La rivista del Credit Suisse dal 1895 Edizionevizzera s ...

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Manuale dei settori Il lavoro ridotto allevia la crisi / Nouriel Roubini Grande intervista all’insigne economista americano Dossier investimenti immobiliari L’edilizia sostenibile è un must anche in Svizzera La rivista del Credit Suisse dal 1895 Numero 1 Edizione svizzera /Italiano Aprile/Maggio 2011 Origine Solo una questione di prospettiva temporale

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Manuale dei settori  Il lavoro ridotto allevia la crisi  /  Nouriel Roubini  Grande intervista all’insigne economista americanoDossier investimenti immobiliari  L’edilizia sostenibile è un must anche in Svizzera

La rivista del Credit Suisse dal 1895 Numero 1 Edizione svizzera / Italiano  Aprile /Maggio           2011

OrigineSolo una questione di prospettiva temporale

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Bulletin_IT_058M070GGT:Layout 1 27.01.2011 09:31 Seite 1

Editoriale 1Foto: Cédric Widmer

kooabakooaba riconosce le foto di CD, libri e giornali e fornisce informazioni tratte dal web.

Dal mio atto di nascita risulta che sono originario di Obererlinsbach, un paesello dell’Altipiano svizzero. Pur contando complessivamente poco più di 6000 abitanti, fino a poco tempo fa Erlinsbach era suddiviso nei tre comuni di Ober­ e Nieder­erlinsbach, nel canton Soletta, ed Erlinsbach, in Argovia. L’Erzbach, che scorre nel cuore del paese, segna il confine cantonale. Perlomeno cinque anni or sono, i cittadini di Ober­ e Niedererlinsbach, sulla sponda solettese, si sono riuniti in un unico comune.

Ora, mio padre è effettivamente nato e cresciuto a Obererlinsbach, nel canton Soletta. In termini di origini, dunque, nel suo caso i fatti combaciavano con gli atti ufficiali. Non appena concluso il tirocinio si trasferì però nella Svizzera orientale, dove oltre a un buon posto di lavoro l’attendeva anche la sua futura moglie. Benché nei primi tempi venisse talvolta punzecchiato per il suo inconfondibile dialetto «esotico», si sentì ben presto a proprio agio e rimase fedele alla Svizzera orientale e a San Gallo per tutta la vita. Eppure, storie di migrazioni in seno ai confini elvetici come questa, soprattutto tra regioni linguistiche, rappresentano a tutt’oggi un’ecce­zione alla regola: gli svizzeri tendono a essere profondamente legati al proprio comune di domicilio e nel raffronto internazionale sono decisamente restii a levare le tende.

Questo aspetto non scalfisce tuttavia affatto l’attrattiva della Svizzera come meta dei flussi migratori. Livelli salariali relativamente elevati e un buon tenore di vita, abbinati a un basso tasso di disoccupazione, attirano ogni anno migliaia di lavoratori stranieri, ormai divenuti un importante motore dell’economia e, dunque, del  benessere del paese. In alcuni di noi suscitano però timore: secondo il barometro dell’identità, misurato dal bulletin per la settima volta e allegato alla presente edizione, rispettivamente il 78 e il 67 per cento degli svizzeri vedono nell’immigra­zione e nell’apertura internazionale una minaccia per la propria identità. A quanto pare hanno dimenticato che, nel corso della storia, tutti noi siamo stati immigrati. È suffi ciente percorrere a ritroso il nostro albero genealogico per averne la conferma.

Anche il mondo animale e vegetale è teatro di un continuo andirivieni. Prima di emigrare al sud, leoni e leopardi popolavano per esempio l’Altipiano svizzero. Perfi no la stella alpina, simbolo della flora montana elvetica per antonomasia, si è calata dalle alte steppe asiatiche fino alle nostre regioni in tempi relativamente recenti. Sulle tracce delle origini di uomini, animali e piante, il presente numero del bulletin riserva non poche sorprese. Nel mio caso ho compreso che l’origine può essere intesa unicamente come un’istantanea. Il mondo è e rimane in costante movimento. Ecco perché nel frattempo ho aggiornato il mio atto di origine autenticato, acqui­sendo anche la cittadinanza di San Gallo. Che i concittadini di Obererlinsbach non me ne abbiano a male.  Daniel Huber, caporedattore del bulletin

Mossi dalla passione per l’arte.

Il Credit Suisse è partner di lunga data di istituzioni artistiche selezionate.La banca annovera tra i propri partner il Kunsthaus Zürich, il Singapore Art Museum e la National Gallery di Londra.

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Sommario 3

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Foto di copertina: Pia Zanetti | Foto: Pia Zanetti

Origine  Il team Currency & Commodity Research del Credit Suisse è formato da nove persone provenienti da  sette paesi diversi. Ve le presentiamo con le cose che  le legano alla loro patria e le interpelliamo sulle peculiarità  più distintive della Svizzera.

  4 _ Genealogia L’autore Till Hein spera di scoprire origini vichinghe con l’ausilio di un test genetico.

  6 _ Generi alimentari  I consumatori vogliono sapere da dove proviene ciò che sta sul loro piatto.

  9 _ Barometro dell’identità  Gli svizzeri sono fieri del loro paese e credono nella forza dell’economia. 

 10 _ Melting pot  Giungono a Zurigo da tutto il mondo per formare un team.

 26 _ Umanità  Un lungo viaggio a ritroso nel tempo verso le origini della «materia prima» dell’uomo.

 29 _ Migrazioni  Anche nel mondo delle piante e degli animali regna un frenetico andirivieni.

