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POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA Sovraindebitamento Ristrutturare i debiti individuali? La legge non funziona Grecia La stufa e la dieta forzata, anatomia di un collasso Maldive Akim al lavoro in paradiso, schiavo sull’atollo dei rifiuti marzo 2013 MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLVI - NUMERO 2- WWW.CARITASITALIANA.IT Italia condannata perché viola i diritti dei detenuti. Ma quale visione di carcere hanno la nostra società e la nostra politica? La detenzione può essere l’unica e centrale forma di pena? Inumano E non rieduca Italia Caritas

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    Sovraindebitamento Ristrutturare i debiti individuali? La legge non funzionaGrecia La stufa e la dieta forzata, anatomia di un collassoMaldive Akim al lavoro in paradiso, schiavo sull’atollo dei rifiuti

    marzo 2013MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLVI - NUMERO 2 - WWW.CARITASITALIANA.IT

    Italia condannata perché viola i diritti dei detenuti. Ma quale visione di carcere hanno la nostra società e la nostra politica?

    La detenzione può essere l’unica e centrale forma di pena?

    InumanoE non rieduca

    Italia Caritas

  • Mensile della Caritas Italiana

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    Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

    Si ringrazia Asal (www.asalong.org - [email protected])per l’utilizzo gratuito della Carta di Peters

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    A marzo 2013

    MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLVI - NUMERO 2 - WWW.CARITASITALIANA.IT

    Itali

    InumanoE non rieduca

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    Ancora più attualifedeli a una

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    FEDE E CARITÀ,IL LASCITODI BENEDETTO

    editoriali

    speranza. In particolare, Caritas ha svi-luppato, in Italia, con diverse espressio-ni delle chiese locali, un’ampia gammadi iniziative anticrisi, ispirate da unafattiva “fantasia della carità”. Si tratta di986 progetti, presso 212 Caritas dioce-sane: microcredito; fondi di solidarietàed erogazioni di contributi a fondo per-duto; attività di consulenza per casa elavoro; altri progetti innovativi.

    Ma la Chiesa non deve e non è chia-mata a sostituire le istituzioni. Eccoperché, nel rispetto dei reciproci ruoli,forti dell’esperienza di servizio, Caritassi sente di indicare alcune priorità ainuovi governanti del nostro paese: . la necessità di una misura universalistica di contrasto alla povertà, pur graduale

    rispetto all’intensità del fenomeno e incrementale nella sua applicazione;. un ripensamento del sistema di welfare, orientato alla famiglia come soggettoesposto ai rischi dell’esclusione, ma anche come agente per l’inclusione;. una decisa azione di politiche integrate verso i minori e i giovani sul piano educa-tivo, sociale e occupazionale, per ridurre le disuguaglianze e offrire opportunità;. la costruzione di strategie di inclusione per gli immigrati e le loro famiglie, apartire dal tema della cittadinanza dei minori nati in Italia;. un rinnovato e articolato impegno verso le aree più povere e marginali delnostro paese (meridione, quartieri sensibili, aree montane), capace di riqua-lificazione, sul piano economico, territoriale e della coesione sociale.Dentro ed oltre tutti i discorsi sulle politiche sociali rimane però per il cristia-

    no la fondamentale verità contenuta nel titolo del rapporto: condivisione e do-nazione di se stessi sono in grado di far riscoprire il senso ampio della comunità,quindi di farla maturare. Soprattutto in tempo di crisi.

    ari amici, aiutate la Chiesatutta a rendere visibile l’amo-re di Dio. Vivete la gratuità eaiutate a viverla. Richiamate

    tutti all’essenzialità dell’amore che si faservizio. Accompagnate i fratelli più de-boli. Animate le comunità cristiane. Diteal mondo la parola dell’amore che vieneda Dio. Ricercate la carità come sintesidi tutti i carismi dello Spirito». Mi piacericordare oggi queste parole di Benedet-to XVI, tratte dal suo discorso del 24 no-vembre 2011, in occasione del 40° di Ca-ritas Italiana. Assicurando, da parte no-stra, in comunione con le 220 Caritasdelle diocesi del paese, l’impegno a pro-seguire nel servizio di animazione allacarità delle comunità cristiane e nella te-stimonianza al mistero dell’amore vivi-ficante e trasformante di Dio.

    Tema ricorrenteIl richiamo alla carità concreta verso ibisognosi come esigenza della fede cri-stiana, e al fatto che questo rappresentiuno dei compiti “strutturali” dellaChiesa, è stato un argomento ricorren-te nel magistero di Benedetto XVI, dal-la sua prima lettera enciclica, Deus ca-ritas est, al Messaggio per la Quaresima2013: «La celebrazione della Quaresi-ma nel contesto dell’Anno della fede cioffre una preziosa occasione per me-ditare sul rapporto tra fede e carità: trail credere in Dio, nel Dio di Gesù Cristo,e l’Amore, che è frutto dell’azione delloSpirito Santo e ci guida in un camminodi dedizione verso Dio e verso gli altri».

    Nella certezza che la sua scelta di la-sciare la guida della barca di Pietro, co-raggiosa e libera, nasce da quell’Amoree dal completo affidamento a Dio, in-vochiamo lo Spirito del Risorto, affin-ché continui ad illuminare lui e guidi ilnuovo pontefice e la Chiesa tutta.

    Rapporto di CaritasEuropa sui paesi“fragili” dell’Ue:

    contiene indicazioniad autorità

    continentali e governi.E Caritas Italiana,

    alla luce del grandelavoro anti-crisi

    nei territori, delineaun elenco di prioritàper il dopo-elezioni

    «Cdi Francesco Soddu di Giuseppe Merisi

    NUOVO WELFARE,APPUNTIPER CHI GOVERNERÀ

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    U na società che si prende cura dei bisognosi, in un contesto di crisi.Un titolo che pone una sfida impegnativa. È il titolo del rapportodi Caritas Europa sull’impatto della crisi economica e delle mi-sure di austerità in cinque “paesi deboli” dell’Unione europea: Italia,Portogallo, Spagna, Grecia e Irlanda. Il rapporto presenta dati, testi-monianze, esperienze. E una serie di raccomandazioni, rivolte alle isti-tuzioni e a vari attori significativi, a livello nazionale e comunitario: aigoverni nazionali e locali, in particolare, si chiede di consolidare e nonindebolire i sistemi di welfare.

    Il rapporto fa emergere aspetti preoccupanti, ma anche segnali di

  • sommario

    rubriche3 editoriali

    di Francesco Soddue Giuseppe Merisi

    4 parola e paroledi Benedetta Rossi

    10 databasedi Walter Nanni

    15 dall’altro mondodi Nadan Petrovic

    19 contrappuntodi Domenico Rosati

    20 panoramaitalia TERREMOTO, SERVIZIO CIVILE

    24 poster LA SIRIA GRIDA PACE

    31 zero povertydi Laura Stopponi

    36 mercati di guerradi Paolo Beccegato

    39 contrappuntodi Giulio Albanese

    41 panoramamondo SPRECHI E INGIUSTIZIA

    45 a tu per tuGIORGIO DIRITTI: «RICCHI,MA NON CONDIVIDIAMO» di Danilo Angelelli

    47 generatoridi speranza«DUE VOLTE VOLONTARIO»di Francesco Spagnolo

    nazionale

    6 CARCERE DA RIFORMARE:LEGGERO,PERCHÉ RIEDUCHI DAVVERO.di Elisabetta Laganàfoto di Stefano Montesi

    11 RESPONSABILITÀFORMATOFAMIGLIAdi Francesco Bellettie Domenico Simeone

    16 DEBITI INDIVIDUALI,LA LEGGENON FUNZIONAdi Andrea Barolini

    internazionale26 GRECIA:

    LA STUFA E LA DIETA,ANATOMIADI UN COLLASSOtesti e foto diDanilo Feliciangeli

    32 MALDIVE:AKIM IN PARADISO,SCHIAVO DEI RIFIUTIdi Beppe Pedronfoto di Mohamed Shifah

    37 SIRIA:IL GRIDO INASCOLTATODI UN POPOLO DISPERSOdi Silvio Tessari

    anno XLVI numero 2

    IN COPERTINALo sguardo angosciato di un uomodetenuto nel carcere romanodi Regina Coeli. Le carceri d’Italiasono sovraffollate e invivibili;non rispettano la Costituzione,che sollecita alla rieducazione foto Stefano Montesi per Uhuru-Libertà,libro edito da Caritas Roma

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    persone. Tanto che una folla si muove verso la casa di Si-mone, «venuta la sera, dopo il tramonto del sole» (v. 32).

    Se da una parte la sera segnala la fine del Sabato, dal-l’altra il sopraggiungere del buio – con le implicazioni disenso dell’immagine – porta con sé l’impressione di unadesolazione, di un’assenza di speranza. Ma adesso questasperanza è concentrata in un luogo: la casa di Simone,appunto, segno di una famiglia che, passando attraversola difficoltà, si è messa alla scuola del servizio, diventandotestimone di una salvezza possibile, meta del camminodi chi a sua volta si trova nel bisogno, così che «tutta lacittà era radunata davanti alla porta» (v. 33). È l’immaginedi una casa che si apre: una famiglia che, da destinatariadella cura del maestro, diventa soggetto attivo di solida-rietà, luogo in cui egli può agire ancora per prendersi curadei molti che accorrono.

    testo –, “svegliata”, verbo che ha a chefare con una vera e propria resurre-zione. La donna che giaceva a lettoadesso può stare in piedi, colei cheera dipendente dalle cure degli altriadesso può prendersi cura: «la febbrela lasciò ed ella li serviva» (v. 31). Enon si tratta di un semplice serviziodomestico: il verbo qui usato esprimela diakonia, l’atteggiamento che defi-nisce la sequela del discepolo e la suasomiglianza con il maestro, che diràdi sé: «Il Figlio dell’uomo non è venu-to per farsi servire ma per servire edonare la sua vita» (Mc 10,45).

    L’evangelista ci consegna insom-ma un racconto senza fronzoli, scar-no nella sua semplicità, come ordi-naria è la vita di una famiglia toccatae visitata da imprevisti che mettonoin crisi. La casa di Simone, però, nonrimane chiusa e isolata: da luogo do-ve si sperimenta l’attenzione recipro-ca e la premura del maestro, essa di-venta meta, punto verso il quale unafolla intera converge; così la scena siallarga. Dall’interno di una casa, al-l’esterno; dalla guarigione di una solapersona, alla guarigione di molte

    parolaeparoledi Benedetta Rossi

    «E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simonee Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni» (Mc 1,29).Così l’evangelista ci conduce dalla sinagoga di Cafarnao allacasa di Pietro, nell’intimità di una famiglia, lontano dallo stupore edalle domande che avevano fatto eco in sinagoga all’insegnamento eall’opera di Gesù (vv. 22-28). Si apre un mondo diverso, più silenziosoe discreto: il narratore ci informa che in questa casa abita una donna,la suocera di Simone, che giace a letto in preda alla febbre (v. 30).

