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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 – AUT. GIPA/NE/PD/31/2014 Rapporto Caritas “Vasi comunicanti”, le povertà sono interconnesse Azzardo Dilaga nel paese, ma il gioco vero è tutta un’altra cosa Minoranze in Asia I piccoli popoli, calpestati nel continente più vario MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XLIX - NUMERO 8 - WWW.CARITAS.IT ottobre 2016 Italia Caritas In Nigeria, incontro di organismi ecclesiali di tutto il mondo contro la tratta. Mentre iniziano a funzionare i progetti di reinserimento di donne ex schiave Ritorno. ricomincio E

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Rapporto Caritas “Vasi comunicanti”, le povertà sono interconnesseAzzardo Dilaga nel paese, ma il gioco vero è tutta un’altra cosaMinoranze in Asia I piccoli popoli, calpestati nel continente più vario

M E N S I L E D I C A R I T A S I T A L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I X - N U M E R O 8 - W W W. C A R I T A S . I T

ottobre 2016

Italia Caritas

In Nigeria, incontro di organismi ecclesialidi tutto il mondocontro la tratta.Mentre iniziano a funzionare i progettidi reinserimento di donne ex schiave

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editoriali

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PROMUOVEREANZITUTTORELAZIONI

Tutti in una condizione di cittadi-nanza negata, invisibili agli occhi dellasocietà, anzi un fastidio da nascondereo eliminare , per “questione di decoro”,come i rifiuti. Quasi dimenticando chesi tratta di persone, da incontrare e ac-compagnare, non da schedare o eti-chettare. Ciascuna irripetibile, con unsuo percorso di vita, problemi specificida conoscere e affrontare, in primis at-traverso l’ascolto e la relazione.

D’altra parte, in un mondo semprepiù interconnesso, si moltiplicano leopportunità, ma anche meccanismi estrutture che generano povertà e schia-vitù, sfruttamento lavorativo, tratta, migrazioni, conflitti, ricadute ambientali, chesi incrociano e spesso si alimentano a vicenda, proprio come Vasi comunicanti,titolo del Rapporto 2016 di Caritas Italiana su povertà ed esclusione sociale.

Pensiamo alla vicenda dei profughi, che sempre più mette a nudo l’Europareale, un’Unione mancata, fatta di muri e di egoismi nazionali. A fine 2015 nelmondo le persone costrette a lasciare le proprie case erano più di 65 milioni,mentre in Europa il numero di profughi è quadruplicato, rispetto al 2014.

La sfida più grande è allora essere accoglienti e capaci di riconoscere fragilitàpiccole o grandi. Tante, testimonia il Rapporto, sono le attenzioni, le opere-segnonei territori. Tante le risposte, tanti i percorsi di crescita che le Caritas vivono al-l’interno e nel cammino di accompagnamento delle comunità. Non dobbiamoperò guardare quanto già fatto, ma quanto resta da fare, per avvicinarci «alle per-sone emarginate, accorciare le distanze fino a toccarle senza aver paura di spor-carsi» ed essere testimoni della «vicinanza cristiana che ci ha mostrato concreta-mente Gesù, liberando il lebbroso dall’impurità della malattia e anche dall’esclu-sione sociale» (Papa Francesco, 26 giugno 2015 – meditazione mattutina).

all’osservazione della realtà,in occasione del terrremotodel Friuli del 1976, ci venneun’ispirazione provvidenziale.

In quell’estate c’era un numero enor-me di volontari (…). Pensammo: in au-tunno questi tornano a casa (…). Que-sto è il momento della presenza dellaChiesa. Proponemmo alle diocesi i ge-mellaggi: presenza continuativa per al-meno tre anni. Da questa esperienza dicomunione e di condivisione presero ilvia o si consolidarono molte Caritasdiocesane». Con queste semplici parolemonsignor Giovanni Nervo, primo pre-sidente di Caritas Italiana, spiegava ilmetodo dell’intervento Caritas.

Quarant’anni fa furono 81 le diocesiche avviarono gemellaggi, mantenen-do un legame per almeno cinque annicon altrettante parrocchie terremotate,grazie a oltre 16 mila volontari. Si rea-lizzarono 67 centri di comunità, luoghidi incontro e aggregazione, centri di at-tività sociali, culturali, religiose e ricrea-tive. La comunione tra diocesi divenneelemento portante dell’azione Caritasin tutte le successive emergenze.

Il senso della collettaIn base all’esperienza maturata e allalettura del contesto delle zone colpitedal terremoto del 24 agosto, si cercaanche oggi di promuovere in primoluogo relazioni, per accompagnare lecomunità locali nel lungo processo diricostruzione spirituale e materiale. Èil senso anche della colletta indettadalla Cei in settembre, in concomitan-za con il Congresso di Genova: l’aiutoai fratelli come frutto eucaristico, per-ché la morte è vinta solo dall’amore.«Noi sappiamo che siamo passati dallamorte alla vita perché amiamo i fratel-li» (prima lettera di Giovanni 3,14).

La Giornata mondiale di lotta alla povertà

ci sollecita a occuparcidi coloro

che sperimentano una condizione

di cittadinanza negata.Le Caritas organizzano

molti percorsi di risposta. Bisogna

però guardare a quantoè ancora da fare

«Ddi Francesco Soddu di Francesco Montenegro

FARSI TESTIMONIDELLA VICINANZACRISTIANA

ome sono belle le città che superano la sfiducia malsana e inte-grano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fat-tore di sviluppo! Come sono belle le città che (…) sono piene di

spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconosci-mento dell’altro!» (Evangelii Gaudium, n.210).

Le parole di papa Francesco, ancor più il 17 ottobre, Giornata mon-diale di lotta alla povertà, ci spronano ad aprire gli occhi, ad esserevicini a volti e storie di povertà e di fragilità in cui riconoscere Cristosofferente: i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indi-geni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, i migranti…

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direttoreFrancesco Soddu

direttore responsabileFerruccio Ferrante

coordinatore di redazionePaolo Brivio

in redazionePaolo Beccegato, Renato Marinaro,Francesco Marsico, Sergio Pierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolo

hanno collaboratoDanilo Angelelli, Francesco Carloni,Francesco Dragonetti, RobertaDragonetti

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UN BUON FINE NON HA FINE

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sommario

rubriche

3 editorialidi Francesco Soddu

e Francesco Montenegro

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

10 dall’altro mondodi Manuela De Marco

19 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia KIT DI INDUMENTI

PER CHI SBARCA,

GIUBILEO DEGLI HOMELESS

24 poster DOSSIER MINORANZE:

DIVERSA

DA CHI?

35 cibo di guerradi Paolo Beccegato

39 contrappuntodi Alberto Bobbio

47 a tu per tuLUCA RANDAZZO E SUNITA :

DODICI IN CASA,

UNA RAGAZZA A SCUOLA

«INGIUSTIZIA È QUANDO

NON TI AFFITTANO CASA»

di Daniela Palumbo

anno XLIX numero8

IN COPERTINARita alle prese conl’acconciatura di una cliente.Ha potuto aprire il negozioda parrucchiera a Lagos,capitale della Nigeria, grazieal progetto di reinserimentodi donne già vittime di tratta(foto Anna Pozzi)

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(Isaia 5,8); la costruzione della casa è ormai edificazionedi dimore senza giustizia, costruite con la frode del sala-rio a chi lavora e allo scopo di sfoggiare la tracotanza dellusso (Geremia 22,13-17).

I Recabiti, con il mantenimento di una vita segnatadalla precarietà del deserto, non ostentata in una folliafondamentalista, ma praticata nell’intelligenza della sto-ria (Geremia 35,11), sono un ultimo appello da parte diDio a Gerusalemme, minacciata dagli eserciti di Babilo-nia. Quando le parole dei profeti non bastano e i monitirestano inascoltati, una minoranza silenziosa, se custo-dita, osservata e ascoltata, può diventare via di salvezza,strada per il recupero della memoria e della verità di sé,stravolta dall’abitudine a nascondere la precarietà e l’es-senziale dipendenza dal dono ricevuto dietro l’ostenta-zione di una sfarzosa autosufficienza. Unica condizione,scegliere il bene ai crocevia della storia…

vino, non costruiscono case da abita-re, non possiedono terreni, vigne nésementi per seminare (Geremia 35,8-9) e si attengono fedelmente alle tra-dizioni, non rinunciando ad esse,neppure su richiesta; Geremia (35,1-11) racconta di questa fedeltà.

Se Israele, dopo il cammino nel de-serto, entrerà nella terra e là costruiràcase per abitarle (Deuteronomio 8,12),i Recabiti al contrario non abbandone-ranno mai le tende. Se Israele, stabili-tosi in Canaan, berrà il frutto della vite,segno del godimento della benedizio-ne di Dio nella terra promessa (Deute-ronomio 11,4), i Recabiti sceglierannodi non berlo. Se ogni tribù e famiglia diIsraele riceve in possesso una partedella terra, al contrario i Recabiti nonla possederanno, e non terranno nem-meno per sé alcuna semente.

Questa minoranza silenziosa, tra-scinata fuori dal nascondimento incui vive, diventa profezia per un po-polo che ha dimenticato il tempo deldeserto, il dono ricevuto e il volto diDio, che del dono è all’origine. Il be-ne della terra, accumulata con avidi-tà, è ora ladrocinio e oppressione

è un popolo sparso e separato tra i popoli in tutte le provincedel tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di tutti gli altripopoli e non osserva le leggi del re» (Ester 3,8). Con queste pa-

role Aman, alto funzionario della corte di Persia, presenta al re Assue-ro una minoranza: Israele, disperso insieme agli altri popoli, eppureda essi separato. Gli israeliani seguono leggi e usanze differenti: unapresentazione volutamente spregiativa e tendenziosa, che mira a raf-figurare questa minoranza non solo come diversa, e dunque sgradita,ma soprattutto inutile.

«Non è nell’interesse del re lasciarli in vita»: questa la conclusione

MINORANZA PROFETICA,MA OCCHIO AI CROCEVIA…

di Aman, che mette l’accento con ogniprobabilità sulla mancanza di un pro-fitto economico nel lasciar vivere gliisraeliti. La distorsione progressiva del-la verità, palese sulla bocca di un altostatista, avido unicamente di potere esuccesso, conduce alla promulgazionedi una legge che stabilisce la distruzio-ne di un popolo. Il coraggio e l’intelli-genza di una donna, Ester, piegheran-no il cuore del re, ma la spada, pur pas-sando di mano, segnerà comunquel’esito di questa storia, con massacri edistruzione (Ester 9,5): al lettore atten-to non sfugge che il crocevia reale dellastoria non è alla fine, quando si tenta di rappezzare alla me-glio uno scontro in atto, ma all’inizio, nel momento in cuila stupidità, unita alla follia dell’ambizione, dipinge una mi-noranza come un pericolo, attizzando reciproche ostilità.

Silenzioso ultimo appelloSe invece al crocevia della storia non si prende la strada del-la demagogia – rintuzzata da spauracchi di ordine econo-mico e amplificata dal megafono della propaganda regale,che avendo il monopolio della comunicazione spedisceeditti di sterminio in tutto l’impero, premurosamente tra-dotti in ogni lingua (Ester 3,12) –, si può anche scoprire cheuna minoranza porta con sé una parola profetica.

È quanto accade ai Recabiti, discendenti di Ionadab fi-glio di Recab (secondo libro dei Re 10,15.23), minoranzache, pur vivendo stabilmente nella terra promessa, sce-glie di mantenere uno stile di vita diverso. Non bevono

Due testi bibliciillustrano i soprusi che il potere, nella storia,

tende a ordire neiconfronti di popoli

dispersi e stranieri, conil pretesto della loro

diversità. Eppure, se si sceglie il bene,

nei momenti cruciali,una minoranza può

rivelarsi via di salvezza

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«C’26

parolaeparoledi Benedetta Rossi

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nazionale

6 RAPPORTO: VASI COMUNICANTI,POVERTÀ INTERCONNESSEdi Walter Nanni

11 AZZARDO? IL GIOCO VEROÈ UN’ALTRA COSAdi Cinzia Neglia

14 TERREMOTO: COMUNITÀDA AIUTAREA DECIDERE DI SE STESSEdi Daniela Palumbo

17 SERVIZIO CIVILE:ORMAI È “UNIVERSALE”,SARÀ DAVVERO PER TUTTI?di Diego Cipriani

internazionale26 NIGERIA: TORNARE

È RICOMINCIAREtesti e foto di Anna Pozzi

29 “TRAFFICKING”,SCHIAVITÙ ODIERNA: DA ABUJAUNA MOBILITAZIONE GLOBALEdi Oliviero Forti

32 CUBA: L’ISOLA SBLOCCATA,MA CHI SE NE GIOVA?di Mauro Strozzi

36 MINORANZE: PICCOLI POPOLI,ETICHETTATI E SOMMERSIdi Martina Dominici e Massimo Pallottino

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gliere e proteggere chi fugge da con-flitti e instabilità).

Parlare di povertà oggi in Italianon può prescindere da tali scenari.Per questo il Rapporto povertà 2016ha esteso il proprio sguardo oltre iconfini nazionali. L’immagine o ilconcetto dei vasi comunicanti assu-me un carattere ambivalente: aiuta aleggere il reale o meglio le forti inter-connessioni, frequentemente trascu-rate, che esistono oggi tra povertà,emergenze internazionali, guerre edemigrazioni, e al tempo stesso vuoleessere l’auspicio per un futuro in cuile disuguaglianze sociali, spesso allabase delle migrazioni forzate, possa-no in qualche modo livellarsi.

Di fronte a tali dinamiche la poli-tica europea è risultata frammentata,disunita e per molti aspetti inade-guata e fallimentare. Tre gli elementidi maggiore gravità nelle posizionidei paesi del vecchio continente: larinuncia ad aprire corridoi umanitarisicuri; l’assenso alla costruzione dimuri di filo spinato lungo i confini trai vari paesi, alcuni dei quali membridell’Unione europea; la gestione del-la crisi umanitaria come se fosse unproblema di sicurezza interna, e nonun problema sociale, politico ed eco-nomico. Le decisioni adottate in sedeUe, su impulso dei singoli stati mem-bri, hanno svelato l’anima di un con-tinente riluttante (all’idea di acco-

L’immagine dei vasi comunicanti aiutaa leggere le interconnessioni che esistonooggi tra povertà, emergenze internazionali,

guerre ed emigrazioni. E vale come auspicioaffinché le disuguaglianze siano livellate

Più italiani ai centri d’ascoltoIn Italia vivono in uno stato di povertàassoluta 1 milione 582 mila famiglie,ovvero oltre 4,5 milioni di individui. Sitratta del numero più alto dal 2005; e sitratta della forma più grave di indigen-za, quella di chi non riesce ad accedereal paniere di beni e servizi necessariper una vita dignitosa. Dal 2007, annoche anticipa lo scoppio della crisi eco-nomica (che continua a palesare anco-ra i propri effetti), la percentuale di per-sone povere è più che raddoppiata,passando dal 3,1% al 7,6%.

Le situazioni più difficili sono vissu-te dalle famiglie del Mezzogiorno, dallefamiglie di stranieri, dai nuclei il cui ca-pofamiglia è in cerca di un’occupazio-ne o operaio, dalle nuove generazioni.Un elemento inedito messo in luce nelrapporto, e che stravolge il vecchiomodello di povertà italiano, è che oggila povertà assoluta risulta inversamen-te proporzionale all’età, diminuisce

BISOGNI LONTANI E VICINIDonna al centro Baobab

per migranti di Roma, uomoin un centro d’ascolto Caritas M

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Il 17 ottobre, Giornatamondiale di lottaall’esclusione sociale,Caritas Italianapubblica il suoannuale “Rapportosulla povertà”. I fenomeni locali,anche in questoambito, sono semprepiù condizionati dagli scenari globali.Novità nei dati dei centri d’ascolto

ono Vasi comunicanti. Sonodinamiche di impoverimentoche registriamo nelle nostrecittà e nelle nostre case, a livel-lo locale, ma che si alimenta-

no di fenomeni più ampi e più pro-fondi, leggibili solo su uno sfondoglobale. Il Rapporto su povertà edesclusione sociale in Italia (e alle portedell’Europa), pubblicato da CaritasItaliana il 17 ottobre, Giornata mon-diale di lotta alla povertà, dichiara sindal titolo la necessità di contestualiz-zare. Il momento storico-sociale, d’al-tronde, è del tutto partico-lare. Il 2015, al quale si rife-riscono i dati proposti dalRapporto, è stato infattil’annus horribilis dei movi-menti migratori nel bacinodel Mediterraneo e alle por-te dell’Europa, non solo perl’elevato numero di rifugia-ti, sfollati e morti registrati,

ma anche per l’incredibile debolezzae il palese egoismo che molti paesihanno dimostrato, nell’affrontarequella una vicenda che manifesta evi-denti riflessi umanitari emergenziali,ma si presenta ormai, su scala plane-taria, come un dato strutturale dellanostra epoca.

Nel mondo, infatti, il numero dipersone costrette a lasciare le propriecase in cerca di protezione, a causa diguerre, conflitti, persecuzioni e con-seguenza degli sconvolgimenti cli-matici, è arrivato ai livelli massimi

mai registrati: alla fine del2014 si era toccata la cifra di59,5 milioni, ma a fine 2015si era superata quota 65 mi-lioni. In Europa il numerodei profughi giunti via mare(nel 2015) è risultato quat-tro volte più grande diquello registrato l’annoprecedente.

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Vasicomunicanti

nazionale rapporto povertà

di Walter Nanni

povertà interconnesse

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della rete stabile Sprar.A questa fotografia complessa e in

continuo movimento, i dati dei centridi ascolto Caritas possono aggiunge-re dettagli utili e inediti. Nel 2015 so-no stati infatti 7.770 i profughi e i ri-chiedenti asilo – per lo più in fuga dacontesti di guerra – a essere intercet-tati dalle strutture di ascolto delle Ca-ritas diocesane. Sono il 7,4% di tuttigli stranieri ascoltati nel corso del-l’anno. Quali sono i loro profili? Qualile principali aree di vulnerabilità?

Le persone intercettate sono so-prattutto uomini (92,4%), tra i 18 e i 34anni (79,2%), provenienti per lo più dastati africani (in particolare Sudan,

Mali, Nigeria, Eritrea, Gambia, Sene-gal) e dell’Asia centro-meridionale(principalmente Pakistan e Afghani-stan). Sette dei primi quindici paesi diprovenienza delle persone intercettaterisultano essere nell’elenco delle na-zioni formalmente in guerra nel 2014.

Delle persone profughe accolte neicentri d’ascolto, il 65% risulta celibe eil 30% coniugato; poco più della metàpuò contare su un alloggio (57,5%),mentre il 35,9% risulta senza dimora.Basso risulta essere il capitale sociale eculturale dei profughi intercettati. Nu-merosi i casi di analfabetismo (26%) odi modesta scolarità (licenza elemen-tare 16,5%, licenza di scuola media in-

feriore 22,8%). Delle persone ascoltate,quasi tutte risultano prevedibilmentesenza occupazione (90,5%).

In termini di bisogno prevalgonole situazioni di povertà economica(61,2%), coincidenti soprattutto con lapovertà estrema o con la mancanzatotale di un reddito. A seguire il disagioabitativo, sperimentato da oltre la me-tà dei profughi intercettati (55,8%). Traloro è proprio la “mancanza di casa” lanecessità più comune; seguono le si-tuazioni di precarietà o inadeguatezzaabitativa e di sovraffollamento. In ter-za posizione i problemi di istruzione,che si traducono per lo più in proble-mi linguistici e di analfabetismo.

Tamponare l’emergenzaQuali risultano essere le richiesteesplicitate presso i centri di ascolto?Anche in questo caso il profilo dei ri-fugiati assume connotazioni specifi-che. Richiedono soprattutto beni eservizi materiali, quindi pasti allemense, vestiario, prodotti per l’igiene;più contenuta, invece, la richiesta dipacchi viveri. A seguire, in linea con ibisogni registrati, le richieste di allog-gio, in particolare di servizi di “prontae prima accoglienza”. Alta anche lapercentuale di chi, penalizzato sulfronte della salute, fa domanda di far-maci e visite mediche. Molto più ele-vate della media anche le richieste diorientamento o quelle inerenti la vo-ce “scuola-istruzione”.

A fronte di tali richieste, i dati relativiagli interventi evidenziano un’azionerivolta per lo più a “tamponare” situa-zioni di emergenza attraverso la di-stribuzione di beni di prima necessità(79,1%). Tra questi spiccano in modoparticolare la fornitura di vestiario(42,3%), di pasti alle mense (34,1%) edi prodotti per l’igiene, docce e bagni(19,8%). Non trascurabili anche gli in-terventi di orientamento (19,2%) fattisu più fronti: verso i servizi socio-sa-nitari e gli sportelli che rispondono aesigenze abitative, lavorative e buro-cratico-legali. Molto più alti rispettoal totale degli utenti, infine, gli inter-venti di tipo sanitario (13,4%), so-prattutto la distribuzione di farmacie le visite mediche.

