, in Asia 89 aree in 19 paesi, in Europa e Nord-America 231 riserve in 31 paesi, in Sudamerica e Caraibi 72 aree in 18 paesi.

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precipue del territorio. Da un lato la Valle del Ticino risulta “la più importante ed estesa fra le aree naturali residue dell’intera Pianura Padana, territorio di antropizzazione antica e di grande sviluppo urbano e industriale, nei tempi più recenti. Il sito, uno dei maggiori parchi fluviali in Europa, racchiude tuttora un mosaico di ecosistemi naturali tipici dei grandi corsi d’acqua, poiché conserva cospicui resti della foresta planiziaria primaria, che ricopriva l’intera pianura del Po ai tempi della colonizzazione romana, ambienti ripariali tipici, zone umide, con un corredo di alta diversità di specie, di comunità biotiche e di habitat. L’area è inoltre caratterizzata da paesaggi agrari tradizionali che rappresentano tipici ecosistemi seminaturali ed è disseminata di testimonianze culturali di grande valore storico per l’Italia e per l’Europa. Dal punto di vista ecologico e biogeografico la valle fluviale del Ticino costituisce uno straordinario corridoio biologico, attraverso la pianura urbanizzata, fra i due sistemi montuosi delle Alpi e degli Appennini. La tutela di questa area, effettuata attraverso le esperienze di gestione del parco naturale, conferisce un notevole contributo alla conservazione attiva degli ambienti naturali residui delle pianure in Italia ed in Europa e alla tutela dei complessi e minacciati ecosistemi dei fiumi, preziosi ed insostituibili corridoi biologici, essenziali alla sopravvivenza di habitat e di specie di interi continenti.” (Dossier MAB, 2001). La seconda funzione è indirizzata allo sviluppo economico e umano sostenibile, compatibile con la prima funzione. “L’adozione del modello di Riserva della Biosfera del MAB e lo scambio di esperienze nell’ambito della Rete Mondiale porta, in effetti, al rafforzamento e perfezionamento del modello di salvaguardia e sviluppo già perseguito dal Parco. Lo scopo della designazione, per l’impegno ed il prestigio che ne derivano, è quello di coinvolgere maggiormente i gestori, gli amministratori e le popolazioni del Parco a calibrare un sistema economico bilanciato con la tutela degli ecosistemi, da quelli naturali a quelli semi-naturali di origine antropica, e alla valorizzazione dei paesaggi ricchi di elementi storici e culturali” (Dossier MAB, 2001). In tal senso, i due enti parco hanno già prodotto risultati degni di nota, in particolare nell’ambito delle pratiche agricole e recentemente anche del coinvolgimento delle popolazioni locali tramite progetti di Agenda XXI. Il Parco del Ticino lombardo, inoltre, ha organizzato in varie occasioni scambi di esperienze con altri parchi. Terza e ultima funzione ricoperta dal territorio designato in qualità di “Riserva di Biosfera” è quella finalizzata al supporto logistico, tramite azioni di dimostrazione, attività di educazione ambientale e di formazione, di ricerca e monitoraggio sui problemi locali, regionali, nazionali e mondiali in grado di coadiuvare le due funzioni precedenti. “Tale funzione risulta, come detto in precedenza, finalizzata alla realizzazione e allo scambio di buone pratiche previste inizialmente dal progetto MAB. In questa direzione il Parco del Ticino lombardo, in particolare, ha in corso attività di collaborazione con Università ed altri Enti Nazionali ed Internazionali di ricerca e sperimentazione. Per tali ricerche sono disponibili le sue strutture (foresteria, stazioni di monitoraggio, biblioteca) e il personale offrendo il supporto logistico ai ricercatori allo scopo di facilitare studi sulle comunità biotiche, la conservazione della biodiversità, la difesa degli habitat delle specie stanziali e migratorie, la sostenibilità ecologica ed economica delle attività ammesse, il monitoraggio della qualità ambientale” (Dossier MAB, 2001). Oltre a tali funzioni, il riconoscimento in qualità di “Riserva di Biosfera” prevede che l’area in oggetto risponda pienamente a criteri specifici: 1. L’area deve racchiudere un mosaico di sistemi ecologici rappresentativi delle maggiori regioni

biogeografiche, incluse quelle a graduale antropizzazione; 2. L’area deve essere significativa per la conservazione della diversità biologica; 3. L’area deve fornire una opportunità per lo sviluppo sostenibile a scala regionale; 4. L’area deve avere una dimensione adeguata a svolgere le tre funzioni di Riserva della Biosfera; 5. L’area deve avere adottato una zonizzazione appropriata; 6. L’area deve avere una organizzazione amministrativa e gestionale rappresentativa. Il mantenimento del riconoscimento concesso dall’Unesco viene verificato tramite una revisione della rispondenza ai criteri, in particolare definiti durante la Conferenza di Siviglia che ha specificato in modo

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dettagliato i singoli obiettivi. In esso si richiedono suggerimenti volti a migliorare le riserve già esistenti, la loro estensione o la creazione di nuove. Particolare accento e indicazione per le future istituzioni viene rivolto alle aree transfrontaliere, finalizzate al rafforzamento della cooperazione internazionale in funzione di una gestione sostenibile degli ecosistemi condivisi (si veda ad esempio il caso della Riserva di Biosfera dei Carpazi orientali). In tale linea sono da interpretarsi le raccomandazioni formulate dall’Unesco rispetto all’estensione dell’area MAB della Valle del Ticino al di là del confine italiano per poter comprendere e gestire in modo complessivo e coerente l’intero corridoio ecologico fluviale. La proposta contenuta nel presente dossier s’inserisce appieno in tale ottica, come si vedrà nel capitolo 3.

Schema di zonizzazione di una riserva di biosfera Fonte: UNESCO, Biosphere Reserves: Special places for people and nature, International Programme on Man and the Biosphere (MAB), Paris, 2002

1.4.1 LA STRUTTURA DELLA RISERVA DI BIOSFERA DELLA VALLE DEL TICINO Oltre a rispondere a criteri di qualità specifici, le cosiddette “Riserve di Biosfera” devono presentare una particolare zonizzazione che permetta di gestire in modo differenziato il territorio a seconda dei valori naturalistici ivi presenti e delle esigenze legate allo sviluppo delle popolazioni locali. I Piani dei due parchi presentano una suddivisione zonale che può essere agevolmente ricondotta alla struttura tipo di un’area MAB. Oltre a funzioni e criteri definiti, l’area MAB deve presentare al suo interno delle caratteristiche peculiari che possono essere interpretate come una sorta di zonizzazione policentrica dello spazio rispondente a esigenze di gestione specifiche. In particolare, sono da identificarsi tre elementi definiti spazialmente che ripropongono parzialmente il classico modello di zonizzazione sperimentata inizialmente nei parchi nazionali francesi, detto “a cerchi concentrici”. Nelle Riserve di Biosfera devono sussistervi una o più cosiddette core areas (aree nucleo) che interessano “il cuore della conservazione”, ossia quelle zone che necessitano della maggior protezione finalizzata alla conservazione della diversità biologica, al monitoraggio e alla ricerca, attività che producano il minimo impatto possibile. Secondariamente, a tutela delle precedenti, occorre che vi sia una fascia tampone (buffer zone) che, a tale fine, racchiude completamente o in parte le core areas. Essa è destinata alla convivenza tra a ttività

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compatibili con la conservazione della natura. L’ultima zona, la cosiddetta transition area, può contemplare una presenza antropica più varia, da quella agricola a quella edificata, ove comunque le comunità locali, gli enti competenti, gli esperti, le associazioni non governative, i gruppi culturali, gli attori economici e altri attori lavorino insieme in un’ottica di sviluppo sostenibile. LA ZONIZZAZIONE DELLA RISERVA DI BIOSFERA DELLA VALLE DEL TICINO Estratto da Dossier di candidatura, Parco del Ticino Lombardo e Piemontese, 200110 Zone nucleo - Core areas Estensione: 8.323 ha Zone del Piano del Parco: zone A, B1, F dell’ambito paesaggistico “del fiume Ticino e delle riserve naturali perifluviali” (zone di riserva integrale) Tipologie di ambienti: i nuclei forestali relitti della foresta planiziaria primaria (Fraxino-Carpinion), l’area di divagazione del fiume Ticino (insieme dei territori interessati dall’evoluzione del fiume e delle sue articolazioni idrauliche principali e secondarie). Zone tampone - Buffer zones Estensione: 37.290 ha Zone del Piano del Parco: zone B2,B3, C1,C2 dell’ambito paesaggistico “del fiume Ticino e delle riserve naturali perifluviali” del Piano del Parco (zone di riserva orientata) Tipologie di ambienti: - i complessi forestali mesofili e mesoigrofili di rilevante interesse naturalistico (zone B2), gestiti

come riserve naturali, nelle quali sono consentiti interventi forestali controllati e finalizzati alla costituzione di fustaie pluristratificate miste;

- le zone di rispetto delle riserve naturali (zone B3) che hanno una connessione funzionale (vere buffer zones) con le aree di maggiore naturalità, di cui possono rappresentare fasce di espansione, data la forte vocazionalità naturalistica ; in queste zone sono consentite attività agricole e forestali con metodologie ecocompatibili.

- le zone definite dal PTC zone agricole e forestali a prevalente interesse paesaggistico (C2), che si identificano con le unità paesaggistiche della valle principale del fiume e di una valle confluente e delle colline moreniche sublacuali, occupate da boschi Castagno, misto a Farnia, Pino silvestre e Betulla e Robinia. In queste zone le attività prevalenti sono agricole e forestali e tutti gli interventi sono orientati all’obiettivo del mantenimento e miglioramento del paesaggio e della rinaturalizzazione del corso del fiume. In queste aree sono consentite anche opere di urbanizzazione controllate, con compensazioni ambientali in forestazione da parte dei proprietari dei fondi;

- le aree definite dal PTC zone di Riserva Naturale Parziale (RNP); si tratta di aree di notevole valore tematico :botanico forestale, micologico, zoologico-biogenetico, geologico-idrologico (la loro inclusione nella buffer zone è giustificata non solo dal valore naturale tematico , ma anche dalla dimensione e ubicazione rispetto alla core area di riferimento, in cui, possono essere incluse); in questa categoria sono incluse dal Piano le aree di tutela archeologica, di interesse per le testimonianze storiche dell’area dalla preistoria al medioevo e quelle di elevato valore archeologico che meritano conservazione “in situ” e sono di competenza della Soprintendenza Archeologia dello Stato;

- le aree definite dal PTC zone agricole e forestali a prevalente interesse faunistico (C1), che svolgono funzione di protezione delle Riserve Naturali Perifluviali; in tali zone viene posta attenzione alla tutela e conservazione della fauna e tutte le attività antropiche sono subordinate alla valutazione della compatibilità con l’obiettivo della conservazione dei caratteri faunistici ed agronomici,, in

10 Parco della Valle del Ticino Lombardo, Parco Naturale del Ticino Piemontese, Formulario di proposta di Riserva della Biosfera”, Dossier di candidatura elaborato dal Parco della Valle del Ticino Lombardo e dal Parco Naturale Valle del Ticino piemontese, 2001

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specie di particolari colture tradizionali (marcite) e di uso del suolo nonché di elementi caratterizzanti il paesaggio;

- le aree degradate da recuperare (aree R secondo la definizione del PTC) in cui l’intervento di recupero mira, a seconda delle caratteristiche dell’area, alla forestazione naturalistica o ricostruzione delle zone umide, alla destinazione agronomica produttiva o alla funzione ricreativa e turistica . Il Parco si fa promotore in proprio dei progetti ma delega altresì l’intervento ad Amministrazioni pubbliche e a privati, che possono presentare progetti, completi di previsioni e fonti di finanziamento; il Parco cura le valutazione di compatibilità dei progetti e si impegna a coinvolgere le amministrazioni competenti e tutti gli interessati;

Zona di transizione esterna - transition area Estensione: 49.310 ha Zone del Piano del Parco: zone G1, G2, D1 e D2, I2 del Piano del Parco, zone di parco naturale agricolo e forestale e quella di competenza della pianificazione comunale Tipologie di ambienti: - le zone G1 di pianura asciutta del Parco Agricolo e Forestale secondo la definizione del PTC che

occupano il livello fondamentale della pianura, con specie arboree autoctone ed esotiche, a vocazione e/o a riconversione forestale; in queste aree sono consentite opere di urbanizzazione e piani di utilizzazione agronomica con i criteri urbanistici di legge e la tutela generale del paesaggio;

- le zone G2 di pianura irrigua del Parco Agricolo e Forestale secondo la definizione del PTC a vocazione agricola produttiva (mais, riso, pioppeti) e destinate al miglioramento della produzione ; qui sono consentite opere di miglioramento e bonifica con criteri dettati dal Parco e parere del Parco o del Comune di competenza e sono previste compensazioni ambientali in ambio di opere realizzate;

- le aree D1 e D2 di promozione economica e sociale secondo la definizione del PTC, modificate da processi di antropizzazione per attività ricreative e per la fruizione tradizionale del fiume e per attività sportive; qui sono consentite opere di miglioramento delle strutture di fruizione da parte delle popolazioni residenti e dei visitatori del parco. Sono ammessi interventi di iniziativa pubblica e privata, da realizzare in convenzione con il Parco o con il Comune di competenza;

- le zone di iniziativa comunale orientata (zone IC secondo la definizione del PTC), che si identificano con gli aggregati urbani dei comuni comprese le aree di sviluppo funzionale; il Parco detta criteri guida per la pianificazione urbanistica che è di competenza comunale, affinché l’edilizia, il verde e le strutture siano in armonia con le finalità del Parco e dà parere di competenza .

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1.5 L’EVOLUZIONE DEI DUE PARCHI E LA SFIDA DELLA GOVERNANCE: LE PROBLEMATICHE RELAZIONALI I Parchi del Ticino interessano un’ampia area caratterizzata da problematiche eterogenee: antica industrializzazione, sviluppo lineare di direttrici di comunicazione soprattutto tra le macro-aree urbane di Torino e di Milano, fragilità di ecosistemi ancora integri, agricoltura intensiva in trasformazione, attività antropiche a forte impatto, fruizione turistica concentrata nello spazio e nel tempo. Come nel caso degli altri parchi lombardi implicanti aree di pianura, i due parchi oggetto della ricerca non appaiono soltanto legati al tema di un'identità tradizionale da conservare e rivitalizzare, ma anche a quello di una nuova identità da costruire, senza perdere le radici di quella antica (Di Fidio, 2001). Si tratta di paesaggi da tutelare e da rifunzionalizzare secondo le nuove esigenze. I due parchi del Ticino devono convivere con un territorio molto vasto e problematico. Esso, infatti, con i suoi 58 comuni (di cui 17 appartenenti alla provincia di Pavia, 17 a quella di Milano, 13 alla provincia di Varese e 11 a quella di Novara), coinvolge vari livelli di governance (Regione, Consorzio di gestione ed Ente parco, quattro Provincie, gli enti comunali, l’Autorità di Bacino del Po, i consorzi irrigui, le associazioni e i comitati, i privati, etc) che, se istituzionalmente e teoricamente rispondono ad una logica verticistica, in realtà interagiscono fra di loro in modo spesso inaspettato. Inoltre il Parco si trova a rapportarsi con molti attori diversi tra i quali vi sono in particolare i fruitori (associazioni, scolaresche, turisti, etc) che hanno ovviamente percezioni e comportamenti molto differenziati rispetto all’area protetta a seconda delle attese e del contesto socio-culturale di provenienza. Il territorio risulta particolarmente delicato11: si tratta di una delle poche valli fluviali che presenta caratteristiche di naturalità importanti non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Sebbene, infatti, non si possa parlare di paesaggio naturale (matrici primarie, etc) se non in casi limitati (come peraltro è il caso della maggior parte dei paesaggi europei), vi sono alcune zone dove la tutela necessaria deve essere assoluta. Occorre considerare la posizione geografica dell’area protetta alla scala regionale e nazionale: il Ticino attraversa una delle zone a maggior sviluppo infrastrutturale di Europa. Essa si colloca, infatti, perpendicolarmente all’area metropolitana diffusa sempre più volta alla congiunzione fra Milano e Torino, oltre a essere, ed essere stata, luogo di attrazione di varie attività antropiche ad elevato impatto (per la presenza del fiume) quali quelle estrattive, industriali, di produzione di energia etc.. Attualmente, inoltre, il territorio è interessato da molti progetti infrastrutturali che vanno a sovrapporsi e ad appesantire la già complessa viabilità. Ovviamente uno dei maggiori rischi non dipende dalla sola attrattività della risorsa “acqua” e “fiume” ma proprio dall’essere “una zona di mezzo” in cui poter marginalizzare funzioni territoriali non facilmente conciliabili con il tessuto abitativo tipico delle aree metropolitane, ossia quelle aeroportuali e tutto ciò che a queste vi è associato (collegamenti viari e ferroviari, spazi espositivi e di vendita, uffici logistici, alberghi e centri congressi, etc). Il forte rischio connesso all’espansione di Malpensa, oltre che dalla sua presenza nel parco, rappresenta un punto focale di attenzione sul territorio. Rispetto a tale rischio risulta alta la percezione degli abitanti, ovviamente quanto più la vita quotidiana di questi ultimi ne è ed è stata inevitabilmente danneggiata. Si fa riferimento ai comuni in provincia di Varese che condividono tale problematica. Altra osservazione importante merita il passato territoriale dell’area protetta: come nel caso di quasi tutti i parchi regionali, ci troviamo di fronte ad uno spazio in cui le attività produttive sono preesistenti all’istituzione del parco e quindi può avvenire che in alcuni casi la loro localizzazione spesso mal si

11 La lettura qui proposta è stata elaborata grazie alle interessanti valutazioni emerse dall’intervista con la dottoressa Silvia Pozzi, responsabile dell’Ufficio Coordinamento Agenda 21 del Parco Lombardo della Valle del Ticino.

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accorda con i principi di gestione ecologica a livello di piano. In almeno due casi, oggi, infatti, la prospettiva a medio termine è quella della delocalizzazione. Occorre considerare, inoltre, che l’area protetta, essendo attraversata da tempo da vari assi di collegamento principali, è già stata interessata da espansioni edilizie ben poche consone a un territorio protetto. E’ il caso ad esempio dell’asse del Sempione lungo il quale sono sorti con una velocità al passo della crescita metropolitana molti centri commerciali e capannoni spesso non utilizzati. Trattandosi, inoltre, di aree, concentrate soprattutto nel Nord del parco, di proto-industrializzazione, si trovano da alcuni anni di fronte al problema della riqualificazione e del recupero (entrambi fasi molto onerose) di aree dismesse spesso di elevata superficie12. La variabilità geografica risulta la ragione anche della diversa richiesta proveniente dai territori. Se la sezione settentrionale del Parco richiede in particolare al Parco un ragionamento sulle destinazioni d’uso, trovandosi “soffocata” dall’antropizzazione, la parte meridionale (in particolare il territorio ricadente nella provincia di Pavia) pone più l’accento sulla tutela della natura che qui vuol dire la sopravvivenza dell’agricoltura. Quest’ultimo aspetto rappresenta uno dei risultati positivi della maturazione culturale del rapporto popolazione-parco in quanto, come si è visto, tale dialettica si è manifestata nei primi dieci anni come decisamente conflittuale mentre da una decina di anni dimostra un trend positivo, permettendo di far emergere vari esempi di collaborazione (mantenimento di marcite, marchio del parco, agricoltura biologica, agriturismo, ecomusei, etc, vedi capitolo 2, par. 2.5.3). D’altra parte emerge anche un sostanziale miglioramento dello stato delle riserve naturali ricadenti nella sezione settentrionale che dimostra una diffusa consapevolezza dell’importanza di mantenere ambiti a naturalità di qualità, anche se marginali rispetto al tessuto urbanizzato che caratterizza quest’area. In tutto il territorio, sebbene concentrate nella parte centro-sud, emergono elementi di qualità del territorio del Parco. In particolare le cascine rappresentano dei punti di eccellenza che stanno collaborando diffusamente con l’ente Parco, configurandosi come soggetti territoriali nella maggior parte attivi e propositivi, anche grazie al grande valore della memoria di cui sono depositari. 1.6 LE PROBLEMATICHE TERRITORIALI: RISCHI E MINACCE ESISTENTI SUL TERRITORIO

Il sistema fluviale del Ticino in base a studi fatti prevalentemente sul territorio lombardo, risulta particolarmente sottoposto a situazioni di rischio e di minaccia sia dal punto di vista territoriale (inteso in senso lato, ossia anche dal punto di vista sociale) sia da quello inerente il pregio ecosistemico che ne costituisce il punto di forza. La presenza dell’aeroporto di Malpensa aumenta fortemente tali minacce; la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) può essere una via risolutiva a tale impatto devastante. Come sopra ricordato, il territorio del Ticino è stato oggetto nella storia di varie e successive trasformazioni dovute in prevalenza ad attività antropiche. Si è visto anche che esse hanno trasformato e caratterizzato un certo tipo di paesaggio culturale, attualmente da proteggersi come risorsa. Inevitabilmente, però, tutti gli interventi e le modificazioni antropiche hanno compromesso notevolmente gli ecosistemi presenti nella valle; in particolare la presenza dell’aeroporto di Malpensa e del suo indotto sono intervenuti in maniera devastante sul territorio del Parco, spesso compromettendo gli aspetti fondamentali tipici di un territorio tutelato.

12 Ad esempio nel Castanese vi sono vaste aree dismesse dal settore della tessitura e della conceria, essendo stata tale area uno dei più importanti distretti industriali italiani e rappresentando ancora oggi uno dei centri più importanti del tessile.

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Enormi e numerosi sono i rischi a cui tale territorio è stato ed è sottoposto, come di seguito verrà spiegato; sono stati compiuti numerosi studi al fine di poter alleviare e prevenire gli effetti devastanti da ciò derivanti e col tempo si è ritenuto che la soluzione migliore sia l’impiego della Valutazione Ambientale Strategica (VAS), divenuta ormai obbligatoria con la Direttiva UE 42/2001, del cui contenuto segue una spiegazione esaustiva. Nel corso degli ultimi vent’anni, il territorio del Parco Lombardo della Valle del Ticino è stato interessato dalla realizzazione di numerose infrastrutture di trasporto, cui si aggiungono oggi ancor più numerosi progetti di ulteriori interventi. Questa situazione si è generata per diversi motivi. In primo luogo, l’ampliamento dell’aeroporto della Malpensa ha portato con sé la prospettiva di un grande rafforzamento della rete di trasporto circostante. Gli interventi fondamentali – già delineati nel Piano d’Area Malpensa, e poi definiti dall’Accordo-quadro per la “realizzazione di un sistema integrato di accessibilità ferroviaria e stradale” al nuovo scalo, includono, oltre ad alcune opere già realizzate (ampliamento dell’autostrada A8, prolungamento della SS336, realizzazione del raccordo ferroviario proveniente da Busto Arsizio), investimenti per oltre 2,5 miliardi di euro, che includono fra l’altro: - il collegamento stradale con la A4 Milano-Torino e con la SS11 a Magenta; - il collegamento stradale Magenta SS11-SS494 Vigevanese – Tangenziale Ovest di Milano; - la variante della SS341 da Vanzaghello a Samarate (con collegamento alla SS336); - la variante alla SS33 del Sempione da Rho a Busto Arsizio; - la bretella di Gallarate dalla SS336 all’autostrada A8; - la variante della SS494 ad Abbiategrasso ed il nuovo ponte sul Ticino; - l’interramento della linea ferroviaria Busto Arsizio-Saronno a Castellanza; - la revisione del nodo ferroviario di Novara per l’istituzione di un collegamento Novara-Malpensa; - il potenziamento della linea ferroviaria Novara-Malpensa-Cargo City; - il raccordo tra la linea ferroviaria del Sempione con il raccordo aeroportuale (da Gallarate in

direzione Malpensa). Alle opere previste per l’accessibilità a Malpensa 2000 se ne aggiungono poi diverse altre, in parte già in corso di realizzazione, come la nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Milano ed in parte soltanto programmate, come il Sistema Viabilistico Pedemontano od il nuovo collegamento ferroviario Arcisate-Stabio. E non è tutto: come spesso accade in questi casi, la lista è da considerarsi aperta all’aggiunta di ulteriori proposte. Già si parla delle autostrade Pavia-Malpensa e Vercelli-Pavia-Stradella. Tutti questi interventi si susseguono giustapponendosi l’un l’altro, in sostanziale assenza di un quadro programmatico d’insieme: l’ultimo Piano regionale dei trasporti risale al 1982, mentre il più recente Piano generale dei trasporti e della logistica (2001), valido per tutta l’Italia, includeva soltanto alcuni degli interventi descritti. D’altro canto, questo piano è stato rapidamente superato dalla logica della Legge obiettivo, la cui concreta applicazione sta conducendo all’approvazione di qualunque proposta infrastrutturale avanzata da qualsivoglia soggetto, senza alcuna verifica delle risorse pubbliche effettivamente disponibili per la corrispondente attuazione. Si può ben comprendere come, in una situazione di questo genere, venga a mancare ogni effettiva verifica non soltanto dell’efficacia dei singoli interventi, ma anche della loro stessa reciproca coerenza. Per di più, tutto ciò si verifica in presenza di alcuni chiari segnali di sovradimensionamento del sistema: per fare soltanto un esempio, secondo i suoi stessi promotori, la bretella Boffalora-Malpensa è destinata a servire un traffico pari soltanto al 10% della sua capacità. E si possono ben comprendere anche i rischi ambientali che, a fronte di benefici sociali talvolta modesti o persino dubbi, incombono sul Parco della Valle del Ticino: un’area protetta che già oggi si colloca, a livello nazionale, fra le più ricche di interferenze con il sistema di trasporto.

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Sintesi dei principali rischi e minacce esistenti nel territorio protetto A - PRESENZA DELL’AEROPORTO DI MALPENSA Come già ampiamente descritto, il rischio più importante per l’intera area del Ticino è ora rappresentato dall’esistenza e la futura espansione dell’aeroporto di Malpensa. Essa nasce dal “programma Malpensa 2000” che data al 1979 che voleva far convivere un intervento di tali dimensioni con la qualità ambientale. In realtà, tale programma prevedeva una localizzazione poco sensata dell’aerostazione in “quella stretta fascia che corre tra la zona fluviale e la zona portuale”, mentre non è stata pensata in una zona residuale più strategica perché più vicina a Milano (ambiti compresi fra Gallarate, Samarate e Ferno). “Questa scelta è all’origine della pressione longitudinale esistente sul Ticino tra Somma Lombardo, Vizzola e Nosate”13. B - PRESENZA DI CONURBAZIONI E DI INFRASTRUTTURE LINEARI14 Le infrastrutture lineari, spesso derivanti dal potere catalizzatore dell’aeroporto di Malpensa vengono prodotte sul territorio, rompendo la continuità e la successione degli ambienti, creando frammentazione del paesaggio e perdita di biodiversità. Ad esempio, la già citata conurbazione del Sempione rappresenta un’area che ha completamente artificializzato il territorio da Milano a Sesto Calende: rimane una sola fascia lineare peraltro contraddistinta da poca naturalità che consente ancora di collegare il Sud - Ovest della pianura padana con le Prealpi attraverso la Valle dell’Olona e la Pineta di Appiano Gentile. Tale zona peraltro, è oggetto di un progetto volto alla salvaguardia dell’ultimo “filo di collegamento naturale”. Si sta assistendo, inoltre, ad uno sviluppo delle infrastrutture lungo il corridoio ecologico Nord - Sud che si sovrappone ai già esistenti canali di comunicazione Est-Ovest realizzati in passato per superare la barriera costituita dal fiume. Inoltre, come già detto sopra, in base a stime dei dati SEA ed ANAS, si ritiene che la capacità delle infrastrutture in progetto di contorno all’aeroporto sia sovrastimata rispetto alle necessità (ad esempio la Boffalora-Malpensa, superstrada a doppia carreggiata, che ha una capacità stimata in quasi centomila veicoli al giorno, secondo le stime ANAS, non raggiunge i diecimila veicoli al giorno di carico, più precisamente 8.800 veicoli al giorno). Le strade previste, inoltre, in realtà sono da vedersi come nuove direttrici dell’espansione dell’area metropolitana e che quindi genereranno nuovi insediamenti (non considerando le previsioni del piano territoriale del Parco) e l’incremento di un traffico nuovo non diminuiranno quindi l’esistente (che è molto più di origine locale di quanto solitamente si ritenga).

13 Valutazioni emerse nell’ambito del primo work-shop internazionale sul futuro del Ticino organizzato dal WWF Italia, dal FAI e da Italia Nostra nel marzo 2004 (estratto del verbale). 14 Ra.Me, “Malpensa-Boffalora inutile e dannosa”, La Prealpina, 6 luglio 2004

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C - PROGETTO ALTA VELOCITA’ NOVARA-MILANO Per quanto riguarda in particolare il territorio del Parco del Ticino Piemontese, anche in questo caso, il maggior rischio presente è rappresentato dalla realizzazione di grandi infrastrutture. In particolare, in base all’accordo tra Regione Piemonte e TAV, il Parco sta ora verificando e valutando il rispetto delle prescrizioni introdotte nel progetto della realizzazione della tratta ad alta velocità Novara-Milano ,oltre che concentrandosi in un’attività continua e specifica di interventi concessi nell’ambito. Durante il mese di giugno 2004 è stata programmata pertanto una serie di incontri per la disamina delle variazioni progettuali, con riferimento ai nuovi Ponti di attraversamento del Ticino e degli altri corsi d’acqua, nonché gli interventi di mitigazione e compensazione ambientale richiesti dall’Ente Parco (Relazione generale del Piano d’Area 2004). D - L’INQUINAMENTO IDRICO DERIVANTE DAGLI IMMISSARI NATURALI ED ARTIFICIALI DEL TICINO15 Fra le infrastrutture legate a Malpensa rientra anche il canale Scolmatore: per decenni il Magistrato del Po ha gestito il sistema idraulico della Pianura Padana canalizzando fiumi, costruendo argini sempre più alti, spostando, è il caso dello Scolmatore, l’acqua in eccesso in una zona portandola da un’altra parte senza preoccupazione alcuna per le conseguenze ed in particolare, nel caso del Ticino, dell’enorme inquinamento microbiologico che ne deriva, poiché esso si immette direttamente nel fiume, presso Abbiategrasso. Le campagne di monitoraggio effettuate negli ultimi anni (dal 1998 al 2003) hanno messo in evidenza che le acque del Ticino risentono degli ingenti quantitativi di rifiuti e di inquinamento generati dagli insediamenti abitativi e produttivi che lo circondano. Le analisi dimostrano che la qualità del fiume peggiora procedendo da nord a sud: la metà settentrionale presenta una situazione qualitativa buona, la metà meridionale una situazione complessivamente appena sufficiente. Mentre l’inquinamento chimico-fisico aumenta con gradualità da monte a valle ma rimane comunque contenuto, impressionante è il drastico deterioramento della qualità microbiologica delle acque che si verifica in un punto ben preciso del corso del Ticino, cioè in corrispondenza di Abbiategrasso. La valutazione della qualità microbiologica delle acque viene effettuata rilevando tre parametri: le concentrazioni di coliformi totali, coliformi fecali e streptococchi fecali. Le ultime due, in particolare sono indicative della contaminazione batterica attribuibile ad animali a sangue caldo (quindi anche l’uomo) e quindi dell’efficienza dei trattamenti di depurazione. Procedendo dal lago Maggiore fino alla confluenza con il Po, tutti e tre i parametri seguono il medesimo andamento: il primo tratto del fiume, fino alla stazione di Boffalora, non mostra particolari sintomi di inquinamento microbiologico, indice del fatto che in questa parte del suo corso il Ticino riesce a sostenere un efficace processo di autodepurazione. A partire dalla stazione di Abbiategrasso si evidenzia invece il netto superamento di valori massimi ammessi dalla legge per la balneazione (DPR 470/82). Tale degrado è dovuto principalmente all’immissione concentrata in un’area molto ristretta di scarichi fortemente inquinanti: il canale Scolmatore di nord ovest, il collettore del depuratore consortile del Magentino e gli scarichi dei depuratori del novarese che confluiscono nella roggia Cerana. Un carico inquinante imponente.

15 “Anonimo”, “Nel futuro del Parco l’incognita di Malpensa”, Navigli, maggio 2004, pagg.2-4

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Più a valle la capacità autodepurativa del fiume non è più in grado di contenere significativamente la carica batteriologica accumulata e, a parte un leggero miglioramento rilevato nella stazione di Motta Visconti, il livello di inquinamento continua a peggiorare fino alla confluenza con il Po. Gli affluenti del Ticino, torrenti Strona ed Arno in provincia di Varese, canale Scolmatore ad Abbiategrasso, roggia Cerana nel novarese e roggia Vernavola a Pavia, sono in condizioni tali per cui difficilmente possono svolgere la loro funzione di autodepurazione. La situazione qualitativa delle loro acque è pessima e si ripercuote direttamente sullo stato di salute del Ticino, rendendolo pertanto un bacino fortemente inquinato. E - VASCHE DI SPAGLIAMENTO MAI COLLAUDATE16 Una delle cause dell’elevato tasso di inquinamento delle acque che affluiscono nel Ticino è attribuibile alle mai collaudate vasche di spagliamento , ormai abbandonate, che avrebbero la funzione di depurare le acque dell’Arno presso l’abitato di Castano Primo, che rendono inutile l’attività del depuratore di Sant’Antonino da cui le acque nere e schiumose, non sottoposte a trattamento di fitodepurazione si riversano direttamente nell’Arno e quindi nel Ticino. Le vasche di sedimentazione e dispersione per la fitodepurazione sono state realizzate ma in tre anni non sono mai state sottoposte a manutenzione, né collaudate e quindi più che a sedimentare e a disperdere acqua stanno in piedi per miracolo, piene come sono di acqua e ormai, di qualsiasi rifiuto. Ci si chiede quanto tempo potranno ancora reggere i loro argini in terra, prima che l’acqua ritorni ad inondare i campi di Castano, compromettendo non solo il profilo ambientale ma anche la sicurezza e l’igiene pubblica. Di seguito sono state sintetizzate ed elencate le infrastrutture previste nel territorio del Ticino: INFRASTRUTTURE PREVISTE: - Aeroporto Terza pista. Sicuramente l’opera più importante in termini di impatto diretto (vuol dire

aumentare la superficie aeroportuale di quasi la metà), che di impatti indotti. Prospettata infatti come soluzione ai problemi di sorvolo dei centri abitati o come soluzione ai problemi di sicurezza rappresenterebbe nei fatti un potenziale aumento esponenziale del traffico aereo (oggi siamo attorno agli 8/900 movimenti giornalieri). Considerando la progettazione e la localizzazione della terza pista, si può facilmente ritenere che essa rappresenterà una rottura “fisica” netta, portando ad un reale taglio del parco, rispetto alla sua parte nord.

- Aeroporto Terzo Satellite. Funzionale prevalentemente ad un aumento del traffico, rischia di diventare il presupposto propedeutico alla realizzazione della terza pista.

- Aeroporto Cargo City. Già realizzato, crea le condizioni per aumentare l’offerta di collegamenti terrestri e funge da catalizzatore di depositi esterni polverizzati nel territorio del parco.

Infrastrutture trasporto terrestre. Anche qui l’elemento catalizzatore di Malpensa nasconde in realtà un tentativo di risolvere problemi viabilistici originati altrove:

16 Spreafico, C., “Ticino sempre più inquinato. Vasche di spagliamento mai collaudate ed abbandonate. Tragedia Annunciata”, Il coordinamento Salviamo il Ticino, 2003

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- Autostrada Malpensa - Boffalora, 18 Km di trincea in pieno parco, sicuramente l’opera con maggior impatto ambientale tra quelle sino ad oggi realizzate ed in via di attuazione.

- Proseguimento Boffalora - Tangenziale Ovest-Abbiatense. Un peduncolo di qualche km, in parte in aree Parco Ticino ed in parte nel Parco Agricolo Sud Milano. Nei fatti la chiusura di un anello per una nuova tangenziale esterna a Milano.

- Collegamento Novara-Gallarate SS341. Altro peduncolo in gran parte in zona parco, per mettere in collegamento il Piemonte con Malpensa e le autostrade dei Laghi, con una connessine allo sbocco della Pedemontana (in fase di definizione).

- Variante SS33 Sempione, un peduncolo che si innesta sulla sopracitata SS341 con ca. 35000 veicoli giorno scaricati in zona parco.

- Una serie di nuove strade, superstrade e collegamenti di servizio alle precedenti. - Collegamento FFSS Gottardo Lugano Varese Malpensa. Un tracciato seppur in gran parte in

galleria che vede ancora Malpensa come snodo centrale per una revisione della rete ferroviaria del Nord Italia.

- Nuovi ponti sul Ticino: Oleggio, Turbigo, TAV Torino-Milano Boffalora Vigevano. Infrastrutture al contorno. Sono opere pubbliche e/o private in zona parco, con impatti diretti rilevanti e soprattutto con indotti ricadenti completamente sul sistema dell’area parco: - Trade Center Vizzola Ticino. A pochi passi dal fiume, tra il ciglio della valle e l’aeroporto, alcuni

milioni di metri cubi di superfici espositive in aree attualmente agricolo-forestali. - Business Park Gallarate. In una zona periferica del parco ma con importanti funzioni di

mantenimento dei corridoi biologici con altre aree verdi e di blocco alla conurbazione di grossi centri quali Busto Arsizio e Gallarate. Anche qui qualche milione di nuove volumetrie.

- Nuovi Poli estrattivi. A servizio parziale delle opere menzionate vi sono una serie di nuovi poli o ampliamenti di poli esistenti per estrazione di materiale inerte, sabbia, ghiaia, terra. Il Parco Lombardo nel 1999 aveva adottato una variante di PTC che escludeva nuove attività estrattive e limitava le esistenti. La Regione Lombardia nell’approvazione definitiva ha reintrodotto questa possibilità.

Opere secondarie. Sono una serie di proposte di vario genere, strutture alberghiere di grandi dimensioni (da citare un albergo di 400 camere a Casorate Sempione- Nord Malpensa nel parco storico S. Giorgio, tutelato da un decreto del Presidente della Repubblica), parcheggi (il territorio attorno all’aeroporto è fortemente caratterizzato da questo nuovo tipo di attività economica; si dimettono piccole realtà industriali per creare parcheggi.) ALCUNI DATI RELATIVI AGLI IMPATTI INDOTTI DA MALPENSA - ANALISI DELLA SALUTE DEGLI ANIMALI DOMESTICI NEI COMUNI

DELL’INTORNO DI MALPENSA17 Lo studio è stato compiuto dopo la messa a regime dell’impianto aeroportuale di Malpensa 2000, per valutare le eventuali compromissioni dello stato di salute degli animali domestici allevati nel territorio limitrofo all’Aeroporto di Malpensa e coincidente anche con tutto il territorio del Parco del Ticino.