Invest

    Analisi e previsioni attuali

Economia

34 _ Manuale dei settori 2011 Il lavoro ridotto è uno strumento efficace per contrastare la crisi 

39 _ La parola all’esperto Perché l’origine è così importante per la strategia d’investimento

40 _ Africa  Risorse naturali, agricoltura e telefonia mobile sostengono la crescita economica

44 _ Nanotecnologia  La scienza del piccolo ha un enorme potenziale di crescita

46 _ Mercati emergenti  Da «fabbrica del mondo» a promettente tema d’investimento

Dossier

   greenproperty  L’edilizia sostenibile è un must anche in Svizzera 

Credit Suisse

50 _ Forum economico mondiale  Dialoghi co­struttivi a margine delle manifestazioni ufficiali

53 _ Promettenti opportunità A colloquio con Antonio Quintella, CEO della regione Americas 

55 _ San Francisco  Conferenza in tema di in­novazione, energia alternativa e investimenti

62 _ Mi Zhou  La violoncellista cinese vince il Prix Credit Suisse Jeunes Solistes

64 _ Incontri fra chef  Il Ticino è una roccaforte  culinaria durante tutto l’anno

66 _ Man Ray e Adolf Wölfli  Eventi espositivi a Lugano e Berna

69 _ Uster  La succursale del Credit Suisse si è vestita di nuovo

70 _ Innovazione  Le indicazioni scaturite dallo Swiss Innovation Forum al Novartis Campus

71 _ Capitale di rischio  Venture Incubator:  retrospettiva con il presidente Pius Baschera

72 _ Postato da…  Per Daniel Küng, direttore dell’Osec, vi sono nuovi territori all’orizzonte

Leader

73 _ Roger Federer  Tre giornate frenetiche al  servizio della sua fondazione e una rilassante sessione fotografica con Mario Testino

76 _ Nouriel Roubini  Il nomade globale parla di economia mondiale, avidità e se stesso

Informazione pratiche

72 _ Sigla editoriale

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bulletin 1/11  Credit Suisse

4 Origine Genealogia

Foto: C Squared Studios, Getty Im

ages

Chissà dove vivevano i miei trisavoli. In Patagonia? A Zanzibar? O forse dietro l’angolo, nel quartiere di St. Johann a Basilea? Saranno stati cacciatori? Contadini? O magari pirati?«Solo chi conosce il passato è padrone del presente», sentenzia­

no gli storici. Eppure, il mio albero genealogico è per me un mistero. In occasione di una festa di famiglia ho recentemente scoperto che, generazioni addietro, un mio prozio ha vissuto in Austria: si dice che fosse un nobile straricco e che perse la sua intera fortuna al gioco. Ma la storia della mia famiglia si perde nel 1850.

Per fortuna, pare che la scienza compia passi da gigante in cam­po genealogico. Oggi è dimostrato che ogni individuo reca nel proprio patrimonio genetico  (DNA)  tracce dei  suoi  progenitori  risalenti  a epoche remote della storia dell’umanità. E alcuni ricercatori sosten­gono di essere in grado di interpretarle.Questo metodo ha catturato  la mia attenzione per pura  coinci­

denza, quando una rivista mi ha incaricato di scrivere un articolo sui vichinghi. Per un fan sfegatato di «Hagar l’Orribile» come me, il pro­getto capitava a fagiolo. Durante le ricerche online mi sono imbat­tuto in un’azienda di Zurigo specializzata in test genetici. «Lei è un vichingo?», chiede ammiccante sul proprio sito web la ditta Igenea, che offre una serie di test di analisi genetica a partire da 199 franchi.

Di certo non potevo farmi sfuggire un’occasione del genere. La maggior  parte dei miei  parenti  ha  l’argento  vivo addosso, proprio come me. Siamo costantemente preda della voglia di viaggiare, di avventurarci alla volta dell’immensità del mare. E i vichinghi non  sono forse stati i più grandi navigatori della storia? Magari la spiegazione è semplice, mi sono detto: noi Hein siamo i loro discendenti! I vichin­ghi suscitano simpatia.  In Hillary Clinton addirittura vero e proprio amore. È stata la passione per i barbari del nord a spingerla tra le 

braccia del marito. «Aveva l’aspetto di un vichingo», scrive con tra­sporto il Segretario di Stato americano nella propria autobiografia al ricordo del primo incontro con Bill, nel 1970, in un club studentesco. Erano soprattutto  la barba  rossa e  i capelli  lunghi a  renderlo così sexy agli occhi di Hillary, che non seppe resistere al «vichingo del­l’Arkansas».

E pensare che nel Medioevo  i veri vichinghi ne combinarono di tutti i colori: appiccavano il fuoco a monasteri e interi paesi e face­vano man bassa di oro e pietre preziose. «A furore Normannorum libera nos, domine!», pregava la gente: «Proteggici dal furore dei vi­chinghi, Signore!». Eppure, oggi nessuno serba loro rancore. Anzi, ormai sono assurti allo stato di cult: forse un po’ maldestri e goffi – come «Hagar l’Orribile» – ma alla mano, divertenti e autentici.

Il simbolo della nave vichinga figura in commercio su conserve di pesce,  zucchero  in  zollette,  senape,  automobili,  cetrioli, würstel,  tartufo e marzapane. Nutrizionisti  scandinavi  raccomandano  viva­mente una  «dieta  vichinga» e  anche  Igenea cavalca  l’onda della  «vichingomania». Sul sito web dell’azienda apprendo non solo che l’analisi del patrimonio genetico rinvenuto in reperti ossei ha consen­tito agli studiosi di tracciare il profilo del DNA di Celti, Persiani, Ger­mani, Sciti, Slavi e Illiri: analizzando tracce di sangue ritrovate nel nord­ovest dell’Inghilterra e risalenti a oltre 1200 anni  fa sarebbe stato possibile isolare anche vero e proprio «sangue vichingo»!

Che nelle mie vene scorra davvero sangue vichingo? Per avere una risposta al mio quesito devo inviare un campione di saliva. Igenea mi  recapita per  posta  l’attrezzatura necessaria. Ed ecco che mi  ritrovo a passare un cotton fioc sull’interno guancia. Delicatamente, ma con polso sicuro, per raccogliere una quantità sufficiente di ma­teriale cellulare. Provo una strana sensazione: prima d’oggi avevo 

Testo: Till Hein

I geni non men-tono, purtroppo

Anima russa? Savoir-vivre francese? O forse sangue vichingo? Chi si diletta di genealogia può cercare di risalire ai propri antenati con l’aiuto dei genetisti. Resoconto di un esperimento in prima persona.

Credit Suisse  bulletin 1/11

Genealogia Origine 5

Till Heinvive a Berlino, dove lavora come autore indipendente. Originario di Salisburgo, collabora fra l’altro a «Die Weltwoche», «mare», «Die Zeit», «Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung» e alla collana «GEO».

