Italia Caritas

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In Italia sono tra 70 e 100 mila. Difficile intercettarli, censirli, liberarli. Gli stagionali stranieri che lavorano nel settore agricolo sono vittime di illegalità e violenze. Presidio, progetto Caritas in dieci diocesi, cerca di conoscerli. E aiutarli campı POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 – AUT. GIPA/NE/PD/31/2014 Povertà Più disuguaglianze, serve un reddito minimo. Senza confusioni Il mondo in 10 alimenti “Manioca revolution”, pane all’africana Kenya La linfa che nutre Al Shabab, la inumana “Gioventù del terrore” Italia Caritas MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLVIII - NUMERO 4 - WWW.CARITAS.IT maggio 2015 neı Ombre

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In Italia sono tra 70 e 100mila. Difficile intercettarli,censirli, liberarli. Gli stagionali stranieri che lavorano nel settoreagricolo sono vittime di illegalità e violenze.Presidio, progetto Caritasin dieci diocesi, cerca di conoscerli. E aiutarli

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Povertà Più disuguaglianze, serve un reddito minimo. Senza confusioniIl mondo in 10 alimenti “Manioca revolution”, pane all’africanaKenya La linfa che nutre Al Shabab, la inumana “Gioventù del terrore”

Italia Caritas

M E N S I L E D I C A R I T A S I T A L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X LV I I I - N U M E R O 4 - W W W. C A R I T A S . I T

maggio 2015

neıOmbre

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editoriali

MISERICORDIACHE NON CEDEALLO SCARTO

Gesù e Giuseppe, ha sperimentato ladura condizione.

Vi era dunque un piano di Dio chenon si accontentava dell’esistente,ma proiettava una società ben diversada quella che regge il sistema econo-mico sul proprio tornaconto. Dio poinon era un essere distante, ma capacedi soccorrere il popolo, consideran-dolo con amore: mostrava una fedeltàper i secoli. Il Magnificat ci insegnaquesto, e altro.

Che la santità cristiana non sia au-toreferenziale e intimista, lo si rilevaanche dall’atteggiamento di Maria su-bito dopo l’Annunciazione. Giovane donna raggiunta da una notizia inattesa,avrebbe avuto il diritto di chiudersi in casa e prepararsi al grande evento. Al con-trario, il Vangelo nota che «si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa».Approccio dinamico alla vita e assenza di paura per la fatica, poiché c’era unfine solidale: condividere con Elisabetta la gioia della maternità, e offrire un aiu-to, a un’anziana, necessario e gradito. Già nelle prime pagine del Vangelo, quin-di, appare la dimensione della carità come costitutiva della spiritualità cristiana,quindi anche della devozione mariana, coltivata in questo mese di maggio.

Il seguito del Vangelo confermerà una tale impostazione. Maria non si in-teressò solo di Gesù, ma anche della gente: lo testimonia l’episodio di Cana.L’ultimo accenno che la Scrittura fa di lei, la vede nel Cenacolo in preghiera,in attesa dello Spirito. Avrebbe potuto isolarsi dai discepoli, allontanatisi allamorte di Gesù; invece rimase con loro: quasi un testamento spirituale, che ri-corda quanto siano necessarie la comunione tra noi, la preghiera e la capacitàdi non pretendere che tutto si realizzi subito. Possiamo quindi porci sotto lasua protezione, e guardare a Maria come modello dell’impegno Caritas.

apa Francesco, durante la viaCrucis del Venerdì santo, ha ri-chiamato l’attenzione sui tanticristiani – più numerosi che nei

primi secoli – perseguitati e uccisi, dalMedio Oriente all’Africa. Ha esortato lacomunità internazionale a non ignora-re il loro strazio, così come il dolore diquanti sono abbandonati e sfiguratidalla nostra negligenza e indifferenza.

E dopo l’ennesima tragedia nel ca-nale di Sicilia, esortando la comunitàinternazionale ad agire, ha ribadito:«Sono uomini e donne come noi, fra-telli nostri che cercano una vita miglio-re, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati,vittime di guerre». Davanti alla crudeltàdell’uomo e alle iniquità del mondo,emerge l’infinita misericordia di Dio,che siamo chiamati a incarnare nellaconcretezza della testimonianza. Nel-l’esortazione apostolica Evangelii Gau-dium, il papa auspica che «le comunitàavanzino nel cammino di una conver-sione pastorale e missionaria, che nonpuò lasciare le cose come stanno».

Dimensioni peculiariUna tale conversione ci chiede di tor-nare alle origini, alla Chiesa descrittanegli Atti: «Erano assidui nell’ascoltarel’insegnamento degli apostoli e nel-l’unione fraterna, nella frazione delpane e nelle preghiere»: quattro carat-teristiche, le dimensioni peculiaridell’essere Chiesa di misericordia, cherestituisce dignità a ogni persona. Eimpegna ciascuno di noi a verificarese le parole della misericordia ci coin-volgono personalmente, inducendocia osservare e ascoltare con continuità,obbligandoci a tenere occhi aperti eudito desto, impegnandoci nella de-nuncia, ma anche a non cedere allasfiducia e all’esasperazione.

Maggio, mese mariano. Nel Magnificat, una

visione che sconvolge il predominio dei

potenti, e ridona dignitàagli ultimi. Come

i migranti, che solo i naufragi portano allaribalta, e di cui Maria

ha sperimentato la duracondizione fuggendo

con la famiglia in Egitto

Pdi Luigi Bressan di Francesco Soddu

LA RIVOLUZIONEPROCLAMATADA MARIA

enticinque anni fa intesi proclamare che la preghiera del Ma-gnificat conteneva una visione rivoluzionaria. Mi trovavo inAsia e mi sorprese un tale asserto, abituato com’ero a meditare

quel testo come modello di preghiera rivolto a Dio per ringraziarlodella sua bontà ed esempio della pietà di Maria. Poi mi resi progres-sivamente conto della sua dinamica, che sconvolgeva il sistema dipredominio dei potenti, scioglieva i progetti dei superbi e ridonavadignità agli umiliati del mondo e cibo agli affamati. Come ad esempioi migranti, incalzati da persecuzione e bisogno, che solo le tragediedel mare portano alla ribalta e di cui Maria, fuggendo in Egitto con

V

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direttoreFrancesco Soddu

direttore responsabileFerruccio Ferrante

coordinatore di redazionePaolo Brivio

in redazioneUgo Battaglia, Paolo Beccegato,Salvatore Ferdinandi, Renato Marinaro,Francesco Marsico, Sergio Pierantoni,Domenico Rosati, Francesco Spagnolo

hanno collaboratoDanilo Angelelli, Francesco Carloni,Francesco Dragonetti, RobertaDragonetti

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sommario

rubriche

3 editorialidi Luigi Bressane Francesco Soddu

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

13 databasedi Walter Nanni

17 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia TERREMOTO IN ABRUZZO,SEI ANNI DOPO

24 poster UCRAINA, PROFUGHIPROSSIMI

36 mercati di guerradi Paolo Beccegato

38 zeropovertydi Laura Stopponi

39 contrappuntodi Alberto Bobbio

40 panoramamondo CARCERE AD HAITI,CICLONE A VANUATU

47 a tu per tuTYRONE NIGRETTI:«CANTO IL FATTORE H.CON RABBIA E TENEREZZA»di Daniela Palumbo

nazionale

6 OMBRE SFRUTTATEDALL’AGRICOLTURAdi Luciana Forlino

10 REDDITO MINIMO:INCLUDIAMO, SENZA CAPPELLIdi Francesco Soddu

14 ESPLODONODISUGUAGLIANZEdi Enrico Giovannini

18 SERVIZIO CIVILEUNIVERSALE? RIFORMARIDUTTIVAdi Diego Cipriani

19 PREMIO NERVO-PASINI,CARITÀ FORMATORICERCAdi Salvatore Ferdinandi

internazionale

26 Viaggio intorno al mondoin dieci alimenti / NIGERIA-CONGO

CASSAVA REVOLUTION,IL PANE ALL’AFRICANAdi Eyoum Ngangué

30 KENYA: LA LINFA CHE NUTRELA BRUTALE GIOVENTÙdi Angelo Pittaluga e Marco Iazzolino

37 ROMERO BEATO:EVOLUZIONE DI UN PROFETA

anno XLVIII numero 4

IN COPERTINALavoratori africaniin un aranceto calabrese.Gli stagionali irregolarinelle nostre campagne sono quasi centomila:ignorati e sfruttati,è assai difficile aiutarlifoto Max Hirzel - Haytham

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che porta incisi i segni dell’amore e della passione per ilsuo popolo.

Un corpo scritto come un libro, aperto e nudo, espostoagli sguardi di chi passa e alle diverse interpretazioni: vie-ne insultato (Marco 15,29), viene deriso e letto solo per ri-badire la propria giustizia (15,31), viene frainteso (15,35).C’è qualcuno, uno straniero, che legge il libro del corpomartirizzato di Cristo con attenzione e silenzio, non di-stogliendo lo sguardo dal quel volto, e lo interpreta comesi deve: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (15,39).

La vita, la parola dei profeti scomodi del nostro tempo,scritta per sempre nella loro carne con il sangue del mar-tirio, si consegna a noi come un libro impossibile da di-struggere ancora, perché strappato all’oblio attraverso lamemoria. Un libro che chiede di essere ascoltato, letto econtemplato, senza sottrarci alla sfida di una Parola cheancora si fa carne nel corpo dei martiri.

Parola che si fa carneLa passione del rotolo, la passionedella parola è metafora della passio-ne del profeta; una metafora che saràvissuta ancora, non più nella formadi un rotolo scritto, ma nella passio-ne di un corpo, nella passione dellaParola fatta carne. È primavera: inuna festa di Pasqua, la Parola fattacarne, Gesù di Nazaret consegna sestesso, con il suo corpo, alle mani deisuoi amici – durante la cena – e deisuoi nemici – durante la notte.

La parola di denuncia e accusacontro Gerusalemme, il tempio, i ca-pi (Luca 19,47), contro l’ipocrisia diuna religiosità esteriore, compiacen-te, affamata di visibilità e al contem-po della vita dei poveri (Luca 20,45-47), si era fatta udire forte e chiara. Equesta parola, come quella di un pro-feta scomodo, va fatta tacere.

Per far tacere quella parola, però,non basta bruciare un rotolo, ma sitortura, si maltratta e si uccide il pro-feta stesso. Nel momento in cui ilprofeta torturato è inchiodato allacroce, quel corpo martirizzato diven-ta libro scritto con il sangue: un libro

ell’inverno del 605 avanti Cristo, un profeta scomodo, costret-to a nascondersi e impossibilitato a parlare pubblicamente,chiama un amico fidato e gli consegna parole di denuncia,

che chiedono una presa di coscienza, l’abbandono di comporta-menti perversi e menzogneri. Quelle parole, forti come «un martel-lo che spezza la roccia» (Geremia 23,29), vengono scrupolosamentee fedelmente scritte in un rotolo: lo si dovrà leggere nel tempio, inun giorno di digiuno, affinché più gente possibile lo possa udire eforse - ascoltando quelle parole - cambiare vita.

È la speranza di Geremia, che consegna la sua denuncia a Baruc,

IL CORPO DEI MARTIRI,UN LIBRO INDISTRUTTIBILE

amico fedele, il quale la leggerà a vo-ce alta, a tutto il popolo nel tempio.Le parole sono fuoco (23,29) che im-pietosamente rivela le ipocrisie e lestorture di un’apparente religiosità,ammantata di perversità e menzo-gna; le parole raccontano della tra-sgressione dei precetti del decalogo,proprio di quelli che riguardano la vi-ta dei fratelli, travestita di pietà e ma-scherata sotto la preghiera devota, laprostrazione a Dio, il pellegrinaggioverso la sua casa (7,8-10).

Le parole del profeta svelano, met-tono a nudo e danno fastidio; si co-mincia a sussurrare che deve morire, lo si minaccia dimorte (11,21), lo si condanna persino a morte in tribuna-le (26,8.11), dove sorprendentemente riceve la grazia del-la vita (versetto 24). Allora lo si elimina dalla vista, costrin-gendolo a nascondersi: ma le sue parole arrivano lo stes-so, nella forma inequivocabile di uno scritto, che si leggee si rilegge (36,10.15.21).

Le sue parole scomode, che tolgono la quiete, fannopaura (v. 16). E alla fine giungono fin dentro il palazzo delre. A Ioiakìm vengono lette e lui le ascolta in silenzio. Nonpuò annientare il profeta che è nascosto, al sicuro; ma dicerto può annientare la sua parola, un’operazione tra l’al-tro più facile e incruenta. Così, dopo la lettura di tre oquattro colonne, il re prende il rotolo dalle mani delloscriba che legge, lo lacera con un temperino e lo brucia,gettandolo nel fuoco del braciere posto al suo fianco, perscaldarsi: si è in inverno.

Geremia consegna al popolo e al potere un rotolo di denuncia

della religiositàmenzognera: verràbruciato. Gesù sullacroce espone i segni

dell’amore: libro che scampa all’oblio.

E chiede di essere letto e contemplato, senzasottrarsi alla sua sfida

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parolaeparoledi Benedetta Rossi

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Nessuna misura di sicurezza, nessunacopertura assicurativa, vitto scarso, alloggifatiscenti, dimore in casolari abbandonati

e decadenti, affitti abusivi. Condizioni di vita indicibili, di tipo paraschiavistico

co, negli ultimi anni, di gravi situazionidi sfruttamento, con non poche diffi-coltà. In assenza di servizi erogati dalleistituzioni pubbliche locali, spesso so-no state le Caritas diocesane a inter-cettare bisogni acuti, facendosene ca-rico secondo le proprie possibilità, siadal punto di vista della fornitura diaiuti e beni di prima necessità, sia sulversante della presa in carico delle im-plicazioni giuridico- lavorative.

Guadagnarsi la riconoscenzaL’intento del progetto, giunto al suoprimo anno di attività, è strutturare,nelle diocesi coinvolte, un presidiopermanente in favore dei lavoratoristagionali, volto ad assicurare loro unluogo di ascolto, di incontro, di presain carico, di orientamento rispetto allasituazione giuridica, medica e lavora-tiva, e un’occasione di accompagna-mento a servizi di seconda soglia, ol-tre le prime necessità riscontrate.

Presidio nasce, quindi, con l’obiet-tivo generale di avviare un’azione disistema, per intervenire sul fenomenodello sfruttamento lavorativo in agri-coltura attraverso l’attività e la colla-borazione, in sei regioni, di dieci Ca-ritas diocesane, che hanno appuntoaccettato di attivare un “presidio” nelproprio territorio.

In queste realtà, da nord a sud, mi-gliaia di lavoratori stranieri, stagional-mente o in maniera stabile e stanziale,vengono occupati, in modo per lo piùirregolare, nelle attività di raccolta difrutta, verdura e ortaggi, e frequente-mente sfruttati dai datori di lavoro.Nessuna misura di sicurezza, nessunacopertura assicurativa, vitto scarso (espesso oggetto di forme di ricatto da

DIECI CARITAS, SEI REGIONI,DIVERSE COLTUREEcco le Caritas diocesane coinvolte nel Progetto Presidio. Piemonte: Saluzzo (pesche, mele, kiwi). Campania: Caserta (pomodori,

fragole, ortofrutta) e Teggiano-Policastro (olive, fragole, ortofrutta). Basilicata: Acerenza (pomodori) e Melfi-Rapolla-Venosa (pomodori). Puglia: Foggia-Bovino (pomodori),Trani-Barletta-Bisceglie (uva, olive,pesche; orticultura e sericoltura)e Nardò-Gallipoli (angurie e meloni). Sicilia: Ragusa (orticultura, sericoltura). Calabria: Oppido Mamertina - Palmi(arance, mandarini, clementine)

ferenti, ma accomunate dalla condi-zione di sfruttamento vissuta dai lavo-ratori del settore agricolo: paghe di po-chi euro al giorno, in cambio della ne-gazione di ogni diritto elementare.

In Italia, la Flai-Cgil – OsservatorioPlacido Rizzotto, ha stimato in 70-100mila unità i lavoratori stranieri occu-pati in maniera para-schiavistica nelsettore agro-alimentare. Un fenomenodalle dimensioni allarmanti. Il proble-ma, certo, non è limitato al perimetrodi campagne, serre e allevamenti. Cheapprodi al lavoro in agricoltura, o al la-voro di cura o in edilizia, la mobilitàdelle persone è un fenomeno forte-mente caratterizzato da forme di sfrut-

tamento e traffico illecito. Tanto chel’Organizzazione internazionale dellavoro (Ilo-Oil) stima che siano oltre 12milioni le persone sottoposte a sfrut-tamento lavorativo, sessuale e schiavi-tù nei cinque continenti.

Il progetto Presidio di Caritas Italia-na si concentra dunque su un aspettoparticolare di questa dinamica globa-le. Il problema dei lavoratori stagionaliirregolari che, soprattutto con l’arrivodella stagione estiva, si riversano nellacampagne del meridione (ma non so-lo) d’Italia, dove si adattano a lavorarein condizioni di vita degradanti, eranoto da tempo a diverse Caritas dioce-sane. Diverse di esse si sono fatte cari-

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SENZA TETTO NÉ DIRITTITende della Protezione civile a Rosarno:interventi tampone, per immigratistagionali reclutati nei frutteti (a destra)

In Italia sono tra 70 e 100 mila. Difficileintercettarli, censirli,liberarli. Gli stagionalistranieri che lavoranonei nostri campi sonovittime di moltepliciforme di illegalità e violenza. Da un annoPresidio, progettoCaritas in dieci diocesi,cerca di conoscerli. E aiutarli

a busta di paga diAdrian è un’agendi-na in pelle marrone,con annotazioni apenna che si affolla-

no fitte e sgrammaticate tra le righe.Nella colonna a sinistra, dal lunedì alladomenica compresa, si contano legiornate lavorative. In quella a destra,gli acquisti effettuati dal proprietariodel fondo presso cui Adrian lavora innero, e che vengono sottratti al salario.La paga è di 25 euro al giorno, mentrenel caso di lavoro a mezza giornata è di12 euro e 50 centesimi. Non 13: 12 euroe 50. È un tipo preciso, il datore di lavo-ro di Adrian: il 6 novembre sottrae dalcompenso il pane, il 7 novembre 15 eu-ro di ricarica telefonica, il 12 novembreancora il pane e il costo di medicinaliacquistati e consegnati a domicilio…

La premurosa partita doppia del-l’agendina in pelle marrone che Adrian

conserva gelosamente è l’unica armacon cui gli operatori di Presidio stannocercando di fargli ottenere il riconosci-mento dei propri diritti, anche se in-contrare Adrian non è facile. Vive, in-fatti, da segregato presso l’azienda percui lavora, e da cui non esce quasi mai.Nei fatti, oltre all’impegno in serra,svolge il ruolo di custode dell’azienda,ma questo incarico non risulta in nes-suna colonna di dare e avere. È un tipopreciso, il datore di lavoro di Adrian.Ma solo quando conviene a lui».

In assenza di serviziLa vita di Adrian, in un’istantanea. Po-che righe, per raccontare una vicendauguale ad altre migliaia che si consu-mano quotidianamente nelle campa-gne del nostro paese. Da Ragusa a Sa-luzzo, sono numerose le storie ascol-tate dagli operatori del progettoPresidio di Caritas Italiana. Storie dif-

di Luciana Forlinofoto di Max Hirzel − Haytham «Ldall’agricoltura

nazionale immigrazione&diritti

Ombre sfruttate

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infatti, è capitato che i bisogni di un be-neficiario presi in carico da un Presidio,siano stati successivamente ripresi dalPresidio dove nel frattempo si era spo-stato. Ciò è reso possibile anche da untesserino, contenente un codice iden-tificativo rilasciato automaticamentedal sistema, che viene consegnato aogni lavoratore che si rivolge per la pri-ma volta a uno sportello-Presidio.

Il sistema operativo ha consentitodi creare, estrapolare e analizzaremolti dati, relativi a storie e bisognidegli utenti incontrati. Ne è scaturitoun rapporto (che verrà presentata il 2luglio all’Expo di Milano), che ha pro-dotto risultati interessanti in soli po-chi mesi di attività di Presidio e con-sente l’approfondimento di diversiaspetti connessi alla vita dei lavoratoristagionali migranti.

In base a tale rapporto è possibile,ad esempio, stimare una graduatoriadei bisogni dei migranti stagionali. Alprimo posto c’è il problema dell’allog-gio, con tre richieste su dieci; seguono,con poco più di una segnalazione sudieci, sia le problematiche di orienta-mento che quelle sanitarie. Il bisognodi orientamento è particolarmente in-dicativo della totale assenza di integra-zione dei lavoratori stagionali: le con-

dizioni di ghettizzazione, l’emargina-zione e la quotidianità vissuta esclusi-vamente nei campi di raccolta, sotto lasorveglianza dei caporali e dei datori dilavoro, fanno sì che i migranti vivanoinfatti una condizione di quasi totalesmarrimento. Non avendo alcun con-tatto con le comunità locali, inoltre, ladimestichezza con la lingua italiananon subisce alcun miglioramento, e viè una totale o molto scarsa informazio-ne in merito a prassi amministrative daseguire, servizi presenti sul territorio ealtre informazioni utili.

Caporali, anche italianiQuesti uomini e donne, ombre nei no-stri campi, non sono dunque solosfruttati sui luoghi di lavoro, mal paga-ti, assunti irregolarmente, obbligati allavoro duro, ma anche costretti al con-trollo, alla reclusione e all’isolamento.

Lo sfruttamento nel settore agroali-mentare, infatti, pone la figura del ca-porale al centro dei meccanismi dellacriminalità organizzata: e come appareevidente da quanto emerge dai collo-qui di Presidio, intermediari e aguzzininon sono soltanto figure di immigraticonnazionali dei braccianti, ma ancheimprenditori e produttori italiani.

Il caporale è un faccendiere che re-

cluta illecitamente le persone, a condi-zioni vantaggiose per l’imprenditore espesso disumane per il lavoratore, trat-tenendo percentuali rilevanti del sala-rio di questi, il tutto – peraltro – in unregime di economia sommersa, cheproduce evasione ed elusione fiscale econtributiva. E sono molti gli impren-ditori che delegano ai caporali il reclu-tamento della manodopera soprattut-to stagionale, spesso in accordo con leorganizzazioni criminali del territorio.

Lo sfruttamento degli immigrati daparte della criminalità organizzata(anche locale) è, dunque, un fenome-no la cui gravità va contrastata congrande fermezza, collaborazione e si-stematicità. Progetto Presidio, grazieall’intervento mirato e consapevoledelle diocesi e al loro lavoro in rete,rende possibili non soltanto interventia favore dei braccianti stagionali, maanche un’attività di forte denuncia esensibilizzazione. Nella verdura e nel-la frutta che arrivano sulle nostre ta-vole c’è un’insopportabile, ma non in-vincibile dose di sfruttamento. È benesaperlo, per provare a eliminarlo.