Nel 2015, le persone incontrate nei centrid’ascolto sono state 190.465. Il peso deglistranieri è ancora maggioritario (57,2%),

anche se non in tutte le aree del paese; nel Mezzogiorno gli italiani sono il 66,6%

Progetti otto per milleapprovati da CaritasItaliana nel 2015 per zonegeografiche

NORD44 68 10.281.178 7.466.100

LEGENDACaritas partecipanti Progetti approvati Importo progetti Contributo riconosciuto

TOTALE135 213 24.246.131 18.238.200

SUD42 70 7.370.525 5.652.800

CENTRO49 75 6.594.428 5.119.300

BISOGNI ELEMENTARIDistribuzione di borse alimentarialla FondazionePane Quotidiano di Milano

Progetti otto per mille approvati da Caritas Italiana nel 2015per destinatari prevalenti e macroregione (%)

DESTINATARI PREVALENTI DEI PROGETTI NORD CENTRO SUD ITALIAFamiglie 25,0 34,7 22,9 27,7Persone senza dimora 25,0 12,0 15,7 17,4Immigrati, rifugiati, richiedenti asilo 8,8 2,7 4,3 5,2Minori 5,9 13,3 18,6 12,7Donne 4,4 4,0 2,9 3,8Inoccupati 17,6 16,0 4,3 12,7Giovani 5,9 12,0 8,6 8,9Detenuti, ex detenuti 1,5 0,0 5,7 2,3Anziani 1,5 1,3 4,3 2,3Disabili 1,5 1,3 5,7 2,8Persone con sofferenza mentale 2,9 1,3 2,9 2,3Altro 0,0 1,3 4,3 1,9Totale (valori assoluti) 100,0 (68) 100,0 (75) 100,0 (70) 100,0 (213)

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all’aumentare di quest’ultima. Gli an-ziani sono coloro che mediamentesembrano aver risposto meglio a que-sti anni difficili. Il tutto probabilmenteè ascrivibile sia alle tutele del sistemapensionistico che al bene “casa” (in Ita-lia l’80% degli anziani vive in case diproprietà). Al contrario, la persistentecrisi del lavoro ha penalizzato (meglio,sta ancora penalizzando) giovani e gio-vanissimi, in cerca “di una prima onuova occupazione” e gli adulti rimastisenza un impiego.

Nel Rapporto, accanto alle fontidella statistica pubblica, viene datoampio spazio ai dati preziosi che consistematicità vengono raccolti neicentri di ascolto promossi dalle Cari-tas diocesane o collegati con esse.Grazie ai dati raccolti in 1.649 centrid’ascolto riguardanti 173 diocesi, sipossono dunque accendere altri ri-flettori sulla povertà. Nel corso del2015, le persone incontrate nei centriinclusi nella rilevazione sono state190.465. Il peso degli stranieri è anco-ra maggioritario (57,2%), anche senon in tutte le aree del paese; nelMezzogiorno la percentuale di italianiè pari al 66,6%. Rispetto al genere, il2015 ha fatto registrare un importan-te cambio di tendenza; per la primavolta risulta esserci una sostanzialeparità di presenze tra uomini (49,9%)e donne (50,1%), a fronte di una lunga

e consolidata prevalenza del generefemminile. L’età media delle personerivoltesi ai centri d’ascolto è 44 anni.Tra i beneficiari dell’ascolto e dell’ac-compagnamento prevalgono le per-sone coniugate (47,8%), seguite daicelibi o nubili (26,9%). In riferimentoall’istruzione, il titolo di studio piùdiffuso è la licenza media inferiore(41,4%), seguito dalla licenza elemen-tare (16,8%) e dalla licenza di scuolamedia superiore (16,5%). Disoccupatie inoccupati insieme rappresentanoil 60,8% del totale.

Bisogni multidimensionaliIl bisogno o problema più frequenterilevato nel 2015 è stato la povertà eco-nomica (76,9%), seguito dai problemioccupazionali (57,2%), abitativi (25%)e familiari (13%). Molto spesso, in re-altà, si cumulano due o più ambitiproblematici. Su 100 persone, solo il38,6% ha manifestato difficoltà relati-ve a una sola dimensione; nei restanticasi sommano almeno due (29,9%) opiù ambiti (31,5%). La sfida più diffici-le, in termini di presa in carico e di so-stegno, riguarda proprio questi ultimesituazioni. Più grave è infatti la condi-zione di emarginazione e di esclusio-ne, più difficili saranno i percorsi daintraprendere per aiutare la persona auscire dal bisogno. Meglio, dalla mul-tidimensionalità dei bisogni.

nazionale rapporto povertà

Le richieste o domande più fre-quenti riguardano i beni e servizi ma-teriali; all’interno di tale categoria pre-valgono le richieste legate per lo più aibisogni primari: viveri, vestiario, ac-cesso alla mensa, servizi di igiene per-sonale, ecc. Al secondo posto figuranole domande di sussidi economici, daimpiegare soprattutto per il pagamen-to di bollette e tasse, canoni di affitto ospese sanitarie, domandati in manierapiù marcata da cittadini italiani(35,4%). Seguono poi le richieste ri-guardanti il lavoro, formulate soprat-tutto da stranieri (17,2%), le domandedi alloggio (8,3%) e quelle inerenti pre-stazioni e l’assistenza sanitaria (7,4%).

Soprattutto dall’AfricaAnche in Italia, accanto al disagio dicoloro che in modo transitorio, per-sistente (o nei casi più gravi, cronico)sperimentano difficoltà legate allamancanza di reddito e lavoro, coesi-stono situazioni estreme, vissute dachi, costretto a fuggire dal propriopaese, vede aggiungersi tante vulne-rabilità a quella originaria, legata aitraumi indelebili di un viaggio spessofatto in condizioni disperate.

I dati ufficiali documentano 153.842sbarchi, avvenuti lungo le coste italia-ne nel 2015. Le nazionalità prevalentidichiarate al momento dello sbarcoriguardano paesi africani (e uno me-diorientale): Eritrea, Nigeria, Somalia,Sudan, Gambia, Siria, Mali. Le perso-ne che hanno fatto domanda di asiloin Italia nel 2015 sono state 83.970; ap-pena un decennio fa (nel 2005) eranopoco più di 10 mila. I profughi accoltinel 2015 attraverso i canali istituzio-nali (strutture temporanee, Cara, Cda,Cpsa, Sprar) sono stati 103.792. Dal2013 al 2016 il numero di ospitati inun anno è passato da circa 22 mila aoltre 150 mila. Il dato non è solo il frut-to dell’aumento del numero dei ri-chiedenti asilo arrivati sulle nostre co-ste, ma è anche come il segno di unprogressivo accrescimento e migliora-mento del sistema di accoglienza edei posti disponibili, sia attraverso ilsempre più consistente ricorso al-l’apertura di strutture straordinarie(Cas) che al progressivo allargamento

Le accoglienze di migranti e rifugiati attivate nelle diocesi italiane nel2015 sono risultate circa 20 mila, così ripartite (secondo una rilevazionequantitativa predisposta dalla Conferenza episcopale italiana):. circa 12mila persone accolte in strutture convenzionate con le Prefet-

ture-Cas (con fondi del ministero dell’interno). quasi 4mila persone accolte in strutture Sprar (con fondi del ministe-ro dell’interno). oltre 3 mila persone accolte nelle parrocchie (con fondi diocesani). oltre 400 persone accolte in famiglia o con altre modalità di acco-glienza (con fondi privati o diocesani)

Le regioni ecclesiali che a fine 2015 avevano attivato il numero più ele-vato di accoglienze erano, nell’ordine, Lombardia, Triveneto, Piemonte –Val d’Aosta e Sicilia.

Inoltre, 380 persone sono state inoltre accolte in 51 diocesi nell’am-bito del progetto “Protetto - Rifugiato a casa mia”

LE ACCOGLIENZEVentimila rifugiati nelle diocesi italiane

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Decine di Caritasdiocesane sonoimpegnate, in tuttaItalia, a contrastare il dilagare dellapratica dell’azzardo.Si opera per la presain carico dei giocatori patologici e delle loro famiglie.Ma soprattutto per la prevenzione.Mirata in particolare a giovani e minori

ioco: qualsiasi attività libera-mente scelta a cui si dedichi-no, singolarmente o in grup-po, bambini o adulti, senzaaltri fini immediati che la ri-

creazione e lo svago, sviluppando edesercitando nello stesso tempo capa-cità fisiche, manuali e intellettive”. Idizionari parlano chiaro. Ma non ècertamente questo il concetto di “gio-co” che negli ultimi anni ha dominatola scena della società e dell’economiaitaliane. A entrare sempre più nella vi-ta delle persone è stato il gioco d’az-zardo, ovvero quello in cui i giocatoririschiano denaro, nella speranza divincerne in maggiore quantità.

A tale pratica finisce per associarsi,purtroppo assai velocemente, l’agget-tivo “patologico”. L’azzardo porta in-fatti con sé, spesso, un comportamen-to di gioco disadattivo, persistente ericorrente, che sconvolge l’equilibrio

personale, familiare e sociale. È un fe-nomeno sociale in espansione, conuna diffusione sempre più ampia evariegata, senza distinzione di sessoed età. Le forme patologiche si incro-ciano con la vita di persone spessofragili, per caratteristiche personali ocondizioni del momento: soggetti in-clini a sviluppare, negandola a se stes-si, spesso troppo a lungo, una vera epropria dipendenza.

Negli ultimi anni diverse sono sta-te le ricerche che hanno provato a fo-tografare il fenomeno. Che resta perònon di facile lettura, anche perchéuna delle caratteristiche del giocato-re patologico è proprio la negazionedella dipendenza. E la difficoltà adammettere di avere bisogno di aiuto.Quando si supera questo ostacolosoggettivo, ci si scontra poi con i limi-ti del sistema sanitario nazionale. So-prattutto con l’annoso problema,

di Cinzia Negliafoto di Massimo Fiorillo ‘‘G

nazionale dipendenze

verogiocoIl

è un’altra cosa

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STUDENTI DA LONTANO,RISORSA NON VALORIZZATA

comunitari” (a prescindere se diplo-mati all’estero o in Italia), allora si re-gistra una presenza di 55.600 studen-ti (il 77,8% dell’insieme degli studentistranieri e il 3,3% del totale).

L’Italia ha conosciuto un perdu-rante declino dell’iscrizione di stu-denti stranieri in tutti gli anni Ottan-ta, toccando il punto più basso nel1991-’92 (meno di 20 mila iscritti). Intutti gli anni Novanta la situazione èrimasta stagnante, poi dagli inizi delnuovo secolo c’è stata finalmenteun’inversione di tendenza. Ma nono-stante questa ripresa, i dati Ocse del2011 attestavano ancora una posizione molto deboledell’Italia nello scenario europeo: la Francia ha 4 volte ilnumero degli studenti stranieri, Germania, Belgio, RegnoUnito ne hanno il quintuplo e anche Spagna e Portogallone accolgono un numero più elevato.

Se si guarda alla provenienza, la quota di studenti pro-venienti da paesi dell’Unione europea è andata costan-temente decrescendo: nel 2014-’15 la media è di uno stu-dente straniero ogni 5. L’aumento prevalente, dagli anniNovanta, è stato registrato da africani (in particolare delnord) e asiatici (dai cinesi, per lo più, grazie alla sottoscri-zione di accordi bilaterali). Le cinque nazioni più rappre-sentate sono Albania, Romania, Cina, Iran e Camerun.

Borse di studio disperseQuali possono essere i fattori che incidono, positivamen-te o negativamente, sulla scelta dell’Italia da parte degli

studenti internazionali?L’Unesco ne individua quattro prin-

cipali:. la lingua di studio: l’inglese è parla-to e studiato pressoché ovunque esono numerosi i paesi che l’hannointrodotto nei propri corsi di studio.Nei paesi Ue la media dei corsi te-nuti in inglese è del 33%; l’Italia finoal 2013 non arrivava al 20%;. la qualità dei programmi: i criteri divalutazione della qualità di un’uni-versità contemplano la capacità diattrarre studenti internazionali.L’Italia annaspa, i nostri atenei tut-tavia recuperano, nella graduatoriaOcse, riguardo all’offerta formativadi singole aree di studio;. le tasse: i costi non sono un parame-tro di facile interpretazione. Vi sonopaesi nei quali le tasse sono più alteche in Italia, tuttavia quelle univer-sità sono scelte da più studenti stra-nieri. Vi sono inoltre paesi che diffe-renziano fra tasse per i cittadini e pergli stranieri: l’Italia non è tra questi etuttavia ha costi elevati, dunque nonviene scelta di frequente;. la politica migratoria: le difficoltà

L’Italia è un paese che ospita un numero relativamente basso distudenti stranieri, rispetto agli altri principali paesi avanzati.Gli iscritti ai corsi di laurea e laurea magistrale presso gli atenei,

nell’anno accademico 2014-15, sono stati appena il 4,3% della popola-zione universitaria: circa 71.500. La media dei paesi Ocse supera l’8%.

Considerando però solo gli studenti che sono venuti dal propriopaese per iscriversi negli atenei italiani (gli autentici “studenti inter-nazionali”), il numero scende a circa 38.700 (e la percentuale si riduceal 2,3%): infatti, su 100 studenti stranieri iscritti negli atenei italiani,ben 46 sono figli di immigrati. Se il focus, invece, è sugli studenti “non

L’Italia ospita, nelle sue università, circa la metà dei giovani

stranieri accolti,in media, dagli altripaesi avanzati. Non

si punta a valorizzare intelligenze e relazioni: i

fattori frenanti sono la lingua, i programmi,

la burocrazia… e le tasse d’iscrizione

dall’altromondodi Manuela De Marco

amministrative nei rilasci e rinnovi dei permessi di sog-giorno scoraggiano fortemente l’arrivo di studenti stra-nieri. Alcuni paesi stanno lavorando per migliorare la lo-ro burocrazia, introducendo ad esempio il rilascio di unpermesso di soggiorno post-laurea per consentirel’orientamento o la ricerca di lavoro nel paese di rilasciodel titolo, con libertà di movimento negli altri paesi Ue Altri problemi aperti: si dovrebbe creare un’agenzia

per la mobilità e il sostegno delle borse di studio, che fi-niscono disperse in mille rivoli, senza una sistematizza-zione, neppure economica, delle risorse disponibili. E sipotrebbe, infine, rafforzare la cooperazione interuniver-sitaria con i paesi con i quali sono in atto rapporti di col-laborazione che consentano di valorizzare i percorsi deglistudenti dei rispettivi paesi. Ciò è possibile, però, solonella misura in cui tutti gli aspetti sopra considerati sianogestiti con cura: lingua, tasse, burocrazia…

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petente, accoglienza, sostegno (an-che economico), ma all’interno diuna presa in carico globale, che ri-guarda non solo la persona ma l’in-tera famiglia; la persona viene inoltresostenuta all’interno di un progettoindividualizzato, che è un percorso diriacquisizione di sé e della propriadignità, e che prevede interventi psi-co-educativi.

I filoni in cui l’attività si delinea so-no prevalentemente due: oltre allapresa in carico, anche la prevenzione.Progetti di presa in carico sono avvia-ti in particolare in territori dove i ser-vizi sociali pubblici non sono ancoraattivi e includono anche percorsi dirieducazione a una corretta gestionedelle risorse economiche.

A scuola e con gli anzianiL’ambito in cui tutte le Caritas coinvol-te sono impegnate è certamente laprevenzione; per alcuni la scelta è sen-sibilizzare in modo specifico ragazzi egiovani. Ne consegue un grosso impe-gno all’interno di scuole, oratori, par-

rocchie: utilizzando storie di vita, vi-deo e incontri formativi, si prova a of-frire un differente modello di vita, percontrastare le stimolazioni (pubblici-tarie e non solo) che presentano l’az-zardo come opportunità. Alcune real-tà hanno scelto di proporre la sensibi-lizzazione a partire dalle scuoleprimarie (4ª-5ª elementare e scuolemedie): attraverso giochi (veri!) fannosperimentare ai ragazzi come lo stiledi vita scelto condizioni le opportunitàdi prosecuzione di un percorso chesimboleggia la propria vita. L’azzardo,e non l’impegno per conquistare puntidel gioco, può insomma portare a nonconcludere il gioco con successo.

Tante sono, in ogni caso, le inizia-tive di sensibilizzazione e di informa-zione che le Caritas diocesane han-no attivato e continuano a proporre,affinché il pericolo che deriva dalgioco sia percepito. L’attenzione aigiovani è certamente prioritaria, male iniziative sono diversificate, poichémolteplici sono le persone a rischio;grande attenzione è anche rivolta al

mondo degli anziani, perché propo-ste di attività e momenti di sana ag-gregazione possono allontanarli daoccasioni e luoghi che, non percepiticome pericolosi e frequentati percontrastare la solitudine, diventanoanticamera di una dipendenza.

Importante quindi è continuare ainformare rispetto ai rischi del giocod’azzardo, superare la superficialità el’indifferenza nei confronti del feno-meno, riportare informazioni corretterispetto alle opportunità di vincite, il-lustrare come la costruzione di deter-minati ambienti sia funzionale a farperdere la consapevolezza di quantosi sta facendo. Importante è ancheaccrescere la cultura della prevenzio-ne, della promozione della salute. Econtinuare a organizzare servizi e for-nire risposte di cura, al tempo stessovalorizzando e costruendo spazi digiochi attivi e relazionali, dove il giocopossa svolgere la sua reale funzione distimolo al benessere e alla crescita.Un impegno per le tutte le Caritas. Unimperativo per tutti.

LASCIATE OGNI SPERANZA...Una sala scommesse: i luoghi più minacciosi per la salute pubblicasono comunque quelli che ospitano slot machine e videolottery

I numeri di una epidemiache dilaga anche tra i minori

88 miliardi di eurola cifra spesa dagli italiani in azzardo (in ripresa, dopo la leggera flessione degli anni 2013 e 2014)

8,7 miliardi di eurol’incasso dello stato, sotto forma di gettito fiscale del settore

55,8%la quota della raccolta per giochi assicurata dalle“macchinette”: le 340 mila slot machine garantiscono25,96 miliardi di euro di spesa, le oltre 50 mila videolottery 22,19 miliardi di spesa

14 miliardi 65 milioni di eurola cifra giocata dai cittadini della Lombardia; nella classi-fica delle regioni dove si gioca di più seguono Lazio (7miliardi 611milioni) e Campania (6 miliardi821 milioni), anche se la diffusione crescente dei gio-chi online rende “incomplete” le classifiche territoriali

60 mila i giocatori tra i 15 e i 19 anni in più rispetto al 2014: il 38% dei minori scolarizzati (15-17 anni), circa 550 mila studenti, riferisce di aver giocato d’azzardonel 2015, erano il 35% nel 2014

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tutto italiano, della profonda diffe-renza nella capillarità e nella qualitàdei servizi tra regione e regione. Sem-pre più visibile, in effetti, è la tenden-za non solo a capire il problema, maad attivare risposte: appare necessa-rio vigilare, in prospettiva, per verifi-care se alle tante parole che si ascol-tano, di questi tempi, seguirannoazioni concrete ed efficaci.

Percorso di confrontoNon si può nascondere la complessitàdel fenomeno. È vero che è necessariorealizzare azioni di contrasto e farlo infretta. Al tempo stesso, però, per con-trastarlo bisogna comprenderlo cor-rettamente, incluse le sue veloci evo-luzioni. Per opporsi allo sviluppocreativo di offerte e di luoghi semprepiù accattivanti (le gambling hall so-no solo il più recente esempio) è indi-spensabile attivare competenze diver-se, coordinare le azioni e operare peruna maggiore diffusione di informa-zioni corrette, di messaggi chiari edefficaci rispetto ai rischi del gioco.

Sensibilizzazione e informazionesull’argomento sono ancora tropposcarse, mentre sempre più esplicitesono le richieste di aiuto pervenute,in questi anni, spesso tramite fami-liari, anche ai centri d’ascolto Caritas.Le richieste sono spesso per contri-buti economici, per situazioni legateal fenomeno dell’usura, cui troppofrequentemente il gioco patologicoconduce; la richiesta di aiuto è invecepresentata direttamente dal giocato-re per un aiuto globale solo in unaminoranza di casi.

Una ventina, da nord a sud, sonole Caritas diocesane che, nel corsodegli anni, si sono attivate per con-trastare il fenomeno. Le attività rea-lizzate differiscono per scelte fatte eper tipologia di risposte offerte, mahanno alcune caratteristiche comuniimprescindibili, emerse in occasionedi un recente incontro nazionale, al

quale hanno partecipato una trenti-na di Caritas e che rappresenta l’ini-zio di un percorso di confronto.

Precocità e comorbilitàTutte le Caritas operanti, per esem-pio, partono dalla lettura del territo-rio, che non è solo una lettura dei bi-sogni, ma anche delle risorse. Tale ri-cognizione evidenzia, intanto, unaumento esponenziale dei luoghi do-ve è possibile “giocare”. In alcuni ter-ritori si è osservato come il numerodei centri scommesse (senza contarebar e locali in cui sono presenti slotmachine) superi il numero delle par-rocchie; a questo si associa il datoche evidenzia un’ampia presenza digiovani tra i giocatori, senza tacere lapresenza di minori, per i quali esiste-rebbe un divieto formale (l’esperien-za di tutti, però, rivela che tra i gioca-tori c’è un’ampia presenza di ragazzia partire dai 14 anni e anche di mino-ri tra gli 11 e i 12 anni). L’analisi deidati delle persone incontrate confer-ma che tra coloro che hanno svilup-pato una dipendenza, numerosi so-no quelli che hanno iniziato a giocarein età precoce.

Altra caratteristica evidenziata è lacomorbilità: spesso, oltre alla patolo-gia legata al gioco d’azzardo, le perso-ne risultano infatti affette da altre di-pendenze, per esempio quella da in-ternet, o lo shopping compulsivo…

La lettura delle risorse ha invece loscopo – perseguito da tutte le Caritasimpegnate – di costruire una rete dicoordinamento delle azioni che si in-tendono promuovere e realizzare. Gliorganismi che compongono la retesono, oltre a Caritas, i Sert-Serd, chesempre più numerosi hanno istituitoéquipe dedicate a questa patologia, leAsl, le parrocchie, le associazioni, gliorganismi del terzo settore. Ogni azio-ne, proposta e percorso andrebberoorganizzate all’interno della rete, ga-rantendo così la non sovrapposizione

nazionale dipendenze

Tra coloro che sviluppano una dipendenza,numerosi hanno iniziato a giocare in etàprecoce. Altra caratteristica, la comorbilità:

oltre alla patologia connessa all’azzardo, sovente emergono altre dipendenze

degli interventi e la valorizzazionedelle specificità e delle competenze.