17 AAVV, Analisi della salute degli animali domestici nei comuni dell’intorno di Malpensa, Milano, Regione Lombardia, Parco Ticino, Gennaio 2003.

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Si sono cercate eventuali alterazioni in senso lato dello stato di salute degli animali, legato ai fenomeni di inquinamento del territorio, considerando l’inquinamento atmosferico ed acustico. Sono state considerate manifestazioni a carattere neoplastico rilevate a carico degli animali da compagnia, che condividono con l’uomo il territorio e la comparsa di eventuali alienazioni comportamentali degli stessi animali, collegati al rumore ambientale, oltre che la salubrità di alcune produzioni animali quali latte, uova, carne e miele. L’area presa in considerazione è quella di Gallarate e dell’ASL di Varese. La tecnica di indagine è quella a campione sui cui in seguito viene effettuata la diagnosi istopatologica, per verificare presenze e tipologie tumorali. Si valuta quanto l’emissione di sostanze inquinanti, quali idrocarburi, metalli pesanti (piombo), rilasciati nell’ambiente a causa della presenza dell’Aeroporto di Malpensa, abbia determinato neoplasie o alterazioni comportamentali dovute a rumori. Un effetto conseguente all’immissione di inquinanti in atmosfera è la contaminazione delle acque, dove metalli pesanti e composti organici volatili, emessi dagli scarichi del traffico, reflui o industriali, costituiscano un importante fattore di rischio per l’uomo e per gli animali. E’ stato infatti rilevato che livelli crescenti di inquinanti (arsenico, cadmio, piombo, benzene, tricloroetilene) influenzano negativamente la produzione di uova da parte di galline, oltre che quella riproduttiva, la produzione di latte da parte di mucche e di miele da parte di api. Dagli studi effettuati è emerso che la maggior parte di neoplasie riscontrate proveniva da aree rispettivamente comprese tra i 5 Km ed oltre i 10 Km di distanza dall’aeroporto. Per quanto riguarda le cause derivanti dall’aumento di stress acustico, dagli studi compiuti, sono state rilevate variazioni nella produzione di latte, aumento di aborti di origine sconosciuta, aumento di stress rilevabile da variazioni comportamentali, sfociato in maggior aggressività da parte di molti animali domestici. Lo studio porta quindi a dedurre che anche nel comportamento dell’animale domestico si riflette la presenza del disagio già avvertivo presso più strati della popolazione, così come è stato evidenziato da studi epidemiologici in campo umano. - LA MIGRAZIONE DEGLI UCCELLI NELLA VALLE DEL TICINO E L’IMPATTO DI MALPENSA18 L’Aeroporto di Malpensa è ubicato in una vasta area naturale inclusa nella parte settentrionale del Parco Regionale Lombardo della Valle del Ticino. A seguito dell’ampliamento dell’aeroporto, come già spiegato nei paragrafi precedenti, è stato avviato un programma di studio per verificare gli effetti della presenza dello stesso sul sistema di migrazione degli uccelli a livello regionale. Tale presenza rappresenta forse un caso unico a livello continentale: un aeroporto internazionale posizionato presso piccoli nuclei urbani in lenta e progressiva espansione, al centro di una vasta area naturale occupata da boschi e brughiere. Esso si trova dove si intersecano i principali tragitti migratori che attraversano la Regione; possibili effetti negativi della presenza aeroportuale avrebbero ricadute elevate, poiché l’avifauna migratoria è uno degli elementi naturali più rilevanti del territorio del Parco e della regione. E’ risultato evidente l’effetto attrattivo giocato dall’illuminazione notturna delle strutture aeroportuali sugli uccelli in migrazione attiva. Tali effetti possono portare i migratori notturni a collisioni fatali ed a difficoltà nelle soste migratorie, imponendo grosse difficoltà di orientamento, sia per gli spostamenti, sia per le soste che devono effettuare dopo ore di volo; durante il giorno inoltre, accadono spesso collisioni tra stormi e velivoli, compromettendo la sicurezza di entrambi e la morte sicura dei primi. A lungo termine ciò potrebbe sfociare in un impatto negativo sul livello di sicurezza dei velivoli da una parte e sul livello di popolazione di queste specie dall’altro.

18 AAVV, La migrazione degli uccelli nella valle del Ticino e l’impatto di Malpensa, Milano, Regione Lombardia, Parco Ticino, Maggio 2003.

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- SPECIE ESOTICHE INTRODOTTE ATTRAVERSO L’AEROPORTO19 L’introduzione di specie esotiche causata dal trasporto intenzionale o accidentale attraverso confini un tempo invalicabili è, contemporaneamente all’alterazione di molti ambienti naturali, la principale causa di estinzione di specie particolarmente vulnerabili presenti nel parco. Accanto alle reti ecologiche naturali, che favoriscono la spontanea coevoluzione delle specie presenti negli stessi habitat, l’uomo crea delle reti di comunicazione artificiali che, veicolando gli organismi al di fuori del loro naturale areale di distribuzione e di potenziale dispersione, interferiscono con la spontanea evoluzione delle comunità biotiche. Queste dinamiche diventano spesso causa di forti squilibri ambientali a volte irreversibili. I molti e spesso inattesi effetti dell’introduzione di specie aliene potenzialmente invasive, oltre ai danni causati alle piante, agli animali, agli ecosistemi ed in generale all’equilibrio ambientale, possono provocare anche notevoli danni alla salute dell’uomo; le specie invasive, infatti, possono fungere da veicoli di malattie. Anche in Italia si sono verificati casi di introduzione di specie aliene tra cui maggiormente significativo è risultato quello della Diabrotica virgifera virgifera,piccolo coleottero che provoca gravi danni alle radici del mais, introdotto accidentalmente in Europa e giunto attualmente nell’area di Malpensa. Altro significativo caso è quello dell’ Anopheles gambiae, zanzara vettore del Plasmodium falciparum, introdotta accidentalmente, che trasmette all’uomo la malaria criptica identificata come “malaria aeroportuale”; altro esempio è quello di Trachemys scripta elegans o tartaruga palustre, introdotta volontariamente per scopi commerciali ed attualmente bandita dalla UE dal 1997 per problemi di infestazioni in ambienti naturali dove sono stati liberati numerosi individui. Le indagini effettuate, in particolare all’aeroporto di Malpensa, hanno evidenziato un’insufficienza delle procedure nazionali di prevenzione e di controllo degli aeroporti, le cui conseguenze si ripercuotono su tutto il territorio circostante, compreso quello del Parco del Ticino. - VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DELL’ARIA E MONITORAGGIO DELLO STATO DI SALUTE DELLA VEGETAZIONE BOSCHIVA CON TECNICHE DI RILEVAMENTO ALL’INFRAROSSO FALSO COLORE20 Gli studi compiuti sulla qualità dell’aria dimostrano purtroppo che i potenziali rischi a cui sono soggetti gli ecosistemi di carattere forestale sono molteplici e riguardano principalmente l’equilibrio nutritivo (a seguito dell’eccesso di apporti azotati), la funzionalità di processi fotosintetici e di regolamentazione della traspirazione (in relazione all’azione dell’ozono). L’alterazione di questi meccanismi può ripercuotersi innanzitutto sulla vitalità dei singoli individui e successivamente sull’equilibrio dell’ecosistema nel suo complesso a seguito dell’alterazione dei rapporti di concorrenza e della composizione specifica. Indubbiamente per alcuni inquinanti (biossido di azoto, benzene ed i suoi omologhi) le concentrazioni rilevate si discostano dai valori tipici di aree con funzione di protezione o ricreativo. Si registra il superamento di più valori di soglia che possono incidere sugli organismi vegetali e sui processi vitali, sia indirettamente, sia attraverso un’alterazione progressiva delle caratteristiche chimiche del suolo. Appare quindi necessario un risanamento complessivo delle condizioni di qualità dell’aria di tutta l’area della Valle del Ticino. Anche tramite il monitoraggio dello stato di salute della vegetazione boschiva, effettuato mediante tecniche di telerilevamento all’Infrarosso Falso Colore21, è emerso che spesso le aree boschive

19 AAVV, Specie esotiche introdotte attraverso gli aeroporti, Milano, Parco Ticino, settembre 2001 20 AAVV, Valutazione della qualità dell’aria mediante campionatori puntiformi passivi, Milano, Parco Ticino, 2002; AAVV, Monitoraggio dello stato di salute della vegetazione boschiva mediante tecniche di telerilevamento all’Infrarosso Falso Colore nella Valle del Ticino, Milano, Parco Ticino, Settembre 2001 21 Questa tecnica permette di utilizzare le lunghezze d’onda luminose nella fascia dell’infrarosso (si rimanda alla suddetta bibliografia per specifici chiarimenti tecnici) e può produrre fotografie in cui esiste una correlazione tra tonalità cromatica e livello di stress dei singoli esemplari arborei. Un albero in buone condizioni di salute dà, in genere una notevole risposta

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subiscono il fenomeno della competizione in cui, in presenza di troppi individui, prevalgono le specie dominanti e soccombono le altre; nei pressi delle aree industriali o molto antropizzate del parco, le piante subiscono maggiori stress ed il loro stato di salute è spesso pessimo, stato ben visibile con le fotografie derivate da tale studio, nelle quali è ben evidente che buona parte della vegetazione del parco fatica a sopravvivere a causa delle suddette ragioni. 1.6.1 LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA: UNO STRUMENTO INNOVATIVO Come valutare l’impatto ambientale derivante dalla realizzazione congiunta di numerose opere infrastrutturali sovrapposte fra loro, in un quadro scarsamente coordinato? Ben difficilmente questo risultato può essere conseguito attraverso la tradizionale Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), che richiede progetti definiti nel dettaglio, ed anche scenari di contorno stabili e non soggetti ad ulteriori decisioni strategiche. Il rischio fondamentale è quello di arrivare tardi, identificando impatti consistenti ma non più modificabili, e limitando gli esiti della valutazione ad interventi di mitigazione ex post o peggio, a compensazioni del danno ambientale più o meno improprie sotto il profilo tecnico. A questo rischio si affianca l’impossibilità di identificare gli effetti incrociati o cumulativi, derivanti dalla realizzazione congiunta di più infrastrutture nello stesso territorio (si pensi anche soltanto al problema del rumore generato dall’affiancamento di autostrade e linee ferroviarie ad alta velocità). Proprio la necessità di esaminare gli impatti cumulativi di più interventi è fra le cause dello sviluppo di nuovi strumenti di assessment, che vanno sotto il nome di valutazione Ambientale Strategica (VAS). Questo nuovo genere di valutazione si applica infatti non più a progetti di singole opere, ma ad interi piani, programmi o politiche di intervento, finalizzate nel caso specifico al potenziamento del sistema di trasporto a scala regionale. Un elemento da non sottovalutare è che lo sviluppo della VAS deve consentire di anticipare l’esame dei principali impatti ambientali dei piani, programmi e politiche, in modo da permettere un allargamento sostanziale delle alternative “strategiche” da sviluppare nel quadro degli stessi. In tal modo, la valutazione strategica rappresenta un elemento strettamente integrato con la formazione stessa del piano o del programma; il che dovrebbe costituire una più efficace garanzia della sua tendenziale ecosostenibilità. La Valutazione Ambientale Strategica è stata codificata dall’Unione Europea, che con la direttiva 42 del 2001 l’ha resa obbligatoria per tutti i piani dei trasporti, redatti a livello nazionale, regionale ed anche provinciale. L’ampio insieme di interventi previsto per l’accessibilità a Malpensa e/o per il potenziamento dei collegamenti interregionali fra Milano, il Piemonte e la Liguria, costituisce con tutta evidenza una “palestra” più che adeguata all’applicazione delle nuove tecniche. Ed è proprio su questa autorevole base che il Parco Lombardo della Valle del Ticino ha deciso di procedere ad una valutazione strategica dello scenario di sviluppo del sistema di trasporto collocato nelle aree a cavallo tra la Lombardia ed il Piemonte.

all’infrarosso, apparendo di un bel colore rosa-rosso; se però il suo stato di salute è compromesso, la chioma acquista una tonalità rosata smorta, fino ad assumere un colore ocra e verde grigiastro.

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Alcuni aspetti applicativi La redazione di una Valutazione Ambientale Strategica delle nuove infrastrutture programmate nel Parco Lombardo della Valle del Ticino presenta però alcune problematiche di rilievo. La prima, nella sua banalità, è quasi ovvia: è difficile sostenere che l’insieme delle opere previste formi un piano, od un programma di intervento coerente ed integrato. Manca, infatti, un documento di valore programmatico che contenga tutti gli interventi, motivandoli ed indicando priorità e fonti di finanziamento. A maggior ragione, mancano riferimenti certi alla situazione esistente, alle problematiche correnti o probabili nel futuro, alla diagnosi delle loro cause; così come manca una definizione esplicita degli obiettivi di intervento e della strategia più adeguata per farvi fronte. Al più, si può pensare che gli interventi in esame formino una generica politica tesa a recuperare il cosiddetto “deficit infrastrutturale” della Regione Lombardia. Si tratta, con tutta evidenza, di un oggetto dai margini molto sfumati, e dunque di ben difficile valutazione sotto il profilo strettamente tecnico. Pertanto, la prima fase di lavoro dovrà necessariamente applicarsi alla costruzione di uno o più scenari di intervento, corrispondenti ad obiettivi e strategie riconoscibili, che rispecchino gli intendimenti dei corrispondenti decisori. E qui un secondo problema: mentre la maggior parte degli indirizzi relativi alla VAS (inclusa la direttiva 42/2001) converge nell’indicare la piena corrispondenza fra pianificatore e valutatore, in questo caso il soggetto che si fa carico della valutazione ambientale (il Parco del Ticino) non coincide con gli operatori che hanno promosso la realizzazione delle singole opere. In questo senso, la valutazione promossa dall’Ente Parco rappresenta un’opera di supplenza, necessaria per ovviare ai principali contraccolpi ambientali derivanti, in primo luogo, dall’assenza di uno scenario programmatico univoco e motivato su un piano di evidenza tecnica e politica. Ciò non toglie che, evidentemente, la ricostruzione a posteriori di tale scenario non richieda uno sforzo interattivo, orientato innanzi tutto alla verifica delle strategie di sviluppo locale in atto nei numerosi Comuni del parco stesso. Se la costruzione dei possibili scenari di intervento rappresenta già un compito non facile, ancora più ardua risulterà la loro valutazione, sulla base di obiettivi e di linee di indirizzo molteplici, non sempre condivise da tutti i soggetti coinvolti. A tale proposito, sarà necessario fare riferimento innanzi tutto ai gruppi di obiettivi maggiormente codificati nella normativa nazionale ed internazionale, che appaiono gli unici in grado di raccogliere un sufficiente livello di consenso tra i differenti operatori coinvolti. Su questa base, risulterà possibile sviluppare griglie di coerenza fra insiemi di interventi ed obiettivi di sostenibilità ambientale, in modo da mettere l’Ente Parco, ma anche i Comuni coinvolti dai singoli interventi, in condizione di interloquire a ragion veduta, nei processi relativi all’approvazione dei loro progetti e/o delle corrispondenti Valutazioni di impatto Ambientale. Nondimeno, lo sviluppo della VAS dello scenario di sviluppo del sistema di trasporto nel Parco del Ticino potrà costituire un interessante esempio di valutazione secondo una logica “dal basso” che, se implementata con precisione tecnica e senso di responsabilità politica, potrà forse condurre a delineare un quadro di interventi meno impattante per il Parco stesso, e nel contempo più funzionale per gli utenti del sistema. La risposta politica a tale minaccia territoriale è stata recentemente proposta e sta facendo i suoi primi passi. Tutti i sindaci ed i tre rappresentanti delle Province del Parco Lombardo, infatti, hanno votato in sede di assemblea consortile (marzo 2004) di autofinanziare la valutazione strategica (VAS) su tutta l’area del Parco del Ticino (20 centesimi per ogni cittadino del Parco) che permette di disporre di argomentazioni utili e sostenute da dati scientifici rispetto alle scelte politiche che vengono perse agli alti livelli di potere. Attualmente è stata conclusa la prima fase della VAS che ha previsto l’analisi delle componenti ambientali e le varie e numerose interazioni con lo schema progettuale delle infrastrutture in progetto22. 22 Vedi “VAS dei programmi di sviluppo del sistema di trasporto nel territorio del Parco Lombardo della Valle del Ticino” a cura di NQA e Polinomia (febbraio 2005).

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1.6.2 LA QUALITÀ DELLE ACQUE DEL FIUME TICINO E DEI SUOI AFFLUENTI Uno dei punti nodali determinanti la funzionalità del corridoio ecologico e in generale la “salute” dell’intero territorio, delle comunità locali e dei turisti è rappresentato dalla qualità delle acque del Ticino e dei suoi affluenti. I due parchi da tempo provvedono a un attento monitoraggio, coordinandosi con gli altri enti competenti. Come si vedrà, però, i fattori di inquinamento sono molteplici e spesso non facilmente controllabili, a tal punto da rendere molto complessa la definizione di una qualità totale del corpo idrico. A cura della Professoressa Silvana Galassi (Dipartimento di Biologia,Università degli Studi di Milano) Il fiume Ticino e i suoi affluenti sono stati monitorati a partire dal 1998 sotto il coordinamento dell’Ente Parco che ha curato la stesura di rapporti annuali a partire dal 2000. Per la valutazione della qualità delle acque e per la loro classificazione sono stati utilizzati i descrittori previsti dal D.L.vo 152/99 e cioè macrodescrittori come ossigeno disciolto, BOD (richiesta biochimica di ossigeno), COD (richiesta chimica di ossigeno), ammoniaca, Escherichia coli, che indicano la presenza nelle acque di sostanze e microrganismi di origine fognaria e industriale e l’Indice Biotico Esteso (IBE), basato sul riconoscimento di organismi appartenenti alla comunità del macrobentos (animali di fondo visibili a occhio nudo). Questo indice varia soprattutto in funzione della disponibilità di ossigeno e della presenza di sostanze tossiche per l’intera comunità, come è il caso dell’ammoniaca o di altri inquinanti caratteristici degli scarichi fognari. Tale indicatore risulta poco sensibile alla presenza di microinquinanti che vanno ricercati per via analitica o con saggi ecotossicologici da condurre in laboratorio su singole specie o su batterie di saggi. In base a questi indicatori, le acque dell’asta del fiume Ticino sono state giudicate di buona qualità fino a Vigevano, mentre nel tratto finale lo stato ecologico è risultato sufficiente. Ben peggiore è la situazione dei principali affluenti del Fiume Ticino che presentano situazioni di qualità molto bassa, se non addirittura pessima o inqualificabile, soprattutto nei periodi di magra estiva. Esistono poi situazioni strutturali come quella relativa alla completa cementificazione del Canale Scolmatore di Nord Ovest che non consentono la determinazione degli indicatori ecologici (IBE): in un canale artificiale, infatti, non sono generalmente presenti organismi di fondo. La situazione sembra abbastanza stazionaria negli anni recenti e i tentativi di riqualificazione e miglioramento dei corsi d’acqua attualmente in progetto o in esecuzione sono rivolti a migliorare l’efficienza depurativa, ad esempio con la fitodepurazione (come nel caso del depuratore di Sant’Antonino Ticino) o la rinaturalizzazione delle sponde. Altre cause di degrado legate alla presenza di microinquinanti sono state individuate su scala di bacino; in particolare si ritiene che la presenza di DDT e composti omologhi e di PCB (policlorodifenili) nel lago Maggiore, venuta alla ribalta delle cronache a partire dagli anni ‘90 e dovuta alla presenza di un impianto di produzione di DDT sulle rive del Toce che è stato attivo fino al 1996, possa determinare effetti negativi anche nel Fiume Ticino emissario. Le analisi di alcune specie di pesci campionate nel tratto alto e basso del fiume dimostrano in effetti che i livelli di DDT e PCB in alcune specie sono elevati rispetto ad altri ambienti acquatici non soggetti a immissioni puntiformi di inquinanti; nel caso dell’anguilla e del barbo, superano addirittura il limite imposto per legge per il consumo umano (D.M. 19/2000) nel tratto più settentrionale del fiume. Il fiume peggiora, dunque, da monte a valle per i parametri grossolani e migliora per i microinquinanti che sembrerebbero provenire dal lago da cui si origina il fiume Ticino. Questa situazione non è sorprendente perché acque limpide e povere di sostanza organica trasportano gli inquinanti in soluzione mentre acque più torbide e ricche di sostanza organica quali sono quelle a valle degli insediamenti urbani, tendono a sequestrare il DDT e i suoi metaboliti nel particolato sospeso

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o nei sedimenti di fondo, diminuendone così la biodisponibilità per i pesci. Si può verificare, inoltre, un effetto di diluizione da parte di tributari meno contaminati a carico dei microinquinanti organoclorurati. La presenza di questi microinquinanti, d’altra parte, non è irrilevante dal punto di vista del giudizio di qualità del fiume e dei suoi affluenti. Il DDT è uno dei composti considerati prioritari dal D.L.vo 152/99 e la sua presenza a concentrazioni tali da comportare effetti a medio e lungo termine sulle comunità biologiche associate al corpo idrico è requisito sufficiente per far precipitare il giudizio ecologico “buono” o “sufficiente” in uno stato ambientale “scadente” o “pessimo”. Non è facile stabilire quale sia la concentrazione che possa essere considerata priva di effetti a lungo termine e a livello di comunità e questo può essere un motivo per l’esclusione del DDT dai parametri che hanno contribuito al giudizio di qualità. Sicuramente, in ogni caso, rischi per gli uccelli ittiofagi e per altri predatori che si nutrono di pesce ce ne sono: il DDE, principale metabolita del DDT, ha causato il declino di molte specie di uccelli nella seconda metà del secolo scorso in molte parti del mondo a concentrazioni paragonabili a quelle del Lago Maggiore e del Ticino; questo è uno dei motivi per cui l’uso del DDT è stato vietato in agricoltura negli anni ’70. La presenza di omologhi del DDT e dei PCB a livelli molto più elevati di quelli presenti negli ambienti acquatici non soggetti a sorgenti locali di contaminazione, al di là degli scopi classificatori della qualità delle acque correnti, dovrebbero creare un certo allarme, soprattutto in una zona protetta come quella del Parco del Ticino, dove transitano e nidificano molte specie di uccelli. Il DDE rientra, inoltre, nella categoria dei distruttori endocrini e dei possibili agenti cancerogeni. I suoi effetti di interferenza nei meccanismi di regolazione ormonale si manifestano con un carattere di antagonismo nei confronti degli ormoni maschili ma i dati attualmente disponibili non consentono di determinare quali siano le soglie di effetto sulle specie selvatiche. Resta comunque il fatto che i livelli accertati nei pesci del Ticino possono costituire un rischio per la salute umana, fattore che dovrebbe indurre a una certa severità sul giudizio di qualità delle acque. In merito ai microinquinanti ci sarebbero da aggiungere altre osservazioni: il problema DDT è emerso per il clamore suscitato dalla contaminazione del Lago Maggiore e quello dei PCB come diretta conseguenza, visto che si analizzano con lo stesso metodo. Ma il lago e il suo effluente potrebbero non essere l’unica sorgente di contaminazione. All’inizio degli anni ’80 furono trovati livelli molto alti di numerosi pesticidi clorurati, DDT incluso, nelle acque del Canale del Latte (Fiume Arno) che risultarono essere presenti anche in controlli successivi. La contaminazione fu messa in relazione alle concerie operanti nel comprensorio di Turbigo in quanto le pelli di importazione, che venivano trattate con insetticidi clorurati nei Paesi di origine, rilasciavano quantitativi ingenti di contaminanti durante la lavorazione. La maggior parte di questi insetticidi, molto poco solubili in acqua, finivano per concentrarsi nei fanghi del depuratore e nei sedimenti dei fiumi. Alcuni suoli potrebbero essere tuttora contaminati per effetto dello stoccaggio dei fanghi. Al momento le attività conciarie si sono ridotte di molto ma questo territorio potrebbe conservare memoria della contaminazione pregressa e costituire una fonte di contaminazione per effetto del dilavamento di suoli. Anche i fitofarmaci utilizzati in agricoltura potrebbero essere presenti nelle acque ed è probabile che le istituzioni preposte a questo tipo di controllo siano in grado di fornire dati analitici a riguardo. Questo aspetto non è stato considerato nei rapporti dell’Ente Parco. Nel 1986 furono condotte indagini a tappeto per il monitoraggio dell’atrazina, diserbante selettivo del mais che in quegli anni fu rinvenuto in molte acque sotterranee della Provincia di Pavia e del resto della Lombardia a livelli superiori ai limiti consentiti per il consumo umano. In quella occasione anche le acque del Ticino furono trovate inquinate, indicando che le attività agricole possono essere una sorgente di contaminazione a carico di fitofarmaci di uso locale. Complessivamente, si può dire che molti altri potenziali fattori di rischio chimico possono essere individuati per le acque che scorrono nel territorio del parco e che appare imprudente formulare un giudizio sulla base dei soli dati raccolti nei rapporti citati. Sarebbe necessario fare una ricognizione della letteratura ufficiale e “grigia” relativa al territorio del parco e alle aree limitrofe ed eventualmente avviare ricerche per raccogliere i dati mancanti. Esistono

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poi strumenti, in parte già delineati dalle normative vigenti, per individuare la presenza di composti potenzialmente pericolosi nelle acque basandosi sui saggi ecotossicologici. Essi potrebbero aiutare a individuare più rapidamente i tratti di fiume più soggetti a contaminazione a carico di microinquinanti.

ELENCO EVENTUALI ALTRI RISCHI PER IL SISTEMA FLUVIO-GOLENALE DEL TICINO - opere idrauliche; - opere di difesa spondale (in calcestruzzo e pietrame); - attività estrattive; - coltivazioni su terreni golenali (ad esempio pioppicolture); - immissione di acque utilizzate (modalità di depurazione/assenza di depurazione); - immissione di acque inquinate da parte dei suoi affluenti; - navigazione; - attività venatorie; - attività ricreative (ad esempio darsene per imbarcazioni da diporto di grandi dimensioni, aree attrezzate); - infrastrutture di attraversamento (esempio ponti); - infrastrutture di accesso (strade asfaltate, parcheggi); - linee elettriche; - espansione di ambiti edificati; - nuovi centri abitati di tipo sparso; - introduzione e diffusione di specie alloctone; - squilibrio creato dall’aumento di popolazione di determinate specie (ad esempio introduzione o proliferazione di cinghiali e di nutrie, problemi per aree agricole e per ecosistemi perifluviali); - squilibri dei movimenti migratori degli uccelli all’interno dell’area del parco; - precario stato di salute della vegetazione boschiva; - pessima qualità dell’aria che si ripercuote su tutti gli aspetti della vita del territorio;

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2. I PARCHI: VALENZE, FUNZIONI E OPPORTUNITA’ Le aree protette del Ticino e il contributo alla sostenibilità del territorio regionale, italiano ed europeo Quali sono i valori naturali e culturali dell’area considerata? Quali sono le funzioni esplicate? E, rispetto a queste, quali sono le problematiche alle quali occorre oggi far fronte? Di seguito un tentativo di sintetica risposta utile a evidenziare i punti di forza e di debolezza da conoscere per prevedere una migliore funzionalità del corridoio ecologico transnazionale. Gli obiettivi del capitolo 2 si sostanziano nel fare emergere le valenze del territorio, le potenzialità connotate dalla presenza ormai pluriennale delle due aree protette e le opportunità future suscettibili di essere sviluppate. Le valenze territoriali si configurano sia sotto il profilo dell’ecosistema fluviale che dal punto di vista del paesaggio culturale. Esse sono tutelate tramite la quotidiana attività di gestione, di controllo e di ricerca svolta dai due parchi, in misura diversa. Tradizionalmente, infatti, le aree protette in generale si occupano maggiormente della componente naturalistica del territorio, svolgendo monitoraggi e, ove necessario, reintroduzioni e riqualificazioni. Nei due casi considerati, vedremo che la volontà progettuale è stata anche estesa ad altri campi di azione in grado di coinvolgere nell’opera di protezione anche gli altri soggetti del territorio. In particolare si sottolinea qui la funzione di estrema importanza della protezione della valle del Ticino in qualità di corridoio ecologico che collega le Alpi con gli Appennini e, più in generale, con il Mediterraneo: esso, infatti, si configura come serbatoio di biodiversità e di incremento della biocapacità del territorio complessivo, permettendo lo scambio del patrimonio genetico e specifico (vedi box). Esso, inoltre, ha la capacità di assorbire le minacce e di funzionare da freno rispetto alla pressione dell’urbanizzazione. Inoltre il Ticino svolge importanti funzioni economiche, non solo quelle tradizionalmente legate al primario (agricoltura) e al secondario (centrali idroelettriche, industrie) ma anche al terziario (turismo). Occorre sottolineare, peraltro, che le molteplici funzioni che saranno esemplificate sono rese possibili in misura direttamente proporzionale alla qualità della matrice ambientale. In particolare, lo stato di naturalità dell’intero sistema fluvio-golenale si configura come parametro chiave: esso dipende da numerosi fattori, dei quali si farà cenno con alcuni approfondimenti. Per quanto riguarda la gestione idrologica del fiume, si sottolinea l’importanza del mantenimento di un deflusso tale da permettere la sopravvivenza e la riproduzione della fauna ittica, aspetto a cui dedicare una particolare attenzione in ragione dei molteplici e notevoli prelievi della risorsa idrica a carico di svariate utenze. “In tale campo, lo strumento di pianificazione di riferimento è il Progetto di Piano di Tutela delle Acque che prevede il progressivo raggiungimento del Deflusso Minimo Vitale BASE (DMV) entro il 2008 e del DMV completo di tutti i parametri entro il 2016. Il problema legato alla quantificazione e al mantenimento del Deflusso Minimo Vitale è piuttosto complesso: i risultati di diversi studi sul Ticino hanno portato a stime di DMV comprese tra 10 e 25 mc/s. Confrontando questi valori con l’analisi delle portate di magra si è constatato, quindi, che i periodi di crisi possono

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durare anche 6 mesi. A tale proposito il Consorzio del Ticino nell’ambito del Progetto Interreg II ha studiato e proposto nuove possibilità di gestione della diga della Miorina finalizzate alla riduzione dei danni alluvionali e alla valorizzazione delle risorse ambientali. Infatti, le acque regolate dalla diga e fornite alle utenze da sole non soddisfano le esigenze delle attività agricole della pianura, per cui una rilevante parte delle risorse idriche deriva dallo sfruttamento delle acque sotterranee rese disponibili grazie ai numerosi punti di risorgiva della falda” (Relazione generale del Piano d’Area, 2004). Un altro parametro molto importante che condiziona in modo determinante le funzioni sopra esplicate, sia quelle ecologiche che quelle economiche e sociali, è caratterizzato dalla qualità delle acque del fiume. Essa rappresenta una valenza in alcuni tratti del fiume contraddistinta da forte vulnerabilità per quanto riguarda il corso d’acqua e le falde acquifere (vedi par. 1.6.2). L’APPROCCIO ECOREGIONALE PER LA CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ Estratto da BULGARINI F. e TEOFILI C., La conservazione ecoregionale e la sua applicazione in Italia, WWF, 2004 In linea con le recenti interpretazioni della biologia della conservazione, il WWF a livello internazionale ha adottato dal 1996 un nuovo approccio nella tutela della biodiversità definito “ecoregionale” (EcoRegional Conservation=ERC) tramite la campagna intitolata “Global 200 Initiative”. Si tratta di un approccio scientifico23 volto alla definizione di un’efficace strategia per il raggiungimento di risultati consistenti e funzionali al mantenimento della vita sulla Terra e per la creazione di nuove opportunità di sviluppo umano. Tale finalità ha portato alla constatazione della necessità di ampliare la scala di analisi delle problematiche puntuali per arrivare alla scala di paesaggio ed ecosistemica: definito tale sfondo, occorre individuare e perseguire azioni a livello sia locale che regionale inserite in una programmazione che sia elaborata a partire da una prospettiva su tempi medio-lunghi (almeno cinquanta anni). L’obiettivo specifico della Conservazione Ecoregionale mira a conservare il più ampio numero di specie, comunità, habitat e processi ecologici, caratteristici di una determinata ecoregione. Una “ecoregione” è costituita da una unità terrestre e/o marina relativamente estesa che contiene un insieme distinto di comunità naturali le quali condividono la maggior parte delle specie, delle dinamiche ecologiche e delle condizioni ambientali. Essa costituisce quindi l’unità adeguata per impostare e realizzare un’efficace strategia di conservazione in quanto: - a scala di riferimento corrisponde a quella a cui i processi evolutivi ed ecologici creano e

mantengono la biodiversità; - è individuata geograficamente rispettando gli habitat e non coincide con confini politici e

amministrativi. Dopo tale fase di ricognizione e di conoscenza delle aree prioritarie, il processo ecoregionale prevede lo sviluppo della cosiddetta Biodiversity Vision, ossia la definizione di uno scenario desiderabile per la conservazione sul lungo periodo (50 anni). Indirizzati a tali obiettivi, si costruisce in seguito un Piano d’Azione e si procede alla sua attuazione. Dopo un’attenta analisi dei rischi e delle opportunità presentate sia dalla realtà socio-economica sia da quella ecologica a tale scala, la seconda fase comporta l’individuazione delle aree prioritarie (hotspots), intese quali zone puntuali ove si ritiene (tramite la valutazione di una serie di indicatori ecologici e del livello di minaccia) che sia più urgente e più opportuno intraprendere azioni di conservazione. Tale 23 Gli obiettivi scientifici specifici di tale approccio coincidono, come anticipato, con quelli della biologia della conservazione che possono essere sintetizzati nei seguenti: - rappresentare tutte le comunità naturali presenti nei diversi ecosistemi e nella rete delle aree protette; - salvaguardare i processi ecologici ed evolutivi che danno vita e sostengono la biodiversità; - mantenere le popolazioni vitali di specie; - conservare porzioni di habitat naturali grandi abbastanza da essere resilienti nei confronti di alterazioni a grande scala e

mutamenti a lungo termine; - preservare l’introduzione di specie invasive ed eradicazione o controllo di quelle esistenti.

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aspetto risulta particolarmente importante in termini di programmazione e di ottimizzazione delle risorse disponibili che sono sempre più limitate nel mondo governativo e non governativo. Attualmente sono state individuate 238 ecoregioni (142 terrestri, 43 marine e 53 d’acqua dolce) la cui conservazione e la corretta gestione sarebbero in grado di garantire la salvaguardia della massima area possibile in funzione della superficie minima necessaria richiesta. Di queste 238 ecoregioni, ognuna identifica l’ecoregione più significativa per ciascun tipo di habitat, in ciascun dominio biogeografico nel quale essa si trova. Esse vengono identificate secondo un criterio di valenza ecologica e di rappresentatività di ciascun tipo di habitat (ad esempio: foreste tropicali, barriere coralline, etc). Tramite la salvaguardia di tali aree sarebbe possibile proteggere il 90% della biodiversità presente sulla Terra. Il processo ecoregionale nelle sue fasi poco sopra indicate è stato avviato in molte regioni del mondo24, in particolare si cita per rilevanza quello relativo al Mare di Bering, uno dei più produttivi mari del Pianeta (Ecoregione n. 197) in cui è stato elaborato il Piano d’Azione con il coinvolgimento delle comunità locali. In Italia vi sono 3 delle ecoregioni prioritarie, caratterizzate dal tipo di habitat principale: - Foreste miste montane dell’Europa mediterranea (Ecoregione terrestre n. 77) che interessano in

particolare per quanto riguarda il contesto italiano le Alpi; - Formazioni forestali mediterranee (Ecoregione terrestre n. 123) che sono caratteristiche delle aree

forestali del Bacino Mediterraneo; - Mar Mediterraneo (Ecoregione marina n. 199). Per quanto riguarda lo stato di avanzamento del processo ecoregionale in Italia, per le Alpi è stata già individuata la Biodiversity Vision ed elaborata l’analisi socio-economica che permette di focalizzare le minacce e le aree prioritarie laddove l’azione è più urgente. Qui sono in via di definizione varie collaborazioni con le amministrazioni pubbliche volte alla definizione dei Piani di azione locale. Per quanto riguarda, invece, le altre due ecoregioni, il processo è attualmente in fase di avvio, tramite la definizione e l’elaborazione degli indicatori che permettano di conoscere lo stato ecologico e gli impatti dello sviluppo umano sugli ecosistemi. In tale contesto, l’area del Ticino appare di particolare interesse per l’ecoregione Alpi, costituendo un corridoio di connessione con l’ecoregione Mediterraneo. L’ecoregione Alpi è ritenuta la più vasta regione naturale rimasta nell’Europa centrale, anche se è stata profondamente trasformata dall’uomo e oggi rischia, per la sua localizzazione strategica, di subire alterazioni irreversibili. Il complesso geografico dell’ecoregione interessa 8 Stati alpini e 14 milioni di persone. Essa, secondo l’individuazione prodotta dalla Convenzione delle Alpi, occupa un’area di circa 191.000 km2 con una densità di popolazione apparentemente bassa (68 abitanti per km2) in quanto le comunità umane si sono concentrate nelle zone più accessibili (fondovalle, ambiti collinari, pedemontani e pianeggianti). I rischi che interessano tale area sono molteplici: dalla omologazione del paesaggio culturale all’estinzione di specie. Si tratta, inoltre, della più grande riserva d’acqua d’Europa, motivo per il quale è oggetto di un forte sfruttamento idrico oltre che di interessi esterni crescenti. In ambito alpino, fortunatamente, una buona quota di territorio (circa il 25%) è attualmente interessato da aree protette, sebbene queste siano spesso isolate le une dalle altre, fatto che mette in luce di creare una rete di corridoi che permetta di collegarle.

24 Per maggiori informazioni sull’evoluzione del processo ecoregionale nel mondo è possibile consultare il seguente sito: http://www.panda.org/resources/programmes/global200/pages/home.htm.