RACCOGLITORI MARGINALIA Rosarno, il (poco) tempo libero

dal lavoro: inedia ed esclusione

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nazionale immigrazione&diritti

parte di caporali strozzini), alloggisporchi e fatiscenti forniti dal datore dilavoro (che in questo modo punta aguadagnarsi la “riconoscenza”, oltreall’asservimento del lavoratore), di-more in casolari abbandonati e deca-denti a costi di affitto abusivo. Migliaiadi persone, di età compresa tra i 20 e i50 anni, sperimentano condizioni in-dicibili di povertà ed emarginazione ditipo paraschiavistico.

Le vittime hanno orari di lavoromolto lunghi e senza pause interme-die; percepiscono retribuzioni moltoinferiori a quelle pattuite o stabiliteper legge o nettamente al di sotto del-le ore effettive lavorate; sono pagateirregolarmente o affatto. Si tratta dimigranti traditi, per di più, rispetto al-la promessa di contratti di lavoro re-golari: ciò, nella maggioranza dei casi,impedisce il rinnovo dei permessi disoggiorno e genera o conferma con-dizioni di irregolarità, costringendoquindi spesso i lavoratori a versare co-spicue somme di denaro per ottenerecontratti fittizi e falsi domicili.

Sedi mobili e fisseTutelare i diritti umani basilari dei la-voratori sfruttati è il principale obiet-tivo di Progetto Presidio. Per gli ope-ratori, questo significa rispondere allegravi violazioni subite dalle personemigranti. Ma anche opporsi alle logi-che delle organizzazioni criminali,che si arricchiscono trafficando esfruttando migliaia di persone impie-gate nel lavoro irregolare.

Ogni presidio, facilmente individua-bile attraverso il logo del progetto, si av-vale di sedi mobili (camper o furgoniche si spostano nelle campagne, tra gliaccampamenti) per intercettare e rag-giungere i lavoratori stagionali, e di sedifisse (uffici e sportelli), posizionate pres-so centri di ascolto parrocchiali o inluoghi di passaggio o aggregazione deilavoratori, dove spesso si svolge il reclu-tamento della manodopera straniera.

Gli operatori di Presidio, figure spe-

cializzate (assistenti sociali, legali, psi-cologi, medici, esperti del settore) e vo-lontari, assicurano tutela e assistenzaanche attraverso un’azione capillare diinformazione, volta a migliorare lecondizioni di vita dei braccianti. Moltodi frequente le attività di progetto ri-guardano infatti questioni ammini-strative attinenti i permessi di soggior-

Alle mansioni pesanti, nocive o pericolose, ai salari irrisori, all’irregolaritàcui i lavoratori stagionali stranieri sono costretti, si aggiungono vere e pro-prie forme di violenza: ritorsioni, estorsioni e comportamenti xenofobi. Nelrapporto su un anno di Progetto Presidio, gli esempi abbondano. Ne è te-stimonianza quanto accaduto a Castel Volturno la sera del 13 luglio 2014,riportato dal Presidio di Caserta. «Due ragazzi originari della Costa d’Avoriosono stati feriti con un’arma da fuoco, a seguito di una lite con due italia-ni. La ragione del diverbio era assolutamente futile. Yussif stava traspor-tando una bombola di gas ed è stato fermato dagli italiani, proprietari di un’agenzia di vigilanza privata, tra l’altro neanche registrata: legalmentenon esiste. I due sono scesi dalla macchina e hanno cominciato a minac-ciare Yussif, chiedendo dove avesse preso quella bombola. Infatti i due, oltre a gestire l’agenzia abusiva, vendono bombole del gas: pensavano cheil ragazzo ivoriano avesse rubato la bombola, dato che non l’aveva compra-ta da loro. Lui ha insistito che la bombola non l’aveva rubata a loro, ma cheera sua, e allora uno dei due lo ha aggredito. Nicolas, connazionale di Yus-sif, è intervenuto per aiutare l’amico, finché i due aggressori sono scappati.Mentre Nicolas chiedeva a Yussif cosa fosse successo, l’auto è tornata.Dentro, uno dei due italiani, che ha aperto il fuoco e ha sparato a entrambiferendoli alle gambe». Sul luogo c’era Presidio Caserta, che ha prontamen-te chiamato l’ambulanza ed evitato che la vicenda degenerasse, mediandocon migranti e italiani, in un contesto nel quale è più facile scendere in piazza contro gli immigrati che contro la camorra. «A parlare contro i neri si raccolgono consensi, a parlare contro la camorra solo minacce».

Non mancano nemmeno le intimidazioni nei confronti di chi si schieradalla parte dei lavoratori stagionali: gli operatori di Presidio. «A metà dicembre 2014, la sera, col buio – raccontano da Rosarno, “capitale” degli aranceti nella diocesi calabrese di Oppido-Palmi –, qualcuno ha rottoil vetro di una finestra del nostro centro, aperto da un mese, buttato oliosporco sulla parete e all’interno del locale. Abbiamo capito che comincia-vamo a dare fastidio: dunque il servizio che stavamo prestando comincia-va a essere significativo. È stata anche l’interpretazione delle forze dell’or-dine. Per l’attentato la Caritas diocesana ha sporto denuncia e la Poliziaha avviato le sue indagini. La mattina dopo ci siamo messi a pulire il loca-le e subito dopo molti migranti si sono uniti a noi, per eliminare l’olio spor-co e risistemare la struttura».

Nicolas, Youssif e la bombola:xenofobia, oltre lo sfruttamento

Lo sfruttamento nel settore agroalimentarevede la figura del caporale al centro deimeccanismi della criminalità organizzata:

intermediari e aguzzini non solo stranieri,ma anche imprenditori e produttori italiani

no, l’assistenza sanitaria o l’assistenzalegale, con particolare riferimento allequestioni relative al lavoro.

Circolano anche i datiA sostegno di queste attività è stato im-plementato un database che garantisceuna circolazione delle informazioni(profilo degli utenti, bisogni, interventi,richieste, rinnovi, ecc) tra i vari presidi.Tale circolazione è utile per fornireun’assistenza continuativa ai lavoratoriche si spostano – e ciò accade moltofrequentemente – da un territorio al-l’altro in base alla stagionalità. Più volte,

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con il primo Rapporto sulla povertà,collegato al nome di Ermanno Gor-rieri. In seguito anche la Commissio-ne presieduta da Paolo Onofri nel1997 sulla spesa previdenziale sani-taria e assistenziale, nonché la speri-mentazione del Reddito minimo diinserimento degli ultimi anni del de-cennio Novanta, supervisionatadall’allora presidente della Commis-sione sull’esclusione sociale ChiaraSaraceno, hanno lavorato in questadirezione. Così come va ricordatoche – sotto il governo Letta – la Com-missione di studio voluta dal mini-stro del lavoro Enrico Giovannini haelaborato l’ipotesi del Sostegno perl’inclusione attiva.

Reddito di cittadinanza? La riflessione,in questi anni, si è orientata su ipotesidi lavoro più realistiche: forme di reddito

minimo, programmi che intervengano su tutte le famiglie in povertà assoluta

di lavoro più realistiche, cioè su formedi reddito minimo, vale a dire pro-grammi che intervengano su tutte lefamiglie in povertà assoluta, verifican-do redditi e patrimoni dei richiedenti.Questa è la modalità che si rinvieneanalizzando le politiche sociali deipaesi europei della cosiddetta Unioneeuropea a 15. Questa prospettiva ècertamente sostenibile sul piano dellefinanze pubbliche e può essere con-nessa a forme di attivazione dei desti-natari, rafforzando le prospettive diun welfare di comunità e sussidiario.

In questa direzione si è orientataanche la migliore tradizione politico-culturale del nostro paese: è accadu-to già sul finire degli anni Ottanta,

Il principio è l’adeguatezzaSempre nel solco del reddito minimo,in ambito sociale, Acli e Caritas hannoelaborato nell’ultimo triennio la pro-posta del Reddito di inclusione sociale(Reis, cui è dedicato il sito www.reddi-toinclusione.it). Da quella iniziativaha preso le mosse una vasta Alleanzacontro la povertà, che raduna il sinda-cato, i principali soggetti non profitche in Italia si occupano di povertà ealtri soggetti sociali, allo scopo di ri-chiedere alle istituzioni una misurache dia cittadinanza sociale a chi vivein condizioni di povertà. L’obiettivo èsollecitare il varo di una misura uni-versalistica di contrasto alla povertàassoluta: uno strumento non solo disostegno al reddito, ma che sia cardi-ne di politiche inclusive e sussidiarie.Il principio guida della proposta èl’adeguatezza: nessun cittadino dovràessere più privo delle risorse necessa-rie a raggiungere un livello di vita “mi-nimamente accettabile”. Insieme alcontributo monetario, pari alla diffe-renza tra la soglia di povertà e il pro-prio reddito, i beneficiari del Redditod’inclusione sociale – quando neces-sario – dovrebbero ricevere servizi so-ciali, socio-sanitari, socio-educativi oeducativi.

La proposta prevede inoltre che ilReis venga introdotto gradualmente,con un Piano nazionale articolato inquattro annualità. Nell’ipotesi che ilPiano cominci nel 2016, la misuraandrà dunque a regime nel 2019. Sicomincerebbe intervenendo su colo-ro i quali versano in condizioni eco-nomiche più critiche, cioè i più pove-ri tra i poveri, e progressivamente siraggiungerebbe anche chi sta “un po’

FONDATORI E ADERENTI, TRENTATRE SOGGETTIL’Alleanza contro la povertà in Italia è uno schieramentoinedito per la storia del nostro paese. Nasce da un’idea delprofessor Cristiano Gori, docente di economia all’UniversitàCattolica di Milano, e si compone di 33 associazioni.

Soggetti fondatori: Acli, Action Aid, Anci, Arci, Azione CattolicaItaliana, Caritas Italiana, Cgil-CislUil, Cnca, Comunità diSant’Egidio, Confcooperative, Confederazione Nazionale delleMisericordie d’Italia, Conferenza delle Regioni e delle Provinceautonome, Federazione nazionale Società di San Vincenzo DePaoli, Fio.psd, Fondazione Banco Alimentare, Forum nazionaledel Terzo Settore, Jesuit Social Network, Legautonomie, Savethe Children, Umanità Nuova – Movimento dei Focolari.

Soggetti aderenti: Adiconsum, Associazione Professione in Famiglia, Atd Quarto Mondo, Banco Farmaceutico, CilapEapn Italia, CsvNet – Coordinamento nazionale dei Centri di servizio per il volontariato, Federazione Scs, FondazioneBanco delle Opere di Carità, Fondazione Ébbene, PiccolaOpera della Divina Provvidenza del Don Orione e Unitalsi.

Info: www.redditoinclusione.it

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Il tema del contrasto alla povertà si sta facen-do faticosamente strada nell’agenda politica e comunicativa del paese. E l’Alleanza controla povertà in Italia continua la sua dupliceazione di advocacy nazionale e di promozioneterritoriale della proposta del Reddito per l’inclusione sociale. Dopo l’incontro, avvenuto il 17 marzo, con Graziano Delrio, allora sotto-segretario alla presidenza del consiglio dei ministri, per chiedere al governo di assumerecome centrale il tema della povertà assoluta e di dedicare impegno e risorse, la prossima

tappa sarà un incontro nazionale, tra la secon-da metà di aprile e maggio, in occasione delquale verrà annunciato il viaggio dell’Alleanzanell’Italia della solidarietà e del disagio.

L’Alleanza, in altre parole, intende dare vitaa una serie di appuntamenti per incontrare i soggetti sociali dei diversi territori, le tante voci dell’Italia in difficoltà e le amministrazionilocali. Bari e Milano sono le probabili primetappe di questo “Giro d’Italia dell’inclusione”,da raggiungere entro l’estate; l’iniziativa approderebbe poi in ogni regione del paese.

ALLEANZA IN AZIONEGoverno sollecitato, ora il Giro d’Italia dell’inclusione

FIORISCONOPROSPOSTE

Banchetto per laraccolta di firme afavore di una delleiniziative politiche

di sostegno delreddito minimo

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Il dibattito politico si infittisce di proposteconfusive sul reddito di cittadinanza.Invece bisognerebbeapprofondire conserietà le proposte di reddito minimo checoinvolgono i soggettisociali. A cominciaredal Reis, studiatodall’Alleanza contro la povertà

a un sapore un po’ parados-sale l’accelerazione media-tica sul tema del reddito dicittadinanza che ha avutoluogo nelle ultime settima-

ne, acuitasi ulteriormente conl’emersione di un avanzo di bilancio,prevista nel Documento di economiae finanza. Come spesso avviene nelnostro paese, ricorrendo a proposte(Movimento 5 stelle, Coalizione so-ciale, sinistra Pd, ecc) non chiara-mente delineate e per certi versi pro-blematiche e confusive, e intestando-si meriti e primati che certamentenon possono essere accampati, lapolitica pretende di offrire soluzionieccessivamente semplici a una que-stione – la drammatica assenza diuna misura di contrasto della povertàdelle famiglie italiane – che è com-plessa, delicata ed è stata sostanzial-mente ignorata dall’agenda e dallacultura politica degli ultimi decenni.

L’attuale dibattito politico, peral-tro, riporta la riflessione sul tema del-la povertà a una concezione ridutti-va, come esclusiva mancanza di red-dito, e a un’idea della politica che simuove ignorando il sociale. Insom-ma, per ora non un gran risultato.

Ipotesi più realistichePer inquadrare correttamente la que-stione, anzitutto è necessario un chia-rimento terminologico. Bisogna infat-ti evidenziare la differenza tra redditodi cittadinanza e reddito minimo.

Il reddito di cittadinanza è una mi-sura di contrasto della povertà relati-va, di tipo universalistico, e viene as-sicurato a tutti, indipendentementedalla condizione lavorativa. Ma que-sto lo rende non sostenibile sul pianoeconomico, perché avrebbe un effet-to devastante sulla finanza pubblica.

Ecco perché la riflessione sul tema,in questi anni, si è orientata su ipotesi

di Francesco Soddu

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nazionale reddito minimo

Includiamosenza cappelli

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FORBICE ITALIA,UN DIVARIO A TANTE FACCE

al 2011 in tutti i territori italiani, conl’eccezione di Bolzano e della Cam-pania. Il più elevato è nella provinciaautonoma di Bolzano (39.800euro),seguito da Valle d’Aosta e Lombardia(rispettivamente con 36.800 e36.300euro). Prima tra le regioni delmezzogiorno è l’Abruzzo, che regi-stra un livello paragonabile alle re-gioni del centro, con 23 mila euro.Le altre regioni del sud presentanovalori inferiori ai 19 mila euro.

Le disuguaglianze sono accentuateanche riguardo ai settori di produzio-ne. Lazio e Sicilia sono le regioni piùterziarizzate, in termini di incidenza settoriale del valoreaggiunto, mentre Basilicata ed Emilia Romagna sono quel-le a maggiore propensione agricola e industriale. Nel 2012Milano è stata la provincia con i più elevati livelli di valoreaggiunto per abitante prodotto, pari a 46,6 mila euro; se-guono Bolzano con 35.800 e Bologna con 34.400 milaeuro. Le province con i più bassi livelli di valore aggiuntoper abitante prodotto sono invece Medio Campidano eAgrigento, con circa 12 milaeuro, e Barletta-Andria-Tranie Vibo Valentia con meno di meno di 13 milaeuro.

Tra il 2011 e il 2013 la Lombardia e il Trentino Alto Adi-ge hanno ottenuto le uniche performance occupazionalipositive, mentre Calabria e il Molise hanno fatto registra-re le cadute più ampie (-8%circa in termini di numero dioccupati).

Sul fronte del costo del lavoro, nel 2012 quello medioper dipendente, al lordo di imposte e contributi sociali,

euro per occupato, seguita da Bolzano (38.300 euro) eFriuli-Venezia Giulia (38.100euro). Le regioni con redditida lavoro più bassi erano Calabria e Campania, rispetti-vamente con 29.500 e 30 mila euro per occupato.

Nel 2013, la spesa per consumi finali delle famiglie va-lutata a prezzi correnti (in Italia pari a 16.300 euro peranno) è risultata di 18.300euro nel centro-nord e di 12,5milaeuro nel mezzogiorno, con un differenziale negati-vo del 31,7%molto inferiore a quello registrato per il Pil.La spesa per consumi finali delle famiglie per abitante erain calo, rispetto al 2011, in tutte le regioni. Tra il 2011 e il2013 la graduatoria regionale non ha subito cambiamen-ti: nelle due prime posizioni si collocavano Valle d’Aostae provincia autonoma di Bolzano (con 22milae 21.800euro), nelle ultime due Campania e Basilicata (11.600 e12.100euro). Tutte le regioni del mezzogiorno si posizio-navano alla fine della graduatoria.

era 30.953euro all’anno. Il lavorato-re, sotto forma di retribuzione netta,ne percepiva poco più della metà (il53,3%), per un importo medio pari a16.498 euro. La quota di retribuzio-ne netta a disposizione del lavoratoreraggiungeva il valore minimo nelnord-ovest (52,4%).

Mezzogiorno sempre in codaSul fronte dei redditi, un quarto degliitaliani si colloca sotto i 10 milaeuroall’anno, mentre meno di 3 italianisu 100 superano i 70 mila. Nel2012, oltre la metà dei redditi lordi in-dividuali (54%) era tra 10.001 e 30milaeuro annui, il 25,8%era sotto i10.001 e il 17,6% tra 30.001 e 70mila.

Nel mezzogiorno il reddito da la-voro dipendente era pari a 31.800euro, inferiore del 14,8% rispetto aquello delle regioni del centro-nord(37.300 euro). In dettaglio, si conta-vano 38.400 mila euro nel nord-ovest, 37.100 nel nord-est e 35.900nel centro. Al primo posto della clas-sifica regionale dei redditi da lavorosi trovava la Lombardia con 38.900

I l recente Rapporto Istat su I conti economici territoriali (febbra-io 2015) evidenzia un aumento delle disuguaglianze socio-eco-nomiche in Italia. Tra 2011 e 2013, in un momento di contra-

zione generalizzata dell’economia, la distribuzione territoriale delPil pro capite certifica la grave distanza tra sud e centro-nord delpaese: nel 2013 il Pil per abitante risulta pari a 33.500euro per abi-tante nel nord-ovest, a 31.400 nel nord-est e a 29.400 nel centro.Nelle regioni del mezzogiorno il valore medio registrato si ferma in-vece a 17.200, inferiore del 45,8%a quello del centro-nord.

Nel 2013, il Pil per abitante ha registrato una riduzione rispetto

C’è una profondadisuguaglianza tra areedel paese: lo attestano

diversi indicatorieconomici.

Il differenziale tra norde mezzogiorno

raggiunge il 45,8% peril Prodotto interno

lordo, ma è quasi il 15%anche per il reddito

da lavoro dipendente

databasedi Walter Nanni

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nazionale reddito minimo

meno peggio”, sino a rivolgersi – apartire dal quarto anno – a tutti i nu-clei in povertà assoluta. A regime, lamisura richiederebbe un investimen-to pubblico di circa 7,1 miliardi di eu-ro. Da finanziare in parte con risorseaggiuntive, in parte facendo confluirenel Reis le risorse impiegate per lamiriade di sussidi categoriali esisten-ti nel paese.

Per un diritto effettivoGli obiettivi sono certamente ambi-ziosi, e si sta lavorando all’elabora-zione di una proposta di legge di ini-ziativa popolare, che definisca conulteriore chiarezza –sulla base dellagià dettagliata proposta – in qualemodo la si potrebbe realizzare nelnostro paese. Tutto questo presuppo-ne un’azione di interlocuzione con leforze politiche a livello nazionale elocale sul tema della povertà, finaliz-zata all’informazione, alla divulga-zione e al confronto. Parallelamente,l’Alleanza sta predisponendo l’avviodi coordinamenti regionali e locali edi nodi territoriali, che agiscano nonsolo sul piano della diffusione dellaproposta e della raccolta di firme ri-spetto alla proposta di legge di inizia-tiva popolare, ma anche per effettua-re il monitoraggio delle poche misureanti-povertà previste dalla legge distabilità 2015.

Insomma, al di là dei clamori me-diatici, occorre prendere atto che suquesto tema la politica non può met-tere il cappello, né rivendicare meriti.Esiste invece già da qualche anno ungrande schieramento di soggetti, so-stenuti da milioni di cittadini italiani,che si muove in maniera coordinata.Non per la difesa di interessi specifi-ci, ma per costruire un diritto effetti-vo – già consolidato negli altri paesidell’Unione europea –, essenziale pertutti gli italiani e vitale per chi, oggi,sperimenta una dura condizione dideprivazione ed esclusione.

Perché il diritto a essere davverocittadino, nonostante la povertà, nonpuò certo accontentarsi del dibattitocirca l’utilizzo del cosiddetto “teso-retto” individuato nel Def. Dibattitogravato, peraltro, dalla consueta con-fusione di approcci. Sarebbe tempo,in Italia, di bandire dal lessico nor-mativo il termine “bonus”. Le politi-che si fanno attraverso misure stabili,incrementabili, di cui si può misurarel’impatto: il resto è improvvisazione,pressapochismo, ricerca deterioredel consenso. Il recente passato è dis-seminato di bonus, una tantum, spe-rimentazioni senza esito, simili agrandi opere incompiute: occasionie risorse sprecate, che non hanno in-frastrutturato il paese. Se si vuoledavvero cambiare verso nella lottaalla povertà, ora si sa in che direzio-ne andare.