Professionalità plurimeTutte le Caritas impegnate in azionidi contrasto sottolineano l’importan-za, in primis, della formazione speci-fica degli operatori, per la quale tuttesi sono attivate. Altrettanto necessa-ria è la pluriprofessionalità del grup-po di lavoro: nei diversi territori sonoall’opera psicologi ed educatori, maanche assistenti sociali, economisti,legali. L’aspetto medico, pur necessa-rio, è, in genere, garantito dal serviziosanitario, parte della rete; non menoimportante è allora cercare di affron-tare altri aspetti del fenomeno, meno“coperti” dalle istituzioni. In molticasi, per esempio, importante si rive-la l’azione di volontari con esperien-za di lavoro in banca, per affrontare irisvolti economici dei drammi cheaffliggono individui e famiglie.

Le azioni messe in campo dalleCaritas diocesane sono guidate da al-cuni principi: si offrono ascolto com-

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busti risultati della colletta indet-ta dalla Conferenza episcopale,svoltasi nelle chiese di tutta Italiadomenica 18 settembre. Oggi neiluoghi terremotati si sta cercandodi ricollocare l’emergenza nellaquotidianità. «Attualmente, unodei punti di maggiore criticità ri-guarda la scelta di accettare lacollocazione intermedia negli al-berghi – afferma don La Regina –. Pur essendo una soluzione ne-cessaria, è fonte di sacrificio perla comunità. Ci sono inevitabili ecomprensibili resistenze, espres-se da chi vuole rimanere vicinoalle proprie radici o continuare alavorare, soprattutto nei nume-rosi allevamenti di bestiame dellazona, nelle attività agricole. Lepersone sanno che restare nelterritorio è condizione impre-scindibile per far rinascere le co-munità. Altrimenti si rischia la di-spersione, lo sgretolamento. Per iragazzi la speranza è rappresen-tata dalla quotidianità della scuo-la. Per gli anziani significa assicu-rare servizi alla persona. Per tutti,occorrono luoghi di aggregazio-ne nei territori ospitanti».

Visione non improvvisataAndrea Piscopo e Sonia Sdrubo-lini sono operatori del coordina-mento emergenze della delegazioneregionale Caritas Marche. «Abbiamoavviato una mappatura, in forma par-tecipata con le realtà locali, della si-tuazione nelle diocesi marchigianecolpite: Ascoli Piceno, Camerino, Fer-mo, Macerata, San Benedetto delTronto – spiegano –. Capire i bisogni e

le risorse è fondamentale per facilitareil compito delle comunità locali, affin-ché si progettino i passi del futuro im-mediato e a medio-lungo termine conuna visione non improvvisata».

L’importante, osservano i due ope-ratori, è «mantenere al centro dell’at-tenzione il protagonismo delle realtà

colpite, già molto sofferenti perle perdite umane, dei luoghi, inalcuni casi della capacità produt-tiva». I territori, oggi più che mai,sono a rischio di spopolamento:«Per questo è fondamentale chechi interviene sappia che l’im-portante non è sostituirsi allepersone, ma metterle nelle con-dizioni di tornare a decidere delproprio territorio e della propriavita. Caritas Marche concentra leproprie forze su questa forma diaccompagnamento, sapendoche le decisioni sono nelle manidelle singole diocesi. Dalla presadi contatto con il territorio terre-motato riteniamo che l’impattosull’infanzia sia contenuto, perfortuna. Tra i fenomeni su cui sideve intervenire c’è la disloca-zione delle famiglie colpite, di fe-riti e sfollati. Molte famiglie, fraquelle che si trovavano in villeg-giatura tra Amatrice e Arquatadel Tronto, hanno subito un luttoe ora sono tornate in luoghi incui non hanno una riconoscibi-lità e le relative attenzioni (Po-mezia, Roma, ecc). Oppure, dallazona di Accumoli, molti feriti esfollati sono stati dislocati nel-l’area di San Benedetto del Tron-to. Occorre accompagnare le sto-rie di tutte queste persone, favo-

rendo una continuità nel passaggio dauna comunità all’altra. Infine, bisogne-rà decidere per ciò che riguarda le at-tività produttive (allevamenti, soprat-tutto per il versante laziale): restare oandarsene. Riguardo a questo tema,stiamo affrontando la riflessione conle comunità locali».

o preso una decisione. Nonscriverò più di terremoti, di-sastri ambientali, dissestiidrogeologici e simili. E nep-pure, conseguentemente, di

difesa del suolo, manutenzione del

territorio, prevenzione dei disastri, ri-duzioni del danno.

Non è noncuranza per l’ultima tra-gedia che ha colpito i territori di AltoLazio e Marche, tantomeno mancanzadi riguardo per le vittime, i feriti, gli

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Prevenzione delle catastrofi?Sempre lo stesso ritornello. Dal 1979…Troppe parole attorno alle sciagure; meglio concentrarsi sui fatti. Vedràfinalmente la luce un piano pluriennale di risanamento del territorio?di Domenico Rosati

sfollati. Né una sottrazione di solidarie-tà all’obbligo che tutti abbiamo di sov-venire, direttamente o indirettamente,alle esigenze del soccorso e della rico-struzione. Niente di tutto questo.

Non scrivo più perché mi sono

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aıutaredaComunità

a decidere di se stesse

A un mese dal sismanel centro Italia, la rete Caritasapprofondisce le relazioni con le comunitàterremotate, al fine di programmareinterventi cherispondano a bisognireali e valorizzino le risorse residue. «Chi aiuta non devesostituirsi alle realtà colpite»

i guarda ai tempi lunghi. Al-l’accompagnamento che devemettere radici nell’emergenza,ma protendere tronco e ramiverso i momenti in cui i riflet-

tori e l’affollamento degli aiuti saran-no solo un ricordo. Caritas Italiana,insieme alle Caritas dei territori coin-volti, e con il supporto dell’intera reteCaritas in Italia, sta mettendo a puntola strategia di intervento a favore dellecomunità del centro Italia colpite dalviolento terremoto del 24 agosto. Co-me è accaduto dopo tutti gli altri ter-remoti di grave entità verificatisi inItalia e all’estero negli ultimi decenni,Caritas utilizza la fase dell’emergenzaacuta non solo o non tanto per veico-lare aiuti immediati, quanto per orga-nizzare una presenza destinata a du-rare nel tempo: interventi sociali a fa-vore dei gruppi più vulnerabili,ricostruzione di strutture e avvio diservizi di interesse pubblico, finanzia-mento di progetti per la ripresa socio-

economica e lavorativa.La prima metà di agosto, insieme

alle diocesi e ai parroci dei paesi col-piti dal sisma, agli operatori istituzio-nali e ai volontari, è stata spesa permettere a fuoco in particolare le esi-genze sociali dei territori colpiti. An-che tenendo presente la loro partico-lare “geografia ecclesiastica”. «Nel cra-tere del sisma – chiarisce don AndreaLa Regina, dell'ufficio macroprogettidi Caritas Italiana – sono compresi 17comuni che fanno riferimento a 7 dio-cesi (Rieti, Ascoli Piceno, Spoleto Nor-cia, Fermo, San Benedetto del Tronto,L’Aquila, Teramo Atri) e a quattro re-gioni ecclesiastiche (Lazio, Marche,Umbria, Abruzzo-Molise)».

Sono e saranno dunque molte le Ca-ritas diocesane direttamente chiamatein causa. Agiscono (e agiranno) sapen-do di avere alle spalle il supporto (fi-nanziario, ma anche organizzativo eprogettuale) dell’intera rete Caritas.Che, tra le altre cose, convoglierà i ro-

di Daniela Palumbo

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nazionale terremoto

CERTEZZE SGRETOLATESmarrimento, distruzione,incoraggiamento: il terremotoha sconvolto il panoramadi Amatrice, avviata a una complessa ricostruzione

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C’è attesa per il decreto legislativo,che dovrà sciogliere i nodi applicativi che riguardano il “nuovo” serviziocivile. La riforma del terzo settore ha posto le condizioniper valorizzarel’istituto. Ma ora si attendono scelteoperative all’altezza. E fondi conseguenti…

l decreto legislativo che il go-verno si appresta a emanare inmateria di servizio civile a se-guito della recente approvazio-ne della legge 106, che ha rifor-

mato il terzo settore, dovrà costituirel’occasione per riplasmare un istitutoche da quando fu istituito, 15 anni fa,accanto ai traguardi positivi raggiuntiha mostrato anche alcuni limiti.

Com’è noto, il legislatore ha intesoribattezzare il servizio civile naziona-le con l’aggettivo “universale”, anchese ha omesso di esplicitarne il signifi-cato. L’obiettivo dichiarato dal gover-no è sempre stato garantire a tuttigiovani la possibilità di svolgere il ser-vizio civile. Non che l’attuale sia pre-cluso ad alcuno. È solo che, negli ul-timi anni, il numero di giovani chehanno chiesto di prestarlo si è rivelato

di molto superiore ai posti disponibilifinanziati. Dunque, l’attuale serviziocivile potrebbe già definirsi universa-le e soddisfare tutte le richieste, a pat-to che vengano stanziati più fondi.

Si riuscirà magicamente a farlograzie al nuovo aggettivo? Lo speranotutti, soprattutto i giovani. Al di làdelle risorse economiche, resta ilproblema di come riuscire a concilia-re il diritto a svolgere il servizio civilecon l’offerta che gli enti riuscirannoa garantire, considerando i meccani-smi della selezione (l’accesso oggi èorganizzato come un concorso pub-blico), nonché la necessità di farcombaciare doti e capacità del giova-ne con il tipo di attività offerte.

Superare le duplicazioniAltri temi importanti che l’atteso de-

di Diego Cipriani

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nazionale riforma del non profit /2

è‘‘universale’’Ormai

sarà davvero per tutti?CAPACI DI RELAZIONEUna giovane in servizio civilein un servizio guardaroba Caritas

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stancato di scrivere (e di leggere eascoltare) sempre le stesse cose suquesti argomenti. E di aver perdutoprogressivamente la speranza che al-meno qualcuna delle tante parole spe-se potesse tramutarsi in fatti. È unapercezione popolare vasta e motivata;ma a me sembra di avere una ragionein più. Precisamente, un’esperienza.

Il peso delle corporazioniCorreva l’anno 1979, quando il presi-dente della repubblica Sandro Pertinimi nominò tra gli “esperti” del Consi-glio nazionale dell’economia e del la-voro (Cnel), altrimenti noto come unodei “cimiteri degli elefanti” della no-stra costellazione pubblica. Subentra-vo a un esponente democristano, Do-menico Ravaioli, che si era dimessoper motivi di salute.

Ma non avevo intenzione di pren-dere l’incarico come un canonicato.Così, appena insediato, chiesi che co-sa ci fosse da fare. E fu dopo congruaattesa che il presidente Bruno Storti,ex segretario della Cisl, mi affidò l’in-carico di “osservazioni e proposte” sultema della “difesa del suolo”, in vistadi un intervento legislativo in listad’attesa dai tempi dell’alluvione di Fi-renze del 1966. Seppi più tardi chemolti colleghi avevano rifiutato di oc-cuparsene.

Iniziai comunque il lavoro con unpiccolo team di collaboratori e convo-cai, secondo le abitudini del sito, unaserie di incontri conoscitivi con tutti isoggetti interessati: categorie econo-miche, enti locali e ministeri, sindaca-ti, esperti del ramo... Non conoscevola materia e dovetti farmi una cultura;mi appassionai nella ricerca.

Dovetti però rendermi conto del-l’esistenza di molte complicazioni. Laprima consisteva nel fatto che al cul-mine dell’attenzione degli interlocu-tori non c’erano le scelte da compiereper prevenire i cataclismi e per conte-nerne i danni, ma la definizione dei

confini, cioè delle competenze e deipoteri tra stato centrale, regioni, entilocali e, per i compiti tecnici, tra urba-nisti, ingegneri, agronomi, geologi...

Ognuno tirava acqua al propriomulino ed era arduo produrre un ten-tativo di sintesi. Ma in qualche modosi arrivò alla conclusione, con il varodelle “osservazioni e proposte”, appro-vate all’unanimità dall’assemblea delCnel dopo una robusta limaturaemendativa, in cui si rifletteva più ilpeso delle corporazioni che non un'ef-fettiva capacità di proposta politica.

Ricostruzioni,addendi senza sommaIl testo fu mandato a chi di dovere eservì – va detto – come riferimento perdiversi provvedimenti legislativi pro-dotti nel tempo su diversi aspetti delproblema. Il tutto, in connessione conle emergenze dettate dal susseguirsidei disastri, dovuti al dissesto idrogeo-logico o ai terremoti che hanno se-gnato dal 1980 la vita del paese.

Tanti addendi parziali, insomma,che non fecero mai una somma. Nonci fu infatti, nelle misure adottate,qualcosa che somigliasse a quel pianoorganico complessivo di difesa del

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nazionale terremoto

L’idea stessa di programmazione cedevacampo all’esaltazione di un mercatorisolutore di tutti i problemi. E non se ne

fece niente, o quasi. Così, ad ogni disastrosi ripetono gli stessi buoni propositi...

suolo e manutenzione del territorio,la cui esigenza era il cuore della ricer-ca compiuta.

A me accadde poi di riprenderne ilcontenuto, in occasione di un conve-gno delle Acli, in cui un’idea di pro-grammazione economica aveva tra isuoi obiettivi proprio la salvaguardiadel territorio, sia come bene in sé checome via di rilancio della piena occu-pazione. Si voleva fronteggiare nellasua reale entità il rischio sismico, nonmeno che la minaccia di alluvioni edissesti vari, con un impiego sistema-tico di risorse adeguate, capace di pro-durre un riscontro economico – una“botta di Pil”, avrebbe detto Bruno Ve-spa – e un impulso sociale effettivi.

Erano però gli anni in cui l’idea stes-sa di programmazione (lascito dell’im-pronta keynesiana di un dopoguerraormai lontano) cedeva campo all’esal-tazione di un mercato risolutore di tuttii problemi. E non se ne fece niente, oquasi, a parte le opere di ripristino de-liberate caso per caso e variamente at-tuate nel tempo e nello spazio. Conun’unica costante: che ad ogni disastrogli stessi buoni propositi sono stati ri-petuti, sempre con le stesse parole.

Anche stavolta? Stavolta è compar-sa una variante lessicale. Si parla di“Casa Italia” e c’è da augurarsi che allanuova formula corrispondano uncambio di passo e di volontà politica.E tuttavia un prudente atteggiamentodi ragionevole dubbio non contrastacon la speranza di vedere messi nelgiusto rapporto le parole con i fatti.Così penso che anche il silenzio possaessere una risorsa...

I GIORNI DELLE TENDETendopoli nei territori terremotati:il governo ha promesso chedureranno poco, sarà vero?

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contrappuntodi Domenico Rosati

zioni di un’unità durevole.Naturalmente non ignorava gli

ostacoli. C’è un episodio che dà con-to del clima di una stagione – l’iniziodel 1945 – in cui erano già visibili se-gnali di “guerra fredda”. Avendo fir-mato a nome della Cgil un telegram-ma di saluto a una delegazione disindacalisti sovietici, il cui testo nonera piaciuto alla Santa Sede, Grandisi dimise da presidente delle Acli per“salvare” – così scrisse – le Associa-zioni dei lavoratori cristiani.

È poi nota la storia degli anni suc-cessivi, nei quali si produssero strappiideologici e politici mai più rammen-dati. E tuttavia è singolare che, pur nelpieno della rissa, i vari protagonisti sisiano richiamati a Grandi. Quelli cheattuarono la rottura sindacale del 1948,non hanno mai rinnegato la stagionedell’unità legata alla sua figura, che an-zi hanno onorato come portatrice deivalori in nome dei quali essi avevanofatto la scissione. Quelli che avevanocondannato la scissione, non solo han-no mantenuto il ritratto di Grandi nelleloro stanze, ma ne hanno fatto l’iconadi un recupero dell’unità. In mezzo, tra

gli anni Sessanta e Settanta, le Acli, che tentarono di ripro-porre una memoria univoca di Grandi, arricchendola conle idee di garanzia dell’autonomia, attraverso l’incompati-bilità tra carica sindacale e mandato parlamentare.

Di Grandi in genere si torna a parlare quando crescela marea unitaria, mentre si fa silenzio quando trionfa ladivisione. E adesso? Dai tempi di Grandi, il mondo è cam-biato. Le ideologie ostinate del secolo scorso non ci sonopiù. Una nuova edizione del capitalismo si è impadronitadel mondo, corpo e anima. Le classi sociali si sono sfari-nate, ma non si sono ridotte le distanze tra ricchi e poveri,sfruttati e sfruttatori, inclusi e “scartati”. I connotati delmondo del lavoro sono mutati profondamente. Ed è evi-dente il deperimento di una coscienza non più di classe,ma “di società”, cioè di bene comune. Ecco: rivisitareGrandi potrebbe essere utile. Se poi ci fosse anche, in for-me aggiornate, un “organizzatore operaio”...

chille Grandi, organizzatore operaio”. Fece scrivere così,quando si presentò alle elezioni per l’Assemblea costituente.E così è rimasto negli annali della repubblica, l’uomo che

aveva fondato i primi sindacati “bianchi”, composti di soli lavora-tori; poi li aveva difesi dall’aggressione fascista, rimanendo isolatoanche tra i suoi fratelli di fede; infine, dopo la caduta del regime,aveva intrapreso l’affascinante avventura dell'unità sindacale concomunisti e socialisti, garantendosi, con la fondazione delle Acli, larimozione della diffidenza cattolica.

Grandi morì a 63 anni, il 28 settembre 1946. Non ebbe il tempo diintervenire negli eventi che in due an-ni avrebbero distrutto la sua opera. Manella memoria del mondo del lavorola sua eredità, se coltivata, può pro-durre ancora fermenti vitali. Per quan-to dispersa, non è stata cancellata.

Siccome però ognuno degli eredine ricorda l’aspetto che gli è più con-geniale, risulta difficile ricomporreun ritratto completo di Achille Gran-di. Il quale credeva nell’unità dei la-voratori come fattore essenziale diriequilibrio e di giustizia nel conflittosociale. E riteneva che le differenti af-filiazioni politiche non costituisseroun ostacolo, come pure le scelte in materia religiosa. Perquesto accompagnava al concetto di unità quello di in-dipendenza del sindacato dal padronato (cosa ovvia manon scontata) e dai partiti.

Il fronte più caldoEra quello, in Italia, il fronte più caldo. In Italia i partitistavano rinascendo dopo il fascismo e coltivavano cia-scuno un proprio disegno egemonico o di potere. Nel ca-so dei comunisti, c’era anche la complicazione ideologi-ca, che stabiliva la subordinazione del sindacato al par-tito, inteso come detentore della vera coscienza di classe.

Grandi non era ingenuo: andava all’incontro consape-vole di differenze e diffidenze, ma con la fiducia che unaleadership leale (c’era stima reciproca tra lui e GiuseppeDi Vittorio, il grande sindacalista comunista) e un’operapedagogica coerente avrebbero fatto maturare le condi-

A 70 anni dallascomparsa di Grandi,

ricomporre la memoriadel grande dirigente

sindacale può giovare al mondo del lavoro

e alla società. Credevanell’unità dei lavoratoricome fattore essenziale

di giustizia sociale:criterio utile da applicare

ai tempi attuali

ACHILLE L’ORGANIZZATORETRADITO, NON CANCELLATO

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creto legislativo dovrà affrontare so-no relativi alle finalità del “nuovo”servizio civile e della governance delsistema. Il testo della legge permettedi distinguere tra finalità del servizio(rappresentata dalla difesa non ar-mata della Patria e dei valori fondantidella repubblica) e interventi nei varisettori che ne permettono la realizza-zione. La legge del 2001 non prevede-va tale distinzione, il che è stato fontenon solo di conflitti sulle competen-ze, ma anche del proliferare delle ri-sposte alla domanda sul senso da at-tribuire al servizio civile.

Il tema della governance è forse ilpiù urgente e spinoso. È indubitabileche la macchina organizzativa di unservizio civile per centomila giovaniall’anno deve poter funzionare conagilità ed efficacia. In altri paesi (StatiUniti e Francia, ad esempio) si è scel-ta la via dell’agenzia nazionale, che illegislatore italiano aveva individuatosin dagli inizi degli anni 2000, salvopoi abbandonarla. Occorre comun-que che il centro nevralgico dell’or-ganizzazione (oggi il dipartimentodella gioventù e del servizio civile na-zionale della presidenza del consi-glio) possa governare non solo “alcentro”, ma anche “in periferia”. Negliultimi dieci anni la moltiplicazione dicompiti e funzioni si è rivelata unaduplicazione inutile e inefficace: unalbo regionale per ciascuna regione eprovincia autonoma, la valutazionedei progetti operata (spesso in ritar-do) con criteri aggiuntivi autonomi,il quasi totale mancato controllo deipiccoli enti nei territori hanno porta-to a una situazione ingovernabile,che dovrà essere risolta superando,ad esempio, l’attuale sistema degli al-bi nazionale e regionali.

Inoltre sarà importante diversifica-re i soggetti capaci di assicurare, conrisorse umane dedicate, continuità equalità all’intero sistema. Occorreràanche disegnare processi chiari, con

tempi certi, tra stato, regioni, enti lo-cali ed enti del terzo settore, co-struendo la programmazione previ-sta dalla nuova legge. Non sarebbemale, infine, che venisse rivisto ancheil ruolo degli enti locali: siamo pro-prio sicuri che la scelta di un comunedi accreditarsi direttamente per il ser-vizio civile sia la più giusta e opportu-na? All’istituzione pubblica localenon spetterebbe piuttosto il ruolo dipromozione del servizio civile nel ter-ritorio e di stimolo della sussidiarietàcon gli enti del terzo settore?

Collegato a quello della governan-ce, è il tema dell’accreditamento, cioèdel sistema tramite il quale i vari sog-getti (pubblici e del privato-sociale)entrano e operano nel settore. L’in-tenzione iniziale era ridurre il nume-ro delle migliaia di enti che, in tuttaItalia, un tempo erano convenzionaticon il ministero della difesa per im-piegare gli obiettori di coscienza.Obiettivo di fatto mancato, visto chea tutt’oggi (secondo i dati ufficiali deldipartimento) esistono 3.862 “enti ti-tolari di accreditamento”, cui fanno

Il tema della governance è forse il piùurgente e spinoso. È indubitabile chela macchina organizzativa di un servizio

civile per centomila giovani all’anno devepoter funzionare con agilità ed efficacia

capo 15.536 “enti accreditati” con cir-ca 50 mila sedi: un sistema quanto-meno frammentato.

