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La rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta n. 13 • gennaio 2015 contro la Allearsi povertà EDITORIALE IL PUNTO L a situazione della povertà in Italia, che la crisi ha diffuso e intensifi- cato, è tale per cui si è creata or- mai una generale consapevolezza sulla necessità di inserire il tema nell’agenda politica del Paese. Nel loro lavoro quotidia- no le Caritas diocesane riscontrano, come sottolinea don Giovanni Perini nel suo ar- ticolo (pag. 5), che i mezzi ordinari di con- trasto alla povertà non sono più sufficienti: «Non bastano più pacchi viveri, ridotti aiuti economici, perché non c’è più modo ordi- nario di far fronte a situazioni straordina- rie». Servono dunque effettive strategie di contrasto se si vuole evitare che l’estensione della precarietà e della povertà diventi strut- turale. Serve un Piano nazionale di lotta alla povertà che preveda l’introduzione di una misura di sostegno al reddito, sulla base di un patto di cittadinanza che responsabilizzi e metta in gioco entrambi i contraenti: il beneficiario, che si impegna a migliorare la sua situazione, e l’amministrazione pub- blica, che deve assicurargli gli strumenti e le opportunità in questa direzione. Serve una effettiva ed efficace collaborazione tra soggetti pubblici e privati a livello locale, perché solo così può essere affrontata con successo la lotta alle povertà. Inoltre, come sottolinea Caritas Italiana nel suo Bilancio della crisi, in un periodo di risorse scarse e di rimodulazione della spesa, nonché di ride- finizione dei modelli di protezione sociale, serve un’attenzione «responsabile e com- petente» alla programmazione finanziaria e all’allocazione di risorse a tutti i livelli, europeo, nazionale, regionale e locale. Ciò è possibile però solo sviluppando compe- tenze e creando alleanze, a livello nazionale come a livello locale, al fine di sperimentare un’efficace azione di inclusione sociale at- traverso la valorizzazione delle risorse e delle progettualità innovative in una prospettiva di sussidiarietà. D urante la crisi degli ultimi anni la povertà assoluta è più che raddop- piata in Italia, passando dal 4,1% al 9,9% della popolazione, ciò signifi- ca in termini assoluti da 2,4 a 6 milioni di per- sone coinvolte. Considerando i nuclei familiari l’aumento è stato dal 4,1%, pari a 0,97 milioni di famiglie, al 7,9%, pari a 2 milioni di fami- glie, un incremento percentuale minore poiché si è concentrato maggiormente tra i nuclei con più persone. Si tratta di povertà assoluta, cioè di persone che non raggiungono «uno standard di vita minimamente accettabile» calcolato dall’Istat e legato a un’alimentazione adeguata, a una situa- zione abitativa dignitosa e ad altre spese basilari come quelle per la salute, i vestiti e i trasporti. Contemporaneamente la povertà si è estesa e diffusa, andando a colpire in misura significa- tiva parti della società che ne erano state solo marginalmente toccate: il centro-nord, le fa- miglie con due figli, i nuclei con capofamiglia inferiore a 35 anni, le famiglie con componen- ti occupati in attività lavorative. Ci si può at- tendere che l’auspicata ripresa economica por- ti, nei prossimi anni, una riduzione del tasso di povertà, ma secondo esperti e addetti ai lavori il livello di povertà non potrà tornare al livello pre-crisi, a causa dell’indebolimento struttura- le del contesto socio-economico italiano. «6 milioni e 9,9% sono i numeri chiave da tenere a mente perché meglio di qualsiasi al- tra cifra aiutano a “toccare con mano” la pre- senza della povertà nella società italiana» ha affermato Caritas Italiana nel Rapporto 2014 Il bilancio della crisi , secondo cui «l’allargamen- SOMMARIO 2 Piemonte: si lavora a un Patto per il Sociale 3 Riproposto il Reddito di Inclusione Sociale 5 In legame “con” e “contro” la povertà 6 L’Europa sociale chiede una direttiva sul reddito minimo 8 Caritas Cuneo scommette sui giovani segue a pag. 2 Rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta - puntidivista n. 13 - gennaio 2015. Registrazione n. 46 del 22 settembre 2010 presso il Tribunale di Torino. Direttore: Marco Bonatti Redazione: Tiziana Ciampolini (responsabile Osservatorio Caritas Torino) - Marina Marchisio - Enrico Panero (caporedattore) Hanno collaborato: Marianna Cento, Claudio Mezzavilla Immagini fotografiche: www.freeimages.com Grafica e impaginazione: Luca Imerito Informazioni: Osservatorio Caritas Torino www.puntidivistafactory.eu - www.osservatoriocaritastorino.org Questo numero è stato chiuso in redazione il 29 gennaio 2015

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La rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta n. 13 • gennaio 2015

contro laAllearsi

povertà

EDITORIALE

IL PUNTO

La situazione della povertà in Italia, che la crisi ha diffuso e intensifi-cato, è tale per cui si è creata or-mai una generale consapevolezza

sulla necessità di inserire il tema nell’agenda politica del Paese. Nel loro lavoro quotidia-no le Caritas diocesane riscontrano, come sottolinea don Giovanni Perini nel suo ar-ticolo (pag. 5), che i mezzi ordinari di con-trasto alla povertà non sono più sufficienti: «Non bastano più pacchi viveri, ridotti aiuti economici, perché non c’è più modo ordi-nario di far fronte a situazioni straordina-rie». Servono dunque effettive strategie di contrasto se si vuole evitare che l’estensione della precarietà e della povertà diventi strut-turale. Serve un Piano nazionale di lotta alla povertà che preveda l’introduzione di una misura di sostegno al reddito, sulla base di un patto di cittadinanza che responsabilizzi e metta in gioco entrambi i contraenti: il beneficiario, che si impegna a migliorare la sua situazione, e l’amministrazione pub-blica, che deve assicurargli gli strumenti e le opportunità in questa direzione. Serve una effettiva ed efficace collaborazione tra soggetti pubblici e privati a livello locale, perché solo così può essere affrontata con successo la lotta alle povertà. Inoltre, come sottolinea Caritas Italiana nel suo Bilancio della crisi, in un periodo di risorse scarse e di rimodulazione della spesa, nonché di ride-finizione dei modelli di protezione sociale, serve un’attenzione «responsabile e com-petente» alla programmazione finanziaria e all’allocazione di risorse a tutti i livelli, europeo, nazionale, regionale e locale. Ciò è possibile però solo sviluppando compe-tenze e creando alleanze, a livello nazionale come a livello locale, al fine di sperimentare un’efficace azione di inclusione sociale at-traverso la valorizzazione delle risorse e delle progettualità innovative in una prospettiva di sussidiarietà.