Tratti principali

. Tutte le famiglie in povertà assoluta. Legittimate a vario titolo alla presenza sul territorio italiano e presenti regolarmentenel paese da almeno dodici mesi

. La differenza tra la soglia di povertà e il reddito familiare

. Al trasferimento monetario si accompagnal’erogazione di servizi. Possono essere servizi sociali, socio-sanitari, socio-educativi o educativi

. Il Reis viene gestito a livello locale grazie all’impegno condiviso di comuni, terzo settore,servizi per formazione-impiego e altri soggetti. I comuni hanno la responsabilità della regia e il Terzo Settore coprogetta insieme a loro,esprimendo le proprie competenze in tutte le fasi dell’intervento

. Tutti i membri della famiglia tra 18 e 65 anniritenuti abili al lavoro devono attivarsi in tale direzione. Si tratta di cercare un impiego e di frequentarepercorsi formativi e/o di inclusione nel mercatodel lavoro

. Il Reis costituisce il primo livello essenziale delle prestazioni nelle politiche sociali

Dimensione(principio guida)

Utenza (Universalismo)

Importo(Adeguatezza)

Servizi alla persona(Inserimento sociale)

Welfare mix(Patnership)

Lavoro(Inserimento occupazionale)

Livelli essenziali(Cittadinanza)

Il Reis in sintesi

Il diritto a essere cittadino, nonostantela povertà, non può accontentarsi deldibattito sull’uso del cosiddetto “tesoretto”

ricavato nel Def. Dibattito gravato, peraltro,dalla consueta confusione di approcci

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NON CATEGORIALEDisoccupati in fila a un centro lavoro.Il Reddito di inclusione sociale è unamisura universalistica, che non si applicasolo a chi ha perso lavoro

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L’ultimo allarme è risuonato nientemeno che a Davos, tempio delle riflessioni della grande finanza mondiale, a inizio anno. L’ha lanciatoOxfam, (confederazione di 17 ong che combattono la povertà in più di 100 Paesi) in occasione del World Economic Forum, mettendo sottogli occhi del gotha dell’economia e della politica mondiali dati persinoimbarazzanti, nella loro eloquenza.

Secondo uno studio di Oxfam, infatti, entro l’anno prossimo l’1% della popolazione mondiale sarà più ricco del rimanente 99% degli abitanti del pianeta. Se le dinamiche di concentrazione delle ricchezze in atto da anni saranno infatti confermate – e nulla lasciapresagire inversioni di tendenza –, il totale dei patrimoni dei paperonidel pianeta, appunto l’1% della popolazione globale, supererà nel 2016 il 50% della ricchezza mondiale, mentre era pari al 44% nel 2009 e al 48% nel 2014.

Questo dato è il più eclatante, tra quelli contenuti nell’analisi-denun-cia intitolata Grandi disuguaglianze crescono. Ma dal documento emergono altre cifre impressionanti. Del 52% della ricchezza globaleche, l’anno scorso, non era non in mano all’1% dei super-ricchi, il 46%è infatti comunque detenuto dal 20% della popolazione un po’ menoricca. Il rimanente 79% della popolazione mondiale si spartisce le briciole: il 5,5% della ricchezza.

Tra il 2009 e il 2014 il patrimonio dei più ricchi si è incrementatoanche perché vi è stata una crescente tendenza a ereditare la ricchez-za e a usarla come strumento lobbystico per i propri interessi. Bastipensare che nel solo 2013 finanzieri e assicuratori hanno speso 550milioni di dollari per interventi lobbystici tra Washington e Bruxelles: i ricchi influenzano chi fa leggi, ed è immaginabile che non lo faccianoper impoverirsi...

L’ANALISI-DENUNCIAE dall’anno prossimo l’1%sarà più ricco del 99%...

vuta alle crescenti disuguaglianze:nel caso dell’Italia si tratterebbe dicirca 7-8 punti percentuali di minorecrescita in venti anni, un valore leg-germente superiore a quello degliStati Uniti, ma inferiore a quello delRegno Unito e del Messico e di alcu-ni paesi scandinavi.

Al di là della stima puntuale di untale effetto, lo studio indica che il fu-turo non sembra presentare alcunsegnale di inversione di tendenza,anzi. Sempre l’Ocse ha recentementestimato che se oggi, nei venti paesipiù industrializzati, il rapporto tra leretribuzioni del 10% più ricco e quel-le del 10% più povero è di 3,5 a 1, tra50 anni tale rapporto crescerà anco-ra, in quanto le imprese cercherannodi competere con i paesi emergenti

L’Ocse ha quantificato la perdita, in terminidi crescita economica, nel periodo 1990-2010, causata da crescenti disuguaglianze:

in l’Italia circa 7-8 punti percentuali diminore crescita, poco più degli Stati Uniti

della “classe media” in diversi paesiindustrializzati, hanno non solo raffor-zato la polarizzazione nell’andamentodel reddito dei ricchi e dei poveri, mahanno confermato l’esistenza di mec-canismi che tendono ad alimentareautomaticamente, nel tempo, sia letendenze positive sia quelle negative.A titolo di esempio, lo 0,1% più riccodella popolazione americana si appro-pria oggi di circa il 12% del reddito an-nuale, quando alla fine degli anni Set-tanta tale quota era del 3%. L’1% piùricco riceve quasi il 20% del reddito,una quota doppia rispetto a quella diquaranta anni prima.

Un recente studio dell’Ocse hacercato di quantificare la perdita, intermini di crescita economica, avve-nuta nel ventennio 1990-2010 e do-

spingendo in basso i salari, il che de-terminerà maggiori disuguaglianzeall’interno dei paesi ricchi.

Rischi di instabilità socialeIl recente libro di Thomas Piketty Il ca-pitale nel XXI secolo prefigura uno sce-nario simile, mentre recenti analisibasate sulle tendenze dell’innovazio-ne tecnologica indicano il rischio chel’automazione derivante dalla rivolu-zione digitale determinerà, nei pros-simi trenta anni, non solo una nuovarivoluzione nelle caratteristiche dei la-vori (secondo alcuni studi, negli StatiUniti il 40% degli attuali lavori scom-parirà nei prossimi 15 anni), ma an-che una disoccupazione di massa.Ora, sappiamo bene che le passatepredizioni sull’impatto devastantedelle nuove tecnologie sulla domandadi lavoro sono risultate sbagliate, maè la prima volta che tali sommovi-menti avverranno in un mondo glo-balizzato. Di conseguenza, non è det-to che distruzione di “vecchi” lavori e

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NON LE STESSE SCARPEPer le vie di Roma,

o nelle strade di una metropolilatinamericana: si moltiplicano

le immagini-simbolo delle abissalidisparità di reddito che

caratterizzano la società globale

Lo attesta un crescentenumero di rapporti: la forbice tra ricchi e poveri si amplia. Ma gli squilibri sonoun problema per tutti,non solo per i poveri:minano l’equità e frenano la crescita.Per una società e un’economiaresilienti, occorrelottare contro la povertà

egli ultimi anni un numerocrescente di rapporti di isti-tuzioni internazionali se-gnala l’aumento delle disu-guaglianze economiche, sia

tra paesi, sia all’interno di ciascunpaese. Nel passato, per molto tempogli economisti hanno ritenuto cheelevate disuguaglianze producesseroeffetti negativi non solo sul pianodell’equità sociale, ma anche su quel-lo della crescita economica.

A partire dagli anni Ottanta del No-vecento, però, con le dottrine econo-miche liberiste messe in pratica daRonald Reagan e Margaret Thatchernegli Stati Uniti e nel Regno Unito, ediventate lo schema teorico domi-nante anche all’interno delle grandiorganizzazioni internazionali, il temadelle disuguaglianze è stato messo daparte, anche grazie alla crescita eco-nomica tumultuosa che ha caratteriz-zato gli ultimi due decenni su scalaplanetaria. Infatti, la globalizzazionedei sistemi economici e finanziari ha

consentito a interi continenti di spe-rimentare un miglioramento del te-nore di vita della popolazione senzaprecedenti, pur con ritmi e caratteri-stiche molto differenti a seconda de-gli strati sociali. E questo sembravaconfermare l’idea che le disugua-glianze fossero un fenomeno tempo-raneo, utile a stimolare la competizio-ne e la crescita economica.

Nessuna inversione di tendenzaÈ con la crisi finanziaria del 2007, se-guita dalla crisi dei debiti sovrani chedal 2009 ha colpito diversi paesi euro-pei, che la discussione sui nessi tra di-suguaglianze e crescita economica haripreso quota. Da un lato la finanzia-rizzazione dell’economia, le bolle im-mobiliari, insieme ai nuovi meccani-smi di remunerazione del lavoro deimanager; dall’altro, la disoccupazionedi lunga durata, l’elevata disoccupa-zione giovanile, l’entrata nello stato diin povertà di una parte significativa

di Enrico Giovannini Università di Roma “Tor Vergata”, ex ministro del lavoro e delle politiche sociali N

nazionale redditi&povertà

Esplodono

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diseguaglianze

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contrappuntodi Domenico Rosati

CAPITALISMO IMMUTABILE,UNA TASSA CI SALVERÀ?

sempre stata nel corso della storia».Ma anche se per una fortunata con-giunzione astrale g dovesse incre-mentarsi, non è detto che simulta-neamente decrescerebbe r, quindinon vi sarebbe alcuna riduzione delladisparità. I proclami che affidano allacrescita del Pil la risoluzione di tutti iproblemi aperti dalla crisi sonosmentiti. È assurdo pensare che lacrisi possa essere risolta dalla sempli-ce ricarica del meccanismo che l’haprodotta.

Un vero controlloChe fare allora? Piketty non prefigural’ennesima puntata del conflitto tracapitalisti e proletari, anzi nega che visiano oggi le condizioni di un contra-sto di classe. Si pone però il problemadi arginare il flusso della ricchezza,che in automatico va a ingrossare ledimensioni del capitale: l’autore im-magina una tassa mondiale, un’im-posta progressiva annuale che intac-chi la rendita, contenendo la crescitaillimitata delle disuguaglianze. Ele-mentare. Ma si può fare senza mette-re mano a un governo mondiale che

eserciti il necessario potere sanzionatorio e, comunque,senza promuovere «un altissimo grado di collaborazioneinternazionale»? E si può ottenere questo – cioè un verocontrollo sul capitalismo – senza una generale e convintacapacità di «scommettere fino in fondo sulla democrazia»,in una versione trasparente e partecipativa?

Sono tanti gli spunti che il libro offre, e altrettanti i temiche lascia in sospeso. L’attenzione posta sulla questioneritenuta fondamentale lascia in ombra, ad esempio, laquestione del lavoro: il pieno impiego è ancora da consi-derare una condizione necessaria per lo sviluppo, o solouna risultante… eventuale? Altrettanto dicasi per il temadelle misure di contrasto alla povertà, fortunatamente efortunosamente tornate all’ordine del giorno in Italia. Maintanto c’è la disponibilità di un’analisi globale che nonsi può aggirare. E che impone a tutti un supplemento diimpegno.

Me lo hanno regalato a Natale e ho terminato di leggerlo a Pa-squa. Mille pagine, dense di grafici e tabelle. Con un titolo –Il capitalismo del XXI secolo (Bompiani 2014) – che spinge a

cercare se, nel passaggio dei secoli, il sistema economico sia un puntofermo o mobile. L’autore – un giovane docente francese di scienze so-ciali – si inoltra in un’impresa di rilievo: analizzare se il capitalismo èmigliorato con il passare del tempo, un po’ come il vino in bottiglia.

Del libro, il premio Nobel Paul Krugman ha scritto che è il «più im-portante dell’anno e forse del decennio. Un’opera superba, che cam-bierà il modo in cui pensiamo la società e ci occupiamo di economia».Si vedrà se tale profezia si avvererà.Intanto, Thomas Piketty, dopo unesame accurato dei fatti e delle ten-denze economico-sociali dal 1700 aoggi, giunge a certificare che il mon-do è cambiato per mille versi, ma ilcapitale è rimasto immutato nellasua fisionomia fondamentale. Che sibasa – questo è il punto – sul mante-nimento di una contraddizione difondo, espressa nella formula r>g.L’analisi dimostra che, tranne unbreve periodo nel secolo scorso, iltasso di rendimento privato del capi-tale (r) è sempre stato maggiore deltasso di crescita del reddito e del prodotto (g).

Tale disuguaglianza, per Piketty, «significa che i patri-moni ereditati dal passato si ricapitalizzano a un ritmopiù rapido del ritmo di crescita della produzione dei sa-lari». In effetti «l’imprenditore tende inevitabilmente atrasformarsi in rentier e a prevaricare sempre di più chinon possiede nient’altro che il proprio lavoro». Il prelievodella rendita, che avviene prima e fuori dal circuito delmercato, significa che «il capitale si riproduce da solo ecresce molto più in fretta di quanto cresca il prodotto».Così – ecco la frase forte – «il passato divora il futuro».

Anche oggi, mentre si torna a parlare di crescita dopoanni di rigore, la prospettiva non cambia: il tasso di cre-scita globale previsto può arrivare al massimo all’1,5%,mentre il rendimento medio del capitale può arrivare fi-no al 5%, ragion per cui è probabile che «la disuguaglian-za r>g torni a essere la regola del XXI secolo, come lo è

“Il capitalismo del XXIsecolo”, gigantesco

studio di ThomasPiketty, spiega che

il meccanismo basatosulla disuguaglianzaè invariato dal 1700.

La rendita divorail lavoro, il passato il

futuro. Serve un’impostaglobale. Ma come, senza

governo mondiale?

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creazione di “nuovi” lavori avvenganonella stessa area geografica.

Tutto ciò conduce a due conclusio-ni: la prima ha a che fare con la soste-nibilità economica e sociale di unacondizione caratterizzata da disugua-glianze crescenti. È evidente che unoscenario di polarizzazione persistentetra un piccolo gruppo di molto ricchie un grande numero di poveri poneun serio problema di domanda diconsumo, che a sua volta ha un im-patto sugli investimenti e sulla dina-mica dei profitti. In altri termini, loschiacciamento in una condizione dipovertà diffusa di quote consistentidella popolazione rischia di “inceppa-re” il meccanismo di crescita econo-mica, senza parlare dei rischi di insta-bilità sociale, derivanti da una condi-zione nella quale la “promessa” delcapitalismo di rendere, nel lungo pe-riodo, tutti più ricchi non viene piùconsiderata realistica.

La seconda conclusione ha a chefare con le politiche necessarie perevitare che l’insicurezza economica sitrasformi in instabilità sociale e istitu-zionale. Il recente rapporto dell’Onusullo sviluppo umano segnala come ledue parole chiave da mettere alla basedelle moderne politiche economiche,sociali e ambientali sono “vulnerabi-lità” e “resilienza”. La prima condizio-ne è connaturata alla condizioneumana, ma è evidente che una cre-scente diseguaglianza concentra talevulnerabilità in una parte ben definitadella società, con forti rischi di tra-smissione tra generazioni di tale con-dizione. Essere in uno stato di povertàrende estremamente probabile cheanche i figli si troveranno in una talecondizione: povertà nella famiglia diorigine, abbandono scolastico, cattivaeducazione, cattive abitudini alimen-tari, lavori poco qualificati sono partedi una sequenza ben nota e devastan-te per il benessere degli individui, chele politiche sono chiamate a rompere,aumentando le opportunità per tutti i

cittadini, indipendentemente dallacondizione di partenza.

L’Italia manca di strumentiSe molti paesi si sono dotati di politi-che adeguate, altri sono nettamente inritardo. Ad esempio, l’Italia è l’unicopaese dell’Ue a 15, insieme alla Grecia,a non disporre di uno strumento uni-versale di lotta alla povertà. Ciò nonvuol dire che il nostro paese non spen-de per l’assistenza sociale, ma i fondisono distribuiti attraverso programmispecifici, condizionati ad alcune carat-teristiche degli individui. Il risultato èche il 10% della popolazione oggi vivein una condizione di povertà assoluta.Si tratta di sei milioni di persone, 1,3delle quali sono minori.

Questa condizione è inaccettabile,come segnalato da tanti studiosi edalle associazioni attive nell’ambitodella cosiddetta “Alleanza contro la

povertà”. Profondamente convinto ditale inaccettabilità, da ministro del la-voro e delle politiche sociali del go-verno Letta chiesi agli esperti italianidella materia di disegnare un pro-gramma di “reddito minimo” basatosulle migliori pratiche internazionali.

La proposta, elaborata a settem-bre 2013, è stata denominata “Soste-gno all’inclusione attiva (Sia)”, alloscopo di segnalare che il programmanon prevede solo un trasferimentomonetario alle persone in stato di bi-sogno, ma un vero e proprio “patto”finalizzato all’inclusione sociale ditutta la famiglia, compresi i minori.Allora le condizioni economiche e fi-nanziarie non permisero l’avvio delprogramma, solo di una sperimenta-zione nelle grandi città, mentre lasperimentazione estesa a tutto ilMezzogiorno (cioè il territorio mag-giormente interessato dalla povertà),pur finanziata, non è stata mai avvia-ta dal governo in carica.

Ora si torna a parlare di questo temae non si può che sperare che sia “la vol-ta buona”. Il tempo stringe e il disagiocresce. Anche immaginando che vi siauna ripresa economica, il tema dellalotta alla povertà va posto al centro deldibattito politico. Costruire un’econo-mia e una società resilienti dipendeanche da questo impegno.

Il rapporto Onu sullo sviluppo umanosegnala come le due parole chiave da mettere alla base delle moderne

politiche economiche, sociali e ambientalisono “vulnerabilità” e “resilienza”

GLI ESTREMI SI SFIORANOUn povero trasportatore davantia una grande banca: povertà e ricchezza, separate e contigue

nazionale redditi&povertà

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teologico-pastorali, sociali e civili, eonorare l’opera e il pensiero di monsi-gnor Nervo e monsignor Pasini, soste-nendo l’insegnamento e la riflessionesulla carità e sulla solidarietà all’inter-no delle realtà formative universitarie.

Sistematico o esperienzialePossono concorrere alla borsa di studioe di ricerca quanti sono in possesso dilaurea specialistica o di dottorato di ri-cerca in qualsiasi area disciplinare, pro-

venienti da Facol-tà teologiche, daIstituti superioridi scienze religio-se e da istituzioniuniversitarie lai-

che, operanti nel territorio italiano.I temi di ricerca possono essere di

carattere sistematico, votati all’ap-profondimento di temi rilevanti dalpunto di vista teologico-pastorale esociale, oppure di carattere storico-esperienziale, mediante lo studio diprassi realizzate da soggetti, enti ochiese locali, oppure di fenomeni so-cio-caritativi in atto.

Per concorrere all’assegnazionedella borsa di studio, il candidato devepresentare un progetto di venti paginesu un tema attinente all’ambito dellacarità, precisando l’ipotesi di ricerca,l’originalità e lo sviluppo del tema, lametodologia e le fonti bibliografiche.Il progetto deve essere accompagnatoda una lettera di presentazione delpreside della Facoltà teologica o deldirettore dell’Istituto superiore discienze religiose presenti nella regio-ne di residenza del candidato.

La documentazione, corredata an-che dal certificato Isee, deve essere pre-sentata al comitato promotore, me-diante posta raccomandata, all’indiriz-zo di Caritas Italiana (via Aurelia 796,00165 Roma) entro tre mesi dalla pub-blicazione del bando. Nell’anno in cor-so, la data di pubblicazione del bandoè venerdì 8 maggio 2015. www.chiesacattolica.it – www.caritas.it

la carità formato ricerca

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Giuseppe Pasini, che nel 1986 fu poinominato direttore per due mandati.

Considerato il notevole apporto chemonsignor Nervo e monsignor Pasinihanno dato agli organismi da loro pre-sieduti, ovvero Caritas Italiana e poiFondazione Zancan, e il loro impegnoa promuovere lo studio delle tematicheconcernenti la carità e la solidarietà inambito ecclesiale e civile, è stato dun-que istituito in loro memoria, e conl’approvazione della segreteria genera-le della Cei, il “Premio Giovanni Nervoe Giuseppe Pasini”, in forma di dueborse di studio e di ricerca post-laurea.

La finalità del premio è duplice: pro-muovere la ricerca universitaria su te-mi attinenti alla carità nei suoi risvolti

di Salvatore Ferdinandi

A Padova, l’8 maggio, si presenta l’iniziativa,rivolta agli studenti di facoltà teologiche,degli istituti superioridi scienze religiose e di università laiche,per valorizzarepensiero ed eredità deidue “padri fondatori”di Caritas. E perapprofondire lo studioteologico sulla carità

i nuovo insieme. Hanno ra-dicato Caritas nella Chiesa enella società italiane. E ora aentrambi viene intitolato ilpremio “Teologia della carità

e solidarietà”, presentato l’8 maggio aPadova, nell’aula magna della Facoltàteologica del Triveneto e promosso daCaritas Italiana, Segreteria della Cei,diocesi di Padova e Fondazione Zan-can. Il premio sarà erogato in formadi borsa di studio e di ricerca post-laurea biennale, per un importo tota-le di 30 mila euro, grazie a un fondoda parte della Cei, della diocesi di Pa-dova e di Caritas Italiana.

Due borse di studio e di ricercaLa Conferenza episcopale italiana, sumandato di Paolo VI, istituì nel 1971 laCaritas Italiana «al fine di promuovere,anche in collaborazione con gli altri or-ganismi, la testimonianza della caritàdella comunità ecclesiale italiana, informe consone ai tempi e ai bisogni, invista dello sviluppo integrale dell’uo-mo, della giustizia sociale e della pace,con particolare attenzione agli ultimi econ prevalente funzione pedagogica»(articolo 1 dello statuto di Caritas Italia-na). Contestualmente, nominò comeprimo presidente monsignor GiovanniNervo, affiancato sin dall’inizio da don

nazionale “padri” caritas

Premio Nervo-Pasini

DUE FONDATORI,DUE PAPI

Monsignor Nervo emonsignor Pasini con

Luciani e Wojtyla

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era una volta il servizio ci-vile come forma di difesadella patria, alternativa almilitare. Era quella degliobiettori di coscienza. E

che loro difendessero la patria conmezzi non militari, civili e nonviolenti,lo aveva stabilito la Corte costituziona-le nel 1985, contro quelli che dicevanoche gli obiettori, non svolgendo il ser-vizio di leva, si sottraevano al sacro do-vere previsto dalla Costituzione.

Poi nel 2001 venne la legge 64, checreò il servizio civile su base esclusi-vamente volontaria. Anche questoservizio civile, pur non avendo piùnulla a che fare con la leva obbligato-ria, concorre, come recita la legge,“alla difesa della Patria con mezzi eattività non militari”. Ma sembra chequesto durerà ancora per poco.

Lo scorso 9 aprile, infatti, la Came-ra dei deputati ha approvato il dise-gno di legge delega presentato dal go-verno per la riforma del terzo settore(ne discuteremo sul prossimo nume-ro di Italia Caritas). Esso prevede,all’articolo 8, anche la riforma dell’at-

tuale servizio civile e la creazione del“Servizio civile universale” (vedi ICdicembre 2014 – gennaio 2015).

Definire l’identitàSe il futuro servizio civile sarà vera-mente “universale”, cioè aperto a tuttii giovani che chiedono di farlo, lo sicapirà nei prossimi mesi, quando cioèverrà discussa la legge di stabilità peril 2016. Se quest’anno sono stati fi-nanziati 30 mila posti, serviranno al-meno 300 milioni di euro per finan-

ziarne 50 mila, in vista dei 100 milapromessi dal governo per il 2017.