Nonostante nel Medioevo i vichinghi fossero particolarmente temuti, o forse proprio

per questo, molti desiderano discendere in linea diretta da questo popolo.

visto prelevare campioni di saliva solamente nei gialli televisivi. Poi inserisco il campione in un contenitore di plastica, lo invio a Zurigo e verso i 199 franchi.Tutto  tace  per  settimane.  Che  Igenea  si  sia  scordata  di me? 

 Finalmente ricevo posta. Da una busta grande e spessa estraggo una cartella marrone scuro recante un logo dorato. All’interno trovo la copia a colori di un planisfero disegnato a mano, su cui sono trac­ciate le migrazioni dei popoli: quasi 20 rotte differenti. La genealogia non è di certo un gioco da ragazzi!Su un altro  foglio è  riportato  il  risultato del mio  test personale: 

«Aplogruppo: R1a1, Popolo originario: Germani o Slavi». Osservo il certificato con una certa perplessità. Dunque non sono un vichingo? E cosa sarà mai un aplogruppo? Mi viene in aiuto la legenda alle gata: gli aplogruppi sono una sorta di «grandi rami dell’albero genealogico dell’Homo Sapiens» o «etnie arcaiche», che dir si voglia. Si vengono a creare quando popolazioni dello stesso ceppo si sviluppano sepa­ratamente per un periodo prolungato. Fin qua, tutto bene.

Peccato che, a quanto pare,  il mio aplogruppo R1a1 sia molto diffuso: «Vi appartiene oltre il 40 per cento degli individui di sesso maschile  residenti  nell’area compresa  tra  la Repubblica Ceca e  i confini estremi dell’Asia centrale», recita il testo di accompagnamen­to. E un indiano su tre che parla l’hindi, per giunta. Non mi ci racca­pezzo più! Quanto al sangue vichingo, le prospettive sono tutt’altro che  rosee: nella notte dei  tempi,  gli  appartenenti  all’aplogruppo R1a1 risiedevano presumibilmente nell’Asia meridionale.

E come la mettiamo con il «popolo originario»? Il dato si riferisce alla popolazione a cui i miei progenitori appartenevano tra il 900 a.C. e il 900 d.C. Una classificazione inequivocabile non è però sempre possibile. Prendiamo il mio esempio: «Germani o Slavi». Devo forse lanciare una moneta?!  Igenea non mi pianta  in  asso.  Il  direttore  Roman C. Scholz mi rincuora al telefono: grazie al mio profilo DNA 

posso  cercare,  in  una  banca  dati  che  ne  comprende  circa  altri 300 000, i miei «cugini genetici», ovvero individui con cui ho condi­viso un antenato  in  tempi  recenti.  «Molto probabilmente nell’arco delle ultime 24 generazioni», precisa Scholz. Dopo aver  inserito  il numero del test e la password nella maschera di ricerca, il software individua subito un «cugino»:  in Danimarca. Ho un nuovo bagliore  di  speranza:  il  risultato potrebbe suggerire  la presenza di  sangue vichingo!

Nessuno dei «cugini genetici» risiede però in Islanda o Norvegia, tipiche  roccaforti della civiltà vichinga. Accidenti!  Il programma  in­formatico  identifica  complessivamente 15  «cugini»:  oltre  a quello danese figurano tre polacchi, tre tedeschi, due russi, due italiani, un ucraino, un bulgaro, un olandese e un  rumeno. Certo  che  la mia stirpe ha girato mezzo mondo! Tuttavia, Scholz mi consola: a detta sua non è  «categoricamente escluso»  che nelle mie  vene  scorra  sangue vichingo. Il sito web dell’azienda consiglia diversi «upgrade». Per esempio un «Super Kombi», apparentemente molto più preciso del test di base che ho eseguito io. Per determinare la linea paterna, la procedura analizza 67 marcatori del cromosoma Y del DNA inve­ce di 12 e sottopone inoltre la linea materna a un attento esame. Il prezzo? 899 franchi. Accipicchia!

Mi sa che piuttosto mi stendo comodamente sul divano e mi im­mergo nuovamente nella  lettura delle ultime avventure di  «Hagar l’Orribile».  <

6 Origine Generi alimentari

bulletin 1/11  Credit Suisse

Dalla regione, a giusta ragioneI ricercatori di tendenze constatano in Europa e negli Stati Uniti una «nuova consapevolezza alimentare». Oltre alla buona qualità, è essenziale soprattutto la provenienza. I generi ali-mentari di origine regionale o con una tracciabilità certa consentono di instaurare un legame emotivo, che nell’era della globalizzazione assume un ruolo sempre più importante.

Credit Suisse  bulletin 1/11

Generi alimentari Origine 7Foto: Valentyn Volkov, Shutterstock

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Agli ospiti del ristorante Krafft di Basilea basta uno sguardo al menu per notare che il numero di piatti offerti è relativamente esiguo, men­tre le descrizioni sono molto ampie. Un menu di tre portate potrebbe presentarsi così: a un «bis di trota affumicata di Zeiningen» seguono «capuns ai semi di colza in salsa verjus del lago di Costanza, funghi shiitake e formaggio Belper Knolle». Come dessert, viene poi pro­posto un carrello di formaggi svizzeri a latte crudo.Vengono inoltre fornite informazioni dettagliate sulla provenienza 

di carni, verdure, pesce e frutti di mare. Lo stesso accade per il vino, che proviene esclusivamente da aziende vitivinicole identificabili. E chi desidera saperne ancora di più – ad esempio sull’origine dell’olio d’oliva o dei dolci – può consultare il sito Internet del rinomato hotel­ristorante.A meno di dieci minuti dal Krafft, nelle immediate vicinanze delle 

grandi sedi di produzione della multinazionale farmaceutica Novartis, troviamo la Matthäusplatz, un’oasi nel cuore di un quartiere densa­mente popolato. Qui ogni sabato si svolge un vivace e colorato mer­cato, in cui avviene un contatto diretto tra produttore e consumatore: circa  l’80 per cento delle merci esposte è  infatti di coltivazione o produzione propria. Gli  orticoltori  della  regione di Basilea – molti provenienti  dalla  vicina Germania meridionale –  vendono  frutta e verdura, pane e fiori, e moltissime specialità quali miele, aceto arti­gianale o acquavite. Creato nel 2006, questo mercato dei contadini si è rivelato un pieno successo, tanto che i suoi promotori sono sta­ti recentemente insigniti di un premio della città di Basilea, e oggi attira numerosi  visitatori  anche dagli  altri  quartieri. Come spiega Christof Dietler, contitolare dell’azienda di consulenza  Pluswert, un simile mercato è  il  trend del momento. Questi  esperimenti  sono  seguiti con grande attenzione dagli esperti dell’industria alimentare e dai ricercatori di tendenze, in quanto anticipano gli sviluppi futuri.