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2.1 LE RISORSE NATURALI: LA BIODIVERSITÀ Una delle valenze più importanti caratteristiche del territorio del Ticino è rappresentata dall’estrema ricchezza in biodiversità, parametro che è stato parzialmente quantificato e oggetto di studio, monitoraggio, controllo e tutela da parte delle due istituzioni protette. La biodiversità presente nel parco risulta particolarmente elevata a livello genetico, a livello di specie e di habitat. Tale affermazione non trova solo conferma nel riconoscimento internazionale ottenuto, come si è visto, da parte dell’Unesco, ma anche dall’inserimento dell’intera superficie delle aree definite dai due parchi naturali (21.000 ha) fra i siti di importanza comunitaria della regione biogeografica continentale (SIC, individuati ai sensi della Direttiva Habitat), che hanno recentemente ottenuto qualifica da parte dell’Unione Europea25. Esso è entrato così ufficialmente a far parte della rete ecologica europea denominata Natura 2000. I biotopi di maggior pregio sono individuati nelle lanche caratterizzate da una interessante flora idrofila e da ricchi popolamenti avifaunistici, nei greti a vegetazione xerofila e negli apparati forestali (Relazione generale Piano d’Area, 2004). Nell’ambito del Parco Lombardo sono stati individuati i seguenti biotopi: “Sorgenti del Rio Capricciosa”, “Brughiera del Vigano”, “Paludi di Arsago”, “Brughiera del Dosso”, “Ansa di Castelnovate”, “Turbigaccio, Boschi di Castelletto e Lanca di Bernate”, “Basso corso e sponde del Ticino”, “Garzaia della Cascina Portalupa”, “Boschi Siro Negri e Moriano”, “San Massimo”, “Boschi del Vignolo”, “Boschi di Vaccarizza”, “Boschi della Fagiana” (Scheda tecnica Parco Lombardo della Valle del Ticino, 2003). Per quanto riguarda la biodiversità genetica e specifica, sono stati realizzati e sono attualmente in corso diversi progetti che vedono i due parchi impegnati nella ricerca e nel monitoraggio. In particolare il Parco del Ticino Lombardo nel 1999 ha pubblicato l’Atlante della biodiversità. E’ stato il primo parco, secondo solo a quello d’Abruzzo, a mettere a punto questo importante strumento di conoscenza del patrimonio della biodiversità. Tale documento ha permesso di mettere a sistema le conoscenze fino ad ora accumulate e di evidenziare le eventuali lacune relative alle specie vegetali e animali che vivono o migrano attraverso il territorio protetto. Successivamente sono stati prodotti altri documenti volti a integrare tale Atlante (vedi Bibliografia). Nel territorio interregionale dei due Parchi risultano presenti “1.252 specie di funghi e 134 di licheni, mentre per quanto riguarda il regno dei vegetali si contano 866 specie di piante vascolari e 278 briofite; nel regno animale sono state catalogate 2.041 specie di invertebrati e 361 di vertebrati così suddivise: 53 di mammiferi, 105 di uccelli nidificanti, 127 di uccelli di passo, 14 di rettili, 10 di anfibi e 52 di pesci” (Relazione Generale Piano d’Area, 2004). Tali cifre non sono esaustive per tutti i gruppi; tuttavia per alcuni di essi vengono quantificate le specie rare, minacciate, il valore biogeografico, l’appartenenza a liste di importanza internazionale. Alcune specie di pesci ed anfibi sono endemiche della Pianura Padana e hanno solo nell’area del Ticino popolazioni abbondanti e pull genetici significativi per la conservazione stessa delle specie. Per conservare e ripristinare la biodiversità, oltre alla protezione e al recupero degli habitat, alcune specie scomparse dal territorio in tempi recenti sono state reintrodotte con successo (ad esempio Capreolus capreolus) e altre (Lutra lutra), per ora solo in fase sperimentale, sono in corso di reintroduzione (Dossier MAB, 2001). Fra i progetti si segnala la reintroduzione di 41 testuggini palustri in una lanca della Riserva naturale La Fagiana (1989) e quella del capriolo nella parte centrale del parco (1991): dal censimento del 2004 è stata stimata la presenza di circa 300 capi su un areale di 840 ha. Anche la cicogna è recentemente tornata spontaneamente a nidificare in alcune aree del Parco. Tale specie, peraltro, è oggetto di un progetto di reintroduzione in itinere, condotto dalla Lipu. Inoltre le due aree protette svolgono il controllo selettivo delle specie, come ad esempio nel caso del cinghiale e delle nutrie che costituiscono fattori di perturbazione degli ecosistemi presenti e dei sistemi

25 Il sito denominato “Valle del Ticino” è stato identificato e riconosciuto in qualità di SIC tramite la sigla “IT1150001” grazie alla “Decisione della Commissione Europea del 22 dicembre 2003 recante adozione dell’elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica alpina” (2004/69/CE).

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agricoli26. Dall’analisi dei vari approfondimenti specifici elaborati dal Parco del Ticino Lombardo emerge la seguente situazione che illustra, tramite alcuni indicatori, la notevole biodiversità, la sua rarità e vulnerabilità: Tipologia Numero di specie e indicazioni Totale Piante superiori (comprese le Pteridofite) presenti nel Parco lombardo

562 (quasi 1/10 della flora italiana)

Piante inferiori Oltre 1000 specie di funghi, 125 specie di licheni Piante presenti nel Libro Rosso 7 (5 V e 2 E) Piante presenti nella direttiva Habitat 2 Briofite presenti nel Libro Rosso 14 (10 E, 2 Ex, 1 V) Specie Animali Vertebrati 371 di cui Mammiferi 48 Uccelli nidificanti 105 (103 autoctone e due introdotte) Uccelli di passo 140 Rettili 14 Anfibi 10 Pesci 53 Uccelli presenti nel Libro rosso 10 (Tutti V) Uccelli presenti nella Direttiva Habitat 23 Pesci endemici 6 Pesci presenti nella Direttiva Habitat 10 Mammiferi presenti nel Libro rosso 9 (1 E, 2 V, 4 V) Mammiferi reintrodotti 4 Mammiferi endemici 1 (Microtus savii) Mammiferi presenti nella Direttiva Habitat 3 Anfibi endemici 2 Rettili presenti nel Libro rosso 2 (E) Invertebrati endemici 2 Invertebrati rari 19 Invertebrati presenti nella Direttiva Habitat 7 Piante officinali 37 Cultivars locali 4 Ex = specie estinta; CR = specie criticamente minacciata; E = specie minacciata; V = specie vulnerabile. Fonte: elaborazioni da documentazione sulla biodiversità elaborata dal Parco del Ticino Lombardo (vedi bibliografia) e Dossier MAB, 2001 Il Parco Lombardo sta attualmente realizzando un programma per la creazione di corridoi biologici di collegamento con altre aree di ambiente simile (in particolare altri parchi regionali), che attualmente sono, nella regione industriale della Pianura Padana, troppo frammentate e interrotte, al fine di garantire la sopravvivenza a lungo termine degli habitat e delle specie.

26 Il Parco Lombardo del Ticino concede indennizzi per i danni provocati all’agricoltura dagli animali selvatici.

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2.2 LE FUNZIONI DEL TERRITORIO PER LA COMUNITÀ UMANA Il territorio protetto, grazie alla presenza di molteplici risorse, svolge un ruolo multifunzionale rispetto alla comunità umana. Se ne presentano quindi le caratteristiche, in particolare fotografando la realtà del comparto agricolo, turistico e culturale. Il quadro degli utilizzi del territorio del Ticino appare particolarmente complesso. L’uso del suolo si è differenziato storicamente (vedi par. 1.1.1). Esso attualmente riveste una varietà di funzioni necessarie alla comunità umana nell’ambito delle quali le risorse “spazio”, “acqua”, “suolo”, “aria”, “clima” e “biodiversità” sono ampiamente sfruttate e rendono possibili numerose attività a carattere economico, sociale e culturale. Le varie funzioni vedono la sinergia integrata dell’uso delle suddette risorse o ne riguardano in particolare una. Se ne elencano di seguito alcune: - funzioni logistiche e di trasporto, aereo e terrestre; - funzione produttiva di settore (agricoltura, silvicoltura e pastorizia; utilizzo delle risorse inerti - cave,

etc); - funzione di abitabilità (territorio come luogo di vita); - funzione di depurazione, di stoccaggio/riciclo dei materiali (anche grazie alla funzione

autodepurante del fiume); - funzione ricreativa e turistica; - funzione didattica e culturale; - funzione relativa alla salute (in particolare per quanto riguarda le risorse riferibili alla qualità

dell’acqua e dell’aria) e al benessere psico-fisico (gradevolezza dell’ambiente di vita, assenza di rumore, etc).

Fra queste, ruolo prioritario riveste la funzione del territorio rispetto all’uso agricolo (in particolare uso del suolo e dell’acqua per l’irrigazione) e alle più generali attività agro-silvo-pastorali. Sebbene la lettura dei dati emersi dall’ultimo censimento ISTAT (2000) presenti un settore primario in forte contrazione, questo nell’area oggetto di studio si configura come un fattore comunque importante, anche se confrontato alle realtà medie regionali27. Inoltre, la pratica agricola può facilmente risultare alleata della protezione della natura, come dimostrano i vari progetti intrapresi dai due parchi. L’area dei due parchi presenta una vocazione agraria che contraddistingue gran parte del territorio, soprattutto caratterizzata dalla pratica dell’allevamento intensivo. Considerando il territorio di tutti i comuni coinvolti dalle due aree protette, la superficie agraria totale copre 67132,61 ettari mentre la SAU (Superficie Agricola Utilizzata, ossia quella effettivamente coltivata) ammonta a 53.486 ettari (ISTAT, 2000). Sebbene le coltivazioni rappresentino il principale uso delle superfici agricole (80%), emergono anche percentuali significative relative a colture boschive (10%) e arboricoltura da legno (5%) (vedi grafico). La SAU risulta dedicata a seminativi (91%) e solo parzialmente a prati di foraggiere e pascoli (8%) e a colture legnose agrarie (pioppeti) (1%).

27 Preme qui sottolineare la situazione della regione Lombardia in quanto in termini di produzione, essa è la regione più agricola d’Italia e occupa una posizione non irrilevante anche se confrontata al contesto europeo (UE dei 15 paesi) avendo capacità produttiva riferita alla superficie territoriale più che tripla rispetto alla media europea. Fra il 1990 e il 2000, l’agricoltura lombarda ha vissuto una profonda ristrutturazione che ha portato alla riduzione complessiva del numero di aziende da circa 132.000 unità a circa 75.000 e alla contrazione della superficie agricola totale del 12% circa mentre si è evidenziato un aumento della superficie media aziendale (oggi la più alta a livello nazionale; in parte più rilevante rappresentata dalla pratica dell’allevamento anche se in contrazione e verso la specializzazione) (RSA Regione Lombardia, 2004).

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Il territorio protetto nel suo complesso presenta più di 2000 aziende agricole (1.580 nei comuni del Parco Lombardo e 593 nei comuni del Parco Piemontese; ISTAT, 2000), di cui circa la metà non supera i 20 ha di superficie totale. Tali superfici risultano, però, mediamente più estese rispetto alle medie provinciali. La vocazione agricola risulta più evidente (vd. tabella) in particolare in provincia di Pavia. Come del resto rilevato a livello regionale, la forma di conduzione maggiormente riscontrata è quella da parte del coltivatore stesso che, in genere, tende ad avvalersi unicamente della manodopera familiare. Nell’ambito del territorio protetto sono registrati circa 2700 imprenditori agricoli. Pur essendo l’agricoltura dell’area tecnologicamente avanzata, tuttavia alcune zone, occupate da prati stabili e marcite, hanno mantenuto un alto grado di naturalità. Altre zone di questo tipo sono state per la maggior parte sostituite dalla maiscoltura. Le aziende nel Parco Lombardo della Valle del Ticino

Numero Aziende Superficie Totale in ettari Superficie SAU in ettari Totale comuni (in Prov. Varese) 215 2.735 1.921 Totale comuni (in Prov. Milano) 593 16.400 12.166 Totale comuni (in Prov. Pavia) 772 33.084 26.291 Totale Parco del Ticino Lombardo

1.580 52.215 40.378

Fonte: elaborazione da dati ISTAT, censimento del 2000 Le aziende agricole dei comuni28 facenti parte del Parco Naturale Valle del Ticino piemontese

Numero Aziende Superficie Totale in ettari Superficie SAU in ettari Totale 11 comuni (in Prov. Novara) 593 14.914 13.108 Fonte: elaborazione da dati ISTAT, censimento del 2000 Solo il 40% delle aziende agricole (642) del Parco Lombardo del Ticino29 pratica l’attività zootecnica (concentrate soprattutto in provincia di Milano), un tempo molto più consistente e caratterizzante

28 Si rammenta che nel caso del Parco Piemontese occorre ricordare che solo porzioni delle superfici comunali ricadono entro i confini dell’area protetta. 29 Il Parco Lombardo della Valle del Ticino dispone dalla fine del 2004 di un’analisi socio-economica con i dati aggiornati grazie all’elaborazione dei risultati dei più recenti censimenti ISTAT (popolazione e abitazioni, 2001; agricoltura, 2000). Tale studio costituisce una delle principali fonti della sintesi qui presentata.

Superficie aziendale secondo l’utilizzazione dei terreni (2000)

80%

5%

4%1%10%

SAU

Arboricoltura da legno

Colture boschive

Sup. agraria non utilizzata

Altra sup.

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l’agricoltura locale. La tipologia di allevamento più diffuso è quello suinicolo, secondariamente quello avicolo e bovino (30.023 capi, con una media di 80 capi per azienda). La risorsa idrica non permette al territorio solo di esplicare la funzione agricola ma viene ampiamente sfruttata anche per altri usi: in particolare sorgenti di acqua potabile e utilizzo da parte delle centrali termoelettriche e delle industrie (in particolare per i cicli di raffreddamento). Occorre a questo proposito ricordare che il territorio protetto si presenta come assai industrializzato, soprattutto in provincia di Milano, sebbene l’economia si contraddistingue attualmente per il ruolo rilevante del terziario (aumentato significativamente negli ultimi dieci anni). Fra le altre funzioni espletate dal territorio per la comunità umana emerge attualmente per importanza e consistenza quella legata alle attività ricreative (turismo, escursionismo, bicicletta, canoa, cavallo, raccolta di funghi, pesca, nuoto, campeggio in zone controllate, etc). Il turismo naturalistico (conoscenza dell’ambiente, birdwatching etc) si sta sviluppando via via negli ultimi anni e riguarda un numero sempre crescente di visitatori italiani e stranieri interessati a conoscere e studiare gli aspetti ecologici (le foreste, gli uccelli, gli ambienti umidi) o storico-culturali del territorio del Parco. Nel territorio del Parco Lombardo del Ticino, laddove l’accesso è libero, i valori sono stimati intorno a qualche milione l’anno di visitatori, in ragione della prossimità di grandi centri urbani (Milano, Varese, Pavia, Novara). Stime puntuali effettuate nei giorni di festa, portano a cifre record di 800.000 presenze in un solo giorno, principalmente per la frequentazione delle spiagge del fiume. Stime più precise, basate sulle richieste di autorizzazioni, riguardano il turismo naturalistico e le visite guidate per le scuole ed i gruppi organizzati e i permessi per la raccolta dei funghi (mediamente 15.000/ anno) (Dossier MAB, 2001). Per quanto riguarda l’area del Parco del Ticino Piemontese non sono stati ancora realizzati monitoraggi annuali. Dal censimento del 23 maggio 2004 integrato con interviste dirette risulta la presenza di oltre 4.800 ingressi, con un massimo (454 ingressi) registrato presso l’accesso di Cameri (sottopasso “Pelobate”) e un minimo (32 ingressi) all’accesso di Oleggio (Marescotti, 2004). Nel complesso, quindi, per il territorio interessato dai due parchi può essere stimata una cifra di circa 850.000 presenze nelle giornate caratterizzate da forte afflusso. Un’altra importante funzione dai territori protetti degna di nota è quella comportata dalla qualità dell’aria e dal ruolo degli ecosistemi svolto rispetto al clima e al micro-clima. Non bisogna dimenticare, infatti, che soprattutto le matrici forestali (ma in generale tutti gli ambienti naturali in misura diversa) svolgono un importante ruolo di organicazione, e quindi di sottrazione, della CO2 che necessita di essere letto alla scala regionale, nazionale e globale. I due enti-parco entrano in gioco, quindi, nella cruciale questione del cosiddetto “Effetto Serra” non solo tramite l’opera quotidiana di mantenimento e di protezione dei boschi e delle foreste ma anche realizzando opere di riforestazione. Progetti innovativi per incrementare tale funzione sono stati avviati dal Parco Lombardo del Ticino. Si cita, in particolare, l’iniziativa realizzata nell’ambito di “Impatto zero”, progetto ideato da LifeGate, “piattaforma per il mondo eco-culturale”, che permette di quantificare l’impatto ambientale di attività prodotti, aziende, persone e offre la soluzione per compensarlo, concretizzando gli intenti del Protocollo di Kyoto. E’ stato realizzato, ad esempio, un calendario, i cui proventi saranno dedicati a riforestare e tutelare zone boschive all’interno del Parco. E’ inoltre in via di definizione, grazie alla mediazione del WWF Italia, un accordo con i proprietari dei terreni per riforestare un’ampia area localizzata alla confluenza con il Po. Vi è, infine, una proposta che vede l’Ente Parco in prima linea nella sua promozione (si tratta di uno dei 10 progetti innovativi lanciati nel 2002) chiamata “Mal’aria: cogenerare alla Centrale di Turbigo”. Recenti studi realizzati dall’area protetta hanno infatti messo in luce lo stato di particolare degrado dei boschi a causa dell’inquinamento atmosferico30. Tra le soluzioni tecnologiche possibili emerge la possibilità di sfruttare tramite la cogenerazione (ossia la produzione di

30 Secondo tali analisi, quasi il 10% dei boschi della Valle del Ticino stanno subendo un grave danno (stato di stress fisiologico indotto dal peggioramento della qualità dell’aria) e in provincia di Varese la percentuale sale a circa il 15% (Parco del Ticino, 2002).

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energia elettrica dal calore) il calore attualmente disperso sotto forma di raffreddamento delle turbine della centrale termoelettrica (Parco del Ticino, 2002). COME IL PARCO PUO’ AGIRE PER IL CLIMA? L’ESEMPIO DEL TELERISCALDAMENTO La presenza di una centrale termoelettrica in un’area protetta rappresenta sicuramente un fattore puntuale di rischio: emissioni in atmosfera, sfruttamento delle acque per il raffreddamento degli impianti, rilascio di acque che alterano l’equilibrio termico del fiume, etc. Il Parco del Ticino Lombardo convive dalla sua nascita con la centrale di Turbigo (attualmente di proprietà Edipower) e ora ha deciso di agire come promotore di un miglioramento delle performances ambientali di tale struttura. Dopo aver lanciato l’idea, il Parco ha conferito un incarico all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia (Centro di ricerche per l’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile della Lombardia) e al Comitato Termotecnico Italiano per verificare la fattibilità preliminare e l’opportunità di utilizzare il calore di scarto prodotto dalla centrale come energia termica per il (tele)riscaldamento delle zone abitate che si trovano nei comuni limitrofi. Il Teleriscaldamento consiste essenzialmente nella distribuzione di acqua calda o surriscaldata attraverso una rete di tubazioni interrate, destinata al riscaldamento degli edifici e alla produzione di acqua calda igienico-sanitaria. I responsabili dell’Edipower hanno dimostrato una disponibilità di massima a valutare tale progetto. Una configurazione analoga, infatti, è stata adottata dalla centrale di Piacenza per la fornitura di calore alla locale rete di teleriscaldamento. L’analisi territoriale ha dimostrato che l’area più idonea per essere servita dalla rete di teleriscaldamento interessa 16 comuni tra le province di Milano e di Varese ed è caratterizzata da una domanda potenziale di circa 1.400 GWh termici annui. Nelle stime compiute si ipotizza di allacciare una quota variabile tra il 35% e il 45% dell’utenza di calore presente nei vari comuni. Lo studio ha permesso di stimare l’investimento complessivo in circa 200 milioni di euro (collettore, rete locale, sottocentrali e adeguamento della centrale). L’analisi di redditività ha evidenziato che l’investimento stimato e i costi di esercizio della rete possono essere ripagati attraverso la vendita di calore e tramite incentivi già previsti dall’attuale legislazione (come certificati verdi e titoli di efficienza energetica). Alcuni fra i benefici economici e ambientali del progetto: - Perdite di rete inferiori alle perdite associate al rendimento delle caldaie del sistema attuale. - Risparmio di energia primaria di 350-500 GWh/anno. - Riduzione di emissioni di CO2 pari a 100-150 kt CO2/anno, contribuendo così alla riduzione di gas

serra, come previsto dai programmi per l’attuazione del Protocollo di Kyoto. - Riduzione media dello scarico termico della centrale (circa del 10%) durante la stagione di

riscaldamento. - Eliminazione di una quota significativa (40%) delle emissioni locali derivanti dai sistemi di

riscaldamento urbano (in particolare di NOx e polveri sottili). - Riduzione dei costi per le singole utenze. Estratto da “Studio di pre-fattibilità orientato alla verifica del possibile utilizzo della centrale di Turbigo per l’alimentazione di una rete di teleriscaldamento nell’area vasta circostante - Rapporto finale”, a cura di CRASL (Centro di ricerche per l’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile della Lombardia) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e del Comitato Termotecnico Italiano, ottobre 2004

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Ovviamente tali funzioni nel loro complesso verrebbero a mancare se le valenze sulle quali esse si basano venissero compromesse da rischi e minacce in corso. Per tale motivo si ritiene che esse vadano mantenute e valorizzate, sperimentando anche la monetizzazione dell’eventuale perdita relativa, in modo tale che essa possa rientrare a pieno titolo nei bilanci benefici-costi elaborati a monte di interventi infrastrutturali. Questo permetterebbe non solo l’internalizzazione dei costi ambientali sempre provocati da un intervento antropico ma anche di dare agli enti locali uno strumento operativo in grado di fornire utili risposte a programmazioni e decisioni di tipo top down. 2.3 IL TERRITORIO COME LUOGO DI IDENTITÀ E DI

CULTURA Il territorio protetto si caratterizza anche per la sua valenza culturale e quindi per le funzioni esplicate in termini di luogo di identità e di sviluppo di appartenenza alla società. Il rapporto storico uomo-natura è testimoniato da varie e numerose emergenze archeologiche e architettoniche. La valle del Ticino presenta una miscellanea di elementi culturali e naturali; aspetto questo che costituisce una valenza oltremodo significativa e da valorizzare, non solo in senso turistico ma anche per riallacciare il legame fra uomo e natura che è individuato spesso come all’origine di comportamenti virtuosi rispetto all’ambiente. Il paesaggio naturale e culturale contraddistingue, inoltre, il territorio protetto in qualità di luogo di rafforzamento dell’identità e di riconoscimento sociale. Anche tale funzione risulta particolarmente importante in quanto, al di là delle lodevoli attività perseguite dagli enti parco e dal valore della normativa di protezione, al fine del raggiungimento della sostenibilità occorre puntare sulla consapevolezza e responsabilizzazione della comunità locale rispetto al proprio ambiente di vita. In tale contesto, risulta di interesse ragionare in termini di caratteristiche paesaggistiche che presentano una particolare rilevanza. Le tipologie di paesaggio che possono essere enumerate all’interno del territorio risultano molteplici. I paesaggi d’acqua sono rappresentati non solo da ambiti fluviali, fontanili, zone umide ma anche da importanti strutture storiche legate allo sfruttamento idrico31 (ad esempio gli importanti elementi monumentali lungo il Naviglio Grande: Castelletto di Cuggiono, Villa Clerici, Villa Archinto, Villa Gaia o marcite e risaie). Il paesaggio storico e archeologico risulta anch’esso molto ricco. Le testimonianze preistoriche, infatti, risalgono al Paleolitico medio (50.000 anni fa), mentre fra quelle protosoriche è da annoverare il sito archeologico di Golasecca risalente all’età del ferro, la cui cultura ha avuto il massimo sviluppo proprio nell’area del Ticino. “Necropoli celtiche e poi romane testimoniano la romanizzazione delle popolazioni celtiche che occupavano l’area, mentre l’età imperiale è testimoniata da resti di ville rustiche e di vie di comunicazione. In questo periodo si sviluppò maggiormente la funzione di via di comunicazione e di scambio commerciale di questa importante area di passaggio fra il mondo centro europeo e quello mediterraneo” (Dossier MAB, 2001). Più tardi i Longobardi, che ebbero in Pavia una delle loro capitali, occuparono l’area: una necropoli ad Arsago Sepio e altri numerosi resti lo testimoniano tuttora. Fra i numerosi castelli ed edifici romanici è da ricordare l’importante Abbazia di Morimondo per il ruolo ricoperto nell’introduzione di pratiche agronomiche (marcite). Il Rinascimento è ricordato da splendidi edifici e centri urbani tuttora intatti mentre il periodo barocco è testimoniato dall’esistenza di importanti ville storiche. Nella storia italiana 31 Le grandi opere idrauliche del basso Medio Evo e la canalizzazione delle acque, a partire 1166, hanno rappresentato, infatti, una innovazione tecnologica epocale nota in tutta Europa.

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più recente e ancora viva nella identità delle popolazioni locali, è infine l’epopea del Risorgimento cui sono legati i luoghi dell’area del Ticino, le ville patrizie e le chiesette di campagna. Il fiume è stato confine politico e protagonista di battaglie storiche, mentre la città di Magenta, al centro del territorio del parco, ricorda la vittoria franco-piemontese sugli austriaci del 1859 e l’annessione definitiva della sponda sinistra del fiume al Regno d’Italia. (Dossier MAB, 2001). Come spesso è successo nella storia, infatti, i fiumi rappresentano un elemento territoriale legato non solo all’immaginario simbolico (si pensi ad esempio all’Eldorado) ma anche alle vicende legate all’annessione di territori, venendo ad assumere, così, il ruolo di portatori di identità nazionale32. Il paesaggio rurale caratterizza culturalmente e quindi anche dal punto di vista identitario la maggior parte del territorio protetto. Si segnala il particolare valore di testimonianza rivestito dalle cascine tipiche e dai numerosi mulini ad acqua: tra queste, la Sforzesca che data della fine del ‘400, residenza di campagna di Beatrice d’Este, moglie di Ludovico il Moro. Leonardo da Vinci ne ideò e progettò il sistema di irrigazione , regolando la captazione e la canalizzazione delle acque di risorgiva (Dossier MAB, 2001). Per dare un’idea dell’importanza della quantità dei nuclei rurali esistenti nel territorio si ricordano qui alcuni sintetici dati, risultato di un censimento condotto dal Parco Lombardo della Valle del Ticino nel 1985 (Atti del convegno “Insediamenti rurali nel Parco del Ticino: situazione, prospettive”, 1985). Nel complesso sono stati censiti 843 insediamenti, la maggior parte dei quali ricade nella pianura irrigua, ossia nel territorio centro-meridionale del parco. In particolare la densità risulta maggiore nell’Abbiatense e nel Magentino. All’interno della produzione artigianale e artistica dei comuni del Parco del Ticino anche la cultura religiosa riveste un ruolo importante. Il territorio è infatti disseminato di testimonianze sacre a partire dall’età medievale sino agli inizi del XX secolo. Risultano infatti numerosi santuari, basiliche, chiese parrocchiali, oratori, cappelle votive e numerosi piloni devozionali (Relazione generale Piano d’Area, 2004). 2.4 GLI ATTORI: UN PANORAMA ATTIVO E COMPLESSO A latere della realtà territoriale ricca e complessa fin qui delineata, occorre soffermarsi sul contesto sociale esistente, analizzato secondo la logica dell’interazione dei molteplici attori che agiscono mossi da interessi (pubblici e privati) spesso molto diversificati. L’esistenza delle aree protette ha in particolare contribuito alla crescita della cultura della partecipazione, parametro che risulta molto importante nella valutazione delle possibilità di successo delle politiche di conservazione. In questa sede preme sottolineare un’altra funzione/valenza, di solito poco considerata, che vede nell’istituzione di un parco l’attivazione e la crescita della cultura della partecipazione. Infatti, come dice Bobbio, “il processo decisionale si configura anche e soprattutto come sede di apprendimento” (Bobbio, 1990) in quanto “vi sono decisioni intorno a determinate questioni che tendono a presentarsi con una certa costanza, permettendo quindi che parte degli attori si specializzi in esse ed inizi ad interagire continuativamente con altri attori specializzati”, permettendo che si crei così “un sottosistema adeguato alla loro soluzione”. Gli attori che si trovano così implicati in un processo decisionale apprendono contenuti e metodi e anche culture e linguaggi, i quali possono via via divenire comuni, condivisi (Legnante, 2000). Si assiste in certi processi decisionali grazie a questo meccanismo

32 Per una trattazione esaustiva e suggestiva del tema del valore simbolico assunto dai fiumi nella storia si veda l’opera Paesaggio e memoria di Simon Schama.

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un’attenuazione dei conflitti, anche se è possibile che si verifichi la cosiddetta sclerotizzazione del conflitto stesso per l’arroccarsi su posizioni non conciliabili. Importanti soggetti del territorio protetto sono gli attori e le interazioni che fra essi si creano. “Gli studi dei processi decisionali hanno mostrato che a diversi tipi di attori (quali ad esempio le organizzazioni di categoria, i partiti, gli esperti) si associano tipi di comportamento che spesso tendono ad avere caratteristiche comuni” (Legnante, 2000). Il territorio protetto presenta in totale una popolazione di più di 500.000 abitanti33, particolarmente concentrata nella provincia di Pavia34. Si tratta, quindi, di parchi particolarmente antropizzati. In particolare, nel corso degli anni ’90 a fronte di un calo della popolazione in quasi tutte le altre province piemontesi e lombarde considerate, la popolazione dei comuni dei parchi ha ripreso a crescere, soprattutto in funzione dei flussi migratori positivi in grado di bilanciare il decremento di natalità e al tempo stesso mostrare dinamiche meno accentuate di senilizzazione. Le dinamiche demografiche di lungo periodo, tra il 1971 e il 2001, evidenziano, nella variazione della popolazione, un’evoluzione dei centri ricadenti nella provincia di Novara per molti aspetti assimilabile ai comuni dell’ovest milanese e della provincia di Varese (Relazione Generale Piano d’Area, 2004). La densità di popolazione risulta mediamente piuttosto bassa (poco meno di 500 ab/kmq), raggiungendo i valori più ridotti in provincia di Pavia (Parco Lombardo della Valle del Ticino, 2004). La popolazione locale risulta particolarmente impiegata nelle aree metropolitane di attrazione (come Milano) e nelle unità locali. Attualmente le attività economiche nei comuni nel Parco presentano un maggior numero di addetti nell’ambito dei servizi (con una ridotta presenza del commercio) anche se l’industria ricopre ancora un ruolo importante anche se in forte contrazione. Sebbene l’attività agricola caratterizzi il territorio protetto (come sopra ricordato), essa occupa percentuali molto ridotte di addetti (che superano l’1% solo nell’ambito della provincia di Pavia) (Dossier MAB, 2001). Il territorio si presenta attivo e complesso: oltre all’estrema molteplicità degli enti locali, si annoverano associazioni ambientaliste, culturali e di categoria e comitati nati spontaneamente soprattutto in reazione all’intensificazione del traffico aeroportuale e alla progettazione di opere infrastrutturali a esso connesse. Si rimanda al prossimo paragrafo per la trattazione del panorama degli attori locali rispetto ai quali è stata condotta un’analisi specifica (vedi anche Allegato n. 2). Il ruolo delle associazioni ambientaliste e culturali risulta particolarmente importante non solo in considerazione della dinamica istituzionale dei parchi del Ticino (vedi capitolo 1) ma a nche attualmente in quanto esse rappresentano partner indispensabili per gli enti di gestione. Nell’ambito della ricerca condotta relativamente alla comunità locale (si veda il prossimo paragrafo e l’allegato n.2) è emerso un panorama di realtà associative e di comitati particolarmente ricco e variegato. 33 Il dato numerico più aggiornato disponibile riguarda la popolazione che interessa i 47 comuni del Parco Lombardo del Ticino in quanto è stata elaborata un’analisi socio-economica ad hoc. Essa risulta di 447.641 abitanti (2004). Per quanto riguarda il Parco del Ticino Piemontese risulta difficile calcolare il numero di abitanti visto che i relativi confini sono interessati solo parzialmente e in maniera differenziata dall’area protetta. Considerando il dato disponibile, ossia relativo al totale della popolazione comunale, gli 11 comuni piemontesi presentano una popolazione di 87.880 abitanti (ISTAT, 2001). 34 A tal proposito, occorre sottolineare che il territorio protetto ricade principalmente in provincia di Pavia.

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2.4.1 IL TERRITORIO DEL TICINO NELLA PERCEZIONE DELLA POPOLAZIONE Nell’ambito della presente ricerca, è stata svolta un’approfondita analisi sulla percezione della comunità locale e dei testimoni privilegiati (gli attori portatori di interesse) rispetto al territorio del Ticino (per l’analisi dettagliata dei risultati della ricerca si rimanda all’Allegato n.2). L’attenzione per tali aspetti risulta innovativa e necessaria nel momento in cui si riflette sull’opportunità di coordinare le azioni per la protezione del corridoio ecologico transnazionale. A cura di Silvia Barbaruolo e di Chiara Pirovano La costituzione dei due Parchi ha rappresentato per i residenti una duplice novità: da un lato, l’affermarsi di valori nuovi di tutela ambientale e attenzione ecologica, che attraversavano le opinioni della società in generale, arrivando fino alle comunità locali; dall’altro, tra le conseguenze dell’istituzione dell’area protetta si è assistito ad un diverso uso del territorio proprio da parte dei residenti. Dalla metà degli anni ’70 le attività sono state infatti regolamentate in senso restrittivo. La prima visione del parco come vincolo nasce dall’incomprensione, delle visioni ecologiche che hanno stabilito limitazioni e dei regolamenti messi in atto che erano interpretati come volontà di espropriazione di potere, controllo ed appartenenza alle comunità locali. Con il tempo, il ricambio generazionale della popolazione attiva, le mutate attività produttive ed il radicarsi di sensibilità ambientali (Inglehart 1983), queste opinioni sono sopravvissute soltanto in una minoranza di residenti. Le indagini condotte dal CENSIS nell’ambito del programma di ricerca sui parchi della Regione Lombardia, rivelano infatti che nel 1984 la maggioranza dei residenti non era consapevole di risiedere in un’area protetta, né in quale zona del P.T.C. fosse situato il proprio comune: la conoscenza e l’interesse verso i problemi del parco, riguardava una minoranza rappresentata perlopiù dalle classi d’età giovani ed intermedie, ed a livello geografico dagli abitanti della provincia di Milano (CENSIS 1984). Nel 1988 la seconda edizione della ricerca restituisce un quadro di aumentata consapevolezza: dell’esistenza dell’area protetta, dell’esistenza di un sistema di vincoli; si auspicava in misura minore la diminuzione di vincoli edilizi e produttivi, si approvava maggiormente il sistema dei vincoli, mentre rimaneva l’auspicio di maggior partecipazione cittadina, peraltro aumentata nella promozione del parco. Oltre al constatare l’aumento di visitatori turisti nell’area, in misura maggiore rispetto a quattro anni prima, rimaneva prevalente l’opinione che l’istituzione del parco avesse portato maggior qualità della vita (CENSIS 1988). Inoltre occorre considerare come in tale contesto il discorso, scientifico e comune, sulla globalizzazione ha portato a rivalutare il senso della dimensione locale. La logica de-gerarchizzante tra i diversi livelli di governo, che mette in discussione la tradizionale dicotomia centro/periferia, attribuisce un nuovo statuto di “locale” alle periferie territoriali, tanto da poter parlare di dinamiche di “glocalizzazione” (Magnier, Russo 2002). Nel contesto considerato dalla ricerca, caratterizzato dalla presenza maggioritaria di comuni di piccola e media dimensione, che hanno generalmente conservato l’entità del saldo demografico nel tempo, e che si confrontano con trasformazioni globali con ricadute locali, il concetto risulta particolarmente calzante. In effetti, i gruppi politicamente attivi sul territorio, soprattutto quelli ambientalisti, avanzano le loro rivendicazioni appellandosi ad un’essenza per così dire “indigena” che legittimerebbe prioritariamente queste posizioni in quanto autoctone: si va dalla proclamazione di un’identità “padana” che trova radici in discendenze celtiche (i resti archeologici della civiltà proto-celtica di Golasecca, nel nord del parco, rinforzano peraltro quest’idea), alla rivendicazione di un’autodeterminazione sul modello ecocompatibile degli indios amazzonici. Il comitato “No tangenziale”, tra le strategie di visibilità, si avvale della collaborazione di un documentarista televisivo che, nel periodo della ricerca, stava confezionando un video dall’ironico titolo “Indigeni padani”: si tratta di riprese di vita quotidiana di abitanti, agricoltori, artisti del territorio che verrebbero danneggiati dalla costruzione della cosiddetta Boffalora – Cusago. Alcune associazioni intervistate specificano il

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loro ruolo nell’interpretare e nel contribuire a costruire un senso di appartenenza al territorio che si declina in tutela ad accoglienza: il senso del luogo dovrebbe contribuire a creare una comunità aperta che si confronta con le altre comunità e le nuove popolazioni, in una continua ricerca di equilibrio ed evoluzione. Le reazioni “protettive” alle sfide della globalizzazione, che esaltano la biodiversità locale di fronte al rischio globale, piuttosto che quelle “proattive”, che cercano di massimizzare le opportunità dell’economia globale, portano a distinguere tra due dinamiche: un “glocalismo difensivo”, che cerca di erigere barriere per proteggere il territorio, inteso come luogo e tessuto sociale, minacciato; ed un “glocalismo espansivo” che attiva le proprie risorse per sviluppare benessere con ricaduta locale (Magnier, Russo 2002). In questo caso, la difesa del territorio dal punto di vista ambientale si rifà al primo concetto, mentre guarda al secondo relativamente alla crescita ed alla “contaminazione” sociale. La percezione dell’area del Ticino come “territorio di conquista” di contemporanei “cercatori d’oro”, si costruisce intorno a metaforizzazioni di processi espansivi in atto o in gestazione: l’ “oro nero” effettivamente cercato nei progetti di Agip a Castelletto di Cuggiono; l’espansione dell’area metropolitana milanese i cui nuovi confini verrebbero ridisegnati dalle nuove tangenziali esterne (la nuova est che collega Melzo, così come la Boffalora – Cusago); il Piano d’Area di Malpensa 2000, infine, avviato senza adeguate valutazioni d’impatto ambientale e con il deficit democratico di cui sopra, dove la maggioranza azionaria di S.E.A. è costituita dal Comune di Milano, viene percepito come l’espansione del modello metropolitano milanese, distruttivo e giudicato asfissiante per la qualità della vita. Peraltro, il situarsi geograficamente nell’estremità ovest della Regione Lombardia, diventa una coincidenza significativa con il “west” statunitense, territorio di conquista dove proprio le popolazioni autoctone sono state annientate. Queste opinioni ed interpretazioni della realtà, largamente condivise dalle comunità locali seppur con intensità e convinzione diverse, fanno del territorio del Ticino un “luogo contestato”: l’interpretazione dell’identità del luogo, attraverso la rivisitazione del passato e della sua vocazione, rende la sua popolazione come “coraggiosamente resistente alle forze globali” (Massey, Jess 2001). D’altra parte è indubbia una nuova interpretazione degli enti parco, interpretati non più e non tanto come istituzioni “venute dall’alto” ma quanto piuttosto, almeno a livello generale, quali soggetti con cui collaborare e a cui eventualmente ancorarsi per “resistere insieme”. Indicatore del ruolo importante e nuovo del parco è rappresentato ad esempio dalla recente entrata all’interno dei confini del comune di Buscate (MI) che, tramite un referendum, ha aderito al progetto dell'area protetta. Il Parco in questo caso è stato interpretato come modalità di risposta a stimoli territoriali percepiti come degradanti, come in questo caso opportunità per contrastare l’ampliamento di Malpensa e delle opere connesse. Da quanto sopra esposto emerge l’estrema importanza per i parchi oggetto della ricerca di conoscere la percezione del territorio e il panorama complesso degli attori che agiscono nel territorio. Tali tipi di analisi non sono solitamente diffusi nelle aree protette se non molto di recente. Nel Parco del Ticino Piemontese, infatti, non vi sono dati di riferimento mentre nel caso del Parco Lombardo sono state condotte interessanti indagini settoriali (vedi box par. 2.5.2). Data l’importanza rivestita dalla percezione degli attori locali si è scelto di procedere a una piccola indagine sul territorio di cui si presentano i risultati (vedi il testo completo in allegato n. 2). Dal momento in cui, infatti, il territorio del corridoio ecologico transnazionale del Ticino viene considerato importante per la conservazione della biodiversità dell’ecoregione Alpi e Mediterraneo e, in generale, per tutta l’Europa, occorre riflettere non solo sulle azioni tecniche da coordinare e sui progetti da realizzarsi (come verrà meglio specificato nel prossimo capitolo) ma anche su come coinvolgere la popolazione locale, dato che è numerosa, attiva e in grado di allearsi agli enti parco per la tutela del territorio. La chiave di lettura della percezione ha permesso di mettere in luce variegati valori dell’area, che spesso non vengono considerati negli ambiti strettamente di competenza delle aree protette. Tali valori emersi andrebbero valorizzati, evidenziando l’importanza della tutela del corridoio ecologico anche per migliorare la qualità della vita di un sistema in equilibrio.