All’estero, non per turismoUn’altra novità introdotta dalla nuo-va legge è quella del “meccanismo diprogrammazione, di norma trienna-le, dei contingenti” e del passaggiodai “progetti” ai “programmi”, cosache dovrebbe cercare di evitare il no-tevole dispendio di energie e tempoche oggi vede gli enti impegnati apresentare annualmente migliaia diprogetti e lo stato a valutarli.

Parimenti, il legislatore ha volutoprevedere sia la definizione dello sta-tus giuridico del volontario (ma haancora senso chiamarlo così, alimen-tando la confusione tra servizio civilee volontariato?), sia la valorizzazionedelle competenze dei giovani che ef-fettuano l’esperienza. Anche su que-sto il decreto legislativo servirà a farechiarezza, per rafforzare un’identitàche oggi appare offuscata. In tal sen-so, occorrerà ripensare all’immaginedel servizio civile e di quanti lo svol-gono, attraverso messaggi istituzio-nali forti e percorsi che rendano visi-bile e riconoscibile l’apporto che, at-traverso questa esperienza, i giovanidanno nel «servire la res publica», perusare le parole di Carlo Azeglio Ciam-pi, recentemente scomparso.

Infine, novità sono attese in quellache sembra essere la “cenerentola”del servizio civile, il servizio all’este-ro. La legge intende ampliare la di-mensione “esterna” del servizio civi-le, prevedendo, per chi lo svolge inItalia, di fare un’esperienza di qual-che mese all’estero. Posto che questapossibilità andrà ben organizzata,evitando che si trasformi in una meraesperienza “turistica”, occorrerà nondimenticarsi del servizio civile chenormalmente si volge all’estero, cheattende di essere rivisto, potenziato evalorizzato.

Insomma, grandi sono le atteseattorno a un comparto che, se benvalorizzato, può contribuire concre-tamente a far “crescere l’Italia”: inuna giusta direzione, con l’aiuto deigiovani.

Saranno poco più di un migliaio i giovaniche inizieranno il servizio civi-le con la Caritas il prossimo10 ottobre, a seguito del ban-do dello scorso 30 maggioche ha finanziato 146 pro -getti in Italia, per un totale di 1.012 posti, e 6 progetti all’estero per 58 posti. Le Caritas diocesane coinvolte sono 88, di tutte le 16 regioni ecclesiastiche.

Con CaritasNuovo“contingente”, mille per 146 progetti

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ziaria e iniziative di prevenzione,per intercettare i bisogni primache diventino emergenze. L’ideadi fondo è che scarsa attenzioneviene data al risparmiatore, considerato per lo più in base al suo ruolo economico o legale(la “parte” risparmiatori contro la “parte” banche), dunque rele-gato al ruolo di spettatore passi-vo di quanto accade. Il progettooffre supporto psicologico e perla gestione dell’emergenza gra-

zie a un numero verde; consulen-za territoriale e accompagnamen-to personale; gestione e coordi-namento di tavoli di mediazionee concertazione tra istituti di cre-dito e piccoli risparmiatori peri quali il ricorso a vie legali nonsarebbe sostenibile. E ancora,un osservatorio etico sulle dina-miche finanziarie che, raccoglien-do i contributi dei clienti, forniscaalle banche utili linee guide perle loro politiche di customer care.

ro, attivato per coprire insolven-ze, Carispezia eroga i finanzia-menti a tasso fisso agevolato,senza commissioni bancarie.

MANTOVAConvenzionerinnovata con15 comuni perl’accesso alla casa

È stata rinnovata la con-venzione tra il consorzio

dei 15 comuni che fanno capo al distretto socio-sanitario di Mantova e la Caritas diocesa-na, per l’accoglienza e l’accom-pagnamento di persone in diffi-coltà. La finalità concreta dellaconvenzione è dare una casa a chi non ce l’ha o non l’ha maiavuta. I 15 comuni erogheranno190 mila euro per finanziare il funzionamento del servizio; grazie a questa cifra, Caritas coprirà circa il 50% delle spesesostenute per l’iniziativa. Del sistema fanno parte diversestrutture dove vengono accoltepersone e famiglie segnate daun’emergenza abitativa e in atte-sa di trovare una casa stabile.Le strutture sono gestite dall’as-sociazione Abramo, che nel2015 ha erogato (in provincia)41.932 giorni di accoglienza in 25 strutture per 218 persone.

VICENZARete di serviziper sostenererisparmiatori vittimedelle crisi bancarie

Una rete di competenze e servizi, per sostenere

e accompagnare i cittadini rispar-miatori in difficoltà a causa dellacrisi finanziaria di Banca Popola-re di Vicenza e Veneto Banca. Apromuoverla sono stati Cgil, Cisl,Uil e Caritas diocesana di Vicen-za, in collaborazione con il servi-zio regionale InOltre. La rete offresostegno psicologico, consulen-za legale, mediazione, ma anchepercorsi di alfabetizzazione finan-

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Maria Cecilia Scaffardi (Caritas Parma). «Abbiamo promosso scambi tra giovani stu-denti di Parma e migranti grazie a diverse iniziative. I giovani non sono solo il futuro,ma anche e soprattutto il presente. Sono da valorizzare oggi. I giovani migranti sonoqui perché nati da famiglie da tempo immigrate o per motivi di studio. Abbiamo pro-posto loro attività di volontariato, in particolare alla mensa Caritas, dove in forma abbastanza stabile alcuni studenti, soprattutto camerunensi, si sono presi l’impegnodi “restituire” l’accoglienza ricevuta, mettendosi a servizio di altre persone. Ci piace-rebbe continuare a collaborare con le scuole, valorizzando le esperienze, raccontandodi più le storie delle persone migranti, per renderle patrimonio più condiviso».

Emanuele Severini (Caritas Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia). «L’Emporiodella solidarietà di Macerata è, come gli altri in Italia, un market di distribuzione di generi alimentari per persone in difficoltà economica. Coloro che vogliono acce-dere all’Emporio – promosso da una rete di enti del territorio – passano attraverso i centri di ascolto. Fanno richiesta e vengono inseriti in un percorso, della durata di sei mesi, che li rende possessori di una card per fare la spesa e nel contempo li accompagna, affinché riescano a risolvere i problemi che sono a monte: mancan-za di lavoro, debiti, ecc. L’Emporio cerca di creare relazioni non solo con le famigliein difficoltà economica: ci sono un lavoro di sensibilizzazione nelle scuole e un coin-volgimento di giovani produttori locali che coltivano in modo biologico, presso i qua-li si acquistano gli ortaggi distribuiti all’Emporio».

Giuseppe Molfese (Caritas Tricarico). «Anche a Tricarico, diocesi della Basilicata fat-ta da piccoli e piccolissimi centri, il gioco d’azzardo patologico (Gap) è molto diffuso:giovani e meno giovani, donne e uomini, occupati, disoccupati e pensionati. Abbiamocercato di creare una rete con Sert, Asl, carcere, comunità che offrono servizi di recu-pero. Tre anni fa è nato il progetto “Il pozzo di Sicar”, con diverse iniziative: due centridi ascolto – di cui uno itinerante –, un numero verde, un corso sulla genitorialità, col-laborazioni con le scuole, una squadra di calcio, unastruttura di accoglienza in fase di ultimazione. Cerchia-mo di accompagnare ma soprattutto di fare prevenzione,impegnandoci a far conoscere la dinamica fondamenta-le del gioco d’azzardo: chi vi si avvicina perde sempre.Le famiglie vengono distrutte, la nostra azione coinvolgee accompagna soprattutto i nuclei familiari».

All’Emporio c’è il biologico locale,famiglie coinvolte contro l’azzardo

6levocingiro di Danilo Angelelli

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Si svolgerà da venerdì 11 a domenica 13 novembre “Fratello. Festival europeo della gioia e della misericordia”. L’iniziativa, promossa dall’omonima associazione francese, che la-vora con le persone senza dimora, si propone come un vero e proprio “Giubileo degli ho-meless”. Per l’occasione, infatti, come annuncia il sito internet dell’evento, “Papa France-sco invita a Roma le persone in situazione di precarietà”. A cominciare proprio da quelleche vivono sulla strada: delle 6 mila persone attese, 4 mila saranno senza dimora. Conloro, in Vaticano, il Papa vivrà una catechesi (venerdì mattina) e la messa (domenica mat-tina); sono poi previsti altri momenti di preghiera, riflessione e pellegrinaggio, ma anche di visita a Roma.Info e adesioni: fratello2016.org

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Gli ospiti possono stare adAgrisister per circa 18 mesi e imparare, grazie all’aiuto di un agrotecnico, a lavorare la terra e a occuparsi delle api.

ALESSANDRIAAperto a Novi Ligureun asilo notturnoriservato alle donne(ed eventuali bimbi)

È stato aperto a settem-bre a Novi Ligure, nel cen-

tro Santa Rita, un ostello nottur-no femminile, che si affianca a quello maschile, attivo ormaida qualche anno. Ora i posti letto disponibili nella strutturagestita dalla Caritas diocesanadi Alessandria e da cooperativaAgape (con il contributo dellaparrocchia di San Pietro e delcomune di Novi), divengono die-ci: sei nel dormitorio maschile,quattro in quello femminile; nel-la nuova struttura potranno ac-cedere anche bambini.

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LA SPEZIATre anni di lavoroper il microcredito,erogati 76 prestitia soggetti vulnerabili

Il servizio di “microcredito”promosso da Fondazione

Carispezia, Carispezia Crédit Agri-cole e Caritas diocesana di LaSpezia-Sarzana-Brugnato, con il supporto dei distretti socio-sa-nitari provinciali, sta ottenendobuoni risultati. In tre anni, da set-tembre 2013, sono stati infattierogati 76 prestiti, pari a un valo-re di circa 190 mila euro, a per-sone e famiglie in condizioni di vulnerabilità economica e so-ciale. Recentemente il servizio è stato esteso al territorio dellaLunigiana. Il microcredito socialeprevede che li beneficiari possa-no ottenere un prestito fino a3.500 euro, rimborsabile in mas-simo 48 rate, per affrontare esi-genze impreviste. Grazie a unfondo di garanzia di 200 mila eu-

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TORINOLa terra e le api,una casa e un lavoro:si riparte dallacollina col progetto

Agrisister è una speri-mentazione avviata in pri-

mavera dalla Caritas diocesanadi Torino. Il progetto si rivolge a persone che, superati i 60anni, hanno vissuto un periododa senza dimora e intendonoimparare a lavorare la terra e allevare le api, per guardareal futuro di nuovo con dignità,in attesa di una casa popolareo del raggiungimento della pen-sione. Agrisister, progetto cheha come partner la cooperativaSynergica, mette anzitutto a disposizione una casa, in cuii beneficiari vivono in una di-mensione famigliare, alla som-mità di una collina, con un ter-reno che il proprietario haaffidato in comodato gratuitoalla Caritas per cinque anni.

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Nelle prossime settimane Caritas italiana, graziealle offerte di Crs (Caritas Usa), donerà al Moas(Migrants offshore aid station) una fornitura

di duemila kit di indumenti asciutti per i migranti salvatinelle acque del Mediterraneo, nell’ambito dell’operazione“Warm up”, portata avanti anche con la Marina militareitaliana. La missione di salvataggio privata Moas è natanel 2014 per volontà di una coppia di imprenditori italiano-americani, mossi dalle parole di papa Francesco a Lampe-dusa; hanno noleggiato una prima nave e messo a dispo-

sizione un equipaggio di medici e paramedici. Ora è una organizzazione umanitaria che si sostiene con donazioni di privati e Croce rossa italiana. Ad oggi ha salvato 27 milapersone, grazie a due navi costantemente in mare.

“Warm up” è stata lanciata in aprile, in sostegno del-l’operazione Sophia, lanciata dalla Marina. Caritas italianasi è impegnata a fornire abbigliamento e calzature da distri-buire immediatamente ai migranti soccorsi che, non di ra-do, rischiano l’ipotermia. Ogni kit di Warm up contiene tute,scarpe, e biancheria intima per donne, uomini e bambini.

MIGRAZIONIKit di indumenti asciutti per le personesalvate in mare dalla missione Moas

PERSONE SENZA DIMORAFestival della gioia e della misericordia con il Papa

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tura, erano già 180 le famiglie registrate. I due market solidali sono solo gli ultimi

di una serie che, in Italia, conta già circa 60 strutture e coinvolge 2 mila volontari e 60 mila beneficiari (dati CsvNet). Suqueste esperienze, e sulle loro potenziali-tà come strumento di lotta alla povertà, si è concentrato il Festival regionale degli Empori soli-dali, svoltosi il 10 settembre a Cervia. L’Emilia Roma-gna è la regione con il più alto numero di empori, pre-senti in quasi tutte le province: promosso tra gli altri dalladelegazione regionale Caritas, il Festival ha analizzato le buo-ne pratiche e presentato la “Carta dei valori del coordinamen-to Empori solidali Emilia-Romagna”. Secondo una ricerca rea-lizzata dalla regione in collaborazione con le Caritasdell’Emilia-Romagna, finora ad accedere agli Empori solidalisono state nel 58% dei casi famiglie straniere e per il 42% famiglie italiane, ma il numero di queste ultime è in aumento.

Intanto, dal 12 settembrechiunque lo desidera, può bussa-re al Porto di Fraternità e ritiraregratuitamente il pane che, termi-nati i servizi quotidiani Caritas(mensa e consegna dei pacchialimentari) risulta ancora inutiliz-zato. Il nuovo servizio intende rispondere ai bisogni di famiglieche non necessitano di frequen-tare la mensa, ma non disprezza-no un aiuto in più per la tavola.

ANDRIAIncidenteferroviariodel 12 luglio,fondo per aiutarevittime e famiglie

La Caritas diocesana di Tra-ni-Barletta-Bisceglie, in se-

guito all’incidente ferroviario veri-ficatosi sulla linea Corato-Andriail 12 luglio, ha deciso di intra-prendere azioni concrete per ma-nifestare la vicinanza alle famigliedelle 23 vittime e dei circa 50 fe-riti. Caritas Italiana ha contribuitocon 50 mila euro alla costituzio-ne di un fondo voluto dalla dioce-si e dalla Caritas pugliesi, che si può incrementare con le offer-te. Con i soldi vengono sostenutele famiglie delle vittime: la prioritàè data a minori e studenti; saran-

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In estate due nuovi Empori della solidarietà sonostati aperti a Vercelli e Rimini. Nel capoluogo pie-

montese, la struttura è nata dalla collaborazione tra co-mune, provincia, regione, Carisver, Osver e Caritas dioce-sana; si calcola che, a regime, se ne serviranno quasi800 famiglie. #EmporioRimini è invece un progetto solida-le gestito e voluto, tra gli altri, dalla Caritas diocesana tra-mite l’Associazione Madonna della Carità, e sviluppato inaccordo con le istituzioni sanitarie e le amministrazioni lo-cali, con il concorso anche di privati; a un mese dall’aper-

mento, incontri di formazione.

REGGIO CALABRIADue “Case”per l’accoglienzaalla stazionee al porto

Ha fatto registrare oltre mil-le accessi, nella prima me-

tà del 2016, la “Casa di Lena”,help center allestito nei pressidella stazione centrale di ReggioCalabria dalla Caritas diocesana,con altri attori sociali, nell’ambitodel progetto Onds – Osservatorionazionale disagio e sulla solida-rietà, realizzato da Fs e Anci. L’help center reggino è uno dei 16 della rete nazionale; comegli altri offre orientamento legalee sanitario, assistenza sociale,indirizzamento a strutture d’acco-glienza e servizi territoriali: nefruiscono le persone in stato dimarginalità e senza dimora chegravitano intorno alla stazione.Nel 2016, da gennaio a giugno,sono state accolte dallo sportello1.032 persone. La Caritas dioce-sana è sempre impegnata anchenell’accoglienza dei migranti in ar-rivo al porto di Reggio Calabria:nelle vicinanze ha allestito “CasaAnawim”, 8 posti letto in un beneconfiscato alle mafie.

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no inoltre integrati i redditi dellefamiglie private di un genitore;saranno promossi anche alcuni“sogni e progetti” che alcune vit-time stavano elaborando.www.caritasandria.com

CATANZAROProgetto di successoper rafforzarefamigliee soggetti sociali

Più di 150 persone coinvol-te. E 150 ore di seminari,

laboratori e training condotti da un’équipe di professionisti del settore (educatori, assistentisociali, psicologi, pedagogisti,counselor). A sei mesi dall’inizio,il progetto “Tessere di comunità”,realizzato con fondi Cei otto permille da Centro calabrese di soli-darietà e Caritas diocesana diCatanzaro-Squillace, fa registrarenumeri incoraggianti. L’iniziativa è nata dal bisogno, espresso damolte famiglie, persone e gruppi,di avere disponibili spazi collettivie professionisti del sociale.Obiettivo generale è promuoveresviluppo di comunità, generare reciprocità, incoraggiare nuoveforme di mutualismo. I servizi offerti sono vari: spazi di ascolto,training formativi e di rilassa -

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VERCELLI E E RIMINIAperti altri due Empori solidali,in Emilia Romagna un festivalpresenta la Carta dei valori

panoramaitalia

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storico di Firenze; il nuovo proto-collo ha l’obiettivo di potenziarela raccolta, trovando altre posta-zioni per nuovi contenitori, pressoassociazioni, enti, scuole e gran-de distribuzione organizzata.

PISACaro libro sospeso,offerte per aiutarechi fatica con le spese scolastiche

Un libro di testo sospeso,da lasciare alle famiglie in

difficoltà con le spese scolasti-che che frequentano i servizi del-la Caritas di Pisa. È il senso dellaproposta “Caro libro… sospeso”,lanciata dall’organismo diocesa-no a librerie e cartolerie ed este-sa anche al materiale didattico.Trattandosi di testi specifici perscuole medie o superiori, non sichiedono donazioni di libri generi-ci, quindi è stato chiesto ai com-mercianti di proporre ai loro clien-ti di fare un’offerta libera, con laquale Caritas acquisterà i volumie materiale didattico (zaini, astuc-ci e cancelleria) nelle librerie ade-renti. La proposta è uno dei tas-selli di “Caro libro”, progetto piùampio, promosso da alcuni annidalla Caritas diocesana per so-stenere le famiglie in difficoltà adaffrontare le spese scolastiche.

LIVORNOCamper in stazioneper i senza dimora,il pane eccedentedistribuito a tutti

La Caritas diocesana di Livorno ha attivato un

nuovo servizio per i cittadini sen-za dimora presenti alla stazionedel capoluogo toscano. Il proget-to è denominato “Binario mobi-le”: in concreto, un camper at-trezzato sosterà da novembre nel piazzale della stazione negliorari notturni. L’unità mobile avràil compito di ascoltare, aiutare e indirizzare alle strutture di acco-glienza le persone senza dimora.

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FIRENZENuovo protocollocon 12 comuni perpotenziare la raccoltadi indumenti usati

Caritas diocesana di Firen-ze, Quadrifoglio spa e 12

comuni hanno sottoscritto unnuovo protocollo d’intesa trienna-le per la raccolta di abiti e acces-sori vari di abbigliamento usati.Quadrifoglio, affidatario del servi-zio di igiene urbana per conto deicomuni sottoscrittori (il capoluo-

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go e altri undici), intende incre-mentare la raccolta differenziata;a questo contribuirà il potenzia-mento del progetto “Ri-vesti”, i cui proventi, tramite la Caritasdiocesana, finanziano progetti di solidarietà sociale. Nel 2015la quantità di abiti raccolti da coo-perative sociali e avviati a riuso o riciclo è stata di 1.588 tonnella-te attraverso oltre 400 cassonettigialli e il servizio domiciliare suappuntamento. L’unica area citta-dina dove i cassonetti sono pre-senti in numero ridotto è il centro

Il 19 dicembre 2013, alla presenza di vescovo, direttore della Caritas diocesana, operatori e tanti fedeli e cittadini, si tagliava a Monopoli (Bari), dopo un lungo periododi lavoro e progettazione, il nastro del centro socio-educativo “Il piccolo David”.L’obiettivo dell’iniziativa della Caritas diocesana, resa possibile da un finanziamentootto per mille, è stato sin dal principio offrire un luogo dal clima sereno e familiare a bambini e ragazzi, coinvolgendoli in attività ricreative extrascolastiche, guidate da un’équipe formata da figure professionali competenti, integrata da volontari e da quattro giovani in Servizio civile nazionale.

“Il piccolo David” è la risposta della chiesa locale alle difficoltà rilevate grazie a un’attenta analisi del territorio e dei bisogni educativi manifestati da diverse fami-glie con difficoltà socio-economiche. In tre anni il centro socio-educativo si è rivelatouna solida e vivace opera-segno, arrivata ad ospitare oggi circa 45 minori, che fre-quentano le scuole elementari e medie, i quali frequentano, suddivisi in due turni pomeridiani, il recupero scolastico. A questa attività si affiancano i laboratori settima-nali, dalla cucina all’espressione artistico-creativa, sino ai laboratori di movimento.Durante la stagione estiva, il progetto prevede poi l’organizzazione di una colonia estiva, che coinvolge tanti bambini e ragazzi.

La loro seconda casaIl centro socio educativo “Il piccolo David” da due anni ha all’attivo anche una colla-borazione con i servizi sociali del comune di Monopoli, che segnalano minori in situa-zioni di disagio socio-economico, dando loro la possibilità di partecipare gratuitamen-te alle attività svolte dal centro. Sempre con i servizi sociali comunali, il centrosocio-educativo ha collaborato questa estate alla promozione di una colonia aperta a 200 minori. Gli ospiti del “Piccolo David” vengono coinvolti anche in gite fuori porta.

L’obiettivo della Caritas diocesana è operare per dare continuità al servizio, al fine di offrire al territorio un qualificato servizio educa-tivo dai rilevanti risvolti sociali. E in modo da continuaread aiutare centinaia di bambini e ragazzi, che ormai con-siderano il centro socio-educativo diocesano la loro se-conda casa. Come ha detto Matteo, «voi per noi sieteuna vera e propria famiglia!».