Ma “universale” significa per tutti igiovani anche in un altro senso: ancheper coloro, cioè, che non sono nati inItalia, ma che nel nostro paese ormaivivono, e che lo sentono come “patria”.Su quello che sarebbe stato un puntoqualificante della riforma, i deputatihanno deciso di non legiferare, in atte-sa che (ancora una volta) sia la Cortecostituzionale a decidere sulle sorti delservizio civile, come appunto succedein Italia da trent’anni a questa parte.

Ma se riforma del servizio civile cidoveva essere, essa avrebbe dovutoservire a definire l’identità costituzio-nale e culturale di questa esperienza,identità che ad esempio i cugini fran-cesi hanno saputo disegnare in manie-ra più netta. I deputati avrebbero do-vuto fare chiarezza sulle tante “idee” diservizio civile nate dal 2001 (volonta-riato sottopagato? formazione profes-sionale? tirocinio pre-lavoro?) e chehanno visto la nascita di tanti servizi ci-vili regionali, provinciali e comunali,oltre che una libera interpretazione, subase regionale, di molte regole e stru-menti attuativi, fonte di confusione, diduplicazione di funzioni e di conflittitra pezzi diversi del medesimo stato.

Valori non meglio precisati Con una definizione confusa e ridutti-va, per i deputati il nuovo servizio civilesarà finalizzato alla difesa di non me-glio precisati “valori fondativi della pa-tria”, attraverso “esperienze di cittadi-nanza attiva, di solidarietà e inclusionesociale”. Eliminata, dunque, la caratte-ristica “civile e non armata” propria delservizio civile conosciuto finora, conbuona pace di quanti, proprio col ser-vizio civile, hanno inteso dare un con-tributo concreto alla costruzione dellapace in modo nonviolento e non ar-mato, in Italia e all’estero (a proposito:anche del servizio all’estero la riformasembra essersi dimenticata). Inoltre,che fine fanno “le esperienze ambien-tali, nei beni culturali, nella promozio-ne sociale”, che fino a oggi hanno af-fiancato le esperienze di solidarietà?

Speriamo che i senatori decidano diconsiderare questi e altri dubbi susci-tati dalla legge. E, pertanto, di modifi-care una riforma, che rischia di non es-sere utile né ai giovani né al paese.

di Diego Cipriani

C’

nazionale giovani

DRiforma riduttiva

Primo via libera, allaCamera, alla leggedelega di riforma delterzo settore. La partededicata ai giovanicontiene un’apertura. Ma non ammette gli stranieri nati o residenti. Non fachiarezza sulla naturadello strumento. E non accenna allanatura “non armata”

unıversale?Servizio

SENZA BARRIERE Volontario in servizio civile

in un centro per migranti

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panoramaitalia

Cittadella della solidarietà, cui si accede dopo un colloquio con il centro d’ascolto, hanno un Iseeannuo inferiore a 5.700 euro e,nella maggior parte dei casi, tuttii componenti sono senza lavoro.«Sono numeri che danno un’ideadelle dimensioni che la povertàraggiunge anche in contesti apparentemente meno gravati da marcati processi di impoveri-mento», ha sottolineato il diretto-re della Caritas diocesana, donEmanuele Morelli. Sugli scaffali

dell’emporio si trova di tutto, ma olio, farina, riso, pasta, pelati, legumi, carne e pesce in scatola,oltre a zucchero, biscotti e lattesono i più gettonati. Fondamen-tale il supporto dei 21 sostenito-ri fra enti pubblici, realtà non profit e privati. Frequentati anchei percorsi formativi su accoglienza,disagio sociale e lotta allo spre-co: in un anno, alla Cittadella si sono incontrati 263 giovani di parrocchie e associazioni, segui-ti da 113 fra animatori e genitori.

scosa, Bicinicco e Bagnaria Arsa)hanno sottoscritto a fine marzoun protocollo, operativo in esta-te, per dare lavoro a 73 richie-denti asilo già ospitati in alcunestrutture del territorio. I 73, inprevalenza afghani e pakistani(47 a Palmanova e 26 a San Vi-to), saranno impiegati in piccolilavori socialmente utili, di manu-tenzione ordinaria per la comuni-tà. Saranno Croce Rossa e Cari-tas friulana a organizzare le variesquadre di lavoro. L’innovativoprotocollo sarà sostenuto dallaregione tramite corsi di formazio-ne-antinfortunistica e contributiai comuni per le spese generali.

PISTOIAIrenus, gratuitele cure dentisticheper personein difficoltà

Cure dentistiche e odonto-tecniche gratis per le per-

sone bisognose: è l’iniziativa del-l’associazione Irenus, nata aPistoia nel 2013 dalla volontà diun gruppo di odontotecnici titola-ri del laboratorio “Art. è Srl”, chedecisero di replicare un’analogainiziativa realizzata nelle faveladi San Paolo in Brasile. La Caritasdiocesana di Pistoia segnalerà e invierà i pazienti: «Sono circa70 le persone che si sono rivoltealla Caritas per fruire del servi-zio, 25 già prese in carico.

PISAPrimo annodella Cittadella,quasi trecentole famiglie aiutate

Ben 275 famiglie e 780persone seguite. E circa

2 mila chili di generi alimentaridistribuiti mensilmente: questialcuni dei dati che emergono dal bilancio dei primi dodici mesidi attività dell’Emporio per fami-glie in difficoltà economica, volu-to dalla diocesi pisana. Tutti i nu-clei familiari sostenuti dalla

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levocingiro ((()))

Luca Vitali (Caritas Chioggia). «Quando nella nostra diocesi sono arrivati i ragazzi rifugiati da varie parti dell’Africa e dell’Asia, abbiamo subito cercato di organizzare varie attività, come la scuola di italiano. Ci sembrava però troppopoco e solo per pochi “intimi”. Per fare in modo che tutto il territorio potesse vivere la gioia dell’accoglienza, abbiamo lanciato un’iniziativa già dallo scorsoAvvento, ripresa anche in Quaresima: “Aggiungi un posto a tavola”. Abbiamo proposto di invitare a casa i rifugiati insieme a un volontario, per incontrare non numeri, ma volti. Con storie, sfide, sofferenze, paure. Del resto Gesù alcunetra le cose più belle le ha fatte attorno a una tavola...».

Valentina Panatoni (Caritas Lucca). «“Cinque pani” è una bottega solidale, apertada un anno in una zona di Lucca. Gli utenti dei centri di ascolto vanno lì a fare la spesa, invece di ricevere il classico pacco alimentare della Caritas. Vuole peròessere anche un luogo di incontro per la cittadinanza e per gli utenti stessi. Perquesto cerchiamo di animarla con incontri. Il primo ciclo era centrato sulla correttaalimentazione e i nuovi stili di vita. Abbiamo dato informazioni di base su cosa è giusto mangiare, come è giusto abbinare i cibi... Con questi incontri ci siamo datil’obiettivo di parlare non solo di diritto al cibo per tutti, ma di diritto al cibo sano pertutti: quindi un cibo biologico, prodotto nelle nostre zone, a chilometro zero. Un ciboche solitamente costa di più, ma la bottega è rifornita da contadini amici che han-no prezzi calmierati, o addirittura donano alla bottega frutta e verdure in eccesso».

Pietro Galvano (Caritas Catania). «Lo Sportello lavoro Caritas – Patronato Aclisi rivolge soprattutto alle persone che hanno perso il lavoro, in particolar modoai 45-60enni. Aperto ogni mercoledì nella nostra sede, vuole dare una possibili-tà e una speranza a chi è scoraggiato nella difficile ricerca di un’occupazione.Tanti giovani oggi non cercano più lavoro, proprio perché sfiduciati dalla crisi. Lo Sportello si candida a diventare un punto di riferimento, anche per evitareche le persone si trovino costrette a rivolgersi a chi offre lavoro nero. La collabo-razione con le Acli l’abbiamo voluta fortemente: loro possono offrire alle famiglie competenza in materia lavo-rativa; la Caritas può offrire la sua competenza sul micro-credito. Intendiamo non fermarci qui: è in programma la realizzazione di una cooperativa sociale promossa insieme, che crei lavoro e sviluppo nel territorio».

A tavola c’è posto per i rifugiati.Tutti hanno diritto al cibo: ma sano

7di Danilo Angelelli

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to in una città solidale”, pro-mosso dalla Cooperativa Ruahe dalla Caritas diocesana Ber-gamasca, in collaborazione conil comune orobico e l’aziendaAprica. Il servizio è nato per in-crementare la raccolta differen-ziata dei rifiuti, diminuendo laquantità di materiale indifferen-ziato del sacco nero e dandouna nuova vita a vestiti, tessutie accessori destinati al casso-netto, ma serve anche a soste-nere i progetti sociali di Caritase Ruah. Un sacco rosso è ilsimbolo e l’oggetto fondamen-tale dell’iniziativa: il personaledi Ruah passerà in ogni via del-la città a ritirarlo porta a porta;gli indumenti raccolti sarannovenduti a un operatore, per laselezione e l’igienizzazione. Gliabiti in buone condizioni saran-no venduti a peso, rientrandonel mercato dell’abbigliamentoa basso prezzo; quelli non riuti-lizzabili saranno destinati a pro-durre fibre rigenerate; il ricava-to va a Caritas e Ruah. Graziealla sensibilità dei bergama-schi, nel 2014 sono stati rac-colti quasi 31 mila chilogrammidi abbigliamento e accessori.www.cooperativaruah.it

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BOLZANO-BRESSANONE“Caffè del lutto”:ci si incontraper condivideredolori e sentimenti

Chi subisce un lutto spes-so non sa come viverlo

in modo adeguato. Per facilitarel’incontro tra persone che hannovissuto la medesima esperienza,il servizio Hospice della Caritasdiocesana ha ideato i cosiddetti“caffè del lutto”: in un ambienteprotetto è possibile condividerecon altre persone pensieri, senti-menti e dolori, senza paura esenza doverli nascondere. Gli ap-puntamenti gratuiti sono riservatia tutti coloro che sono stati colpi-ti da un lutto, anche non recente-mente. Durante gli incontri (aBolzano, Merano, Malles e Bruni-co) volontari del servizio Hospiceaccompagneranno i partecipanti.

UDINEIn cinque comuniaccordo per far lavorarei rifugiati accolti

Cinque comuni (Palmano-va, San Vito al Torre, Torvi-

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BIELLAUn musicalper sostenereil “condominiosolidale”

Era gremito il Teatro Socia-le di Biella, l’11 aprile. Un

musical, tantissimi spettatori, persostenere il progetto della Cari-tas diocesana biellese Casa Tor-rione: un vero e proprio “condo-minio solidale”. Nella struttura di via Rosselli 18 è stato allestitoun alloggio di pronta accoglienzanotturna per donne senza dimorae in condizioni di marginalità sociale: 5 posti letto, un servizioper consentire di consumare cena e prima colazione, fare unadoccia, lavare i vestiti. Lo spazioè il primo, dentro un edificio di trepiani in via Rosselli, di “Casa Tor-rione”: minialloggi per un’utenzacon problemi sociali e abitativi.

BERGAMOTorna “Abito inuna città solidale”:dai rifiuti linfa perprogetti sociali

Torna per il secondo annoa Bergamo il progetto “Abi-

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Sono passati sei anni dal violento terremoto che ha de-vastato L’Aquila e altre zone dell’Abruzzo, provocando309 morti. Le ferite sono ancora visibili nel territorio, nonsolo nel centro storico dell’Aquila. In questi anni, gli inter-venti di aiuto e ricostruzione, da parte della rete Caritase della Chiesa italiana, sono stati intensi. Caritas Italianaha ormai consegnato quasi tutte le strutture programma-te ed è impegnata a completare gli interventi residui.

Grazie alla solidarietà espressa da quasi 23.500 do-natori italiani ed esteri (singoli, parrocchie, associazioni,diocesi, scuole...) e dalla Conferenza episcopale italiana(5 milioni di euro), Caritas Italiana ha messo a disposi-zione delle comunità locali oltre 35 milioni di euro. Signi-

ficativa è stata anchela solidarietà della reteinternazionale (più di 60 Caritas estere).

Direttamente, o attraverso le 16 delegazioni regionali,Caritas Italiana ha risposto ai bisogni della popolazione,impegnando le risorse disponibili in interventi di primaemergenza; azioni di prossimità e sostegno diretto (in particolare ad anziani, persone sole, ammalati... ); costruzione di quattro scuole per l’infanzia e primarie donate ai comuni di L’Aquila, Ocre (nella foto), Fossa e Fontecchio; realizzazione di 17 centri di comunità (14realizzati e funzionanti, 2 in fase di ultimazione, 1 in atte-sa di autorizzazioni) e di 7 strutture di accoglienza; imple-mentazione di 2 servizi sociali e caritativi (tra cui la nuo-va sede con servizi riabilitativi dell’Associazione italianasclerosi multipla); consolidamento e ripristino di 16 strut-ture parrocchiali per attività sociali e comunitarie; proget-ti di animazione e aggregazione rivolti a minori e giovani;progetti sociali a favore di persone in situazione di graveemarginazione, immigrati e giovani.

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ABRUZZOA sei anni dal terremoto, programma quasi ultimato

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persone addette alla produzione, all’assisten-za tecnica e alla vendita nel primo punto vendita con annessa caffetteria aperto a Milano, in via Padova 36, in un edifi-cio parte di un progetto di housingsociale, realizzato da Abitare SocialeMetropolitano e dal fondo immobiliare di Lombardia-Comparto Uno. L’assistenza commerciale ai clientiè stata affidata a un call center situato all’internodel carcere di Bollate e viene svolta dai detenuti. Inoltre,un centesimo di euro per ciascuna capsula venduta an-drà a sostenere uno dei tanti progetti di solidarietà pro-mossi dal Consorzio Farsi Prossimo: dagli alloggi per madrisole ai centri di accoglienza per senzatetto. Le capsuleBeso si possono acquistare nella caffetteria di via Pado-va, aperta dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 19 e il sabatodalle 8 alle 14, ma anche in tutte le botteghe Chico Men-des e Altromercato e online sul sito. www.besocaffe.it

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panoramaitalia

e di promozione dei prodotti a fi-liera corta del territorio, attraver-so il progetto “Spoleto Solidale”.

CHIETI-VASTOAperto l’Emporio,spesa gratuitama i prezzirestano esposti

È stato inaugurato a finemarzo a Vasto, in locali con-

cessi dal comune, il nuovo Empo-rio della solidarietà, dedicato a Giovanni Paolo II e riservato a famiglie in difficoltà. È uno stru-mento per impedire che il disagiodiventi cronico: una sorta di su-permercato, dove si distribuisco-no gratuitamente generi di primanecessità. Per accedere al servi-zio occorre avere una tessera a scalare, rilasciata dopo un col-loquio per conoscere le esigenzedel richiedente e del nucleo fami-liare, partendo dal reddito e dallarelazione del parroco di riferimen-to. Resteranno esposti i prezzidei prodotti sugli scaffali «perché– ha sottolineato don GianfrancoTravaglini – chi fruisce dell’Empo-rio sia consapevole del valore di ciò che viene consegnato gra-tuitamente e di cui ha realmentebisogno, riducendo di volta in vol-ta il suo credito».

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Una sfida imprenditoriale e sociale, dall’aroma intenso, e non solo in senso figurato: è quella

che sta alla base di Beso (Bio, equo e solidale), il proget-to avviato dal consorzio Laboratorio del Caffè (formato da Consorzio Farsi Prossimo – promosso da Caritas Ambrosiana –, cooperative Chico Mendes, Vesti Solidalee Bee4.Altrimenti). Beso è il primo caffè biologico, del commercio equo solidale, confezionato in capsule al 100% riciclabili, prodotto e commercializzato da perso-ne svantaggiate (persone con disabilità fisica e psichica,disoccupati di lungo corso). Sono già state assunte dieci

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popolazione infantile immigratapari a quella degli italiani.

REGGIO CALABRIAScuola peril volontariatoed Help Centeralla stazione

Si chiama “Nessuno esclu-so mai”, la scuola di forma-

zione per volontari e di educazio-ne alla cittadinanza attiva eresponsabile, promossa dal Cen-tro comunitario Agape, con Cari-tas diocesana di Reggio Calabria– Bova Marina, Associazione Li-bera, Piccola Opera Papa Giovan-ni e cooperativa sociale CentroGiovanile Italo Calabrò. Obiettivo:coinvolgere persone e famigliereggine in un servizio di volonta-riato, all’interno delle attività pro-mosse da soggetti del territorio,e offrire formazione permanente.Intanto, alla stazione ferroviariadi Reggio Calabria è stato inaugu-rato il nuovo Help Center per per-sone in condizione di emargina-zione, senza dimora e condifficoltà: chi si rivolge allo spor-tello, gestito dalla Caritas (attivoin via sperimentale da diccem-bre), può ricevere indicazioni suindirizzi, orari e modalità d’acces-so ai servizi del territorio.

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SASSARIAmbulatoriocon 21 volontariper assistenzaagli stranieri

È stato inaugurato il 7aprile l’ambulatorio medi-

co di prima accoglienza, gestitodalla Caritas Turritana e rivoltoa stranieri temporaneamentepresenti ed europei non iscrivi-bili nel sistema sanitario nazio-nale. La struttura ospiterà perdue pomeriggi alla settimana21 volontari tra medici e infer-mieri professionali, che si alter-neranno per offrire l’assistenzasanitaria di medicina di base,pediatria e ginecologia. Diversele attività previste dalla conven-zione stipulata tra Caritas e Asl1: servizio di prima accoglienzae assistenza sanitaria di base;prescrizioni per accertamenti e consulenze specialistiche ri-volte alla popolazione immigra-ta; ampliamento dell’offerta as-sistenziale alle donne stranierein stato di gravidanza; sensibi-lizzazione ai programmi di pre-venzione, in particolare di Aids,malattie sessualmente tra-smessibili e Tbc; sensibilizza-zione per il raggiungimento diuna copertura vaccinale della

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MILANOCapsule biologiche, eque e solidali:con Beso arriva il caffè chefa bene alle persone in difficoltà

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GUBBIORiapertodopo i lavoriil centrodi accoglienza

Ha riaperto i battenti l’11aprile a Umbertide il cen-

tro d’accoglienza “Jerry Masslo”,chiuso dal giugno 2014 per lavo-ri di manutenzione e messa in sicurezza degli impianti. Comu-ne e diocesi hanno firmato la con-venzione con la quale è statoprorogato l’affidamento della ge-stione del centro di via Spoletinialla Caritas diocesana di Gubbio, che da un decennio svolge attivi-tà di prima accoglienza per per-sone in stato di disagio o pover-tà e promuove iniziative volte a favorire il reinserimento socia-le delle persone accolte.

SPOLETOIn mensa i pastinon consumatinelle scuolee all’ospedale

Evitare gli sprechi e rispar-miare risorse per contra-

stare l’emergenza: è l’obiettivodell’accordo sottoscritto dallaCaritas diocesana Spoleto-Nor-cia e dal Consorzio Abn A&B Net-work sociale, che prevede il recu-pero dei pasti cucinati e nonconsumati all’ospedale di Spole-to e in alcune scuole del territo-rio per destinarli alle (sempre più numerose) persone che ognigiorno si recano alla Mensa del-la Misericordia. L’iniziativa s’in-serisce in una più ampia serie di azioni di Caritas e ConsorzioAbn nel contrasto allo spreco alimentare: la Caritas, per esem-pio, già da tempio recupera le eccedenze di alcune impresedi panificazione e pasticceria, donandole a chi è nel bisogno.Dal canto suo, il Consorzio Abnsta operando all’interno di un ac-cordo con il comune di Spoletoper favorire tutte le azioni di recu-pero delle eccedenze alimentari

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GROSSETOLa Casa Studentisarà ristrutturatae diventeràpolo di solidarietà

Ristrutturare l’ex Casa del-lo Studente, che diventerà

un polo importante della solida-rietà. Serviranno 1,4 milioni di euro: è la cifra stanziata dallaregione Toscana e destinata allaprovincia di Grosseto per siste-mare i quattro piani della struttu-

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ra di via Scopetani, da tempo abbandonata e fatiscente. La ge-stione sarà affidata fino al 2027alla Caritas diocesana: diventeràuna vera cittadella della solidarie-tà, centro polifunzionale in cuiavrà sede la stessa Caritas con i suoi numerosi servizi: dall’em-porio della solidarietà alla mensa(circa 100 pasti serviti al giorno),passando per i centri d’ascolto.Non mancheranno riferimenti al passato: nella struttura anchebiblioteca e bar per studenti.

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ottopermille/Grosseto

Ha visto la luce sul finire del 2012. E da allora non ha fatto che progredire. Il pro-getto “I magazzini del sociale”, nato a Grosseto sulla scia di iniziative già presentinel territorio nazionale, intende sostenere famiglie in situazione di disagio socio-economico per un periodo di tempo stabilito, da uno a sei mesi. I beneficiari sonoprevalentemente persone residenti del comune di Grosseto, stranieri e italiani.

Il “magazzino del sociale” è un luogo di distribuzione di generi alimentari di prima necessità. Ogni famiglia è dotata di una tessera punti, che può permetteredi effettuare una spesa mensile gratuita. Questo progetto si pone come strumentoper superare la logica dell’aiuto realizzato attraverso il “pacco viveri”, andando ver-so un più concreto diritto alla spesa e alla scelta dei prodotti.

Il progetto grossetano, avviato anche grazie a fondi Cei-Caritas otto per mille,conta oggi circa cento famiglie beneficiarie, ognuna inserita dopo un colloquio preventivo, per meglio inquadrare le necessità dei singoli nuclei.

Ogni nucleo familiare, oltre a usufruire del “contributo spesa”, è inserito in un per-corso educativo, che aiuta le persone a seguire un corretto stile di vita. Le temati-che affrontate durante questi incontri variano dal consumo consapevole alla gestionedel budget familiare, passando per le tecniche di risparmio domestico. Gli incontrisono tenuti da volontari qualificati, provenienti da varie realtà associative.

Volontari collaudatiI prodotti presenti nel magazzino sono frutto di accordi con aziende locali, che do-nano le eccedenze. Grazie alle donazioni, sugli scaffali si trovano olio, pasta, pomo-dori pelati, legumi, prodotti per la prima colazione e per la cura e l’igiene della casa.

Il progetto, si diceva, continua a progredire. Nell’ultimo mese, per esempio, si sono aggiunti due ulteriori generi di consumo: carne e formaggio, acquistati diret-tamente dalla Caritas diocesana di Grosseto. In particolare, il formaggio possiedela certificazione halal, documento che attesta la conformità alla dottrina islamica,marchio di garanzia per le famiglie musulmane coinvoltenel progetto.