Denominazioni fuorvianti

Oggigiorno molti  consumatori  hanno  la  spiacevole  sensazione di  non essere  informati  a sufficienza circa  la provenienza dei generi alimentari, o talvolta addirittura di essere imbrogliati. Ormai non sono solo gli insider a sapere che l’Italia esporta molto più olio d’oliva di quello che produce, oppure che la carne secca grigionese è spesso prodotta con manzo argentino. Tra i consumatori c’è inoltre grande incertezza circa l’impiego di additivi e conservanti nella produzione di alimenti.

Per Christof Dietler è chiaro che  l’origine verificabile e possibil­mente regionale di un prodotto svolge un ruolo sempre più  importante per la vendita. Si tratta peraltro di una tendenza osservabile anche a  livello  internazionale,  precisa Dietler. Una  valutazione del  tutto analoga la fornisce anche Denise Stadler, addetta stampa di Coop: molti consumatori non chiedono solo alimenti prodotti in modo soste­nibile, bensì anche di provenienza regionale. «Constatiamo sempre più spesso che i consumatori si informano sull’origine della merce», afferma Stadler. Ciò vale in particolare per la clientela «orientata al bio». Secondo Dietler, per tali consumatori la provenienza regionale è addirittura più importante di una produzione biologica certificata.

Ma quali sono i motivi alla base del desiderio di alimenti regiona­li? Da un lato, un ruolo di una certa importanza è svolto dal fattore fiducia. «Si tende a fidarsi maggiormente dei prodotti della propria regione», spiega Stadler. Tra l’altro, per questi prodotti è anche più facile verificare  la correttezza dei dati  indicati. Ma un ruolo essen­

ziale è  svolto  anche dall’aspetto ecologico:  per  i  prodotti  locali  i  percorsi di  trasporto sono molto più brevi, cosicché nella maggior parte dei casi il bilancio ecologico è decisamente migliore rispetto ai beni importati. Un terzo fattore molto importante è tuttavia anche di tipo emotivo: entrambi gli esperti concordano che si tratta di  valori come terra di appartenenza, identificazione, radici, rapporto con il territorio. Proprio  nell’era  della  globalizzazione,  questa  esigenza  sembra aumentare: in un mondo in cui i produttori regionali e finora indipendenti vengono comprati e  integrati da gruppi multinazionali, che poi vendono gli stessi prodotti a livello mondiale, cresce il biso­gno di un legame con la propria terra d’origine.Un certo ruolo è svolto anche dal trend chiamato LOHAS, in atto 

tra  le persone con redditi elevati e di estrazione urbana, diffusosi dagli Stati Uniti  anche negli  altri  paesi  occidentali.  Il  concetto di  LOHAS (si veda la scheda a pagina 8) indica uno stile di vita che punta a conciliare alimentazione sana e responsabilità ambientale. O forse LOHAS, pur essendo un’espressione specifica per un ceto elevato, designa in realtà lo stesso trend che spinge i consumatori di un’altra classe di potere di acquisto a rinunciare in inverno a fagioli o aspa­ragi giunti sugli scaffali per via aerea, preferendo le verdure di sta­gione degli orticoltori locali?

L’esigenza di  un’indicazione esatta per  la provenienza degli  ali­menti non è nuova: per i vini di qualità, l’esatta località di produzione è  riportata già da molto  tempo sull’etichetta,  e anche per diversi  tipi di formaggio la provenienza è essenziale. Attraverso le denomi­nazioni di origine protetta AOC e  IGP  (si veda la scheda a pagina 8),  i produttori hanno cercato fin dagli anni Novanta dello scorso secolo di distinguere i propri prodotti «autentici» da emuli e succedanei di qualità  inferiore. A tale riguardo, un ruolo centrale è svolto anche dal concetto di «terroir». A livello internazionale, il movimento Slow Food ha dato un impulso notevole alla promozione di alimenti auten­tici, non contraffatti e unici, in grado di offrire un elevato piacere di degustazione.

Filiere sostenibili

Sebbene  i piccoli e vivaci mercati dei contadini oppure  i  ristoranti come il Krafft di Basilea possano dare spunti importanti, non sono in grado di risolvere i problemi derivanti da una produzione non so­stenibile e dai lunghissimi percorsi di trasporto.Secondo Dietler è decisivo che nella grande distribuzione svizze­

ra si sia messo in moto un meccanismo notevole sotto il profilo quan­titativo,  che  riguarda migliaia di  animali  allevati  in modo migliore,  rilevanti  quantità di  pesticidi,  a  cui  probabilmente  si  rinuncerà,  e  centinaia di migliaia di chilometri di  trasporti su gomma che forse non saranno percorsi. «Si tratta in ultima analisi di filiere sostenibili, da cui tutte le parti coinvolte traggono un vantaggio», afferma  Dietler. I prodotti originari delle  rispettive  regioni  conseguono ovviamente risultati migliori.