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L’analisi condotta si è mossa seguendo due direzioni differenti: da un lato, sono state condotte interviste mirate a testimoni privilegiati (una trentina fra amministratori locali, rappresentanti di associazioni e di comitati) in quanto essi sono in grado di fornire una propria lettura della realtà protetta, permettendo di evidenziare il ruolo importante di alleati che essi hanno in alcuni casi assunto a fianco del Parco. Ne è emersa, in generale, una nuova e forte consapevolezza della responsabilità per il futuro del territorio non solo da parte degli enti preposti (anche se tale posizione risulta differenziata a livello geografico) ma anche dalla società civile organizzata in forme associative. Dall’altro, sono stati somministrati in piazze e mercati questionari specifici alla popolazione locale (83 interviste), volti a mettere in luce il significato simbolico-sociale del territorio, i valori e i rischi percepiti, tramite uno strumento elaborato nell’ambito dell’analisi sociologica (cosiddetto “differenziale semantico”, vedi allegato n. 2). Gli attori locali hanno restituito in generale l’immagine di una realtà complessa ma ricca. Tale percezione rispecchia, leggendola più nel dettaglio, le differenziazioni geografiche delle tre province. Si evince, inoltre, una generale lettura del territorio di vita meno complesso rispetto a quello evidenziato dai testimoni privilegiati, caratterizzato da forte coesione sociale e una domanda di maggior protezione rispetto a interessi esterni all’area. In merito alla domanda relativa alle opportunità offerte dal territorio, gli intervistati hanno sottolineato una variegata serie di scenari futuri corrispondenti, da un lato, alle aspettative di ciascuno (spesso contraddistinte da un forte idealismo anche rispetto alla protezione dell'ambiente) e, dall’altro, ai bisogni in termini di domanda sociale e di occupazione. Particolarmente interessante risulta la presentazione delle opportunità indicate dai più giovani che, in quanto generazioni del futuro del territorio, leggono con interessante consapevolezza il loro ambiente di vita. L’ultima domanda del questionario invitava gli intervistati a definire il fiume Ticino, da sempre soprannominato il “fiume azzurro”, spostando il fuoco dalla posizione individuale a quella sociale: si chiedeva al singolo di definire il significato sociale ritenuto maggioritario per la comunità locale. Si è quindi inteso indagare la valenza simbolica di un elemento del paesaggio che ha sempre influenzato il disegno della geografia umana. Il grafico a torta presenta la distribuzione percentuale del totale delle risposte.

Significato sociale attribuito al fiume Ticino

selvaggio, non curato 6%

pericoloso 2%

ecosistema naturale ed

umano 3,6%

bellezza, oasi, parte del

paesaggio 4,8%

risorsa idrica, patrimonio, bene comune 10,8%

speranza, vita, tranquillità

10,8%

luogo di svago e turismo 13,3%

punto di riferimento per la

socialità 3,6%

tradizione, memoria,

identità del luogo 13,3%

inquinato, sporco 10,8%

lontano, niente 15,7%

opportunità da fruire e

valorizzare 4,8%

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Nella visione pragmatica preponderante in provincia di Varese, il fiume non significa molto, e se viene “notato” come presenza territoriale, esso è definito soprattutto “sporco e degradato”, rispondendo alla reale situazione molto antropizzata esistente nel settore nord del parco. Nelle altre due zone, invece, l’aspetto simbolico è esploso in descrizioni e immagini suggestive, dalla “forza dell’acqua” alla personificazione del fiume come un abitante anziano o come qualcuno che si arrabbia quando viene disturbato, o che esprime emozioni. Infatti nelle aree delle province di Milano e Pavia, oltre a luogo di svago e turismo, forte è il significato identitario, di memoria e tradizione: mentre nel milanese si esprime anche un’idealità romantica di speranza, vita, tranquillità, nel pavese si aggiunge fortemente l’idea della risorsa comune, del patrimonio. Le percezioni di incuria e di “selvaggio” (che spesso vengono sovrapposte) nella porzione meridionale del parco può essere connessa al problema del governo del fiume, fatto questo che viene percepito come determinante di un forte rischio alluvionale. In un’epoca di supremazia culturale del privato, colpisce come quasi l’11% degli intervistati definisca una risorsa ambientale come bene comune. Sono gli stessi che vedono il territorio più ricco, antico, autentico, unito, e come luogo di lavoro (valutazioni emerse nell’ambito dell’analisi condotta tramite il “differenziale semantico”). Sono soprattutto pensionati e residenti nel pavese, generalmente distribuiti equamente tra generi. Tra le valenze territoriali, sottolineano soprattutto elementi ambientali: la natura e il paesaggio, la presenza del fiume, le spiagge e le possibilità di svago. Anche le opportunità per il futuro che elencano esprimono valori di sostenibilità ambientale. Curiosa, infine, risulta la visione di alcuni extracomunitari intervistati per i quali la diffusa naturalità del territorio ricorda affettuosamente i propri luoghi di origine, suggerendo così nuovi significati al paesaggio lombardo tanto da suggerire una considerazione e quindi forse un approfondimento futuro in una direzione di integrazione.

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2.5 I PARCHI DELLA VALLE DEL TICINO: UN’OPPORTUNITÀ PER IL TERRITORIO A fronte della realtà descritta, complessa a livello territoriale e sociale, le due aree protette hanno già messo a punto alcuni strumenti ai quali risulta importante fare cenno. Questi infatti (A21, marchio, sostegno all’agricoltura) presentano delle premesse sostanziali i cui risultati sono in grado di indicare “la strada da seguire” per interpretare l’istituzione “parco” come una risorsa e un’opportunità per il territorio. In occasione del Convegno “La qualità del paesaggio nel Parco del Ticino” (30 aprile 2004) il direttore del Parco Lombardo della Valle del Ticino ha presentato i quattro temi strategici rispetto ai quali sarebbe necessaria l’azione congiunta delle due aree protette: la tutela del paesaggio, la promozione e l’organizzazione di turismo compatibile, il rapporto fra il parco, inteso nella sua accezione più ampia (territoriale, amministrativa, istituzionale, etc) e Malpensa e il futuro dell’agricoltura. Occorre sottolineare che in tali ambiti, i due parchi hanno già realizzato numerose esperienze i cui risultati possono offrire elementi per scegliere la direzione verso la quale rivolgersi. In particolare i due enti parco negli anni si sono evoluti da istituzioni essenzialmente vincolistiche a soggetti attivi nel territorio tramite il finanziamento e la realizzazione di numerosi progetti. In questi casi i parchi hanno costituito un’opportunità che il territorio ha saputo cogliere. In tal senso, si sottolinea in primo luogo il ruolo importante dei due parchi in qualità di enti di ricerca e di formazione. L’elenco di indagini e di programmi svolti (Dossier MAB, 2001) di seguito riportato permette di evidenziare in sintesi il patrimonio di esperienze e di conoscenze finora acquisito: - Ricerche sulla flora e vegetazione, censimenti delle specie. - Ricerche sulla fauna, censimenti di specie. - Studi sulle caratteristiche ambientali e selezione di habitat per la reintroduzione di specie. - Studi sulle comunità biotiche e sugli habitat. - Individuazione di Siti di Interesse Comunitario (ai sensi della Direttiva Habitat). - Studi geologici, geomorfologici e idrologici. - Studi pedologici e realizzazione di carte pedologiche. - Monitoraggio della qualità dell’acqua del Ticino. - Monitoraggio della qualità dell’aria, attraverso lo studio delle comunità licheniche. - Monitoraggio della vegetazione dei boschi. - Censimento degli uccelli stanziali e migratori. - Corsi di formazione per guide naturalistiche. - Corsi per Guardie Ecologiche Volontarie. - Corsi di micologia per ottenere il permesso di raccolta dei funghi. - Corsi e assistenza per agricoltori sull’agricoltura compatibile. - Corsi per operatori forestali. Il Parco Lombardo è anche molto attivo dal punto di vista delle collaborazioni e degli scambi internazionali. Nell’ambito del Programma “Partnership & Exchange Program” della Federazione EUROPARC esso è gemellato con la Riserva della Biosfera del Parco di Coto Doñana in Andalucia, in collaborazione con i parchi lombardi delle Groane e dell’Adda Nord. Sempre nell’ambito dello stesso programma, il Parco del Ticino ha svolto attività di collaborazione ed è gemellato con il Parco del Tortuguero in Costarica e con il Parco SI-A-Paz del Nicaragua. La collaborazione concerne i metodi di gestione, l’educazione ambientale, gli scambi culturali e la formazione del personale, attraverso seminari e scambi di staff (Dossier MAB, 2001). Oltre a tale ruolo, i due parchi rappresentano soggetti promotori del territorio e/o partner in singole azioni specifiche di seguito descritte.

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2.5.1 I PARCHI: PROPULSORI DI PROGETTI INNOVATIVI E PARTECIPATI Le opportunità legate alla presenza dei due enti di gestione sono non solo connesse alle tradizionali attività di competenza di tali istituzioni ma anche alla promozione di progetti caratterizzati da innovazione e sperimentazione. E’ il caso ad esempio del coordinamento delle Agende 21 Locali, del coinvolgimento delle imprese in un percorso di qualità e dell’avvio del Bilancio Sociale intrapreso dal Parco Lombardo del Ticino. Il Parco Lombardo della Valle del Ticino ha avviato una serie di interessanti progetti sul territorio con lo scopo di coinvolgere le istituzioni alle varie scale di competenza in un percorso comune di sostenibilità35. Gli strumenti scelti appaiono molteplici: da quelli già in attuale sperimentazione in altre aree protette (Agenda 21 Locale, processi di partecipazione, etc) a quelli più innovativi sulla scena nazionale. Fra questi si sottolinea il Bilancio Sociale (basato sul bilancio consuntivo del 2004) in elaborazione a cura della Società Sodalitas e Pares36. Tale progetto è nato dalla riflessione che il Parco nel suo trentesimo compleanno ha condotto a proposito della propria evoluzione, considerando l’elevato numero di attori e i cambiamenti che sia questi ultimi che l’area protetta hanno prodotto nel loro agire insieme. Ne è risultata la constatazione che tale situazione andasse analizzata nel dettaglio. In particolare è emerso che vi è una scarsa percezione unitaria di cosa sia “il Parco” da parte degli attori: il bilancio sociale, quindi, si configura anche come un utile strumento di comunicazione. Il Parco ha avviato, inoltre, il processo di Agenda 21, assumendo così un ruolo vitale e attivo. Nell'ambito di tale iniziativa, il Parco ha in primo luogo constatato nel proprio territorio la presenza di vari processi di Agenda 21, intrapresi già da tempo da singoli Comuni o da Consorzi comunali37. A fronte di tale situazione, con un corretto approccio, il Parco ha costituito un Ufficio finalizzato al coordinamento di tali processi già in essere, partendo da un censimento sul territorio di tutti i progetti dei Comuni e delle Province orientati in tal senso. Dai 50 questionari inviati ai 47 Comuni e alle tre Amministrazioni provinciali è emersa una situazione differenziata: in provincia di Milano alcune aggregazioni di Comuni sono ancora in una fase di avvio di progetti consortili mentre la provincia di Varese presenta una situazione più avanzata. Qui vi sono 14 enti comunali impegnati in processi di A21L nelle fasi centrali o conclusive. In provincia di Pavia non risulta ancora molto diffusa la cultura dei processi partecipativi, forse perché i comuni sono di ridotte dimensioni rispetto alle altre due zone geografiche dell’area protetta. Si distingue, invece, il Comune di Pavia che, come è noto, rappresenta uno dei casi di eccellenza a livello italiano in tale ambito. Considerando alcune risposte dei questionari, si può evincere che laddove siano stati avviati i tavoli di lavoro, questi sono stati per lo più incentrati su temi differenziati a seconda delle problematiche maggiormente percepite e che, in effetti, caratterizzano geograficamente l’area protetta. Uno dei processi di A21L più avanzato è quello di Lonate Pozzuolo (in provincia di Varese). Tramite la consulenza della società Pafin s.r.l. in tale ambito sono stati prodotti materiali e realizzati momenti partecipati di qualità Sempre in provincia di Varese si segnala l’interessante iniziativa consortile “Consorzio Urbanistico Volontario - CUV” che raccoglie i comuni gravitanti nell’area di Malpensa. Tale situazione evidenzia come questo rischio/minaccia comune abbia potuto fungere da forza centripeta e propulsiva di una reazione collettiva. Il progetto è stato avviato tramite un censimento delle iniziative presenti nei comuni consorziati. Se a Lonate è stata fatta la scelta di aprire il Forum solo ai soggetti rappresentativi, nel secondo caso il CUV ha promosso serate di discussione aperte al pubblico

35 La maggior parte delle informazioni qui riportate sono state raccolte nell’ambito di colloqui, in particolare con la dottoressa Silvia Pozzi, responsabile dell’Ufficio Coordinamento Agenda 21 del Parco Lombardo della Valle del Ticino. 36 Il Parco del Ticino e il Parco Nord Milano hanno partecipato al progetto EQUAL che ha permesso di organizzare sessioni di formazione specifica e di poter fruire di consulenze mirate. 37 Alcuni di tali processi sono stati finanziati dai Bandi del Ministero dell’Ambiente mentre altri dalla Regione Lombardia.

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sui temi di interesse. Vigevano (PV), Turbigo, Magenta e Bernate (MI) (capofila dell’aggregazione del “Castanese”) presentano processi di A21L a uno stadio avanzato. In generale, emerge un quadro positivo relativo all’attivazione dei processi partecipativi in cui si delinea una capacità propositiva a livello istituzionale con risposta soprattutto da parte dei soggetti associativi. La maggiore criticità individuata riflette quella più generale per così dire “insita” e diffusa nei processi partecipativi italiani: la difficoltà di coinvolgere il pubblico, al di là di una prima adesione generica. Interessante risulta notare la qualità e le modalità delle dinamiche aggregative che hanno portato a volte a coinvolgere comuni interni all’area protetta e altri esterni, assolvendo, così, alla finalità della contaminazione di buone pratiche, “propagate” a partire dal territorio tutelato. Occorre comunque segnalare la naturale esistenza anche in questo contesto delle cosiddette “A21L camuffate”, ossia progetti partecipativi che nascondono ben altri fini istituzionali o progettuali. E’ il caso, ad esempio, del Comune di Gallarate che, proprio nel momento dell’avvio dell’A21L ha approvato un nuovo insediamento dedicato a ospitare l’area espositiva di Malpensa (expo-Malpensa) e il raddoppio della SS 366! Dall’analisi dei progetti di A21L consortile emerge un problema comune legato a problematiche che interessano alcuni Comuni dell’aggregazione piuttosto che altri non coinvolti, rendendo meno condivisibili le percezioni di rischio e quindi l’evidenziazione di soluzioni o di posizioni riunite contrarie. Dai questionari si evince, inoltre, il particolare posizionamento strategico dei Comuni rispetto al Parco (in risposta alla domanda “quale contributo desidererebbe avere dal Parco?”) mettendo in luce che spesso gli enti intervistati non hanno un’idea chiara sul “come” coinvolgere un’area protetta nell’ambito di un processo partecipativo. Se, infatti, i Comuni hanno ormai appreso a “rispondere” ai solleciti del Parco, dimostrandosi spesso disponibili alla collaborazione, risulta loro ancora difficile formulare richieste specifiche che non siano quelle esclusivamente relative alla considerazione del Parco in qualità di uno degli attori del territorio (richiedendo, ad esempio, solo di inviare qualcuno nei tavoli di lavoro) oppure di un fornitore di dati per la relazione sullo stato dell’ambiente comunale. In generale, quindi, il Parco non viene ancora compiutamente percepito come un progetto di territorio con una funzione propositiva e fattiva, capace di indicare e coordinare un “modello di sviluppo”. Da ciò emerge una debolezza dell’area protetta che non dipende, secondo il parere della scrivente, dalla volontà del Parco che, anzi, si distingue per una strategia positiva nei confronti del territorio e lungimirante. Tale situazione sembrerebbe attenere piuttosto alla maturazione culturale di un rapporto fra la popolazione e l’area protetta che necessita ancora di tempo per acquisire fiducia e iniziativa reciproca, rapporto che riflette la condizione di quasi tutti i parchi italiani38. Ne risulterebbe attualmente una duplice visione del Parco: da un lato, come un soggetto organizzatore di eventi e di occasioni ricreative (escursioni, manifestazioni, etc) e, dall’altro, come un ente tecnico e vincolistico (paragonabile all’Autorità di Bacino, ad esempio) che si occupa con modalità poco comprensibili di aspetti ritenuti “per esperti” quali la flora e la fauna. Eppure lo sforzo comunicativo del Parco risulta evidente, anche dalla quantità di materiale informativo, dal numero di occasioni di incontri pubblici, dalla volontà dei funzionari di uscire dal loro ruolo di semplici tecnici e di incontrare i bisogni della popolazione. Indubbiamente tale strada va perseguita con costanza sebbene sia difficile, apprendendo a comunicare anche i contenuti tecnici, spesso ostici al grande pubblico oltre che ispiratori di diffidenza.

38 La ragione di tale situazione, rispetto alla quale non è questa la sede opportuna ove soffermarsi, è storica e culturale, particolarmente segnata dalle prime esperienze relative alle aree protette comportanti la protezione di un territorio che entra in conflitto con gli usi delle popolazioni locali.

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I RIFERIMENTI PER L’AGENDA 21 LOCALE

Capitolo 28 dell’Agenda 21 (Programma d’Azione per il XXI secolo, Conferenza di Rio, 1992) “Ogni amministrazione locale dovrebbe dialogare con i cittadini, le organizzazioni locali e le imprese private e adottare una propria Agenda 21locale. Attraverso la consultazione e la costruzione del consenso, le amministrazioni locali dovrebbero apprendere e acquisire dalla comunità locale e dal settore industriale, le informazioni necessarie per formulare le migliori strategie”. Il processo di Agenda 21 locale, così come viene indicato dall’ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives, 1995), si articola nelle seguenti fasi:

- Adesione alla Carta di Aalborg con deliberazione dell’ente che ha deciso d’intraprendere il processo Agenda 21 Locale (Comune, Provincia, Regione, Comunità Montana, insieme di Comuni, parchi naturali regionali e nazionali);

- Apertura del Forum pubblico finalizzata ad individuare le priorità del territorio sia in termini di problematiche sia in termini della necessaria acquisizione di conoscenze;

- Elaborazione del Rapporto sullo Stato dell’ambiente da parte di esperti per definire il quadro della situazione socio-economica e di quella ambientale a partire dai dati esistenti;

- Avvio dei tavoli di lavoro sui temi scelti nell’ambito del Forum: definizione del quadro di partenza, evidenziazione delle problematiche e delle possibili soluzioni, stesura di alcuni progetti finalizzati;

- Riapertura del Forum pubblico per la presentazione dei lavori dei tavoli tematici e definizione di un Piano di azione locale (PAL) (che deve essere approvato dal Forum stesso e dagli organi decisionali dell’ente propositore) finalizzato all’articolazione di progetti in termini di fattibilità, stabilendo specifici obiettivi sul medio e lungo periodo;

- Realizzazione dei progetti in base al PAL e incontri successivi del Forum per verificarne i risultati. Fra i progetti veicolati dall’Ufficio Coordinamento A21L del Parco Lombardo, inoltre, vi è la promozione della certificazione ambientale delle aziende presenti nel territorio protetto, in collaborazione con la Fondazione Lombardia per l’Ambiente. Tale percorso pilota vede nei processi certificativi rivolti ai singoli soggetti produttivi una delle chiavi di volta della sostenibilità territoriale diffusa. Tramite tali processi è, infatti, possibile migliorare le performances ambientali (produzione e stoccaggio di rifiuti, emissioni atmosferiche, consumo di energia, etc) e cambiare i processi produttivi grazie a nuove tecnologie specifiche. Risulta anche interessante individuare, in tale ambito, quali siano le caratteristiche peculiari di un’azienda che ricade in un’area protetta, ossia quale sia il carattere peculiare che permetta di distinguere un’azienda certificata in un’area protetta da un’altra che si trova altrimenti localizzata. A tal fine il Parco ha previsto tre tipologie di azioni, offrendo appoggio economico e accompagnamento: - promozione e pubblicizzazione dell’iniziativa di certificazione e dei suoi contenuti; - individuazione di dati utili nell’ambito della cosiddetta “Analisi ambientale” (uno dei documenti di

base previsti dalla certificazione); - consulenza alle aziende e formazione degli addetti. I risultati di tale progetto confluiranno probabilmente nell’elaborazione di Linee Guida dedicate ai soggetti produttivi del parco.

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2.5.2 I PARCHI: PARTNER TERRITORIALI PER L’EDUCAZIONE AMBIENTALE E PER IL TURISMO Nell’ambito della propria quotidiana attività i due Parchi costituiscono un’opportunità per vari soggetti locali, attivi nel campo dell’educazione ambientale e della promozione del turismo. I parternariati attivati permettono, da un lato, di contribuire all’occupazione locale e, dall’altro, di aumentare e differenziare la qualità dell’offerta, rendendola coerente con la mission di conservazione. Nell’ambito delle attività progettuali i due Parchi del Ticino collaborano con vari soggetti, in particolare con le cooperative, sociali e non, esistenti sul territorio. E’ interessante notare che la presenza e l’iniziativa degli enti gestori ha permesso la nascita ex-novo di alcuni di questi soggetti. Emerge39, ad esempio, Naturcoop nel Parco Lombardo che si occupa di promuovere e organizzare l’escursionismo, l’educazione ambientale e altre attività turistiche. La cooperativa gestisce anche la Riserva Naturale “Ansa di Castelnovate” e i Boschi e le Paludi di Arsago Seprio e Besnate e progetta itinerari ed elabora ricerche sul campo. Il Parco, inoltre, ha affidato a Naturcoop la gestione del cosiddetto “Call-center Parco Ticino”. Attivo 7 giorni su 7 dal marzo 2004, tale servizio va nella direzione generale assunta dal Parco e già sottolineata, ossia dell’incontro con la popolazione locale, mettendo a disposizione un centro di raccolta di segnalazioni, lamentele, domande e richieste. I programmi di educazione ambientale sono principalmente rivolti alle scuole elementari, medie e superiori, con una frequenza di circa 7.000 studenti l’anno40. Sono messi a punto dal personale del Parco in collaborazione con le cooperative e le associazioni del territorio che risultano vincitrici di specifici bandi di affidamento: programmi, schede e materiali didattici sui temi del territorio e dell’ambiente (archeologia, boschi, qualità dell’aria, riciclo dei rifiuti, politiche dell’UE, sviluppo sostenibile). Attività di informazione su temi specifici e campagne di sensibilizzazione sono rivolte agli operatori turistici e agli amministratori locali. Il Parco, inoltre, partecipa con personale e materiale informativo alle manifestazioni culturali, mostre ed iniziative sportive e ricreative organizzate da altri enti, di importanza regionale, ma anche nazionale e internazionale (Dossier MAB, 2001). Anche il Parco del Ticino Piemontese è attivo nel campo della formazione e soprattutto in quello relativo all’educazione ambientale tramite la cooperativa Ar.Tur.O (convenzione firmata nel 2004) che riunisce i cosiddetti “accompagnatori naturalistici” del Parco. Oltre a tale attività tradizionale rivolta alle scuole, in particolare quelle locali, il Parco Piemontese organizza da qualche anno iniziative volte alla sensibilizzazione e alla promozione del territorio rivolte alla popolazione e ai turisti. In particolare gli eventi “A spasso con gusto nel Parco”41 e “Corti e cascine” nel periodo primaverile, le mostre tematiche al Mulino Vecchio di Bellinzago (Centro Regionale di Educazione Ambientale) e a Villa Picchetta (sede del Parco). Ogni anno vi è una programmazione a carattere culturale con sede al Mulino di Bellinzago. E’ inoltre particolarmente forte la collaborazione con associazioni di volontariato che affiancano il Parco nell’attività di tutela e di sensibilizzazione: in particolare si segnala l’Associazione culturale e ambientale Amici del Bosco , presente dal 1980 (in particolare per la prevenzione degli incendi boschivi). In collaborazione con tale Associazione è stata a nche recuperata una cava e attrezzata un’aula didattica.

39 Visite guidate e proposte didattiche nel Parco del Ticino vengono proposte anche dalle seguenti associazioni: TEA-Trapper Educazione, Dedalo, Il Giraparchi, Mowgli, Il colibrì, Selva-Studio Naturalistico Associato, Teatro-Laboratorio Pane e Mate. 40 Il Parco Lombardo della Valle del Ticino elabora annualmente studi di monitoraggio delle presenze scolastiche e turistiche (ad esempio tramite le iscrizione alle visite guidate e alla contabilizzazione presso i centri parco e le oasi). I risultati di tali studi permettono di evidenziare come il numero di scolaresche e di turisti risulti in forte aumento ogni anno. 41 Sebbene non sia stato realizzato un censimento specifico delle presenze, l’afflusso di partecipanti a tale iniziativa può essere stimato in circa un centinaio di persone.

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I due Parchi sono molto attivi in ambito turistico ed escursionistico data l’importanza di tale fenomeno e le implicazioni che esso comporta non solo di tipo ambientale ma anche economico e sociale. Essi si configurano quindi come promotori di un territorio di pregio, spesso coordinando le iniziative presenti e favorendo la collaborazione con i soggetti locali. Si sottolinea, in particolare la presenza di 7 “centri parco” e di 38 “centri informazioni” (attrezzati presso vari soggetti quali librerie, centri sportivi, aziende agricole, etc) nel Parco Lombardo e di 2 nel Parco Piemontese, attivi anche in campo didattico, oltre che una fitta rete di sentieri (più di una trentina di itinerari), per i quali gli enti parco provvedono al mantenimento e alla segnaletica, e le piste ciclabili (per un totale di percorsi ciclopedonali riservati al transito ciclo-pedonale di più di 460 km nel territorio protetto)42. Il Parco del Ticino Lombardo è inoltre attivo da un paio di anni nell’attento monitoraggio della frequentazione delle spiagge: il territorio, infatti, è oggetto spesso di un turismo “mordi e fuggi” al servizio della popolazione proveniente soprattutto dalle aree metropolitana nei fine settimana. Si tratta di una domanda turistica spesso difficile da gestire (si pensi alle necessità di spazio per i parcheggi a servizio di tali turisti) e spesso con poche o nulle ricadute positive sul territorio.

L’ANALISI DELLE PERCEZIONE DEI FRUITORI DELLE SPIAGGE DEL FIUME TICINO A cura di Silvia Barbaruolo Si cita in particolare l’esperienza della Cooperativa Naturcoop, che per conto dell’ente parco ha condotto, nell’estate 2003 e 2004, iniziative di presenza e animazione in luoghi frequentati del Ticino (spiagge, inaugurazione del “sentiero Strona”, fiere), sottoponendo anche un questionario ai frequentatori. Il dato emergente anzitutto è il bisogno di avere un’interfaccia “in carne ed ossa” del Parco, soggetto “raggiungibile” nei luoghi frequentati dai visitatori, che sono in maggioranza residenti. Gli intervistati in generale conoscono il parco per esperienza abitativa diretta o tramite la rete sociale, lo frequentano in giornata, spesso e in tutte le stagioni. Sanno di essere in un’area protetta, alcuni vi accedono in bicicletta, a piedi o in barca, mentre l’uso dell’auto rimane ancora prioritario per chi “va in spiaggia”. La funzione delle visite al parco è prevalentemente di riposo, relax e balneazione per chi frequenta le spiagge; di attività sportiva, escursione naturalistica, pic– nic per chi frequenta boschi e sentieri. Si registra un certo interesse per i centri storici, soprattutto da parte degli abitanti di cittadine più popolose. La maggioranza degli intervistati pensa di promuovere il parco e gradirebbe ricevere materiale informativo. Interessante è la valutazione dell’importanza di strutture del parco, in particolare per il ruolo rivestito nella manutenzione dei sentieri, della segnaletica, dei servizi igienici, nella realizzazione e gestione di aree per disabili, di parcheggi, nella produzione di materiali informativi, nelle attività dell’accoglienza e del ristoro. Tra i suggerimenti indicati nel questionario, una parte riflette la necessità di tutela ambientale e la disponibilità a partecipare: il bisogno di maggior vigilanza, l’attenzione alla qualità delle acque e degli affluenti inquinati del Ticino, il coinvolgimento di volontari per la manutenzione del territorio. Un altro gruppo di segnalazioni chiede maggiori comforts e si rifà ad un concetto di cura ambientale prettamente “visiva”: i rifiuti e il sottobosco “vanno puliti”, considerati come se fossero la stessa cosa, così come il letto fluviale “va liberato” dai residui di legname. In base ai risultati del questionario, il Parco ha così categorizzato la frequentazione del proprio territorio: gli escursionisti naturalistici maggiormente attenti all’area protetta, i frequentatori delle spiagge (ossia coloro che nel desiderio di relax non escludono un interesse naturalistico), i frequentatori delle spiagge (per i quali “un posto vale l’altro” e non hanno sempre consapevolezza di cosa significhi trovarsi in un’area protetta). Il Parco ovviamente privilegia e sostiene una frequentazione allargata della prima e in parte della seconda categoria.

42 L’offerta relativa ad attività ricreative è variegata: la Cascina Caremma e l’azienda agricola Ronco Verde propone escursioni in carrozza e a cavallo, l’Associazione Onda Blu esperienze in canoa e rafting, Tree-climbing, cicloturismo e trekking sono organizzati dall’Associazione Girovagando mentre escursioni in mountain-bike sono proposte da Blu River Bike.

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Il Parco ha raccolto la sfida lanciata da tale situazione, interpretando nel turismo una realtà da incrementare e da orientare verso comportamenti più consapevoli. Per tale motivo esso ha aderito alla Carta Europea del Turismo Sostenibile nelle Aree Protette43, insieme ad altri parchi lombardi nell’ambito del protocollo d’intesa sottoscritto tra la Regione Lombardia e la Federazione Europarc per la promozione e la diffusione regione di tale strumento per il biennio 2003-2005. La Carta è già stata adottata da 17 parchi in 7 paesi europei (RSA Regione Lombardia, 2004).

LA CARTA EUROPEA DEL TURISMO SOSTENIBILE NELLE AREE PROTETTE L’esperienza legata alla Carta Europea del Turismo Sostenibile nelle Aree Protette è stata avviata da Europarc nel 1995 e si è conclusa con l’approvazione del documento definitivo a Lille (1999). Essa ha il pregio di aver definito, tramite il coinvolgimento di molti gestori di aree protette, le linee strategiche in base alle quali impostare l’offerta turistica, sperimentata dapprima in 6 parchi per verificarne le potenzialità e le difficoltà di attuazione. La sperimentazione è stata ora estesa a 17 parchi di 7 paesi europei. Tale strumento si configura come una vera e propria strategia complessiva da adottarsi nei parchi per il perseguimento del turismo sostenibile. La Carta viene contestualizzata alla realtà del territorio in cui viene applicata tramite l’elaborazione di principi, obiettivi, azioni e impegni reciproci, elaborati e sottoscritti in parternariato fra i gestori del singolo parco e soggetti turistici (Tour Operators, imprese di trasporto, etc) che condividono in modo attivo un “progetto di territorio”. La validità di tale strumento non è apprezzabile per il solo fatto che esso preveda il rispetto di criteri di sostenibilità differenziati a seconda del soggetto che deve metterli in atto (Parco, operatore turistico, turista) ma anche per la gradualità che esso permette nel raggiungimento degli obiettivi dichiarati, rendendo tale strumento particolarmente adattabile e flessibile a seconda delle situazioni. In Italia il Parco Regionale delle Alpi Marittime, ad esempio, ha ottenuto un primo parere positivo di allineamento ai criteri definiti dalla Carta, a valle di una verifica esterna svolta da un funzionario di Europarc: per 5 anni seguirà un programma di miglioramento per il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità non ancora rispettati, dopo i quali vi sarà un’ulteriore verifica. Il Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano ha aderito ai principi della Carta europea del turismo sostenibile e in seguito ha istituzionalizzato il Forum Permanente del Turismo Sostenibile costituito dai rappresentanti di otto Comunità montane, dagli operatori turistici e dai rappresentanti dell’associazionismo. Tale forum costituisce lo strumento principale per la concertazione tra enti. In quest’ambito il parco si è dotato di un “Regolamento delle Aziende Agrituristiche” che stabilisce le caratteristiche delle strutture ricettive, le dotazioni e i servizi minimi garantiti e l’ecocompatibilità delle produzioni.

Per quanto riguarda l’opportunità rappresentata dai due parchi in termini di promozione del turismo, occorre ricordare che appare rilevante la crescente domanda di turismo alternativo. In particolare si sottolinea l’importanza dell'ecoturismo, forma di “turismo sostenibile”, definito come un turismo in aree naturali, che deve contribuire alla protezione della natura e al benessere delle popolazioni locali. Nella dichiarazione di Québec sull’ecoturismo viene messa in luce in particolare l’importanza del coinvolgimento di tutti gli attori locali nell’offerta e nella ricaduta dei profitti. Un aspetto essenziale dell'ecoturismo è quello delle attività che si aggiungono ai servizi ricettivi di base come: educazione ambientale, opportunità di trascorrere del tempo con la popolazione locale, scoperta dei prodotti tipici ecc. In una recente ricerca svolta dalla società Ecobilancio per il WTO (2002) risulta come anche 43 Tale tema è stato oggetto di confronto e di presentazione di uno svariato numero di progetti in occasione del convegno “Turismo sostenibile nel Parco del Ticino”, tenutosi il 4 giugno 2004.

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l’ecoturismo italiano sia in crescita. Tra le destinazioni italiane preferite dall'ecoturista, le aree naturali protette occupano i primi posti (Ecobilancio Italia, 2002). Gli enti parco rappresentano anche un punto di snodo fra i vari soggetti locali, in quanto rende possibile l’incontro di diverse esigenze. Esemplificativo è il caso della scuola di Fallavecchia che, non avendo più fruitori per la diminuzione della natalità, si trovava inutilizzata ed è quindi stata data in concessione a una cooperativa di giovani che propone stage teatrali. Il ruolo qui rivestito dai parchi si sostanzia nell’ “invenzione” di nuovi funzioni del territorio in trasformazione, senza stravolgerne le caratteristiche tipologiche e identitarie.

2.5.3 I PARCHI: PARTNER TERRITORIALI PER IL SOSTEGNO ALLE ATTIVITÀ TRADIZIONALI COMPATIBILI E AL MANTENIMENTO DEL PAESAGGIO Come è stato già sottolineato, importante ruolo nel territorio protetto è rivestito dall’agricoltura. I due parchi hanno da tempo avviato progetti per il sostegno all’agricoltura tradizionale (marcite, colture locali) e biologica (tramite la promozione di un marchio), configurandosi come partners territoriali per i soggetti locali che sono ormai alleati imprescindibili nella conservazione dell’ambiente e del paesaggio. L’agricoltura rappresenta un settore economico in forte contrazione. Essa però permette di mantenere, se ben gestita e indirizzata, una buona qualità ambientale e una caratterizzazione peculiare del paesaggio che contraddistingue il territorio protetto. Anche la PAC, peraltro, prevede che i finanziamenti vengano concessi con una particolare attenzione all’ambiente (aspetto rafforzato rispetto ai programmi precedenti) e inserisce quale secondo pilastro “lo sviluppo rurale”. Fra questi gli investimenti alle aziende agricole, la promozione dei giovani in agricoltura, la formazione, il prepensionamento, gli investimenti in zone svantaggiate e con caratteristiche di naturalità, misure agro-ambientali, la trasformazione dei prodotti agricoli, la silvicoltura, lo sviluppo di zone rurali. L’azione dei due Parchi si inserisce in tali direzioni tramite la promozione di diversi progetti. In particolare il Parco Lombardo del Ticino presenta un’esperienza molto interessante sia per aver ideato un marchio di qualità (vedi paragrafo specifico) sia per il ruolo di facilitatore assunto per i soggetti locali rispetto all’acquisizione di fondi europei, tramite in particolare l’attività del Carrefour, uno dei “Centri Europei di informazione e animazione rurale”, ospitato presso la sede del Parco. Nel 1996, infatti, sono stati avviati progetti comprensoriali che hanno permesso l’accompagnamento degli agricoltori nella realizzazione delle misure agro-ambientali (Reg. CE 2078/92 e Reg. CE 1257/99 - Piano di Sviluppo Rurale). Da allora fino al 2001 sono state coinvolte 150 aziende, sono stati piantumati 88 km di siepi e mantenuti 400 ha a prato e marcite. Tali dati sono successivamente migliorati: nel 2003 il 27% delle aziende agricole presenti nel territorio (451) hanno partecipato a tali misure per un totale di 7.514 ettari agro-ambientali (16% della superficie protetta44). Tra le attività di indirizzo e coordinamento, il Parco ha promosso la diffusione della pratica agrituristica che permette di integrare il reddito dei gestori delle aziende agricole. Tale fenomeno ha acquisito negli ultimi sempre più successo: attualmente nel territorio protetto possono annoverarsi 33 aziende agrituristiche che offrono ristorazione e/o alloggio (di cui 8 in provincia di Milano, 20 in provincia di Pavia e 5 in provincia di Varese) per un totale di circa 160 posti letto.