    Non conosciamo la gravità dell’infermità di questa donna, ma pos-siamo cogliere con chiarezza una premura reciproca, un’attenzione

    LA MANO CHE RIALZAE APRE AL PRENDERSI CURA

    che spinge i familiari a farsi carico consollecitudine di chi è toccato dallamalattia: «Subito gli parlarono di lei»(v. 30). Se da una parte l’evangelistanon riporta le parole dette al maestro,quasi a sottolineare il pudore e la di-screzione dell’informazione data daifamiliari, dall’altra – dietro quel “subi-to” – traspare un’urgenza, che lasciaintendere come una preoccupazione.

    Il bisogno di questa famiglia è in-somma pacatamente espresso e mani-festato tra le righe, senza alzare la voce,senza il clamore di una esplicita richie-sta; altrettanto semplice e silenziosa èl’azione di Gesù che, compresa la difficoltà, prende l’inizia-tiva: «Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano»(v. 31a). C’è una distanza da superare, quella imposta dal di-sagio della malattia e Gesù la riduce in un attimo, ben cono-scendo ciò che è necessario per la donna ammalata («egli siavvicinò»). Il resto accade in un attimo: è un gesto ordinario,quello del maestro, che afferra con forza la mano dell’infer-ma; ma allo stesso tempo, è un gesto carico di significato.

    Una folla convergeGesù stringe la mano per trasmettere all’altro forza, perinfondere coraggio e sicurezza. Poiché la mano indica,nella Scrittura, anche la possibilità di agire, ecco che af-ferrare la mano del fratello significa anche mettere que-st’ultimo in condizioni di operare. La suocera di Simoneè sollevata o, più precisamente – seguendo la lettera del

    Gesù risana la suoceradi Simone. Sollevando

    una casa dallapreoccupazione.

    Così un’intera famigliasi dispone al servizio-sequela, spalancando

    le porte alla cittàbisognosa:

    da destinataria di cure,a soggetto attivo

    di solidarietà

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  • L’Europa condanna l’Italia per le violazioni deidiritti dei detenuti. Ma il problema è culturale:quale visione di carcere hanno la nostra societàe la nostra politica? Appunti per la legislaturaentrante. E tre proposte di legge “dal basso”

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    inequivocabile il tema dei diritti fonda-mentali della persona, che valgono an-che in regime di esecuzione penale.

    Non unica penaAnche in un tempo elettorale, e poi amaggior ragione di inizio di una nuo-va legislatura e una nuova azione digoverno, la politica dovrebbe mante-nere la capacità di valutare obiettiva-mente la realtà del carcere, senzaproclami o ideologismi, ma valutan-do concretamente che, ormai tra me-no di un anno (ovvero l’8 gennaio2014), l’Italia dovrà essere in regolacon le indicazioni imposte dalla Cor-te europea dei diritti dell’uomo.

    Una strada percorribile, per pro-durre risultati reali, è quella di un la-voro che coinvolga tutte le istituzionie le organizzazioni impegnate in am-bito carcerario. Occorre un confrontocollettivo per definire e poi realizzarelinee guida che offrano un modello digovernance il quale neghi la centra-lità del carcere come unica forma dipena, affermino l’importanza di svi-

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    DENTRO REBIBBIAVia Crucis e (sopra) una bambina didue anni detenuta insieme alla mammadurante il passeggio nella sezione dimassima sicurezza del carcere romano.Le foto di queste pagine sono tratte dalvolume Uhuru/Libertà, di Caritas Roma

    6 I TA L I A C A R I TA S | M A R Z O 2 0 1 3

    l 30 gennaio una nuova con-danna, che pesa come unapietra, è arrivata all’Italia dallaCorte europea dei diritti del-l’uomo. Causata dal ricorso

    avanzato da sette detenuti negli isti-tuti penitenziari di Busto Arsizio e diPiacenza, a lungo reclusi in celledrammaticamente sovraffollate, ègiunta a distanza brevissima da quel-la dell’8 gennaio, provocata dalla de-nuncia di un detenuto, parzialmenteparalizzato e recluso nel carcere diFoggia, che sarà risarcito (in quantovittima della violazione dell’articolo 3della Convenzione europea dei dirittidell’uomo sul divieto di trattamentidegradanti e disumani) per aver rice-vuto cure insufficienti. La Corte euro-pea ha considerato che “la prova cheegli ha subito (…) ha superato il livel-lo inevitabile di sofferenza inerentealla detenzione e ha costituito untrattamento inumano o degradante”.La condanna svela come sia stato di-satteso il fondamentale diritto alla sa-lute, e rimarca le responsabilità isti-

    tuzionali in merito alla tutela dei di-ritti dei “privati della libertà”.

    Piovono pietre, dunque, sui fonda-menti costituzionali della pena. Se siconfronta la situazione delle carceriitaliane con il dettato della Carta co-stituzionale, è evidente che i continon tornano, e non solo per i due ar-gomenti su cui si è pronunciata lacorte europea. L’articolo 27 della Co-stituzione sancisce il fine ultimo e ri-solutivo della pena (la “rieducazionedel condannato”); ne deriva l’obbligotassativo, per il legislatore, di predi-sporre tutti i mezzi idonei a realizzaretale finalità e le forme atte a garantir-la. Si pone così una questione crucia-le: cosa significa “rieducazione”, se-condo la logica dell’istituzione peni-tenziaria? In altri termini: il principiodi rieducazione perseguito nelle car-ceri italiane, oggi, coincide con quel-lo espresso dalla Costituzione?

    Il tema dei dirittiLe condanne della Corte europeasembrano dire di no. Niente di nuovo

    sotto il sole, peraltro. La Corte costi-tuzionale italiana aveva già affronta-to il problema, in una sentenza del1987, in cui rilevava la crisi della penadetentiva, “rivelatasi inadeguata asvolgere il ruolo di unico e rigidostrumento di prevenzione generale especiale”. Dunque, la Corte costitu-zionale già molto tempo fa era con-sapevole che il carcere (come stru-mento unico e rigido di “prevenzionespeciale”, cioè di modifica delle sceltedi vita delle persone e della loro con-formazione alla legge) aveva fallito.Di qui la necessità di approntare so-luzioni che, scriveva la Corte, “attra-verso l’imposizione di misure limita-tive (ma non privative) della libertàpersonale e l’apprestamento di for-me di assistenza, siano idonee a fun-zionare ad un tempo come strumentidi controllo sociale e di promozionedella risocializzazione”.

    Sono temi ai quali anche la societàdovrebbe cercare risposte, e non soloquando la realtà carceraria balza allacronaca per l’ennesimo suicidio oltre

    le sbarre. È urgente, in Italia, riporta-re il carcere a livelli di legalità, nonsolo dal punto di vista dei numeridell’affollamento, ma anche riguardoalla qualità dell’esecuzione penale.Di fronte ai problemi della penalità,occorre chiedere non solo agli addet-ti ai lavori, ma anche alla cittadinan-za, quale sia l’idea di carcere e di ese-cuzione penale che la comunità na-zionale deve perseguire, e se ilcarcere così com’è oggi, in Italia, co-stituisce un valore, anche solo in ter-mini di tutela della sicurezza.

    È nell’interesse di tutti dare istitu-zioni migliori alla polis, compreso ilcarcere: la salvaguardia dei diritti deisoggetti deboli è il metro di giudiziodell’effettiva salvaguardia dei diritti diciascuno. Il carcere, nella sua attualedrammaticità, dovrebbe essere consi-derato un’emergenza nazionale. È pe-rò necessario che l’emozione, innesca-ta da fatti episodici ed eclatanti, si tra-sformi in una dimensione sociale, inuna campagna politica e culturale dilungo periodo, che riaffermi in modo

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    nazionale carcere

    testi di Elisabetta Laganà Presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia

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    dere pubbliche le scandalose condi-zioni di alcuni reparti degli Ospedalipsichiatrici giudiziari e decretare unascadenza per il loro superamento. Èauspicabile che il primo atto dellacommissione, che si ricostituirà dopole elezioni, consista nello stesso tipo diricognizione per valutare le condizionidella sanità negli istituti di pena peradulti e minori.

    Non è possibile alcuna seria riformapenitenziaria, al di fuori di un più ampiointervento riformatore sul sistema penale,

    che parta dal ripensamento dell’elencodei delitti e di quello delle pene

    luppare le misure alternative, ricono-scano la necessità dell’integrazione(nei rispettivi ruoli) tra ministero del-la giustizia, regioni, enti locali, serviziterritoriali e società. Bisogna arrivarea un piano organico e stabile, che pe-raltro tenga conto della realtà e dellenecessità dei singoli contesti locali.

    Accanto all’urgente necessità dellarevisione delle ben note leggi respon-sabili di avere portato il carcere a que-sti livelli di sovraffollamento, è neces-sario percorrere con coraggio, senzaesitazioni, la strada che porta versoquello che Giovanni Tamburino, capodel Dipartimento dell’amministrazio-ne penitenziaria, ha definito un “car-cere leggero”; in altre parole, bisognatendere alla prospettiva di un “carcereminimo”, attraverso una pluralità diiniziative e di strumenti.

    Un tale percorso è scandito da alcu-ne pietre miliari. Anzitutto, una rifor-ma del codice penale. L’emergenza delsovraffollamento è infatti solo la mani-festazione più evidente e drammaticadel problema-carceri. Non è possibilealcuna seria riforma penitenziaria, al difuori di un più ampio intervento rifor-matore sul sistema penale, che partadal ripensamento dell’elenco dei delittie di quello delle pene. In secondo luo-go, bisogna opporre un rifiuto deciso aprospettive di privatizzazione dellecarceri, che tornano ad aleggiare so-prattutto in tempi di emergenza. Unaltro punto fermo dev’essere il com-pletamento del passaggio, sancito nel2008, dalla sanità penitenziaria al siste-ma sanitario nazionale: va realizzatonel più breve tempo possibile, dal mo-mento che esistono ancora regioni indifficoltà o addirittura inadempienti,con gravissimo disagio per la popola-zione detenuta. Su quest’ultimo puntoè opportuno ricordare l’esaustivo e im-portantissimo lavoro svolto dalla com-missione parlamentare d’inchiesta sul-l’efficacia e l’efficienza del servizio sa-nitario nazionale, la cui indagine hacostituito un fattore dirimente per ren-

    Tra le altre priorità dell’agenda po-litica sulle carceri, vi è l’applicazionedel regolamento penitenziario, ema-nato nel 2000, di fatto lettera mortanella maggior parte degli istituti dipena: riportare il carcere in condizio-ni di legalità significa dare compi-mento alle leggi, impiegando le risor-se non per la costruzione di nuoviistituti, ma nella messa a norma dellecarceri obsolete e facendo funziona-re le strutture già edificate.