Come spiega Dietler, i due giganti della grande distribuzione sviz­zera, Coop e Migros, hanno già compiuto importanti passi in avanti in termini di sostenibilità e regionalità dei prodotti alimentari. Si  parla di programmi  in piena crescita come «Naturaplan» (Coop, bio con  la gemma, 760 milioni di franchi di fatturato), «Naturafarm» (Coop, programma di allevamento, 480 milioni), «Terrasuisse» (Migros, pro­dotti  di  IP­Suisse,  650 milioni),  «Dalla  regione. Per  la  regione.»  (Migros, 750 milioni) o «Pro Montagna». Dietler è certo che, a fron­te di simili volumi di fatturato e con un assortimento così ampio di prodotti regionali ed ecologici, Coop e Migros abbiano svolto un 

Testo: Beat Stauffer

bulletin 1/11  Credit Suisse

8 Origine Generi alimentari

LOHASÈ l’acronimo di «Lifestyles of Health and Sustainability» (letteralmente: stili di vita im- prontati a salute e sostenibilità) e indica un atteggiamento che punta a conciliare un’alimentazione sana con una responsabilità consapevole verso l’ambiente e le altre persone.

TerroirQuesto termine di origine francese indica la zona specifica di provenienza di un prodotto, che si compone a sua volta di una località, contraddistinta dalle sue peculiarità naturali (composizione del suolo, flora, fauna e topo grafia), e degli uomini che riescono a valorizzare le qualità locali.

Prodotti AOC e IGPI marchi ufficiali di qualità AOC e IGP sono riservati (dal 1997) ai prodotti agroalimentari aventi uno stretto e tradizionale legame con la rispettiva zona di origine. In Svizzera, la maggior parte delle certificazioni AOC e IGP è costituita da prodotti a base di carne e formaggi.

Slow FoodIl movimento Slow Food è nato negli anni Novanta dello scorso secolo in Italia, espan-dendosi poi a tutta l’Europa. La priorità è sempre incentrata sulla riscoperta della cultura del gusto.

ruolo pionieristico a livello internazionale, guadagnando una note vole visibilità in tutta l’Europa.

Accesso ai produttori bio in un clic

Per la portavoce Coop è evidente che un segmento di clientela in piena  crescita  si  sta  orientando  verso  queste  tendenze. Denise  Stadler è però soprattutto convinta che la sua azienda abbia contri­buito a plasmare tali trend. Peraltro, Coop esercita questa politica non  solo nell’ambito dei  prodotti  bio,  bensì  in  tutto  il  segmento:  laddove possibile, si cerca sempre di offrire prodotti originari della Svizzera e  in particolare della  regione. Attualmente circa  il 70 per cento dei generi alimentari a marchio Coop proviene dalla Svizzera, e per i prodotti freschi questa percentuale è ancora nettamente più elevata.  Un’attenzione  particolare  per  quanto  riguarda  la  prove­ nienza dei  prodotti  viene dedicata da Coop alle  cosiddette  filiere regionali: prodotti bio provenienti da piccole realtà locali e prodotti che portano il marchio «Pro Montagna» e «Pro Specie Rara». L’ultimo progetto  in  termini di  trasparenza e  tracciabilità dei generi alimen­ tari è il codice d’identificazione Naturaplan riportato sulla confezio­ ne. Si tratta di un numero da tre a cinque cifre con il quale i consu­matori  possono apprendere mediante un semplice clic del mouse l’esatta provenienza di  un prodotto, giungendo direttamente alla  pagina della biofattoria. Questa applicazione web è disponibile da ottobre 2010.

Il concetto di «terroir»

Torniamo ora all’hotel­ristorante Krafft, affacciato sul Reno, che pro­pone ai propri ospiti una cucina basata su ingredienti prettamente regionali e pratica una politica di trasparenza sulla provenienza degli stessi. Lo chef Andi Steiner è convinto che la sua «filosofia dei pro­dotti freschi e locali» e la dettagliata dichiarazione di origine siano molto apprezzate dai  clienti  del Krafft. La  stessa  linea è  seguita  anche da ristoranti come il Terroir di Zurigo e il Lötschberg di Berna. Nel  primo  vengono serviti  esclusivamente prodotti  svizzeri,  e ove possibile  regionali,  la cui esatta origine è attestata nel menu con dovizia di particolari. Con il termine «terroir» si  indica l’origine spe­cifica di un prodotto (si veda la scheda a sinistra). Una «swissness» al 100 per cento viene garantita anche per le ricette della nonna  rivisitate in chiave moderna.

In un’atmosfera più  rustica, anche nel  ristorante Lötschberg di Berna  vengono serviti  soltanto prodotti  svizzeri:  vino e birra,  for­ maggi e insaccati, vari tipi di fondue e raclette vallesana. Anche qui, nel piatto e nel bicchiere si trovano pietanze di provenienza certifi­cata AOC  (si veda la scheda a sinistra),  con una  tracciabilità  talvolta possibile fino alla singola fattoria o a una determinata alpe.Tutti  gli  esperti  interpellati  concordano sul  futuro degli  alimenti 

regionali prodotti  in modo sostenibile o con esatta denominazione d’origine: il trend va chiaramente in questa direzione. Del resto, la provenienza e  il  terroir  sono  in  auge anche perché questi  termini  richiamano valori e sensazioni molto più coinvolgenti e immediati di un freddo bilancio ecologico.  <

Link Internet www.slowfood-ticino.ch www.krafftbasel.ch/restaurant.html www.terroir.ch www.loetschberg-aoc.ch www.pluswert.ch www.aoc-igp.ch

plusLa rivista del Credit Suisse dal 1895

Barometro dell’identità Credit Suisse 2010

PaesaggioNeutralità Alpi

Barometro dell’identità Credit Suisse 2010

Assieme all’istituto di ricerche gfs.berna, il bulletin vuole indagare sui problemi che più affliggono gli svizzeri e mostrare quale sia il loro atteggiamento rispetto a diversi aspetti della vita. Nel nostro numero di dicembre avevamo presentato i risultati del barometro delle apprensioni 2010 nonché del barometro della gioventù, realizzato per la prima volta. Con il barometro dell’identità pubblichiamo ora i principali dati del settimo sondaggio relativo all’identità svizzera, che illustra fra l’altro i punti di forza e di debolezza del paese sul piano economico e socio-politico. Un confronto fra i vari sondaggi può rivelarsi utile.