44 Esclusi gli interventi sul paesaggio rurale (dati forniti dal Settore Agricoltura del Parco Lombardo del Ticino, 2004).

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Il sostegno agli usi tradizionali del territorio: le marcite Fra le azioni di sostegno si sottolinea in particolare quella al mantenimento delle marcite che sono tutelate dalla Comunità Europea e sostenute nell'ambito della Politica Agraria Comunitaria. Il Parco del Ticino Lombardo persegue un Programma Triennale per la Tutela Ambientale, revisione del “Programma di mantenimento delle marcite” realizzato nel 1988. Tale mantenimento è indirizzato solo alle marcite che ricadono nella cosiddetta “classe 1” (43 marcite in totale) ossia quelle che presentano i caratteri di migliore rappresentatività e di conservazione. I problemi economici e agronomici hanno causato un progressivo abbandono di tale pratica tradizionale. Questi sono da ascriversi alle mutate conduzioni della pratica dell’allevamento in ordine all’aumento della produttività, oltre che alla diminuzione del numero di bovini. D’altra parte l’investimento economico per la produzione di erba di marcita ne hanno reso economicamente svantaggiosa questo tipo di coltura (Parco Ticino, 1998). Tale evoluzione si è accentuata negli ultimi anni. E’ comunque indubbio il valore ecologico, storico-paesaggistico e patrimoniale, faunistico e agronomico di tali elementi del territorio. Il monitoraggio (2001) ha messo in luce che delle 43 marcite i cui gestori ricevono finanziamenti finalizzati alla conservazione, solo 16 sono correttamente mantenute. Sul totale45 solo 8 presentano un elevato livello di manutenzione, 7 un livello intermedio e 27 nessun tipo di manutenzione. Le marcite classificate “non correttamente mantenute” sono state per la maggior parte trasformate in prati da sfalcio; le altre sono state riconvertite a mais. Le difficoltà riscontrate nel mantenimento sono da ascriversi anche al reperimento di acqua. Attualmente è stato migliorato il programma di mantenimento che interessa 350 ettari tramite convenzioni firmate con 65 aziende: 236 ha di marcite adacquate, 115 ha di marcite asciutte, 47 ha di marcite con “alette” storiche (dati del Settore Agricoltura del Parco del Ticino, 2004). Il marchio di qualità del Parco Lombardo della Valle del Ticino Il Parco Lombardo della Valle del Ticino46 presenta uno dei casi più interessanti nel quadro nazionale di applicazione di un marchio da parte di un’area protetta. Dopo un lungo lavoro di analisi, contatti e indagini e messa a punto del progetto47, nel 1994 è iniziato il progetto pilota finanziato nell'ambito del Piano Triennale del Ministero dell'Ambiente. Il marchio ha raggiunto la registrazione tra la fine del 1999 e l'inizio del 2000, perché l'iter previsto dalla normativa nazionale vigente è piuttosto articolato e lungo: occorre definire un logo, un Regolamento Applicativo d'Uso che deve essere approvato, etc. E' stato, quindi, regolarmente registrato presso il Ministero dell'Industria in qualità di “marchio collettivo di processo”, ossia un marchio che certifica il solo processo di produzione dell'alimento e non prevede, ad esempio, verifiche sui residui, etc. L'obiettivo primario del marchio è quello educativo, di sensibilizzazione e di formazione della categoria degli imprenditori agricoli, attori sociali del Parco e a contatto con l'ambiente forse più di altri. La diretta conseguenza è il mantenimento dell'integrità del suolo, la salubrità degli alimenti e la riqualificazione ecologica del territorio del Parco, finalità di un ente di tutela. Il marchio non ha degli obiettivi economici, d'immagine (pubblicitari o promozionali o di lancio turistico, come ad esempio quello del Parco d'Abruzzo) ma assume un significato inserito in un progetto di sviluppo locale più ampio. Tramite questo, si è voluto favorire un processo definito “bottom up” finalizzato alla presa di coscienza degli agricoltori48 che hanno compreso l'opportunità dello strumento del marchio.

45 In provincia di Varese 2 marcite sono mantenute correttamente e 2 non correttamente; in provincia di Milano, 9 marcite sono mantenute correttamente e 5 non correttamente; in provincia di Pavia 5 marcite sono mantenute correttamente e 10 non correttamente. 46 Anche il Parco del Ticino Piemontese ha elaborato un progetto di individuazione di una politica di marchio (2002-2003). 47 Lo slogan di lancio del progetto è “Il marchio: un'opportunità per il territorio, il reddito e il consumatore”. 48 L'attenzione per il mondo agricolo è storica in questo territorio, fatto confermato dall'istituzione già nel 1988 di quello che attualmente si chiama Comitato Tecnico Agricolo attivo all'interno dell'Ente Parco. Questo si configura come supporto scientifico all'amministrazione, permettendo nel tempo di lavorare per il dialogo tra le istituzioni e rendendo il Parco un laboratorio di elezione nell'ottica di sperimentare la politica di sviluppo sostenibile promossa dall'Unione Europea.

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La scelta del Parco è stata quella di focalizzare in modo preciso dapprima le proprie finalità e in seguito in funzione di queste, tenendo conto dell'interesse riscontrato sul campo, stabilire un quadro molto preciso e delimitato in cui realizzare il progetto pilota, concentrandosi su un paniere limitato di prodotti. L'ente gestore del marchio è il Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino. Questo, attraverso la concessione in uso del marchio “Parco Ticino - Produzione Controllata”49, garantisce al consumatore il controllo sull'uso del suolo e l'impiego di tecniche agricole a minor impatto al fine di assicurare la tutela paesaggistica e ambientale dell'area di provenienza del singolo prodotto. Ai sensi del Regolamento d'uso applicativo elaborato a tal fine dal Parco, le aziende che risultano beneficiarie di tale marchio50 sono produttori agricoli (singoli o associati) a tutti gli effetti (ad eccezione dei produttori di miele, attività che può essere anche hobbistica), residenti nel Parco e solo i trasformatori di prodotti agro-alimentari anch'essi residenti nel Parco e che dimostrino di acquisire materie prime all'interno del Parco per la produzione. Tali criteri di definizione del campo di applicazione permettono di ottenere una ricaduta territoriale (nell’area protetta, in particolare). I prodotti che possono godere dell'attribuzione del marchio sono tutti provenienti da agricoltura integrata o biologica: 2 varietà di riso (arborio e carnaroli), 4 qualità di miele (castagno, acacia, tiglio, melata), farina di mais e farina di frumento, carne suina, salumi, formaggi e altri prodotti caseari. Le aziende coinvolte sono attualmente 16 che interessano una superficie aziendale totale di 966 ha di cui 339 ha risultano coltivati secondo i metodi dell’agricoltura biologica o integrata (dato 2004). Per la maggior parte esse offrono anche vendita al dettaglio (oltre a tre punti vendita ulteriori: presso una riseria e presso i centri parco). La produzione annuale potenziale di alcuni prodotti di marchio nel Parco Lombardo della Valle del Ticino Tipologia di prodotto Quantità annuale prodotta dalle aziende che

aderiscono al progetto di marchio di qualità Miele 2.775 kg Riso 248.790 kg Farina di mais 25.970 kg Farina di frumento 201.600 kg Fonte: Settore Agricoltura del Parco Lombardo della Valle del Ticino, 2004 Il Parco aiuta la promozione del marchio producendo materiale informativo aggiornato, partecipando nell'ambito del proprio stand a fiere del turismo e specializzate sia a carattere locale sia nazionale e organizzando serate informative e convegni. Il materiale informativo è di due tipi: quello dedicato agli agricoltori interessati all'adesione al progetto Marchio e quello ideato per i consumatori. Il prodotto di marchio ha avuto in generale successo. Indicatore esplicito di questo fatto è la vendita di tutta la produzione di riso con tale logo, tanto da non risultare sufficiente per l'organizzazione delle giornate di degustazione richieste da alcune catene di supermercati della zona! Altro indicatore importante è stata la richiesta proveniente da una riseria locale di poter acquisire e vendere il prodotto marchiato (a nome e per conto dei produttori), riconoscendo un utile maggiore (10% in più rispetto al prezzo di mercato), perché vuole creare una linea particolare. Questo suggerisce che il marchio non solo permette una commercializzazione più agevole ma anche di garantire un extra-utile. Si prevede un aumento di aziende che richiederanno il marchio perché da altre esperienze svolte in questi anni si è notato quanto il “passaparola” tra gli agricoltori possa funzionare, prevedendo un

49 Il logo del marchio è molto simile a quello del Parco: è circolare e presenta un uccellino con una spiga nel becco e con la dicitura Produzione Controllata Parco Ticino e il simbolo regionale. Per distinguere i prodotti provenienti da agricoltura biologica regolarmente certificata il logo è verde mentre nel caso in cui siano state impiegate tecniche di agricoltura integrata il logo è blu-azzurro. 50 I funzionari del Parco hanno messo a punto Disciplinari aziendali e Disciplinari di prodotto specifici (per riso, mais da polenta, cereali vernini, soia, frutta e verdura, miele, carne bovina e suina). In futuro si prevede anche l’elaborazione di un disciplinare per il latte bovino.

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tempo necessario di acquisizione di consapevolezza dei vantaggi e del significato di questo strumento. L’esperienza insegna come sia importante considerare la gradualità di questo tipo di processi che presuppongono un profondo cambiamento culturale. Atteggiamento del Parco, comunque, in tutte le iniziative è quello di coinvolgere il mondo agricolo51, offrendo non solo la possibilità di aderire al progetto Marchio ma anche altre opportunità di collaborazione, quali ad esempio coinvolgere gli agricoltori nella realizzazione di piste ciclabili, di campi sperimentali all'interno delle stesse aziende agricole, nella realizzazione di visite scolastiche e nel mantenimento delle marcite e di altri elementi del paesaggio agrario. Tali azioni sono state inserite nell’ambito del Progetto Speciale Agricoltura che prevede contributi da parte del Parco.

51 Sono state organizzate, ad esempio, otto serate informative sull'agricoltura in generale dislocate sul territorio (per facilitare l'accessibilità) alle quali sono stati invitati gli imprenditori agricoli: l'iniziativa ha riscosso molto successo contando 700 partecipanti, una quota rilevante su circa 1800 effettivi ossia quelli che vivono di agricoltura (2770 quelli registrati all'interno del Parco).

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II PARTE

CORRIDOIO ECOLOGICO TRASNAZIONALE:

LA PROPOSTA

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3.PROPOSTA PER UN’AZIONE COORDINATA DI GESTIONE DEL CORRIDOIO ECOLOGICO TRANSNAZIONALE Gli scenari futuri e le opportunità L’ultimo capitolo del dossier presenta la proposta avanzata dal FAI, da Italia Nostra e dal WWF Italia per creare le condizioni (operative, di collaborazione, di azione congiunta, etc) tali da permettere una migliore gestione dello spazio ecologico transnazionale rappresentato dalla Valle del Ticino. Tale proposta va nella direzione dell’auspicio espresso dall’Unesco in occasione del riconoscimento MAB (“Riserva di Biosfera”) dell’area italiana interessata dai due parchi (Lombardo e Piemontese). La questione che è sottesa alla proposta contenuta nel presente lavoro riguarda in sintesi il futuro della Valle del Ticino. Come emerge dal quadro delineato, in particolare relativo alle opportunità e alle potenzialità di tale territorio, vi sono le premesse per perseguire determinate azioni risultate efficaci per continuare un cammino volto alla sostenibilità. D’altra parte, anche i risultati dell’analisi sulle percezioni della popolazione hanno permesso di far emergere il ruolo centrale del “fiume azzurro” nell’immaginario degli abitanti e un diffuso senso di perdita o comunque di esistente forte rischio per il degrado di tale elemento strutturante non solo il territorio ma anche il vissuto e il quotidiano dei suoi fruitori più abituali. In tale situazione, ovviamente, gli scenari di futuro ipotizzabili sono diversificati a seconda delle scelte che interesseranno il territorio, di trasformazione o di conservazione. Se, ad esempio, si persegue un’opzione di intensa infrastrutturazione (con soluzioni tecnologiche, regimazione ulteriore del Ticino e dei suoi affluenti, impermeabilizzazione delle aree perifluviali, artificializzazione delle ripe, etc), si avrà come risultato la completa trasformazione del sistema fluvio-golenale con un utilizzo della risorsa fiume ai soli fini produttivi. Un altro scenario ipotizzabile, in linea con la presenza dei due parchi regionali e del riconoscimento ottenuto dall’Unesco, secondo gli auspici di una “conservazione sostenibile” può portare al mantenimento di un “ecomosaico” che può essere descritto come segue: “Il ruolo delle valenze naturalistico-ecologiche potrà non essere solo di integrazione al sistema delle

infrastrutture e delle attività economiche, ma potrà giocare anche funzioni di riequilibrio del sistema fluvio-golenale e consentire sue fruizioni diffuse a basso impatto ambientale. Gli interventi idraulici saranno in questo caso definiti in funzione di obiettivi multipli (sicurezza, navigazione, irrigazioni, energia) che comprendano anche ordinariamente il raggiungimento di elevati standard di qualità ambientale” (Gruppo di Lavoro Site, 1993).

Emerge, quindi, una situazione connotata da vari gradi di scelta per il futuro da assumersi considerando un obiettivo a medio e lungo termine. La qualità ambientale del bacino fluviale va incrementata, infatti, considerando congiuntamente le dimensioni della sostenibilità: non solo, quindi, quella ecologica ma anche istituzionale e sociale. Tale aspetto assume particolare importanza in un territorio caratterizzato da forte antropizzazione come quello del Ticino. La ricerca qui presentata, inoltre, ha permesso di mettere in luce quanto importante sia considerare le percezioni della popolazione rispetto al territorio e alla convivenza con l’area protetta, oltre che conoscere e interagire con i molteplici attori del contesto.

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Si sottolinea, quindi, ancora una volta l’importanza della partecipazione di tali attori e in generale del pubblico alla vita del parco. Ciò richiede un grande investimento di tempo e di risorse ma rappresenta uno degli strumenti capaci di raggiungere gli obiettivi di “conservazione sostenibile” di uno degli ultimi rifugi di biodiversità quale è quello del territorio del Ticino. A tale proposito si veda nel seguente approfondimento la felice esperienza francese che interessa il bacino della Loira da più di dieci anni e che potrebbe costituire un riferimento esemplare per programmare azioni future.

L’ESPERIENZA DI GESTIONE PARTECIPATA DI UN FIUME: LA LOIRA L’esperienza di seguito presentata è stata avviata nel 1993 grazie all’iniziativa congiunta della Fédération des Conservatoires d’Espaces Naturels (Federazione degli Spazi Naturali), del WWF Francia e di molteplici altre associazioni (tra cui LPO-Lega per la Protezione degli Uccelli), nata nell’ambito di un Progetto europeo Life. Si tratta di un insieme coordinato di progetti previsti in un Programma complessivo, chiamato Loire Nature (2001-2007), finalizzato a formalizzare e comunicare diversi concetti di gestione e di definire metodi e pratiche concrete nell’ottica di una gestione fluviale più equilibrata. L’approccio alla base di tale programma si sostanzia nella considerazione dell’intero corridoio fluviale nel suo complesso. Le azioni perseguite hanno permesso, da un lato, la sistematizzazione e il completamento delle conoscenze sugli aspetti naturali e territoriali e, dall’altro, la protezione e la riqualificazione di alcuni ambiti. Punto di eccellenza nella realizzazione di tale programma è rappresentato dall’estesa partecipazione attivata fin dall’inizio e dai parternariati promossi con tutti gli attori del territorio, sia locali sia riconducibili alla scala di bacino. Ogni azione è stata perseguita con un’intensa opera di sensibilizzazione che ha permesso di giungere a una consapevolezza diffusa del valore del patrimonio naturale e culturale rappresentato dalla Loira. Tale opera di animazione è stata organizzata a livello locale dai cosiddetti Comitati di Progetto (rappresentanti dei Servizi dello Stato, degli enti locali e dei fruitori - agricoltori, pescatori, cacciatori, etc). La concertazione e la partecipazione dei soggetti locali è stata scelta come via preferenziale per raggiungere gli obiettivi del Programma: sono stati quindi conclusi contratti e convenzioni di gestione con i proprietari e i fruitori nell’ottica non di imporre regole ma di gestire i vari usi tenendo in considerazione la capacità di carico dei singoli ambienti. In tale modo è stato possibile raggiungere accordi per diminuire il sovrapascolo, per regolare o condurre secondo tecniche particolari lo sfalcio, per ridurre o eliminare l’uso di pesticidi, etc. I siti che per loro natura sono caratterizzati da maggior vulnerabilità (come nel caso di alcuni meandri abbandonati) sono stati interessati, in alcuni casi, da misure di protezione più restrittive. Il Programma, oltre a essere destinato in particolare agli attori locali, ha fra i suoi scopi anche la messa in rete delle iniziative didattiche incentrate sulla Loira e la gestione oculata del fiume dal punto di vista turistico, in particolare ragionando sulla coerenza dell’offerta turistica e sull’organizzazione della frequentazione. Sebbene per ora il Programma abbia interessato spazi limitati in rapporto all’estesa superficie del bacino della Loira, tale esperienza ha permesso di avviare un importante lavoro comune che ha coinvolto, interessato e attivato gli attori locali nell’ottica di una gestione integrata del bacino fluviale. I risultati del Programma Loire Nature: - inventari delle presenze floristiche e faunistiche (in particolare in 8 siti); - 1500 ha protetti tramite gestione fondiaria e degli utilizzi; - 4500 ha costituiti da siti nei quali saranno attivate convenzioni con i proprietari per migliorare la gestione o per procedere ad azioni di riqualificazione ambientale e/o rinaturalizzazione (ad esempio tramite eradicazione delle specie infestanti, rinaturazione di greti fluviali, recupero di cave, etc); - creazione di 2 riserve naturali; - 30 km di ripe rinaturalizzate. Fonte : Loire Nature - Un programme enthousiasmant pour préserver et mettre en valeur le patrimoine naturel a cura di P. Auclerc, Presentazione Loire & terroirs

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D’altra parte la dimensione della partecipazione non è estranea all’attività recente dei parchi: si sottolinea che in particolare il Parco Lombardo ha inserito in qualità di impegno prioritario nella programmazione delle sue attività per il quadriennio 2002-2006 quello di “promuovere e favorire al massimo la partecipazione degli enti locali alla vita del Parco”. Questo nella convinzione che tali enti “sono e devono sempre più essere non solo i primi fruitori e destinatari finali delle scelte strategiche del Parco, ma anche i principali progettisti e artefici di tali scelte” (Proposta per un programma di attività in attuazione del documento “Un rinnovato patto per la tutela ambientale”, 2002). Altro elemento di qualità del Programma Loire Nature sopra riportato (vedi box) è costituito dal ragionamento condotto alla scala di complessivo bacino fluviale. Occorre, infatti, prevedere soluzioni di gestione che permettano di considerare il Ticino a tale scala come peraltro previsto dalla nuova Direttiva Quadro Europea sulle acque (vedi box).

LA NUOVA DIRETTIVA QUADRO EUROPEA La nuova Direttiva Quadro Europea sulle Acque (2000/60/EC), in fase di recepimento in Italia, è finalizzata alla prevenzione di un ulteriore degrado della qualità delle acque negli Stati Membri e alla protezione, miglioramento e riqualificazione di queste nell’ottica del raggiungimento di un “buono stato ecologico” di tutti i corpi idrici entro il 2015. Altra importante innovazione introdotta dalla Direttiva riguarda un nuovo approccio che prevede l’integrazione della gestione delle acque e del territorio alla scala di bacino fluviale. Inoltre, in ragione della definizione che la Direttiva fornisce dell’acqua, ossia che essa “non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale”, è necessario che gli Stati Membri ne promuovano “la partecipazione attiva di tutte le parti interessate….in particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici..”

Secondo le indicazioni europee, quindi, anche per il Ticino sarà necessario e opportuno considerare il bacino fluviale nel suo complesso che, come si è visto (vedi capitolo 1), si sviluppa a livello transnazionale, interessando l’Italia e la vicina Svizzera. Esso rappresenta uno dei più importanti corridoi ecologici di collegamento dell’ecoregione Alpi, insieme al fiume Tagliamento, con l’ecoregione Mediterraneo (rif. par. 2.4, vedi box).

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IL TAGLIAMENTO E IL TICINO: DUE FIUMI, DUE CORRIDOI PER L’ECOREGIONE ALPI Il Ticino condivide con il Tagliamento caratteristiche comuni che rendono la tutela dei due fiumi un punto nodale per il mantenimento della biodiversità alpina e non solo. Essi rappresentano gli unici corridoi ecologici a orientamento nord-sud che permettono di mettere in comunicazione l’ecoregione Alpi con quella Mediterranea. Secondo la CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi), infatti, solo il 10% della lunghezza dei fiumi alpini – circa 900 chilometri in tutto l’arco alpino - non è stata irrimediabilmente degradata. Il WWF Italia già da alcuni anni ha concentrato la propria attenzione sul futuro del Tagliamento, mettendo a punto una serie di studi e di azioni, in collaborazione con i comitati locali e con alcuni Comuni. Peraltro il WWF Internazionale ha individuato tale fiume (178 chilometri di corso, in gran parte ricadente nella regione Friuli Venezia Giulia) in qualità di “caso simbolo”. Si tratta infatti dell'ultimo fiume alpino che ha conservato quasi ovunque condizioni di naturalità (il medio corso del Tagliamento, infatti, è stato inserito nelle aree SIC). Il Tagliamento, inoltre, è uno degli ultimi fiumi dove è possibile studiare le dinamiche di evoluzione naturale delle golene, per cercare di capire come intervenire su altri corsi d’acqua pesantemente compromessi dalle opere idrauliche. Per tale motivo esso è stato oggetto di indagini da parte di molte tra le principali università europee (Vienna, Innsbruck, Marburg, Birmingham, Zurigo) e mondiali. Le sue caratteristiche hanno permesso di assumere il Tagliamento quale modello per il processo di naturalizzazione del corso del Mississipi e del Danubio. Altro punto di eccellenza del bacino del Tagliamento è rappresentato dal fatto che qui sono rinvenibili tutti gli habitat e le specie caratteristiche delle piane alluvionali che altrove nelle Alpi versano per lo più in uno stato di degrado. Il fiume lungo il suo corso, dalle Alpi al Mare Adriatico, infatti, presenta tutte le tipiche tipologie geomorfologiche, passando dalla forma rettilinea a quella a rami intrecciati a quella meandriforme. La minaccia più importante che insiste su tale bacino è rappresentata da un progetto promosso dalla Regione Friuli Venezia Giulia che prevede la realizzazione di opere per il controllo artificiale delle piene. Si tratta in particolare della costruzione di tre casse d’espansione a monte del Comune di Latisana, enormi vasconi da 30 milioni di metri cubi, per regolamentare il flusso idrico del Tagliamento, oltre a opere da realizzare in alveo, quali traverse e protezioni spondali. Con questo progetto devastante si modificherà il flusso idrico dell'ultimo esempio di fiume naturale alpino, modificando per sempre un delicatissimo e fragilissimo ecosistema, che fortunatamente si è mantenuto intatto. Le casse d’espansione in quel tratto il fiume non avrebbero particolare significato in quanto esistono già naturalmente ampie golene che garantiscono lo spazio dove l’acqua può espandersi in caso di piena. Il WWF ha lanciato una campagna di sensibilizzazione su tale problema. In particolare è stato elaborato un appello insieme al mondo accademico e tecnico/scientifico in cui si chiede alla Regione l’adozione improrogabile e urgente di misure d’intervento sostenibili per la protezione dalle piene del Tagliamento. Fra le altre importanti Organizzazioni Non Governative che hanno sostenuto l’azione si ricorda CIPRA, LIPU, il Verein zum Schutz der Bergwelt di Monaco di Baviera (tra le più antiche associazioni alpine per la tutela dell’ambiente montano) e l'ERN (European Rivers Network). Quest'ultima ha, in particolare, l’obiettivo di promuovere la gestione sostenibile dei bacini idrografici ed è attualmente impegnata in interventi di controllo delle piene e di conservazione degli ambienti fluviali sui fiumi Elba e Loira. Oltre all’appello, il WWF ha anche prodotto uno specifico rapporto in cui ha avanzato alcune proposte alternative al progetto regionale (“Studio Preliminare per l’individuazione di alternative alle casse di espansione previste nel medio corso del fiume Tagliamento”, disponibile all’indirizzo: http://www.wwf.it/FriuliVeneziaGiulia/documenti.asp).

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Dal punto di vista gestionale, occorrerebbe, quindi, superare i limiti amministrativi per poter meglio agire in funzione della sostenibilità futura. Interessante in quest’ottica è il nuovo ruolo interpretato dai fiumi, per lungo tempo visti come barriere da superare, ora come continuum ecosistemico o come centri propulsori e di collegamento per la biodiversità animale e vegetale. Essi si sono trasformati in elementi con nuovi compiti di “ponte”, di unione e di condivisione e non di separazione e di conflitto, come si è rilevato nella storia anche in relazione ad altri oggetti territoriali (come ad esempio per la catena alpina) Peraltro sono ormai molto diffuse esperienze di collaborazione tra aree protette transfrontaliere (vedi box) che potrebbero fornire esempi di riferimento per integrare e armonizzare le azioni relative al territorio del Ticino.

LE ESPERIENZE DI COLLABORAZIONE TRANSNAZIONALE NELL’OTTICA DEL “PARCO EUROPEO” Sono ormai diffuse, anche se relativamente recenti, le esperienze di collaborazione transnazionale volte a coordinare e rendere omogenea la gestione di ambienti che necessitano di essere pensati come realtà ecosistemiche unitarie, al di là dei confini amministrativi. In tale contesto emerge l’attività della Rete europea delle aree protette , impegnata dalla sua nascita nell’individuazione delle logiche che generano le varie politiche dei paesi coinvolti nella gestione dell’ambiente alpino per coordinarne le azioni. Fra le esperienze più note si ricordano i gemellaggi e le collaborazioni tra i seguenti parchi: Mercantour/Alpi Marittime, Vanoise/Gran Paradiso, Stelvio/Engadina, Espace Mont Blanc. In tali ambiti, oltre a documenti che formalizzano gli intenti comuni, sono stati realizzati studi scientifici, reintroduzioni, pianificazioni per la gestione del turismo, etc. Interessante iniziativa, ad esempio, è quella rappresentata dal progetto di una riserva di biosfera (MAB-UNESCO) nell’area di confine Francia/Italia caratterizzata dalla presenza del massiccio del Monviso, comprendente il Parco regionale del Queyras e 4 parchi regionali italiani piemontesi (Parco naturale Val Tronchea, Parco regionale Fascia fluviale del Po - tratto cuneese, Parco naturale Orsiera-Roccavrè, Parco del Gran Bosco di Salbertrand). Il progetto, nato nel 2000 su iniziativa degli enti parco coinvolti, tuttora è in fase di definizione: è stata presentata la candidatura della zona presso gli uffici dell’Unesco ai fini del riconoscimento. Sono state, inoltre, delineate le linee fondamentali su cui si strutturerà la collaborazione nell’ambito di un programma transfrontaliero da attuarsi nei prossimi due anni (Progetto Verso un riconoscimento internazionale del Monviso, 2003) incentrate su quattro tematiche: la formazione, la sensibilizzazione, la ricerca e la cooperazione transfrontaliera. La finalità dichiarata di tale impegno congiunto dei territori coinvolti è quella della “ricerca di soluzioni che permettano di gestire le loro attuali potenzialità, in modo tale da preservarle per le generazioni future” (Parc Naturel Régional Du Queyras et al., 2003). Per quanto riguarda la zona transfrontaliera Italia/Svizzera sono in fase di discussione e di definizione diverse ipotesi di aree protette o di collaborazioni transfrontaliere (ad esempio relativamente al Monte Generoso oppure tra i parchi della Val Grande in Piemonte e della Valle Maggia in Canton Ticino).

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3.1 I PRIMI PASSI DI UNA GESTIONE INTEGRATA: UNA PROPOSTA I due Parchi del Ticino hanno già avviato i presupposti per una gestione coordinata del fiume. Dalla collaborazione esistente e dai progetti in corso emerge una situazione positiva nell’ambito della quale interessare con azioni tematiche l’azione congiunta, coerente e di scambio tra enti italiani e svizzeri competenti per il complesso del corridoio ecologico del Ticino. La proposta di avviare un’azione congiunta e coerente a livello transnazionale presenterebbe una importante opportunità: trovare la convivenza, la sintonia tra la società e la conservazione dell’ambiente in un’area caratterizzata da forti contraddizioni. Significa raccogliere una sfida di sostenibilità, assunta dagli enti competenti per il territorio del Ticino, forti del loro bagaglio esperienziale. Le azioni realizzate a partire da tale proposta avrebbero, inoltre, il valore di rappresentare un modello da esportare, anche per realtà vicine, in considerazione dell’importante dimensione europea in cui ci stiamo inserendo. I primi passi per la costruzione della collaborazione tra la Svizzera e l’Italia , e tra le Regioni Piemonte e Lombardia, sono già stati compiuti. Esiste, infatti, la Commissione italo-svizzera per la protezione delle acque istituita dai rispettivi Ministeri degli Esteri, nata nel primo Dopoguerra. In realtà, finora, tale istituzione si è occupata più che altro della gestione dell’uso dell’acqua. Per quanto riguarda la collaborazione fra i due Parchi regionali italiani si segnala l’esistenza di intese previste ai sensi delle deliberazioni assunte dalla Giunta regionale della Regione Lombardia n. 47542 (25/01/1994) e dal Consiglio regionale del Piemonte n. 831- CR- 96222 (13/07/1994) per la costituzione di un Parco Interregionale Lombardo e Piemontese della valle del Ticino (Norme di attuazione della Variante di Piano, 1999). Tale protocollo ha istituito un Comitato permanente paritetico d’intesa tra le due Regioni e i due Parchi, con il compito di definire criteri unitari di pianificazione e di gestione relativa al territorio interessato dai confini del Parco Interregionale (oltre 40.000 ha che comprendono tutto il Parco Piemontese e le aree di interesse naturalistico lombarde, coincidenti con il Parco Naturale del Ticino Lombardo52). La volontà di superare i confini amministrativi in vista di una gestione più coerente e unitaria di un importante corridoio biologico si trova, peraltro, espressa e concretizzata in alcuni progetti attualmente esistenti. In particolare si cita l’Interreg III A Italia-Svizzera (gennaio 2005-2007) intitolato “Azioni coordinate e congiunte lungo il fiume Ticino per il controllo a lungo termine della biodiversità”. Tale finanziamento europeo vede come capofila il Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino e la Fondazione Bolle di Magadino (ente gestore della Riserva Naturale Bolle di Magadino nel Canton Ticino, Svizzera). I partner del progetto sono il Parco Naturale della Valle del Ticino (Parte Piemontese), l’Associazione Fauna Viva, l’Ente Parco e Riserve Naturali del Lago Maggiore, il WWF Svizzera Italiana, l’Associazione per lo studio e la conservazione degli uccelli della Svizzera Italiana (Ficedula), l’associazione Pronatura - Sezione Ticino, l’Ufficio Cantonale Protezione Natura della Confederazione Svizzera. L’impegno di tali enti, per la prima volta congiunto, si pone come obiettivo tramite tale progetto quello di “adottare metodologie comuni per la gestione degli elementi naturali affinché si possa massimizzare l’efficacia di misure attuate su scala locale. Questo obiettivo generale è raggiungibile soltanto attraverso una complessa serie di operazioni conoscitive, informative, pianificatorie, gestionali e di monitoraggio da effettuarsi nella parte svizzera e nella parte italiana della

52 Si ricorda che il Parco Naturale per legge della Regione Lombardia è situato all’interno del più ampio Parco Regionale del Ticino (vedi capitolo 1).

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Valle del Ticino” (da Progetto Interreg III A, 2004). Attualmente è in corso la sistematizzazione delle conoscenze relative al complesso del bacino fluviale. In Svizzera il territorio di interesse per la proposta qui promossa è rappresentato geograficamente dal cosiddetto Piano di Magadino (nell’ambito del Ticino sopralacuale). Tale regione (4000 ha dei quali 1650 ha coltivati da 250 aziende agricole), nota come “il granaio del Ticino”, è tuttora contraddistinta dalla pratica agricola che contribuisce per l’80% alla produzione ortofrutticola del Cantone53. Il paesaggio risulta, quindi, fortemente modellato dalla presenza umana. Il Piano di Magadino interessa 14 comuni (di cui 8 nel Locarnese) che presentano una popolazione di circa 29.000 abitanti (di cui 12.000 nel Locarnese)54. Si tratta della più grande pianura del Canton Ticino che fino alla fine dell’Ottocento, quando furono realizzate importanti opere di bonifica (ideate da Carlo Cattaneo), si presentava come una vasta area paludosa percorsa da corsi d’acqua e disseminata di nuclei boscati. Ora rappresenta l’area con maggior biodiversità del Cantone e tra le più connotate da valori naturalistici della Svizzera. Recentemente, infatti, Birdlife International ha inserito l'intero Piano di Magadino nelle aree IBA (International Bird Area/Area d'importanza internazionale per gli uccelli) in quanto il territorio risulta interessato dalle rotte migratorie di molte specie. Dal 1996, inoltre, la fascia centrale del Piano di Magadino è stata inserita nell'inventario dei Paesaggi palustri d'importanza nazionale. Il Piano di Magadino risulta importante anche come area di svago e di tempo libero (piste ciclabili, escursioni a cavallo, passeggiate, etc), interessando un’area prossima e, quindi, facilmente raggiungibile, a nuclei urbani significativi (Bellinzona, Locarno, etc). Attualmente l’area del Piano è interessata da un progetto di Parco Regionale, già approvato dal Governo e dal Parlamento Svizzero nell’ambito del Piano Direttore55 (lo strumento generale di pianificazione cantonale) ma non ancora operativo, in quanto in Svizzera occorre attendere che sia approvato anche lo specifico piano di coordinamento e di gestione dell’area protetta prima che essa risulti ufficialmente istituita. E’, invece, istituita e attiva la Riserva Naturale Bolle di Magadino che tutela puntuali aree di risorgiva dell’omonimo Piano (vedi box).

53 Fonte: “Manifesto per il Piano di Magadino”, WWF Svizzera Italiana, www.wwf-si.ch. 54 Fonte: Corriere Ticino - Quo vadis Ticino, 10 novembre 2004. 55 Rif. Scheda di Piano direttore adottata dal Consiglio di Stato il 16 ottobre 2001, ed esaminata dal Gran Consiglio il 26 marzo 2003.

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LA RISERVA NATURALE BOLLE DI MAGADINO La Riserva Naturale “Bolle di Magadino” (660 ha) è stata istituita a livello cantonale nel 1979 prevedendo tre zone con gradi di protezione differenziata in ragione della vulnerabilità delle aree. La Riserva protegge l’area affacciata sul Lago Verbano alla foce dei fiumi Ticino e Verzasca, uno degli ultimi esempi di paesaggi deltizi e palustri della Svizzera. Sebbene i corsi fluviali siano stati fortemente artefatti, sussistono nuclei caratterizzati da notevole naturalità. Essa è stata iscritta nel 1982 tra le zone umide riconosciute d'importanza internazionale per la migrazione degli uccelli (Convenzione di Ramsar). Per molti uccelli migratori, infatti, le Bolle di Magadino rappresentano un'insostituibile area di sosta prima dell'attraversamento delle Alpi. Sino ad oggi sono state osservate più di 160 specie di uccelli. La Riserva è stata, inoltre, inserita nell’ambito dell’Inventario dei paesaggi alluvionali di importanza internazionale (Convenzione di Berna) in ragione dell’importanza delle associazioni vegetali presenti (elevata biodiversità) e per il loro valore ornitologico. Dal 1994 è attivo un Centro d’inanellamento ("Bird observatory"), il quale è stato chiamato a partecipare al progetto di ricerca europeo sulla migrazione dei passeriformi tra Europa e Africa ("European-African Songbird Migration Network"), coordinato dall’Università di Oldenburg e sostenuto dall’ European Science Fundation. Tale progetto di studio ha coinvolto una quarantina di stazioni d’inanellamento, distribuite tra il Corno d’Africa e il Circolo polare artico. I primi risultati di questa ricerca evidenziano l’importanza internazionale del mosaico di ambienti presente alle Bolle di Magadino. La gestione della Riserva, inoltre, risulta avere particolari caratteri di efficacia, innovazione ed esemplarità. A riprova di tale constatazione, ad esempio, a seguito di un progetto volto alla riqualificazione di habitat specifici (1998-2001), si è rilevato che 36 specie minacciate d'estinzione hanno potuto ricolonizzare gli ambienti oggetto degli interventi. Fonte: www.bolledimagadino.com, 2005

Dal 2001 il WWF Svizzera Italiana in collaborazione con le altre 14 associazioni di categoria e ambientaliste presenti nell’area ha definito e avviato una sorta di programma di gestione del Piano di Magadino dal titolo Sviluppo Sostenibile sul Piano di Magadino (ora fatto convergere nell’Interreg sopra ricordato, in collaborazione con i Parchi Ticino italiani). Esso si configura come un’iniziativa esemplare e di successo dalla quale prendere spunto. Nell’ambito di tale programma è stato individuato il cosiddetto Progetto di interconnessione56 volto alla realizzazione di una rete ecologica efficace57. Esso, infatti, individua e specifica nel dettaglio gli interventi previsti, con il supporto tecnico da parte del WWF, per localizzare le superfici di “compensazione ecologica di interconnessione” (siepi, prati sfalciati, etc) per le quali gli agricoltori possono essere beneficiari di incentivi economici (simili alle misure agro-ambientali finanziate dall’Unione Europea nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale). Tali contributi, infatti, essendo stati pensati a livello federale e quindi per l’intero territorio svizzero, non sono adeguatamente orientati secondo le vocazioni dell’area del Ticino sopralacuale e necessitano, quindi, di essere contestualizzati nella realtà del Piano di Magadino. Tale progetto vede il coinvolgimento di 26 aziende agricole dell’area per un totale di 850 ha di SAU, coinvolte nella realizzazione del reticolo ecologico. Le azioni realizzate sono volte all’aumento della biodiversità agricola e naturalistica: sono stati realizzati progetti di rinaturazione e/o di riqualificazione ambientale, in collaborazione con gli agricoltori. Gli obiettivi del progetto, come si può notare dall’elenco riportato nel box seguente, mirano a raggiungere risultati specifici in termini di ripopolamento di singole specie.