Durante la crisi degli ultimi anni la povertà assoluta è più che raddop-piata in Italia, passando dal 4,1% al 9,9% della popolazione, ciò signifi-

ca in termini assoluti da 2,4 a 6 milioni di per-sone coinvolte. Considerando i nuclei familiari l’aumento è stato dal 4,1%, pari a 0,97 milioni di famiglie, al 7,9%, pari a 2 milioni di fami-glie, un incremento percentuale minore poiché si è concentrato maggiormente tra i nuclei con più persone. Si tratta di povertà assoluta, cioè di persone che non raggiungono «uno standard di vita minimamente accettabile» calcolato dall’Istat e legato a un’alimentazione adeguata, a una situa-zione abitativa dignitosa e ad altre spese basilari come quelle per la salute, i vestiti e i trasporti.

Contemporaneamente la povertà si è estesa e diffusa, andando a colpire in misura significa-tiva parti della società che ne erano state solo marginalmente toccate: il centro-nord, le fa-miglie con due figli, i nuclei con capofamiglia inferiore a 35 anni, le famiglie con componen-ti occupati in attività lavorative. Ci si può at-tendere che l’auspicata ripresa economica por-ti, nei prossimi anni, una riduzione del tasso di povertà, ma secondo esperti e addetti ai lavori il livello di povertà non potrà tornare al livello pre-crisi, a causa dell’indebolimento struttura-le del contesto socio-economico italiano.«6 milioni e 9,9% sono i numeri chiave da tenere a mente perché meglio di qualsiasi al-tra cifra aiutano a “toccare con mano” la pre-senza della povertà nella società italiana» ha affermato Caritas Italiana nel Rapporto 2014 Il bilancio della crisi, secondo cui «l’allargamen-

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IO • 2 Piemonte: si lavora a un Patto per il Sociale • 3 Riproposto il Reddito di

Inclusione Sociale • 5 In legame “con” e “contro” la povertà

• 6 L’Europa sociale chiede una direttiva sul reddito minimo

• 8 Caritas Cuneo scommette sui giovani

segue a pag. 2Rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta - puntidivista n. 13 - gennaio 2015. Registrazione n. 46 del 22 settembre 2010 presso il Tribunale di Torino.

Direttore: Marco BonattiRedazione: Tiziana Ciampolini (responsabile Osservatorio Caritas Torino) - Marina Marchisio - Enrico Panero (caporedattore)Hanno collaborato: Marianna Cento, Claudio MezzavillaImmagini fotografiche: www.freeimages.comGrafica e impaginazione: Luca ImeritoInformazioni: Osservatorio Caritas Torinowww.puntidivistafactory.eu - www.osservatoriocaritastorino.orgQuesto numero è stato chiuso in redazione il 29 gennaio 2015

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2 n. 13 • gennaio 2015

to dell’area della precarietà e della conclamata povertà è destinato a divenire strutturale se non si assumono effettive strategie di contrasto».Come osservato nella conclusioni del Rap-porto dal responsabile dell’area nazionale di Caritas Italiana, Francesco Marsico, questa si-tuazione «deve rafforzare la preoccupazione re-lativa al “posto dei poveri” nei diversi livelli di programmazione finanziaria istituzionale, dal livello europeo a quello comunale, nel model-lo di tutela sociale che andrà necessariamente costruito per ridurre le percentuali di persone cadute in povertà e nell’idea di sviluppo che guiderà la ripresa dei prossimi anni. Appare evidente la crucialità dei prossimi mesi: in-sieme alla ridefinizione di un modello econo-mico e produttivo, deve delinearsi una nuova struttura di tutela dei diritti, a partire dalla “li-bertà dalla povertà”».In un tempo di risorse scarse e di rimodula-zione della spesa, nonché di ridefinizione dei modelli di protezione sociale, la program-mazione finanziaria europea e le sue ricadute nazionali e regionali, la Legge di stabilità e la

IL PUNTO

COM’È CAMBIATA LA POVERTÀ IN ITALIA CON LA CRISIPrima della crisi Oggi

Individui in povertà assoluta4,1% (2,4 milioni)

Individui in povertà assoluta9,9% (6 milioni)

Famiglie in povertà assoluta4,1% (0,97 milioni)

Famiglie in povertà assoluta7,9% (2 milioni)

Questione meridionale Questione meridionale + questione settentrionale

Un problema perlopiù degli anziani Un problema degli anziani e dei giovani

Riguarda chi ha almeno 3 figli Riguarda chi ha almeno 2 figli

Non tocca chi ha un lavoro Tocca anche chi ha un lavoro

Il 14 gennaio scorso un gruppo di rappresen-tanza della Delegazione Caritas Piemonte -Val-le d’Aosta ha incontrato l’assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte, Augusto Ferra-ri, per un confronto sulle modalità di contrasto della povertà, che in Piemonte colpisce il 5,7% circa delle famiglie pari a oltre 250.000 persone (dato Istat). Così come fatto a livello nazionale, anche in Piemonte Caritas ha avanzato al Con-siglio Regionale la proposta di introduzione di un Piano Regionale contro la povertà, di dura-ta pluriennale, che contenga misure concrete e impegno di risorse adeguate affinché venga gra-dualmente introdotta una misura di sostegno al reddito rivolta a tutte le persone e le famiglie in povertà assoluta nella Regione, che si basi su una logica non meramente assistenziale ma che sostenga un atteggiamento attivo dei soggetti beneficiari dell’intervento. In pratica, la propo-sta del Reddito di Inclusione Sociale - Reis (vedi pag. 3) in un quadro attuativo regionale.Analizzando l’ipotesi di orientamento dei Fondi

sua effettiva capacità di determinare politiche concrete, l’allocazione delle risorse regionali e comunali «sono i complessi ambiti ai quali rivolgere un’attenzione responsabile e com-petente» sostiene Caritas Italiana. Per poterlo fare in modo concreto ed efficace servono però competenze specifiche e soprattutto «al-leanze», sia a livello nazionale che territoriale. Questo il senso della partecipazione di Caritas italiana alla Alleanza contro la povertà in Italia, che vede associazionismo sociale, volontariato e sindacato per la prima volta insieme per ri-

chiedere una misura universale di contrasto alla povertà. Secondo Marsico «questa Allean-za è una opportunità non solo per costruire un soggetto che esplicitamente vuole farsi carico di tutelare condizioni che non hanno avuto negli scorsi anni una effettiva rappresentanza sociale, ma per avviare sul piano nazionale e locale un lavoro di advocacy, tale da fare cresce-re la capacità delle comunità territoriali di mo-nitorare le politiche e, d’altro canto, alzando il livello dell’accountability istituzionale».