Sostegno scolastico, laboratori, colonia:“Il piccolo David”, una seconda casa

8di Francesca Rogondinoottopermille/Monopoli-Conversano

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FIORI NEL FANGONunu Aung, figlia del popolo kachin,minoranza repressain Myanmar (Birmania),nel campo profughi di Nawng Pong

da chi?

Nel mondo globalizzato,le minoranze continuano a essere

marginalizzate e minacciate. Caritasdedica alla sorte di tanti popoli,

soprattutto in Asia, un dossier online con analisi, dati e testimonianze

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Diversa

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nostre coste meridionali. Fuggono daun paese segnato da forti contrasti, in-giustizie e sperequazioni; un paesedove un’élite di ricchi cleptomani de-tiene vere e proprie fortune, mentredue terzi della popolazione vive sottola soglia di povertà.

Come posso liberarmi?Le vittime di tratta nigeriane sonodonne molto giovani, spesso con unbassissimo livello di istruzione, e pro-vengono da famiglie estremamentepovere. Partono con la promessa di unlavoro semplice – parrucchiera, don-na delle pulizie, baby sitter o commes-sa – e si ritrovano nella mani di traffi-canti senza scrupoli che, una volta ar-rivate a destinazione, chiedono loro dirimborsare un “debito” di 60-80 mila

euro. Costringendole a prostituirsi.«Quando mi hanno chiesto di dare

loro 65 mila euro – racconta Blessing– è stato come se il mondo intero micadesse addosso. Ho pensato imme-diatamente: “Come posso liberarmi?Chi può liberarmi?”. Mi sono sentitacosì male!». Blessing è stata ingannatada una vicina di casa, una donna chefrequentava la stessa chiesa penteco-stale, una persona molto devota, chepregava sempre e la stimava molto.Ma che non si è fatta nessuno scrupo-lo a consegnarla ai trafficanti.

«Il trafficante racconta storie belle eincredibili su quello che succede in Eu-ropa o in altre parti del mondo – con-ferma Joseph Famakin, comandanteper la zona di Lagos della Nationalagency for prohibition of traffic in per-

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PRIMO, NON LASCIARLE SOLEMercy nella sua sartoria, aperta dopo il rientrodall’Italia. Sopra, una sede di Naptip, agenziagovernativa anti-tratta. Sotto, una delle chiesefrequentate dalle ragazze aderenti al progetto

Storie di povertà estrema, di famigliedisgregate, di padri assenti, di mancanzadi prospettive. L’unica via d’uscita

è costituita dall’altrove, da una Europa che non sanno neppure bene dov’è e cos’è...

sons (Naptip), l’agenzia governativache lotta contro il traffico interno edesterno di esseri umani –. Molte fami-glie credono a quelle storie; credonoche le aiuteranno a uscire dalla pover-tà, facendo andare le loro figlie all’este-ro. Ma nei fatti, i trafficanti cercheran-no di usare quelle donne, di usare le lo-ro bambine, come macchine da soldi».

È quello che raccontano molte ra-gazze. Storie di povertà estrema, di fa-miglie disgregate, di padri assenti, dimancanza di prospettive. L’unica viad’uscita è rappresentata dall’altrove,da un’Europa che non sanno neppurebene dov’è e cos’è: ma è sinonimo disoldi, di vita migliore, di benessereper sé e le proprie famiglie. Un sognoda realizzare a qualsiasi costo.

«Pensavo di andare in un altro pae-se per vivere meglio, non per soffriredi più! – racconta oggi Joy che, comemolte altre, ha fatto un viaggio duris-simo e drammatico, attraversando Sa-hara e Mediterraneo –. Poi mi sono ri-trovata in Italia senza documenti, la-voro, cibo, vestiti… Dormivo ogni serada una strada all’altra. Non ne potevopiù. Per questo ho deciso di tornare acasa, nel mio paese». Ora Joy, grazie alprogetto di Slaves no More, ha apertoun negozio di generi alimentari. E stapensando di riprendere gli studi. È piùfiduciosa nel futuro e pensa di potersirealizzare rimanendo in Nigeria.

Economia precariaAnche Mercy è molto soddisfatta. Do-po un’esperienza traumatica in Italia,è tornata in Nigeria, dove è stata aiuta-ta ad aprire un negozio di sartoria. Chefunziona molto bene. Al punto cheMercy fa lavorare con lei altre quattroragazze più il fratello: «Sin da quandoero piccola – dice – mi piaceva tutto ciòche aveva a che fare con la moda. An-che prima che partissi avevo provato alavorare, ma non pensavo di poterciriuscire qui. Per questo me ne ero an-data. Ma è stato uno sbaglio. Ora sentodi potermi realizzare anche nel miopaese. Sento che questo mestiere èparte di me: disegnare vestiti di ognistile, per uomo, donna, bambini… Mipiace davvero molto. E ho parecchiclienti. Ora posso insegnare questo la-voro anche ad altri. Ci sono quattro ra-gazze che faccio lavorare con me. Inse-gno loro a cucire e tutto quello che so».

Rita, invece, ha aperto un negozio

testi e foto di Anna Pozzi

Tornareèricominciare

uando tornano e organizza-zioni come Slaves no More ciinformano, noi andiamo al-l’aeroporto di Lagos e le in-contriamo lì. In quel momen-to cominciano l’accoglienza e

la protezione. Quando le portiamo nelnostro shelter, a Lagos, organizziamouna festa che chiamiamo No place likehome, “Nessun posto è come casa”.Perché vorremmo che ritrovassero sinda subito il senso di appartenenza aquesto paese, che è il loro paese».

Suor Patricia Ebegbulem è coordi-natrice dell’African network againsthuman trafficking e responsabile dellacasa di accoglienza di Lagos, che ospi-ta ragazze nigeriane vittime di tratta eprostituite, che vengono rimpatriatevolontariamente. Insieme a suor Bi-biana Emenaha, coordinatrice delCommittee for the support of the digni-ty of women (Cosudow) di Benin City,ha rappresentato l’indispensabilepunto di riferimento locale del proget-to “Tornare per ricominciare”: proget-

“Nessun posto è comecasa”. Le accolgonocosì, quando tornanoin Nigeria. Joy, Mercy,Rita: giovani donnevittime di tratta,protagoniste di un progetto di reinserimento che sta dando buonifrutti. Schiave nel nostro paese,provano a costruirsi un futuro nel loro

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internazionale nigeria

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to di rimpatri assistiti e reinserimentosocio-lavorativo, realizzato dall’asso-ciazione Slaves no More, con il suppor-to di Caritas italiana e il finanziamentodella Conferenza episcopale italiana.

«Dopo tanti anni in cui abbiamoaccolto e accompagnato giovani vitti-me di tratta nelle nostre case di acco-glienza in Italia, ci siamo dette che eravenuto il momento di provare a spe-rimentare rimpatri che permettesserodi tornare a casa in libertà e dignità».A parlare è suor Eugenia Bonetti, permolti anni coordinatrice dell’ufficio“Tratta donne e minori” dell’Usmi,oggi presidente di Slaves no More. InItalia, la rete delle case di accoglienzagestite da religiose ha accompagnatoin percorsi di formazione e integrazio-ne migliaia di giovani donne, vittimedi una delle peggiori schiavitù del no-stro secolo, ed è riuscita a ottenere do-cumenti per circa seimila di loro. Mamoltissime altre, soprattutto nigeria-ne, hanno continuato ad arrivare inItalia. E continuano a sbarcare sulle

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L’associazione Slaves no More onlus ha avviato nel giugno 2013 un pro-getto-pilota di rimpatri assistiti con reinserimento socio-lavorativo per don-ne nigeriane vittime di tratta. Il progetto è stato implementato in collabo-razione con Caritas Italiana e finanziato dalla Conferenza episcopaleitaliana (Cei) con i sussidi dell’otto per mille. In questi tre anni, sono staterimpatriate 21 donne e 9 bambini, prevalentemente a Lagos e Benin City.

Il progetto consiste nel fornire la possibilità di ritorno in patria a donnenigeriane trafficate in Italia e costrette a prostituirsi. Tutte, tranne una,hanno espresso il desiderio di rientrare in modo volontario nel loro paesed’origine. Una sola, nonostante fossero state avviate le procedure per il riconoscimento della sua condizione di vittima di tratta, è stata deporta-ta dal Cie di Ponte Galeria. Qui aveva conosciuto le suore che vi si recanoogni sabato e aveva chiesto aiuto. E invece che in una casa di accoglienzain Italia, è stata seguita in Nigeria.

Il progetto – che include il viaggio, un aiuto formativo, logistico e finan-ziario per l’avvio di un’attività lavorativa – assicura che il percorso di ritornosia realizzato nel rispetto della dignità della persona e della sua sicurezza.Ciascuna parte con un progetto personalizzato di reinserimento socio-lavo-rativo, concordato sulla base delle sue competenze, capacità e aspettative.

Una volta in Nigeria, le donne vengono seguite per un minimo di dueanni dalle religiose del Committee for the Support of Dignity of Women(Cosudow), espressione della Conferenza nazionale delle religiose nigeria-ne, negli shelter di Lagos e Benin City, sino alla completa autonomia.

IL PROGETTOSlaves no More: 30rimpatri, 30 progetti

l fenomeno della tratta è un fe-nomeno globale, una piaga checolpisce i cinque continenti.Non risparmia nessuno: donne,bambini, lavoratori, i quali ven-

gono sistematicamente sfruttati nellefabbriche, nelle campagne, sulle im-barcazioni che solcano i mari del pia-neta. È un quadro a dir poco sconfor-tante, quello emerso durante la confe-renza tenutasi in Nigeria dal 5 al 7settembre. Diverse Caritas (nazionali eregionali) e altre organizzazioni, prove-nienti da oltre 40 paesi, si sono riunitead Abuja, capitale del paese africano,su iniziativa di Caritas Internationalise del Pontificio Consiglio per la pasto-rale dei migranti e itineranti, al fine diconfrontarsi sui mille volti del traffic-king e per ribadire il proprio impegnonell’assistenza e per la tutela delle vit-time. Dopo il richiamo rivolto nel 2014da papa Francesco e da altri leader re-

ligiosi a sradicare, entro il 2020, la mo-derna schiavitù del traffico d’uomini edonne, le Caritas di mezzo mondo e al-cune associazioni di altre confessionireligiose si sono riunite per riaffermarel’importanza di collaborare e portareavanti un’azione comune.

L’obiettivo enunciato nella confe-renza di Abuja è rafforzare la collabo-

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“Trafficking”, schiavitù odierna:da Abuja una mobilitazione globaleDecine di organismi, convocati da Caritas e Vaticano, si sono incontratinella capitale nigeriana, per coordinarsi contro il traffico di esseri umanidi Oliviero Forti

razione tra le tante organizzazioni im-pegnate a contrastare il fenomeno, evi-tando inutili duplicazioni nelle attivitàa sostegno delle vittime. Perché questoaccada, c’è bisogno anche e soprattut-to di uno sforzo maggiore da parte del-le istituzioni che, non di rado, risultanoconniventi con un sistema di sfrutta-mento che in taluni contesti appare in-

sopportabile. Non a ca-so, la scelta del luogo do-ve tenere la conferenzainternazionale, è cadutasulla Nigeria...

DisgrazianazionaleLa Nigeria è infatti ilpaese più popolosod’Africa, con oltre 160milioni di abitanti, riccodi risorse ma con untasso di povertà allar-

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NOMEN, WOMENChioma ha aperto un piccolo negozio da parrucchiera. Sotto, Oriakih Onomen:lavora per Caritas a Benin City. A destra,Joy con una delle suore del progetto

di parrucchiera, così come Chioma.Non è facile per nessuna di loro. L’at-tuale situazione socio-economica del-la Nigeria, con la riduzione del prezzodel petrolio – unica risorsa su cui sifonda il budget del paese – è critica. Loconferma anche uno sguardo super-ficiale. Niente funzione come dovreb-be. In una grande città come Lagos,capitale economica del paese, la cor-rente elettrica è tremendamente di-scontinua. Chi può, rimedia con i ge-neratori. Altrimenti si fermano tutte leattività. Molte strade sono in condi-zioni penose. I sistemi della sanità edell’educazione sono disastrosi. Il la-voro “formale” è un’utopia per molti,anche per coloro che hanno studiatoe spesso non trovano un impiego ade-guato alla loro preparazione. Tuttofunziona su raccomandazione. E tuttoè condizionato da un livello altissimoe omnipervasivo di corruzione.

La vita di gran parte della popola-zione nigeriana (180 milioni di abi-tanti) è strutturata attorno a un’eco-nomia informale assai precaria, che siregge spesso sul lavoro della donne.Molte di loro sono spesso sole, maga-ri con figli a carico o con uomini irre-sponsabili, che invece di sostenere lafamiglia cercano di approfittarsi dellavoro delle partner. Eppure, in unpanorama per molti versi a tinte fo-sche, i nigeriani riescono a mostraregrande dinamismo, spirito di iniziati-va e di inventiva. E una capacità stra-ordinaria di sdrammatizzare anche lesituazioni più difficili con un pizzicodi ironia e l’immancabile sorriso.

Continuano a darsi da fare«Penso che ci sia ancora speranza,per chi è emigrato illegalmente in Eu-ropa, di tornare a casa e trovare op-portunità qui – conferma OriakihOnomen, rappresentante dell’ufficiodi Benin City di Caritas Nigeria, cheopera contro il traffico di esseri uma-ni –. Nonostante la situazione diffici-

internazionale nigeria

le, la gente qui continua a darsi da fa-re e a vivere. Noi cerchiamo di faremolta prevenzione sia in città, sia nel-le zone rurali, per mettere in guardiale famiglie dalle lusinghe dei traffi-canti, che fanno promesse che poi sitraducono in schiavitù e sfruttamen-to. E cerchiamo anche di dire a chi èpartito che è possibile tornare».

“Tornare per ricominciare”, appun-

Eppure, in un panorama per molti versi a tinte fosche, i nigeriani riescono a mostraregrande dinamismo, spirito di iniziativa

e di inventiva. E una capacità straordinariadi sdrammatizzare, con un pizzico d’ironia

to, come dice il progetto di Slaves noMore: non solo un aiuto concreto alledonne rimpatriate, ma anche un mes-saggio forte. Per dire che il viaggio ver-so l’Europa non è necessariamente asenso unico. E che si può tornare a ca-sa in modo soddisfacente e dignitoso.

Lo conferma anche suor BibianaN. Emenaha, coordinatrice di Cosu-dow e responsabile dello shelter (rifu-gio) di Benin City, che ha accolto e se-guito nei progetti di formazione ereintegrazione la maggior parte delledonne rimpatriate: «Moltissime ra-gazze che vengono trafficate in Italiae in altri paesi europei vengono daBenin City, Edo State. Ecco perché loshelter è stato costruito qui, dieci annifa, con il supporto della Conferenzaepiscopale italiana. Ed ecco perchécontinuiamo ad accogliere le donneche tornano volontariamente o, in al-cuni casi, che sono state deportate, ea implementare progetti di reinseri-mento nella società nigeriana, cer-cando di coinvolgere il più possibileanche le famiglie. La cosa più impor-tante è che queste donne ritrovino laloro dignità. Una volta riacquistate fi-ducia in se stesse e dignità, possonofare qualsiasi cosa desiderano».

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a effettuare un maggiore investimentosull’educazione e sull’informazione al-le famiglie circa i pericoli del traffico diesseri umani. I rischi legati alla migra-zione interna e internazionale richie-dono infatti un’azione di accompagna-mento costante e la fornitura di stru-menti, necessari a proteggersi dallosfruttamento e dalla schiavitù. Pur-troppo, i membri delle famiglie coin-volte, spesso involontariamente, fannoil gioco dei trafficanti, seguendo con-suetudini o schemi culturali, come ilmatrimonio precoce e le pratiche reli-giose tradizionali, che costituisconol’anticamera del trafficking.

Anche il coinvolgimento dei leaderreligiosi e di altre figure chiave nelle co-munità è un’attività strategica, da im-plementare nell’immediato. Un’ade-guata formazione di queste figure puòessere punto di partenza per educare ifedeli a proteggersi contro le dinami-che che inducono a mettersi nelle ma-ni di sfruttatori e trafficanti.

Ad Abuja, dunque, dai tanti parteci-panti al convegno, s’è alzata un’unicavoce: «One human family, no humantrafficking». Un impegno di civiltà, chenon ammette defezioni.

traffico durante le situazioni di crisi, iltraffico nel settore marittimo, il trafficoper il lavoro e lo sfruttamento sessuale.Durante la conferenza, il presidente diCaritas Internationalis, cardinale LuisTagle, ha affermato senza mezzi termi-ni che stiamo assistendo, inermi, a verie propri «crimini contro l’umanità».

Gli strumenti per ridurre in manierasignificativa molte forme di tratta d’al-tronde non mancano. A partire dall’im-plementazione dei canali legali e sicuridi migrazione, sia per i rifugiati che percoloro che giungono nei paesi ricchiper cercare un lavoro. Solo attraversoquesti canali è possibile, infatti, sottrar-re ai trafficanti tanta“merce” da sfruttare oaddirittura da rivenderenei mercati di uomini.

Per questo motivo ipartecipanti alla confe-renza hanno invitato igoverni, anche attraver-so un documento con-giunto, a sviluppare po-litiche di migrazione e diintegrazione umane esostenibili e a ratificare ead attuare strumenti

normativi quali la Convenzione delleNazioni Unite contro la criminalità or-ganizzata e il relativo Protocollo di Pa-lermo, la Convenzione internazionalesulla protezione dei diritti di tutti i la-voratori migranti e dei membri delleloro famiglie, la Convenzione delle Na-zioni Unite sui i diritti del fanciullo, laConvenzione Oil concernente il lavorodignitoso per i lavoratori domestici, ilprotocollo Oil sul lavoro forzato e laConvenzione Oil concernente il lavoronel settore della pesca.

Investire sull’educazioneI partecipanti si sono anche impegnati

In Italia sarebbero dalle 30 alle 50 mila le donne,con una forte prevalenza di nigeriane (circa la metà), ridotte a schiave per la prostituzione coatta. Secondo l’Organizzazione internazionaledelle migrazioni (Oim), negli ultimi anni il numerodi sbarchi di donne nigeriane sulle coste italiane è cresciuto esponenzialmente. Solo nel 2015 ne sono state registrate 5.400. Tutte vittime di trat-ta e in gran parte costrette a prostituirsi un po’ovunque, in Italia, anche se i centri di riferimentorestano Torino e Castel Volturno, nel casertano.

«Queste donne – sostiene Federico Soda, capo missione dell’Oim in Italia – già durante il viaggio si ritrovano in una condizione di semi-schiavitù. Vengono spesso violentate e sono ob-bligate a prostituirsi. Sono costrette di frequentea lavorare in bordelli in Libia e poi inviate in Ita-lia dai loro aguzzini. Molte di loro, prima di parti-re, devono sottoporsi a una cerimonia voodoo.Purtroppo, a causa di questa manipolazione psi-cologica, diventa a volte complicato far capireloro come sia possibile liberarsi da questo debi-to e dagli sfruttatori, anche denunciandoli».

IL FENOMENOSlaves no More: 30 rimpatri,altrettanti progetti

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internazionale nigeria

La causa principale del paradosso per cui,in Nigeria, aumenta l’area della povertàmentre, grazie alla produzione di petrolio,

si produce una maggiore ricchezza, risiedenella corruzione della classe dirigente

Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo diJos, ha lanciato, durante il convegno diAbuja, un appello al governo nigeriano«perché consideri il problema del traf-fico delle persone come una disgrazianazionale e prenda misure urgenti edurevoli per affrontare le cause alla ra-dice». Tutto ciò, specialmente alla lucedel fatto che recenti rapporti afferma-no che «l’80% delle ragazze nigerianeche arrivano in Italia, lo fanno per mo-tivi di traffico sessuale».

Canali legali di migrazioneLa Nigeria è solo una parte del gigan-tesco business della tratta di esseriumani. Come testimoniato dai parte-cipanti al convegno, provenienti ancheda Sud America, Europa, Asia e StatiUniti, la tratta e il grave sfruttamentosono fenomeni diffusi che possono es-sere combattuti efficacemente solo in-tervenendo sulle cause, come ha sot-tolineato anche il cardinale John Ona-iyekan, arcivescovo di Abuja. Quindi,solo restituendo a interi paesi e territoripace, futuro e dignità sarà possibilescoraggiare, se non addirittura elimi-nare, la schiavitù moderna nelle suemolteplici forme: il traffico di minori, il

mante. In un rapporto pubblicato dal-l’Ocse in occasione del 50° anniversa-rio dell’Unione africana, la Nigeriaemergeva come il futuro gigante eco-nomico del continente, affetto peròda gravi problemi di stabilità politicae povertà interna. La prospettiva dicrescita dell’economia nigeriana erastimata, nel 2013, più del doppio ri-spetto a quella del Sud Africa. Il Pil èaumentato in media del 7% negli ulti-mi dieci anni. La produzione di petro-lio rimane il settore economico piùforte: la Nigeria è il primo produttorein Africa. Ma i progressi economicinon si fanno ancora sentire su vastaparte della popolazione. La disoccu-pazione è in crescita (ha raggiunto il24%) e il tasso di povertà lo è altrettan-to: nel 2010 il 60% dei nigeriani vivevacon meno di un dollaro al giorno, unanno dopo era salito al 61%.

La causa principale del paradossoper cui aumenta l’area della povertàmentre si produce più ricchezza, risie-de nella corruzione della classe diri-gente: le infrastrutture (risorse idriche,rete fognaria e strade) restano quelle diuno stato del terzo mondo e il livellocomplessivo dell’istruzione è “moltodeficitario”, benché il livello di alfabe-tizzazione dei giovani tra i 15 e i 24 annisia salito dal 64% del 2000 al 72% nel2010. Nel rapporto Ocse si legge inoltreche i leggeri benché progressivi miglio-ramenti economici e sociali sono mes-si a rischio «dal deterioramento dellecondizioni di sicurezza» dovuto agli at-tentati di Boko Haram, gruppo terrori-stico di matrice islamica che dal 2009ha ucciso migliaia persone.