56 Il finanziamento del progetto è attualmente garantito dall'UPN, il BUWAL, il WWF, la Stazione Ornitologica Svizzera di Sempach e Pro Natura Ticino. Recentemente anche il Fondo Svizzero per il Paesaggio ha deciso di sostenere il progetto. 57 In Svizzera esiste un progetto simile a Natura 2000 (concepito e attuato nell’ambito del territorio europeo) chiamato REN, Rete Ecologica Nazionale, finalizzato a connettere le aree contraddistinte un elevato grado di biodiversità.

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GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO DI INTERCONNESSIONE PER LA CONSERVAZIONE E L’INCREMENTO DELLA BIODIVERSITÀ DEL PIANO DI MAGADINO Obiettivi utili per verificare l'efficacia del progetto 1. Rispetto alla situazione iniziale sul Piano di Magadino 2 delle 3 specie del gruppo Grillo campestre, Metrioptera fedtschenkoi minor e Omocestus ventralis mostrano un aumento degli effettivi oppure almeno 1 delle specie del gruppo Allodola, Cutrettola, Quaglia e Melanargia galathea mostra un aumento degli effettivi. 2. Rispetto alla situazione iniziale all'interno delle golene almeno 1 delle specie del gruppo Lycaeides idas, Mellicta athalia, Pyronia tithonus e Omocestus haemorrhoidalis mostra un aumento degli effettivi. 3. Sulle SCE (Superfici di Compensazione Ecologica) del Piano di Magadino (al di fuori delle Bolle di Magadino) si osserva almeno almeno 1 delle 3 specie del gruppo Conocephalus ssp, Metrioptera fedtschenkoi minor e Parapleurus alliaceus oppure almeno 1 coppia nidificante del gruppo Cannaiola verdognola, Cannareccione e Migliarino di palude (attualmente solo nidificazione molto irregolare). 4. Rispetto alla situazione iniziale sul Piano di Magadino almeno 1 delle specie del gruppo Averla piccola, Canapino, Codirosso, Saltimpalo e Sterpazzola mostra un aumento del numero di coppie nidificanti. 5. I nuovi stagni vengono colonizzati dalla Raganella. Obiettivi di concretizzazione del progetto 1. Almeno 20 aziende partecipano al progetto. Questa misura andrebbe a beneficio di tutte le specie indicatrici. 2. Le aziende coinvolte nel progetto realizzano almeno 7 ha delle nuove superfici loro proposte (questo corrisponde circa al 15% di quanto proposto). Di queste più del 50% sono di prima priorità. Questa misura andrebbe a beneficio di tutte le specie indicatrici. 3. Il 30% dei prati estensivi, delle superfici da strame e degli orli delle siepi in reticolo sono sfalciati a mosaico. Misura a beneficio di Allodola, Cannaiola verdognola, Cannareccione, Codirosso, Cutrettola, Migliarino di palude, Quaglia, Lycaeides idas, Melanargia galathea, Mellicta athalia, Pyronia tithonus, Conocephalus ssp., Grillo campestre, Metrioptera fedtschenkoi minor, Omocestus haemorrhoidalis, Omocestus ventralis, Parapleurus alliaceus. Vengono create almeno 3 superfici pioniere con struttura. Misura a beneficio di Allodola, Averla piccola, Codirosso, Cutrettola e Saltimpalo. 4. Vengono piantati almeno 1 km di siepi e 20 gruppetti di cespugli. Misura a beneficio di Averla piccola, Canapino, Codirosso, Saltimpalo e Sterpazzola. 5. Vengono messi a dimora almeno 50 nuovi salici capitozzati o alberi ad alto fusto. Misura a beneficio Canapino, Codirosso, Saltimpalo, Sterpazzola. 6. Vengono creati almeno 2 nuovi stagni. Misura a beneficio della Raganella. Fonte: Progetto di Interconnessione, WWF Svizzera Italiana, 2004

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L’aiuto da parte del WWF Svizzera relativo alle realizzazioni previste dai contributi ha permesso di creare alleanze a livello locale, anche per combattere o meglio orientare i progetti di infrastrutturazione previsti nell’area. Come nel caso del territorio del Ticino italiano, il Piano di Magadino, infatti, è sottoposto a una serie di minacce: il passaggio della superstrada, l'ampliamento dell'aerodromo, che ricade nella Riserva Naturale delle Bolle di Magadino e il passaggio della ferrovia veloce Alptransit, diffusa presenza di discariche abusive e altre infrastrutture lineari. Per questo motivo un insieme di associazioni locali, regionali e nazionali -WWF Svizzera Italiana, ACSI (Associazione Consumatrici della Svizzera Italiana), l’Associazione per un Piano di Magadino a misura d’uomo, l’Associazione per la difesa del Piano di Magadino (A13 in galleria), l’Associazione Lungolago Ascona Porto Ronco-Brissago, ATA Svizzera Italiana, Ciclo-lobby della Svizzera Italiana, Comprobio, Federazione Ticinese Cavallo-ambiente, Ficedula (Associazione pro avifauna della Svizzera Italiana), Greenpeace Ticino, Pro Natura Ticino, SOS Mendrisiotto Ambiente, STAN (Società Ticinese per l’Arte e la Natura), l’Unione Contadini Ticinese - hanno sottoscritto un Manifesto per il Piano di Magadino (disponibile sul sito www.wwf-si.ch) che dichiara le volontà locali per un futuro sostenibile del Piano e che rifiuta categoricamente altre artificializzazioni dell’area. Nell’ambito del progetto, il WWF Svizzera Italiana in collaborazione con le associazioni locali di agricoltori, altre associazioni ambientaliste, gli enti locali e il Dipartimento del territorio e il Dipartimento finanze ed economia del Cantone organizza da tre anni una festa (durante il mese di giugno, presso la fattoria del Demanio cantonale a Gudo). E’ un’occasione per far incontrare la popolazione locale con gli agricoltori e le istanze legate all’istituzione del Parco Regionale della Piana di Magadino. In quell’occasione si realizza la vendita di prodotti da agricoltura biologica. Nel 2004 è stata anche organizzata un’interessante mostra fotografica dedicata ai lavori di bonifica del Piano di Magadino. Attualmente è in fase di definizione il progetto di valorizzazione delle cosiddette “porte del parco” interpretate quali punti forti rappresentativi. Tramite tale lavoro di accompagnamento degli agricoltori, si sono di creati buoni rapporti tra le imprese agricole e gli altri enti e associazioni a livello locale, coinvolgendo negli anni sempre un maggior numero di soggetti. Il punto debole riguarda il settore “promozione della qualità” (si sta riflettendo sull’opportunità di realizzare un marchio di qualità per le produzioni locali) e “promozione culturale” che andrebbe potenziato tramite educazione ambientale e realizzazione di centri visita (già previsti dal progetto). Le esperienze sopra sinteticamente descritte rappresentano utili elementi per ipotizzare a partire dall’esistente un’azione di coordinamento che interessi i territori svizzeri e italiani del Ticino. A tal fine occorre, inoltre, confrontare gli strumenti di piano in modo tale che risulti possibile trovare soluzioni coerenti per le due sponde del fiume in Italia e nel settore d’interesse sopralacuale. Trattandosi di una comparazione non solo regionale ma anche transnazionale tale operazione appare complessa ma necessaria, finalizzata non ad una omologazione rispetto ad unico riferimento normativo, peraltro impossibile in ragione della diversa situazione amministrativa e istituzionale. Piuttosto il confronto può portare a una riflessione rispetto a strumenti comuni inseriti con modalità diverse nei singoli ordinamenti regionali e nazionali nel tentativo di trasferire le buone pratiche esistenti (ad esempio rispetto alla valutazione della compatibilità ambientale). Un primo confronto è già stato condotto per rendere coerente le previsione degli strumenti pianificatori nell’ambito dell’elaborazione dei due Piani rispettivi dei Parchi del Ticino lombardo e piemontese (PTC, 1980). D’altra parte, occorre anche ragionare sul sistema di controlli ambientali rispetto a tutte le componenti biotiche oltre che agli aspetti legati alla salute e al benessere della popolazione residente e dei turisti. In particolare tale fase è stata avviata con l’inizio del 2005 con il finanziamento del progetto Interreg IIIA sopra descritto. Si propone in particolare di impostare un programma che preveda progetti specifici di collaborazione fra aree protette (Enti Parco Lombardo e Piemontese della Valle del Ticino, Fondazione Bolle di Magadino - ente gestore della Riserva naturale Bolle di Magadino e futuro ente gestore del Parco

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Regionale della Piana di Magadino) in un quadro di cooperazione transnazionale (Canton Ticino, Regione Lombardia e Regione Piemonte). A tal fine si propone di avviare tale percorso tramite un primo scambio di esperienze relative all’agricoltura, alla promozione della qualità, alla gestione fluviale e all’educazione ambientale. In particolare il WWF Svizzera Italiana potrà mettere a disposizione le valutazioni relative alla realizzazione del progetto di reticolo ecologico (Progetto di Interconnessione). Potranno così essere confrontati i risultati ottenuti dai Parchi del Ticino italiani nell’ambito dei Progetti Speciali Agricoltura, permettendo di evidenziare similitudini e differenze in vista di un miglioramento del ruolo di accompagnamento degli agricoltori. Si sottolinea, infatti, l’importante valore delle aree agricole , gestite non solo con fini produttivi ma anche di qualità ambientale, per la conservazione della biodiversità e in particolare per la funzionalità del corridoio ecologico del Ticino nel suo complesso. Ci si riferisce, ad esempio, alle zone di sosta di molteplici specie dell’ornitofauna la cui rotta migratoria nord-sud interessa l’area di studio. In ambito agricolo e della promozione della qualità, in particolare il Parco Lombardo del Ticino potrà fornire un utile supporto per quanto riguarda l’esperienza del marchio di qualità (ved. par. 2.5.3) relativamente al percorso di fidelizzazione, alle modalità di concessione e promozione, ai protocolli specifici per i prodotti di agricoltura biologica e integrata, al paniere dei prodotti, etc. Una delle iniziative che potrebbe essere operativa in tempi brevi si potrebbe sostanziare in uno scambio di esperienze non solo fra funzionari degli enti di gestione ma anche fra gli agricoltori locali, permettendo così di mettere in comune problematiche e soluzioni. Esperienze di rinaturazione condotte sia nell’area italiana del Ticino che in quella Svizzera rappresentano, inoltre, un ulteriore campo di scambio e di collaborazione, come ad esempio a partire dai risultati dell’iniziativa del WWF Italia in collaborazione con il Parco Lombardo del Ticino (vedi box).

UN ESEMPIO DA SEGUIRE: LA RINATURAZIONE DELL’AREA DI CONFLUENZA DEL TICINO CON IL PO A cura del dott. Andrea Agapito, responsabile nazionale “Fiumi” del WWF Italia L’area di confluenza del Ticino con il Po è certamente una delle aree più significative ove è stato avviato un progetto integrato e interdisciplinare su iniziativa del WWF Italia con il coinvolgimento di molti attori tra i quali il Parco lombardo della Valle del Ticino, l’Autorità di bacino, la Regione, i Comuni, i privati, le associazioni ambientaliste, agricole, culturali. I quasi 300 ettari, compresi nell’area tra la destra Ticino e la sinistra Po, ricadenti nell’ambito del comune di Travacò Siccomario (PV), rappresentano oggi un’opportunità per riqualificare e consolidare un “nodo” ecologico fondamentale finalizzato al ripristino di un’adeguata continuità ambientale lungo il Po. Non è molto distante, infatti, il Parco del Po Piemontese (tratto alessandrino-vercellese) che sta promuovendo molti interventi di rinaturazione. Vi è quindi la concreta possibilità di favorire la costituzione di una rete ecologica padana che tenda, innanzitutto, a consolidare i “nodi” della rete e successivamente a promuovere azioni di riqualificazione per ripristinare un adeguato corridoio lungo il Po che connetta il Parco Lombardo con quello Piemontese. La rinaturazione di tali aree avrebbe, inoltre, un’enorme importanza nella riduzione del rischio idrogeologico al quale sempre più spesso sono sottoposte le popolazioni rivierasche.

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Allegato n. 1 Le persone che sono state contattate e che hanno fornito materiali, dati e valutazioni utili per realizzare la presente ricerca (aprile 2004 - febbraio 2005) sono: - Dott. D. Furlanetto (Direttore del Parco Lombardo della Valle del Ticino) - Dott. B. Franchina (Direttore del Parco Naturale del Ticino Piemontese) e altri funzionari

dell’ente-parco - Dott. F. Maggi (Responsabile WWF Svizzera Italiana) - Dott. P. Poggiati (Direttore Ufficio Protezione della Natura, Canton Ticino) - Dott. N. Patocchi (Direttore della Fondazione Riserva Naturale Bolle di Magadino) - Società Eco-logo (società incaricata dal Parco Lombardo della Valle del Ticino per il monitoraggio

costante delle componenti ambientali) - Dott. C. De Paola e Dott. M. Bove (Ufficio Agricoltura - Parco Lombardo della Valle del Ticino) - Dott. ssa S. Pozzi (Ufficio coordinamento Agende 21 e bilancio sociale - Parco Lombardo della

Valle del Ticino) - Dott. F. Magna e Dott.ssa M. Pedotti (Ufficio Educazione Ambientale - Parco Lombardo della

Valle del Ticino) - Dott. L. Turrici (responsabile progetto Equal in alcuni comuni del Parco) - Dott. ssa A. Doridoni (Naturcoop, cooperativa del Parco Lombardo della Valle del Ticino) - Prof. ssa S. Galassi (Ecologa dell’Università degli Studi di Milano) - Prof. M. Gatto (Ecologo del Politecnico di Milano) - Prof. ssa S. Operto (Sociologa dell’Università degli Studi Milano - Bicocca) Sono stati intervistati una trentina di testimoni privilegiati (tra agricoltori, sindaci e rappresentanti di associazioni ambientaliste e di categoria a livello locale, comitati). Sono stati inoltre somministrati 83 questionari nei mercati e nelle piazze di sei comuni individuati lungo l’asta fluviale.

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Allegato n. 2 IL TERRITORIO DEL TICINO NELLA PERCEZIONE DELLA POPOLAZIONE Spunti e riflessioni per una prima analisi A cura di Silvia Barbaruolo Data l’importanza, da più parti ormai riconosciuta, che riveste la comunità locale nella gestione della risorsa ambientale, risulta imprescindibile per gli enti di gestione di aree protette rivolgere la propria attenzione alle percezioni delle popolazioni residenti in territori tutelati. Da ciò è nata l’idea di condurre una ricerca sperimentale sul territorio volta a indagare tale aspetti nell’ambito del Parco Lombardo della Valle del Ticino, da un lato tramite interviste specifiche a testimoni privilegiati e, dall’altro, tramite somministrazione di questionari nelle piazze, nei mercati e in altri luoghi di ritrovo. Di seguito se ne illustrano i risultati. QUALI VALORI, QUALI OPPORTUNITÀ E QUALI RISCHI PER IL TERRITORIO DEL TICINO OGGI? L’OPINIONE DEI TESTIMONI PRIVILEGIATI La finalità delle interviste ai testimoni privilegiati consiste nella delineazione di un quadro generale della situazione e della dinamica territoriale, differenziata per aree geografiche. In occasione dei colloqui, inoltre, è stato possibile “testare” lo strumento del differenziale semantico (vedi prossimo paragrafo) e, attraverso le preziose indicazioni raccolte, costruire il questionario da somministrare alla popolazione locale. Le interviste agli stakeholders sono state condotte in forma semi-strutturata, seguendo il discorso sul territorio che si sviluppava nel racconto degli stessi, stimolando alcune risposte o riflessioni attraverso domande ad hoc. La scelta dei temi oggetto delle interviste è stata condotta con l’obiettivo di individuare la percezione dei testimoni privilegiati relativa ai seguenti temi58:

- la vocazione tradizionale del territorio e le sue valenze; - l’uso del territorio del parco da parte delle popolazioni, locali o “forestiere” (insider e outsider); - le trasformazioni in corso; - i rischi percepiti; - le opportunità di sviluppo futuro, sia rispetto alla dimensione economica che a quella di

valorizzazione delle risorse ambientali; - l’eventuale esistenza di progettualità; - la percezione del ruolo dell’ente parco sul territorio. Inoltre: - per le associazioni, la loro storia in relazione al territorio oggetto della ricerca ed eventuali

campagne di mobilitazione intraprese;

58 Alcune domande sono state riformulate in seguito alla sperimentazione della struttura di intervista definita in un primo momento.

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- per gli agricoltori, il tipo di attività svolta ed eventuali progetti di collaborazione con l’ente parco.

L’indagine condotta può essere definita quale una ricerca in parte di tipo qualitativo, che intende cioè descrivere la situazione e le transizioni in corso del territorio lombardo intorno al fiume Ticino, attraverso la percezione di portatori d’interesse e di parte della popolazione locale. Ed in parte quantitativo, dove la restituzione dei questionari somministrati alla popolazione locale prevede la presentazione di dati numerici dell’analisi delle risposte. Per il tipo di campionamento utilizzato ed il numero del campione, però, si preferisce non inferire generalizzazioni, bensì considerare il materiale emerso come descrittivo di una situazione complessa che meriterebbe un approfondimento dell’indagine, anche avvalendosi del quadro socioeconomico del territorio in oggetto. La prima categoria di testimoni privilegiati interessa gli amministratori. Sono state condotte interviste a 10 sindaci (Lonate Pozzolo, Cardano al Campo, Cassinetta di Lugagnano, Turbigo, Cuggiono, Besate, Garlasco, Gambolò, Travacò Siccomario, Bereguardo); 9 vicesindaci od assessori all’ecologia od al territorio (Casorate Sempione, Vergiate, Castano Primo, S.Martino Siccomario, Vigevano, Pavia, compresi Cuggiono e Cassinetta di Lugagnano, le cui interviste sono state condotte insieme al sindaco); a causa della coincidenza dei tempi dell’indagine con la scadenza elettorale amministrativa che ha riguardato molti comuni dell’area, sono stati intervistati 2 ex – amministratori (gli uscenti sindaco di Arsago Seprio ed assessore all’ambiente di Boffalora Ticino); ove non è stato possibile contattare la componente politica dell’amministrazione, oppure è stato ritenuto interessante il racconto di alcuni progetti, l’intervista si è realizzata con i, 3 in tutto, funzionari preposti (responsabile ufficio tecnico di Sesto Calende, responsabile ufficio agenda 21 di Somma Lombardo, funzionario settore gestione territorio di Abbiategrasso). Nel complesso, sono 21 i comuni interessati dalla presenza di testimoni privilegiati intervistati, equamente suddivisi tra le province di Varese, Milano, Pavia, nonostante ciò non corrisponda alle rispettive densità di popolazione od estensione territoriale all’interno del parco: la scelta ha piuttosto risposto ad un intento di esaustività descrittiva della varietà qualitativa territoriale. Entrando nel merito dei contenuti emersi nelle interviste agli amministratori, emerge in modo forte la percezione di un cambiamento di ruolo dei Comuni in quanto attori politici e sociali: si sentono maggiori responsabilità nella gestione del territorio e nella proposta di politiche rivolte alla qualità della vita della popolazione, a fronte però della sempre minore disponibilità di risorse finanziarie pubbliche e trasferimenti statali. I comuni assumono il ruolo di governo della realtà locale, preoccupandosi del suo sviluppo, destreggiandosi nella valutazione di rischi ed opportunità, a volte rivolgendosi a progetti di marketing territoriale, a volte interrogandosi su quale sviluppo, combattuti tra conservazione ed innovazione. Sono soggetti che interagiscono con diversi livelli territoriali di potere e diversi altri attori istituzionali che esprimono progetti od interessi a volte contrastanti (Provincia, Regione, governo nazionale, Unione Europea, ente parco ed autorità legale alle risorse ambientali), si trovano coinvolti in progetti sovralocali con modalità e possibilità d’intervento molto diverse secondo le situazioni. Per ciò che concerne le valenze territoriali indicate dagli amministratori locali, spicca il patrimonio naturalistico e paesaggistico come risorsa e come tratto identitario distintivo delle comunità: la quasi totalità degli intervistati lo cita, di cui la piena totalità dei comuni varesini, attualmente più coinvolti dalla presenza della “grande Malpensa”. Il bacino idrografico (inteso come fiume Ticino, affluenti e sistema dei navigli) come valenza specifica, viene invece esclusivamente ricordato nel milanese e nel pavese dalla metà degli intervistati. Colpisce come molti, tuttavia, ammettano che spesso si diano per scontate le valenze del territorio, e ciò ne rende difficile la valorizzazione o fruizione da parte tanto delle amministrazioni quanto dei cittadini. Il patrimonio storico – culturale, inteso come monumenti religiosi, civili, ville nobiliari, cascine, opere pubbliche, teatri di eventi storici, battaglie o presenze di antiche civiltà, è un aspetto altrettanto ricorrente nelle testimonianze raccolte, seguito dal patrimonio di cultura e pratiche agricole (per il milanese ed il pavese), insieme a quello economico di sviluppo imprenditoriale: spesso consapevoli di impatti ambientali di certe produzioni (si pensi alle concerie varesine, ora messe a norma, che scaricavano nel Ticino), gli amministratori sottolineano come le

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attività produttive erano maggiormente orientate alla varietà ed all’autosufficienza locale, fatte di piccole e medie imprese, dove le carriere professionali si sviluppavano nell’“imparare un mestiere”. Un terzo degli intervistati indica tra le valenze il patrimonio valoriale della comunità locale, in termini di appartenenza al territorio, svolgimento di attività tradizionali di sua manutenzione, vincoli di coesione e solidarietà. Altrettanti intervistati indicano invece come valenza proprio la capacità politica e lungimiranza del Comune, soprattutto in Provincia di Pavia; mentre nel centro – nord del parco vengono citati in modo veramente esiguo sia la posizione strategica del territorio, sia il patrimonio di strutture e servizi del parco: dato, quest’ultimo, interessante nella misura in cui gli amministratori ne fanno comunque tutti parte; forse che l’appartenenza al parco, come le valenze, è facilmente data per scontato ? D’altronde il dare per scontato emerge spesso parlando dell’uso che la popolazione fa del territorio: nella descrizione dei loro primi cittadini, le comunità locali hanno una fruizione limitata della risorsa ambientale, spesso per poca conoscenza di zone di pregio o poca volontà di “esplorazione”. Approfondendo la ricerca, tuttavia alcuni indicano dei problemi: i boschi varesini sono stati man mano meno frequentati a causa degli scarichi aerei e del rumore dei decolli, mentre nel pavese la difficoltà risiede nella carenza di servizi, indicazioni e cartelli da parte del Parco. Ciò non impedisce di registrare, nel pavese un uso “appassionato” fatto di escursionismo naturalistico o di possesso di piccole imbarcazioni da parte della popolazione locale, così come in altre zone i passeggiatori od i ciclisti vengono soprattutto da fuori, generalmente dall’area metropolitana milanese. La maggioranza ha comunque un uso “ludico” delle spiagge fluviali e dei prati come luoghi di relax e di ritrovo domenicale, anche se è opinione comune che laddove sono state adibite piste ciclabili, queste vengono vieppiù utilizzate. Tra i rischi individuati nel corso delle interviste, emergono con forza tre elementi relativi ad una realtà in trasformazione che potrebbe in futuro compromettere le risorse ambientali comuni: l’aumento delle edificazioni, dovute a quelli che sono stati definiti diffusi “appetiti verso il suolo”, sentito da tutti gli intervistati in provincia di Varese e dalla maggior parte degli altri; la messa in opera di infrastrutture stradali e ferroviarie, come i progetti di collegamento alla “grande Malpensa” o quelli di treni ad alta velocità; la qualità delle acque del fiume Ticino, compromessa da scarichi civili filtrati da depuratori non funzionanti o da quelli di piccole aziende non controllate che scaricano nei torrenti affluenti, oppure da Abbiategrasso verso valle dagli scolmatori di Seveso ed Olona ovvero gli scarichi del nord dell’area milanese. L’elemento idrico come risorsa a rischio viene ripreso da qualcuno nel pavese che segnala gli eccessivi prelievi per l’agricoltura, soprattutto d’estate quando la portata d’acqua è già minore; da altri nel centro – sud del parco che sottolineano l’erosione delle sponde ed indicano rischi di esondazione del fiume. Gli elettrodotti e la centrale elettrica di Turbigo invece non vengono quasi più visti come un pericolo. Il vissuto nel sud del parco rispetto alla qualità delle acque è che, pur essendo il territorio che produce meno inquinamento, naturalmente a valle si vivono le conseguenze di ciò che è stato fatto a monte, o a lato negli affluenti. Il suolo, interessato dai fenomeni di cui sopra, è minacciato anche dai progetti di realizzazione della terza pista aeroportuale in località Tornavento (anche se la maggior parte degli amministratori li ritiene accantonati per la scarsa fattibilità); dagli scarichi aerei che compromettono la qualità dei boschi varesini; dalle discariche abusive a ridosso di campi e boschi, create da privati o da piccole aziende dell’economia sommersa, che quindi contengono anche rifiuti tossici o pericolosi; l’interruzione dei corridoi biologici nel caso di realizzazione delle infrastrutture, corridoi che attraversano ovviamente l’ecosistema nel suo complesso, oltre all’elemento suolo; inoltre, lo sfruttamento del suolo realizzato attraverso il lavoro delle cave di sabbia e ghiaia, gli scavi nell’alveo fluviale, i progetti di pozzi petroliferi anche dopo i pericolosi esperimenti di Trecate (comune fuori del parco, dove nel 1994 scoppiò un pozzo), è fonte di guadagno ma, secondo qualcuno, di grande rischio. La qualità dell’aria, l’aumento del traffico sull’asse del Sempione come nelle reti secondarie, anche dovuto alla costruzione di nuovi centri commerciali nelle zone d’iniziativa comunale, l’aumento dei voli aeroportuali in un breve arco di tempo con i problemi di inquinamento acustico connessi, preoccupano gli amministratori, tanto che qualcuno ritiene a rischio la salute della popolazione.

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E’ interessante sottolineare come molti amministratori del milanese e del pavese segnalino rischi, o problemi già riscontrati, che sono legati alla presenza ed alle attività e progetti di sviluppo aeroportuali, nonostante sarebbe naturale pensare che i disagi vengano sentiti soprattutto in provincia di Varese: vi è però la consapevolezza che la risorsa ambientale comune, in un sistema – parco che viene percepito anche come sistema ecologico, quando venga compromessa in una zona, porterebbe disagi e conseguenze anche nelle altre. Gli amministratori individuano anche alcuni rischi di tipo economico che investono le comunità che sono chiamati a governare: la disoccupazione nel centro – sud del parco, il taglio dei trasferimenti di risorse statali e regionali ai comuni, il degrado della cultura e delle pratiche agricole. Dal punto di vista sociale, qualcuno segnala il rischio di minor coesione, legata a cambiamenti di stile di vita ed alla difficile accoglienza di nuove popolazioni (straniere, ma anche i singles o i pendolari che lavorano a Malpensa, oppure gli ex-milanesi che si trasferiscono a vivere in campagna); vengono anche citati i cacciatori, in quanto “minoranza urlante”, come popolazione da “gestire” nei confronti dei limiti imposti dalla legislazione del parco. In un’ottica riflessiva rispetto al proprio ruolo, gli amministratori indicano rischi politici, alla luce anche della loro partecipazione alle assemblee generali dell’ente parco: la propria tendenza alla delega a fronte di un minor ruolo e potere nell’ambito del parco come ente politico; i conflitti con l’ente, spesso creati dalla burocrazia che esprime, anche per mancanza di uffici amministrativi periferici per la richiesta di permessi (taglio alberi, modifiche edilizie private), in cui il comune si trova a dover fare da intermediario con la popolazione locale; in generale, molti amministratori sono preoccupati della frammentazione delle competenze tra enti, che si riflette in frammentazione di responsabilità sul territorio, con il rischio di un complessivo non governo dello stesso, rendendolo più debole nei confronti degli “appetiti forti”. Qualcuno segnala l’indifferenza dei cittadini ai progetti comunali ed in genere all’ambiente: il dato proviene da più della metà dei comuni del milanese, ed uno del pavese. Agli amministratori è stato inoltre chiesto di individuare le opportunita’ per il futuro, come possibilità di delineare scenari, o almeno idee, di sviluppo del territorio. La stragrande maggioranza vede come possibile uno sviluppo turistico low – impact, con bassi impatti ambientali e piccole strutture di accoglienza, che valorizza proprio l’aspetto naturalistico del parco: attraverso il recupero della qualità delle acque di Ticino e navigli che ne torni a consentire la balneabilità, per alcuni anche la navigabilità; attraverso un aumento della segnaletica e servizi nel parco che consenta una fruizione allargata; tramite la connessione di tratti di piste ciclabili, così come la valorizzazione di zone di pregio e monumenti storici; attraverso lo sviluppo del turismo didattico e di programmi di educazione ambientale; a Bereguardo si parla anche di sviluppo di strutture per il turismo religioso. Questo ambito di sviluppo compatibile con l’esistenza ed il progetto del parco, porterebbe ad un duplice vantaggio: l’aumento di qualità della vita della popolazione locale, da un lato, e la creazione di occupazione, dall’altro. Come ricorda l’assessore Zorzoli di Pavia, le professioni ambientali sono le uniche con tassi di crescita, e la metà degli amministratori intervistati sembra ritenere possibile il loro sviluppo, insieme a quelle di valorizzazione turistica. Perseguire questo scenario significa auspicare la riduzione di emissioni inquinanti da parte delle aziende dentro ed intorno al parco, sviluppare processi e prodotti agricoli di qualità (come il progetto di marchio del parco, che vedremo nelle interviste agli agricoltori), ed infine un terzo degli intervistati ritiene importante promuovere proposte e spazi culturali di qualità. Nell’ottica pragmatica di chi ha uno sguardo complessivo agli attori del territorio, qualche amministratore ritiene tuttavia necessario cercare di coniugare la presenza del hub aeroportuale con il parco, ammettendo che la stessa occupazione creata da Malpensa è un’opportunità, nonostante molti segnalassero tra i rischi proprio la qualità di quei posti di lavoro (precari, dequalificati, di terziario a bassa professionalità). Emerge quindi che gli scenari e le scelte considerate opportune non sono omogenei, peraltro nemmeno perfettamente rispondenti a schieramenti politici delle giunte di governo locale: c’è infatti anche chi auspica la costruzione di infrastrutture viarie e ferroviarie che, pur dovendo tagliare il parco, garantirebbero sviluppo artigianale ed industriale locale attraverso le connessioni con Milano.

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Tra le opportunità politiche suggerite, legate anche qui alla partecipazione alla vita politica dell’ente parco, la metà degli intervistati individua gli strumenti, disponibili e creati ad hoc, di governo del territorio (il Piano Regolatore Generale delle zone d’iniziativa comunale; il Piano Territoriale di Coordinamento del parco, recentemente rivisto; e la nuova Valutazione Ambientale Strategica elaborata dal parco con il sostegno economico dei comuni, che verte sugli impatti delle opere e delle attività legate a Malpensa). Spiace però constatare come pochi abbiano segnalato opportunità legate all’appartenenza vera e propria al parco: solo tre interviste citano il riconoscimento M.A.B. da parte di UNESCO (vedi capitolo 2) come nuova opportunità, ed una auspica il decentramento degli uffici del parco per migliorare il rapporto con le popolazioni locali, così come ritiene il giornale del parco stesso uno strumento educativo per loro. La presenza di progetti ed azioni di sviluppo promossi o realizzati dal comune e’ parsa un indicatore di governo del territorio e di capacità di fronteggiare il momento di transizione. La tabella 1 raccoglie le opportunità per il futuro emerse spontaneamente dagli intervistati, pur non essendo prevista una domanda specifica. Sarebbe interessante entrare nel merito dei singoli progetti, essendo tra loro a volte diversi per cultura sottostante, obiettivi, aspetti di marketing territoriale valorizzati: dal recupero di aree dismesse a Turbigo dove si prevede la realizzazione di residenze per anziani così come di un outlet, al centro di cultura ecologica comunale a Castano Primo, dal progetto di Travacò Siccomario di costruzione di un centro di benessere ecologico e spirituale, alla costruzione di tangenzialine per la decongestione del traffico a Cuggiono ed Abbiategrasso. La valutazione di costi e benefici, la bontà ecologica dei progetti variano in modo sensibile ed andrebbero analizzati caso per caso, aspetto che, per brevità dell’indagine, si è scelto di non approfondire. Tab. 1 : Presenza di azioni e progetti di sviluppo, citati dagli amministratori, per provincia di appartenenza del comune.