    Se si vuole realmente perseguirel’obiettivo della riabilitazione, biso-gna poi investire sul personale, mi-gliorando l’utilizzo di quello già in

    servizio e rivedendo la proporzionetra il personale destinato alla sicurez-za e quello per le attività “trattamen-tali”; per questo motivo, è necessarioincrementare il personale addetto al-la rieducazione. Infine, andrebbe ri-solto senza più indugi l’inaccettabileproblema dei bambini in carcere, in-sieme alle madri detenute.

    Introdurre la torturaAl fine di contribuire concretamentealle soluzioni, un vasto cartello di as-sociazioni impegnate sui temi delcarcere – tra cui la Conferenza nazio-nale volontariato giustizia, cui aderi-sce anche Caritas Italiana – ha pre-sentato il 30 gennaio tre proposte dilegge di iniziativa popolare, che ri-guardano l’introduzione del reato ditortura nel codice penale, la necessitàdi ristabilire legalità e rispetto dellaCostituzione nelle carceri, infine lamodifica della legge sulle droghe. I tretesti, ora al vaglio della Cassazione, ri-guardano temi cruciali del sistemapenitenziario italiano, sottolineano le

    associazioni, ma rappresentano an-che un primo passo per indicare lastrada percorribile al futuro governo,al fine di risolvere una situazione car-ceraria fuori controllo, con 22 miladetenuti in più, nelle prigioni italiane,rispetto alla capienza regolamentare.

    Su questo primo passo (l’ultimo,in realtà, di un’infinita serie di propo-ste) il volontariato valuterà l’impe-gno civile del nuovo governo. L’obiet-tivo è raccogliere le 50 mila firme ne-cessarie a presentare le leggi alparlamento, ma anche indirizzare unpreciso appello alla politica. Pietradopo pietra, infatti, si può edificareun sepolcro, ma anche riscostruireuna casa. Una Costituzione violata,seppure apparentemente solo perquanto riguarda i soggetti più deboli,è una lesione del diritto per tutti. Ladomanda sul destino del carcere, epiù complessivamente del sistemapenale, ne richiama molte altre, cheriguardano la sfera della garanzia deidiritti, e scelte più complessive suldestino degli uomini.

    65.905 i detenuti presenti nei 206istituti di pena italiani, la cui capienza regolamentare arriva a 47.040 detenuti

    2.818 le donne detenute; gli stranieri sono il 23.473

    3.260 le persone ammesse a misure di sicurezza e sanzioni sostitutive o altre misure

    186i morti in carcere nel 2011: per suicidio 66, per cause da accertare 23, per cause naturali 96, per omicidio 1

    Quasi ventimila in più,misure sostitutive soltanto per pochi

    nazionale carcere

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    “Restituiamo dignità ai poveri in carcere”. Uno slogan che è un program-ma. Il programma di una campagna di solidarietà e sensibilizzazione, lan-ciata dalla Caritas diocesana di Roma (e dalla sua associazione “Volontariin carcere”) poco prima di Natale. L’iniziativa intende informare i cittadini,in particolare i cristiani, sulla situazione delle detenute e dei detenuti re-clusi nei sei istituti penitenziari della capitale, proponendo un cambiamen-to di mentalità “rispetto a un’idea di giustizia ormai ridotta allo sterile le-galismo del dare e dell’avere, e sempre più spesso praticata con la reci-proca vendetta”, ed evidenziando come sia necessario migliorare lecondizioni di vita in carceri tanto sovraffollati e tanto poveri di strumentieducativi e sociali, da aver meritato all’Italia numerose censure, e soprat-tutto le ripetute condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo.

    La campagna muove peraltro da un presupposto ben preciso: i cittadi-ni poveri che sono in carcere sono gli unici per i quali funziona, in Italia, lacertezza della pena. Infatti sono loro, nella maggior parte dei casi, a rima-nere impigliati nelle reti di leggi (a cominciare da quelle sull’immigrazionee sulle tossicodipendenze) che sono responsabili della maggior parte del-le detenzioni, oggi, in Italia, e che necessitano di essere riformate. I poverisono inoltre coloro che hanno minori strumenti per affrontare le proprievicende giudiziarie: spesso finiscono in carcere semplicemente perchénon possono permettersi buoni avvocati. Infine i poveri, soprattutto sestranieri e irregolari, sono coloro che soffrono maggiormente i problemidelle carceri italiane, non avendo reti famigliari o altri strumenti che li aiu-tino a migliorare le proprie condizioni di vita.

    La campagna proporrà una serie di strumenti e iniziative, nel corso del2013. Il primo evento è stato la presentazione di un doppio libro fotografi-co (Uhuru-Libertà), con scatti di Francesco Delogu e Stefano Montesi, chepropone bellissime immagini di persone povere rinchiuse in carcere epaesi in cui i fenomeni di indigenza ed esclusione costringono molte per-sone a emigrare verso i nostri paesi; il ricavato della vendita del volumeservirà a finanziare servizi per detenuti indigenti.

    Altre iniziative della campagna avranno obiettivi d’aiuto materiale, maanche finalità politiche: diffondendo informazione e coscienza riguardo alsovraffollamento e alle condizioni di vita inumane cui sono costretti i dete-nuti, si intende ribadire che “l’amnistia è un atto urgente e indispensabile”e sostenere due petizioni popolari, rivolte ai parlamentari della prossimalegislatura: una sostiene l’introduzione in Italia del reato di tortura, l’aboli-zione della legge ex Cirielli che vieta ai recidivi le misure alternative alladetenzione e l’abolizione del reato di immigrazione clandestina; l’altra af-ferma la necessità di abolire la pena dell’ergastolo.

    I detenuti poveri chiedono aiutoMa soprattutto dignità e diritti

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    TRAPPOLA DI STATO

    Detenuto “sbircia”attraverso la feritoia

    della porta di una delle celle di Rebibbia.Caritas Roma conduce

    una campagna sulladrammatica situazione

    dei poveri in carcere

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    ATLANTE IMMOBILIARE:DISAGIO SU, DOMANDA GIÙ

    dell’abitazione in cui vivono, il restante44% (1,1 milioni) sono affittuari.

    La domanda espressa di abitazioneha registrato un progressivo ridimen-sionamento: nel 2001 era pari a 1,4milioni di famiglie intenzionate adacquistare un immobile, era attorno almilione nel 2007, per poi ridursi pro-gressivamente fino alle 925 mila del2011; la stima per il 2012 è di 907 mi-la famiglie e per il 2013 si prevede unlivello di domanda ancora più basso,prossimo alle 900 mila famiglie.

    In ogni caso, di tutte le famiglie chehanno espresso nel 2012 domanda po-tenziale di abitazione, sono riuscite a effettuare l’acquisto so-lamente il 47% (tasso di realizzazione). Nel corso di un soloanno, tale tasso è diminuito del 10%.

    Le superfici richieste nel 2012, calcolate in base al numerodelle famiglie con un’esplicita propensione all’acquisto, sonostate pari a 94 milionidi metri quadrati, ma le transazioniprevedibili per l’anno si attestano a circa 50 milioni. Per-mane quindi una domanda residuale non soddisfatta di di-

    mensioni rilevanti, pari a 44 milioni dimetri quadri, che in prospettiva do-vrebbe ulteriormente crescere.

    Pressione locativaChi ha effettuato l’acquisto di una casanel 2012 era prevalentemente un sog-getto già proprietario (8 su 10), alla ri-cerca di un alloggio più confortevole(domanda di sostituzione) o da dare inuso a un parente. Si è trattato di fami-glie generalmente strutturate (coppiecon figli), con un doppio reddito in pre-valenza da lavoro dipendente, di con-dizione socio-economica media, resi-denti in comuni medio piccoli. Neiprossimi due anni, invece, si prevedeche crescerà la domanda degli inquilinirispetto ai già proprietari.

    Il 14% della domanda residenzialeè concentrato nelle tre città maggiori(Milano, Roma, Napoli). Fatto 100 ilnumero di famiglie alla ricerca di allog-gio, il 29,2% lo cerca in proprietà, perun figlio o un altro congiunto diretto; il27% lo ricerca in proprietà, per trasfe-rirvi il nucleo; il 19,1% lo cerca in af-fitto, per un componente familiare.

    Quanto alla motivazione prevalentedella ricerca di alloggio (sia in proprietà che in affitto), la sirinviene nel trasferimento di un componente o di parte dellafamiglia a causa di una separazione (valore di poco superioreal trasferimento per migliorare le condizioni abitative).

    Per analizzare l’intensità della domanda abitativa sui di-versi contesti urbani, il Censis ha elaborato un nuovo stru-mento. L’“indice di pressione locativa” si basa sulla sommaponderata di tre indicatori semplici: l’incidenza dei giovani

    della fascia di età 25-39 anni sulla popo-lazione totale; l’incidenza della popola-zione straniera residente; l’incidenza dellapopolazione studentesca universitariaproveniente da fuori provincia e da fuoriregione. La classifica delle città italiane ve-de Milano in vetta; seguono Bologna e Fi-renze. Roma è solo al sesto posto, mentrele grandi città del sud (Napoli, Bari e Pa-lermo) sono in fondo alla classifica.

    N ello scorso novembre, il Censis ha presentato l’“Atlante delladomanda immobiliare”, nel quale vengono presentati dati utiliper stimare il fabbisogno e la domanda abitativa in Italia.Secondo l’Atlante, il 79%delle 25 milionidi famiglie italiane vive

    in un’abitazione in proprietà (e l’88% delle unità immobiliari esistentiin Italia è detenuto da persone fisiche, per un valore stimato in 4.800miliardi di euro). Oltre 5 milioni di famiglie, il 21% del totale, vi-vono invece in affitto; la quota degli inquilini sale al 72,8% tra i citta-dini stranieri. Vivono però in condizioni di disagio abitativo circa 2,5milioni di nuclei familiari. Il 56% (1,4 milioni) sono proprietari

    Studio Censis sulrapporto tra gli italiani

    e la casa. Circadue milioni e mezzodi famiglie vivono

    in condizioniinadeguate, mentre

    si inabissa la richiestadi nuovi alloggi.La quale, sempre

    più spesso, è originatada rotture famigliari

    databasedi Walter Nanni

    Quasi un quinto a cavallo della soglia79% gli italiani che vivono in abitazione di proprietà; tra gli immigrati, il 72,8% vive in affitto.2,5 milioni le famiglie italiane segnate da disagio abitativo; il 56% sono proprietarie dell’abitazione in cui vivono, il 44% sono affittuari.1,4 milioni le famiglie intenzionate ad acquistare casa nel 2001; 900 mila nel 2013.