Le versioni in formato PDF (in italiano, tedesco e francese) sono disponibili al sito www.credit-suisse.com/bulletin.

bulletin plusL’inserto da staccare

bulletin 1/11  Credit Suisse

Sven SchubertGermania

Marcus HettingerGermania

Julia Dumanskaya Russia

Tobias MerathGermania

Joe PrendergastIrlanda

Shivani Tharmaratnam 

Singapore

10 Origine Melting pot

Melting pot Svizzera: il team Currency & Commodity Research del Credit Suisse di Zurigo è formato da nove collaboratori provenienti da sette paesi diversi. Ciascuno di loro presenta le cose e i luoghi che lo lega alla patria e svela cosa trova di così straordinariamente elvetico nella Svizzera.

ORI GINEAnnotazioni: Bettina Bucher; fotografie: Pia Zanetti

Credit Suisse  bulletin 1/11

Joe PrendergastIrlanda

Stefan GraberSvizzera

Anna­Mária SimonRomania

Karim CherifFrancia

Melting pot Origine 11

ORI GINE

12 Origine Melting pot

bulletin 1/11  Credit Suisse

Mia madre mi ha comperato questo scialle un paio d’anni fa a Mosca. Ogni volta che lo indosso provo una sensazione par-ticolare. Il motivo è tipicamente russo, ma mi è stato detto che va sempre più di moda anche nell’Europa occidentale. Il libro sotto il mio braccio è un vecchio volume illustrato di Mosca, una bellissima edizione rilegata in pelle che a dire il vero appartiene a mia madre. Lo mostro ai miei amici svizzeri quando vogliono saperne di più sulla mia città natale. La mia foto preferita ritrae le cattedrali del Cremlino, il simbolo di Mosca....

Julia DumanskayaRussia

Credit Suisse  bulletin 1/11

Melting pot Origine 13

…In Svizzera noto uno spiccato senso di responsabilità nel piccolo e nel grande, un approccio sostenibile a tutte le cose. Ne è un limpido esempio la chiusura al traffico della strada nell’Eigental, nelle vicinanze di Kloten, durante il periodo di migrazione degli anfibi in primavera. Il blocco stradale consente a rospi e rane di raggiungere indenni le acque per la deposizione delle uova. È un evento che si ripropone ogni anno e ogni volta ne rimango affascinata.

14 Origine Melting pot

bulletin 1/11  Credit Suisse

Il dipinto grigio alle mie spalle è opera di un artista gallese sconosciuto. È uno dei primi quadri che abbia mai acquistato. Sono ormai trascorsi vent’anni e nonostante le sue smisurate dimensioni ha condiviso tutte le tappe geografiche del mio cammino professionale. Ha abbellito la mia casa a Londra e poi in Irlanda e infine mi ha accom-pagnato in Svizzera. Amo le sue dimensioni e la profondità. Ha per tema l’infinità ed è molto più complesso di quanto possa sem-brare a un primo sguardo. ...

Joe PrendergastIrlanda

Credit Suisse  bulletin 1/11

Melting pot Origine 15

…L’importanza tributata qui a direttive, disposizioni e puntualità può sembrare un poco fredda o impersonale. Eppure ne emerge un’armonia collettiva che a mio giudizio rappresenta una componente essenziale dell’identità svizzera. Un pregio di questa società perbene e affidabile risiede nel fatto che persino i bambini pic-coli possono recarsi a scuola da soli in sicurezza, un’eccezione davvero notevole nel mondo di oggi.

16 Origine Melting pot

bulletin 1/11  Credit Suisse

A Zurigo mi muovo quasi esclusivamente in bicicletta. Si è veloci, non si perde tempo, non si fa attesa da nessuna parte, non ci sono orari dei mezzi di trasporto da spul-ciare e parcheggi da cercare: per me è un pezzo di qualità della vita. A Singapore, dove ho lavorato e vissuto per un paio d’anni, ho rimpianto questa semplice forma di mobilità. Nella città-Stato asiatica non solo la regolazione del traffico è integral-mente incentrata sull’automobile, anche il clima tropicale caldo e umido non è pro-priamente ideale per i ciclisti. L’evoluzione si muove in controtendenza: da noi si passa dall’automobile alla bicicletta, in Asia dalla bicicletta all’automobile....

Stefan GraberSvizzera

Credit Suisse  bulletin 1/11

Melting pot Origine 17

…In Svizzera la sfera privata, il proprio ‹giardinetto›, riveste grande importanza. Sui mezzi di trasporto pubblici ognuno cerca possibilmente un posto a sedere separato. Al ristorante ciascuno ordina il proprio piatto, mentre a Singapore si ordina insieme, il cibo viene disposto al centro della tavola e tutti se ne servono. Anche nell’abitare gli svizzeri hanno spesso cura di isolarsi il più possibile dai vicini, mentre a Singapore gli edifici residenziali dispongono sempre di un’area comune dove gli abitanti si ritrovano per svolgere tutte le possibili attività.

Foto: S

tefan Jaeggi, K

eystone

18 Origine Melting pot

bulletin 1/11  Credit Suisse

L’amore per il paese natio non va forse preso in parte per la gola? Salsiccia al curry e patatine fritte sono un’autentica pietanza berlinese. A Berlino ci sono un paio di locali, come il Curry 36 a Kreuzberg, un chiosco per spuntini dove la gente fa la coda fino alle tre di mattina. In Svizzera invece, dove vivo da sei anni, non sono ancora riuscito a trovare una salsiccia al curry davvero ap-petitosa. Per questo ogni volta che mi reco a Berlino la regina delle salsicce è una tap-pa obbligata. Ma sul piano culi nario sono assolutamente aperto alle nuove esperienze. Ho cominciato a consumare formaggi solo in Svizzera e nel frattempo ho imparato ad apprezzare raclette e fondue come auten-tiche prelibatezze. ...

Sven SchubertGermania

Era un maggiolino VW, me lo ricordo benis-simo, anche se non rammento più il colore. Con il maggiolino, all’inizio degli anni Settanta, i miei genitori hanno lasciato per lavoro la Germania meridionale alla volta della Svizzera. Sul sedile posteriore c’ero io, in questo seggiolino. Siccome sono arri- vato in Svizzera già da bambino, parlo per-fettamente anche il dialetto. Oggi vivo nella regione di Basilea, il balzo dalla Germania non è stato troppo grande ed è sicuramente anche per questo che, oltre al seggiolino, non ho conservato altri oggetti legati a ricor-di della vecchia terra d’origine....