Durante le interviste è spesso emersa la visione o l’opinione che gli intervistati avevano dello stesso ente parco, oppure è stata esplicitamente chiesta. Nei comuni della provincia di Varese, si segnala soprattutto come il parco è percepito principalmente come vincolo dai cittadini, ma è alleato dei comuni in battaglie per la tutela del territorio; per un comune è soprattutto partner in progetti, mentre l’opinione sul potere effettivo dell’ente è divisa: chi lo vede con poco potere, chi con molto ma che non fa valere, chi con problemi di coordinamento delle diverse istanze al proprio interno, chi lo vede vicino e chi lontano dai comuni. In provincia di Milano, il parco è per la maggioranza partner in progetti concreti, viene visto come efficace ente di governo del territorio e dialogante con i comuni, soprattutto attraverso i funzionari percepiti come risorsa; ma non manca qualcuno che segnala i vincoli che impone alle iniziative del territorio od ai cittadini, la lontananza dai comuni, il non far valere il proprio potere o

Riqualifi-cazione gestita dal comune (recupero aree dismesse o cave)

Valorizza-zione turistica gestita dal comune (campagne o piccoli progetti)

Sviluppo turistico gestito da privato

Progetti con privato sociale

Progetti scientifi-ci (anche già realizzati)

Progetti con parco (sentieri, piste ciclabili, spiagge)

Azioni di perfor-mance ambientale, iniziative comunali di cultura ecologica

Agenda 21 locale

Progetti agricoli e forestali seguiti dal comune

Progetti di sviluppo viabilità

Assenza di progetti

Prov. VA

2 1 1 2 5 5 1 1

Prov. MI

3 2 1 1 5 4 2 1 2

Prov. PV

1 2 3 1 1 3 1 1 1 2

totale 4 6 2 5 3 11 7 8 3 3 3

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non riuscire a coordinare le diversità interne. La provincia di Pavia quasi non si esprime sul tema del potere del parco, e restituisce una visione complessiva contraddittoria: da un lato, il parco è alleato in battaglie, governa bene il territorio ed è partner in progetti concreti; dall’altro, è visto come vincolo dai cittadini o delle iniziative sul territorio, lontano dai comuni o che non coordina al proprio interno. Quest’ultima visione ha portato due amministratori ad esplicitare un desiderio “riduzionista” del parco, dove l’area protetta verrebbe ricondotta al mero alveo del fiume, la cosiddetta zona A del Piano Territoriale di Coordinamento, caratterizzata da maggiori vincoli e da interessi scientifico-naturalistici. I rappresentanti delle associazioni intervistati sono stati contattati attraverso indicazioni e conoscenze segnalate dall’ente parco, da WWF oppure da ricerche effettuate sui siti internet delle iniziative di protesta riferite a problemi ambientali nel parco, o ancora attraverso la rassegne stampa o gli elenchi di associazioni del parco. Precisamente, per la provincia di Varese, si tratta di: UNICOMAL, l’unione dei comitati comprensorio Malpensa per la tutela della salute pubblica, l’Associazione Amici della Natura di Arsago Seprio, il circolo d’iniziativa culturale ed ambientale Excalibur di Lonate Pozzolo; per la provincia di Milano, il referente del Comitato di Difesa Ambientale di Cuggiono nonché dell’Ecoistituto della Valle del Ticino, il referente di Legambiente di Turbigo nonché del Comitato per la Salvaguardia del Ticino che riunisce anche comitati piemontesi, l’Associazione dilettantistica Onda Blu canoa e rafting; infine per Pavia, una componente di Legambiente che è anche fotografa naturalista, e l’Associazione Difesa Natura Ambiente promossa dal gestore dell’imbarcadero pavese. Tali associazioni rappresentano realtà tra loro diverse, alcune nate e cresciute in ambito locale, magari poi connesse a reti allargate, altre già collegate a sedi nazionali con respiro politico più ampio; alcune che lavorano quotidianamente nel parco, di cui una che si configura proprio come impresa sociale, altre che svolgono lavoro più politico e promuovono iniziative culturali; altrettanto diverso è il tipo d’interazione con gli attori istituzionali ed il parco, tanto con i funzionari quanto con la sua espressione politica, il consiglio direttivo. Ciò che caratterizza le associazioni considerate è senz’altro il racconto, che pesca da una memoria storica fatta di battaglie, successi, sconfitte, evoluzioni delle forme di lotta, contatti ed intrecci con la comunità locale e con i comitati più o meno effimeri cui questa ha dato vita. E’ il racconto di una storia del territorio, che spesso supera i confini del parco, a volte complementare, a volte alternativa rispetto a quella di altri attori, che tiene il filo di come le comunità locali si sono attivate per affrontare i problemi che le investivano: dalla lotta contro la discarica a Buscate che ha portato ai progetti di raccolta differenziata e poi al testo di legge nazionale, dalle denunce di inquinamento del polo conciario, dallo scoppio del pozzo petrolifero di Trecate che ha avuto eco fino al Parlamento Europeo; alla lotte contro l’amianto della centrale Enel a Turbigo, all’evoluzione dell’espansione della cascina Malpensa anticamente pista di piccoli velivoli, alle lotte pavesi dagli anni ’80 per gli scarichi inquinanti in Ticino dello scolmatore del Nord-Ovest Milano, dell’Ospedale S.Matteo o per i depuratori civili non funzionanti della provincia. Sono storie di azioni e reazioni del territorio, descritte attraverso immagini colorite e metafore, che nel resoconto saranno riportate tra virgolette. Dalle interviste emerge come questi attori del territorio hanno nel tempo sviluppato ed accresciuto un sapere esperto, tanto rispetto alle informazioni su procedure istituzionali, regole del gioco, forme di partecipazione politica, quanto su valutazioni tecniche e scientifiche, scelte ecologiche, approfondimento dei problemi: possono ritenersi quindi validi interlocutori. Secondo Danny Trom, i comitati, nel superare l’accusa di effetto NIMBY (not in my back yard) fatto di ignoranza, paesaggio visto come mera bellezza, egoismo, devono appropriarsi man mano di saperi e competenze riservati agli addetti ai lavori: l’intento di trasformare una singolarità come la natura spazializzata in una singolarità d’interesse generale, un bene comune quindi universalizzabile, porta a trasformare il messaggio politico; si passa da NIMBY a LULA (locally unwanted land use) dove i luoghi non sono intercambiabili, e quello in questione possiede qualità particolari, oppure a posizioni NOPE (not on the planet earth) dove la critica è alle scelte tecnologiche, e la natura spazializzata viene convertita in una “singolarità generale” (Trom 2000). Nell’ambito del parco del Ticino, l’aspetto di “polmone verde” e l’istituzione ormai trentennale dell’area protetta sono aspetti riconosciuti che proteggono le battaglie ambientali dall’accusa di effetto NIMBY: le interviste parlano però del rischio che questi riconoscimenti vengano

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meno, dagli attori economici così come da quelli istituzionali extralocali. Anche l’esperienza dell’Ecoistituto della Valle del Ticino assume per le associazioni locali la valenza di “garanzia” di qualità contro le accuse di effetto NIMBY: il suo ruolo è di servizio alle associazioni, in merito a forme di lotta nonviolente, formazione sul know-how tecnico, scambi internazionali. E’ ovvio che il patrimonio naturalistico e paesaggistico, tra le valenze territoriali, sia quella indicata in tutte le interviste: la valorizzazione di quest’aspetto assume qui una connotazione di cultura ecologica, che si accompagna a scelte di vita individuali, che considera l’ecosistema nel suo insieme e come patrimonio comune da trasmettere alle generazioni future. Anche la salute dei cittadini da qualcuno viene proprio citata come bene comune. Come per gli amministratori tanto la cultura e pratiche agricole quanto il bacino idrografico, Ticino e sistema dei navigli, vengono indicati nel milanese e nel pavese: il fiume è quasi animato, vivo e cangiante, regala emozioni e comunica “quando è arrabbiato”, è luogo aperto di socialità ed incontro. Rispetto agli amministratori ed agli agricoltori, il patrimonio valoriale della comunità locale è citato dalla maggioranza degli intervistati, soprattutto nel milanese, dove si parla di “indigeni che difendono il territorio” così come di tradizione di cultura democratica e partecipativa (dato che emerge anche nelle risposte del differenziale semantico). Altro importante elemento rimane il patrimonio storico e culturale, seguito nel milanese da quello di servizi e strutture del parco, e nell’area settentrionale dal patrimonio di sviluppo imprenditoriale: anche qui emerge la nostalgia di professionalità qualificate e viene citata la “provincia con le ali” di Guzzi, Augusta e Caproni alla cascina Malpensa. Tra i rischi sociali, che le associazioni individuano in maggior numero, emerge infatti la preoccupazione per la qualità dei posti di lavoro a Malpensa e nel modello economico globale; a fronte delle minacce alla salute della popolazione, s’intravede però il rischio di un aumento dell’indifferenza della comunità locale alla tutela ambientale, delle conseguenze della non costanza dei comitati nel tempo, qualcuno percependo anche una minor coesione sociale. Non viene invece citato il rischio di maggiori disoccupazione e povertà. Nel pavese viene ancora vista come minaccia la presenza dei cacciatori, così come la diminuzione di pescatori che spesso hanno un ruolo di presidio del fiume. Questo è conseguenza anche della cattiva condizione in cui versa la qualità delle acque, che a valle peggiora man mano, diventate così nella percezione locale “una cloaca”, che ha visto diminuire la varietà ittica presente. Allo stesso modo, i prelievi idrici per l’agricoltura sono un rischio, soprattutto d’estate. Esiste poi da due anni un enorme problema su cui si è costituito il Coordinamento per la Salvaguardia del Ticino: il torrente Arno, uno degli affluenti più compromessi, tradizionalmente veniva fatto spagliare nelle brughiere di Lonate Pozzolo, con grave danno per questi ambienti; da qui il progetto di collettare queste acque al depuratore S. Antonino, che però è ancora in fase di ultimazione, e del quale forse non è stata correttamente valutata l’efficienza: il risultato è un riversamento in Ticino di fanghi maleodoranti e schiume, soprattutto quando la portata d’acqua sale, e l’ingresso avviene proprio da un ramo di grande pregio naturalistico, il Marinoni. L’immagine è quella del “Ticino violentato”, e della violenza che sente chi vede questo scempio. I voli aerei sono minaccia per l’ecosistema e per la salute, per gli scarichi di carburante in volo che compromettono boschi e zone di pregio, per il rumore che disturba uomini ed animali, per voci di modificazioni genetiche nei frutteti, per il famigerato progetto di realizzazione della terza pista. Rimando però ai rischi politici, le valutazioni emerse sulle dinamiche del territorio legate a Malpensa. I progetti infrastrutturali, stradali e ferroviari, sono quelli che più preoccupano le associazioni. Sono dettati dalle esigenze di migliori collegamenti al hub: da autostrade e tangenziali già citate, al progetto FF.SS. di costruzione di una linea Domodossola – Gallarate, non è dato sapere se per merci o passeggeri, in luogo di un potenziamento delle Ferrovie Nord Milano già esistenti. L’accento è posto, oltre ai rischi per la qualità della vita, sull’interruzione dei corridoi biologici. Nessuno però nel pavese cita ad esempio i rischiosi progetti di T.A.V. sulla linea Milano – Genova. Per infrastrutture legate a Malpensa s’intendono inoltre i parcheggi, gli hotels da centinaia di camere, “le mille metastasi” dell’aeroporto: si denuncia il triste epilogo della cava Maggia a Lonate Pozzolo, un tempo considerata zona d’interesse archeologico, che invece di essere riconvertita a verde dopo l’uso, è stata cementificata per costruire un deposito di Cargo City per Malpensa, un parcheggio ed un impianto di compostaggio. Lo sfruttamento del suolo, attraverso cave o pozzi petroliferi, rimane al centro – nord un problema

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sentito. Si parla di aumento delle edificazioni e di appetiti verso il suolo riferendosi anche al proliferare di strutture e centri commerciali, al nord come al sud del parco: un caso –limite si trova alle porte di Pavia, S.Martino Siccomario, dove dagli anni ’60 giunte di sinistra hanno “sventrato” il paese rendendolo sobborgo commerciale senza regole del capoluogo, nonché un paese dormitorio; si denuncia però che anche la nuova giunta di opposto schieramento progetta ancora cemento. In questo caso come negli altri, molte associazioni notano, o temono per il futuro, un aumento del traffico automobilistico. Altro problema sentito è quello delle discariche abusive di piccole aziende dell’economia sommersa, come di privati cittadini noncuranti delle conseguenze, mentre vengono citati in misura minore i rischi causati da: presenza di centrali ed elettrodotti, uso delle barche a motore nel fiume, inquinamento visivo di cartelloni pubblicitari. Venendo ai rischi politici, le valutazioni denunciano un forte deficit democratico ed informativo del Piano d’area di Malpensa 2000 elaborato da S.E.A. e veicolato dalla Regione Lombardia, sia rispetto alle istituzioni locali che alla popolazione: non sono state elaborate secondo le procedure le valutazioni d’impatto ambientale, neanche dopo le mobilitazioni cittadine. Altresì non valutati sono i costi sociali di un modello di sviluppo simile e del tipo di offerta di posti di lavoro. Malpensa rimane percepita come scollegata, non solo al parco ma alla dimensione socioeconomica del territorio, e le risorse che sfrutta ed i guadagni che trae non tornano in misura adeguata al territorio, i disagi non vengono compensati. Torna in molti l’immagine del “territorio di conquista”, il west lombardo, peraltro situandovisi anche realmente. Con un rovesciamento di significati, è come se “l’ambiente dovesse essere compatibile con le esigenze del mercato”. Le conseguenze politiche sono il mancato ruolo di mediazione dello stato, o di istituzioni super partes, la frammentazione delle competenze tra enti, il mancato coordinamento tra realtà locali in merito ai Piani Regolatori Generali, insomma il non governo del territorio. Questa valutazione, che corrisponde a quella di alcuni amministratori, si collega ad un’altra ugualmente espressa da questi: la tendenza alla delega dei comuni nell’ambito del parco, il loro minor ruolo e potere, la tentazione per alcuni di “sganciarsi” ed uscire dal consorzio. C’è chi denuncia il ritardo della cultura politica locale ed il conseguente ritardo nell’intervenire, e c’è chi esprime il dubbio che anche le iniziative di Agenda 21 locale si fermino alle “belle parole”. Interessante è il caso di Excalibur, circolo che si ispira alla destra sociale ed appartenente al filone della deep ecology: nel periodo della ricerca, a cavallo della scadenza elettorale, il circolo ha decretato la separazione da Alleanza Nazionale cui era affiliato, a causa del generale disinteresse del partito ai temi ambientali, culminato con il presentarsi alle elezioni comunali insieme a Forza Italia, ritenuto rappresentante di interessi locali di mero lucro sulle risorse territoriali comuni. Molte, tra le opportunità per il futuro intraviste od auspicate, sono quelle di tipo sociopolitico: la valorizzazione degli strumenti di governo indicata anche da alcuni amministratori (V.A.S., P.R.G., P.T.C.), l’elaborazione di nuovi modelli di socialità, mobilità e la creazione di nuove opportunità lavorative, oltre al modello Malpensa, nell’ottica della sostenibilità e con uno sguardo alle generazioni future. Qualcuno parla di “amore per il territorio” che permette di governare o gestire attività produttive nel rispetto dell’ambiente. Passi a breve e medio termine possono essere: limitare lo sviluppo aeroportuale, elaborare progetti di raccolta differenziata intercomunali, per qualcuno lo svolgimento di Agende 21 locali. Nel centro – sud del parco si auspica la creazione di un movimento di cittadini che possa dar vita ad altre associazioni ed influenzare le decisioni istituzionali, magari collegandosi con le realtà afferenti al parco della sponda piemontese; alcuni ritengono prioritario migliorare il dialogo tra l’ente parco e la popolazione locale, compresi i fruitori di recente immigrazione attraverso capacità di comunicazione interculturale, per favorire il senso di appartenenza al parco e poterli rendere “custodi”. Purtroppo il riconoscimento M.A.B. da parte di UNESCO non viene considerata un’opportunità per il futuro, forse perché visto come atto più formale che sostanziale. Lo scenario di sviluppo turistico low-impact è fatto di elementi già citati: connessione di piste ciclabili, educazione ambientale e turismo didattico anche attraverso agriturismi con produzioni di qualità, lo sviluppo di professioni ambientali e di promozione turistica che stimolino la valorizzazione di monumenti storici e zone di pregio, il ripristino della balneabilità fluviale. A differenza di altri stakeholders, qui la proposta assume connotati più sociali: la fruizione allargata del parco s’intende

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anche ai disabili, così come le professioni ambientali s’immaginano svolte anche da fasce deboli di lavoratori; si auspica la valorizzazione di luoghi di ritrovo nel parco per recuperare quella socialità che rischia di perdersi, così come di spazi che offrano proposte culturali di qualità. Inoltre viene vista come opportunità la gestione di centri – parco per iniziative, anche attività sportive o turismo congressuale, come nota l’Associazione Onda Blu che sta sviluppando sessioni formative con aziende per il team – building a partire da esperienze sportive insieme; a Pavia, città più grande del parco, si auspica da tempo la costruzione di un centro – parco. Le immagini legate al ruolo dell’ente parco nel territorio sono estremamente variegate: dal più frequente non dialogante con la popolazione locale, al riconoscimento dei funzionari come persone appassionate e risorse; dal “carrozzone” lento nel reagire al “distratto”; ente con poco potere o con problemi di coordinamento interno a ente partner in progetti. La cultura partecipativa delle associazioni si cristallizza infine nella considerazione “il parco lo fa chi lo promuove” suggerita da Onda Blu. Terza categoria di testimoni privilegiati intervistata è rappresentata dagli agricoltori. In essa rientrano imprenditori che fanno del suolo e dell’acqua le proprie principali risorse produttive e che al tempo stesso sono abitanti del territorio del parco da più generazioni attraverso le quali si trasmettono saperi professionali, patrimoni valoriali e visioni della propria collocazione nel parco. Vi sono agricoltori più ostili all’istituzione del parco, che vivono i vincoli all’uso del suolo e le regole imposte ai processi produttivi come privativi di libertà imprenditoriali e massimizzazione dei profitti. Vi sono altresì agricoltori che comprendono maggiormente le esigenze di tutela ambientale, partecipano a progetti con il parco cercando di ottimizzare il valore aggiunto dell’area protetta ai propri prodotti. Il settore agricoltura del Parco, che ci ha fornito l’elenco delle aziende agricole da contattare, nel tempo ha svolto un grande lavoro di mediazione, ascolto ed incontro con le esigenze degli agricoltori, tanto che le ostilità vengono ormai espresse da una minoranza. Fanno parte della categoria anche i rappresentanti di associazioni di interesse, portatrici di istanze di tutela e fornitrici di servizi agli imprenditori agricoli. Sono stati infatti intervistati i responsabili territorio e parchi di Coldiretti e dell’Unione Provinciale Agricoltori di Milano, oltre ai conduttori di aziende agricole del milanese (2) e del pavese (2), buona parte dei quali coinvolti in progetti con il parco: dalla gestione e manutenzione di piste ciclabili alla realizzazione di fattorie didattiche, dalla produzione mediante lotta integrata o allevamento biologico alla certificazione di qualità del marchio “Parco Ticino”, di recente sperimentazione. Anche a questo gruppo di intervistati è stato chiesto di indicare le valenze territoriali: tutti citano il patrimonio naturalistico e paesaggistico così come quello di cultura e pratiche agricole: la qualità ambientale nei racconti degli agricoltori si fonde con il proprio stile di vita, di cui fa parte “la compagnia delle bestie, il rumore delle mucche”, capitale produttivo e parte della natura; qualcuno vede la vicinanza a Milano, pur vivendo in una zona rurale e protetta, come vantaggiosa; interessante è nel pavese il legame con il patrimonio storico e culturale, riferito anche alle opere agricole tradizionali come le marcite che, pur attualmente non redditizie, nell’ambito del parco possono essere mantenute e valorizzate. Tra i rischi percepiti, gli agricoltori temono per la maggioranza che le proprie attività perdano di valore, o diventino sempre più faticose da sostenere a causa dei costi aumentati. Questo rischio economico viene visto da molti come conseguenza di rischi ambientali: gli scarichi aerei ed i progetti infrastrutturali connessi alla presenza aeroportuale comprometterebbero la qualità ambientale, interromperebbero terreni agricoli e corridoi ecologici ed idrici, facendo perdere di valore i terreni ed incentivandone quindi la svendita; industrie inquinanti e depuratori comunali non funzionanti compromettono la qualità delle acque che servono anche per l’irrigazione; qualcuno cita problemi globali come il surriscaldamento terrestre, altri situazioni locali legate all’aumento del traffico per la presenza di centri commerciali, o la compromissione del suolo tramite cave e progetti di pozzi petroliferi, od il rischio di piene causato dall’incuria dei boschi (problema che riprenderemo nel prossimo capitolo); elemento di disagio segnalato nella convivenza con i progetti naturalistici è la presenza di animali selvatici che spesso rovinano le coltivazioni; infine, qualcuno collega l’ambientale al sociale definendo “presidio del territorio” il problema che spesso riscontra: se un territorio vasto rimane non vigilato in modo capillare,

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come succede nel Ticino per l’esiguità numerica delle guardie del parco, si rischia di veder crescere il numero di discariche abusive e di rifiuti domenicali abbandonati da un lato, e dall’altro si rischia di lasciare terreno fertile al proliferare di microcriminalità. Uno degli elementi più interessanti delle percezioni degli agricoltori è infatti relativa al proprio ruolo: molti si descrivono come veri e propri custodi del territorio, in quanto abitanti del parco ma anche imprenditori che usano le sue risorse e ne conoscono il valore, ed in molte interviste il tema del presidio del territorio emerge esplicitamente. Tra i rischi di tipo politico, le associazioni di categoria segnalano come gli interessi del Piano d’area di Malpensa, nella Regione Lombardia siano passati su tutto, compresi gli interessi di altri operatori economici come gli agricoltori; questi indicano il disagio di dover fronteggiare la burocrazia del parco, nonostante da molti venga il riconoscimento che i funzionari dei singoli settori sono spesso una risorsa. Alcuni esprimono dubbi sull’opportunità di aderire alla certificazione di qualità del marchio “Parco Ticino”: è una delle proposte del settore agricoltura che intende valorizzare le produzioni agricole all’interno del parco (purché garantiscano precisi standard di processo e prodotto) e promuoverle, in quanto di qualità, all’esterno; i dubbi sono relativi tanto all’effettiva possibilità di commercializzazione dei prodotti, quanto alle responsabilità ed alle eventuali tutele previste in merito dal contratto con il parco. L’agricoltura di qualità, con o senza marchio, rimane la maggior opportunità per il futuro individuata dagli intervistati, insieme alla possibilità di sviluppare multifunzionalità delle aziende agricole (agriturismi, strutture ricettive, fattorie didattiche) e servizi ambientali di tutela e presidio del territorio. L’educazione ambientale alle nuove generazioni come ai meno giovani è altrettanto auspicata, attraverso la promozione istituzionale e la collaborazione con le scuole. Viene visto credibile un progetto turistico a basso impatto ambientale nel parco, per creare una fruizione allargata attraverso lo sviluppo di attrezzature, l’aumento dei cestini e della rete di piste ciclabili, e la valorizzazione del patrimonio agricolo come storico e culturale che preveda anche il recupero di rogge e marcite in disuso. Nel pavese si cita la buona collaborazione con il parco nella realizzazione del “sentiero delle farfalle” inaugurato la scorsa primavera, al contempo auspicando un ruolo più vigile sul territorio da parte del parco. Le associazioni di categoria ritengono un’opportunità le politiche agricole dell’Unione Europea che hanno valorizzato l’aspetto ambientale dell’attività agricola, sintetizzabile nello slogan “produrre facendo ambiente”, e vedono positivamente il progetto di creazione di marchi regionali od europei. Dal punto di vista produttivo, gli agricoltori auspicano il miglioramento della qualità delle acque e l’attenzione a processi produttivi di qualità, notando come con la lotta integrata le piante stesse diventino più resistenti e come interessanti siano i progetti con il parco sulla qualità dell’allevamento. E’ doveroso sottolineare come, all’interno delle aziende agricole a conduzione familiare, sono soprattutto gli imprenditori più giovani a credere in progetti multifunzionali e promuoverli: sono anche agricoltori che esprimono consapevolezza e cultura ambientale quanto l’intento di sviluppare qualità ed innovazione. Alle amministrazioni comunali suggeriscono la valorizzazione e la corretta gestione dei rifiuti umidi, così come scelte ecologiche quali l’installazione di pannelli solari. Qualcuno, nella generazione dei padri, pensa invece che anche il prelievo di ghiaia dal letto del fiume sia un’opportunità, per sistemare l’alveo ed evitare le piene, e per trarne guadagno (rimando ancora la discussione del problema al prossimo capitolo). Qualcun altro auspica invece esplicitamente il miglioramento dei rapporti tra l’ente parco e chi vi abita. La percezione del ruolo dell’ente parco da parte degli agricoltori ci dice che esso è fondamentalmente partner in progetti concreti, per alcuni anche alleato in battaglie di tutela del territorio; di nuovo, emerge la visione dei funzionari di riferimento come risorsa, a fronte del disagio della burocrazia, a volte anche la sensazione di assenza del parco. Non emergono invece valutazioni su come e quanto potere esprime rispetto ad altri attori.

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L’ANALISI DELLE PERCEZIONI: LO STRUMENTO “DIFFERENZIALE SEMANTICO” E I RISULTATI EMERSI PER I TESTIMONI PRIVILEGIATI Lo strumento del differenziale semantico appartiene alle scale di misurazione di percezioni, atteggiamenti, opinioni degli intervistati. Elaborato da Osgood e collaboratori, prevede la somministrazione di una lista di coppie di aggettivi antitetici separati da una scala di valori intermedi (in genere 5 o 7, per ottenere un valore centrale): all’intervistato si chiede di esprimere la propria percezione od opinione collocandola con un segno su uno dei valori proposti. Questo strumento viene utilizzato per raccogliere la valutazione su fenomeni sociali, personaggi o partiti politici, e l’indicazione sulla scelta degli aggettivi è che non siano strettamente legati al referente, ma quanto più evocativi (ad esempio caldo/freddo rispetto ad un partito). E’ ovvia conseguenza che i significati o le accezioni attribuiti dai singoli alle stesse coppie di aggettivi possono variare. Abbiamo provato ad applicarne l’utilizzo su un oggetto d’indagine con duplice valenza: il territorio infatti ha un referente empirico molto concreto e materiale da un lato, ma dall’altro è intrecciato a significati simbolico/sociali altrettanto presenti nel discorso comune quanto in quello esperto. Quindi inevitabilmente alcuni aggettivi scelti hanno un ancoraggio alla realtà fisica del territorio, altri richiamano gli aspetti immateriali della percezione. Osgood suggerisce una lettura per gruppi di aggettivi, ritenendo che possano essere riconducibili a tre concetti: forza, attività, valutazione. Nel gruppo del concetto di forza, possiamo inserire: povero/ricco, forte/debole, protetto/non protetto. Nel gruppo del concetto di attività, possiamo inserire: usato/abusato, fertile/sterile, attivo/passivo, vivo/inerte, luogo di lavoro/di svago, libero/vincolato. Nel gruppo del concetto di valutazione, cioè legato al mero giudizio, possiamo inserire: utile/inutile, bello/brutto, inventato/autentico, caldo/freddo, lontano/vicino. Di seguito presento il profilo medio, ricavato dalla media delle risposte di amministratori, associazioni ed agricoltori. Segue il profilo per provincia di appartenenza dell’intervistato, ove emergono alcune differenze di percezione per area geografica. I profili per ruolo e per età non vengono invece presentati per l’esiguità numerica di alcune categorie; è interessante notare come, ad esempio, le classi più giovani rispondano con valori più estremi rispetto agli intervistati più maturi. Il profilo per ruolo degli intervistati rivela altresì marcate differenze per le coppie protetto/non protetto, unito/diviso, usato/abusato, dove chi è interessato alla denuncia dei rischi tende ai valori verso i poli negativi, ma contemporaneamente valorizza la vivacità sociale nella coppia attivo/passivo, visione che appare più pessimista tra gli amministratori; gli agricoltori propongono un profilo più legato alla fisicità del territorio, stemperando i valori di ricchezza, autenticità, naturalità eccessivi di chi si rifà a percezioni più ideali, segnalando al contempo i vincoli come più presenti. Il profilo per genere non presenta variazioni significative, mentre sarebbe utile approfondire il profilo per grandezza di abitanti del comune di appartenenza, non essendo possibile nel nostro esiguo campione valutare opportunamente alcune categorie.

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IL TERRITORIO DEL PARCO DELLA VALLE DEL TICINO E’ …….

Povero _ _ _ _ _ _ _ Ricco

Forte _ _ _ _ _ _ _ Debole

Moderno _ _ _ _ _ _ _ Antico

Semplice _ _ _ _ _ _ _ Complesso

Utile _ _ _ _ _ _ _ Inutile

Libero _ _ _ _ _ _ _ Vincolato

Caldo _ _ _ _ _ _ _ Freddo

Usato _ _ _ _ _ _ _ Abusato

Culturale _ _ _ _ _ _ _ Naturale

Unito _ _ _ _ _ _ _ Diviso

Luogo di Lavoro _ _ _ _ _ _ _ Luogo di svago

Fertile _ _ _ _ _ _ _ Sterile

Inventato _ _ _ _ _ _ _ Autentico

Vivo _ _ _ _ _ _ _ Inerte

Protetto _ _ _ _ _ _ _ Non protetto

Bello _ _ _ _ _ _ _ Brutto

Naturale _ _ _ _ _ _ _ Artificiale

Lontano _ _ _ _ _ _ _ Vicino

Omogeneo _ _ _ _ _ _ _ Eterogeneo

Attivo _ _ _ _ _ _ _ Passivo

Fig. 1 - Profilo medio delle risposte degli intervistati/e per ogni coppia di aggettivi.

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Povero _ _ _ _ _ _ _ Ricco

Forte _ _ _ _ _ _ _ Debole

Moderno _ _ _ _ _ _ _ Antico

Semplice _ _ _ _ _ _ _ Complesso

Utile _ _ _ _ _ _ _ Inutile

Libero _ _ _ _ _ _ _ Vincolato

Caldo _ _ _ _ _ _ _ Freddo

Usato _ _ _ _ _ _ _ Abusato

Culturale _ _ _ _ _ _ _ Naturale

Unito _ _ _ _ _ _ _ Diviso

Luogo di Lavoro _ _ _ _ _ _ _ Luogo di svago

Fertile _ _ _ _ _ _ _ Sterile

Inventato _ _ _ _ _ _ _ Autentico

Vivo _ _ _ _ _ _ _ Inerte

Protetto _ _ _ _ _ _ _ Non protetto

Bello _ _ _ _ _ _ _ Brutto

Naturale _ _ _ _ _ _ _ Artificiale

Lontano _ _ _ _ _ _ _ Vicino

Omogeneo _ _ _ _ _ _ _ Eterogeneo

Attivo _ _ _ _ _ _ _ Passivo

Provincia di Varese

Provincia di Milano

Provincia di Pavia

Fig. 2 - Profilo medio delle risposte per provincia di appartenenza dell’intervistato/a.

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Nella percezione dei testimoni privilegiati, dunque, emerge una differenziazione territoriale riconducibile alla divisione amministrativa provinciale, che ricalca storie economiche, vocazioni tradizionali, assetti attuali differenziati. La parte di parco afferente alla Provincia di Varese è un territorio che, nonostante la maggior autenticità paesaggistica di alcune “oasi” boschive di pregio, viene percepito come una mediazione tra antico e moderno, in ogni caso il più moderno delle tre province. E’ anche quello più abusato, dove emerge la consapevolezza di un modello di sviluppo industriale impattante nel passato, ed oggi caratterizzato dalla presenza imponente della zona aeroportuale di Malpensa. D’altra parte, lo sbilanciamento nel definire il territorio come luogo di lavoro più che di svago, corrisponde alla presenza dell’ “asse del Sempione”, nevralgico dell’economia lombarda. Viene visto come meno protetto in modo molto netto rispetto alle altre due province, nonostante venga sentito lievemente più vicino. I valori più negativi qui assunti dalla coppia unito/diviso sembrano indicare infatti l’accezione più politica di un’alta conflittualità all’interno o tra comunità locali coinvolte nella tutela del territorio (dove anche il valore più caldo che freddo corrisponde, per buona parte, a quest’accezione), anche se alcune persone hanno voluto intendere i due aggettivi rispetto alla continuità del paesaggio, indicando quindi la presenza di infrastrutture che tagliano il territorio. La Provincia di Milano nel Parco del Ticino si caratterizza, su molte coppie di aggettivi, come il valore intermedio tra Varese e Pavia, un territorio dove un passato manifatturiero ed industriale conviveva con l’attività agricola e le cedeva il passo procedendo verso sud: dove oggi questa sopravvive accompagnata da piccole imprese di terziario, anche avanzato; dove la lontananza territoriale dal capoluogo e dall’area metropolitana viene compensata da una prossimità culturale: la mia ipotesi è che quest’ultima determini una valorizzazione di aspetti ambientali e di qualità della vita, che si ritiene l’area metropolitana abbia già perso, in una forma quasi ideale. Infatti colpisce la visione nettamente più antica che moderna attribuita al territorio, accompagnata dai valori di naturalità in entrambe le coppie, culturale/naturale e naturale/artificiale (nonostante la presenza dei navigli come grande opera artificiale di governo della risorsa idrica, che evidentemente fanno ormai parte di un paesaggio antico e “naturale”). La sensibilità al tema della tutela ambientale, forse il confronto con Milano, o forse la presenza dei maggiori centri amministrativi ed operativi dell’ente parco, si riflettono nella valutazione di buona protezione del territorio, ma anche di sua maggior debolezza. Percepito come più vivo che inerte e come più attivo che passivo, attestandosi sugli stessi valori di Pavia, il territorio milanese del parco viene però anche visto più freddo rispetto agli altri, riferendosi principalmente alla “temperatura” dei rapporti interpersonali. La Provincia di Pavia, che costituisce l’area territoriale più grande facente parte del parco, è caratterizzata da una tradizione agricola molto diffusa, unitamente all’area del capoluogo pavese di terziario culturale, sanitario e commerciale. Percepito come moderatamente più forte che debole, decisamente meno abusato di Varese e Milano, è caratterizzato da una buona protezione e da moderata ricchezza, soprattutto di risorse ambientali e di patrimoni tradizionali: pare quindi un territorio meno minacciato e con un’identità meno in balìa delle congiunture di sviluppo. La vocazione agricola caratterizza il territorio in senso decisamente più culturale che naturale: l’appartenenza al parco emerge sia nella consapevolezza che il territorio diventa più luogo di svago, con la possibilità che l’attività agricola si integri con progetti di fruizione turistica, sia nella percezione dei vincoli che l’istituzione del parco ha posto nell’uso del territorio. Se colleghiamo vincolato con forte e protetto da una parte, e vivo ed attivo dall’altra, pare che il vincolo non abbia per forza accezione negativa o frustrante. Tra gli aspetti comuni, colpiscono i valori netti relativi alla ricchezza del territorio, intesa tanto come risorse e varietà ambientali quanto, soprattutto a Milano e Varese, come livello di benessere economico generale; l’eterogeneità, ambientale e socioeconomica, che caratterizza il territorio, porta inoltre a considerarlo come oggetto complesso, da definire, da vivere, da lavorare, da governare, da controllare. Anche i valori di utilità e fertilità del territorio sono sovrapposti e nettamente positivi. E’ interessante notare come la coppia inventato/autentico restituisca sempre la valorizzazione degli aspetti di autenticità del territorio, anche nel caso in cui l’intervistato abbia scelto di definirlo più artificiale che naturale, a testimonianza del fatto che il valore dell’autentico è fondante del senso di appartenenza al territorio ed alla comunità locale.

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QUALI VALORI, QUALI OPPORTUNITÀ E QUALI RISCHI NEL TERRITORIO? LA PERCEZIONE DELLA POPOLAZIONE LOCALE L’intento di indagare la percezione e le opinioni della popolazione locale ha portato all’elaborazione del questionario presentato di seguito. In parte i contenuti riprendono i temi affrontati nelle interviste con gli stakeholders: una domanda aperta sulle valenze che caratterizzano il territorio, una semiaperta su eventuali rischi attuali o futuri, una a risposte chiuse sulle opportunità per il futuro. Inoltre, è stata inserita una versione ridotta del differenziale semantico, con le coppie di aggettivi ritenute più significative in base al test di somministrazione agli attori. Infine, l’aggiunta di una domanda aperta sul significato sociale locale del fiume ha voluto indagare come e quanto l’elemento naturale, idrico in particolare, si intrecci con le costruzioni simboliche sul territorio. Per quanto riguarda il campionamento, il limite delle risorse messe in campo ha imposto una mediazione tra la significatività conoscitiva dell’indagine e le possibilità reali di contattare un buon numero di persone. I criteri elaborati hanno visto in primo luogo la scelta dei comuni in cui svolgere le interviste: comuni di medio – piccola dimensione entro gli 8.000 abitanti, di cui 2 al nord, 2 al centro, 2 al sud del parco. Un ulteriore criterio di scelta per ogni coppia di comuni, era che uno esprimesse una condizione di maggior qualità ambientale mentre l’altro fosse stato o continuasse ad essere minacciato da situazioni di degrado: la scelta è avvenuta riflettendo sui contenuti emersi nelle interviste ai testimoni privilegiati, quindi tra i comuni di cui si erano intervistati almeno gli amministratori. I comuni scelti sono, rispettivamente per maggiori qualità e degrado: per la provincia di Varese, Vergiate ed Arsago Seprio; per Milano, Besate e Turbigo; per Pavia, Gambolò e S.Martino Siccomario. Siamo consapevoli che il campione di popolazione intervistato non è casuale ma accidentale: non risponde cioè alla distribuzione reale delle variabili socioeconomiche indipendenti né all’estrazione casuale, bensì per ogni comune sono state intervistate persone disponibili a sottoporvisi in occasione di alcuni eventi o situazioni. Le indicazioni degli amministratori hanno portato: a Vergiate e Gambolò alla presenza nel mercato settimanale; ad Arsago Seprio durante l’apertura al pubblico degli uffici comunali al sabato; a Turbigo un pomeriggio di sole sull’allea e lungo il naviglio tra i bagnanti; a Besate alla presenza durante la festa annuale del paese; a S.Martino Siccomario un sabato mattina nei bar e per le vie del paese, dopo il rifiuto del centro commerciale a lasciarci svolgere interviste fuori dell’ingresso senza richiesta scritta allo stesso (nonostante il parcheggio fosse territorio comunale, indicato dall’assessore come unico luogo d’incontro nel comune), interessante indicatore di come i centri commerciali siano zona franca rispetto alle dinamiche territoriali.

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Età: Genere: M F Residenza: Professione:

IL TERRITORIO DEL PARCO DELLA VALLE DEL TICINO E’ …….

(si prega di collocare con un segno la propria percezione od opinione, in uno dei sette gradi intermedi tra le coppie di aggettivi contrari)

Povero _ _ _ _ _ _ _ Ricco

Moderno _ _ _ _ _ _ _ Antico

Semplice _ _ _ _ _ _ _ Complesso

Libero _ _ _ _ _ _ _ Vincolato

Usato _ _ _ _ _ _ _ Abusato

Unito _ _ _ _ _ _ _ Diviso

Luogo di Lavoro _ _ _ _ _ _ _ Luogo di svago

Inventato _ _ _ _ _ _ _ Autentico

Protetto _ _ _ _ _ _ _ Non protetto

Bello _ _ _ _ _ _ _ Brutto

Artificiale _ _ _ _ _ _ _ Naturale

Attivo _ _ _ _ _ _ _ Passivo

Quali sono secondo lei i tre aspetti, o valori, che caratterizzano maggiormente questo territorio? (mi indichi, il primo, il più importante, poi il secondo ed, infine, il terzo)

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Per ciascuno od alcuni dei settori qui indicati, quali sono i rischi, attuali o futuri, che questo territorio

corre? (si prega di specificare) q Politici ………………………………………………………………………………

q Economici …………………………………………………………………………

q Ambientali …………………………………………………………………………

q Sociali e culturali ………………………………………………………………..

q Altro …………………………………………………………………………………

q Non so

q Non vedo rischi

Quali opportunità Lei ritiene importanti per questo territorio nel futuro? (mi indichi le tre più

importanti) q occupazionali

q Miglioramento della qualità della vita

q Sviluppo turistico

q Sviluppo di produzioni agricole di qualità

q Sviluppo di servizi culturali e ricreativi

q Sviluppo di servizi commerciali

q Sviluppo di collegamenti ed infrastrutture

q Rafforzamento delle identità locali

q Possibilità di partecipazione alle scelte di gestione del territorio

q Conservazione del paesaggio tradizionale

q Conservazione dell’ecosistema fluviale

q Altro ………………………………………

……………………………………………

q Non so

Per la Sua cittadina, il “fiume azzurro” è …………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………….

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Il campione raccolto è di 83 questionari, di cui 23 in provincia di Varese, 28 a Milano, 32 a Pavia. Le tabelle di seguito riportano le distribuzioni di frequenza relative al totale degli intervistati e alle variabili età, genere, professione. In base agli obiettivi di quest’indagine non è stato raccolto il dato sul titolo di studio. Pertanto le considerazioni dei prossimi paragrafi non hanno la portata di generalizzazioni, ma la valenza della descrizione, seppur con l’ausilio del dato quantitativo, di suggestioni emerse nelle risposte al questionario. Tab. 2: età degli intervistati Tab. 4: professione degli intervistati

Tab. 3: genere degli intervistati

L’ANALISI DELLE PERCEZIONI: I RISULTATI DEL DIFFERENZIALE SEMANTICO DELLA POPOLAZIONE LOCALE Le coppie di aggettivi opposti selezionate per il questionario restituiscono un differenziale semantico ridotto rispetto a quello somministrato agli stakeholders. E’ però possibile comparare il profilo ricavato dalla media delle posizioni espresse dalla popolazione locale, con quello già presentato nel precedente paragrafo. Come nel caso dei testimoni privilegiati, quindi, vediamo il profilo generale e di seguito, i tre risultanti dalla distinzione per provincia di appartenenza dei comuni in cui si sono svolte le interviste. Rispetto alla percezione dei testimoni privilegiati, colpisce come il territorio risulti qui sensibilmente meno ricco (l’accezione intesa era riferita, oltre alle risorse ambientali, anche al benessere economico delle famiglie), così come sensibilmente più semplice: il diverso ruolo della popolazione locale, che non si pone il problema della gestione o dell’intervento sul territorio, porta a considerarlo meno complesso politicamente ed a riferirsi piuttosto ai valori locali, vissuti come più semplici anche perché facenti parte del senso comune. Allo stesso modo, viene anche percepito più unito. Pur rimanendo intorno ai valori centrali, il vissuto quotidiano locale rende il territorio più luogo di lavoro che di svago. Rispetto ai testimoni privilegiati, la popolazione locale lo vede leggermente meno autentico, bello ed attivo. La coppia protetto/non protetto assume inoltre un valore interessante: comunque meno protetto rispetto a come lo vedono i testimoni privilegiati, il valore centrale esprime due fenomeni diversi ma intrecciati.