È in questo contesto di povertàeconomica e sociale che attecchiscela tratta, frutto di scelte dettate dal-l’esigenza di fuggire da tanta depriva-zione materiale. Migliaia di nigerianiogni anno decidono di affrontare i co-siddetti “viaggi della speranza”, attra-verso il deserto del Sahara e il Medi-terraneo, pur di assicurarsi un futuro

migliore. Molti di loro, però, incappa-no nelle maglie dei trafficanti, chenon solo si fanno pagare per un viag-gio lungo e pericoloso, ma continua-no a “utilizzare” queste persone neipaesi di transito e destinazione, co-stringendole a lavorare per salari mi-seri, inducendole alla prostituzione oespiantando loro gli organi, per untraffico che vede l’Europa tra le prin-cipali aree di destinazione.

Il presidente della Conferenza epi-scopale della Nigeria, monsignor

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RETE DI SALVATAGGIOI partecipanti alla conferenza svoltasi ad Abuja all’inizio di settembre: delegatiCaritas e di altre organizzazioni da oltre40 paesi, per coordinare analisi e azionicontro il traffico di esseri umani.Pagina a fianco, slum invivibili alla periferia di Lagos, metropoli nigeriana, centro di un’economia formalmente in ascesafino ad ambire al primato in Africa, ma che continua a lasciare nella povertàestrema decine di milioni di individui

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La capitale cubana torna a essere al centrodell’attenzione del mondo intero. Ma lasituazione del popolo resta difficile. Delle

riforme hanno sinora beneficiato anzituttoi cubani che possono viaggiare all’estero

Nonostante tutto ciò,nel dicembre 2015 il pre-sidente Raul Castro haannunciato che la cre-scita economica scende-rà al 2% nel 2016. Leoscillazioni confermanoche, nel bel mezzo delcammino di riformeeconomiche intrapreseda almeno cinque anni,Cuba non ha ancora rag-giunto livello di svilupposignificativi e stabili. Ecosì l’economia delle fa-miglie non ha ancorapotuto registrare effettipositivi, sia a causa delladualità monetaria, sia acausa dei prezzi (sia purdiminuiti) degli articolidi prima necessità, checontinuano a essere ac-quistati in punti di ven-dita con la moneta de-nominata Cuc (Pesoscubano convertibles),equivalente al dollaroUsa (1 Cuc = 25 Pesoscubani).

I privati e le cooperativeDei tempi nuovi e delle

riforme hanno insomma sinora be-neficiato soprattutto i cubani cheviaggiano all’estero, i quali, ritornan-do nell’isola, possono soddisfare leproprie necessità o fare investimentiper sviluppare attività commercialiprivate chiamate cuentapropistas.Questo nuovo settore ha avuto noto-rietà nei titoli della stampa interna-zionale, dopo l’annuncio del ristabi-limento delle relazioni diplomatichetra Stati Uniti e Cuba.

I segmenti più rappresentativi diquesto settore privato sono la lavora-zione e la vendita degli alimenti, cheoccupa 57 mila lavoratori (l’11% deltotale dei lavoratori privati); il tra-sporto di merci e di passeggeri, conun numero di occupati superiore ai50 mila (il 10%); l’affitto di case, stan-ze e spazi (28 mila occupati, il 6%); leagenzie di telecomunicazioni (24mi-la, 5%). Di 117 mila lavoratori con-trattualizzati, il 23% rientra nelle pri-me due categorie; mentre, riguardoalla composizione, il 31% dei lavora-

Uniti mantengono contro l’isola carai-bica, la cui eliminazione non dipende-rà dal presidente Obama (in quantoprerogativa esclusiva del Congressostatunitense, diviso al riguardo e pros-simo a nuove elezioni), crea ancora no-tevoli difficoltà all’economia dell’isola.

La situazione del popolo cubanoresta pertanto difficile. Secondo fontidel governo, a fine 2015 l’economiadel paese registrava una crescita del4% (superiore dell’1% rispetto al 2014e alla media del 2,4% nel periodo2009-2014). Tra i fattori che più han-no inciso, figurano un’accorta politicafinanziaria estera e uno scenario in-ternazionale più favorevole, a partiredall’impatto diretto e indiretto del-l’annuncio dei presidenti Obama eCastro. D’altro canto, già si era con-

cretizzato un impulso nel processo dirinegoziazione e restituzione del de-bito estero di Cuba, che arrivava allacifra di circa 5 miliardi 661 milioni didollari nel 2015 (attorno al 5% del Pil),attraverso un accordo con il Club diParigi, finalizzato alla sanatoria del70% dei debiti e alla concessione difacilitazioni per liquidare il resto in 18anni; tutto ciò ha elevato la fiducia fi-nanziaria nel paese e nella sua capa-cità di ottenere nuovi crediti.

Altra conseguenza visibile del nuo-vo scenario di relazioni con gli StatiUniti è costituita dall’aumento delnumero dei turisti che hanno visitatoCuba nel 2015: più di 3,5 milioni di ar-rivi (per una crescita vicina al 18%),per un “fatturato” di 3 miliardi di dol-lari (14,2% in più rispetto al 2014).

PAESE IN FERMENTOUn tratto del Malecón, celebre lungomare dell’Avana. Sopra e sotto, istantanee daiprogetti educativi e sociali sviluppati a Cuba dall’associazione Semi di pace. A sinistra,il presidente Raul Castro accoglie papa Francesco, in occasione della visita di febbraio

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di Mauro Strozzi

L’isolasbloccata

l 17 dicembre 2014 i presidentiBarack Obama e Raul Castroannunciano il ristabilimentodelle relazioni diplomatiche traStati Uniti e Cuba. La notizia fa

velocemente il giro del mondo, po-nendo fine all’ultimo retaggio dellaguerra fredda.

I negoziati tra i governi degli StatiUniti e di Cuba, nei quali ha svolto unruolo chiave Papa Francesco, portanoall’apertura delle ambasciate all’Ava-na e a Washington. Come precisatoda entrambi i presidenti, non tutte ledifficoltà e le criticità sono state risol-te. Rimane in sospeso un ampio dos-sier, accumulato in lunghi anni ditensione. Però un passo nuovo è statocompiuto. I due paesi si sono sedutiper la prima volta per dialogare con lerispettive bandiere issate: la cubananell’elegante ambasciata di Cuba aWashington; quella degli Stati Unitiall’Avana, alla presenza del Segretariodi stato, John Kerry.

La capitale cubana, così, torna a

Cuba ristabilisce le relazioni con gli Stati Uniti. Esce dall’isolamento,ma il blocco economico(per ora) resta. E con esso i freni allo sviluppo del paese.Delle riformebeneficiano i pochiche viaggianoall’estero. Gli effetti sul salario mediorestano impercettibili…

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internazionale cuba

essere al centro dell’attenzione delmondo intero. Presidenti, politici,imprenditori, personalità iniziano avisitare L’Avana, per conoscere i cam-biamenti in atto e le opportunità eco-nomiche dell’isola bloqueada, perrealizzare investimenti o scoprirel’incanto della mitica Cuba.

Quali risultati hanno prodotto que-ste nuove relazioni? Impossibile dirlo,perché non poche divergenze per-mangono: divari economici, difformi-tà nel modo di concepire la democra-zia e, in sostanza, le differenze inevi-tabili tra paesi che per più di 50 annisono stati distanti politicamente, an-che se separati solo da 90 miglia dimare (senza contare i cubani, circa unmilione, che vivono negli Stati Uniti,principalmente in Florida e a Miami).

Meno debiti, più turistiIl popolo cubano guarda, attonito, aquello che fino a poco tempo primaera sembrato impossibile. L’embargofinanziario e commerciale che gli Stati

ma chi se negiova?

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MALNUTRITI SI MUORE,EPPURE RESTIAMO INERTI

mento, aggravato da infezioni multi-ple, oltre che a compromettere il po-tenziale di crescita del bambino.

Cibi terapeutici pronti all’usoDa diversi anni, ormai, la soluzionedel problema è affidata a cibi tera-peutici pronti all’uso, che permetto-no, se somministrati per almeno tresettimane, di riportare il bambino aun peso normale. I vantaggi di tali ci-bi sono molteplici: sono piacevoli algusto, non richiedono di essere mi-scelati con acqua (che potrebbe esse-re contaminata), possono esseremangiati direttamente dai bambini,si conservano a lungo fuori dal frigo-rifero anche in climi tropicali (4-5mesi), sono molto economici e pos-sono essere prodotti in qualsiasi pae-se, limitando il bisogno di importarli.Ad oggi, vengono prodotti in moltipaesi, tra i quali Congo, Etiopia, Ma-lawi e Niger, e non richiedono neces-sariamente impianti industriali, mapossono essere preparati anche a li-vello di villaggio, purché se ne rispet-tino le regole di produzione, da nondare però per scontate. Il problema

maggiore resta in ogni caso la possibilità di raggiungerearee segnate da guerra o violenza, dove anche la prote-zione degli operatori umanitari non è garantita.

Sicché si continua a morire, a ogni latitudine e longi-tudine. A peggiorare lo scenario ordinario – fatto di sot-tosviluppo causato da accordi commerciali ingiusti, po-vertà endemiche, forme più o meno palesi di neocolo-nialismo –, vi è il continuo crescere del numero deiconflitti armati. Non si pone un freno al proliferare delcommercio delle armi, diretto anche verso paesi e gover-ni che sono impegnati direttamente in operazioni militariil cui impatto sulla popolazione civile è evidente. Anchesu questo fronte la comunità internazionale si rivela pas-siva e farisaica.

Tra i pochi che non cessano di denunciare tutte questeforme di incoerenza c’è papa Francesco. Occorre unirealla sua altre voci. E passare ai fatti.

uanto accade in Siria e in molti altri contesti in cui dilaganoguerra, fuga e fame, non può essere considerato inevitabiledalla comunità internazionale, che però appare inerte e bloc-cata. L’inefficacia delle politiche sin qui praticate è sotto gli oc-

chi di tutti, frutto della loro incoerenza complessiva e degli interessinazionalistici che prevalgono sul bene comune. Così le guerre nonvengono risolte e la fame e la malnutrizione non vengono debellate.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la malnutrizioneè causa di almeno un terzo delle morti di bambini al di sotto dei 5 anni,anche se raramente viene indicata come tale. Infatti, il meccanismodella morte per malnutrizione consi-ste anzitutto in un gravissimo inde-bolimento del sistema immunitario,che provoca un aumento esponen-ziale della mortalità per malattie an-che leggere e di scarsissimo impattosulle persone ben nutrite. In sostan-za, un corpo affamato può essere uc-ciso da un’influenza, da un’infezioneintestinale o da una bronchite che, inaltre condizioni, avrebbe superatosenza difficoltà.

La causa della malnutrizione in-fantile può dipendere da vari fattori,che vanno al di là della quantità di ci-bo disponibile: le esigenze alimentari di un bambino aldi sotto dei 5 anni sono diverse da quelle di un adulto. In-nanzitutto, almeno fino al sesto mese, il bambino ha bi-sogno di allattamento al seno: il suo organismo non è an-cora in grado di produrre anticorpi, e l’unico modo diprocurarseli è assumerli attraverso il latte materno, inmodo di avere una copertura immunitaria sufficiente afargli superare le malattie più comuni. In mancanza dilatte materno, occorre comunque somministrare prodot-ti a base di latte e ad alto contenuto calorico.

Dopo i sei mesi, e fino ai 5 anni, sono fondamentali leproteine. Dai 200 ai 500 grammi di latte o derivati, e poivitamine A, B e C, calcio, ferro, zinco e grassi. Importantianche i vegetali freschi. È evidente che in una situazionedi crisi alimentare, spesso legata a situazioni di violenzaarmata, la disponibilità o l’accesso a questi cibi sono for-temente ostacolati e questo porta a un rapido deperi-

Secondo l’Oms, le carenzedell’alimentazione

sono all’origine di almeno un terzo delle morti infantili,

anche se dallestatistiche non appare.Non è solo un problemadi quantità di cibo. Mapoco si fa per spegnereconflitti, che affamano

intere popolazioni

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cibodiguerradi Paolo Beccegato

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Q

tori privati sono giovani e il 30% don-ne. In totale, alla fine del 2015 più di1 milione 400 mila persone avevanooccupazione nel settore non statale.

Oltre ai lavoratori privati o auto-nomi, in questa cifra sono inclusi an-che tutti coloro che lavorano nellecooperative agricole o di recente co-stituzione nei campi dell’edilizia,dell’industria e del trasporto. Il setto-re privato avrebbe dunque assorbito,alla fine del 2015, il 29% dei 4.860.500occupati cubani. E nel 2016 si registrauna leggera crescita rispetto al 2015,anno in cui si era registrata una mi-nima decrescita, in confronto agli an-ni precedenti.

Prezzi ancora elevatiIn questo scenario di trasformazionedella politica e dell’economia, Cubaha riservato nel 2015, secondo la mi-nistra delle finanze e dei prezzi, LinaPedraza, il 54% delle risorse economi-che nazionali ai settori della sanità edell’istruzione. Le risorse economi-che approvate per la sicurezza socialehanno permesso a 675.225 pensiona-ti di beneficiare di un aumento dellapensione media: Cuba ha 2.158.703abitanti con 60 anni o più (il 19,2%della popolazione, elemento da nonsottovalutare, guardando al futuro delpaese e alla prevedibile diminuzionedella manodopera nei settori agricoloe professionale) e il numero di anzia-ni continuerà a crescere in modo ac-celerato, tenendo conto che la spe-ranza di vita è di 78,45 anni. Invece iltasso di mortalità infantile è solamen-te del 4,3 per 1000 (il più basso delleAmeriche), e ciò colloca l’isola tra leprime 20 nazioni al mondo.

Nonostante gli importanti (e dasempre vantati) risultati ottenuti neiservizi primari (sanità, istruzione esicurezza sociale), a Cuba non man-cano carenze e problemi sociali, cau-sati dalla difficile situazione econo-mica del paese.

I prezzi alti dei prodotti agricoli fis-sati dai privati, così come i prezzi del-la maggior parte di quelli di prima ne-cessità venduti nella catena statale, simantengono per esempio ancora ele-vati. «Non possiamo essere soddisfat-ti perché (i risultati delle riforme, ndr)non si riflettono positivamente nellavita quotidiana», ha commentatoMarino Murilio, ministro dell’econo-mia e della pianificazione. Anche ilpresidente Castro, riferendosi all’im-patto delle scelte e al salario dei lavo-ratori, ha sottolineato come le autori-tà siano coscienti che il salario del cu-bano medio è insufficiente e che lasoluzione a questo problema non sirisolverà nel breve termine.

internazionale cuba

I prezzi alti dei prodotti agricoli fissati dai privati, così come i prezzi della maggiorparte di quelli di prima necessità venduti

nella catena statale, si mantengono elevati:il salario del cubano medio è insufficiente

Importatrice di cafféIn definitiva, i problemi economico-so-ciali che attanagliano Cuba sono sia dinatura interna che di origine esterna.Quelli di natura interna sono rappre-sentati principalmente dalla scarsaproduttività e dall’invecchiamento del-la popolazione, condizioni che causa-no la necessità di importare prodottialimentari di base, tra cui zucchero ecaffè, che in passato l’isola esportava, econtribuiscono all’aumento delle terreincolte. Le cause di natura esterna de-rivano invece in modo particolaredall’embargo economico imposto dagliStati Uniti, il quale continua a pesare suun popolo che guarda al suo “vicino”con la speranza di raggiungere una de-finitiva normalizzazione dei rapporti.

Sono in particolare i giovani a col-tivare questa speranza, facendo pro-prio l’insegnamento dello scrittore epolitico rivoluzionario, vissuto nellaseconda metà del XIX secolo, Josè Ju-lian Martí Pérez: «Nulla chiedono i cu-bani al mondo, se non il riconosci-mento e il rispetto dei loro sacrifici». Igiovani sono una grande risorsa per ilpresente e il futuro di Cuba e sognanodi essere protagonisti dello sviluppodel loro paese in un mondo in conti-nua evoluzione. Con la consapevolez-za che le ricchezze culturali, sociali,architettoniche e naturali di Cuba, ol-tre al grande senso di solidarietà dif-fuso nella popolazione, costituisconoun patrimonio da valorizzare e su cuiinvestire in prospettiva.

SICUREZZA SOCIALEUn’anziana malata con i famigliariper le vie del centro dell’Avana

Caritas Italiana da anni sostiene a Cuba alcuni micropro-getti. Nel 2016 ne sono stati lanciati tre. Uno è stato realizzato a favoredi migliaia di bambini dei quartieri bisognosi della cittadina di Holguin,attrezzando spazi per il gioco e la ricreazione; un altro ha avuto comedestinatari 20 bambini di Ciudad Jardin, attrezzando un’aula informaticaper il doposcuola; il terzo, all’Avana, è rivolto alla promozione della con-dizione femminile.

Per realizzare alcuni di questi microinterventi, Caritas collabora conSemi di Pace Internatonal, onlus con sede a Tarquinia (Viterbo). Nata nel 1980, l’associazione opera in Italia e all’estero, attraverso il sostegnoa distanza dei bambini, la costruzione e la ristrutturazione di case di ac-coglienza, scuole, ambulatori e mense, per garantire la tutela dei dirittiumani basilari. È presente in Romania, Spagna, Messico, Cuba, Repubbli-ca Dominicana, Perù, India, Repubblica Democratica del Congo, Came-run e, appunto, Cuba.Info www.semidipace.org – facebook “Semi di Pace”

L’impegno Caritas

Microprogetti, insieme a Semi di Pace

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Tentando di sradicare le vecchie identitàdiversificate e fluide, e di creare consensoattorno alle nuove costruzioni statuali,

diversi governi in Asia hanno perseguito una forzata omogeneizzazione della società

dalla seconda metà del XX secolo nelcontinente asiatico, hanno racchiusoentro i propri confini nazionali cultu-re e società estremamente diverse traloro. Nonostante nella formulazionedelle nuove leggi fondamentali si siainsistito sul mantenimento del carat-tere multietnico e multireligioso deglistati, le circostanze hanno influenzatoil processo di costruzione delle istitu-zioni, in modo da protendere versol’identificazione di un carattere nazio-nale monoetnico o monoreligioso,basato sull’egemonia della maggio-ranza sui gruppi minoritari.

E così stati come Cambogia, Cina,Filippine, Laos, Myanmar, Thailandiae Vietnam, per citare alcuni esempi,si sono consolidati attorno al gruppoetnico maggioritario – khmer, han,lao, birmano, thai e kinh, rispettiva-mente – a discapito delle minoranze,

mentre nel caso del Pakistan, soprat-tutto a partire dagli anni Settanta, siè consolidato un profilo di ricerca diomogeneità islamico-sunnita all’in-terno delle istituzioni e della società.

Nel tentativo di sradicare le vec-chie identità diversificate e fluide, ecreare consenso attorno alle nuovecostruzione statuali, diversi governiin Asia hanno dunque perseguito unprocesso di forzata omogeneizzazio-ne della società, con la costruzione diuna nuova identità nazionale, carat-terizzata da elementi (primo fra tuttila lingua, in molti casi anche la reli-gione) del gruppo maggioritario. Ledifferenze etniche e culturali hannoperso vigore in termini di legittimità.In più si è avviato un processo di “eti-chettatura” delle minoranze: esse so-no state classificate, in qualche modoformalizzandone il riconoscimento,

ma ingabbiando elementi di appar-tenenza fluidi e compositi in unaclassificazione formale e rigida.

In Cina, riconosciuti ed esclusiNell’elaborazione delle politiche sul-le minoranze etniche, la RepubblicaPopolare Cinese è stata il primo pae-se asiatico, a partire dal 1949, ad ap-plicare un modello di riconoscimen-to formale. La visione confuciana tra-dizionale per oltre un millennioaveva sostenuto la superiorità dellaciviltà cinese, nella prospettiva di unaprogressiva assimilazione dei gruppiminoritari, con il risultato di un mo-saico di gruppi etnici (min zu), la cuigrande maggioranza è rappresentatadagli han, circa il 92% di una popola-zione di quasi 1,4 miliardi. I gruppirestanti, almeno 400 secondo gli et-nologi, vennero dunque raccolti in 55comunità, ufficialmente registratecome minoranze etniche, cui venne-ro riconosciute alcune tutele, comela libertà di utilizzare la lingua e dipreservare o riformare le usanze.

Le zone in cui queste comunità rap-presentavano la maggioranza dellapopolazione vennero inoltre trasfor-mate in regioni autonome (Xinjiang,Tibet, Guanxi, Ninxia e Mongolia in-terna). Eppure l’attuazione della leggesull'autonomia regionale delle mino-ranze (1984) non solo non ne ha favo-rito l’integrazione, ma ha in molti casicontribuito a determinarne l’esclusio-ne sociale: ad esempio, i processi bu-rocratici destinati a promuovere il ri-spetto dei diritti delle minoranze si so-no paradossalmente rivelati un vero eproprio disincentivo agli investimentinelle regioni più periferiche.

Inoltre, negli ultimi decenni il go-verno ha favorito una massiccia mi-grazione di cinesi di etnia han nelleregioni geo-strategicamente più rile-vanti e con forti movimenti autono-misti, come Xinjiang e Tibet: una po-litica definita di “sommersione etni-ca”, mirata a erodere gradualmente ilgruppo maggioritario locale (rispet-tivamente uiguri e tibetani). Nonmancano, anche nel passato più re-cente, spinte per un controllo sempremaggiore delle minoranze, ad esem-pio la stretta sulla celebrazione delRamadan nello Xinjiang degli uiguri,a maggioranza islamica.