Piemonte: si lavora a un Patto per il Sociale

P.O.R. FSE Regione Piemonte 2014-2020, Ca-ritas ha comunicato alla Regione di cogliere posi-tivamente l’introduzione di alcune misure auspi-cate, quali la previsione di strumenti rimborsabili eventualmente anche attraverso ore di lavoro da dedicare alla collettività, il sostegno all’erogazione flessibile di servizi alla prima infanzia, nonché la previsione di un Tavolo di lavoro per politiche in-novative rivolte alle persone non autosufficienti. Tuttavia, Caritas Piemonte-Valle d’Aosta ritiene tali misure del tutto carenti per affrontare l’enor-me problema della povertà assoluta in Regione: per sostenere questa fascia di popolazione, la più disagiata, non sono sufficienti le politiche attive per il lavoro ma occorre inserire politiche sociali adeguate, graduali e universali.Secondo Caritas, l’utilizzo a questo fine dei Fondi europei dovrà avvenire di pari passo con un chia-ro impegno da parte della Regione e dello Stato a stanziare congrue risorse del proprio bilancio. Così, dando priorità alle persone over 55 in pover-tà assoluta, che i servizi sociali valutano non ri-at-tivabili per il mercato tradizionale del lavoro, e alle famiglie con almeno 3 componenti, per le quali il tasso di povertà assoluta aumenta esponenzial-

mente, dovrebbe essere attivato un piano plurien-nale. Dato che il trasferimento monetario diretto ai beneficiari non è possibile sui Fondi europei, si potrebbe utilizzare una “dote” che preveda buoni acquisto, beni materiali e servizi per un importo pari alle risorse necessarie per compensare il reddi-to rispetto alla soglia di povertà. Dal canto suo, a nome della Regione Piemonte l’assessore ha accolto con attenzione le propo-ste di Caritas. Rispetto alla proposta di Reis, ha spiegato, i problemi di risanamento del bilancio regionale la rendono al momento non realizzabi-le, ma se il percorso di lavoro della Regione nel prossimo triennio dovesse procedere come da programma allora sarà possibile metterla a tema tra tre anni: «Sarebbe una bella vittoria collettiva» ha dichiarato. La Regione ha poi manifestato la necessità di ascoltare le esigenze e mappare le nu-merose iniziative in ambito di lotta alla povertà a livello locale, attivate in autonomia dai territori che hanno risposto spesso in modo intelligente ai bisogni locali. Secondo l’assessore serve una mappatura di queste risposte, provando ad in-dividuare quelle che sono candidabili a divenire politiche, e in questo Caritas può essere molto utile date la sua rete capillare sul territorio e la sua capacità di intercettare bisogni e risorse.L’appuntamento per un confronto diretto con la Delegazione Regionale Caritas su iniziative innovative di lotta alla povertà è per il 19 marzo prossimo, intanto però la Regione ha avviato una serie di incontri nei diversi ambiti territo-riali per un confronto con tutti gli attori inte-ressati all’elaborazioni delle politiche sociali in Piemonte, al fine di riscrivere insieme un Patto per il Sociale a livello regionale.

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3n. 13 • gennaio 2015

Riproposto il Redditodi Inclusione SocialeIL PUNTO

Cosa può fare, oggi in Italia, chi vive in condizioni di povertà assoluta? Chiedere aiuto ai servizi pubblici locali – con limitate possibilità di

risposta dati i ripetuti tagli – oppure alle tante realtà non profit impegnate nel territorio, a conoscenti o ad altri. Nella maggior parte dei casi, però, chi sperimenta questa condizione se la deve cavare da solo, questo perché l’Italia (unica in Europa insieme alla Grecia) è priva di una misura nazionale di sostegno al red-dito, cioè, come avviene in linea di massima negli altri Paesi, di un contributo economico per affrontare le spese primarie accompagnato da servizi alla persona (sociali, educativi, per l’impiego) che servono a cercare di uscire dalla povertà. Alla base c’è un patto di cittadinanza tra lo Stato e il cittadino in difficoltà: chi è in povertà assoluta ha diritto al sostegno pubbli-co e il dovere d’impegnarsi a compiere ogni azione utile a superare tale situazione.Partendo dalla considerazione che le risposte attualmente in campo in Italia contro la pover-tà assoluta sono «del tutto inadeguate» e che si rende quindi necessario un intervento pubbli-co, le organizzazioni che compongono l’Allean-za contro la povertà in Italia (vedi box) ritengo-no che il 2015 debba essere l’anno di avvio di un Piano Nazionale contro la povertà. Di du-rata pluriennale, questo Piano deve contenere le indicazioni concrete affinché «venga gradual-mente introdotta una misura nazionale, rivolta a tutte le persone e le famiglie in povertà asso-luta, che si basi su una logica non meramente assistenziale ma che sostenga un atteggiamento attivo dei soggetti beneficiari dell’intervento». Si tratta quindi di attivare un Reddito d’Inclusio-ne Sociale (Reis), misura cardine di un Piano nazionale per il quale l’Alleanza ritiene sia ne-cessario impegnare da subito risorse adeguate «e non limitarsi a risorse destinate a strumenti che rispondono a logiche emergenziali, senza defi-nire un quadro organico di interventi».

Com’è nata la nuova proposta di ReisNel luglio 2013, Acli e Caritas avevano presen-tato una versione del Reis, invitando gli attori a vario titolo interessati alla lotta contro l’esclusione sociale in Italia ad unire le forze per promuove-re politiche adeguate, ancora assenti. L’invito fu

accolto da tutti gli attuali aderenti all’Alleanza contro la povertà in Italia, che partendo da quella proposta di Reis hanno dato vita a un percorso comune di confronto ed elaborazione. Nell’au-tunno 2013 il gruppo scientifico (composto da studiosi e consulenti esperti di lotta alla povertà) e il gruppo tecnico (formato da referenti degli aderenti all’Alleanza) hanno avviato un lavoro congiunto per arrivare nel settembre 2014 a de-finire una nuova versione del Reis, che migliora sostanzialmente la precedente.Il lavoro svolto si è basato su alcuni principi me-todologici di fondo, condivisi da tutti gli aderen-ti all’Alleanza: l’incontro tra metodo scientifico e pratica quotidiana, per evitare di «produrre analisi rigorose slegate dalla realtà oppure utili spunti concreti non esaminati in modo rigo-roso»; la valorizzazione dell’esperienza, con il riesame delle precedenti politiche realizzate in Italia e in Europa e la disamina dell’esperienza concreta degli aderenti all’Alleanza; il confronto tra posizioni differenti, che ha determinato uno sforzo di sintesi importante perché consente di

prio reddito, sulla base del principio dell’adegua-tezza: nessuno è più privo delle risorse necessarie a raggiungere un livello di vita “minimamente accettabile”. Insieme al contributo monetario i beneficiari del Reis – quando consono e ne-cessario – ricevono servizi sociali, socio-sanitari, socio-educativi o educativi. Il principio guida risiede nell’inserimento sociale: dare alle persone l’opportunità di costruire percorsi che – nei limiti del possibile – permettano di uscire dalla condi-zione di marginalità.Il Reis è gestito a livello locale con un impegno condiviso, innanzitutto, da Comuni e Terzo Set-tore: i primi hanno la responsabilità della regia complessiva mentre il Terzo Settore co-progetta insieme a loro, esprimendo le competenze in