    Responsabilità

    Rivendicare politichefamigliari più incisive è corretto. Ma non sufficiente. La relazione tra famiglie e politicasociale potrà essere modificatasolo quando le famiglieacquisirannoautentica coscienzadel loro ruolo sociale.Un percorsodi Caritas Italiana

    uando si riflette sul rapportotra politiche e famiglia, è fre-quente, in genere, un ap-proccio – peraltro giustifica-to – secondo cui “la societànon ha fatto (oppure: deve

    fare) per la famiglia” un lungo elencodi cose. La lista di inadempienze, in-congruenze, dimenticanze o penaliz-zazioni, perpetrata dal sistema poli-tico-amministrativo, a livello nazio-nale e locale, è sempre molto lunga earticolata, e ad essa di solito fa segui-to un breve rimando alla responsabi-lità sociale delle famiglie, sollecitateanzitutto a “fare pressione” nei con-fronti del mondo politico.

    Ma la relazione tra famiglia e poli-tica sociale potrà essere radicalmen-te modificata, solo quando le fami-glie stesse sapranno acquisire unachiara consapevolezza del proprio

    ruolo sociale, della propria responsa-bilità pubblica, della propria sogget-tività autonoma di fronte all’agire de-gli altri sottosistemi (politico, ammi-nistrativo, economico). Occorrono,in altre parole, maggiore consapevo-lezza e maggiore pratica dell’“agiresociale” della famiglia. “Ripartire dal-la famiglia” non può essere solo unoslogan, da difendere e affermare teo-ricamente, ma dev’essere la sintesidelle responsabilità che ogni famigliadeve assumersi. Solo a partire da unapresenza reale, da fatti sociali, pro-dotti dalle famiglie associate, saràpossibile esigere una reale “cittadi-nanza sociale della famiglia”.

    Né privatistico né assistenzialeUna positiva relazione, di tipo sussi-diario, tra famiglia e politiche socialipuò dunque realizzarsi solo dall’in-

    di Francesco Belletti direttore Centrointernazionale studi famiglia, presidenteForum associazioni familiari

    nazionale welfare e cittadinanza INSIEME, PIÙ INCISIVE

    Festa delle famiglie, organizzata dalla diocesi di Roma

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    contro tra questi due orientamenti vir-tuosi: da parte della famiglia deveesplicarsi un agire sociale caratterizza-to dalla responsabilità e da un orien-tamento pro-sociale; da parte dellepolitiche, deve essere proposto un ap-proccio promozionale, capace di favo-rire la “messa in movimento” della fa-miglia. Gli orientamenti opposti gene-rano un relazione “perversa”, in cui unatteggiamento privatistico da partedelle famiglie, interessate solo al per-seguimento del proprio interesse par-ticolare, viene confermato e accentua-to da un approccio assistenziale e pas-sivizzante da parte dei servizi.

    nazionale welfare e cittadinanza

    La parola sussidiarietà illuminadunque di una luce nuova i rapportitra famiglia e società. Se infatti sichiede, proprio secondo il principiodi sussidiarietà, che la società nonespropri la famiglia delle proprie fun-zioni specifiche, occorre che que-st’ultima si assuma la responsabilitàdi esse. Certo, ci sono anche famiglieincompetenti, o “perverse”, o incapa-ci di assumersi questa responsabilità.Ma nel complesso oggi, nella mag-gior parte delle famiglie, questa ope-razione viene ancora agita, sia purnella inevitabile incompiutezza, nel-la fragilità e nella difficoltà della sto-

    ria di ogni essere umano.I livelli di responsabilità della fami-

    glia sono plurimi. Addirittura quattro.Un primo livello riguarda il bene dellasingola persona: si tratta di far cresce-re persone vere, adulte, “responsabi-li”, “costruttrici di bene”. Il mandatodella famiglia non copre né sostitui-sce il libero destino della persona, mane è, in un certo senso, al servizio; sitratta di imbastire legami buoni tra lepersone, capaci di distanza, di gratui-tà, di libertà, di amore verso il destinobuono dell’altro, anche se non coin-cide con quanto ci si aspetto da esso.

    Questa “cura del bene della perso-na”, in termini educativi, dovrà esse-re capace di introdurre l’altro alla re-sponsabilità e a un rapporto verocon la realtà, favorendo anche la so-cializzazione (partecipazione dellapersona alla costruzione del bene

    comune). La famiglia non può essereespropriata di tali compiti, ma va“sussidiata” (sostenuta dal contestosociale, dalla politica) e sostituita so-lo di fronte a un’evidente e irreversi-bile “incapacità”.

    Il secondo livello di responsabiliz-zazione della famiglia riguarda la co-struzione di “legami buoni” tra i pro-pri membri, di reciprocità e gratuità.Si potrebbe dire, in altri termini, cheil perseguimento del bene di ogni

    persona e della sua libertà non puònon passare, in famiglia, attraverso lacostruzione dei legami familiari. Delresto, se la prospettiva del familiarenon è costruire “legami buoni”, di fi-ducia e lealtà, la famiglia diventa unatrappola, uno spazio che imprigiona,che distrugge le persone.

    La “giusta causa” della famiglia èinsomma rispondere al bisogno di re-lazione: che è bisogno di senso, di ap-partenenza, di reciprocità. E questo è

    il secondo livello di una responsabilitàsquisitamente sua, non espropriabile.

    Una grande risorsaIl terzo livello di responsabilità stanella capacità di aprire queste “buonerelazioni” ad altre persone, non po-nendosi come “territorio liberato”, daiconfini chiusi, ma pensandosi comeambito di “buona vita”, da poter con-dividere con altre persone. È quantomolte famiglie concretamente realiz-zano con le esperienze di adozionenazionale e internazionale, acco-gliendo al proprio interno un bambi-no con l’affidamento eterofamiliare,facendosi carico dei propri parenti indifficoltà, dei propri genitori anziani,ma anche, più semplicemente e quo-tidianamente, accogliendo a casapropria, nel pomeriggio, più bambiniper fare i compiti, o mantenendo re-lazioni di aiuto e di vicinato capaci disostegno reciproco.

    L’apertura dei confini familiari, in-tesa come capacità di accoglienza, aben vedere è oggetto di una consape-volezza molto spesso non verbalizza-ta, ma non per questo meno netta: laconsapevolezza che il potenziale so-lidaristico di una famiglia non vienemeno, se viene utilizzato troppo, masi alimenta invece proprio nell’uso.La solidarietà della famiglia, in altreparole, non è un bene di consumo, ilcui uso ne diminuisce la disponibili-tà, ma paradossalmente aumenta selo si fa circolare!

    Da questa convinzione, scaturisceun quarto livello di responsabilità, chepuò essere sinteticamente definito del“fare famiglia insieme” ad altre fami-glie. È un compito oggi molto più chia-ro di ieri, anche per una certa difficoltàdi trasmissione intergenerazionale al-l’interno delle famiglie. Le famiglie,cioè, possono mettersi insieme ad al-tre famiglie, sia per “fare meglio la pro-pria famiglia”, sia per “fare più famigliadentro la società”. Perché le famiglie,insieme, sono una grande risorsa dellasocietà: diventano soggetti sociali col-lettivi, che cominciano ad avere voce,che si coalizzano per contare di più,per organizzarsi, per fare lobbying,pressione, protesta. Ma soprattutto

    Se si chiede, secondo il principio di sussidiarietà, che la società nonespropri la famiglia delle proprie funzioni

    specifiche, occorre che quest’ultimasi assuma la responsabilità di esse

    «La famiglia non può essere lasciata sola, trasferendo su diessa tutti i costi della crisi (…). Purtroppo sta avvenendo ilcontrario. I costi della crisi sono scaricati sulla relazione fami-liare. La conseguenza è che la famiglia comincia a intaccarele sue riserve di beni, quelle accumulate da generazioni, persostenere i suoi membri. (…) La società italiana in questomodo si “de-capitalizza”, forse in maniera irrecuperabile». Ilquadro delineato da Riccardo Prandini, nel volume Famigliarisorsa della società (Il Mulino 2012), è drammatico ma con-ferma l’impressione, accreditata da molti osservatori e anali-sti, di una sottovalutazione inaudita di quanto sta accadendo.Oggi sul “soggetto famiglia” si concentrano molteplici fattori,che ne stanno deprimendo la funzione sociale, compromet-tendo l’equilibrio economico, minando l’identità e, spesso, lo-gorando lo statuto antropologico di luogo naturalmente gene-rativo e umanizzante.

    Il tema “famiglia”, negli ultimi anni, è stato intercettato daCaritas Italiana in molte occasioni e attraverso una pluralità diforme (studi, pubblicazioni, creazione di reti, forme dirette disupporto al reddito, ecc). E anche le Caritas diocesane sono im-pegnate ogni giorno a fronteggiare situazioni di disagio edesclusione sociale che riguardano moltissime famiglie, soprat-tutto quando al loro interno vi sono soggetti fragili (minori, an-ziani, malati, ecc).

    Le profonde trasformazioni socio-economiche e culturali,unite al fermento operativo e progettuale che i territori manife-stano, hanno dunque suggerito di intraprendere un percorso diriflessione, scambio e progettazione, che ha avuto il suo primoesito nell’incontro “Carità è famiglia”, svoltosi a metà gennaio

    a Roma. In quella sede, Caritas Italiana e le diocesane hannoiniziato un percorso per monitorare le trasformazioni e i cam-biamenti che investono la famiglia, introdurre una prospettivadi lavoro basata sul riconoscimento della “soggettività della fa-miglia” (portatrice di bisogni ma, al contempo, risorsa primariadella società, capace di forme di prossimità inedite), qualifica-re l’impegno delle Caritas “per” e “con” le famiglie; promuove-re azioni di lobby e advocacy, in connessione con le reti pro-fa-miglia attive nel paese (a cominciare dal Forum delle associa-zioni familiari).