Per quanto concerne logistica e personale, il magazzi-no si avvale di un gruppo collaudato di volontari, coordi-nati da una responsabile. Negli ultimi due anni si sonoaggiunti, inoltre, i ragazzi del servizio civile che operanoall’interno della Caritas grossetana.

Al “Magazzino del sociale”anche fresco e prodotti halal

9di Enzo Capitani

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www.caritas.it

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prossimiSe ne parla poco. Ma sono 1,7 milioni le persone (1 milione di sfollati interni, 700 mila rifugiati in Russia e Bielorussia)allontanate da casa a causa del conflitto politico e militare.

Ai confini dell’Unione Europea, 5 milioni di individui necessitano di assistenza umanitaria: la peggior crisi dalle guerre ex jugoslave.

La rete Caritas preme sulle autorità perché la tregua sia mantenuta. E intanto si adopera per aiutare 50 mila persone.

Nostri vicini: non fanno rumore,ma hanno bisogno di noi!

Profughi

SORRISIDI CONVIVENZAMadre, padre, figlioletto:una famiglia di profughiaccolta da un’anziananell’Ucraina orientale

Ucraina, vittime alle nostre porte

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– della crisi mondiale che la maniocasta conoscendo una vera e propria ri-scoperta. In particolare, per salva-guardare le proprie finanze, la Nigeria– che è il primo produttore mondialedi manioca, con 45 milioni di tonnel-late all’anno – ha deciso di imporre aipanettieri l’utilizzo di questa farinalocale, da mischiare a quella di granoimportato per la produzione di pane.

Ciò permetterebbe al paese di di-minuire della metà le importazioni dicereali. La Nigeria, infatti, spende ognianno 4,2 miliardi di dollari per il gra-no: le misure che impongono l’intro-duzione della farina di manioca nellapanificazione comporterebbero un ri-sparmio di ben 2,1 miliardi di dollaril’anno. È così che alcuni uomini d’af-fari nigeriani hanno cominciato a par-lare di Cassava revolution (la “rivolu-zione della manioca”), che dovrebbe

portare a un cambiamento delle abi-tudini alimentari. Le quali, a loro vol-ta, potrebbero essere alla base di unrilancio economico della Nigeria.

A questo scopo, nel 2012, è statolanciato un ambizioso programmachiamato Cassava bread developmentfund (Fondo di sviluppo del pane dimanioca, Cbdf). Il programma ha fat-to sì che il pane consumato nel paesepreveda l’utilizzo di un 20% di farinadi manioca; l’obiettivo è di arrivare al40%. Per ottenere questo risultato,l’arma fiscale è risultata decisiva: èstata infatti introdotta una tassa sup-plementare sulle importazioni di gra-no tenero, accompagnata da una so-stanziale riduzione delle tasse doga-nali per gli enzimi di manioca.

Padre Charles ci credeUn simile tentativo è stato avviato

La Nigeria – primo produttore mondialedi manioca – ha deciso di imporre aipanettieri l’utilizzo di questa farina locale,

da mischiare a quella di grano importatoper consentire la produzione di pane

anche in Repubblica democratica delCongo. Nell’ex Zaire, infatti, i coloniz-zatori belgi hanno profondamenteinfluenzato, già più di un secolo fa, leabitudini alimentari delle popolazio-ni locali, specialmente di quelle ur-bane. In città come Kinshasa, Lu-mumbashi o Kisangani, ma anche al-trove, il pane è diventato ormai unprodotto praticamente essenziale. Ecosì, anche in questo paese, le im-portazioni di grano tenero hannoraggiunto i 4 miliardi di dollari all’an-no. Allo stesso tempo, il Congo è an-che il primo consumatore di manio-ca al mondo. Gli abitanti delle città edelle campagne la consumano diret-tamente, o sotto forma di farina overdura. E dunque, anche qui, si èfatta avanti da anni l’idea di realizza-re un mix tra grano e manioca, chepermetterebbe di ottenere un panemeno costoso e di diminuire le im-portazioni di farina di grano. In se-condo luogo, consentirebbe ai pro-duttori di manioca di avere unosbocco ulteriore per la loro produzio-ne, dunque guadagni supplementari.

RISORSA LOCALEDonne africane raccolgono, preparano e

cuociono manioca secondo metoditradizionali. Il tubero, base della cucina

poveradel continente, sta diventandocardine delle politiche alimentari

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rirsi in varie preparazioni. Esistono per-sino dolci, biscotti e altre ricette a basedi manioca, senza contare l’uso che,come detto, viene fatto delle foglie.

Decisiva l’arma fiscaleEppure, nonostante il posto di primopiano che occupa nell’alimentazionedi milioni di persone, la manioca nonè mai stata realmente al centro di unaproduzione o di una trasformazionedi portata industriale. In Brasile ci so-no stati alcuni tentativi, ma in Africala si trova quasi esclusivamente sottoforma di coltura di sussistenza. E lesue diverse trasformazioni sono rima-ste alla fase artigianale o familiare.

Negli ultimi anni sono state fattediverse ricerche fito-sanitarie per lot-tare contro una malattia che ha col-pito per molto tempo questa piantain Africa: la malattia del mosaico del-la manioca (Cmd). Scienziati congo-lesi e nigeriani, in particolare, si sonomolto impegnati in questa direzionee sono riusciti a trovare trattamentiper curare i tuberi malati.

E tuttavia, è solo grazie – o a causa

mpossibile viaggiare in Africasenza imbattersi in un piatto abase di manioca. Sotto formadi farina, polenta, “bastoni”,bollita o fritta, calda o fredda...

Persino le foglie di questo tubero, do-po una lunga lavorazione – altrimentisarebbero tossiche – finiscono in unmodo o nell’altra in qualche succu-lento piatto. Insomma, la manioca èun elemento centrale, fondamentalee duttile della cucina africana.

Chiamata anche cassava, tapioca oyuca, serve anzitutto a riempire lo sto-maco di decine di milioni di persone,che ancora oggi non hanno la sicurez-za alimentare garantita e cercano di so-pravvivere, consumando grandi quan-tità di manioca. E spesso poco altro.

Di per sé, la manioca non è neppureun tubero tipicamente africano. Origi-naria delle regioni tropicali delle Ame-riche, è arrivata in Africa equatoriale ol-tre quattro secoli fa ed è diventata, no-nostante contenga cianuro allo statogrezzo, uno degli alimenti base di moltepopolazioni della foresta. Che sono riu-scite a “disintossicarla”, per poi sbizzar-

Idi Eyoum Ngangué

internazionale viaggio intorno al mondo in10 alimenti /4

maniocain nigeriae r.d.congo

all’africanail pane

Cassavarevolution

Decine di milioni di persone, in Africa, si nutrono di manioca.Ma il tubero non è maistato oggetto di produzioneorganizzata. Ora alcunipaesi investono su di esso. Per ridurre i costi delleimportazioni di grano. E garantirel’autosufficienzaalimentare

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xpo Milano 2015 ha aperto ibattenti. E la “famiglia glo-bale” Caritas c’è. Fisicamen-te presente, con un propriospazio espositivo. Luogo in

cui approda il lungo e appassionantelavoro di programmazione delle ini-ziative previste per l’Esposizione uni-versale. L’Edicola – questo il nomedello spazio – sarà il fulcro di un pa-linsesto culturale sul tema “Dividereper moltiplicare. Spezzare il pane” efungerà da luogo interattivo, espe-rienziale e di provocazione. Caritasinvita alla condivisione delle risorse,dei saperi e delle competenze, e allariflessione su dove investiamo le no-stre energie, in risposta al problemadelle iniquità prodotte dal sistema ali-mentare mondiale. Il tema dell’ener-gia riprende lo slogan di Expo (“Nu-trire il pianeta, Energia per la vita”) edè simboleggiato da un’installazione(foto) dell’artista tedesco Wolf Vostell(1932-1998) all’interno dell’Edicola.

Il cuore del messaggio che Caritasporterà in Expo 2015 ruoterà attornoal passaggio del Vangelo sulla molti-plicazione dei pani e dei pesci. Que-sta sollecitazione, condensata nellaformula “dividere per moltiplicare”,s’inserisce a pieno titolo nel tema diExpo su alimentazione e nutrizione.E sarà il motivo ispiratore dell’evento

di punta del fitto programma allestitoda Caritas: il “Caritas Day”, previstoper martedì 19 maggio.

Dopo la cerimonia di aperturacon esponenti nazionali e interna-zionali, il “Caritas Day” prenderà av-vio nell’Auditorium di Expo, alla pre-senza di personalità religiose e civili,di istituzioni internazionali, di centi-naia di rappresentanti delle Caritas

di tutto il mondo. La tavola rotondadella mattina ribadirà l’identità e ilpensiero Caritas, e soprattutto il ruo-lo della rete internazionale riguardoal problema della fame cronica, cheinteressa ancora oggi più di 800 mi-lioni di persone nel mondo.

Contraria alla creazioneÈ per loro che Caritas Internationalisha lanciato una campagna di sensibi-lizzazione pubblica e politica nel di-cembre 2012, con il supporto di papaFrancesco, intitolata “Una sola fami-glia umana, cibo per tutti”: l’obiettivoera (ed è) promuovere un riconosci-mento fattivo del diritto all’alimenta-zione e contrastare le cause della fa-me nel mondo, nella prospettiva diun suo progressivo sradicamento en-tro il 2025. I risultati della campagnaverranno illustrati nella seconda par-te della mattinata, intervallati dal di-scorso del presidente uscente di Ca-ritas Internationalis, cardinale OscarRodriguez Maradiaga, e seguiti dallapresentazione di uno studio sulla si-curezza alimentare.

Nel pomeriggio verranno inveceesposte alcune tra le più significativeesperienze della confederazione Ca-ritas nelle sette regioni del mondo incui opera. Infine, il discorso conclusi-vo del segretario generale in carica diCaritas Internationalis, Michel Roy.

Lo spirito con cui Caritas vivrà que-sta giornata è inscritto nella Dottrinasociale della Chiesa, secondo cui «i be-ni della terra sono stati creati da Dioper essere sapientemente usati da tutti:tali beni vanno equamente condivisi,secondo giustizia e carità. Si tratta diimpedire l’ingiustizia di un accaparra-mento delle risorse: l’avidità, sia essaindividuale o collettiva, è contraria al-l’ordine della creazione. Gli attuali pro-blemi ecologici, di carattere planetario,possono essere affrontati efficacemen-te solo grazie a una cooperazione in-ternazionale ». (articolo 481 del Com-pendio della dottrina sociale dellaChiesa, a cura del Pontificio consigliodella giustizia e della pace).expo.caritasambrosiana.itexpoblogcaritas.com

Edi Alfonso Apicella

Il 19 maggio l’Expo di Milano fa spazio al radunoeal messaggiodella “famiglia globaleCaritas”: centinaia di delegati ed esperienzeda tutto il pianeta, per raccontare come si affrontano i problemi di giustiziae ambientali. E affermare chel’accesso al cibo è un diritto di tutti

Il‘‘giorno

speciale expo la presenza caritas

invito a condividereCaritas’’

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Altri paesi africani, inoltre, stannolanciando alcuni progetti, in joint-venture con gruppi brasiliani, per lacreazione di complessi agro-alimen-tari che garantiscano la produzione,la trasformazione e soprattutto lacommercializzazione della maniocae dei suoi derivati. Queste iniziativepermetteranno ai paesi di garantirsil’autosufficienza alimentare, ma an-che di esportare eventualmente lamanioca verso altre regioni dell’Afri-ca. Una risposta concreta ai rischi dicarestia, che diventa vettore di con-quista di nuovi mercati.

Un missionario, in particolare,crede a questa prospettiva: è padreCharles Kusika Nzau, della congrega-zione dei Redentoristi. Residente nel-la città di Kimpese, 140 chilometri asud di Kinshasa, ha creato due strut-ture – il Centro d’informazione e diformazione agro-alimentare di Kim-pese (Civak) e l’Istituto superiore tec-nico di agronomica e chimica ali-mentare (Istacha) –, il cui compitoprincipale è rimettere la manioca alcentro della discussione sulla sicu-rezza alimentare nel paese. Insiemea un partner giapponese, ha creatouna fabbrica di trasformazione dellamanioca nel febbraio 2013 e, cinquemesi più tardi, è riuscito a presentareal pubblico la prima panificazionerealizzata con l’85% di grano e il 15%di farina di manioca. Se tutti i panet-tieri congolesi potessero realizzarequesta fusione, si otterrebbe, secon-do il religioso, «un risparmio di 500milioni di dollari l’anno».

Ma se il suo approccio rimanesperimentale, altri ricercatori congo-lesi, in particolare quelli della facoltàdi scienze dell’Università di Kinshasa(Unikin), stanno lavorando sulla pos-sibilità di incorporare una percen-tuale di farina di manioca nella fab-bricazione del pane.

Insieme ai brasilianiLo scorso anno, il governo congoleseha ripreso in mano l’iniziativa. Nel-l’aprile 2014, infatti, è stato organizza-to un seminario che ha riunito tutte leparti (imprenditoriali, scientifiche, so-ciali) interessate al progetto “Panifica-zione a base di farina composta dagrano-manioca”. Si dovranno deter-minare le norme e soprattutto le pro-

porzioni della farina di manioca, pernon diminuire il valore nutrizionaledel pane. Durante questo seminario, icongolesi hanno voluto ispirarsi an-che a ciò che viene fatto in altri paesi,come Brasile e – appunto – Nigeria.

Queste ipotesi di lavoro permette-ranno anche alla Repubblica demo-cratica del Congo (e ad altri paesi, co-me Camerun, Costa d’Avorio e Ga-bon, dove la manioca è onnipresente)di ridurre la dipendenza da prodottiagricoli dall’estero e di garantire me-glio la sicurezza alimentare della po-polazione locale.

«Penja no get money». Era il motto diffuso sino a qualche anno fa nel vil-laggio di Penja, in Camerun: «A Penja, niente soldi!». Nell’immaginario col-lettivo, i soldi si facevano a Douala, principale centro economica del Ca-merun, o a Yaoundé, la capitale politica.

In questa regione agricola, al confine tra la zona francofona e quella an-glofona del paese, le popolazioni locali facevano fatica a sopravvivere, a cau-sa della svendita dei terreni per le colture intensive di caffè, banane, ananas,ecc. Ma i prezzi fissati sui mercati occidentali, lontano dalle zone di produzio-ne, hanno causato la bancarotta dei grandi coltivatori della regione e impo-verito in modo considerevole i piccoli agricoltori che lavorano la terra.

Tuttavia, da qualche anno a questa parte, Penja si è presa la sua rivincita.Addossata ai fianchi di antichi vulcani e bagnata da piogge abbondanti, questa zona vanta un suolo particolarmente ricco e un microclima del tuttopeculiare, che ha permesso la produzione di una specie di pepe molto raro e molto ricercato dall’alta gastronomia. Sul posto lo chiamano il “pepe bian-co degli uccelli”. Ma a livello mondiale è noto come il “pepe dell’Alto Penja”.

Introdotto in questa regione nel 1958, all’inizio è stato un prodotto ra-ro, assaporato dal fior fiore degli esperti di spezie. Col passare del tempo,però, la domanda è considerevolmente aumentata, al punto che l’offertanon era più sufficiente. All’epoca, infatti, veniva prodotta solo una quaran-tina di chili per stagione. La banana e il caffè, a quel tempo, erano ancorapiù redditizi. Oggi, invece, se ne producono 25 tonnellate all’anno. E il pe-pe bianco di Penja è tra i più apprezzati al mondo. I migliori gourmet del pianeta fanno a gara sui mercati dei conoscitori per contenderselo, al punto che è ricercato tanto quanto i prodotti di lusso. A poco a poco,l’alta cucina si è invaghita di questo pepe, apprezzato per la particolaritàdel suo sapore, forte e delicato al tempo stesso.

Anche sul piano della protezione dell’ambiente, il pepe bianco di Penjaè considerato un prodotto “bio”. Raccolto a mano, grappolo a grappolo,viene lasciato a bagno dieci giorni in acqua e poi decorticato secondometodi tradizionali antichi e pestato coi piedi, prima di essere seccato al sole, cosa che conferisce il tipico colore bianco.

Venduto a più di dieci euro per cento grammi, il Penja è il pepe più ca-ro al mondo. E mentre all’inizio solo le grandi aziende agricole di proprie-tà degli europei, con base in Camerun, lo coltivavano, ora sempre più col-tivatori locali e altri esportatori camerunensi si sono lanciati in questafiliera. Di qualità, ambientalmente sostenibile, redditizio per le popolazionilocali: un esempio perfetto di come, all’Africa, convenga sviluppare le pro-prie culture, anziché farsele imporre dal resto del mondo.

PEPE IN CAMERUNI grani più cari al mondogiovano a contadini e ambiente

internazionale viaggio intorno al mondo in10 alimenti /4

maniocain nigeriae r.d.congo

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il contesto locale e indagare le ragioni– politiche, religiose, economiche esociali – che stanno dietro agli eventi.Senza cedere a letture superficialidell’accaduto. E soprattutto evitandoil rischio di fomentare ulteriormentela contrapposizione tra cristiani emusulmani, alimentando la spiraledi odio reciproco e violenze.

Brutalità inusitataL’attentato al campus universitariodi Garissa, avvenuto il 3 aprile, è statoil più grave episodio di terrorismo av-venuto in Kenya dopo l’attacco al-l’ambasciata americana di Nairobi,nel 1998, in cui morirono 213 perso-ne. Un gruppetto di terroristi con in-dosso una divisa dell’esercito ha fattoirruzione nell’Università, alle prime

luci dell’alba, dopo aver superatosenza difficoltà le esigue difese all’en-trata (soltanto due guardie). Una vol-ta entrate nel compound, le miliziearmate hanno iniziato a far fuoco al-l’impazzata, uccidendo più di 140studenti nei dormitori e negli spaziall’aperto della scuola.

L’attacco è stato rivendicato daiterroristi somali di Al Shabaab, chesostengono di aver selezionato le vit-time rilasciando i musulmani e ucci-dendo o tenendo in ostaggio i cristia-ni, come già avvenuto in precedentiattentati (da ultimo, l’attacco al vil-laggio di Mpeketoni, a nord di Malin-di, dove nel giugno 2014 oltre 40 per-sone hanno perso la vita). La strageperpetrata nel campus si è distintaper una brutalità fuori dal comune:

CONTESTO SPINOSOLa siccità, e i problemi (carestia e guastiambientali) che ne vengono: fattoredominante nel nord-est del Kenya

Una lunga scia di sangue, in una regioneflagellata da problemi profondi: guerrecivili, povertà dilagante, effetti devastanti

del cambiamento climatico e movimentimigratori di dimensioni ingenti

all’uccisione dei giovani innocenti sisono aggiunte la mutilazione dei cor-pi, la decapitazione e altri atti oltre iconfini della barbarie.

Un gruppo di giovani ragazze so-pravvissute all’attentato, intervistatedal quotidiano keniota the Standard,hanno raccontato come i terroristi ab-biano teso loro un tranello mortale.Mentre rimanevano rinchiuse nellestanze, i terroristi urlavano di scende-re dal dormitorio, spiegando che se-condo la religione islamica non è am-messo uccidere una donna (nell’ulti-mo attentato di Mpeketoni, in effetti,le donne erano state risparmiate). Lestudentesse che si sono lasciate con-vincere da tale invito, tuttavia, hannotrovato ad attenderle, in fondo allascalinata, una raffica di mitragliatrice.

Frangia transnazionaleMa da dove nasce Al Shabab, e per-ché persevera negli attentati contro ilKenya? L’organizzazione di Al Sha-bab (letteralmente, “la Gioventù”) ènata in Somalia nel 2006, dalla disso-luzione dell’Unione delle Corti isla-miche, sfruttando il clima di totaleanarchia che ha pervaso il paese ne-gli ultimi vent’anni, tra guerre clani-che, signori della guerra e Corti isla-miche che hanno aumentato pro-gressivamente il proprio potere,nell’assenza totale di un governocentrale e di uno stato.

Nel 2012, il movimento islamista siè affiliato ad al Qaida, su concessionedel nuovo leader e successore di Osa-ma Bin Laden, Ayman al Zawahiri.

«Visto da Nairobi, il fondamentalismo islamico può vincere solo se rie-sce a scavare un solco di odio fra gli appartenenti alla diverse religio-ni. Per questo, la nostra risposta al terrorismo non può seguire la stes-sa logica, ma deve tornare ai valori del Vangelo: l’amore, il dialogo, la croce e il perdono. Deve sconfessare, come fa papa Francesco, chi usa Dio al servizio della violenza e della morte, e aprirsi al dialogocon tutte le persone di buona volontà. In una prospettiva di fede, il sangue dei martiri è seme di cristiani, e dopo il venerdì di passioneviene la Pasqua. Ma neppure una fede salda e la certezza della vittoria del bene sul male ci esimono dallo studiare e dal cercare di capire la storia che si evolve intorno a noi. Da questa prospettiva, è preoccu-pante la mancanza di una matura riflessione su quanto sta succeden-do nella grande area africana in rapida espansione, in cui musulmane-simo e cristianesimo si incontrano e purtroppo spesso si scontrano...»

padre Kizito Sesana [Nairobi, aprile 2014 – nigrizia.it]

«Manca una matura riflessionesu quanto sta accadendo in Africa»

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zione di raccolti e morte di mandrie dibestiame) e dei movimenti migratoridi dimensioni ingenti, motivati dallanecessità di sopravvivere.

Ci voleva dunque la brutalità inau-dita dei fatti di Garissa per richiamarel’attenzione del mondo su un’areaspesso dimenticata. Le testimonianzedegli studenti sopravvissuti al massa-cro, il dolore dei genitori per la morteprematura dei figli, in alcuni casi l’im-possibilità, sconcertante, di ricono-scere i defunti a causa delle mutilazio-ni subite, hanno ridestato l’opinionepubblica. Rimettendo in discussione,con forza, l’opinione diffusa secondocui la crescita economica globale – dicui anche l’Africa orientale, e in parti-colare il Kenya, stanno beneficiando –porterebbe a un maggiore benesseree a una maggiore pace per tutti.