L’ALLEANZA CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA

Soggetti Fondatori: Acli, Action Aid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana, Cgil-Ci-sl-Uil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Confcooperative, Conferenza delle Regioni e delle Pro-vince Autonome, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano - ONLUS, Fio-PSD, Fondazione Banco Alimentare ONLUS, Forum Nazionale del Terzo Settore, Jesuit Social Network, Legautonomie, Save the Children, Umanità Nuova-Mo-vimento dei Focolari.Soggetti Aderenti: Adiconsum, Associazione Professione in Famiglia, ATD Quarto Mondo, Banco Farmaceutico, Cilap EAPN Italia, CSVnet - Coordinamento Nazionale dei Centri di Ser-vizio per il Volontariato, Federazione SCS, Fondazione Banco delle Opere di Carità Onlus, Fon-dazione ÉBBENE, Piccola Opera della Divina Provvidenza del Don Orione, U.N.I.T.A.L.S.I. - Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali.

CONTRO LA POVERTÀIN ITALIA

REDDITO DI INCLUSIONE SOCIALESOGGETTI FONDATORI DELL’ALLEANZA

CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA

Acli, Action Aid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Confcooperative, Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano - ONLUS, Fio-PSD, Fondazione Banco Alimentare ONLUS, Forum Nazionale del Terzo Settore,Jesuit Social Network, Legautonomie,Save the Children, Umanità Nuova-Movimento dei Focolari■

SOGGETTI ADERENTI ALL’ALLEANZA

CONTRO LA POVERTÀ IN ITALIA

Adiconsum; Associazione Professionein Famiglia, ATD Quarto Mondo,Banco Farmaceutico, Cilap EAPN Italia, CSVnet – Coordinamento Nazionaledei Centri di Servizio per il Volontariato, Federazione SCS, Fondazione Banco delle Opere di Carità Onlus, Fondazione ÉBBENE, Piccola Opera della Divina Provvidenzadel Don Orione, U.N.I.T.A.L.S.I. - Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalatia Lourdes e Santuari Internazionali■

PRO

POST

A(REIS)

presentare una proposta già condivisa da nume-rosi tra i principali soggetti sociali del Paese.

Cos’è il ReisSecondo la proposta dell’Alleanza, il Reis assicu-ra a chiunque sia caduto in povertà un insieme di risorse adeguate a raggiungere una condizione materiale dignitosa e – dove possibile e/o neces-sario – a progettare percorsi d’inserimento socia-le o lavorativo. Si rivolge a tutte le famiglie in povertà assoluta e a tutti i cittadini in difficoltà, compresi gli stranieri residenti regolarmente in territorio italiano da almeno 12 mesi, secondo il principio dell’universalismo.Ogni nucleo riceve mensilmente una somma pari alla differenza tra la soglia di povertà e il pro-

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4 n. 13 • gennaio 2015

tutte le fasi dell’intervento. Anche altri soggetti svolgono un ruolo centrale, a partire da quelli dedicati a formazione e lavoro, secondo il princi-pio-guida della partnership: solo un’alleanza tra attori pubblici e privati a livello locale permette di affrontare con successo il nodo povertà.

Cosa non è il ReisLa proposta dell’Alleanza contro la povertà sot-tolinea che il Reis è rivolto a tutte le famiglie che vivono in povertà assoluta e risulta quindi netta-mente distinto dagli interventi necessari contro l’impoverimento di chi si trova al di sopra della soglia ma, senza adeguate risposte, è destina-to a cadere nell’indigenza. Così come, osserva l’Alleanza, il Reis è separato chiaramente dalle ulteriori riforme delle quali avrebbe bisogno il Welfare italiano: azioni auspicate dalla metà de-gli anni Novanta e realizzate in quasi tutti i Paesi europei, concernenti gli ammortizzatori sociali, i servizi alla prima infanzia, il fisco a sostegno delle famiglie con figli e gli interventi per le per-sone non autosufficienti (disabili e anziani). Peraltro, sostiene l’Alleanza, potenziare le al-tre aree della protezione sociale permetterebbe anche di “proteggere” il Reis. Si rischia, infatti, che la sua introduzione risulti l’unica risposta di rilievo messa in campo, in questa fase, dal siste-ma pubblico a favore delle persone più fragili. Se così fosse, sul Reddito d’Inclusione Sociale si riverserebbero anche le tante domande di tutele originate da situazioni diverse dalla po-vertà assoluta (ad esempio il costo dei figli, la disoccupazione, la non autosufficienza). Ciò si verificherebbe, in particolare, nei territori dove il tessuto socio-economico è più debole e con-temporaneamente la presenza di servizi è mag-giormente carente. Il Reis, però, non può per sua natura soddisfare tali domande.

Costo del Reis e volontà politicaA regime la spesa pubblica annuale aggiunti-va per il Reis deriva dalla somma di tre voci: i contributi economici, i servizi alla persona, il monitoraggio e la valutazione. Sommando le diverse voci, la spesa pubblica annua aggiuntiva a regime (dopo 4 anni) per il Reis ammonte-rebbe a circa 7,1 miliardi di euro, circa 1,7 mi-

liardi aggiuntivi richiesti in ogni annualità del Piano previsto per la sua introduzione graduale. Secondo la proposta dell’Alleanza, 7,1 miliardi di euro rappresentano la soglia minima di spesa per una misura che preveda importi monetari adeguati ad un’esistenza dignitosa e una signifi-cativa presenza di servizi alla persona.Si osserva inoltre come 7,1 miliardi equivalgano a poco più dell’1% della spesa primaria corrente

italiana, «una quota indubbiamente contenuta» secondo l’Alleanza che ricorda anche la flessibilità del bilancio pubblico: «Nel periodo 2008-2013 con le varie manovre finanziarie sono stati movi-mentati 56,5 miliardi tra maggiori e minori entra-te e 67,1 miliardi tra maggiori e minori uscite. In totale, dunque, sono stati spostati 123,6 miliardi. Il confronto tra questo valore complessivo, così come la sua scomposizione in annualità, e i 7,1 miliardi necessari a regime per il Reis aiuta a preci-sare ulteriormente la portata dello sforzo richiesto dalla riforma proposta». Decidere d’introdurre il Reis in un quadro di risorse pubbliche scarse significherebbe farne una priorità, sostiene l’Alle-anza, questione cioè essenzialmente politica: «Le domande di interventi sono tante e le risorse limi-tate, pertanto chi governa definisce le priorità per la collettività. Il nocciolo, dunque, sono le deci-sioni riguardanti l’obiettivo (la lotta alla povertà) e non gli strumenti (le strategie di finanziamento)».redditoinclusione.it