    Grazie alla collaborazione tra Caritas Italiana e Ufficio na-zionale per la pastorale della famiglia, sono inoltre stati ideatialcuni programmi pastorali di livello nazionale, finalizzati a farmaturare una logica di pastorale integrata (con una progressi-va condivisione di idee, progetti e reti tra Caritas e Uffici fami-glia diocesani) e a favorire interventi di promozione (anche inchiave preventiva) dei legami familiari nei territori. In questaprospettiva, l’itinerario 2013-2014 denominato “Carità è fa-miglia” si sviluppa lungo quattro direttrici principali: promozio-ne di reti di famiglie per l’aiuto reciproco; sostegno alla geni-torialità in situazioni di disagio socio-familiare; sostegno e af-fiancamento da famiglia a famiglia; gemellaggi responsabilitra famiglie italiane e famiglie greche. www.caritasitaliana.it

    Un “soggetto” da sostenere,il percorso delle Caritas

    DE-CAPITALIZZATEL’educazione dei figli, la cura (a sinistra)dei soggetti fragili: i costi della crisi oggi sono scaricati sulle famiglieR

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    e famiglie che vivono situa-zioni di difficoltà necessita-no di specifici sostegnieducativi, che sappianotrasformare le crisi in occa-

    sioni di cambiamento. Affinché la fa-miglia possa compiere tale passag-gio, occorre un impegno formativovolto a far emergere le competenzepresenti nel nucleo familiare e cheattendono di essere liberate. Si trattadi attivare un processo di trasforma-zione: da passiva fruitrice di servizi einterventi pensati da altri, la famigliadeve rendersi protagonista attiva eco-autrice delle risposte ai propri bi-sogni.

    Un simile aiuto deve mirare al-l’emancipazione della famiglia edev’essere orientato allo sviluppodelle sue potenzialità educative. Ingenerale, si tratta di vedere la famiglianon più soltanto attraverso la descri-zione dei suoi limiti e delle sue diffi-coltà, bensì mettendo in luce le suerisorse e il suo potenziale. Questo in-duce l’operatore sociale a stimolare lafamiglia alla ricerca delle proprie so-luzioni, sviluppando le facoltà dellepersone che la compongono, invece

    di sostituirsi a esse con modalità as-sistenziali. Così facendo, si promuovenella famiglia un senso di autodeter-minazione e si respingono atteggia-menti di passività e dipendenza.

    Tale prospettiva nasce dalla con-vinzione che la famiglia, seppur indifficoltà, è “esperta” della propria vi-ta e quindi può, grazie all’aiuto del-l’operatore, essere la principale arte-fice del superamento delle propriedifficoltà. Si tratta di accompagnarlaa riconoscersi come risorsa per sestessa e per altre famiglie, attivandoreti di sostegno e reciprocità, avvalo-rando il sapere di cura di cui ogni fa-miglia è portatrice, incrementando lerisorse informali presenti nella co-munità locale, al fine di stabilire unanuova forma di scambio interattivotra famiglie, servizi e territorio.

    Senza giudicare né invaderePer puntare a tanto, è necessario «ab-bandonare l’immagine di famiglie di-sfunzionanti, patogene, non collabo-ranti (…) Ovviamente questo modificala posizione dell’operatore che lavore-rà con le famiglie. Non è un esperto chesi rivolge a persone carenti di sapere

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    nazionale welfare e cittadinanza

    e il 1989 furono presentate in Italia188.188 domande di richiedenti asi-lo, di cui una minima parte ha in se-guito optato per una residenza per-manente. Secondo i dati dell’AltoCommissariato Onu per i rifugiati(Acnur), aggiornati al 1991, solo12.203 rifugiati riconosciuti dal go-verno italiano in quel periodo risul-tavano “stabiliti in Italia”.

    Lo scenario è cambiato radical-mente con l’abrogazione della cosid-detta “riserva geografica” (1990), maancora di più con le ripetute emer-genze degli anni Novanta, che hannoportato in Italia diverse decine di migliaia di persone,provenienti prevalentemente dall’area balcanica, e piùdi recente con gli sbarchi sulle coste calabresi e sicilianedi richiedenti asilo provenienti dall’area mediorientalee africana.

    Mappa della governanceDi fronte a un mutamento di scenario così radicale, si èpreferito a lungo ricorrere all’emanazione di leggi o de-creti ministeriali ad hoc, anziché affrontare il problemacon una normativa organica. Tale lacuna è stata solo par-zialmente colmata dal processo di unificazione comu-nitaria in materia d’asilo, che ha inevitabilmente condi-zionato le politiche italiane. Nonostante gli indubbi enumerosi progressi di carattere organizzativo e norma-tivo, il completamento di un sistema nazionale si puòconsiderare infatti tutt’altro che compiuto, e ciò deter-mina fenomeni di disagio sociale, soprattutto nelle prin-

    il ruolo del ministero del lavoro e delle regioni e solleci-tando un collegamento proficuo con il mondo di lavoro.La complessità del problema, nonché l’eterogeneità de-gli interventi evidenzia comunque l’esigenza di un mag-gior coordinamento, sia a livello nazionale che a livelloregionale, al fine di assicurare una maggiore sinergia,evitando la sovrapposizione di iniziative uguali o similie valorizzando le esperienze positive.

    Tali misure contribuirebbero in maniera determinan-te a un migliore funzionamento del sistema d’asilo (con-cretizzando finalmente gli alti ideali che hanno ispiratoi padri costituenti). Del resto, l’importanza, le dimensio-ni e la strutturalità del fenomeno dell’asilo in Italia di og-gi non permettono più che tale tema continui a esseretrattato come una questione secondaria (come ha avutomodo di esporre nel mio recente volume Rifugiati, pro-fughi, sfollati. Breve storia del diritto d’asilo in Italia dallaCostituzione ad oggi, Franco Angeli 2011).

    L’ASILO COLLASSATO,UN SISTEMA DA RIPENSARE

    dall’altromondodi Nadan Petrovic

    cipali aree urbane. Infine, di fronte alflusso straordinario causato dal con-flitto in Libia, si è assistito a un so-stanziale “collasso” dei sistemi “ordi-nari” d’accoglienza.

    Il ripensamento del sistema di ac-coglienza dovrebbe partire dalla mi-gliore calibrazione dei servizi in baseallo status legale dei migranti e allaloro reale vulnerabilità, tenendo con-to delle fasi d’accoglienza precedentie in un’ottica di gradualità della presain carico. Urgono inoltre ulteriori in-terventi, volti a favorire un più veloceinserimento socio-lavorativo perquanti non riescono a trovare un po-sto nei circuiti di seconda accoglien-za, il potenziamento (in collabora-zione con regioni e province) delleattività di formazione professionalegià durante la fase della prima acco-glienza e forme adeguate di job-mat-ching tra domanda e offerta di lavoroa favore dei titolari di protezione in-ternazionale o umanitaria.

    Per implementare questi inter-venti sembra infine indispensabileridisegnare la “mappa della gover-nance”, valorizzando maggiormente

    L’Emergenza Nord Africa, caratterizzata dall’arrivo di decinedi migliaia di richiedenti protezione internazionale, sanciscedefinitivamente la trasformazione dell’Italia in terra d’asilo.A dire la verità non si tratta di un dato estemporaneo: al fianco del-l’incremento esponenziale del numero di cittadini stranieri si regi-stra già da anni, infatti, una crescita costante di richieste di prote-zione internazionale, e ciò pone l’Italia – subito dopo gli Stati Uniti,il Canada, la Germania e la Francia – tra gli stati maggiormente espo-sti, tra i paesi industrializzati, ai flussi per richieste di asilo.

    Tale passaggio è avvenuto gradualmente. Nel periodo tra il 1952

    L’EmergenzaNord Africa ha svelato

    le insufficienzedell’accoglienza

    ai richiedenti asilo.Dagli anni Novanta,i flussi hanno fatto

    dell’Italia un rilevantepaese di destinazione.Fenomeno regolato acolpi di decreti: serveuna legge organica

    Si tratta di attivare un processodi trasformazione: da passiva fruitricedi servizi e interventi pensati da altri,

    la famiglia deve rendersi protagonista attivae co-autrice delle risposte ai propri bisogni

    Seppure in difficoltà, la famiglia è “esperta” della propria vita. Grazie aun sostegno non assistenziale, può elaborare risposte ai propri bisogni

    Oltre l’immagine “patogena”,il traguardo è l’emancipazione

    Ldi Domenico Simeone presidente Confederazione italiana consultori familiari di ispirazione cristiana

    ma un facilitatore che, senza giudicarené invadere, metterà in gioco le suecompetenze di comunicazione per fa-vorire il processo di “identizzazione”della persona, autorizzata a diventareciò che è» (Pourtois, Barras e Nimal,Dal genitore qualificato al genitorecompetente, in L’animatore di educa-zione familiare: una nuova figura pro-fessionale?, Pisa, Edizioni Ets, 2003).

    Un tale intervento educativo siprefigge di aumentare la libertà e laresponsabilità della famiglia. In effet-ti, se gli interventi di tipo sociale e as-sistenziale non sono accompagnatida azioni che favoriscono la respon-sabilizzazione delle famiglie e l’atti-vazione delle loro autonome risorse,il risultato sarà un aumento della di-pendenza dai servizi sociali e assi-stenziali e un mancato sviluppodell’empowerment.

    L’empowerment, in altre parole,rappresenta il processo tramite ilquale le famiglie sono aiutate ad as-sumersi le loro responsabilità attra-verso lo sviluppo di capacità chedanno accesso a opportunità primaimpensate. Il consultorio familiare, lascuola, i servizi territoriali, i luoghi diformazione per i genitori: sono con-testi educativi in cui la famiglia puòessere accolta e ascoltata e, con l’aiu-to di operatori competenti, accom-pagnata verso la scoperta delle pro-prie potenzialità.

    INCONTROTRA

    GENERAZIONIMinori e anzianisono i soggetti

    fragili diuna famiglia.

    Ma sono ancherisorse, gli uni

    per gli altri

    per produrre “più famiglia”: nell’ambi-to delle relazioni, dei servizi, delleesperienze di condivisione, possonorappresentare un soggetto collettivoche non solleva stato e istituzioni dalleloro responsabilità rispetto al welfare,ma ne integra l’azione e ne arricchiscela capacità di generare benessere eprotezione sociale.

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  • zardo, iper-pubblicizzato nelle suemolteplici declinazioni; disoccupa-zione, precarietà, povertà dilagante.O una disgrazia che non si è riusciti afronteggiare.