I PIÙ VESSATIIn queste pagine, le imperviecondizioni di vita nei campi profughiin cui sono relegati i Kachin,minoranza in Birmania. A destra,uomo Karen, altra minoranza birmana

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di Martina Dominici e Massimo Pallottinofoto di Caritas Internationalis

Piccolipopolipossibile costruire un mon-do accogliente per tutti, incui le differenti culture, et-nie, religioni rappresentinoun fattore di arricchimento

e non di tensione e conflitto? Personeche scappano dalle guerre, dalla po-vertà, dalle conseguenze dei cambia-menti climatici, ci raggiungono doveabitiamo, portando un vento di cam-biamento a volte difficile da gestire.Ma il confronto con il “diverso” rap-presenta una costante nella storia delgenere umano.

Nell’osservare i grandi fenomenidel nostro tempo, a volte si fatica a co-gliere la situazione dei piccoli popoli,spesso stritolati dalla storia e dalla ra-gione di stato. È il caso dei membri dicomunità di minoranza, portatori diuna lingua, una cultura, un’apparte-nenza etnica e una religione diverseda quelle della maggioranza degli abi-tanti di un certo paese. La diversità èricchezza, ma in molte situazioni è vi-sta come sfida alla costruzione diun’identità comune, che si vuole por-re a servizio di un progetto politico.

Nel mondo globalizzato,il confronto con il “diverso” continua a essere fonte di tensioni. L’Asia è il continenteetnicamente più vario.Ma molti paesi hanno consolidatoprassi monoetniche e monoreligiose. Chemettono a repentagliole minoranze e i loro diritti

È

internazionale minoranze

Nel mondo di oggi, così globalizzato,sono spesso i piccoli popoli a essereconsiderati una minaccia dell’ordinecostituito e a subire i tentativi di nor-malizzazione più forti.

Omogeneità forzataL’Asia, sinonimo di dinamismo, cre-scita economica, sviluppo tecnologi-co, è il luogo dove questa contraddi-zione appare con maggiore violenza.Il continente asiatico non è soltantoil più popoloso del pianeta, ma an-che quello etnicamente più vario: ladiversità fa parte della sua stessa sto-ria, ma non sempre questo dato difondo si è tradotto in elaborazionipolitico-istituzionali in grado di ac-cogliere e valorizzare la diversità.

La costruzione delle moderne for-me di stato, a seguito dei processi didecolonizzazione del dopoguerra, si èinnestata su una definizione dei con-fini imposta dalle potenze coloniali esu progetti di identità nazionali basatisui gruppi etnici maggioritari. I nuovistati indipendenti e internazional-mente riconosciuti, emersi a partire

etichettati e sommersi

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contrappuntodi Alberto Bobbio

UN GIGANTE SMARRITO,DECIDERANNO I RISENTIMENTI

Preferiscono gli aggressiviMa forse la responsabilità maggiorenello stravolgimento elettorale stadalle parti di Barack Obama. Gli elet-tori avevano cercato un tipo come luie lo aveva trovato. Però ne sono rima-sti delusi, perché attendevano un mi-racolo dopo i disastri dell’era Bush.Accade sempre così quando si crea-no attese. Inoltre gli americani noncapiscono che a volte la mancanza dicarisma è segno di normalità e dimaggiore responsabilità collettiva.

Ora la storia recente rischia di ripe-tersi e nei confronti di Donald Trumpsta accadendo la stessa cosa, con larichiesta dell’uomo forte, custodedell’identità americana, a cui chiede-re di riportare l’America al suo postoe di custodirne l’identità. A Trump sichiede il miracolo di riportare il paeseal benessere interno e al suo ruolo de-cisivo e deciso di numero uno sul pia-no internazionale. A che prezzo, nonè un ragionamento popolare.

Lui non è simpatico, anzi per moltiè disgustoso, non piace a nessuna del-le elité, a destra come a sinistra. Eppu-re l’America profonda lo adora. Hilary

è diversa, ma non tanto. Nel suo passato c’è il fallimentosulla riforma sanitaria, impresa affidatale dal marito Billquando era alla Casa Bianca. Poi il disastro di Bengasi,quando era Segretario di Stato con Obama. Tra i due nonc’è mai stato un buon rapporto. Hilary è aggressiva, Obamatendeva a mediare. Gli americani preferiscono gli aggressivie, istintivamente, rifuggono dalle idee troppo sofisticate.

In fondo l’americano medio, quello che può fare la dif-ferenza in queste elezioni, sogna ancora di essere comun-que uno sceriffo, che ha ben chiaro dove sia il bene e so-prattutto il male. E a conquistare gli elettori, purtroppo,saranno proclami fondati sul risentimento politico e so-ciale. Il grande muro promesso da Trump al confine conil Messico, insieme al fascino della protezione lungo ognifrontiera e in ogni quartiere, fa parte della rozza franchez-za del personaggio, ma è miele per tanti elettori ameri-cani, non solo per quelli repubblicani.

A lla fine il Nobel preventivo per la pace che gli assegnarono al-l’inizio del mandato resta sospeso. E non basta la tardiva firmadegli accordi sul clima, all’ultimo vertice dei venti leader più

potenti del mondo, per accreditare un bilancio positivo. In realtà Ba-rack Obama è stato molto prudente in politica estera e poco idealistasu tutto il resto. Lascia un mondo come quello che aveva trovato. Eun paese smarrito.

La scelta dei due sfidanti che andranno ad abitare alla Casa Biancaper i prossimi anni lo dimostra. Saranno elezioni molto curiose edense di smarrimento. Ci sono due candidati impopolari. Addiritturaoffensivo nei modi e nei contenutiDonald Trump, cordialmente antipa-tica Hillary Clinton. Ma negli StatiUniti c’è troppa rabbia, soprattuttonella classe media. Le elité non con-tano più, troppo impopolari e a voltearroganti; la paura del futuro prendealla gola; sull’efficacia della forza mi-litare per regolare le crisi c’è scettici-smo. Barack Obama paradossalmen-te lascia un paese più normale, dovei miti sono spariti, compreso quellouniversale del sogno americano, edove si sgretola anche la forza di unanazione che non aveva altra ideolo-gia, appunto, che essere una grande nazione.

In questo clima gli americani hanno paura di perderesoprattutto loro stessi, e allora hanno scelto Trump. Non haancora vinto il biglietto per la Casa Bianca, ma ha rovescia-to lo schema. Fa paura che uno come lui possa mettere lemani sulla valigetta con il bottone atomico, eppure è questoche la società americana, quella profonda, vorrebbe.

Trump è stato sottovalutato da tutti e quasi tutti nonhanno più capito la gente che lo vorrebbe al vertice. È ric-co, ma di fatto è il candidato dei poveri, quelli che hannopiù paura. Paura degli immigrati, degli europei, dei cine-si. Hillary (e il marito Bill) hanno raccolto per la campa-gna elettorale una cifra dieci volte superiore al denaroche aveva in mano Trump, ma non ce l’hanno fatta abloccare l’ascesa del magnate. Né è riuscito nell’impresaquel partito repubblicano che non sa più cosa sia la de-stra americana.

Il 4 novembregli Stati Uniti votanoper il dopo-Obama.Si confrontano due

candidati impopolari.In realtà, Trump ha giàrovesciato lo schema:

il paese profondolo adora. Chiede l’uomo

forte, che rifaccial’America grande.

A qualunque prezzo…

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Tailandia, relegati in collinaIl metodo di classificazione etnica uti-lizzato in Cina è stato ripreso da diver-si paesi del Sud-Est asiatico, comeCambogia, Laos, Vietnam e Tailandiae, associato al concetto europeo diidentità nazionale, ha contribuito aforgiarne le strategie di state buildingnel periodo postcoloniale. In tutti que-sti paesi l’identità nazionale è statacreata attorno ai caratteri distintividell’etnia maggioritaria, a discapitodei gruppi minoritari.

In Tailandia, ad esempio, unico pae-se dell’area a non aver subito una do-minazione coloniale, è stata adottata lastrategia di “allargare” la base dellamaggioranza esistente e i principaligruppi etnici sono stati accorpati, peraffinità di lingua e cultura, alla maggio-ranza thai, che conta ora circa l’85%della popolazione. I gruppi restanti,che in larga misura risiedono in zonecollinari o montane remote e lungo iconfini, sono stati classificati come“popolazioni o tribù di collina” e in-centivate ad abbandonare lo stile di vi-ta nomade per stabilirsi in modo per-manente in grandi villaggi: confinateentro insediamenti e zone di sviluppoappositamente create dal governo, so-no state di fatto segregate dal resto del-la società tailandese e in taluni casi pri-vate dei diritti di piena cittadinanza.Quest’ultima è stata a lungo negata an-che ai nomadi di mare, conosciuti co-me sea gypsy o “zingari di mare”, cheper secoli hanno vissuto di sussistenzain piccole barche di legno nel maredelle Andamane, in particolare lungola costa occidentale della Tailandia.

Myanmar, repressionee confrontoIn Myanmar (o Birmania) le richiestedei gruppi etnici minoritari non sonomai state pienamente accolte, spin-gendo questi, sin dall’indipendenza, aprendere le armi contro l’etnia birma-na (circa il 40% della popolazione). Per

reprimere ogni tipo di insurrezione, ilregime autoritario instauratosi con ilcolpo di stato militare nel 1962 avviònelle zone rurali una massiccia campa-gna contro le minoranze etniche, ulte-riormente inasprita a partire dalla finedegli anni Novanta, sino al trasferi-mento forzato di comunità etniche einteri villaggi rurali in centri abitaticontrollati dai militari birmani.

Tutto questo ha portato a un aggra-vamento delle tensioni interetniche,ma anche allo sfaldamento del tessutosociale delle aree rurali abitate dalleminoranze. Per sfuggire alle violenze,migliaia di civili hanno preferito viverenascondendosi nella giungla o fuggirenei campi profughi in Tailandia. A far-ne le spese sono stati in particolare co-loro che, non figurando nell’elencodelle 153 etnie ufficialmente ricono-sciute dal governo birmano nel 1982,sono privi di piena cittadinanza. Tracostoro, uno dei gruppi più numerosiè rappresentato dai Rohingya – mino-ranza dello stato Rakhine di religionemusulmana –, recentemente definiticome una delle minoranze maggior-mente perseguitate al mondo.

internazionale minoranze

L’aggravamento delle tensioni interetnicheha determinato lo sfaldamento del tessutosociale delle aree rurali abitate dalle

minoranze. In fuga dalle violenze, migliaiadi civili hanno preferito nascondersi

Proprio per affrontare il problemadei Rohingya, il governo birmano harecentemente promosso la costituzio-ne di un comitato consultivo, di cui faparte anche Kofi Annan, ex segretarioOnu. E proprio all’inizio di settembresi è svolta la più grande assemblea dipace organizzata nel paese dal 1947:aperti da un intervento del segretariogenerale delle Nazioni Unite, Ban KiMoon, i lavori hanno visto la parteci-pazione di 17 gruppi etnici, compresele fazioni armate dei popoli karen, ka-chin, shan e wa, anche se con l’assenzadi tre raggruppamenti minori, che nonhanno accettato le condizioni postedal governo per la partecipazione.

La conferenza si è chiusa senza ilcessate il fuoco che molti avevano in-vocato, e proprio negli stessi giorni so-no arrivate notizie di nuovi combatti-menti nello stato del Kachin, ai confinicon la Cina, dove il conflitto con l’eser-cito birmano è particolarmente duro.Ma il solo fatto di sedersi allo stesso ta-volo, e stabilire una roadmap per avan-zare verso la costruzione di una paceduratura, rappresenta, a detta di moltiosservatori, un successo importante.

È proprio sedendosi intorno a untavolo, e garantendosi reciprocamentelegittimità nel concorrere alla costru-zione di una patria comune, che saràpossibile superare storie di conflitti erepressione. Siamo ancora all’inizio delpercorso, i problemi sono ben lontanidall’essere superati. Ma chissà che pro-prio dai recenti tentativi compiuti inMyanmar non possa venire un esem-pio utile a tutto il continente…

LE NOTE DELL’EMARGINAZIONEPeter Laraw, con la chitarra, e il fratellominore nella loro casa nel campo rifugiatiJoseph Maina. Peter insegna alla scuolaserale e suona per passare il tempo

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SVILUPPO

di Francesco Maria Carloni

DAVVERO EQUILIBRATOSE PARTE DAL BASSO

È usuale che, tra le cause che costringono milioni di persone a lasciare lapropria terra, vengano indicati il mancato sviluppo dei paesi d’originedei flussi e i processi della globalizzazione. Spesso però, non si ricorda

che lo sviluppo di un popolo è un processo molto complesso e che i parametridi riferimento e gli elementi di confronto sono diversi da continente a conti-nente, da nazione a nazione, da regione a regione.

Ad esempio, si sa che una società molto tecnicizzata comporta maggioriconsumi di energia. Ed è oramai assodato che i cambiamenti climatici, originedello spostamento di masse sempre più ingenti di persone, sono frutto di mo-delli di sviluppo dettati da una mentalità egoista e individualistica, incentivatada un capitalismo sregolato.

Queste sono alcune delle principali ragioni perché, quando si afferma chenei paesi di origine di molti emigranti manca lo sviluppo, è necessario che ci sichieda di che tipo di fattori di sviluppo essi necessitano: quale modello di de-mocrazia, quale diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla casa, alla terra…

La campagna “Il diritto di rimanere nella propria terra”, lanciata dalla Con-ferenza episcopale italiana nell’anno del Giubileo della Misericordia, tra i suoiobiettivi ha proprio far riflettere sulle cause – guerra, fame, disastri ambientali,

persecuzioni religiose – che spingono migliaia dipersone a migrare. L’invito della Cei si concretizza,inoltre, nell’invito a sostenere almeno una micro-realizzazione, in uno dei paesi di origine dei mi-granti: azione volta anche a stimolare la comunitàdonatrice. Piccoli progetti, integrativi di progettipiù ampi, ideati dai beneficiari, che rispondono abisogni concreti: uno strumento importante ededucativo, per migliorare le condizioni di vita ditante persone e alimentare uno sviluppo equilibra-to e sostenibile.

Spesso si afferma che all’origine delle migrazioni globali ci siail ridotto livello di sviluppo dei paesi d’origine. In realtà, molti guastiderivano dai modelli di sviluppo perseguiti dalle società tecnicizzate.Le microrealizzazioni, strumento per un’evoluzione sostenibile

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panoramamondo

ta ai fenomeni migratori collegatialle rotte marine, una considera-zione non meno acuta deve esse-re dedicata alle rotte terrestri. Si tratta, in effetti, di una tenden-za continentale: significativi, a questi proposito, i racconti e le analisi proposti dai rappre-sentanti delle Caritas che opera-no in prima linea alle frontiere anglo-francese, greco-turca e ma-cedone, italo-francese, italo-au-striaca e slovena, italo-svizzera,italo-austriaca e marittima.

Intanto, in occasione del“Summit sui migranti e rifugiati”,svoltosi alle Nazioni Unite a NewYork il 19 settembre, la Missionepermanente della Santa Sedepresso l’Onu, l’International ca-

archivium di Francesco Maria Carloni

Nel novembre 1976, la commissione del convegno ecclesiale “Evangelizzazione e Pro-mozione umana” che rifletteva sull’emarginazione sociale, rivolse alla Chiesa italianaun invito netto: occorreva imparare a «farsi carico della promozione del servizio civilesostitutivo di quello militare, come scelta esemplare e preferenziale dei cristiani, e allargare la proposta anche alle donne». L’invito della commissione venne accoltoda un lungo applauso, segno di un’esigenza presente nella comunità cristiana.

Caritas Italiana scelse di promuovere tale forma di servizio, in collaborazione con gli organismi e le associazioni ecclesiali più sensibili, organizzando corsi formativi,scambi di esperienze, dibattiti, sussidi, al fine di favorire la conoscenza e la diffusionedel fenomeno. Ne nacque una proposta per il mondo giovanile, che prese il nome di Anno di volontariato sociale (Avs), esperienza innovativa e profetica che vide, nel giro di una decina di anni, oltre mille ragazze e decine di ragazzi esenti dal serviziomilitare dedicare, in modo gratuito, un anno della propria vita a servizio dei più poveri.

Nel 1987, come pro manuscripto, Caritas Italiana pubblicò il Quaderno 32 dal titoloDono di un Anno, antologia di 298 pagine, contenente i principali contributi prodottinei primi undici anni dell’esperienza dell’Anno di volontariato sociale.

A pagina 50 del Quaderno 32 è riportato l’intervento dell’allora arcivescovo di Mila-no, Carlo Maria Martini, tenuto il 12 dicembre 1986 ai partecipanti al secondo Conve-gno nazionale degli obiettori di coscienza e delle ragazze e ragazzi Avs:«Esiste una “circolarità” tra pace e carità, così che questa è sintesi e meta della pace; la pace a sua volta è sintesi e meta della carità.Ciò impone a tutti e a ciascuno di educarsi e di educare alla pace e di essere operatori di pace e per la pace». Leggere e rileggere i tanticontributi contenuti nel Quaderno 32 è un buon modo per non inter-rompere quella fondamentale circolarità.

La lezione dell’Avs: «Tra pacee carità esiste una circolarità»

Dal 20 al 23 settembre si è tenu-to, alle frontiere tra Italia, Austriae Slovenia, l’annuale incontro Migramed, promosso dall’ufficioimmigrazione di Caritas italiana,dedicato quest’anno al tema“Storie di frontiera”. L’obiettivodel Migramed “transfrontaliero”era sottolineare l’importanza che stanno sempre più assumen-do i flussi migratori via terra: i circa XXX partecipati, delegati di Caritas diocesane italiane e di Caritas europee, lo hannotoccato con mano, grazie a unavisita-studio itinerante tra Gorizia,Klagenfurt, Tarvisio, Lubiana e Grado. Italia, Austria e Slove-nia. Se la cronaca impedisce chevenga meno l’attenzione riserva-

tholic migration commission(Icmc) e Caritas Internationalishanno organizzato un evento col-laterale, per discutere sul ruolodelle organizzazioni religiose nel-la risposta ai movimenti migrato-ri, alla presenza del Segretario di stato vaticano, cardinale PietroParolin. All’indomani del summitOnu, Caritas Internationali e Jesuit Refugee Service hannopoi pubblicato un documento, in cui chiedono alle Nazioni Unite«reali cambiamenti a beneficiodei migranti e dei rifugiati a ga-ranzia della loro protezione, sicu-rezza e dignità». Il testo approva-to all’Onu, secondo i dueorganismi, «è un passo importan-te verso la governance globaledelle migrazioni e dello sviluppo»perché mette l’accento sul «ri-spetto dei diritti di tutti i migrantie la condivisione della responsa-bilità nell’accoglienza dei rifugia-ti», ma permane un preoccupante«divario» tra «queste dichiarazionie le politiche e le pratiche attualisul terreno». Il documento avanzainoltre una serie di richieste riguardo al rispetto delle leggiinternazionali, al contrasto dellecause profonde della migrazioneforzata, alla corretta destinazionedei fondi per il sostegno allo sviluppo, al controllo della listadei cosiddetti “paesi sicuri” dovei rifugiati vengono rimpatriati, a una maggiore condivisionedell’accoglienza, a difesa dei minori e a contrastare il traffico e lo sfruttamento sessuale, cosìcome razzismo e la xenofobia.

ROTTABALCANICAPoliziotti sloveniguidano un nutritogruppo di rifugiati:era il 2015, male frontieredi terrarestanosotto pressione

MIGRAZIONILe frontiere terrestri a MigraMed,Caritas e Jrs denunciano il divariotra il documento Onu e le politiche

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LASTORIATutti mi evitavanoperché, come vedova,

rappresentavo un peso.Io stessa mi emarginavo,

non avevo vogliadi socializzare.

Ho vissuto momentiveramente bui...

INDIAAuto mutuo aiuto eun negozio di vestiti:Hrudaya non è piùun’emarginata

Sola. Così misono ritrovata

dopo la morte di mio marito, tre anni fa. Mi chiamo Hrudaya Rani e vengo da Nusikottala, villaggio po-vero dell’India centro-meridionale.Ho due bambini, seconda e quartaelementare. Dalla morte di mio ma-rito ho iniziato a lavorare come agri-coltore, salario giornaliero 100 rupie(1,3 euro) al giorno: una miseria! I miei genitori erano troppo poveriper aiutarmi, dalla famiglia di miomarito nessun supporto. Tutti mievitavano perché, come vedova, rap-presentavo un peso. Io stessa miemarginavo, non avevo voglia di so-cializzare. Ho vissuto momenti bui...

Nel luglio 2015 il coordinatoredel programma Kurnool Diocese So-cial Service Society (Kdsss) ha visi-tato il nostro villaggio; lo scopo, organizzare gruppi di auto mutuoaiuto di vedove e un corso su attivi-tà generatrici di reddito. Ero ansiosa di iniziare la formazione, ho impara-to tantissime cose, sul marketing,su come relazionarsi con le ban-che... Mi interessava realizzare un punto vendita di vestiti nella miacasa. Il Kdsss ha approvato; grazie al contributo di 4.600 euro da Cari-tas Italiana, tante vedove hanno po-tuto mettere in piedi piccole attivitàeconomiche. Io ho ricevuto 13.500rupie (180 euro) per comprare vesti-ti da Bangalore e Hyderabad, avvian-do l’attività. Oggi guadagno tra 400 e 600 rupie (5-8 euro) al giorno, le mie preoccupazioni sono evapora-te. Ora la società mi accetta, nonsono più un peso. Potrò assicurareuna buona educazione ai miei figli:ne sono grata a Caritas Italiana, chesempre ricordo nelle mie preghiere.