IL PIANO NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ

• Il Reis viene introdotto gradualmente, attraverso un percorso quadriennale.• Sin dall’inizio il legislatore assume precisi impegni riguardanti il punto di arrivo del Piano e le sue tappe intermedie (gradualismo in un orizzonte definito).• Ogni anno la spesa pubblica dedicata aumenta rispetto al precedente.• L’utenza si allarga progressivamente, partendo da chi è in condizioni di povertà più grave.• Vengono valorizzati gli interventi contro il disagio già esistenti nei vari contesti locali.• Infrastruttura nazionale per il Welfare locale: lo Stato, insieme alle Regioni, fornisce ai soggetti impegnati contro la povertà nel territorio un insieme di strumenti per metterli in condizione di fornire il Reis al meglio.Fonte: Alleanza contro la povertà in Italia, Proposta Reis

IL REIS IN SINTESIDIMENSIONE (PRINCIPIO GUIDA)

TRATTI PRINCIPALI

Utenza (Universalismo)

- Tutte le famiglie in povertà assoluta- Legittimate a vario titolo alla presenza sul territorio italiano e presenti regolar-mente nel Paese da almeno dodici mesi

Importo(Adeguatezza)

La differenza tra la soglia di povertà e il reddito familiare

Servizi alla persona (Inserimento sociale)

- Al trasferimento monetario si accompagna l’erogazione di servizi- Possono essere servizi sociali, socio-sanitari, socio-educativi o educativi

Welfare mix(Patnership)

- Il Reis viene gestito a livello locale grazie all’impegno condiviso diComuni, Terzo Settore, servizi per formazione/impiego e altri soggetti- I Comuni hanno la responsabilità della regia e il Terzo Settore co-progettainsieme a loro, esprimendo le proprie competenze in tutte le fasi dell’intervento

Lavoro(Inserimento occupazionale)

- Tutti i membri della famiglia tra 18 e 65 anni ritenuti abili al lavoro devono atti-varsi in tale direzione- Si tratta di cercare un impiego e di frequentare percorsi formativie/o di inclusione nel mercato del lavoro

Livelli essenziali(Cittadinanza)

Il Reis costituisce il primo livello essenziale delle prestazioni nelle politiche sociali

REIS: INDICAZIONI DALL’ESPERIENZA ITALIANAPrecedenti esperienze Conseguenze Indicazioni per il Reis

Politiche nazionali e regionali in gran parte interrotte

- Non si giunge mai alle riforme- Spreco di risorse umane edeconomiche- Frustrazione tra gli operatori

Far confluire nel Piano nazionale le sperimentazionigià previste

Scarsa attenzione alladimensione attuativa

Ridotta possibilità di incidereconcretamente sull’esistenzadelle persone in povertà

La centralità assegnata agliaspetti attuativi è un trattocaratterizzante l’intera proposta

Ridotta valorizzazione deiservizi alla persona

Utenti privi degli strumenti percostruirsi un nuovo percorso divita

Finanziamenti statali per laparte di servizi del Reis einfrastruttura nazionale per ilWelfare locale

Necessità di uno sforzoparticolare per evitarel’inclusione di falsi poveri tra gli utenti

Più efficaci le realtà cheimpiegano, oltre all’Isee, unindicatore dei consumi presunti

Utilizzo congiunto di Isee e diindicatore dei consumi presunti

Ridotta realizzazione dimonitoraggio e valutazionedegli interventi

Scarsa possibilità di:- buona gestione degli interventi- modifiche in corso d’opera- rendere conto dei risultati

Previsto un insieme, articolato e coerente, di strumenti permonitoraggio e valutazione

Fonte: Alleanza contro la povertà in Italia, Proposta Reis

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5n. 13 • gennaio 2015

In legame “CON” e “CONTRO” la povertà

Ascoltare: lasciarsi interpellare dalle storie di povertàDa bambini ci si lasciava commuovere leggen-do storie di povertà (per lo più romantiche e ideali), tipo “Cuore” o fiabe come “Cenerento-la”, dove alcuni personaggi soffrivano abbando-no o marginalizzazione a causa della loro situa-zione economica e/o sociale. Oggi le storie di povertà che ascoltiamo giornalmente nei Centri di ascolto, ma sovente anche per strada quando la gente ci ferma riconoscendoci come opera-tori Caritas, sono più che reali. Sono storie di chi ha perso il lavoro contemporaneamente con l’altro coniuge, di chi arriva con il foglio dello sfratto esecutivo, casi moltiplicati in questi ul-timi anni in modo innaturale; senza contare i tanti che carichi di debiti per affitti e utenze non pagati, tasse in arretrato, prestiti raffazzonati o peggio chiesti a usurai, sono ormai alla dispera-zione e non vedono vie di uscita. Ci troviamo davanti ad una povertà che l’Istat definisce as-soluta e che riguarda il 9,9% della popolazione italiana. La povertà assoluta è quella che non solo non permette di soddisfare le necessità pri-marie della vita, ma che ha delle ripercussioni, a volte molto gravi, sul nucleo familiare, sulla salute, sulle relazioni, sulla caduta della stima di sé, sentendosi ormai incapaci di provvedere a se stessi e ai propri cari. L’ampia quantità di queste situazioni (che riguarda anche il 12,6% in con-dizioni di povertà relativa) non può più essere affrontata con mezzi ordinari di contrasto alla povertà: non bastano più pacchi viveri, ridotti aiuti economici, perché non c’è più modo or-dinario di far fronte a situazioni straordinarie! Una frase del Papa, nella sua esortazione, mi ha colpito profondamente, pur non essendo una novità almeno dopo il Concilio: «Il Kerigma (cioè l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo) possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita co-munitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercus-sione morale il cui centro è la carità» (177).Questa affermazione ci conduce a un appro-fondito esame sulla qualità e le forme di mani-festazione della nostra fede, alla domanda sulla partecipazione attiva alla fraternità di comu-nione vicendevole, alla presenza e alla cura dei poveri nelle nostre comunità (che Papa Fran-

cesco chiama gli “scarti” della nostra società) e di quanto continuiamo a delegare ad altri il compito e la testimonianza centrale della carità.Questa situazione di povertà assoluta, che toc-ca molte persone e famiglie, mette però anche in luce la debolezza del nostro impegno e della nostra presenza nell’ambito della cittadinanza attiva e della politica, che già Aristotele, senza scomodare la Bibbia, indicava come l’arte del bene comune, cioè la garanzia per tutti i citta-dini (quelli allora riconosciuti tali) di trovare nello Stato un’azione e delle leggi che davano certezza dei diritti.