    Meno note, invece, sono le possi-bili soluzioni. L’Italia dei sovrainde-bitati – non solamente imprenditori,ma anche semplici consumatori –avrebbe infatti a disposizione un’an-cora di salvataggio. Il condizionale èd’obbligo, perché la legge che do-vrebbe agevolare le procedure di su-peramento della condizione di so-vraindebitamento (fino ad arrivare aquella che in linguaggio giuridico sichiama “esdebitazione”) esiste. Ma èormai da tempo incagliata nelle fittemaglie della burocrazia e delle pro-cedure legislative.

    La legge e il decretoFacciamo un passo indietro. Tornan-do a gennaio dell’anno scorso, quan-do il parlamento approvò la legge3/2012, che introduceva una nuovatipologia di concordato, finalizzata acomporre quelle che vengono defini-te “crisi di liquidità” di debitori cuinon si possono applicare le procedu-re “tradizionali”. Ovvero coloro che,tecnicamente, non possono fallire,perché non è loro applicabile la leggefallimentare: piccoli imprenditori(che non raggiungono i minimi pre-visti), famiglie, professionisti. Succes-sivamente, la legge 3 è stata modifi-cata e integrata da un decreto legge(il numero 179) emanato dal governoMonti a ottobre e convertito in leggeordinaria a dicembre: esso, oltre amodificare alcuni aspetti della proce-dura, ne ha esteso l'applicazione alsovraindebitamento del “consuma-tore”, ampliando fortemente la plateadei (teorici) beneficiari.

    Teorici. Perché il problema, sin dagennaio 2012, è che i ministeri com-petenti non hanno emanato i rego-lamenti attuativi, rendendo impossi-bile (o quasi) il ricorso alle tutele pre-viste dalla legge stessa. «Stando alladocumentazione ministeriale che haaccompagnato la conversione in leg-

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    sunto dimensioni preoccupanti. Percause note: crescita esponenziale delricorso al credito al consumo (spessoper acquistare beni dei quali si è statisostanzialmente “convinti” di averebisogno, pur essendo evidentementesuperflui); diffusione del gioco d’az-

    ommersi dai debiti. Gli italiani– individui e famiglie – anna-spano, sempre più lontani dal-la loro fama di risparmiatorivirtuosi. La crisi finanziaria ed

    economica ha esacerbato il fenome-no, che però già da tempo aveva as-

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    Un concordato anti-sovrindebitamento: vi possono accederepiccoli imprenditori, famiglie e individui. Ma mancano

    i regolamenti attuativi. E non si valorizza l’esperienza di Caritas esportelli antiusura. Così la norma è stata utilizzata solo in tre casi…

    16 I TA L I A C A R I TA S | M A R Z O 2 0 1 3

    nazionale fallimenti

    di Andrea Barolini

    leggeLanonfunziona

    Debiti individuali

    PROFONDO ROSSOUn uomo controlla l’andamentodella Borsa: crisi finanziariae calo dell’occupazione hannominato i risparmi degli italiani

    Accordo con i creditoria patto che non ci sia colpa

    La legge 3/2012 introduce, anche per soggetti diversi da quelli ai quali si applica la normativa da tempo vigente sui fallimenti, la pos-sibilità di ricorrere a una sorta di concordato. La norma fa esplicitoriferimento al “debitore, persona fisica, che ha assunto obbligazioniesclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o pro-fessionale eventualmente svolta”. Ciò, al fine “di evitare inutili col-lassi economici con la frequente impossibilità di soddisfacimentodei creditori ma, soprattutto, con il ricorso al mercato dell’usura e, quindi, al crimine organizzato”. Si punta dunque a un accordo con i creditori, sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti(che può prevedere, in alcuni casi, una moratoria dei pagamenti).

    Il “concordato” deve essere accettato da almeno il 60% dei credi-tori e prevede il coinvolgimento di “organismi di composizione” chepresentino “carattere pubblico”. Secondo gli esperti, ci si riferisce a professionisti (avvocati, commercialisti, notai) che dovranno esse-re “iscritti in apposito registro”. Sarà il giudice ad assegnare la prati-ca a uno di tali soggetti, e successivamente a ratificare il piano di ristrutturazione del debito, basandosi su un “giudizio di meritevo-lezza della condotta del debitore”, ovvero sulla ragionevole prospetti-va che l’indebitato rispetti l’impegno a effettuare i pagamenti. Con-terà, infine, anche la mancanza di colpa nell’aver prodotto il sovrain-debitamento stesso.

    ge del decreto – spiega l’avvocatoPaola Moreschini – solamente trepersone in tutta Italia (!) hanno po-tuto finora avvalersi della nuova nor-mativa. Le informazioni del ministe-ro possono essere incomplete, poi-ché è complesso censire presso itribunali simili dati. Ma è chiaro chela legge finora di fatto non ha avutoapplicazione».

    Organismi pubbliciNon si tratta, tuttavia, dell’unicoproblema. A prescindere dalla suanon-attuazione, il testo di legge èstato fortemente criticato. Esso in-fatti incarica non meglio identificati“organismi di composizione” di af-frontare le crisi finanziarie dei citta-dini sovraindebitati. «Nella primaversione del testo – sottolinea Dona-ta Monti, presidente di Pro.Seguo,associazione che da anni si battecontro l’esclusione da sovraindebi-tamento – si era parlato anche di or-ganismi privatistici, ma nelle modi-

    fiche successive si sottolinea il “ca-rattere pubblico” che devono averegli organismi di composizione. Ciòtaglia fuori realtà come i centri diascolto, le fondazioni antiusura o leCaritas, che da molto tempo si occu-pano della questione».

    Si perde così la possibilità di sfrut-tare un’esperienza consolidata, fattadi rapporti con il territorio e cono-scenza dei tanti problemi (anche so-ciali e umani, non solo economici)che ruotano attorno alle situazioni dicrisi finanziaria delle famiglie. E ca-pace di accompagnare i debitori nelcomplesso percorso verso l’esdebita-zione. Il motivo di tale esclusione?«Sembra che il legislatore conoscapoco la materia. Ma sono pesati an-che i pregiudizi e la forza delle lob-by», aggiunge Donata Monti.

    Avvocati, commercialisti e notai,essendo inseriti in elenchi pubbliciin quanto appartenenti a ordini pro-fessionali, potrebbero infatti esserei principali “destinatari” della nor-

    I TA L I A C A R I TA S | M A R Z O 2 0 1 3 17

  • Le Caritas accompagnano:«Educazione e ristrutturazione»

    Agli sportelli Caritas bussano da tempo. Sempre piùnumerosi. Da nord a sud, il popolo dei sovraindebitatisi rivolge a strutture di accoglienza, ascolto, aiuto fi-nanziario, psicologico e tecnico, per uscire dal circolovizioso in cui cade chi è andato ben oltre le spese chele sue entrate gli avrebbero concesso.

    A Pozzuoli, nel 2006 è nato il progetto Liberi: «Gra-zie a esperti commercialisti, bancari e avvocati, fornia-mo aiuto concreto a persone esposte nei confronti, adesempio, di banche o società finanziarie – racconta Do-menica Centola, responsabile dello Sportello antiusuradella Caritas diocesana –. È difficile da credere, ma esi-stono soggetti che hanno contratto debiti con sei, set-te, perfino dieci soggetti: come possono le finanziariecontinuare a erogare denaro a chi risulta già così espo-sto? È assurdo! Per non parlare delle maledette cartedi credito revolving (che prevedono un rimborso ratea-le, a tassi spesso altissimi, ndr)…».

    Lo sportello campano – che ha aiutato un centinaiodi famiglie a ristrutturare i propri debiti, con un inter-vento finanziario medio pari a 15 mila euro, in collabo-razione con l’Ambulatorio antiusura di Roma, associa-zione attiva dal 1996 – sarà presto affiancato dallaFondazione Paulus, nuova struttura riconosciuta dalleautorità pubbliche e che, con il sostegno di Banca Eti-ca, potrà contare su fondi propri. «Ma continueremo a occuparci anche di prevenzione e di sostegno legalea chi cade nelle giogo degli strozzini», aggiunge Centola.

    Per ragioni legittimeA Vicenza lavora il “Servizio Strade”, progetto di micro-credito etico-sociale nato nel 2006: «Abbiamo di fronteuna nuova povertà – spiega Stefano Osti, coordinatoredel servizio –. Non più circoscritta ai disoccupati, bensìallargata a chi ha un lavoro e percepisce reddito, macomplice la crisi non è in grado di onorare i propri im-pegni». “Strade” può contare su tredici centri di ascolto

    ma. La composizione delle crisi de-bitorie familiari potrebbe divenire difatto un loro “monopolio”. «D’al-tronde le parti sociali si sono mossein grave ritardo, così non hannoavuto modo di incidere a sufficien-za», conclude Monti.

    Intanto, in attesa dei regolamenti

    WELFARE SQUILIBRATO,VOLGIAMOCI AL PASSATO

    contrappuntodi Domenico Rosati

    che facesse da regola per contenerele spinte settoriali, non contrastateda una guida politica. È accaduto perle pensioni come per la sanità, conesiti di frammentazioni e divarica-zioni di tanto in tanto rimediate daqualche parziale intervento di rifor-ma.

    Vi sono comunque state, lungoquesto itinerario, almeno due op-portunità di riequilibrio. Negli anniSessanta si deliberò in sede parla-mentare un “programma economiconazionale”, nel quale la materia dellasicurezza sociale trovava una siste-mazione completa. E ciò avvenivasoprattutto con la definizione dellelinee della riforma dell’assistenza(da affiancare a previdenza e sanità),in modo da affiancare alla coperturadegli insider anche quella degli out-sider che il sistema continuava a pro-durre.

    L’altra grande occasione di riequi-librio, decenni dopo, fu il varo del“sistema integrato di interventi e ser-vizi sociali” (Legge 328/2000), nelquale la comunità prendeva final-mente in carico tutte le situazioni di

    bisogno, connesse o meno al processo produttivo. Eraprevisto, tra l’altro, un “reddito minimo d’inserimento”come misura di contrasto alla povertà; e si voleva realiz-zarne una sperimentazione per saggiarne costi ed effi-cacia pratica. Ma non se ne fece nulla per effetto di unaimpostazione fortemente… revisionista, impressa dalgoverno insediatosi nel 2001 all’intero complesso dellepolitiche sociali. C’era in quella legge anche un capitolosul sostegno alle responsabilità familiari, di cui non c’èstata attivazione.