Di fronte alla violenza del terrori-smo islamico, che si somma e si con-fonde coi problemi sociali e struttu-rali di questa regione, è doveroso fareuno sforzo per comprendere meglio

di Angelo Pittaluga

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brutalela

Gioventù

L’attentato nella scuoladi Garissa ha apertogli occhi del mondosull’insicurezza che si vive in Kenya, a causa di Al Shabab. I fondamentalistiislamici, d’originesomala, arruolanoragazzi disillusi. In un territorio segnatoda disastri climatici e iniquità sociali

ultimo attentato al cam-pus universitario di Ga-rissa, vicino al confinecon la Somalia, ha scossoprofondamente le co-

scienze di tutti, in Kenya e nel restodel mondo. L’attacco di inizio aprileall’università e l’uccisione degli stu-denti è giunto dopo una serie di altriattentati, che negli ultimi anni nelpaese africano hanno colpito diversiobiettivi: centri commerciali (atten-tato al Westgate di Nairobi, nel 2013),chiese, mezzi pubblici e luoghi di in-contro, a Nairobi, Mombasa, Mande-ra, Garissa, Wajir e altrove.

Una lunga scia di sangue, che con-tinua a mietere vittime in una regionedell’Africa conosciuta come “il Cor-no”, che comprende Kenya, Etiopia,Somalia, Gibuti e Tanzania: una regio-ne già flagellata da problemi profondi,che vanno dalle guerre civili alla po-vertà dilagante, per non parlare deglieffetti devastanti del cambiamentoclimatico (gravi crisi di siccità, distru-

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laghi, rendendo il terreno completa-mente arido, spazzando via le princi-pali fonti di sostentamento della po-polazione locale. Centinaia di migliaiadi persone sono state costrette a emi-grare dai luoghi di origine, dopo avervisto i raccolti distrutti e il bestiameucciso dalla sete. In tutto il Cornod’Africa sono state oltre 13 milioni levittime di questa crisi: 4 milioni in So-malia e oltre 4,5 milioni in Kenya.

Il problema della siccità non è unfenomeno nuovo in Kenya; nel corsodella storia si sono verificati diversiperiodi con un calo delle precipita-zioni. Negli ultimi anni, tuttavia, que-sto fenomeno si è aggravato in ma-niera esponenziale, con una maggio-re frequenza delle crisi e periodi piùprolungati di assenza di piogge.

Le cause della siccità sono legate, in

L’impegno Caritas

Caritas Italiana è presente in Kenya con due operatoriper coordinare gli interventi e offrire il proprio supporto alla Caritas e alla chiesa locale. Nella diocesi di Garissa, a Wajir, ha contribuito a un progetto di sviluppo agricolo, igienico e sanitario insieme alla Ca-millian Task Force, organizzazione dei missionari Camilliani. In collabo-razione con Caritas Kenya e altre realtà della chiesa locale, supportaprogrammi di risposta all’emergenza siccità, per il miglioramento del-le condizioni di vita e la resilienza delle comunità locali, programmieducativi per minori svantaggiati e detenuti, percorsi di promozionedella pace e dialogo interreligioso in aree di conflitto intercomunitario.

La diocesi di Mombasa e Nyeri, infine, hanno avviato gemellaggi rispettivamente con le diocesi di Milano e Foligno, nell’ambito di qualisi stanno realizzando interventi in favore di fasce vulnerabili e di edu-cazione alla pace, azioni in ambito sanitario, esperienze di scambio e di volontariato giovanile, interventi di formazione del personale locale.

Progetti per rafforzare la resilienza

primo luogo, al grave problema delcambiamento climatico e del surriscal-damento globale. Come scienziati eclimatologi di tutto il mondo si ostinanoad affermare, infatti, il continuo aumen-to delle emissioni derivanti da combu-stibili fossili sta creando un’emer genzaambientale senza precedenti, determi-nando conseguenze preoccupanti,dallo scioglimento dei ghiacciai aeventi atmosferici sempre più violentie frequenti, inclusa la siccità. Le 13 mi-lioni di persone colpite nel Cornod’Africa sono solo alcune delle vittimedi queste catastrofi ecologiche.

Interessi delle compagnieEsistono inoltre cause strutturali diquesta crisi, che dipendono da fattoripolitici ed economici. Anzituttomanca, nella regione, una politica disviluppo che sia realmente favorevo-le alla maggioranza della popolazio-ne, composta da pastori e contadini,e rispettosa della tradizionale capa-cità delle comunità locali di utilizzarein modo efficace, sostenibile e paci-fico le limitate risorse ambientali.

Le politiche economiche del Kenyasono state rivolte, piuttosto, a soddi-sfare gli interessi di grandi compagniecommerciali, principalmente nel set-tore alimentare e dell’agro-business,che hanno occupato grandi appezza-menti di terreno fertile (fenomeno delland grabbing) a discapito della popo-lazione locale e hanno attivato strate-gie di deforestazione e sfruttamentointensivo delle risorse naturali, per

anche nel Corno d’Africa, affondanoe trovano linfa, dunque, in un terrenopiù economico e politico che religio-so o spirituale. Tuttavia l’elementoideologico (in questo caso, l’ideolo-gia islamista radicale) è fondamenta-le, perché la coscienza umana haspesso bisogno di una ragione pergiustificare la violenza. E nel caso delsacrificio estremo della propria vita,come avviene nei casi di attentati sui-cidi, c’è bisogno di una giustificazio-ne superiore, legata al trascendente.

Siccità per 13 milioniPer capire più a fondo il fenomeno AlShabab, è inoltre opportuno conosce-re meglio il contesto geopolitico loca-le. La diocesi di Garissa, al confineorientale del Kenya, verso la frontieracon la Somalia, è un territorio semide-sertico, profondamente colpito da ca-restie e povertà. L’ultima grave siccitàche ha attraversato, a partire dall’au-tunno 2010, la zona del Corno d’Africa,ha segnato la regione in maniera inde-lebile, prosciugando corsi d’acqua e LA

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Questa affiliazione alla rete jihadistainternazionale ha causato una spacca-tura in Al Shabab, tra una frangia na-zionalista, che ha l’obiettivo principaledi rovesciare il governo di Mogadiscioe instaurare uno stato islamico fonda-mentalista in Somalia, e una frangiatransnazionale, che vuole esportare lapropria ideologia in tutto il mondo.Date le ripetute sconfitte in territoriosomalo, tuttavia (costate la vita all’ul-timo capo dell’organizzazione islami-sta Abdi Godane, sostituito da AhmedUmar), le azioni di Al Shabab si stannosempre più diffondendo fuori dai con-fini somali, in particolare in Kenya.

Il gruppo terrorista di Al Shababafferma di realizzare tali attentati co-me risposta all’intervento militaredel Kenya in Somalia, nell’ambitodell’operazione Amisom (missionedell’Unione africana in Somalia). Eminaccia nuovi attacchi e nuovo san-gue in altre città, inclusa Nairobi, enei paesi limitrofi che partecipano al-l’operazione militare, come Etiopia eUganda. Per finanziare i suoi attenta-ti, la milizia islamista conduce mol-teplici attività illecite, inclusi con-trabbando, estorsione, rapimenti epirateria, oltre a ricevere denaro esupporto dalla diaspora somala e daaltre organizzazioni terroristiche e dastati sponsor, come l’Eritrea.

Capacità di fare adeptiLa vera forza di Al Shabab, tuttavia, ri-siede nella sua capacità di attrarreadepti e nuovi miliziani, soprattuttotra i più giovani, sia in Somalia che inKenya e da altre parti del mondo.Un’indagine realizzata dal quotidianothe Standard, subito dopo gli attentatidi Garissa, rivela che oltre 40 famigliedella contea di Isiolo (una zona aridadel Kenya orientale) hanno denuncia-to la scomparsa dei propri figli, partitiper la Somalia “probabilmente” perunirsi alle milizie di Al Shabab. Il nu-mero dei ragazzi scomparsi, o fuggiti,

aumenta ancora nella zona costiera,in particolare nelle contee di Momba-sa, Kilifi, Tana River e Malindi (al con-fine con la Somalia). Un bacino di re-clutamento quanto mai fruttifero èpoi il campo profughi di Dadaab, con-siderato il campo per rifugiati piùgrande del mondo, con oltre 650 milapersone (in grande maggioranza so-mali) che vivono nel cuore del desertodell’Kenya orientale in strutture deltutto precarie, tende o blocchi di la-miera, senza prospettive per il futuro.

Al Shabab si serve, per far presasulle reclute, dell’ideologia islamicaradicale, predicando la necessità diuna nuova guerra santa contro gli in-fedeli (jihad), l’instaurazione dellalegge islamica (shariia) e la fedeltà al-l’Islam. Soprattutto offre ai giovani –che provengono per lo più da realtà

La vera forza di Al Shabab, tuttavia, risiedenella sua capacità di attrarre adeptie nuovi miliziani, soprattutto nelle fasce

d’età più giovani, sia in Somalia che inKenya. E anche da altre parti del mondo

di emarginazione, disoccupazione,povertà ed esclusione – una nuovaprospettiva di vita, e spesso dei soldi.

L’adesione dei giovani all’Islam ra-dicale diviene così una scelta rivolu-zionaria: contro l’Occidente, colpe-vole ai loro occhi di aver depredato leloro terre; contro lo stato, incapace dioffrire una qualsivoglia prospettiva divita dignitosa; contro una vita senzasperanze e senza futuro. Va detto, perinciso, che la predicazione islamicafondamentalista si distacca profon-damente anche dallo spirito più purodella religione islamica, e rappresen-ta piuttosto un esempio di manipo-lazione ideologica. I musulmani nellaloro storia, infatti, hanno sempre ri-spettato il principio di tolleranza neiconfronti dei non musulmani pre-senti sulle loro terre, in particolareverso cristiani ed ebrei (“le genti delLibro”), che godevano dello stato didhimmi, ovvero “quelli in custodia”,e venivano quindi protetti dalla co-munità, in cambio di un tributo.

Le radici del terrorismo islamista,

BERE, UNPROBLEMAKatangi e (sotto)Isiolo: molte localitàdel Kenya orientalesono teatro, da anni,di una strenua lottacontro gli effettiambientali, socialie igienici dellacarenza d’acqua

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in continuità con il lavoro di Annale-na Tonelli tra il 1976 e il 1984, primache la volontaria forlivese (che sareb-be poi stata uccisa in Somaliland nel2003) fosse espulsa dal governo ke-nyota, in seguito ai fatti passati allastoria come “massacro di Wagalla”,che videro la Tonelli rafforzare la sualotta per i diritti del popolo somalo.

Padre Francis, della Camillian TaskForce di Wajir, afferma che il lavoro diquesti anni «è stato un piccolo segnodi speranza, in un deserto di oppor-tunità mancate». Le green houses co-struite, il programma di salute comu-nitaria, il sostegno al centro di salute

costruito dalla Tonelli e con passionegestito dalle suore Camilliane cerca-no di costruire una storia nuova.

Eppure vivere a Wajir significa og-gi essere immersi in una paura pro-fonda. Ogni mese, fino alla recentestrage di Garissa, c’è stato un episo-dio di violenza. Gli Al Shabab si inne-stano in una povertà fatta di malnu-trizione e mancanza d’acqua, checolpisce tutti, ma in particolare bam-bini e anziani.

La jeep che accompagna il lavoroquotidiano dei camilliani è “protet-ta” dal nome e dal ricordo di Anna-lena, oltre che dal lavoro attuale. La

paura non nasce da una guerra frareligioni, piuttosto da uno stato diviolenza profonda e diffusa, che at-tualmente vede nei cristiani unobiettivo. Il timore che succeda qual-cosa alla piccola comunità cristiana,a Wajir si avverte in ogni atteggia-mento. La parrocchia ha una guardiaarmata soprattutto durante le attivi-tà liturgiche, l’esercito sorveglia conattenzione le presenze legate allachiesa. Suor Rosemary, superiora ca-milliana, non smette di dire «che ilservizio va al di là della paura dellamorte». Da queste parti, di questitempi, non è un modo di dire.

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FUGHE E DOLORIUna suora aiuta

rifugiati somali aMarsabit. A sinistra,capanne di rifugiati.

A destra, cure alpiccolo Nyanga nel

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interreligiosa disolidarietà con levittime di Garissa E

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sempre maggiore di giovani cedonoalla tentazione e all’illusione di unanuova vita, offerta da Al Shabab.

Pressante voglia di reagireAl di là delle ragioni politiche ed eco-nomiche che favoriscono la diffusio-ne e la proliferazione dei gruppi ter-roristi, rimane il fatto che la comuni-tà cristiana, presente in queste terredi confine, si sente oggi più che maiminacciata e sotto attacco. Diversioperatori sanitari di fede cristiana re-sidenti a Garissa hanno deciso di la-sciare la diocesi e spostarsi a Nairobi,o in altre zone del paese, più sicure.La chiesa locale soffre e teme per lapropria incolumità. Rimangono nelladiocesi numerosi sacerdoti e religio-si, come i missionari e le suore camil-liani basati a Wajir, che continuano illoro lavoro di supporto e prossimitàalla comunità locale. La paura di unnuovo attacco è però alta, e le giorna-te trascorrono in un misto di speran-za, preghiere e preoccupazione.

In queste settimane segnate dallutto si respira, però, anche una pres-sante voglia di reagire. Pochi giorni

una produzione agricola finalizzataall’esportazione. Ciò ha condotto al-l’estrema dipendenza dall’estero perl’approvvigionamento di beni alimen-tari, spesso donati alla popolazionelocale da agenzie umanitarie che tut-tavia, così facendo, hanno alimentatouna mentalità basata sulla dipenden-za, invece di accrescere la resilienza el’autosufficienza.

Infine, va considerato il cambia-mento dello scenario politico avvenutonegli ultimi anni in Kenya, basato sulladevolution voluta dal governo di Nai-robi: le diverse contee hanno acquisitouna maggiore autonomia, ma ciò ha fi-nito per depauperare molte zone diimportanti strutture sociali e dell’inter-vento degli organismi internazionali,soprattutto in campo sanitario. A farnele spese sono soprattutto le regioni conmeno risorse e possibilità, come ap-punto la diocesi di Garissa.

In questo scenario di estrema pre-carietà, povertà e condizioni avverse,si è creato un tessuto sociale partico-larmente vulnerabile, carico di risen-timenti e tensioni. E nella mancanzaassoluta di prospettive, un numero

l caldo delle ultime setti-mane ha fatto toccare an-cora una volta con manola siccità. La pioggia nonarriva da mesi e la zona

assume sempre più i connotati di undeserto. Wajir è un distretto del nord-est del Kenya, nella diocesi di Garissa,non lontano dal confine con la Soma-lia. La quasi totalità degli oltre trenta-mila abitanti è di origine somala.

La popolazione – in origine noma-de, abituata a una transumanza traKenya e Somalia interrotta improvvi-samente quasi vent’anni fa, a causadell’instabilità profonda dello scena-

rio somalo – in queste ultime setti-mane si trova immersa, ancora unavolta, in una crisi acuta, che ha lesembianze di una nuova carestia. Vi-sitare i villaggi significa sempre piùspesso fermarsi nelle magnatte (case,ndr) degli anziani per distribuire ciboe acqua. I bambini chiedono acqua achi passa, perché i pozzi sono semprepiù vuoti e lontani dal luogo dove vi-vono le famiglie.

Si prepara, insomma, una nuovacrisi umanitaria, che ha cause ormaichiare, e non solo naturali. A Wajir lapresenza di una missione camilliana(progetti sanitari e di aiuto nell’emer-

genza, finanziati anche da CaritasItaliana) è un punto di riferimentoper la popolazione, vittima di unacronicizzazione progressiva del biso-gno, causata da risposte scarsamentecapaci di incidere nelle cause del di-sagio. La popolazione di questi terri-tori ha maturato una dipendenza si-stematica dai generosi aiuti delle onge da quelli del governo nazionale ke-nyota, ciò di fatto hanno prodotto unprogressivo depauperamento dellepotenziali abilità della gente.

In continuità con AnnalenaLa presenza camilliana a Wajir si pone

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Il terrore e il ritorno della carestia:Wajir sospesa in un incubo doppioNel distretto a nord-est del Kenya, popolazione quasi interamente somala,gli effetti della siccità si sommano alla paura degli Al Shababdi Marco Iazzolino

dopo l’attentato di Garissa, migliaiadi persone sono scese in piazza pergridare il proprio rifiuto del terrori-smo e della violenza. Giovani cristia-ni, musulmani, leader religiosi di en-trambe le fedi, al fianco di pastori,contadini e studenti, hanno sfilatoper le strade di molte città, per affer-mare con forza il desiderio di unmondo più pacifico, senza attentati euccisioni indiscriminate.

L’Università di Garissa è semprestata un luogo dove giovani studenti,sia cristiani che musulmani, convive-vano pacificamente, studiavano insie-me e si frequentavano senza proble-mi. Rappresentava insomma i princi-pi contro cui il terrorismo si scaglia:educazione, integrazione e tolleranza.E proprio per questo, probabilmente,è stata presa di mira. La miglior rispo-sta alla minaccia del terrorismo inter-nazionale risiede, dunque, nel rima-nere uniti: «Tutte le persone di buonavolontà in ogni parte del mondo – co-me ha richiesto papa Francesco –. Perporre fine a una tale violenza e odio,verso l’alba di una nuova era di frater-nità, giustizia e pace».

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nella capitale come arcive-scovo, ho scoperto la pover-tà come ingiustizia struttu-rale, ho sentito che il Signoremi chiedeva un impegnopiù profondo in favore deipoveri».

Ecco l’evoluzione: a sfidedifferenti, risposte differenti.E una conversione perma-nente. Il suo collaboratorepiù vicino, il vicario generale,scrisse così: «In monsignorRomero ho visto sempre unuomo guidato dallo Spirito.E per questo motivo mi sor-prese e mi scandalizzò». Ro-mero fu un netto prodottodello Spirito Santo. (…)

Nel piano pastorale del-l’arcidiocesi di San Salvadorc’è un capitolo introduttivo,che raccoglie la storia di quel-la Chiesa particolare, daitempi del Concilio Vaticano IIa oggi. La cosa sorprendenteè la conclusione: la chiesa di

San Salvador prese sul serio il Concilio,e per questo motivo dovette pagare epagò il prezzo della sua fedeltà, cioè ilmartirio. Nella lettera pastorale inaugu-rale del suo ministero come arcivesco-vo di San Salvador, Romero scrisse:«Che si presenti sempre più trasparentein America Latina il volto di una Chiesaautenticamente povera, missionaria epasquale, slegata da ogni potere tem-porale e audacemente impegnata nellaliberazione di tutto l’uomo e di tutti igiovani». Cosa vuol dire “Chiesa dellaPasqua”? Ecco il vero Romero. La Chie-sa che non si appoggia su nessun pote-re, su nessun denaro, la Chiesa povera,la Chiesa che sa che i potenti la respin-gono, mentre la amano coloro che met-tono in Dio la loro fiducia: è la Chiesache lui voleva, una Chiesa sempre piùslegata dalle condizioni terrene, uma-ne, per poterle giudicare con maggiorelibertà dalla prospettiva del Vangelo.

Ecco perché è tanto importante Ro-mero come profeta. È terribile la visio-ne del profeta, deve parlare benchésappia che non gli fanno caso. Eppurenon può tacere, in un mondo tanto cor-rotto, tanto ingiusto. (…) Il pastore Ro-mero ha insegnato a noi come vivere ecome comprendere l’opzione prefe-renziale per i poveri. Ecco perché inAmerica Latina, e in tutto il mondo, èdiventato un testimone della carità.

pesso si è parlato della questio-ne della conversione di monsi-gnor Romero. Io facevo ognisettimana con lui un program-ma radiofonico, una mezz’ora,

durante la quale gli ponevo qualchedomanda provocatoria. Un giorno gliho chiesto: «Monsignore, si dice chelei sia convertito. Cosa ne pensa?». Larisposta fu: «Non la chiamerei conver-sione, ma evoluzione». Due anni do-po, nel settembre 1979, venne unatroupe della televisione svizzera perrealizzare un documentario sulla vitae il lavoro pastorale di Romero. Ci so-no momenti importanti in quel docu-mentario, Romero parla di sé e dellasua “conversione”. Dopo aver ribadi-to che si era trattato di un’evoluzione,dice: «Quando ero vescovo in provin-cia, guardavo alla povertà in manieradifferente. Ma quando sono venuto

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internazionale monsignor Romero

Il 23 maggio vienebeatificato a El Salvadormonsignor OscarArnulfo Romero. Fu ucciso perchédifendeva la causa e i diritti dei poveri:un martirio innestatoin uno spirito di profezia, nel ricordo di un suo collaboratore,monsignor GregorioRosa Chàvez

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di un profetaEvoluzionePer i suoi connazionali, e per tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vitae dei diritti degli ultimi, è santo sin dal giorno della sua uccisione, il 24 marzo1980, avvenuta (mentre celebrava la messa) per mano di un sicario, armatodalle forze di estrema destra che controllavano il paese. Ma l’intero Salvadorattende comunque con trepidazione domenica 23 maggio, giorno in cui mon-signor Oscar Arnulfo Romero, già arcivescovo di San Salvador, sarà beatificato,proprio nella capitale del paese latinoamericano.

Monsignor Gregorio Rosa Chàvez, vescovo ausiliare di San Salvador e già pre-sidente di Caritas El Salvador e di Caritas America Latina e Caraibi, invitato daCaritas Italiana nel 2010 al 34° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, trat-teggiò un intenso ricordo dell’arcivescovo presto beato. Eccone i passaggi salienti.

RICORDO VIVISSIMOFedeli salvadoregne con immaginiche ritraggono monsignor Romeroin occasione di una celebrazione

mercatidiguerradi Paolo Beccegato

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LE GUERRE “SOCIAL”,TRA DENUNCIA E PROPAGANDA

La questione dell’imparzialità edell’attendibilità delle informazioni di-venta sempre più centrale. Gran partedelle notizie arrivano da gruppi di vi-deo-attivisti organizzati, formati e ingrado di promuovere i propri contenu-ti, realizzati spesso con telefoni cellu-lari. Questi video-giornalisti non pos-sono essere definiti citizen-journalist(giornalisti-cittadini): non si tratta dipassanti che riprendono per caso unevento. Non possono essere conside-rati nemmeno giornalisti: non hannoavuto alcuna formazione professionalee deontologica in materia. Si tratta di“quasi-giornalisti”, figure intermedietra l’informazione e l’attivismo, cruciali– per esempio – per ricevere notizie diprima mano su massacri censurati daregimi oscurantisti e su altri accadi-menti. Grazie anche all’aiuto che rice-vono dalla comunità hacker residenteall’estero, i video-attivisti riesconospesso a far circolare immagini suiprincipali social network, ma pure trale principali catene televisive interna-zionali. E in vari episodi è stato riscon-trato che video prodotti da video-atti-visti sono stati in parte manipolati.

Ma, più in profondità, il problema rimane un altro:molte testate internazionali usano questi video come “te-stimonianze” genuine dal campo, ma essi possono dav-vero essere considerati tali? E i loro autori possono essereconsiderati come giornalisti indipendenti che, facendoriferimento a una precisa etica professionale, si preoccu-pano di verificare sul campo le notizie e mandare in ondale visioni contrapposte?