Osservare per prendere coscienzaL’Italia e la Grecia sono gli unici Stati dell’U-nione Europea in cui non si è attivato un aiuto continuativo per le persone in povertà assolu-ta. Negli altri Stati questo aiuto si chiama con molti nomi. Anche in Italia da più parti è stata avanzata questa ipotesi e, partendo da Acli e Ca-ritas Italiana, a cui hanno aderito molte altre re-altà e associazioni pubbliche e private, si è con-figurato il Reis: il Reddito di Inclusione Sociale, studiato dall’Università Cattolica per far fronte in modo continuativo, strutturato e controllato alla situazione di povertà perdurante nel nostro Paese dal 2008. Il progetto è stato presentato al governo precedente (Letta), all’ex capo di Stato Napolitano e anche all’attuale governo.Il nostro compito è di prendere coscienza che il cristianesimo ha da sempre un legame stret-to con e contro la povertà. Con la povertà, in quanto scelta e stile di vita, che testimonia che non facciamo del denaro e del benessere a tutti i costi i nostri idoli, che crediamo che il valore della vita non consista, secondo le parole del

Vangelo, nella quantità di beni che si possiedo-no e perché siamo già comunque lontani, sem-pre, dalla povertà di Gesù che non aveva pietra su cui posare il capo. Ma siamo anche contro la povertà, quella soprattutto che affligge gli altri, che non permette loro uno sviluppo pieno della vita, non permette istruzione, cura della salute, educazione adeguata ai figli, serenità negli even-ti improvvisi della vita: una povertà che a volte abbruttisce, diventa il primo passo per una chi-na da cui è molto difficile risalire, allontana ed esclude, riduce le relazioni amicali e affettive e fa trovare le porte delle nostre stesse chiese chiuse di fatto alla loro presenza.

Discernere e operareNiente di nuovo fino a qui. Sono cose che tutti già sappiamo. Il nuovo sarebbe in un impegno serio, meditato e deciso di appoggiare, nelle for-me che si valuteranno più efficaci e consone, il progetto di un aiuto economico a chi non pos-siede più nulla, nella speranza di un’evoluzione positiva della situazione. Battersi per questo non è forse una forma del prendersi cura dell’altro? O non è forse una maniera di annunciare la giusti-zia che non può essere confusa né sostituita dal-la carità? O ancora non è un modo di lavorare come comunità su un progetto comune che cor-re il felice rischio di unire e aggregare le comunità cristiane facendole uscire dal territorio recintato, facendole “chiese in uscita”? Chiese che si dimen-ticano almeno un po’ di se stesse, che accettano di perdersi in azioni non direttamente “sacre” per ritrovarsi in compagnia solidale con i poveri rap-presentanti di Cristo?

* Teologo, direttore Caritas Diocesana Biella

di don Giovanni Perini *

L’OPINIONE

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IL PUNTO

Il reddito minimo rappresenta una base per la costruzione del diritto a una vita digni-tosa. Senza reddito minimo che speranza c’è per l’Europa?». È quanto affermato

nelle conclusioni dei lavori della Conferenza europea di alto livello sugli schemi di reddito minimo, svoltasi a Bruxelles lo scorso dicembre su iniziativa dell’omonima Rete europea (Eu-ropean Minimum Income Network – Emin). Costituita da organizzazioni sociali e sindacali, grandi associazioni, amministrazioni nazionali, regionali e locali, studiosi e analisti della ma-teria e alcune reti nazionali, l’Emin promuo-ve l’apprendimento reciproco e lo scambio di migliori pratiche in materia di reddito mini-mo. Secondo i partecipanti alla Conferenza, le istituzioni dell’Unione Europea (UE) non do-vrebbero più parlare genericamente di “Euro-pa sociale”, ma invece trovare e attuare misure concrete per garantire un’Europa sociale e coe-sa. Per questo, sulla base delle varie esperienze nazionali messe a confronto dalla Rete euro-pea, si ritiene necessaria una direttiva-quadro europea su adeguati regimi di reddito minimo. Solo così sarebbe riconosciuta, regolamentata, resa omogenea e più efficace una misura di lotta alla povertà diffusa in tutta Europa, ma con caratteristiche e risultati estremamente diversi da un Paese all’altro. Del resto, il «di-ritto alla protezione sociale e a standard di vita dignitosi per tutti i cittadini che risiedono nei Paesi dell’UE» è sancito dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, mentre il Parlamento Europeo e la Commissione han-no più volte sollecitato politiche di «inclusione attiva», individuando nel reddito minimo uno strumento efficace per combattere la povertà, garantire un adeguato standard di vita e favo-rire l’inclusione sociale. Recentemente è stata la stessa neo-commissaria europea per l’Occu-pazione e gli Affari sociali, Marianne Thyssen, a dire che «abbiamo sicuramente bisogno di un’Unione Economica e Monetaria più socia-le» e quindi si dovrebbe «pensare in termini di standard minimi: ad esempio, avere un reddito minimo in tutti i Paesi dell’UE, sulla base di un budget di riferimento» (Social Agenda n. 39, 12/2014).

Troppe differenze, servono norme europee comuniL’Emin ha presentato un Rapporto di sintesi basato sulle Relazioni nazionali svolte nei 30 Paesi in cui è attiva la Rete europea, da cui emerge che solo Italia e Grecia non dispon-gono di un sistema di reddito minimo. Cer-to, le differenze sono notevoli sia in termini quantitativi che qualitativi: si va da 22 euro in Bulgaria a 1433 euro in Danimarca per una sola persona, e da 100 euro in Polonia a 3808 euro in Danimarca per una coppia con due fi-gli. Rispetto al reddito medio dei Paesi, solo la Danimarca e l’Islanda prevedono un reddito minimo “generoso” (oltre il 50%), la maggior parte si attesta su livelli medi o medio-bassi e 9 Paesi (quasi tutti dell’Europa orientale) su livelli molto bassi (meno del 30%). Profonde poi anche le differenze tra le misure adottate, tanto che in certi casi diventano addirittura di-vergenze (sulle caratteristiche, i destinatari, la durata ecc.), così da determinare una cittadi-nanza sociale diseguale nel territorio dell’UE.Le misure di austerità “anti-crisi” adottate in tutta Europa negli ultimi anni hanno inoltre avuto un impatto negativo sulla disponibilità di servizi sociali e, oltretutto, si è registrato un diffuso indurimento di atteggiamento politi-co, dei media e del pubblico nei confronti dei beneficiari, mentre la maggior parte dei Paesi non ha una chiara definizione di reddito di-gnitoso. Il Rapporto evidenzia invece come re-gimi di reddito minimo adeguati e accessibili non siano solo utili per le persone che ne be-neficiano ma costituiscano «un bene per tutta la società», dati i loro effetti positivi in termini

di stabilizzazione economica, contrasto delle disuguaglianze e inclusione attiva.«Vista da Bruxelles la povertà in Europa sem-bra facilmente risolvibile: abbiamo la Strate-gia Europa 2020, il Programma di Investi-menti Sociali, i Fondi strutturali attraverso cui arriveranno milioni di euro nei prossimi 7 anni, abbiamo il 20% del Fondo sociale europeo destinato alla lotta contro la po-vertà e all’esclusione sociale. Ma queste non sono le soluzioni» sostiene Nicoletta Teodosi, presidente del Collegamento italiano lotta alla povertà  (Cilap) – sezione italiana della Rete europea di lotta alla povertà (European Anty-Poverty Network – Eapn) e aderente all’Alleanza contro la povertà in Italia, che aggiunge: «I cittadini europei e le organiz-zazioni della società civile sono pronti a so-stenere la richiesta di una direttiva europea per il reddito minimo, sono pronti i governi degli Stati membri? La giustificazione che il reddito minimo non è competenza europea ormai non tiene più».