    Ecco: proprio gli spunti critici del saggio, con l’esorta-zione a rivisitare la storia, inducono a riprendere in con-siderazione – pur nel drammatico contesto determinatodalla crisi – materiali ed esperienze (in)compiuti. Non perripartire da dove il lavoro si interruppe, ma almeno perricordare che un disegno, un progetto, una visione “com-piuta” di sicurezza sociale vennero elaborati e sono an-cora disponibili. Per non ripartire sempre da zero.

    Un duplice squilibrio segna il welfare italiano. Da un lato il pri-vilegio accordato alle tutele previdenziali (pensioni) rispettoalle sociali (famiglia, disoccupazione, povertà); dall’altro laconcentrazione dei benefici sugli occupati (insider) rispetto agliesclusi (outsider). È la tesi di un recentissimo saggio curato da Mau-rizio Ferrera e altri (Alle radici del welfare all’italiana. Origini e futurodi un welfare squilibrato, Marsilio 2013): tesi in buona misura con-divisibile, soprattutto perché comprovata da una ricostruzione sto-rica analitica e ben documentata. Meno convincente è l’indicazionedi una correzione imperniata sull’idea che per dislocare in modougualitario le tutele si debbanosconvolgere quelle (anche minime)finora acquisite. Dove è sintomatical’acquiescenza al luogo comune percui la “riforma Fornero” è da consi-derarsi… mutilata, in quanto nonconforme alle esigenze di flessibilitàche il sistema richiede. E dove è sot-tintesa, anche se non espressa inchiaro, la valutazione sulla funzionenegativa delle forze, in primo luogoil sindacato, che più intensamentehanno operato per costruire il siste-ma di protezione sociale in Italia.

    Due occasioni perduteTuttavia l’approccio storico offre gli spunti più interes-santi. Semplificando, si può riconoscere che la legisla-zione italiana ha scelto, nel secondo dopoguerra, un de-terminato modello di protezione sociale, senza tuttaviaassicurarsi che ne esistessero le condizioni di esercizio.Il sistema delle assicurazioni sociali (adottato al posto diuno schema di “sicurezza sociale”, pure auspicato daicattolici fin dal 1949) era fondato sul riconoscimento deidiritti in capo ai lavoratori. Ma proprio per questo, in li-nea teorica, presupponeva esistenza o conseguimentodella piena occupazione, ciò che allora si riteneva nonsolo desiderabile, ma anche possibile.

    Sul binario assicurativo, basato sul rapporto tra con-tributi e prestazioni, è cresciuto poi, per estensioni suc-cessive, l’intero sistema, diventato “universale” per allar-gamenti progressivi (si pensi alle estensioni al mondodegli autonomi), al di fuori di un disegno complessivo

    Il nostro sistema di sicurezza sociale

    è due volte sbilanciato.Per correggerlo, non vanno erose

    le tutele conquistate:basta ricordare che,

    nella storia dellarepubblica, è esistito un progetto organico.

    Materiale ancoradisponibile…

    I TA L I A C A R I TA S | M A R Z O 2 0 1 3 19 18 I TA L I A C A R I TA S | M A R Z O 2 0 1 3

    attuativi, alcune procure “intrapren-denti” hanno cominciato ad applica-re la legge secondo la loro interpre-tazione. Il 25 settembre 2012 il tribu-nale di Barcellona Pozzo di Gotto haindividuato in due professionisti gli“organismi di composizione” dellacrisi debitoria (all’epoca non erano

    nazionale fallimenti

    MANI LEGATELa legge sui fallimenti individualiper ora resta senza efficacia

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    con 150 volontari qualificati, che ricevono una forma-zione ad hoc prima di operare. «Dal 2009 ci siamo resiconto che il solo strumento del microcredito non basta-va e abbiamo predisposto un fondo straordinario di so-lidarietà, rimasto attivo per due anni, alimentato dalladiocesi, da donazioni di privati, aziende e alcuni sogget-ti bancari. Abbiamo ascoltato 2.200 persone, ed eroga-to 923 mila euro». La Caritas vicentina ha poi avviatoun programma di “Sostegno di vicinanza”, attraverso il quale si chiede alle famiglie agiate di aiutare nucleiin difficoltà: un modo per risolvere i problemi dei sovraindebitati che, al contempo, costituisce anche un potente collante sociale.

    Dal 1998 opera invece a Tempio Pausania la Fonda-zione antiusura Santi Simplicio e Antonio, riconosciutaa livello ministeriale dal 2001, i cui servizi abbraccianooggi l’intera Sardegna. «Gestiamo fondi del Tesoro peraiutare le famiglie che non hanno più accesso al credi-to ordinario, magari perché protestate», racconta la re-sponsabile, Alessandra Cossu. La struttura ha aiutatocentinaia di persone, garantendo fino a 20 mila europrocapite per risanare le posizioni debitorie: «Si trattaspesso di persone che si sono esposte per ragioni legit-time, dall’acquisto di un mezzo di trasporto alla ristrut-turazione di una casa. A loro garantiamo un sostegnotecnico per la ristrutturazione del debito, trattando direttamente con i creditori. E cerchiamo di insegnarecome comportarsi in futuro per non ripetere gli stessierrori». Un sostegno concreto, non solo finanziario: in molti casi, un aiuto insostituibile.

    Avvocati, commercialisti e notai sonoinseriti in elenchi pubblici, in quantoappartenenti a ordini professionali: la

    composizione delle crisi debitorie familiaripotrebbe divenire un loro “monopolio”

    ancora intervenute le modifiche deldecreto legge 179, che indicanoesplicitamente la necessità di iscri-zione di tali organismi in “appositoregistro”). Un modo per evitare diperdere tempo, e consentire ai citta-dini di cominciare a usufruire di unsalvagente che per ora, a causa dellalentezza della macchina statale, ha laconsistenza di un miraggio.

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    panoramaitalia

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    Si è concluso a fine febbraio l’impegno del governo nell’assistenza dei profughi dalNord Africa, sbarcati sulle coste italiane nel 2011. Diverse migliaia di persone, però,sono ancora presenti nelle strutture di accoglienza, fra cui quelle messe a disposi-zione dalle realtà religiose e di ispirazione cristiana, in primis dalle Caritas diocesa-ne. Il semplice rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, infatti, ha sortito un effetto parziale: diversi profughi, pur avendo ottenuto il permesso, non hanno voluto lasciare le strutture, nonostante gli incentivi economici previsti.

    Con una circolare del 18 febbraio, il ministero dell’interno ha disposto alcunemisure volte ad agevolare processi di autonomia da parte dei profughi ancorapresenti nelle strutture di accoglienza. In particolare, è stato previsto che attra-verso le prefetture vengano corrisposti 500 euro per agevolare l’uscita dallestrutture e la possibilità, da parte delle realtà di accoglienza, di utilizzare i residuidei fondi per l’accoglienza al fine di continuare l’assistenza dei soggetti vulnera-bili, fino al loro inserimento nel circuito Sprar.

    Nei mesi iniziali del 2013, l’attività di interlocuzione istituzionale si era molto ral-lentata, a causa della caduta del governo Monti. Sono dunque rimasti irrisolti proble-mi particolarmente delicati, come la situazione dei minori non accompagnati; a que-sto proposito, si attende ancora il rimborso spese che comuni ed enti gestori (fracui le Caritas) hanno responsabilmente sostenuto nei mesi scorsi, sulla base di unaccordo preciso con il governo, che avrebbe dovuto coprirle con risorse proprie, trat-tandosi di competenze dello stato centrale. Resta peraltro da capire chi si occuperàd’ora in poi dell’accoglienza dei minori, fino al compimento dei 18 anni anno di età.

    Sbloccare le risorseL’associazionismo e i soggetti coinvolti nell’accoglienza, come richiesto ancheda regioni, province e comuni, fanno pressioni sul governo, perché sblocchi le risorse già assegnate per la copertura dei costi di accoglienza dei minori nel2012, nonché le risorse destinate a finanziare l’accoglienza dei cittadini stranie-ri per l’anno 2012 e la prosecuzione della stessa (con particolare riferimento alle persone vulnerabili) fino al 28 febbraio.

    Intanto, gli sbarchi di dicembre hanno portatocirca mille persone a Lampedusa, mettendo nuo-vamente in crisi il sistema nazionale di accoglien-za. La soluzione adottata dal governo non è peròandata nella direzione di un rafforzamento del si-stema nazionale d’accoglienza di rifugiati e richie-denti asilo: l’ennesima occasione persa.

    migramed

    Emergenza Nord Africa conclusa,ma ora chi si occupa dei profughi?

    combattere denutrizione e sottoa-limentazione. I floricoltori hannodeciso di destinare una parte delricavato della vendita di primule(per San Valentino) e gerani (perla Festa della mamma) ai progettiche Caritas promuove in Africa.Il progetto ha anche altre applica-zioni, e permette ai donatori didestinare fondi a interventi nelmondo, ma anche in Alto Adige.

    il business. A San Valentino, Cari-tas diocesana e floricoltori dell’Al-to Adige hanno dato vita all’inizia-tiva “Con i fiori, ogni buonaazione vale il doppio”: chi ha ac-quistato un omaggio floreale col-tivato da uno dei 31 esercizi difloricoltura aderenti, ha contribui-to ad assicurare a famiglie del-l’Etiopia alberi da frutto (mango,papaya e limoni), che aiutano a

    5a cura dell’Ufficio comunicazione

    si prendono in carico una fami-glia bisognosa, attraverso un aiu-to sistematico, anche di carattereeconomico. L’iniziativa è coordi-nata dalla Caritas diocesana,mentre resta attivo il “Fondo Fa-miglie” diocesano, istituito in oc-casione della Quaresima 2009 e che sino a oggi ha distribuito oltre 300 mila euro a soggetti in difficoltà, individuati da Caritas,cui occorre aggiungere i 280 milaeuro erogati con il microcredito.Tornando alla nuova iniziativa, gli“adottanti” possono fare offerteil cui ricavato viene utilizzato perpagare utenze, spese scolasticheo sanitarie, rinnovare documenti.

    VERONACitt.Imm, obiettivointegrazione:terzo mandatoe rete più ampia

    Siglato nel 2006, a iniziofebbraio il “Protocollo

    Citt.Imm” è stato rinnovato perun altro triennio (il terzo), sino al2015. Vi hanno aderito la Caritasdiocesana, provincia e comune diVerona, altri comuni del territorio(tra cui alcuni nuovi), l’Unione co-muni Verona Est e l’Anci Veneto,le Aziende Ulss 21 e 22, la Casacircondariale locale, sigle del vo-lontariato. Citt.imm ha consentitol’apertura di molti sportelli infor-mativi e il varo di iniziative coordi-nate per favorire l’integrazionedei cittadini immigrati. Ha inoltreoperato per consolidare reti terri-toriali, formare operatori di entipubblici e del privato sociale, ren-dere accessibili informazioni, pro-durre guide informative e formati-ve per cittadini e operatori.