Proprio questo sembra essere il paradosso dell’informa-zione sui conflitti nell’era dei social media. Ai quattro angolidel mondo chiunque ha la possibilità di far sentire la pro-pria voce, di denunciare al mondo intero conflitti prima si-stematicamente dimenticati dai grandi media. Ma i socialmedia rischiano di offrirci un’informazione che equivale aun magma di comunicazione mista a propaganda.

“La verità è la prima vittima della guerra”, si è sempredetto: vale anche per i conflitti del nuovo millennio.

G uerre e terrorismo segnano quotidianamente le cronache ditutto il mondo e, di conseguenza, paure e preoccupazioni deicivili di ogni continente. Molto spesso, l’informazione non è

solo eco, ma anche motore di quanto accade. Spesso, infatti, si ri-vela uno degli strumenti con cui contrapporsi al nemico, raccoglie-re consenso e, non da ultimo, truppe disponibili a combattere.

I social media assumono sempre più un ruolo di mobilitazionepolitica. È innegabile il forte contributo che hanno dato al cambia-mento dello scenario informativo. Rilanciando migliaia e migliaiadi messaggi, foto e video ogni giorno, diventano per certi aspetti“un’agenzia in tempo reale”. Si sonotrasformati in snodi (hub) di scambiodi informazioni dal basso, su cui fan-no affidamento non solo giornalisti eoperatori dell’informazione, ma gliattivisti (politici, o persino militari)per avere notizie di prima mano, pro-venienti da utenti presenti nelle zonecalde del pianeta.

Molti social media contribuisconoad aprire il campo giornalistico ad at-tori spesso esclusi dalle routine infor-mative, in larga parte esponenti dellasocietà civile, tradizionalmente sotto-rappresentati nei media mainstream.Tale approccio rappresenta una rottura con le precedentipratiche di notiziabilità. I giornalisti per professione citanoun piccolo numero di fonti che mantengono posizioni isti-tuzionali di potere e autorità, ad esempio ufficiali gover-nativi, polizia o esponenti del mondo del business. Ora laplatea delle fonti si amplia, si aggiorna, si fa complessa.

Testimonianze genuine?La prevalenza, nello scenario mediatico contemporaneo,di quelle che potrebbero essere considerate “voci ribelli”,fa nascere il problema dell’approccio giornalistico al-l’equilibrio e all’obiettività. Per quanto etichettabili come“voci della società civile”, non esistono fonti neutre: an-che gli attivisti, come i governi autoritari, sono interessatia promuovere la propria definizione della realtà, soprat-tutto in situazioni di conflitto, quando le visioni politichesi oppongono aspramente.

I conflitti, nell’eradigitale, vengonoraccontati anche

da una miriade di fonti non convenzionali. Ciò può contribuire a disvelare verità

scomode. Ma si prestaanche all’inquinamentoprodotto dalla mancanza

di deontologia,professionalità e verifiche

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contrappuntodi Alberto Bobbio

LA PRIMA INGIUSTIZIACHE INNESCA NUOVI ORRORI

nero, delle Olimpiadi di Monaco, deidirottamenti aerei... Fino alla stragenel Museo Bardo di Tunisi. Davantialla bandiera nera dell’Isis, si confer-ma l’impressione che nessuno oggiha più l’intenzione di affrontare il ve-ro nesso geopolitico delle guerre chedevastano il Medio Oriente e bussa-no a casa nostra. Il groviglio di terro-rismo, crudeltà, traffici, imbrogli,doppi giochi, eresie religiose con-trapposte, umiliazioni di popoli epersecuzioni di minoranze non vienepercepito come un nodo da scoglie-re, ma giustificato in nome di unateoria che fa della polarizzazione, edella conseguente contrapposizione,il traguardo sulla cui linea congelarele guerre, sperando almeno di ferma-re i massacri.

È il modello Dayton, sperimentatoin Bosnia: moviola internazionaleche stoppa l’azione e fissa un futurosenza giustizia. Se invece si ripartissedalla prima ingiustizia, cioè dallaconsapevolezza dell’utilizzo crimina-le delle identità in contrasto, perchécosì ognuna possa accaparrarsi terree consenso e rafforzarsi contro l’altra,

se si ripartisse insomma dalla madre di tutte le guerre,forse anche l’Isis verrebbe disinnescato.

Lo Stato islamico è la miglior cosa che è potuta capi-tare a Israele, ma il Califfato nero è anche uno dei mostriche l’apprendista stregone occidentale, insieme al po-stcolonialismo delle petromonarchie e al bonapartismodei dittatori arabi, ha contribuito a creare e oggi non rie-sce più a controllare. Il campo di battaglia in questi annisi è arricchito di vari attori, protagonisti di progetti totali,conflitti settari, propagande aggressive. Tutti proposti conil trucco dello scontro di civiltà, antico e caro cavallo dibattaglia, costruito sugli errori e sugli orrori di un percor-so geopolitico cominciato immediatamente dopo la dis-soluzione dell’Impero ottomano, per evitare di affrontarela vera questione mediorientale: la giustizia e la cittadi-nanza, unici ambiti in cui è possibile archiviare i settari-smi e ri-costruire gli stati.

L a madre di tutti i conflitti in Medio Oriente resta sospesa inuna bolla di cinismo, abilmente costruito dagli interessi ingioco e dall’oblio colpevole della comunità internazionale.

Nessuno se ne interessa quasi più e sembra che tutti, dentro Israelee Palestina, abbiano divorziato dal processo di pace e perso la me-moria delle diverse road map che da vent’anni almeno vanno inscena e poi si smarriscono.

Le conferenze di Madrid, gli accordi di Oslo, le strette di mano aCamp David… fotografie che sbiadiscono. Oggi che altri conflitti sisono moltiplicati a dismisura, efferati e crudeli, l’epicentro svanisce.O meglio, viene fatto svanire nellenebbie delle paure e dell’angoscia,sprezzantemente seminate da chinon ha mai avuto a cuore la pace, masolo il mantenimento dello statusquo. Invece se il conflitto israelo-pa-lestinese venisse risolto in modo giu-sto, allora il Medio Oriente cambie-rebbe volto. Ma nessuno lo vuole etutti si nascondono dietro le solitedrammatiche maschere, indossate inquesti anni da stati e popoli, carneficie vittime.

Netanyahu, confermato leaderisraeliano, non è peggiore di chi lo hapreceduto. Ha seminato paura e ha raccolto consenso.Come tutti, da quelle parti. Il popolo israeliano ha deciso,votandolo ancora una volta, di sentirsi bene vivendo conl’odio e la disperazione come campagni di strada. Lui hafatto meno guerre dei suoi predecessori, ma ha puntatotutto sulla paura della guerra. Nel 2009 aveva dichiaratola possibilità dell’esistenza di due stati, imbrogliando ilmondo. E tutti – in Israele, Palestina, Europa e Stati Uniti– hanno preferito camminare sulla sottile linea rossa chesepara la guerra dalla non guerra, ma non porta alla pace.Mentre intorno il resto del Medio Oriente s’infuocava el’occupazione della Palestina diventava una delle princi-pali giustificazioni per tutti coloro che hanno simpatieislamiste e intendono andare all’attacco dell’Occidente.

Senza giustizia, modello DaytonD’altronde è sempre stato così, dai tempi di Settembre

Netanyahu confermatoprimo ministro di

Israele. Non è peggioredi chi lo ha preceduto:

ha vinto seminandopaura. Si perpetua l’uso

criminale di identità in contrasto. Ma l’oblio

del conflittoisraelo-palestinesegenera sempre altri

mostri in Medio Oriente

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zeropovertydi Laura Stopponi

UN ANNO PER LO SVILUPPO,OCCASIONE DI SOSTENIBILITÀ

sicurezza alimentare mondiale e suipercorsi di sviluppo sostenibile.

Quattro anni dopo l’adozionedell’“Agenda per il cambiamento del-la politica di sviluppo dell’Ue e peruna nuova politica di sostegno al bi-lancio dei paesi terzi” (2011), cioè ildocumento della Commissione perrendere più efficaci gli sforzi comuni-tari per la cooperazione, «il 2015 puòdiventare un’opportunità per uniregli sforzi, valutare quanto fatto, masoprattutto quanto ancora deve esse-re realizzato – ha dichiarato il segre-tario generale Jorge Nuño Mayer –.Nonostante la crisi economica attua-le, il sostegno alla cooperazione rima-ne alto in tutta l’Unione europea; cir-ca l’85% della popolazione europea,secondo il più recente sondaggiodell’Eurobarometro, considera gliaiuti allo sviluppo importanti e il 60%pensa che andrebbero incrementati».Dal sondaggio emerge anche che idue terzi degli intervistati ritengonoche la lotta alla povertà nei paesi invia di sviluppo debba essere una dellepriorità principali dell’Unione.

Anche la Comece (la Commissione

l 2015 è l’Anno europeo dello sviluppo, il primo anno europeodedicato all’azione esterna dell’Unione europea e al ruolo del-l’Europa nel mondo. L’Ue è la prima tra i finanziatori mondiali

per aiuti pubblici alla cooperazione; gli aiuti allo sviluppo sono ar-rivati a un totale di 58,2 miliardi di euro e nel 2014 (secondo un rap-porto dell’Ocse – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppoeconomico in Europa) si è registrato un aumento del 2,4% rispettoall’anno precedente.

Il 2015 è anche l’anno in cui, a livello internazionale, verranno as-sunte decisioni che potrebbero avere un impatto significativo sullosviluppo sostenibile. Sarà infatti l’an-no di scadenza degli Obiettivi di svi-luppo del Millennio stabiliti nel 2000e del varo della nuova Agenda di svi-luppo post 2015, in cui la comunitàinternazionale si accorderà sul futuroquadro globale per l’eliminazionedella povertà e lo sviluppo sostenibi-le. La terza Conferenza sul finanzia-mento allo sviluppo di Addis Abeba(Etiopia, a luglio) e il summit delleNazioni Unite per l’adozione del-l’Agenda (a settembre) rappresente-ranno momenti significativi percomprendere quali priorità sarannoassunte dalla comunità internazionale.

Il presente sarà anche l’anno della Conferenza di Parigi(dicembre), organizzata dalle Nazioni Unite per provare araggiungere un accordo globale sul tema. «Il 2015 è un annocruciale per il futuro dello sviluppo sostenibile – ha ricono-sciuto il Commissario europeo per la cooperazione inter-nazionale e lo sviluppo, Neven Mimica –, ma siamo lontanidal raggiungimento dei nostri ambiziosi obiettivi» .

Gli appelli di Caritas e vescoviIn occasione del lancio dell’Anno europeo, Caritas Euro-pa ha diffuso un appello, affinché l’occasione serva a ri-flettere davvero sull’efficacia degli aiuti e sul ruolo di lea-dership che l’Ue dice di voler assumere in materia. Le po-litiche dell’Unione devono essere coerenti e rafforzarsireciprocamente, in termini di sicurezza alimentare e di-ritto al cibo, tenendo presente l’impatto che hanno sulla

L’Unione europea per la prima volta dedica

un anno alla sua azioneesterna. E nel 2015

si svolgeranno ancheimportanti vertici

internazionali.Opportunità preziosa

per rafforzare e qualificare uno

strumento, che i cittadinicontinuano a sostenere

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dei vescovi dell’Unione) ha colto l’importanza simbolica diquesta scelta lanciando, insieme alla rete europea delle or-ganizzazioni di ispirazione cattolica, un dibattito all’internodel Parlamento europeo: Il lavoro dignitoso. Un percorso perla dignità di tutti; lo scorso marzo, (http://www.comece.org).Si legge nel documento: “Sollecitiamo e sosteniamo la co-munità internazionale nei suoi sforzi finalizzati a promuo-vere l’impegno dell’intera famiglia umana a sradicare la po-vertà attraverso la promozione di un lavoro che sia dignitosoe di buona qualità; (…) nel promuovere sistemi di protezionesociale per tutti i lavoratori e in tutti i settori dell’economia,compreso quello informale”.

In questo anno cruciale, dunque, l’attenzione della so-cietà civile deve essere alta, affinché i processi in corsosiano monitorati continuamente. Tre le parole chiave datenere ben presenti, secondo Caritas Europa: povertà, si-curezza alimentare e partecipazione.

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DIRITTO AL CIBO:

In Toscana il Gruppo educazione mondialità delle Caritas diocesaneriflette su come dare concretezza, anche nei territori,a un’istanza universale. Un convegno per approfondire e proporre,un percorso che prova a creare reti inedite e prassi innovative

Dire al territorio che il cibo è un diritto di tutti. E mobilitarlo, perchéquesto diritto sia reso effettivo, o quan-tomeno avvicinato. Il Grup-po regionale educazione alla mondialità delle Caritas toscane ha

organizzato a metà marzo, nel Seminario maggiore di Firenze, il conve-gno “Dire, fare, partecipare per nutrire il pianeta”, momento forte del-l’impegno continuativo profuso dalle diocesi toscane per la campagna“Una sola famiglia umana, cibo per tutti. È compito nostro”.

Accesso al cibo e sovranità alimentare: sono i temi su cui da mesi ri-flettono e lavorano le Caritas toscane. In vari modi: dagli incontri conmigliaia di studenti delle scuole di ogni ordine e grado, al tentativo diripensare le modalità di raccolta e distribuzione dei generi alimentarinelle parrocchie o nei centri di aiuto. La mobilitazione per la campagnaha comportato, tra le altre cose, anche l’avvio o il rafforzamento di reticon realtà e soggetti diversi, che nei vari territori manifestano attenzio-ne al tema delle povertà alimentari, in modo da poter operare in modopiù coordinato ed efficace.

Al convegno di Firenze, tante voci. Il teologo e biblista don Marcello Bru-nini (diocesi di Lucca) ha tenuto una lectio magistralis su cibo e relazionidi pace, poi una tavola rotonda moderata da Antonello Riccelli, presidentedell’Ucsi Toscana, ha avuto come protagonisti Andrea Baranes, presidentedella Fondazione culturale Responsabilità Etica, Luca Falasconi di Last Mi-nute Market e Donatella Turri, responsabile del Grem Toscana.

Molto alta la partecipazione da tutta la regione, soprattutto tanti gio-vani del servizio civile regionale, che hanno approfittato di un’occasio-ne di formazione davvero speciale. Il seminario ha provato anche a de-

lineare piste di lavoro: tra le proposte, un’alleanza localepubblico-privato contro la fame, finalizzata a studiare eintrodurre pratiche e politiche, al fine di rendere esigibileil diritto al cibo per tutti. www.cibopertutti.it

di Roberta Dragonetti

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SFORZO GLOBALE,ALLENZA LOCALE

La campagnasbarca sui socialDal mese di marzo la campa-gna italiana “Una sola famigliaumana, cibo per tutti: è compi-to nostro” è presente anchesui social network. Ecco gli indirizzi per conoscerlae aderire:- Facebook facebook.com/

cibopertutti2015- Twitter @ciboxtutti2015

twitter.com/ciboxtutti2015 La sezione social della campa-gna sarà curata fino al terminedell’iniziativa, dal media partner Earthday Italia www.earthdayitalia.org

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carcerarie e pene, incluse for-me di vera e propria tortura,che tolgono ogni dignità allapersona. Per non parlare del ricorso alla detenzione preventi-va e arbitraria, della negazionedel diritto a un giusto processo,della mancanza di assistenzalegale, del sovraffollamento e dell’alto numero di suicidi.

Il dossier documenta tuttoquesto, assemblando dati uffi-ciali e testimonianze di primamano, derivate dall’esperienzadi lavoro degli operatori Caritasa favore del miglioramento delle condizioni di vita e deten-zione e dei diritti dei detenutihaitiani. In ogni caso, anche incondizioni estreme come quelledelle prigioni di Haiti, possonofiorire percorsi di formazione,umanizzazione, liberazione. E di resurrezione. Il dossier li rac-

archivium di Francesco Maria Carloni

Radicare la carità nella prassi pastorale della chiesa italiana. Un impegno che Cari-tas ha avvertito pressante sin dai suoi esordi. E ha sempre onorato. Nel 1989, Ca-ritas Italiana edita il Quaderno 38, dal titolo ...ma più grande è la carità: 225 para-grafi per altrettanti temi, che progressivamente delineano le basi per un itinerariodi pastorale della carità nella comunità cristiana. L’idea era nata da un’esplicita richiesta dell’allora segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Egidio Caporello, che al convegno delle Caritas diocesane del 1983 aveva propo-sto di pensare a un “documento base” sulla pastorale della carità, in analogia conquanto già elaborato per la catechesi e quanto era in cantiere per la liturgia. I tem-pi, aveva affermato Caporello, erano ormai maturi perché la carità, e la sua testi-monianza, divenissero parte integrante di una corretta pastorale organica.

In 148 pagine il Quaderno raccoglie dunque il frutto di due anni di lavoro, checoinvolse tutte le Caritas diocesane, permettendo di valorizzare le esperienze deiterritori e i numerosi approfondimenti dottrinali realizzati nelle chiese locali. Quel-lo sforzo di sintesi fondamentale ha costituito un passaggio significativo per la Chiesa italiana, concretizzando quanto indicato da papa Paolo VI nel discorsorivolto alle Caritas diocesane nel settembre 1972: «Una crescita del popolo di Dio, nello spirito del Concilio Vaticano II, non è concepibilesenza una maggiore presa di coscienza da parte di tutta la comunità cristiana delle proprie responsabilità nei confrontidei bisogni dei suoi membri. La carità resterà sempre per la Chiesa il banco di prova della credibilità nel mondo».

La risposta più efficace ai bisogni dell’uomo è sempre il “comandamento nuovo”: «Dice il Signore: “Come io ho amatovoi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”».

Carità, banco di prova della Chiesa:un Quaderno per avviare un itinerario

LE SBARREE LE TENDELa copertinadel dossier Caritassu Haiti e, sotto,famiglie senzacasa nelle Vanuatu

conta, attingendo al repertoriodei progetti Caritas in corsonelle carceri del paese latinoa-mericano. Scaricabile dawww.caritas.it

PACIFICOCiclone a Vanuatue alluvioni in Ciledopo la siccità:l’intervento Caritas

La devastazione delle acque.Che colpisce popoli lontanissi-mi, sulle due sponde oppostedell’oceano Pacifico. Causandomorte e sradicamento. L’arcipe-lago di Vanuatu è stato colpitopoco prima di metà marzo dalsuperciclone Pam: la maggio-ranza degli edifici è stata di-strutta o danneggiata, moltepersone hanno trovato riparo inchiese e scuole. Decine di vitti-me, migliaia di sfollati: la reteinternazionale Caritas si è atti-vata per dare sostegno e porta-re aiuti alla popolazione (ancheCaritas Italiana contribuisce alla raccolta di fondi), in parti-colare sull’isola di Efate, dovesi trova la capitale Port Vila e vivono oltre 65 mila persone,grazie anzitutto al pronto inter-vento di Caritas Australia e del-la rete delle parrocchie locali.

Violente alluvioni si sono in-vece abbattute, nell’ultima set-timana di marzo, sulle regionidi Atacama e Antofagasta, norddel Cile: le piogge più violentedegli ultimi 80 anni (succedutea un periodo di siccità che ave-va interessato le due regionidesertiche sino a pochi giorniprima) hanno toccato anche i confinanti territori del Perù,hanno coinvolto circa 11 milapersone e costretto quasi 5 mi-la a lasciare le loro case, cau-sando alcune decine di morti.Caritas Cile si è prontamenteattivata per portare soccorsoalle popolazioni colpite, con il supporto della rete Caritas internazionale. www.caritas.it

HAITIInferno a sbarre,degrado e umanitànelle carceri di unpaese poverissimo

Un viaggio nell’inferno delle prigioni di Haiti, con dati e testi-monianze, pubblicato nel giornodi Giovedì santo, in cui papaFrancesco si è recato nel carce-re di Rebibbia, a Roma. Se que-sto è un detenuto. Nell’infernodelle prigioni del paese latinoa-mericano più povero è il titolodel dossier realizzato da Cari-tas Italiana. Esso mostra come il dramma della miseria,nel paese duramente colpitodal catastrofico terremoto del 2010, si riflette amplificatoall’interno delle carceri. Dove si registra uno tra i più alti livel-li di degrado, con condizioni

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panoramamondo

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LASTORIAIo ho dovuto lasciarela scuola a causa dei

disagi finanziari dellamia famiglia. Ma un

giorno ho visto un centrodi formazione in sartoria

nel mio villaggio…

INDIAShemsara la sartina,piccoli guadagniper aiutare la famiglia.E un grande sogno…

Mi chiamoShamshera

Khatoon e ho 20 anni. Io e lamia famiglia viviamo a Vriti Tola,un piccolo villaggio presso Jagdi-shpur (West Champaran, statodi Bihar). Mio padre è un artigia-no che lavora saltuariamente.Nel corso della sua vita è statocostretto a emigrare in altri statidell’India, in cerca di un lavoroper sopravvivere. Mia madreè invece dedita solo ai lavoridomestici.

Io ho vissuto la mia vita in grande povertà e ho dovutoabbandonare la scuola a causadel disagio finanziario della miafamiglia. Ma un giorno ho avutola fortuna di vedere un centrodi formazione in sartoria nel miovillaggio e si è accesa in me laluce della speranza! Ho frequen-tato il corso di taglio e cucitocon altre 40 ragazze e ho supe-rato gli esami con successo. Orariesco a guadagnare circa 200rupie al giorno (circa 3 euro): ciò mi riempie il cuore di gioia!

Grazie all’aiuto ricevuto da Caritas Italiana (attraversoun microprogetto di 1.600 europer acquistare macchine da cu-cire e tessuti, ndr) io e le altreragazze siamo diventate final-mente autonome e possiamoaiutare anche le nostre famiglie.Ora sono davvero felice! Il miosogno è aprire una piccola botte-ga di sartoria. E chissà che ungiorno non riesca a realizzarlo…

Grazie, non stancatevi di so-stenere i microprogetti!

> Microprogetto 105/14 INDIAUna macchina da cucire per l’indipendenza

5 Realizzato!

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MICROPROGETTO

Approvvigionarsi d’acqua non sempre è facile, nemmenoin montagna. Lo sperimentano ogni giorno gli abitanti

del villaggio di Byurakn, nel nord-est della repubblica ex societi-ca. Il microprogetto prevede l’ammodernamento di una condut-tura idrica che serve il villaggio e lo scavo di un pozzo. A benefi-ciarne saranno tutti gli abitanti della località.