Alleanza contro la povertà: guardare all’esperienza europeaNel documento di proposta del Reddito di inclusione sociale (Reis), l’Alleanza per la po-vertà in Italia ha analizzato anche la situazione europea degli schemi di reddito minimo al fine di trarre spunti utili.Intanto osserva che, mentre la spesa pubbli-ca italiana per la protezione sociale rispetto al Pil è in linea con la media europea, per la lotta alla povertà l’Italia spende molto meno

n. 13 • gennaio 2015

L’Europa socialechiede una direttiva sul reddito minimo

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7n. 13 • gennaio 2015

REIS: INSEGNAMENTI DALL’ESPERIENZA EUROPEAEsperienze europee Lezioni per l’Italia Indicazioni per il ReisL’Italia e l’Europa:spesa

L’Italia spende poco per la lotta alla povertà

Il Reis consente di colmare il gap di spesa rispetto all’Europa

L’Italia e l’Europa:struttura del Welfare

Rischio di sovraccarico sul Reis

Enfasi su inserimento lavorativo e regole di attivazione e condizionalità

Addetti ai servizi Destinare all’erogazione deiservizi personale amministrativo non funziona

Formare competenze eprofessionalità specifiche delpersonale dei servizi; investire in capacità istituzionali

Condizionalità e sanzioni severe ma graduali

Attivazione e condizionalità non devono riguardare solo gli aspetti lavorativi

Regole di condizionalità sucomportamenti virtuosi ad ampio raggio (controlli medici, obbligo scolastico e così via). Sanzioni anche per questi aspetti, con gradualità

Diritti e doveri delbeneficiario

Il patto vincola entrambi icontraenti: l’amministrazione allo stesso modo del beneficiario

- Diritti del beneficiario all’inserimento lavorativo- Potere sostitutivo delle Regioni in caso di inadempienze

Specificità degliimmigrati

Problemi specifici relativi acompetenze linguistiche elavorative

Prevedere interventi mirati, anche con l’aiuto di mediatori culturali

Che cosa aspettarsi:definizione di successo

- Gli schemi di reddito minimovanno valutati rispetto allariduzione della povertà- I programmi d’inserimentolavorativo sono efficaci, ma vanno valutati nel medio periodo- In Paesi più avanti del nostro,tassi di attivazione degli abili al lavoro intorno al 30-40% e tassi d’inserimento lavorativo intorno al 20-25% dei beneficiari

- Il Reis è altamente efficace nella riduzione della povertà- Adottare un’ottica di medio periodo nella valutazione degli esiti lavorativi- Avere aspettative realistichesull’inclusione lavorativa

Fonte: Alleanza contro la povertà in Italia, Proposta Reis

della media degli altri Paesi europei. Poi nota come nella maggior parte dei Paesi europei agli schemi di reddito minimo sia attribuito un ruolo residuale: il grosso del sostegno al reddito per i cittadini è svolto dalle altre pre-stazioni del Welfare, innanzitutto i sussidi di disoccupazione. Il sostegno al reddito per le persone in età da lavoro è infatti composto da due livelli: il primo sono i sussidi di di-soccupazione, il secondo è il reddito minimo (che ovviamente non è indirizzato soltanto ai disoccupati, e in generale non si rivolge soltanto agli abili al lavoro). «In Italia, inve-ce, stante la situazione attuale, il Reis si tro-verebbe a scontare alcune note insufficienze del sistema di Welfare italiano (a partire dalle carenze del sistema di ammortizzatori sociali esistente), che suggeriscono di essere partico-larmente attenti sul versante dell’inserimento lavorativo dei beneficiari abili al lavoro» spie-ga l’Alleanza.Altro «nodo cruciale» segnalato sulla base dell’analisi europea è che per svolgere bene i compiti d’integrazione sociale e lavorativa

INTRODUZIONE DI UNA MISURA NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ ASSOLUTA NEI PAESI DELLA “VECCHIA” UE-15

Paese Anno d’introduzioneRegno Unito 1948Svezia 1956Germania 1961Paesi Bassi 1963Austria Tra il 1970 e il 1975Finlandia 1971Belgio 1973Danimarca 1974Irlanda 1975Lussemburgo 1986Francia 1988Spagna Tra il 1995 e il 2000Portogallo 1996

Italia -Grecia -

Fonte: Alleanza contro la povertà in Italia, Proposta Reis

d’inserimento sociale e lavorativo vengano curati da funzionari amministrativi, senza competenze specifiche e in aggiunta al pro-prio carico di lavoro normale, significa con-dannarlo a sicuro insuccesso». Si evidenzia anche che «dovunque il reddito minimo è una misura attiva e condiziona-le»: è predisposto un adeguato disegno della componente d’integrazione e relativi servizi, e la prestazione viene erogata solo a fronte dell’impegno dei beneficiari a tenere un cer-to comportamento, variabile a seconda delle caratteristiche individuali e delle condizioni familiari. Tali regole di condizionalità diven-gono vincolanti per tutti i beneficiari, con la previsione di sanzioni specifiche in caso di non ottemperanza.Ma un aspetto decisivo segnalato dall’Allean-za sulla base dell’esperienza maturata nei Paesi europei è che «il patto funziona se lo si rispet-ta in due»: se infatti il beneficiario è tenuto a rispettare il patto d’inserimento (sociale o lavorativo), pena l’introduzione di sanzioni, allo stesso modo l’amministrazione pubblica è tenuta a fornire dei servizi di qualità, tem-pestivi ed efficaci. Nell’esperienza europea, cioè, il beneficiario è titolare di doveri ma contestualmente anche di diritti, riguardanti la qualità e la tempistica degli interventi da mettere in campo, che creano obblighi per i servizi sociali e quelli per l’impiego. «In altre parole, l’utente deve fare ogni sforzo per mi-gliorare la sua situazione e, contemporanea-mente, l’amministrazione deve assicurargli gli strumenti e le opportunità in questa dire-zione. La bilateralità del patto rappresenta un aspetto spesso sottovalutato nel dibattito del nostro Paese, dove ci si concentra perlopiù sui doveri del solo utente. Il patto, invece, fun-ziona solo se responsabilizza e mette in gioco entrambi i contraenti». (E.P.)