    BOLZANO-BRESSANONERegali solidali:alberi in Africagrazie ai fioridi San Valentino

    Regali solidali. Sono possi-bili anche nel giorno in cui

    a trionfare, oltre all’amore, è pure

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    formazione e promozione dellefamiglie affidatarie. Ora la retelancia la campagna di sensibiliz-zazione “Affido… da oggi suonameglio”, che propone sei formedifferenti di affido: da quello atempo pieno a quello “part time”(vacanze, fine settimana, anchesolo qualche ora al giorno), dal-l’affido “mamma e bambino”(aprendo loro la casa per un pe-riodo) al sostegno a un’intera fa-miglia in difficoltà, dall’“affido diprossimità” (buoni rapporti di vici-nato con famiglie che non hannoproblemi tali da richiedere l’inter-vento degli assistenti sociali)all’“affido pronta accoglienza”(cure in casa propria a un neona-to, accompagnandolo nei primianni di vita). Caritas Ambrosiana

    20 I TA L I A C A R I TA S | M A R Z O 2 0 1 3

    ha aperto uno sportello che offreconsulenza alle famiglie che vo-gliono fare affido, scegliendo trauna delle modalità possibili.

    CREMONAIn Quaresimasi rafforzail “Sostegnoa vicinanza”

    La tradizionale “Quaresimadi carità” di Caritas Cremo-

    na intende offrire, quest’anno, un“Sostegno a vicinanza” a perso-ne e famiglie che soffrono a moti-vo della crisi economica. Il mec-canismo ricalca le modalità diaiuto delle “adozioni a distanza”:gruppi di famiglie, parrocchie, ora-tori, associazioni o altri soggetti

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    MILANOMinori in difficoltà:una campagnaper illustrare sei tipi di affido

    A Milano sono 216 le fami-glie che stanno sperimen-

    tando l’affido. Ma stando al co-mune, sono 700 i minori cheancora vivono in comunità: le fa-miglie disponibili ad aprire le por-te di casa sono ancora poche.Per promuovere l’affido familiare,comune di Milano, Caritas Am-brosiana e altre 17 realtà del pri-vato sociale hanno dato vita, dueanni fa, a una rete che, grazie alsostegno della Fondazione Cari-plo, ha consentito di potenziare i servizi di selezione, assistenza,

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    E venne il tempo della ricostruzione. A dieci mesi dal terre-moto che colpì Emilia Romagna, Lombardia meridionale ealcuni territori del Veneto, Caritas Italiana si appresta, amarzo, a inaugurare le prime strutture realizzate con i fon-di raccolti tra tanti cittadini e fedeli di tutta Italia, grazie an-che alla mobilitazione delle Caritas diocesane e delledelegazioni regionali Caritas. Caritas ha programmato 17cantieri, per realizzare altrettanti centri della comunità, ov-vero strutture polifunzionali, prefabbricate ma solide e du-rature, di superificie variabile, deputate a ospitare attivitàpastorali, aggregative, ricreative e sociali, ormai sperimen-tate da decenni, in diversi contesti di post-terremoto.Dei 17 cantieri previsti, per un programma di interventiche ammonta a circa 7 milioni di euro, 11 sono stati aper-ti (cinque nella diocesi di Modena, due in quella di Carpi,uno a testa nelle diocesi di Bologna, Ferrara, Reggio Emilia

    e Adria-Rovigo). I primi risultati sono alle porte: il 10 marzoverrà inaugurato il centro della comunità di Medolla (dioce-si di Modena, parrocchia gemellata con la delegazione Pie-monte Valle d’Aosta, che ha cofinanziato l’intervento),il 17 marzo quello (nella foto) di Stuffione (sempre diocesidi Modena, gemellata con il Triveneto). Buona parte dellealtre strutture saranno pronte entro il primo anniversariodel terremoto, nell’ultima decade di maggio. In alcuni casi,si è ancora in attesa dei permessi a costruire dei comuni.Continua intanto a lavorare il magazzino a Mirandola (pres-so il centro di coordinamento Caritas), che alimenta la di-stribuzione di pacchi alimentari e altri aiuti, effettuata dalleCaritas parrocchiali. Proseguono anche i gemellaggi, chehanno favorito anche l’intervento di centinaia di volontari,soprattutto giovani, chiamati a occuparsi, in particolare,dell’animazione rivolta a minori, anziani e persone fragili.

    TERREMOTO NORD ITALIACantieri per realizzare17 centri della comunità,prime inaugurazioni in Emilia

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    SAN MASSIMILIANOA Mirandola il nono incontro dei giovani in servizio civile

    Nei luoghi del terremoto, e precisamente a Mirandola (provincia di Modena, diocesi di Carpi) si svolgerà quest’annol’incontro nazionale dei giovani in servizio civile, organizzato dal Tavolo ecclesiale per il servizio civile e giunto alla nonaedizione. L’appuntamento è per martedì 12 marzo, giorno in cui la chiesa celebra la memoria di san Massimiliano,martire per avere opposto obiezione al servizio militare. Il tema dell’incontro sarà quello indicato da papa BenedettoXVI per la Giornata mondiale della pace svoltasi il 1° gennaio, ovvero “Beati gli operatori di pace”. Nelle Caritas del-l’Emilia Romagna terremotata sono in servizio circa 130 volontari, una parte significativa dei quali lavorano con le co-munità colpite dal terremoto. A loro, nella festa, si uniranno giovani da tutta Italia. www.caritasitaliana.it

  • istituzionale nel capo-luogo lombardo l’8febbraio; nel salu-to ai responsa-bili Caritas, alleautorità cittadi-ne e ai rappresentanti

    delle altre realtà che hanno promosso il Rifugio,ha ricordato che una delle radici del processo di unificazione europea risiede nell’assicurare ai cittadi-ni del continente diritti, giustizia e benessere sociale.L’incontro di Milano è stato occasione anche per pre-sentare in anteprima a Schulz i contenuti e le istanzedel rapporto L’impatto della crisi europea, presentato uf-ficialmente a Dublino a metà febbraio ed elaborato daCaritas Europa con le cinque Caritas nazionali dei paesi(Portogallo, Spagna, Italia, Grecia e Irlanda) più colpitidalla crisi economica. Jorge Nuño Mayer, segretario ge-nerale di Caritas Europa, ha osservato che «la crisi nonè un fatto soprannaturale, ma è determinata da una fi-nanza ancora senza regole e dalle politiche di austeritàche hanno portato alla disperazione milioni di persone».

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    panoramaitalia

    d’intesa, per migliorare l’occu-pabilità degli immigrati apparte-nenti alle fasce deboli. L’accor-do consentirà di dare vita a percorsi di orientamento e for-mazione e a esperienze di tiroci-nio in azienda, rivolte in genera-le ai migranti, ma con un occhiodi riguardo per i richiedenti asiloo protezione umanitaria.

    NAPOLIAi centri d’ascoltonella regioneper la prima voltasono più gli italiani

    Per la prima volta sono piùgli italiani che i migranti:

    56,5%, rispetto al 43,2% dell'an-no precedente. Il Dossier Caritas2012 sulle povertà in Campania,presentato a febbraio a Napoli,rivela che gli utenti dei centrid’ascolto Caritas nelle diocesicampane in quattro anni sonoraddoppiati: erano 4.712 nel2008, sono diventati 8.504 nel2011. Per la prima volta a rivol-gersi alle Caritas sono stati piùgli italiani dei migranti. Solo treanni prima, nel 2008, la percen-

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    «La dignità inizia con il rispetto. E uno dei problemiprincipali della società moderna è la mancanza di

    rispetto. Quello che voi fate è rispettare le persone, nonimporta in che condizioni si trovino». Il presidente delparlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, ha saluta-to con parole tutt’altro che di circostanza gli operatoridel Rifugio Caritas, gestito da Caritas Ambrosiana neipressi della stazione Centrale di Milano, che in poco piùdi un anno ha ospitato circa 250 persone senza dimora.Il numero uno del parlamento di Strasburgo era in visita

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    MILANOIl presidente del parlamento Uein visita al Rifugio della Centrale:«Rispetto, base della società»

    lamento, e più in generale, dalleprecarie condizioni di vita cui so-no costretti i detenuti, molti deiquali poveri, o senza il supportodella famiglia alle spalle (soprat-tutto perché immigrati). La Cari-tas diocesana di Trapani ha voluto ribadire con un appello all’opinione pubblica locale lesue preoccupazioni per la realtàdel carcere di Favignana e diquello di Trapani, che avrebberobisogno di interventi e migliora-menti radicali. La diocesi e laCaritas diocesana da anni ope-rano per il rispetto dei diritti deidetenuti: visite periodiche ai de-tenuti che non ne ricevono, assi-stenza chi non ha alle spallefamiglie o “organizzazioni”, contributo mensile a chi non ha capacità finanziarie, sostegno a detenuti domiciliari in situazio-ne di disagio. Fuori dal carcere,sono state attivate piccole strut-ture di accoglienza; altro stru-mento importante sono le borselavoro, in cui sono stati inseriti60 persone. L’appello al territo-rio è chiarissimo: bisogna lotta-re per evitare la disumanizzazio-ne delle strutture carcerarie.

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    tuale degli italiani si attestava al 38,2%. Ma i numeri, è statoprecisato alla presentazione del Dossier, non dimostrano chela condizione dei migranti sia mi-gliorata. Sono piuttosto i bisognidella popolazione italianaa essere cresciuti fortemente:i problemi principali di persone e famiglie che si rivolgono ai cen-tri d’ascolto sono di natura eco-nomica (60,3% per gli italiani,44,3% per i migranti) e occupa-zionale (38,6% e 35,8%). Gli indi-catori socio-economici regionali(crescita economica negativa ormai da anni, reddito pro capiteal 63,4% della media nazionale,record di disoccupazionegiovanile), spiegano un quadro di bisogni che sempre più drammatico.

    TRAPANIPreoccupazioneper le cattivecondizionidei detenuti

    Una situazione “molto preoccupan-

    te”. Causata dal sovraffol-11

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    persone in mobilità, nuovi poveriin generale. Nove le specializza-zioni di cui si può usufruire, gra-zie alla disponibilità dei medici.Si accede alle visite con tariffeagevolate ricevendo un passdall’ambulatorio Caritas.

    SENIGALLIAAmbulatorio Caritasnella rete nazio