Marcus HettingerGermania

Credit Suisse  bulletin 1/11

Melting pot Origine 19

…Apparentemente una spada ha funto per lungo tempo da legittimazione al diritto di voto alla Landsgemeinde di Appenzello. La spada è stata tramandata di generazione in generazione, e ancora oggi numerosi appenzellesi la portano alla Landsgemeinde. Da un lato è una curiosità, dall’altro trovo encomiabile che si conservino i cerimoniali, poiché arricchiscono la cultura.

Foto: S

TR, K

eystone

…Spesso si tende a dimenticare che in Svizzera si parlano quattro lingue. Trovo affascinante l’idea che si possa viaggiare nel proprio paese e imbattersi all’improv- viso in una lingua diversa, ritrovarsi in terra ‹straniera› senza aver valicato il confine, e credo che dovremmo sforzarci di più per parlare queste lingue nazionali o perlo- meno comprenderle.

Foto: A

rno Balzarini, Keystone

20 Origine Melting pot

bulletin 1/11  Credit Suisse

A dire il vero preferisco fotografare piutto-sto che essere fotografata, tant’è che quando viaggio per affari ho sempre la mia fotocamera digitale con me. Ma non solo per immortalare le mie nuove impressioni, bensì anche perché vi sono memorizzate innumerevoli fotografie dei miei cari a Sin-gapore. E di luoghi familiari. Sono attac-catissima alla famiglia e anche gli amici mi stanno a cuore. Una delle mie fotografie preferite ritrae mia sorella e la mia nipotina. La tecnologia moderna mi consente di portarmi appresso all’altro capo del mondo un pezzetto di patria e sicurezza in formato tascabile....

Shivani TharmaratnamSingapore

Il mio piatto preferito sono le Maultaschen, e purtroppo sono quasi introvabili in Svizzera. Si è quasi portati a credere che una volta attraversato il lago di Costanza le Maultaschen siano da dimenticare. Ecco perché quando vado in Ger mania ne ac-quisto alcune confezioni e le congelo. Le Maultaschen sono una specialità sveva e costituiscono un tipo di pasta ripiena, una sorta di grossi ravioli, il cui ripieno è pre-parato con un trito di carne, spinaci, mollica di pane e cipolle, insaporito con diverse spezie. Nel linguaggio comune sono note anche con il nome umoristico di ‹Herr-gottsbscheisserle› (piccoli ingannatori del Signore Iddio), che trae origine dal fatto che durante il periodo di quaresima la carne può essere nascosta avvolgendola nella pasta....

Tobias MerathGermania

Credit Suisse  bulletin 1/11

Melting pot Origine 21

…Mi sorprende il fatto che in Svizzera basti obliterare un biglietto a un apparecchio automatico per poter salire sul treno o sul tram. Il controllo avviene solo a campione. In Asia invece il più delle volte non ci si avvicina proprio al treno se non si ha un biglietto. A quanto pare in Svizzera si nutre molta fiducia negli utenti dei mezzi pubblici.

…Ciò che a volte mi stupisce è la grande cor-rettezza che presiede a tutto quanto viene fatto in Svizzera. Ad esempio la carta usata deve essere rigorosamente legata insieme perché venga anche raccolta. Gli orari di utilizzo del raccoglitore del vetro vanno rispettati alla lettera. E se l’orario di sosta in un parcheggio riservato ai visitatori è limitato a quattro ore, si può essere certi che qualcuno ti incolla un bel foglietto sul parabrezza se osi lasciarci la macchina una mezzoretta in più.

22 Origine Melting pot

bulletin 1/11  Credit Suisse

Le mie radici sono nella Terra dei Siculi, una piccola regione della Transilvania rumena. Un oggetto che mi ricorda la mia amata ter-ra natia è un portone in miniatura, prove-niente appunto dalla Terra dei Siculi. Questi imponenti portoni in legno sono un tipico esempio di architettura transilvana: sono ornati con dipinti o intagli e donano un toc-co maestoso all’ingresso delle case nel villaggio. Sotto lo stesso tetto vi sono due passaggi: il più piccolo per le persone, il più grande per i veicoli. Il visitatore che pas-sa attraverso il portone viene accolto da iscrizioni come ‹Benedetto sia colui che en-tra, e la pace accompagni colui che parte›....

Anna-Mária SimonRomania

Credit Suisse  bulletin 1/11

Melting pot Origine 23

…I primi tempi che mi trovavo in Svizzera cercai in una libreria qualcosa che mi aiutasse a migliorare il mio tedesco. Il mio sguardo cadde sull’opera ‹Der Wasch-küchenschlüssel› (letteralmente ‹La chiave della lavanderia›) di Hugo Loetscher. Poiché avevo già sperimentato che nel rapporto con la lavanderia risiede senz’altro una con-flittualità, ne rimasi incuriosita e acquistai il libro. Per mia fortuna! Mi ha spiegato come funziona la mentalità svizzera nel quoti-diano e perché è così importante per gli svizzeri attenersi a tutte le regole scritte e non scritte. Il breve racconto geniale di Loetscher mi ha dato la chiave per aprire il... portone elvetico.

Foto: D

irk Holst, D

H Foto

24 Origine Melting pot

bulletin 1/11  Credit Suisse

In questo tea room marocchino respiro un po’ di aria di casa. Ho radici arabe. Le numerose piastrelle di maiolica colorata sprigionano un’atmosfera orientale e i bassi sofà ricordano un salotto arabo, dove ci si mette comodi, si sta con la famiglia e gli amici, si sorseggia un tè. Il tè per l’ap-punto riveste un’importanza particolare nella nostra cultura e ospitalità: c’è sempre il tempo per un tè e c’è sempre un buon motivo per berlo insieme. Quando si riceve un ospite si finisce immancabilmente in salotto, con un tè. Sono momenti di aggre-gazione e condivisione, propriamente di felicità. ...