richiesti, occorre personale esperto e formato in modo specifico, e non personale ammini-strativo: «L’esperienza indica che introdurre il reddito minimo lasciando che gli aspetti

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Come coinvolgere i giovani in atti-vità di volontariato, di educazio-ne al dono, di cittadinanza attiva se molti vivono in condizioni

di precarietà, fragilità, disorientamento ed incertezza rispetto al loro futuro? Azzarda-re, sfidare la fortuna con il gioco o azzarda-re di vivere da protagonisti? Queste sono le domande di fondo dalle quali siamo partiti e che hanno sollecitato e motivato l’elabo-razione del progetto» spiega il direttore di Caritas Cuneo, Claudio Mezzavilla, sottoli-neando come l’“azzardo” sia stato quello di intraprendere strade diverse: «Costruire op-portunità diversificate e continuative di for-mazione, orientamento, accompagnamento, co-progettazione e protagonismo dei giovani nei molteplici ambiti d’intervento nei quali Caritas è impegnata insieme a parrocchie, uffici pastorali, commissioni diocesane, or-ganizzazioni del territorio». Al fine di assicu-rare a questo percorso costruito con i giovani continuità, stabilità, sviluppo e monitoraggio è quindi stata creata l’area Giovani della Ca-ritas diocesana.Dopo aver individuato un responsabile, è sta-ta costituita un’équipe dell’area Giovani per supportarne, guidarne e monitorarne le atti-vità, è stato realizzato un logo e si è creato un link sul sito di Caritas Cuneo con la finalità di presentare le attività svolte e, contempora-neamente, il gruppo di giovani coinvolti nel progetto ha realizzato una pagina Facebook.Molte le iniziative avviate in poco più di un anno di attività dell’area Giovani: una col-laborazione con “La Città dei Ragazzi” per realizzare proposte strutturate e diversificate di volontariato; una collaborazione con l’area Immigrazione che ha portato alla realizza-zione di due video, per agevolare il servizio quotidiano dei volontari Caritas nell’incon-tro con gli utenti immigrati e per affrontare

la tematiche della “seconda generazione”; ini-ziative innovative (opere segno) di progetti di educazione tra pari (con la metodologia Peer Education) di formazione al volontariato e percorsi di sensibilizzazione e coinvolgimen-to attivo degli studenti delle scuole superiori: stage di alternanza scuola-lavoro, volonta-riato presso la mensa Caritas, doposcuola, raccolta alimentare per sostenere le famiglie in difficoltà, formazione sui temi dei diritti umani, le disuguaglianze, la competizione per le risorse naturali, le crisi umanitarie e le migrazioni; collaborazioni con le Caritas par-rocchiali e con le Pastorali Giovanile, Sociale e del Lavoro e con la Commissione Nuovi Stili di Vita nel costruire competenze, espe-rienze e proposte diversificate che animino la comune responsabilità verso le giovani

Iniziative delle Caritas diocesane

Caritas Cuneoscommette sui giovani«Mettere al centro la responsabilità di Caritas verso le nuove generazioni», per questo motivo da circa un anno è stata costituita e ha iniziato un fitto percorso di attività l’area Giovani della Caritas di Cuneo nell’ambito di un progetto denominato “Azzardiamoci”

n. 13 • gennaio 2015

PROPOSTE DI VOLONTARIATO GIOVANILE PER IL 2015Il 9 gennaio si è tenuto a Cuneo l’incontro “Giovani volontari in cammino. Proposte di volontariato, im-pronte di pace”, che ha sancito l’avvio delle proposte di volontariato dell’area Giovani di Caritas Cuneo per il 2015, rivolte ai giovani dai 18 ai 28 anni. La forma-zione ha incontrato una numerosa partecipazione da parte dei giovani, segno tangibile del bisogno di questi ultimi di luoghi e spazi che permettano una crescita umana ed esistenziale, unita al dono di sé attraverso il servizio. Dopo aver esplorato l’immaginario che i giovani hanno della Caritas, sono state presentate loro le proposte di volontariato in agenda per il 2015, che riguardano tre diversi ambiti. • “Oltre il cortile di casa”: prevede la partecipazione attiva dei giovani in percorsi di formazione nelle scuo-le, affiancando l’area Mondialità della Caritas nella realizzazione del progetto “Una sola famiglia umana, cibo giusto per tutti, una finanza al servizio dell’uomo, relazioni di pace: è compito nostro”. • Un’esperienza diretta di servizio a favore di mino-ri e adulti in situazione di difficoltà è racchiusa nello slogan della proposta di volontariato “Mi fido di te”. • Al coinvolgimento dei giovani nello sviluppo della comunicazione sociale all’interno dell’area Giovani della Caritas risponde, invece, la proposta “Comuni-care social”, che prevede, per la formazione dei giovani e la realizzazione di un prodotto finale mediatico, il coinvolgimento di un docente universitario esperto in tale ambito.Oltre all’esperienza di servizio, viene garantito ai gio-vani un percorso di formazione e di supervisione con-tinua, con la possibilità di partecipare ad un’esperienza di volontariato all’estero nell’estate del 2015. (Marianna Cento - responsabile Area Giovani Caritas Cuneo)

CARITAS CUNEO “RIUNISCE LA CITTÀ” PER AFFRONTARE LA POVERTÀ

Con il significativo titolo “Riuniamo la città” la Caritas di Cuneo ha organizzato il 5 febbraio 2015 un workshop cit-tadino invitando i principali soggetti organizzati che operano in ambito sociale, per un confronto operativo sulla base dei risultati emersi dal Rapporto annuale di Caritas Cuneo sulle povertà. «L’idea è nata dall’esigenza di non trovarci solamente una volta all’anno a commentare i dati del Rapporto, e magari a stupirci per il quadro che emerge, ma in-vece essere subito operativi attraverso un confronto tra le esperienze e le iniziative di coloro che operano abitualmente in questo ambito a livello cittadino» spiega Claudio Mezzavilla, direttore di Caritas Cuneo. Molto concreti infatti gli obiettivi del workshop: facilitare la conoscenza tra partecipanti e la comprensione reciproca delle criticità che ciascuno incontra; ricomporre le criticità individuate in categorie comuni; tradurre le criticità in obiettivi comuni; stimolare i partecipanti a individuare soluzioni per raggiungere gli obiettivi in un’ottica di sistema e di rete; creare un gruppo di lavoro permanente cuneese sulle povertà.Caritas Cuneo

generazioni; coinvolgimento di giovani nella realizzazione di un’iniziativa pubblica di sen-sibilizzazione sulle problematiche dei giovani e il gioco d’azzardo.Caritas Cuneo area Giovani