Frequenza Percentuale libero professionista 3 3,6 impiegato pubblico 4 4,8 impiegato azienda privata 5 6,0 operaio 9 10,8 pensionato 20 24,1 studente 14 16,9 altro 3 3,6 casalinga/disoccupato 7 8,4 commerciante/ambulante/ autonomo 18 21,7 Totale 83 100,0

Frequenza Percentuale 10 -25 anni 16 19,3 26 - 40 anni 16 19,3 41 - 55 anni 25 30,1 56 - 70 anni 20 24,1 71 - 85 anni 6 7,2 Totale 83 100,0

Frequenza Percentuale uomo 47 56,6 donna 36 43,4 Totale 83 100,0

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Una parte degli intervistati si compensa nel calcolo della media, in quanto esprime valori estremi opposti, a testimonianza di un dibattito che attraversa la popolazione residente nel parco; un’altra parte, preponderante, ha espresso nell’intervista la preferenza per il valore centrale, volendo significare non “la via di mezzo” bensì “dipende”: la valutazione spesso esplicitata è cioè che il parco viene protetto rispetto ai comportamenti dei singoli cittadini ma non così rispetto a soggetti economici od interessi più potenti. In questo senso si può leggere anche il valore centrale della coppia usato/abusato.

IL TERRITORIO DEL PARCO DELLA VALLE DEL TICINO E’ …….

Povero _ _ _ _ _ _ _ Ricco

Moderno _ _ _ _ _ _ _ Antico

Semplice _ _ _ _ _ _ _ Complesso

Libero _ _ _ _ _ _ _ Vincolato

Usato _ _ _ _ _ _ _ Abusato

Unito _ _ _ _ _ _ _ Diviso

Luogo di Lavoro _ _ _ _ _ _ _ Luogo di svago

Inventato _ _ _ _ _ _ _ Autentico

Protetto _ _ _ _ _ _ _ Non protetto

Bello _ _ _ _ _ _ _ Brutto

Artificiale _ _ _ _ _ _ _ Naturale

Attivo _ _ _ _ _ _ _ Passivo

Fig. 3: Profilo generale di percezione del territorio – 83 interviste

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La provincia di Varese si conferma come il più moderno dei “tre” territori, ma meno ricca rispetto ai valori dei testimoni privilegiati. La percezione della popolazione residente conferma anche i valori di abusato e diviso, ma vede come sensibilmente più vincolato il territorio. Più luogo di lavoro e più artificiale, è territorio meno protetto rispetto al milanese ed al pavese, ma è più protetto rispetto alla visione degli attori di riferimento. I due comuni afferenti alla provincia di Milano esprimono la maggior attenzione alla coesione delle comunità attraverso la percezione sensibilmente più unita e semplice del territorio. Questo perde il primato di più antico rispetto alle tre aree, ma conferma la tendenza, così come si conferma come il più protetto nonostante lo sia meno rispetto agli stakeholders. Nonostante lo stesso valore, diventa qui il più attivo, accompagnato dal lavoro come maggiormente significativo rispetto allo svago degli stakeholders. Meno abusato, risulta anche sensibilmente meno ricco. In base allo spostamento delle percezioni di Varese e Milano, il pavese risulta il territorio più ricco nonostante i valori corrispondano a quelli espressi dagli stakeholders di riferimento. Diventa anche il più antico ed autentico, a fronte di molto più antico e meno autentico rispetto ai testimoni privilegiati. Rispetto a loro, il territorio viene visto molto più passivo, leggermente più abusato ma ugualmente unito e luogo di svago. La descrizione tratteggiata nel precedente paragrafo per provincia di appartenenza, viene grosso modo ricalcata nella percezione della popolazione locale. Scompare però, o quantomeno si stempera, la visione ideale di tutela ambientale sottolineata precedentemente per il milanese. Per alcuni tratti anzi il profilo di Turbigo e Besate è diverso, tanto che avevo anche ipotizzato di assimilare il primo al nord del parco ed il secondo al pavese, per un’impressione di maggiori affinità. L’ipotesi di una divisione in due anziché in tre, solo tra nord e sud del parco, rimane una suggestione di approfondimento che indico, nonostante abbia scelto di mantenere la divisione per provincia ai fini dell’analisi. L’analisi del differenziale semantico per le variabili socioeconomiche anziché quelle territoriali è un approfondimento interessante per la validità dello strumento, ma incontra i limiti del campione in oggetto: infatti l’analisi per professione degli intervistati, nonostante a prima vista rilevi variazioni significative, in questo caso non è realizzabile per il limite di categorie intervistate e l’esiguo numero in seno ad alcune. L’analisi per genere non rivela particolari differenze, tranne che le donne vedono il territorio più semplice, più passivo, meno abusato e meno naturale rispetto agli uomini: sono percezioni anche contraddittorie, che non consentono una lettura interpretativa in questa sede. Nonostante il campione non sia rappresentativo della composizione della popolazione per classi d’età, la lettura rivela alcune tendenze interessanti: per le coppie semplice/complesso, libero/vincolato, usato/abusato, si registra uno spostamento progressivo di valori dal primo polo al secondo della coppia, con l’avanzare dell’età degli intervistati. Inoltre, le prime due classi ( 10-25, 26-40 ) vedono il territorio più unito, artificiale e come luogo di svago rispetto alle ultime due classi (56-70, 71-85 ). E’ parso interessante isolare la categoria dei giovani (tra i 10 ed i 25 anni) che nell’interazione generata dall’intervista si sono mostrati più schivi e diffidenti al nord, più consapevoli al centro, più disponibili al sud. Gli adolescenti ed i giovani di oggi non sono stati infatti oggetto di diffuse campagne di educazione ambientale come invece i bambini di oggi. Sono però persone chiamate a farsi un’idea di ciò che li circonda per diventare nel futuro attori del territorio. Si è scelto quindi di riportare le loro risposte alla domande del questionario. Sembra emerga un ideale di tutela ambientale e del territorio, che non risulta però essere sempre ancorato a conoscenze e convinzioni specifiche, nonché a pratiche ecologiche o scelte di vita. Fanno eccezione coloro che maggiormente si coinvolgono nella vita politica e sociale locale, che richiedono anche maggior spazio di espressione. I giovani intervistati sono 16, le ragazze sono il doppio dei ragazzi e risiedono soprattutto al centro ed al sud del parco. Sono in maggioranza studenti e teenagers. Tra le valenze territoriali indicate, troviamo la tranquillità, semplicità e conoscenza reciproca della comunità locale che supera le valenze naturali e paesaggistiche. Segnalata la presenza agricola, la comunità locale viene anche citata nei suoi limiti: come ambito di poco svago e spazio per i giovani,

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così come ambito chiuso, poco accogliente del diverso, qualcuno diceva addirittura razzista. Tra le opportunità per il futuro, i giovani esprimono le seguenti priorità:

Sorprende anche la ricchezza dei rischi elencati dai 16 giovani intervistati, eccezion fatta per quelli economici, qui assenti:

Instabilità e divisione politica 1 Debolezza politica del parco, divisioni interne 1 Totale rischi politici 2 Totale rischi economici 0 Cementificazione, edilizia, infrastrutture 4

Inquinamento suolo e boschi 1 Inquinamento delle acque 5 Inquinamento atmosferico, aumento del traffico 1 Pericolo di disastri ambientali 1 Erosione argini, piene, non governo del fiume 1 Totale rischi ambientali 13 Difficile accoglienza, inserimento nuove popolazioni 2 Disgregazione del tessuto sociale 2 Totale rischi socioculturali 4 Salute della popolazione 2 Totale altri rischi 2 Totale non so 1 Totale non vedo rischi 2

La prevalenza di indicazioni relativamente all’inquinamento delle acque è sintomo della forte attenzione e sensibilità che i giovani del centro e sud del parco hanno verso il fiume; ciò si riscontra anche nella domanda sul significato del fiume per la cittadina di appartenenza: per la maggioranza è luogo di svago e turismo, con l’idea che sia uno spazio di svago e d’incontro soprattutto per i giovani.

opport.1 (%)

opport. 2 (%)

opport. 3 (%)

TOTALE (%)

Conservazione dell'ecosistema fluviale 50 50 Conservazione del paesaggio tradizionale 25 12,5 37,5 Sviluppo di servizi culturali e ricreativi 25 12,5 37,5 Miglioramento della qualità della vita 25 6,25 31,25 Occupazionali 25 25 Rafforzamento delle identità locali 12,5 6,25 6,25 25 Sviluppo turistico 6,25 12,5 18,75 Sviluppo di servizi commerciali 6,25 12,5 18,75 Sviluppo di collegamenti ed infrastrutture 12,5 6,25 18,75 Possibilità di partecipare alle scelte di gestione del territorio 18,75 18,75 Sviluppo di produzioni agricole di qualità 6,25 6,25 Non so 12,5 0 TOTALE 100 100 100

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LE VALENZE NELLA PERCEZIONE DELLA POPOLAZIONE La domanda sulle valenze o gli aspetti che caratterizzano il territorio tocca quelle caratteristiche che si danno spesso per scontato. Nel dialogo cui l’intervista dava luogo, spesso si è dovuto fare l’esempio di descrivere il territorio a qualcuno che “non era di quelle parti”. Sintetizzare, nella codifica per l’informatizzazione delle risposte, la ricchezza di elementi emersi non è stato facile. Durante la raccolta venivano inoltre messi in luce aspetti negativi quanto positivi, contrariamente alle nostre aspettative di valorizzazione del territorio. Ecco, in ordine di importanza, le risposte del totale degli intervistati: Tab. 5: Valenze o elementi che caratterizzano il territorio – domanda a risposta aperta.

I° risposta (%)

II° risposta (%)

III° risposta (%)

Totale (%)

Natura/ biodiversità/ paesaggio 32,5 16,9 8,4 57,8 tranquillità/ semplicità 14,5 3,6 3,6 21,7 coesione sociale/religiosità 3,6 8,4 8,4 20,5 degrado ambientale 2,4 10,8 4,8 18,1 fiume/acque 7,2 3,6 6,0 16,9 luoghi storici/ monumenti 6,0 6,0 3,6 15,7 non consapevolezza valore territorio 4,8 10,8 15,7 laboriosità 6,0 2,4 4,8 13,3 chiusura delle comunità locali 6,0 3,6 2,4 12,0 svaghi/ spiagge 2,4 6,0 2,4 10,8 conflitto vocazionale 4,8 2,4 3,6 10,8 Parco come vincolo/ incuria 1,2 2,4 7,2 10,8 parco come tutela/ progetto 3,6 2,4 2,4 8,4 vivibilità/ qualità della vita 2,4 6,0 8,4 agricoltura 3,6 3,6 1,2 8,4 poco spazio e svago per i giovani 4,8 2,4 7,2 estensione del territorio 6,0 6,0 clima faticoso 1,2 2,4 1,2 4,8 disgregazione identità/valori locali 1,2 2,4 3,6 recessione economica 1,2 1,2 non so 3,6 6,0 18,1 3,6

TOTALE 100,0 100,0 100,0 N 83 N 83 N 83

Risalta subito come il territorio non venga solo percepito come elemento fisico, naturale o meno: i valori o le caratteristiche della comunità locale si intrecciano al paesaggio, la cultura definisce la natura, le condizioni sociali influiscono sulle percezioni. L’intreccio tra valore sociale e valore del territorio è denso, e forse non potrebbe essere che così nell’ambito dell’area protetta in oggetto: il fattore sociale e valoriale diventa elemento da cui non si può prescindere nell’elaborare politiche ambientali per il parco. Oltre a denunce e preoccupazioni, quali il degrado ambientale, il poco spazio e occasioni di svago per i giovani, la disgregazione di identità e di valori locali, la recessione economica, la popolazione locale esprime riflessioni e letture che inserisce nel quadro delle caratteristiche del luogo: la non consapevolezza del valore del territorio, e la conseguente non valorizzazione di questo, viene ricondotta ai cittadini quanto alle amministrazioni locali, e forma parte delle percezioni e valutazioni sul luogo; allo stesso modo, ciò che abbiamo sintetizzato con conflitto vocazionale emergeva nelle interviste di chi

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ritiene forti le contraddizioni locali tra economia e sostenibilità ambientale, dove l’identità del territorio è costituita da tendenze contrastanti tra valorizzazione dell’ambiente di pregio e scelte o tradizioni economiche che passano su tutto. Interessante è anche come la dicitura “territorio del parco della valle del ticino” porti molti ad identificare l’istituzione del parco e dei suoi confini con l’ente parco come organo politico e tecnico di gestione: qui la popolazione esprime, a volte con animosità rimarchevole, fiducia o sfiducia in questa gestione, indicando il parco come utile elemento di tutela ambientale ed importante progetto per il territorio, oppure come autorità vincolante, potere burocratico ed inefficiente strumento di cura dell’elemento naturale. I valori indicati in tabella quasi si equivalgono, ad indicare un trentennale dibattito che ha attraversato le comunità, soprattutto del pavese e del varesino, come vediamo di seguito. Il nord del parco, ovvero Vergiate ed Arsago Seprio, è la parte dove maggiormente vengono citati elementi di pregio ambientale come caratterizzanti: aspetto naturale, boschi, biodiversità, flora e fauna, il paesaggio. E’ però anche l’unico elemento messo in luce in positivo: infatti rispetto ai valori generali, l’accento è qui posto sulla maggior incidenza degli aspetti conflittuali o negativi, oltre ad una maggior presenza di chi risponde “non so”. Dal punto di vista sociale, emerge la chiusura delle comunità locali accompagnata dal timore della perdita d’identità e di valori dell’“etnia” del paese. Da quello ambientale, l’accento è sul degrado ed il peggioramento qualitativo dei boschi, insieme alle considerazioni sulla non consapevolezza generale del valore del territorio nonché sul conflitto vocazionale. Considera il parco come tutela e progetto soltanto la metà di quelli che lo vedono vincolo ed incuria.

totale valenze indicate per provincia - domanda a risposta aperta

69,6 64,343,8

8,77,1

28,1

17,4 25,0 21,9

13,0 14,3 12,5

13,028,6

18,84,3

21,421,9

4,3

14,312,5

4,3

17,9

3,1

8,7

7,1

3,1

4,3

17,9

3,1

0,0

10,7

12,530,4

10,7

15,617,4

3,6

12,517,4

7,1

21,917,4

10,7

9,413,0

0,0

18,88,7

03,1

0,0

50,0

100,0

150,0

200,0

250,0

300,0

varese milano pavia

risposte per provincia

som

ma

dei v

alor

i per

cent

uali

non so

Parco come vincolo/incuria

recessione economica

disgregazione identità/valori locali

chiusura delle comunità locali

poco spazio e svago per i giovani

non consapevolezza valore territorio

conflitto vocazionale

degrado ambientale

clima faticoso

agricoltura

vivibilità/qualità della vita

estensione del territorio

parco come tutela/progetto

svaghi/spiaggie

fiume/acque

coesione sociale/religiosità

laboriosità

tranquillità/semplicità

lughi storici/monumenti

natura/biodiversità/paesaggio

Fig. 4: Valenze ed aspetti caratteristici del territorio - rappresentazione delle somme delle risposte per provincia di appartenenza dei comuni . Il fiume e l’acqua non sono elementi caratteristici quanto i boschi, così come i monumenti ed i luoghi storici, che pure ci sono, vengono poco valorizzati nelle risposte. In compenso qui si sentono meno che altrove due problemi: recessione economica, da un lato, e la mancanza di spazio o svago per i giovani, dall’altro. In sintesi, un quadro percettivo di enormi risorse ambientali e valoriali poi erose col tempo e

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con i cambiamenti, che lasciano dietro di sé un generale clima di sfiducia, ma forse anche una maggior capacità di riflessione sulle trasformazioni del territorio. Anche a Besate e Turbigo, afferenti alla provincia di Milano, si valorizza l’aspetto e gli elementi ambientali come caratteristici: natura e paesaggio si accompagnano alla messa in luce di fiume ed acqua, spiagge e possibilità di svago, oltre alla presenza agricola. Il parco è decisamente visto come ente di efficace tutela ambientale e progetto allargato, a fronte di nessuna risposta che lo vede in negativo. Rispetto al nord e sud del parco, la vivibilità e forte percezione di buona qualità della vita si accompagnano a maggior valori di coesione sociale, legata anche alla religiosità, mentre una minoranza vede disgregazione sociale e valoriale. E’ però opinione comune più che altrove che ai giovani manchino spazi e occasioni di svago. Anche qui si stimano poco monumenti e luoghi storici, ma anche aspetti negativi quali il degrado ambientale, il conflitto vocazionale, l’inconsapevolezza del valore del territorio. Un ambiente complessivamente soddisfatto ed ottimista, vedremo poi se consapevole dei rischi. Venendo al sud pavese, Gambolò e S.Martino Siccomario sottostimano invece l’aspetto naturale ed ambientale, a favore degli elementi storici e culturali, quali monumenti e manufatti, dei quali si è maggiormente consapevoli. La risorsa idrica, il fiume, le anse, i pesci, la vicinanza con il Po sono l’elemento naturale di pregio che viene maggiormente valorizzato. Com’è lecito aspettarsi, l’agricoltura emerge quale caratteristica economico- paesaggistica del territorio, più che nel milanese, collegata anche al clima faticoso ed alle zanzare. In negativo, si accentuano la non consapevolezza del valore del territorio e la visione del parco come vincolo ed incuria, qui indicato in molte risposte. In pochissimi rispetto al valore generale indicano sia la vivibilità e qualità della vita che il parco come tutela e progetto. D’altro canto però vengono poco indicati anche problemi sociali come la recessione, la chiusura e la disgregazione delle comunità locali. Insomma, una comunità che conserva attività e valori tradizionali di legame al territorio, che attraversa con solidità i cambiamenti ma che esprime sfiducia verso le istituzioni percepite lontane. Delle 9 interviste che indicavano l’ente parco come vincolo, burocrazia ed incuria della risorsa ambientale, ho voluto qui riportare i valori assunti da altre variabili. Sono per la quasi totalità uomini, residenti nella provincia di Varese (3) e di Pavia (6), di cui più della metà supera i 56 anni di età. Sono soprattutto commercianti, ambulanti, lavoratori autonomi, oppure pensionati. Nessuno di loro ha indicato di non sapere se ci sono rischi presenti o futuri per il territorio, o di non vederne del tutto. Molti anzi indicano rischi di tipo ambientale, in particolare l’inquinamento dei boschi o del suolo e l’erosione degli argini fluviali collegata al rischio di piene. Anche l’instabilità e divisione politica li preoccupa. Nel differenziale semantico vedono il territorio più passivo rispetto ai valori generali, così come più abusato, vincolato e antico. Tra le opportunità per il futuro, quasi la metà indica la possibilità di partecipare alle scelte di gestione del territorio così come la conservazione dell’ecosistema fluviale. Nessuno indica lo sviluppo di servizi commerciali ed uno solo di collegamenti e infrastrutture. Pare che chi porta questa visione, dunque, non sia forzatamente “nemico dell’ambiente”: esprime senz’altro idee “all’antica”, in particolare ci riferiamo qui all’erosione degli argini e alla corretta gestione dell’alveo fluviale, segnalati anche nel prossimo paragrafo sui rischi. Rappresenta quindi una parte di popolazione che esprime il bisogno di partecipazione e che può essere forse “recuperata” in termini di consenso con migliori modalità comunicative da parte dell’ente parco. LA PERCEZIONE DEI RISCHI NELLA PERCEZIONE DELLA POPOLAZIONE La domanda sui rischi, attuali e futuri, intendeva verificare il grado di consapevolezza delle dinamiche del territorio e delle minacce che recano, la congruenza con il profilo dei rischi delineato dai testimoni privilegiati, la composizione di ciò che viene ritenuto rischio. Si tratta di una domanda a risposte aperte, multiple, che però indica gli ambiti di rischio. La varietà dei rischi ambientali legati alla presenza antropica è certamente minore di quella indicata dagli stakeholders, ma gli aspetti salienti vengono

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senz’altro ripresi. Ne vengono indicati anche altri riconducibili ad aspettative locali: la non realizzazione di progetti del parco ed il non governo del fiume, problema che riprenderemo a breve. Assistiamo invece ad una certa ricchezza nell’indicazione dei rischi economici e di quelli socioculturali. Si conferma, come per i testimoni privilegiati, il legame tra rischi ambientali e politici, dove la situazione politica del territorio diventa risorsa o minaccia a seconda della sua “salute”: è interessante che qualcuno veda lo stesso parco come soggetto politico che corre rischi, a riprova dell’attenzione e delle aspettative che il parco stimola. Infine, la scelta di inserire nella voce “altri rischi” la salute della popolazione è stata degli intervistati, mentre per la “sporcizia e disordine del paesaggio” è da a scriversi all’autrice, nonostante gli intervistati lo intendessero come degrado ambientale: si è voluto così distinguere il degrado vero e proprio, dalla percezione prettamente visiva di uno “sporco” che a volte corrisponde, ad esempio, al sottobosco di alto valore ecologico.

Tab. 6 : Rischi percepiti dalla popolazione locale – distribuzione di frequenza per provincia e totale.

Varese Milano Pavia Totale Difficoltà a partecipare 1 1 3 Interessi del potere politico 2 4 1 7 Instabilità e divisione politica 2 2 3 7 Eccesso di controllo burocratico 1 1 Debolezza politica del parco, divisioni interne 2 4 6 Totale rischi politici 5 8 10 24 Spinta a sfruttamento e svendita 2 4 6 Crisi industriale, impoverimento generale 3 5 3 11 Non valorizzazione economica risorse territoriali 3 3 Tagli ai fondi agli enti locali 1 1 Totale rischi economici 5 9 7 21 Cementificazione, edilizia, infrastrutture 8 9 7 24 Inquinamento suolo e boschi 6 5 7 18 Inquinamento delle acque 2 10 4 16 Inquinamento atmosferico, aumento del traffico 3 3 2 8 Inquinamento acustico 1 1 Riduzione della biodiversità 1 2 4 7 Pericolo di disastri ambientali ed aerei 1 1 2 4 Progetti non realizzati dall'ente parco 2 1 3 Erosione argini, piene, non governo del fiume 1 7 8 Totale rischi ambientali 22 33 34 89 Disagio sociale, marginalità, droga 3 1 1 5 Difficile accoglienza, inserimento nuove popolazioni 2 3 1 6 Povertà culturale, inconsapevolezza, incuria monumenti 2 1 8 11 Disgregazione del tessuto sociale 1 2 1 4 Totale rischi socioculturali 8 7 11 26 Salute della popolazione 1 1 1 3 Sporcizia, disordine del paesaggio 1 1 4 6 Totale altri rischi 10 2 5 9 Totale non so 3 1 0 4

Totale non vedo rischi 1 2 1 4

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Colpisce come a Vergiate ed Arsago Seprio si sentano meno rischi ambientali rispetto agli altri comuni: la presenza aeroportuale si rileva però dal rischio di inquinamento acustico, percepito solo qui. Se anche la situazione politica ed economica desta minori preoccupazioni che altrove, la situazione sociale è invece molto sentita: da un lato il disagio, la marginalità, a volte la povertà di mezzi di sussistenza e culturali di fette sempre più ampie della comunità locale, dall’altro l’arrivo di nuove popolazioni (i lavoratori migranti così come i singles che ricoprono le nuove posizioni lavorative aeroportuali, i precari mal retribuiti come la nuova élite globale nomade) mette a rischio la coesione sociale ed a nudo le rigidità locali. Il nord del parco conferma inoltre la maggior presenza di persone che non esprimono un’opinione. Anche nel milanese l’accoglienza degli stranieri è vista come problematica, ma gli altri ambiti di rischio sono decisamente prioritari: la cementificazione e le infrastrutture così come l’inquinamento delle risorse idriche destano le maggiori preoccupazioni relative all’ambiente. Colpisce lo spiccare degli interessi del potere politico come rischio per il territorio, così come la contraddizione espressa in ambito economico: da un lato si sente più che altrove il rischio di crisi industriale e disoccupazione, ma al tempo stesso si denuncia maggiormente la tentazione di sfruttare senza regole le risorse del territorio. La crisi industriale e la povertà delle famiglie rimane, nel totale delle interviste, la percezione di rischio economico più sentita: che questa visione abbia riscontri reali oppure no, il dato è rilevante in quanto, di fronte alla difficoltà economica, non sappiamo se la tutela ambientale verrebbe sacrificata o considerata prioritaria. Allo stesso modo, la percezione nel pavese di mancanza di valorizzazione delle risorse territoriali, se da un lato intende che la fruizione allargata del parco è un’opportunità, dall’altro richiama proprio quel rischio di sfruttamento. E’ interessante che altri esprimano proprio che l’inconsapevolezza del valore ambientale sia il maggior rischio sociale, così come che le divisioni politiche creino debolezza, soprattutto dell’ente parco (problema sentito qui decisamente più che altrove). L’oggetto dello sfruttamento, il letto del fiume, si lega ad un problema ambientale molto sentito che finalmente descriviamo: le percezioni di incuria, sporcizia, disordine, nel pavese sono connesse a quelle relative all’erosione degli argini ed al non governo del fiume che rischia di favorire l’avvento delle piene. La “denuncia” di molti è che il letto del fiume, non venendo più “puliti” i boschi, si riempie di tronchi ed elementi del sottobosco che si arenano od incagliano in anse o presso i ponti: ciò provocherebbe l’innalzamento del livello delle acque, l’erosione delle sponde ed il maggior danno in caso di piena. La “soluzione popolare” prevede che si ripuliscano i boschi ed il letto del fiume dai detriti, operando anche scavi che abbassino il fondo fluviale (recuperando così ghiaia, da cui la questione della valorizzazione delle risorse territoriali). Questa concezione di governo del fiume, di tipo “idraulico-ingegneristico” ha dominato per lungo tempo: secondo le teorie ecologiche e di gestione sostenibile sul lungo periodo cui il parco si rifà, invece, proprio gli scavi nel letto del fiume hanno per anni creato le condizioni di accelerazione del corso delle acque che oggi erode le sponde. Inoltre, ciò che viene percepito come sporcizia e disordine risponde al libero corso della complessità ecologica boschiva che viene considerato elemento di maggior tutela ambientale anche nel caso di piene. Si tratta quindi di visioni contrapposte sul “governo” dell’elemento naturale, una che richiede l’intervento umano, l’altra che punta sull’autoregolazione naturale. La contrapposizione delle percezioni, nella lettura sociologica qui operabile, è quella tra un sapere comune e un sapere esperto: il fatto che emerga una frattura, soprattutto in una zona del parco che già sente l’ente come più lontano, è il sintomo di una difficoltà di dialogo e comunicazione delle scelte di gestione del territorio. Se queste non vengono comprese dalle comunità locali, che pure dimostrano di tenere fortemente al fiume, si rischia di acuire una disaffezione al parco sia come territorio che come istituzione. Un’ultima suggestione nel tema dei rischi è la ripresa di quel 9,6% delle interviste che dichiara di non sapere o di non vedere rischi. Sono equamente distribuiti tra i generi e le professioni raccolte, ma la distribuzione per età indica che sono soprattutto giovani entro i 25 anni, oppure ultrasettantenni. Come suggerisce la precedente tabella, sono residenti al nord ed al centro del parco: infatti definiscono il fiume come lontano prevalentemente, come molte persone del varesino, o al massimo con una visione

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ideale di speranza e tranquillità. Nelle risposte relative alle valenze territoriali, spicca un quarto di risposte che non hanno un’opinione neanche in merito a questo ambito. Se hanno un’opinione, oltre a natura e paesaggio, indicano la semplicità e conoscenza reciproca nella comunità locale ed il poco svago destinato ai i giovani. Tra le opportunità per il futuro, domanda che già suggeriva risposte, hanno avuto più facilità ad esprimersi: nel solco della maggioranza, indicano la conservazione del paesaggio tradizionale, seguito dalle opportunità occupazionali, di migliore qualità della vita, di sviluppo di servizi culturali e ricreativi. Dunque esprimono un bisogno di opportunità di crescita, che forse un giorno consenta di elaborare opinioni più precise.

LE OPPORTUNITÀ DEL TERRITORIO NELLA PERCEZIONE DELLA POPOLAZIONE LOCALE La domanda a risposte chiuse rispetto alla quale l’intervistato poteva indicare al massimo 3 opportunità, prevedeva la possibilità di aggiungere altre preferenze considerate importanti. E’ interessante notare come molte di queste aggiunte riprendano indicazioni già segnalate dai testimoni privilegiati nell’ambito del progetto di valorizzazione turistica a basso impatto ambientale, e alcune addirittura le superino in idealità e radicalità ecologica. Questa domanda intendeva volgere uno sguardo agli scenari futuri, individuando priorità valoriali e di bisogni che le comunità locali esprimono. C’è però da segnalare che alcuni intervistati vedevano uno scarto tra scenari futuri reali e ideali. Se anche considerassimo i risultati emersi come tutti appartenenti alla categoria degli “ideali”, possiamo concludere che la scala di priorità indica bisogni e valori di tipo “post-materialista”, ovvero dove l’ambiente, la partecipazione, la qualità della vita assumono maggior rilievo. Sembra quindi emergere un panorama rassicurante, ma queste risposte, isolate dal contesto delle dinamiche territoriali e dalle reali possibilità di incidere di queste istanze, rischiano di essere sospese e aleatorie. Un dubbio sorge vedendo che il tema della conservazione è il più scelto: queste preferenze indicano un reale interesse ecologico, oppure rispondono al fascino di conservare elementi anche simbolico-identitari, come il fiume ed il paesaggio, di fronte a cambiamenti continui? Tab. 7: Opportunità per il futuro indicate dal totale degli intervistati – distribuzione percentuale. Opport.1 Opport.2 Opport.3 totale Conservazione del paesaggio tradizionale 3,6 21,7 22,0 47,3 Conservazione dell'ecosistema fluviale 8,4 37,8 46,2 Sviluppo turistico 22,9 10,8 33,7 Sviluppo di servizi culturali e ricreativi 10,8 10,8 2,4 24,1 Possibilità di partecipare alle scelte di gestione del territorio 3,6 14,5 4,9 23,0 Miglioramento della qualità della vita 20,5 2,4 22,9 Occupazionali 22,9 22,9 Rafforzamento delle identità locali 3,6 8,4 2,4 14,5 Sviluppo di collegamenti ed infrastrutture 2,4 7,2 3,7 13,3 Sviluppo di produzioni agricole di qualità 8,4 3,6 12,0 Sviluppo di servizi commerciali 4,8 2,4 7,3 Altro: creazione di posti di lavoro in tutela e manutenzione del verde 1,2 2,4 3,6 Altro: aumento fruibilità ed accessibilità al parco 2,4 2,4 Altro: crescita sociale e culturale 1,2 1,2 2,4 Altro: sviluppo di collegamenti e mobilità senz'auto 1,2 1,2 2,4 Altro: recupero balneabilità del fiume 1,2 1,2 Altro: governi locali più competenti 1,2 1,2 Altro: modalità di produzione e scambio meno impattanti 1,2 1,2 Altro: educazione ambientale per giovani generazioni 1,2 1,2 Non so 1,2 3,6 12,2 1,2 Totale 100,0 100,0 100,0

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Opportunità per il futuro del territorio - domanda a risposta multipla

21,7 28,6 18,8

30,4 21,418,8

17,435,7

43,8

8,7

14,312,5

30,6

21,421,9

7,1 12,526,310,7 6,3

17,8 14,312,5

26,5 17,9 25,0

44,746,4 50,0

35,6 53,6 46,9

4,59,1 3,13,6 3,13,63,6 3,13,14,3

0,04,5 0,0 0,04,3

varese milano pavia

somma delle risposte per provincia di appartenenza

Non so

Altro: modalità di produzione escambio meno impattantiAltro: recupero lavatoi storici

Altro: sviluppo di collegamenti emobilità senz'autoAltro: governi locali più competenti

Altro: crescita sociale e culturale

Altro: recupero balneabilità del fiume

Altro: aumento fruibilità edaccessibilità al parcoAltro: creazione di posti di lavoro intutela e manutenzione del verdeAltro: educazione ambientale pergiovani generazioniConservazione dell'ecosistemafluvialeConservazione del paesaggiotradizionalePossibilità di partecipare alle sceltedi gestione del territorioRafforzamento delle identità locali

Sviluppo di collegamenti edinfrastruttureSviluppo di servizi commerciali

Sviluppo di servizi culturali e ricreativi

Sviluppo di produzioni agricole diqualitàSviluppo turistico

Miglioramento della qualità della vita

Occupazionali

Fig. 6: Opportunità per il futuro – somma delle risposte percentuali per provincia di appartenenza.

Nei comuni afferenti alla provincia di Varese, dopo le due istanze di conservazione, si affermano rispettivamente il bisogno di servizi culturali e ricreativi, il miglioramento della qualità della vita, la partecipazione alle scelte sul territorio, lo sviluppo di collegamenti ed infrastrutture: quest’ultimo, legato al bisogno di mobilità più che di scambi, viene ripreso da chi auspica invece lo sviluppo di collegamenti non impattanti. Il bisogno di decongestionare il traffico sull’asse del Sempione costruendo nuove strade ed autostrade, ed il rischio che nuove infrastrutture creino ulteriore traffico invece che diminuirlo, convivono nel dibattito e nell’inquinamento atmosferico di questo territorio. Infatti è anche la zona dove più d’uno indica l’educazione ecologica nonché le opportunità delle professioni ambientali. Si conferma inoltre come la zona con la più alta incidenza di “non so”. Nel milanese seguono nella scala di priorità lo sviluppo turistico, le opportunità occupazionali, la qualità della vita ed i servizi culturali e ricreativi. Non è però possibile verificare attraverso il questionario se la creazione di occupazione s’intende possibile attraverso le altre opportunità indicate, oppure se si correrebbe il rischio di produzioni impattanti in cambio di posti di lavoro. Nel pavese ritroviamo lo sviluppo turistico, seguito dalla partecipazione e dallo sviluppo di servizi culturali e ricreativi; a distanza seguono opportunità occupazionali e legate alla qualità della vita. Il sud del parco si conferma quindi come meno conflittuale nella società civile. Durante la somministrazione del questionario, la possibilità di partecipare alle scelte di gestione del territorio non sembrava preponderante: proprio perché quest’istanza ha “conquistato” il quinto posto nel totale delle interviste, è sembrato interessante andare a vedere quali altri valori e suggestioni porta chi l’ha espressa. Questi 19 intervistati (il 23% circa del totale) sono pressoché equamente distribuiti tra le province e tra le professioni svolte dagli intervistati, sono per i due terzi uomini, ed in preponderanza

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tra i 41 ed i 50 anni d’età. Il profilo del loro differenziale semantico, rispetto alla media generale, vede il territorio sensibilmente più naturale e complesso, ma anche passivo; in misura minore, più autentico, vincolato, abusato, non protetto. Anche le risposte alle domande del questionario indicano che il coinvolgimento di questo gruppo potrebbe essere una risorsa per una gestione sostenibile del territorio, a partire dalle valenze indicate: I° risposta II° risposta III° risposta Totale Natura/biodiversità/paesaggio 26,3 15,8 5,3 47,4 Non consapevolezza del valore del territorio 5,3 26,3 31,6 Tranquillità/semplicità/conoscenza reciproca 26,3 26,3 Coesione sociale/religiosità 5,3 5,3 10,5 21,1 Degrado ambientale 15,8 5,3 21,1 Conflitto vocazionale 10,5 5,3 5,3 21,0 Parco come vincolo ed incuria 5,3 5,3 10,5 21,1 Fiume/presenza acque 5,3 10,5 15,8 Chiusura delle comunità locali 10,5 5,3 15,8 Agricoltura 5,3 5,3 10,6 Parco come tutela/progetto 5,3 5,3 10,6 Estensione del territorio 10,5 10,5 Svaghi/spiagge 5,3 5,3 10,5 Clima faticoso 5,3 5,3 Vivibilità/qualità della vita 5,3 5,3 Laboriosità 5,3 5,3 Luoghi storici/monumenti 5,3 5,3 Poco spazio e svago per i giovani 5,3 5,3 Disgregazione identità/valori locali 5,3 5,3 Non so 5,3 0,0 Totale 100,0 100,0 100,0 N 19

Emerge come soprattutto chi chiede di poter partecipare di più è anche capace di esprimere valutazioni sulle dinamiche del territorio, come a proposito del conflitto vocazionale oppure della generale inconsapevolezza del suo valore. Sul totale dei 19 soggetti considerati, tutti segnalano di vedere rischi oppure non ha opinione in merito; anche i rischi individuati esprimono un discreto livello di consapevolezza rispetto alla tutela ambientale territoriale:

Difficoltà a partecipare 1 Interessi del potere politico 1 Instabilità e divisione politica 1 Eccesso di controllo burocratico 1 Debolezza politica del parco, divisioni interne 2 Totale rischi politici 6 Spinta a sfruttamento e svendita 1 Crisi industriale, impoverimento generale 4 Non valorizzazione economica risorse territoriali 2 Totale rischi economici 7 Cementificazione, edilizia, infrastrutture 7 Inquinamento suolo e boschi 6 Inquinamento delle acque 3 Inquinamento atmosferico, aumento del traffico 3 Riduzione della biodiversità 3

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Pericolo di disastri ambientali ed aerei 1 Erosione argini, piene, non governo del fiume 1 Totale rischi ambientali 24 Disagio sociale, marginalità, droga 2 Difficile accoglienza, inserimento nuove popolazioni 1 Povertà culturale, inconsapevolezza, incuria monumenti 4 Disgregazione del tessuto sociale 3 Totale rischi socioculturali 10 Salute della popolazione 1 Sporcizia, disordine del paesaggio 1 Totale altri rischi 2 Totale non so 0 Totale non vedo rischi 0

Tra le altre opportunità per il futuro, esclusa ovviamente la partecipazione, s’impone la conservazione dell’ecosistema fluviale, indicato da quasi la metà dei soggetti: lo sviluppo turistico è poi ritenuto importante, seguito a pari merito dal rafforzamento delle identità locali e la conservazione del paesaggio tradizionale. Pare trovarsi di fronte ad un gruppo, quasi un quarto del campione totale, che tiene al proprio radicamento territoriale ed alla coesione della comunità di appartenenza: sembrano i rappresentanti di quel “sentirsi indigeni” che anelano ad un posto di maggior rilievo nella ridefinizione della vocazione e del paesaggio naturale ed umano locali.