> Costo 4.500 euro> Causale MP 39/15 ARMENIA

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ARMENIAAcqua più accessibile nel villaggio

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NON STANCATEVI DI SOSTENERE I MICROPROGETTI! INFO: [email protected]

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MICROPROGETTO MICROPROGETTO

UGANDAAllevamento di polliper la casa degli orfani

Migliorare la dieta alimentare di base dei bambini,grazie all’introduzione di uova. Il microprogetto pre-

vede l’avvio di un’avicoltura presso la Toro Babies Home,nel villaggio di Kiko Town (diocesi di Fort Portal). Benefi-ciari saranno circa 40 bambini orfani o abbandonati, ac-colti nella casa. Con l’acquisto di 130 pulcini, si prevedepoi di raccogliere dalle galline ovaiole 4 vassoi di uova al giorno (circa 120 al mese). Ciò fornirà un giusto apporto di proteine animali per la crescita dei bambini,che arrivano al centro fortemente denutriti.

> Costo 2.800 euro> Causale MP 22/15 UGANDA

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CAMERUN“Solarex”: raggi perla salute di una comunità

Salute e tecnologia ambientale. Un connubio chela diocesi di Yagoua (nord-est del Camerun, al con-

fine con il Ciad) intende realizzare, costruendo forni aenergia solare per sterilizzare gli strumenti chirurgici neisette centri sanitari diocesani, che servono circa 109 mi-la abitanti. La mancanza di strumenti per la sterilizzazio-ne è fonte di diffusione di malattie: il progetto prevedel’acquisto di materie prime per la costruzione dei forni,ma anche la formazione del personale per gestire i fornie il lancio di una campagna di sensibilizzazione sull’igie-ne nelle scuole.

> Costo 4 mila euro> Causale MP 10/15 CAMERUN

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MICROPROGETTO

BRASILESperanza e lavoro formato fattoria

Ristrutturare un capannone, dove vengono allevatipolli e galline. E dove, soprattutto, lavorano i 16

ragazzi ex tossicodipendenti, ospiti della Fazenda dellaSperanza a Tucuma, stato del Parà. La fattoria, gestitada una parrocchia locale, si prefigge di recuperare giova-ni, formandoli a un lavoro che possa aiutarli nel reinseri-mento sociale. Mediamente i giovani rimangono nellastruttura per un anno, poi tornano in famiglia, dopo averappreso le tecniche di allevamento.

> Costo 4 mila euro> Causale MP 31/15 BRASILE

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villaggioglobale

zione automatica Gps più infra-rossi. Il sistema, che potrà esse-re utilizzato sia da ipovedenti cheda persone non vedenti, è dispo-nibile in tre lingue: italiano, ingle-se e spagnolo. E all'internodell’ufficio turistico e del museodi palazzo Sgadari sono stati col-locati due totem informativi conaudio-guida multimediale, conduecento foto per chi ha difficol-tà a fare il percorso a piedi.

INIZIATIVEVivere lenti,Giornata mondialecontro il giogodella frenesia

Un altro mondo è possibile? Sì,a ritmo lento. E allora per unasettimana proviamo a vivere a ritmi più umani. Lo proponel’associazione L’Arte del viverecon lentezza onlus, che annunciala nona edizione della Giornatamondiale della lentezza. L’even-to si prefigge di entrare nel ca-lendario delle nostre abitudini,per farci recuperare il naturale

zoom

detenzioni illegali. Gli spywaresono ufficialmente diventati unatecnologia da tenere sotto con-trollo anche per l’Unione euro-pea, al punto che la loro esporta-zione fuori dai confini Ue daldicembre 2014 prevede un’auto-rizzazione: è vietato alle aziendeproduttrici esportare i loro pro-grammi-spia negli stati a regimedittatoriale, dove diventerebberostrumenti lesivi dei diritti umani.Ma nonostante il divieto, il traffi-co illecito di spyware continua.

TERRITTORIOTurismoaccessibile,a Gangi percorso per ciechi

Gangi è fra i borghi più belli d’Ita-lia. Sta in provincia di Palermo,sulle Madonie. Qui è stato realiz-zato il primo percorso sensorialesiciliano per non vedenti, attra-verso un sistema di audio-guideinterattive. Sono 50 i punti di in-teresse turistico da visitare, gra-zie a venti audio-guide ad attiva-

La domenica si cambia. Perché la mensa, a Senigallia,non viene condotta dalla Caritas diocesana, come neigiorni feriali, ma a turno dai volontari delle parrocchie del-la diocesi. E dai 30 ospiti abituali si arriva anche a 70.Tanti volti, tante storie, tante solitudini, più intollerabili nelgiorno di festa. Chiara Michelon di queste storie ne haraccolte cinque, emblematiche, vivide, che allargano oriz-zonti o spalancano abissi, o entrambe le cose. Sono riuni-te sotto il titolo Buon pranzo, buona domenica. Il raccon-to del pranzo domenicale alla Caritas di Senigallia(edizioni Ventura). Un augurio che è una richiesta di tene-rezza, da parte di tutti: di Livia, la cuoca volontaria, vedovacon figli grandi, che nelle giornate più fredde apre la portadella cucina e la tiene ferma con il piede, lasciando «che ilfumo, il profumo, il calore inondi la sala»; di Karim, ivoria-no scappato dalla guerra civile; di Amid, senza tetto, dettoPrince per via del suo portamento, che prende sempre ve-stiti scuri per sentirsi più bello; di Luca, avvocato civilista,

ritmo del tempo e ritrovare un modo di vivere che ci consen-ta di superare i danni causati da anni di frenesia. Dal 7 al 13giugno 2015, l’associazione propone dunque piccole azioni,che tutti possono mettere in attoper innescare cambiamenti nellamentalità e nel modo di vivere.La manifestazione vive della partecipazione di tutti. L’Arte del vivere con lentezza invita tuttia comunicare l’idea su [email protected], in modo che siaavviato un passaparola digitale,grazie al sito e ai social network(facebook, twitter, youtube).www.vivereconlentezza.it

TECNOLOGIEEcco la M’Appper l’integrazionedi migranti e senza dimora

Una M’App per l’integrazionedelle persone senza dimora e dei migranti che vivono a Fog-gia. E un’indagine sulla percezio-ne di sicurezza nel quartiere del-

che prima di uscire di casa per il ser-vizio volontario pensa che il pomerig-gio porterà Nicola, il figlio di 4 anni, agiocare a pallone al mare; del signoregentile, pensionato 79enne, che ha«bisogno di questo pranzo. La mia po-vertà è più subdola, io ho i soldi ma non ho l’affetto».

E poi c’è la sesta storia, che non troviamo nell’indice,ma attraversa ed è attraversata dalle altre cinque. La sto-ria di Chiara Michelon, che prova a mettersi in ascolto, eche è convinta di aver imparato a farlo meglio proprio gra-zie all’incontro con Livia & company. «Perché – racconta –ho avuto a che fare con una realtà che ci è vicinissima, equindi ho scoperto cose di cui avrei potuto accorgermi pri-ma. La lezione che ho imparato? A stare più attenti, aguardare oltre, a vedere la luce di ognuno di noi. Perchéanche chi l’ha persa sul volto, la luce dentro ce l’ha sem-pre». [danilo angelelli] – www.venturaedizioni.it

Buon pranzo e buona domenica!Dalla mensa sei storie. E una lezione

LA BELLEZZAE LA LENTEZZAGangi, borgosiciliano. Sotto, illogo della Giornatadella lentezza

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LIBRI“Zanzaunlibro”,ora di libertàformato cartaper San Vittore

Zanzaunlibro è un’iniziativa di Biblioteche in Rete a San Vit-tore, a cui partecipa anche Cari-tas Ambrosiana. L’obiettivo è mi-gliorare il patrimonio del sistemadi biblioteche del carcere storicodi Milano, grazie al sostegno di tutti i cittadini che potrannocontribuire all’acquisto di dizio-nari, libri in lingua, classici, sag-gi, romanzi degli ultimi anni, testiscolastici e audiolibri, scelti sul-la base degli effettivi bisogni deilettori del penitenziario. L'acqui-sto si può effettuare online sulsito www.hoepli.it o individuandola libreria più vicina su www.bi-bliorete.org/#zanzaunlibro. Lo slogan della campagna di acquisto di libri con risvoltosociale proviene da Jorge, dete-nuto a San Vittore: “Grazie per l’ora di libertà che mi regalicon il dono del tuo libro”.

zoom

MOSTREL’arte dell’Africae mondi a Milano,prime proposte alMuseo delle culture

Ha aperto i battenti dopo 12 an-ni di attesa il Mudec, il Museodelle culture a Milano. Subitodue appuntamenti importanti, il primo con l’Africa. La terra deglispiriti è una mostra monumenta-le, dedicata all’arte africana dalMedioevo a oggi. Con oltre due-cento pezzi viene proposto unpercorso che affianca pezzi notialla cultura occidentale per il lorovalore estetico a opere della tra-dizione culturale e religiosa delcontinente africano. La secondamostra, fino a luglio, è “Mondi aMilano”, e racconta come la cittàabbia accolto le culture non euro-pee nel corso dei suoi importantieventi espositivi, dalle mostre di arti industriali nella secondametà dell’Ottocento, fino alleBiennali e Triennali degli anniVenti e Trenta del Novecento.www.mudec.it

Il 23 maggio 2015 verrà beatificato monsignor Óscar Ar-nulfo Romero, arcivescovo di San Salvador. Era il 24 mar-zo 1980 quando venne ucciso sull’altare, mentre celebra-va la messa. Romero era un prete scomodo, testimonedel Vangelo dalla parte degli ultimi e dei poveri, tanto daessere definito “voce dei senza voce”. Aveva ripetutamen-te denunciato le ingiustizie di cui era vittima il popolo sal-vadoregno, e questo lo portò alla morte. Pochi mesi dopoil suo assassinio, la crisi sfociò in una guerra civile cruen-ta, destinata a durare oltre un decennio, con un bilanciodi oltre 80 mila vittime, in gran parte umili e contadini.

In occasione della sua beatificazione, l’Editrice Missio-naria Italiana (Emi) pubblica due libri di e sul prelato as-sassinato. Il primo, Romero, martire di Cristo e degli op-pressi, è scritto dal teologo gesuita Jon Sobrino,collaboratore e amico del vescovo martire, scampato almassacro dell’Università Cattolica del Salvador nel 1989,in cui morirono sei confratelli e due donne che lavoravano

TECNOLOGIEAmnesty lanciaDetekt, perproteggersida spie governative

Spesso gli esponenti delle ong e dei soggetti non profit – ma anche i giornalisti – che lavoranoper i diritti umani rischiano la pri-gione, o peggio la vita, perché i governi dei paesi dove operanousano sistemi di spionaggio digi-tale. Amnesty International, orga-nizzazione impegnata su frontie-re difficili, ha cercato unostrumento di difesa da questi attacchi tecnologici. Detektè uno strumento digitale gratuitoper le ong e associazioni nonprofit, che potranno verificare se i propri pc sono sorvegliati da programmi di spionaggio degli apparati governativi. Detektè stato messo a punto da ClaudioGuarnieri, un ricercatore di originiitaliane che vive e lavora in Ger-mania. In alcune parti del mondoqueste pratiche di spionaggio si traducono in arresti, torture,

nel centro. Si tratta di una biografia intellettuale di Rome-ro: Sobrino ne sottolinea la granitica fede in Dio, la convin-zione della centralità dei poveri, l’accettazione del martiriocome esito della difesa degli emarginati, la profezia dellaverità. «Romero è stato un profeta ineguagliabile, in lui laparola di Dio fluiva come acqua trasparente e smaschera-va i cuori come spada affilata, denunciava con rigore gli oppressori e difendeva teneramente gli oppressi».

La Chiesa non può stare zitta. Scritti inediti 1977-1980 raccoglie invece testi di Romero sinora mai dati allestampe. Curata da monsignor Jesús Delgado, all’epocasuo segretario personale, la raccolta della corrispondenzapersonale dell’arcivescovo ne testimonia la statura uma-na, cristiana e sacerdotale: «La Chiesa è più grande e più santa quando è perseguitata... Non scoraggiateviper la persecuzione che ci prende di mira, piuttosto vede-tela come segno che davvero stiamo cercando di costrui-re il regno di Dio». [daniela palumbo]

PER CONOSCEREE PROTEGGERSII loghi del Museodelle culture,di Zanzaunlibroe di Detekt

Romero, voce e martire degli oppressi:«Non scoraggiatevi per la persecuzione»

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di Daniela Palumboatupertu / Tyrone Nigretti

H come handicap. Tyrone Nigretti se lo porta dietro da quando è nato in un ospedale milanese, da una madre alcolizzata e tossicodipendente che sperava di uscire dalla droga grazie all’amore di un figlio. Ma il bambino nascerà dopo cinque mesi e mezzo di gravi-danza, troppo presto: due settimane dopo un ictus locondannerà a restare per sempre sulla sedia a rotelle.

Vent’anni dopo, Tyrone scrive un libro sulla sua sto-ria: un diario disincantato e allo stesso tempo pieno di speranza. A rendergli la vita più facile, oltre alla grintache si ritrova, il rap. Poesie di strada dal cuore rabbio-so e ironico, che lo fanno sentire a casa. Gli restitui-scono la bellezza della vita e una prospettiva di doma-ni. Anche se Tyrone è rimasto orfano a 15 anni: comese la vita non gli avesse già fatto abbastanza male.

Oggi la scrittura è il suo mo-do preferito per interagire conil mondo esterno, esprimendodisagio, ma anche molto altro.Da qui il libro: Fattore H, editoda Rizzoli. L’altra passione, il rap, lo vede protagonista come critico musicale.

Ha aperto anche un blog:non6libero2.tumblr.com/. La sua pagina Facebook è “Fattore H”.

Il fattore H rende diversi?

Il problema non è la diversità in sé, ma il senso di colpa che si prova. Molte famiglie, magari semplici,chiedono a Dio di guarire i propri figli disabili, per alle-viare le sofferenze. Questa preghiera è vissuta dallapersona disabile con senso di colpa: ti resta il dubbiodi essere inadeguato, un peso. Il fattore H non si puòeliminare, non si deve. Con la disabilità bisogna impa-rare a conviverci, per non ritrovarsi con l’handicap del senso di colpa. Quando capisci che non è una colpa, il fattore H può fortificarti.

Dal libro emergono rabbia e tenerezza. Cosa preva-le oggi?

Se è emersa rabbia, è perché ho sempre amato la vita, ho sempre provato tenerezza per quel bambinoche a 5 anni era costretto ad assistere ai litigi dei geni-tori e che si sentiva in colpa di essere nato. Mi fa maleora pensare a quanti Tyrone potrebbero esserci in giro,a quanti vorrebbero qualcuno che li prendesse per ma-no e gli dicesse che va tutto bene.

Il rap come ti ha aiutato?Il rap ha tirato giù un po’ di maschere, mi ha fatto capire che è giusto permettersi di essere fragili e che,anzi, è una grande dimostrazione di forza e coraggio. Il messaggio che ho recepito dal rap è stato in sostan-za questo: «Ora sono forte, ma solo perché ho impara-to ad amare ciò che di me gli altri consideravano unadebolezza».

«Resisto al senso di colpa e canto il fattore H. Con rabbia e tenerezza»

Il rap ha tirato giù un po’ di maschere,mi ha fatto capire

che è giusto permettersi di essere fragili e che, anzi, è una grandedimostrazione di forza e coraggio.

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ha spiegato il regista, significaarrivare in un paese dove i profu-ghi pensano di trovare diritti e ottenere asilo, e invece nellastragrande maggioranza dei casifiniscono in strada.

E-BOOKDisabili a scuola,gli strumentiper garantireun diritto cruciale

Per i disabili la scuola è un dirit-to acquisito? Una opportunità

realmente garantita? Non sem-pre, purtroppo, è così. Ma esi-stono gli strumenti perché av-venga. Ne tratta SalvatoreNocera in Il diritto alla parteci-pazione scolastica. Normativae Giurisprudenza per rimuoveregli ostacoli ai bisogni educatividegli alunni con disabilità (ebo-ok di 78 pagine, acquistabile dal sito www.keyeditore.it, oppu-re in versione cartacea in libreriespecializzate o store web di ven-dita libri). L’autore, già vicepresi-dente nazionale della Fish,

attualmente responsabile delsettore legale dell’Osservatorioscolastico dell’Aipd, offre aglioperatori del diritto e alle famiglie gli strumenti conoscitivi di carat-tere normativo e giurisprudenzia-le, che aiutino a rimuovere, conla personalizzazione degli inter-

venti, gli ostacolialla realizzazionedei bisogni edu-cativi e delle aspi-razioni esistenzia-li degli alunni con disabilità.

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L’Esposizione torna a Milano,confronto per un umanesimoche sia capace di condivisione

di Francesco Dragonetti

Franco Cardini Il cibo donato. La carità, una sto-ria cristiana (Emi,

pagine 64). Breve narra-zione della lunga vicen-da di generosità, vissutadai cristiani per praticarel’opera di misericordia“dar da mangiare agli affamati”. Dalle mensedei primi secoli ai banchialimentari di oggi.

LIBRIALTRILIBRI

Dario Ianes L’evo-luzione dell’inse-gnante di soste-gno. Verso una

didattica inclusiva (Cen-tro Studi Erickson, pagi-ne 168). Il volume puntail dito sull’insoddisfazio-ne dei docenti di soste-gno, considerati spessodi serie B: figura di cui occorre valorizzarele competenze.

Pasquale Bua La kenosi delloSpirito Santo (CittàNuova, pagine

696). Il termine kenosi –svuotamento – è general-mente associato in teolo-gia alla seconda Personadella Trinità, il Figlio. Bulgakov per primo lo ap-plicò allo Spirito Santo:inizio di una riflessioneoriginale e feconda.

paginealtrepagine

Il 31 marzo 2008, nella sede del Bureau International des Expositions, Milano “rivince” l’Expo, che si svolgerà nel capoluogo lombardo dal 1° maggio al 31 ottobre2015, 109 anni dopo la “Esposizione internazionale del Sempione”, dedicata al te-ma dei trasporti. Expo Milano 2015 può rappresentare l’occasione per una svolta,nel segno della ripresa economica e della fiducia. Ma deve anzitutto costituire un’oc-casione di approfondimento del tema scelto (“Nutrire il pianeta, energia per la vita”)nel segno dell’affermazione del diritto al cibo per tutti, come chiede la “famiglia glo-bale” Caritas, presente all’Esposizione con lo slogan “Dividere per moltiplicare”.

Per meglio comprendere spirito ed eredità delle varie edizioni, può essere utileuna carrellata sulla storia delle Esposizioni universali, da Londra 1851 a Shanghai2010: Massimo Beltrame Expo Milano 2015. Storia delle esposizioni universali(Meravigli, pagine 160). Di questa edizione parla invece Fondazione Ambrosianeum(a cura di) Milano 2014. Expo, laboratorio metropolitano cantiere per un mondonuovo. Rapporto sulla città (FrancoAngeli, pagine 288): senza nascondere i problemi verificatisi (a partire dai ritardi dei cantieri), il Rapporto documentacome, in mezzo a incertezze e fiducia altalenanti, la città abbia cercato di concretizzare le aspettative di rilancio economico e rinascita culturale.

Le sfide connesse al diritto al cibo, alla sicurezza alimentare, alla biodiver-sità, al consumo consapevole sollevano in ogni caso una domanda di giustiziasociale, di “nuovo umanesimo”, per usare l’espressione del cardinale AngeloScola in Cosa nutre la vita? Expo 2015 (Centro Ambrosiano, pagine 96).

Ma perché un cristiano deve occuparsi di “Nutrire il pianeta”? A questa domanda risponde Luca Bressan Dio ci invita alla sua tavola (Emi, pagine 64),convinto che i cristiani possano offrire un profondo e significativo contributo a quello che sarà “un grande laboratorio di idee”. La Chiesa dovrà presentarele sue proposte, invitando a un dialogo costruttivo sul rispetto della natura e del creato e sul rifiuto di quella che papa Francesco definisce “cultura delloscarto”. E ponendo l’accento sulla solidarietà, la generosità e il rispetto dei diritti degli ultimi. Interessante, a tal riguardo, la riflessione del Pontificio Consi-glio della giustizia e della pace Terra e cibo (Lev, pagine 150) che, aderendo all'esortazione di papa Bergoglio a «trovare i modi perché tutti possano benefi-ciare dei frutti della terra», contribuisce al dibattito sulla fame nel mondo.

la stazione. A realizzarli è statal’associazione Fratelli della Sta-zione, nell’ambito del progettoPiccoli Sussidi. L'anima del pro-getto sono stati gli operatoridell’associazione, che in tre me-si hanno realizzato una mappatu-ra completa e dettagliata di tutti i servizi presenti nel territorio di Foggia a disposizione di citta-dini immigrati, senza dimora e in situazione di grave disagiosocio-economico. L'indagine nonè nuova, ma la novità è rappre-sentata dalla possibilità di poterscaricare l’app con informazioniin tempo reale, per cavere sem-pre a disposizione sul propriocellulare la mappa dei servizi pervestirsi, lavarsi, dormire, mangia-re, beneficiare dei diritti, pregare.L’app è tradotta anche in france-se, inglese e arabo.

CINEMAIn fuga dallaguerra, Rahell prigioniero della“Terra di transito”

Confinato in una Terra di transi-to. Sono i profughi che il regola-mento di Dublino obbliga a rimanere in un paese, senzaaccoglienza né prospettive. Oraun documentario, girato da PaoloMartino, racconta la loro odis-sea, seguendo la storia di Ra-hell, un ragazzo che come miglia-ia di suoi coetanei è in fuga dallaguerra. Il suo viaggio, dall’Orien-te all’Europa senza visti né pas-saporto, tentando di congiunger-si a un ramo della famiglia chevive da anni in Svezia, lo fa sbar-care in Italia. Qui Rahell scopreche a dividerlo dalla sua metac’è il regolamento di Dublino, la norma che impone ai rifugiatidi risiedere nel primo paese d’ingresso nell’Unione europea.Per Rahell, però, l’Italia è solouna terra di transito. Tanto chenel film avverte: «Se mi avesseroucciso in Afghanistan sarei statofortunato, perché qui muoio ogni giorno». Morire ogni giorno,

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www.creativisinasce.it

SEZIONEMANIFESTI -ANNUNCIOSTAMPA

Brief Caritas CAMPAGNA DISENSIBILIZZAZIONECONTRO LA POVERTÀ E PER IL DIRITTO AL CIBO

Short listSamuel Tasca,Giuseppe Zuccarello,Antonella AgataMalerba, MaraRandello

Accademia di BelleArti – Catania

Scuola internazionaledi comics – Firenze Premiazione a Salerno 24 maggio 2014

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