> Microprogetto 113/15 INDIA Sostegno al reddito alle vedove di otto villaggidell’Andhra Pradesh

5 Realizzato!

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MICROPROGETTO

BANGLADESHApparecchi per migliorare la sala operatoria

Diritto alla salute, condizione di ogni altro. Un microprogetto proposto dalla

diocesi di Dinajpur prevede l’acquisto di dueapparecchiature per la sala operatoria del-l’ospedale “San Vincenzo”. Si tratta di unaspiratore chirurgico e di un apparecchio perl’anestesia, di cui potranno beneficiare gli ol-tre 18 mila pazienti che ogni anno transitanonell’ospedale. L’obiettivo specifico è il miglio-ramento della qualità degli interventi, attraver-so la sostituzione delle vecchie apparecchiatu-re risalenti agli anni Ottanta.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 272/16 BANGLADESH

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MICROPROGETTO

LIBANOFormazione per i profughi siriani

In Libano, da oltre sei anni, vivono più di un mi-lione di profughi siriani. La microrealizzazione,

proposta dal Family Support Centre of Roueisset(Fscr), attraverso la ong Fondazione internazionaleBuon Pastore, intende sostenere i giovani profughiperché rimangano legati alle proprie origini, grazie a percorsi di formazione e di peace building. Oltre a un’attività che mira ad accrescere le competenzescolastiche, si prevedono azioni di supporto sociale e psicologico. Attraverso il contributo economico, sarà acquistata una macchina fotocopiatrice per pro-durre il materiale didattico.

> Costo 5 mila euro> Causale MG 245/16 LIBANO

2

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Altissima è la percentuale di donne che ad Hava-na, capitale della Repubblica di Cuba, si prosti-

tuiscono per sbarcare il lunario. Il microprogetto, pro-posto dalla congregazione delle Adoratrici Serve delSS. Sacramento e della Carità, tramite la onlus Semidi Pace, intende provare a recuperare 30 giovani don-ne (e sostenere le rispettive famiglie), fornendo alter-native di vita, attraverso corsi di formazione e un so-stegno economico. Il microprogetto prevede anche la messa in opera di una piattaforma di microcredito e l’acquisto di alimenti, di un laptop e di una stampante.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 214/16 CUBA

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CUBAMicrocredito contro lo sfruttamento

MICROPROGETTO

NON STANCATEVI DI SOSTENERE I MICROPROGETTI! INFO: [email protected]

MICROPROGETTO

IRAQFare emodialisi, a due passi dall’Isis

Sono passati più di due anni, da quando gli “uomi-ni neri” dell’Isis hanno preso possesso dell’antica

piana di Ninive, nel cuore del tormentato Iraq. La micro-realizzazione, proposta dalla sede in Kurdistan della Focsiv, rete di ong cristiane italiane, ha come obiettivofornire all’ospedale oncologico di Kirkuk, città a pochi chilometri dal confine con lo Stato Islamico, due sedieper il servizio di emodialisi. Un piccolo acquisto, che ga-rantirà un grande aiuto a centinaia di pazienti al mese,migliorando i servizi dell’ospedale e aumentando la spe-ranza di vita di uomini, donne e bambini che, a causa delconflitto, rischiano di non avere accesso a cure adeguate.

> Costo 4.500 euro> Causale MP 265/16 IRAQ

3

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villaggioglobale

pei che cresconoa contatto con la natura, senzaossessioni, spor-candosi le manicon la terra. Ap-proccio, quest’ulti-

mo, estremamente naturale,che rispetta i tempi di appren-dimento del bambino e soprat-tutto le modalità cognitive attraverso le quali avviene la conoscenza nei più piccoli.

Take Childhood Back (di-sponibile su YouTube) è il do-cumentario di Stilling: raccontala Danimarca, la Svezia, la Nor-vegia e gli Stati Uniti attraversogli occhi dei piccoli, mostrandole grandi differenze. L’intento è la denuncia di sistemi educa-tivi che rischiano di ucciderel’istintivo amore per il gioco,l’esplorazione e la scoperta.Nelle scuole americane, rac-conta il film, si spendono interianni per la preparazione di testcostosi, e si sottraggono orepreziose al divertimento e allaspensieratezza infantile.

CINEMAPerformancevs naturalità:scuole a confrontotra Europa e Usa

Il regista danese Dan Stillingne è convinto. Nel sistema sco-lastico americano i bambini so-no trasformati in piccoli esserirobotizzati, standardizzati e sostanzialmente infelici. «C'è qualcosa di terribilmentesbagliato il quel sistema scola-stico – ha affermato –. Non è il modo in cui i bambinidovrebbero imparare. Non c’èda meravigliarsi che i ragazziniamericani siano stressati. Molti soffrono di obesità o di depressione. I genitori li costringono a studiare moltoe a fare attività extrascolasti-che in nome della preparazionedel successo nella vita adulta».Così l'autore danese ha decisodi mettere a confronto, in un film pieno di gioia, la vita dei piccoli americani con quella dei piccoli nordeuro-

LIBRIStorie migranti:“Con-tatto”tra gli alunnie giovani rifugiati

Con-tatto. È il progetto di inte-grazione e accoglienza svoltosinella scuola media di Galbiate,alle porte di Lecco. Ed è ancheil titolo del libro che raccogliemateriali e testi elaborati dalprogetto, nonché molte storiemigranti. Nelle sue quasi 200pagine illustrate si trovano an-che fumetti, ricette, fiabe metic-ce, piatti etnici, sensazioni, riflessioni, scambi di parole,speranze e sogni tra ragazzi e giovani richiedenti asilo ospi-tati a Lecco, in un centro d’ac-coglienza affidato alla Fondazio-ne Progetto Arca. Il costo dellastampa del libro è stato soste-nuto da scuola, alunni, docenti,comitato dei genitori e comune.A tirare le fila del programma è stata un’insegnante di scuolamedia (e poetessa) Maria Lui-gia Longo. I 216 ragazzi coin-volti (prime, seconde e terzemedie) si sono confrontati in particolare con 15 ragazzimigranti, di età fra i 17 e i 21anni, alle spalle storie difficili,anche se diverse. Il progetto si è svolto, nel corso dello scorso anno scolastico, anchecon letture, studio e riflessione,sul tema delle migrazioni.

PROGETTIChiquita, la mogliedi Italo Calvinoregala la bibliotecaa una scuola

Un progetto sulla lettura. Sullavoglia dei bambini di esplorare il mondo attraverso le parole di scrittori che portano lontano.Ma a Fogli di viaggio mancava-no i soldi per acquistarli, i libri. Il giornalino della scuola ha an-notato questa mancanza e larealizzazione da parte dei bambi-

zoom

Il titolo è chiaro ed esplicito, comeè nello stile, sia pure sorridente e affabile, del personaggio: I mi-granti sono i miei fratelli. Siamochiamati ad accogliere. Lo sostie-ne, nel saggio pubblicato da Editricemissionaria italiana (Emi), l’arcive-scovo di Manila, cardinale Luis An-tonio Tagle, presidente di CaritasInternationalis. Nel volume, Tagleriflette sulla realtà delle migrazionicontemporanee e lo fa chiedendo

a cittadini, cristiani ed esseri umani tutti, una maggior coscienza e un impegnoreale nell’accogliere migranti e profughi: «Non possiamo dimenticarci di quantosta succedendo. Gli uomini, e tra loro i politici, devono agire. La Chiesa pure.Sono nostri fratelli. I migranti sono persone, non numeri». Il cardinale prendespunto da pensieri di teologia che esplicita, mettendoli a confronto con la realtàdel nostro tempo, ma anche con i racconti di esperienze personali legate al te-ma delle migrazioni.

Migranti, nostri fratelli: il presidente Tagleesorta il popolo cristiano all'accoglienza

RAGAZZI SENZABARRIEREScena di TakeChildhood back;copertina del librotratto dal progettoContatto; libri perstudenti padovani

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il filo rosso che da Ostia condu-ce fino agli atleti più giovani,quelli che ci hanno entusiasma-to alle Olimpiadi brasiliane di Rio 2016: Alex Zanardi, BebeVio, Vittorio Podestà, MartinaCaironi, Assunta Legnante... Il documentario presenta 25 nterviste, che si alternano con il patrimonio di fotografie e filma-ti che sono anche visibili in ver-sione integrale sul sito del pro-getto “Memoria Paralimpica”,realizzato da Redattore socialesu incarico del Comitato italianoparalimpico e dellaFondazione italia-na paralimpica.Regista del film è MassimilianoSbrolla di Zoofac-tory film produc-tion; il soggetto è di AntonellaPatete. Da Ostia a Rio 2016,ma non solo. Il futuro è di que-sti pionieri straordinari, sembraraccontare il film documentario,che dà voce ai protagonisti di una pagina inedita e straordi-naria dello sport italiano.

zoom

DOCUMENTARIOVinsero l’oro:così nacquel’avventura dellosport paralimpico

E poi vincemmo l’oro: un filmdocumentario di 56 minuti, per raccontare la storia del mo-vimento paralimpico italiano dagli albori ai giorni nostri. Anco-ra oggi nel territorio della città di Ostia, alle porte di Roma, viveun piccolo nucleo dei primi atletiparalimpici italiani, oggi 70-80enni, approdati al Centro paraplegici dell’Inail tra gli anniCinquanta e Sessanta del seco-lo scorso. Erano tutte personeinfortunate sul lavoro, che nonavevano più voglia di vivere,qualcuno in preda alla depres-sione, altri senza la prospettivadi un futuro degno. È stato gra-zie allo sport che queste perso-ne sono riuscite a rimettere n moto le proprie vite, divenen-do i pionieri di un progetto spor-tivo e sociale rivoluzionario. Il documentario ricostruisce

«I piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agliocchi del mondo, ma tanto agli occhi di Dio, i suoi predi-letti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e per loro e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia d’acqua nell’oceano. Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. Lui ha parlato solo di amar-ci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre. I poveri ci attendono». Annalena Tonelli non era una don-na tiepida, da mezze parole e mezze misure. Concetti ra-dicati, scelte di vita radicali. Che la portarono a spendersiper 33 anni in uno dei paesi più pericolosi e disperati almondo, la Somalia. Dove fu uccisa, a 60 anni, nel 2003.

Era una donna tanto fragile quanto determinata, checon disarmante semplicità diceva di sé: «Io sono nessu-no». Ora la sua testimonianza è condensata nei testi, scrit-ti e recitati, di Invece ero bianca, il 16° audiolibro della col-lana PhonoStorie (curata da Caritas Italiana e Rerum –Rete europea risorse umane). Annalena, forlivese, non eb-be padri spirituali che la guidarono, né appartenne a con-

gregazioni religiose. Non aveva neanche un’organizzazioneumanitaria alle spalle. Da sola, per tutta la vita, coltivò e perseguì quello che sentiva dentro di sé: «Scelsi di esse-re per gli altri – i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i nonamati – che ero una bambina, e così sono stata e confidodi continuare a essere fino alla fine della mia vita».

Autonoma, tenace, evangelica: la sua straordinariaopera di aiuto alle popolazioni somale le valse da partedell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati il prestigiosopremio “Nansen Refugee Award”. La raccolta degli scritticontenuti nell’audiolibro è tratta dalla testimonianza resada Annalena in un convegno internazionale (“Volontariatocattolico in sanità”) svoltosi in Vaticano nel dicembre2001. I testi sono letti dall’attrice Barbara Lo Gaglio, dai giornalisti Carmen Lasorella, Piero Damosso e AldoCazzullo, da Benvenuto Issak, già direttore di Caritas Somalia, e da alcuni operatori di Caritas Italiana. Prefa -zione di Carmen Lasorella, postfazione di Silvio Tessari (Caritas Italiana).

FILM“Il grande giorno”arriva ancheper i bambinidei paesi poveri

Molti ricordano Pascal Plissoncome autore di Vado a scuola,piccolo film di culto, rivelatosiun grande successo. Ora il regi-sta francese torna con Il gran-de giorno, film sulle vite difficilidi tanti bambini in diverse partidel mondo. La pellicola intenderaccontare ai piccoli che nonhanno problemi quanto posso-no essere grandi i sogni e lesperanze di quattro ragazzi pro-venienti da altrettanti paesi po-veri. C’è un giorno speciale perogni episodio, in diversi angolidi mondo. La macchina da pre-sa inquadra storie diverse di attesa impaziente, per ali-mentare un sentimento comu-ne, uguale ovunque: la speran-za. Per anni i protagonistiattendono il giorno specialedell’ingresso a scuola, checambierà le loro vite per sempre.

Gesù non ha mai parlato di risultati:il vangelo della “bianca” Annalena

PIANETAISTRUZIONELa stessaesperienza, in contestilontanissimi:bambini a scuola,in diverse partidel mondo

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di Daniela Palumboatupertu / Luca Randazzo e Sunita

Sunita è una bambina rom, che viveva con la sua fami-glia in una baracca in mezzo a una pineta, senza cor-rente elettrica né servizi igienici. Il luogo è Pisa, ma po-trebbe essere ovunque. In certi luoghi non c'è postoper la scuola. Soprattutto se vieni sgomberato un gior-no sì e l’altro pure.

Però Sunita voleva andare a scuola. Perché le piaceimparare. E ne ha diritto. Allora ha accettato di vivere a casa di uno scrittore e maestro elementare, LucaRandazzo: abitando vicino alla scuola, è riuscita a es-sere puntuale e a fare i compiti, come tutti i bambinigagé, i non-rom.

Diario di Sunita (Rizzoli) racconta la storia della ra-gazzina, che all’epoca dei fatti aveva 10 anni. Oggi Lu-ca e Clelia ospitano ancora Sunita (13 anni) con la suafamiglia, le offrono una casa confortevole e una bici-cletta per andare a scuola; poi nel weekend Sunita tor-na al campo. Una doppia vita, raccontata con tono irri-verente in un vero diario, che il maestroha “solo” raccolto in un racconto. Le ven-dite del libro finanziano l’associazione Articolo 34, fondata da Randazzo e altriabitanti del quartiere per aiutare Sunita e i bambini come lei a riappropriarsi del suo diritto di imparare, sancito dallaCostituzione, appunto all’articolo 34.

Luca, qual è la situazione di Sunita e famiglia oggi?

Siamo in 12 nel mio appartamento di 100metri quadri. Situazione transitoria, in se-

Dodici in casa,una ragazza a scuola:«Ingiustizia è quandonon ti affittano casa»

Voglio continuare a studiare. Da grandenon ho ancora

deciso... Quando avrò deifigli e i miei amici avrannodei figli faremoun’associazione peraiutarli a studiare

guito all’ennesimo sgombero... Articolo 34 (www.artico-lo34.org) è però riuscita a ottenere che il comune paghiun anno di affitto in appartamento a Sunita e famiglia.Non è stato semplice trovare chi ci affittasse una casa,ma ora abbiamo una disponibilità. Sunita è andata a scuola in maniera saltuaria negli ultimi due anni. Ora frequenta regolarmente ed è stata ammessa all’esa-me di terza media.

L’associazione come opera?Articolo 34 segue una ventina di minori che prima non riuscivano a frequentare la scuola e ora ci vannocon regolarità. Dialoghiamo con i comuni di Pisa e Casci-na, abbiamo aperto un doposcuola. Il tutto in meno di sei mesi.

E Sunita che vuol fare da grande? Luca Randazzopreferisce che sia lei a rispondere...

Voglio continuare a studiare. Da grande non ho ancoradeciso... Quando avrò dei figli e i miei amici avranno

dei figli faremo un’associazione per aiutarlia studiare. Vorrei anche viaggiare con la mia amica Marta e andare in Macedonia,dove non sono mai stata, per farle cono-scere i miei parenti e come vivono lì.

Cosa è l’ingiustizia, Sunita?È quando quelli che non hanno documentinon possono avere una casa e devono tor-nare al loro paese. È anche quando alcunistranieri vanno per affittare una casa e di-cono loro che è già affittata, ma non è vero:è che non la vogliono affittare agli stranieri.

giudicati e condannati / i pregiu-dizi della gente / mi lasciano to-talmente indifferente", grida Ma-rio Mof nella canzone Gli Errori,una delle nove tracce ascoltabiliall’indirizzo internet bit.ly/Paro-leOltreIMuriAlbum .

ASSOCIAZIONIManifesto di Milano:strategia Anffasper un futurodi diritti ai disabili

Anffas, l’Associazione naziona-

le delle famiglie di persone condisabilità, ha ormai raggiuntoquasi 60 anni di attività. Nellarecente assemblea nazionale,ha approvato il Manifesto di Mi-lano, che ha l’obiettivo di deli-neare le linee “politiche” e ope-rative dell’associazione per il futuro, con un occhio alle nuo-ve sfide che sono dietro l’ango-lo. Il cuore pulsante del Manife-sto Anffas è in cinque punti: i diritti delle persone con disabi-lità vanno sempre, dovunque e comunque rispettati e garanti-

ti; le famiglie delle persone con disabilità devono esseresostenute e tutelate per il mi-glioramento della loro qualità di vita; l’inclusione sociale deve essere declinata nell’otti-ca del “curare le comunità percurare le persone”; i servizi per le persone con disabilità devo-no essere riorientati, per mirare al potenziamento delle abilità e avere come fine la piena l’in-clusione sociale e la partecipa-zione attiva nella comunità.www.anffasmilano.it

SOLIDALIDA 60 ANNIIl logo dellaAssociazionenazionale famigliepersone disabili

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Risparmio, motore di progressoper gli individui e la società.A patto di metterlo nelle mani giuste…

di Francesco Dragonetti

Rudolf BultmannStoria dei van-geli sinottici(Edb, pagine

96). Il testo, apparsoper la prima volta inedizione tedesca nel1925, pur con aggior-namenti e precisazioni,rappresenta una sinte-si degli studi biblici sia tra i protestantiche tra i cattolici.

LIBRIALTRILIBRI

Carlo Cefaloni (acura di) Vite ingioco (Città Nuo-va, pagine 212).

La diffusione dell’azzardolegalizzato è alla radice didrammi che rovinano interefamiglie. Il volume indaga ilfenomeno dell’azzardopatiache, incentivata per legge,è punto terminale di un si-stema responsabile del ca-sinò finanziario mondiale.

Enzo Pace Sociolo-gia delle religioni(Edb, pagine 336).Il volume spiega

in che modo lo studiosociologico della religione possa svilup-parsi quale problemacentrale per la compren-sione di alcuni temi(conflitti religiosi, ecc) oggi emergenti nelle nostre società.

paginealtrepagine

31 ottobre: Giornata mondiale del risparmio. Una manifestazione per celebrarel’importanza e il valore del risparmio nacque in occasione del primo Congressointernazionale del risparmio, che si svolse a Milano nell’ottobre 1924. Il rispar-mio venne proposto come base dell’educazione non solo economica della socie-tà, ma come disciplina fondamentale di tutta la comunità, per un uso migliore, individuale e sociale della ricchezza.

Oggi, in tempo di crisi diffusa, con molte famiglie che arrancano per arrivare alla fine del mese, dalle statistiche emerge che il cittadino italiano dimostra unabuona capacità di adattamento, riorganizza la propria vita, relativizza le proprieaspettative. E ridimensiona i propri consumi, per risparmiare, o tentare di farlo,anche quando è in difficoltà. Insomma: guarda al futuro con un ottimismo resi-stente, non euforico.

Le continue variazioni dei mercati si riflettono sulle nostre scelte di risparmio:riconoscere i “cattivi consiglieri”, i fattori negativi che influenzano i nostri compor-tamenti, è sempre più determinante per contrastare il panico, che spesso portaa scelte affrettate e pericolose. Eppure, secondo Sandro Vita I nostri soldi. Buonie cattivi consiglieri del risparmio (Sperling & Kupfer, pagine 241), è proprio nelledifficoltà che siamo più motivati a valutare le opportunità che ci si presentano:imparando, per esempio, a mettere in atto strategie positive, mantenendo neltempo scelte coerenti con gli obiettivi, conoscendo i vantaggi fiscali di cui possia-mo godere.

Spesso, comunque, c’è chi, insoddisfatto dei titoli che gli ha venduto o gli propone la banca, acquista titoli ad “alto rischio”. Beppe Scienza Il ri-sparmio tradito. Come difendersi da bancari, assicuratori… e giornalisti(Cortina Edizioni, pagine 246), dimostra il fallimento del risparmio gestitoe denuncia le responsabilità del giornalismo economico italiano colpevole,secondo l’autore, di non fornire un’informazione adeguata.

Ma tra crack finanziari e crisi monetaria dobbiamo rassegnarci a conser-vare i nostri risparmi sotto il materasso? Antonello Camiletti Investire i pro-pri risparmi (Foschi editore, pagine 124), guida i risparmiatori a una gestio-ne oculata e consapevole del proprio denaro, svelando le trappole in cui è più facile cadere e i segreti per far fruttare anche un piccolo capitale.

ni di 150 libri di cartone messiin vendita per finanziare la (pove-ra) biblioteca. Pochi giorni dopoè arrivata la telefonata di Chiqui-ta Calvino, ovvero Esther JudithSinger, detta appunto Chiquita.La moglie 91enne dello scrittoreha preso il telefono e ha chiama-to la scuola elementare “Giovan-ni XXIII” di Padova, dicendo chevoleva regalare – data anche la simpatia manifestata dagli insegnanti verso il marito, di cuisi parlava nell’articolo – tutta lasua biblioteca: 110 mila libri, trai quali certo non mancano quellidi Calvino. Chiquita all’inizio nonè stata creduta, nella scuola si pensava a uno scherzo. Ma è tutto vero. I bambini avrannodi che viaggiare con la fantasia.

MUSICA“Quando uscirò”avrò avuto unaseconda chancegrazie al rap

Come un mantra, come un au-gurio, come un peso lanciatolontano. I nove brani rap dei gio-vani detenuti di Monza sono diventati Quando Uscirò, albumautoprodotto. L’obiettivo del di-sco, registrato dentro il carceredella città lombarda, è far na-scere (grazie al crowfunding)una sala di registrazione nel carcere. I ragazzi in precedenzaavevano seguito un laboratoriocon il rapper Kiave: «Ogni uomoha diritto a una seconda oppor-tunità. L’hip hop l’ha data a me– afferma Kiave – e ora io cercodi trasmettere quello che que-sta cultura è destinata a fare:proiettare le persone verso qual-cosa di più, di migliore». “Gli er-rori sono stati incatenati barrica-ti / si viene sempre e solo

Page 25: Italia Caritass2ew.caritasitaliana.it/.../2016/IC08_ottobre2016.pdfottobre 2016 Italia Caritas In Nigeria, incontro di organismi ecclesiali di tutto il mondo contro la tratta. Mentre

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