Karim CherifFrancia

Credit Suisse  bulletin 1/11

Melting pot Origine 25

…Della Svizzera amo soprattutto l’estate, quando si può trascorrere la serata in un bar di uno stabilimento balneare all’aperto lungo il fiume o il lago. Che io ricordi non c’è nulla di comparabile in Francia: a Parigi nessuno si sognerebbe di fare il bagno nella Senna. I miei preferiti sono il Rimini-Bar e il Barfuss-Bar all’interno del Frauenbadi, lo stabilimento balneare in stile liberty riservato di giorno alle sole donne. La totale trasformazione di questi centri all’imbrunire mi affascina: diventano un luogo di ritrovo per chi desidera diver-tirsi e ascoltare musica. Una combinazione davvero straordinaria di vita notturna me-tropolitana e natura intatta.

La nota fotografa Pia Zanetti vive e lavora a Zurigo dal 1971. In precedenza aveva trascorso otto anni a Roma e Londra. Pia Zanetti ha richiamato  l’attenzione su di sé con vari reportage di grande impatto su America latina, Africa, Medio ed Estremo Oriente, Europa orientale e occidentale. Le sue  fotografie sono presenti in collezioni pubbliche e private. 

Foto: D

agmar Lorenz

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Migliaia di stelle sono dovute nascere e poi morire per creare quei materiali di cui noi stessi, in buona sostanza, siamo fatti.

Mentre i tentativi di spiegare la genesi dell’umanità sono spesse volte intrisi di elementi mitici, l’origine vera e propria rimane avvolta nell’oscurità. Viceversa, l’origine della «materia prima» di cui l’uomo è costituito è una pagina decisamente meglio esplorata.

Figli del-l’universo

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Elementi Origine 27Foto: Reha Mark, Shutterstock

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dando infine origine, circa 4,8 miliardi di anni fa, agli otto pianeti, a vari pianeti nani, almeno sessanta lune, migliaia di asteroidi e innu­merevoli meteoroidi e comete.

Stadi di sviluppo del sole e di altre stelle

Il sole si trova attualmente con buona approssimazione a metà del suo ciclo vitale. Per il «prossimo futuro» – alcune centinaia di milioni di anni – splenderà con la stessa costanza di oggi, dopodiché la sua luminosità aumenterà  lentamente,  la sua massa comincerà a gon­fiarsi fino a una volta e mezzo le sue dimensioni attuali e sarà due volte più brillante. Frattanto il calore sulla terra diverrà insopporta bile tanto da fondere le calotte polari e desertificare il pianeta. Fra circa cinque miliardi di anni, infine, la riserva di idrogeno presente all’in­terno del sole sarà esaurita. Il nucleo si contrarrà per effetto della sua gravitazione (collasso gravitazionale) e si riscalderà fino a inne­scare i processi di fusione nucleare negli strati esterni dove ancora vi sono sacche di idrogeno. Il sole continuerà a ingrandirsi mentre al tempo stesso la sua superficie comincerà a raffreddarsi. A questo stadio si  trasformerà  in una colossale stella  rossa cento volte più luminosa dell’attuale sole che si espanderà fino all’orbita di Mercurio. Sulla  terra regnerà a questo punto un clima da altoforno che farà evaporare gli oceani e arroventerà la superficie terrestre.Dopo alcuni altri milioni di anni la temperatura nel nucleo di elio 

della gigante rossa salirà a circa cento milioni di gradi, quindi inizie­rà la fusione degli atomi di elio in atomi di carbonio e ossigeno. Per effetto delle reazioni termonucleari, da questo istante in poi al cen­tro del sole si accumulerà carbonio, nel seguito il nucleo si  ristringerà nuovamente e  la zona di combustione dell’elio si espanderà verso l’esterno, cosicché  la gigante  rossa assumerà dimensioni così co­lossali che la sua atmosfera esterna ingloberà la terra.

In un arco di circa 100 000 anni il sole rilascerà nello spazio gli strati più esterni. Questa nube gassosa continuerà a espandersi nel cosmo formando una nebulosa planetaria al cui centro rimarrà una stella rovente e poco luminosa, il nucleo inerte della gigante rossa.

Dopo altri milioni di anni questa stella darà origine a una nana bianca. Una volta raggiunto questo stadio, il sole avrà ancora una massa  pari  all’incirca  alla metà  di  quella  attuale, ma  comunque  grande appena quanto il nostro pianeta, giacché la parte residua 

Stante le attuali conoscenze viviamo in un universo che si è formato circa 13 miliardi di anni fa. Da una gigantesca esplosione, nota comu­nemente come «big bang», scaturì una palla di fuoco estremamente piccola, di densità e  temperatura  inimmaginabili –  l’universo primi­genio – che per effetto dell’esplosione iniziò a espandersi seguendo un processo che continua tuttora. Svariate centinaia di migliaia di anni dopo il big bang si formarono enormi quantità di idrogeno, l’ele­mento più leggero costituito da un protone e da un elettrone, nonché da elio e tracce di litio.

I fisici si interrogano ancora oggi cercando di indovinare perché la storia della creazione non si sia già interrotta poco dopo il big bang: per pura teoria l’idrogeno avrebbe infatti potuto distribuirsi abbastan­za uniformemente nell’universo e rimanere poi sospeso nel cosmo come una nube che con l’espandersi dell’universo si sarebbe assot­tigliata sempre più.

Se l’universo avesse compiuto questa evoluzione sarebbe perito prima di dar vita a qualcosa, o espresso con altre parole: sarebbe finito in uno spazio gigantesco in cui fluttuavano solo immani nebu­lose di idrogeno. Ma la natura previde uno sviluppo diverso.

Con  il  tempo  la concentrazione di materia diede vita alle stelle, disposte in masse colossali dette galassie, che sono insiemi di vastis­sime dimensioni di varie centinaia di miliardi di soli. Anche il numero delle galassie stesse è oggi stimato a oltre 100 miliardi.

Masse gassose addensate in stelle

Miliardi di anni or sono dalla materia della nebulosa primordiale si formò anche una spirale gassosa in rotazione su se stessa, la nostra Via Lattea primigenia. Quando le masse gassose si condensarono lentamente in stelle, nacquero i soli. Stelle massicce o blu di prima generazione fusero l’idrogeno in elio e poi in elementi più pesanti e poiché avevano vita breve e alla fine del loro ciclo vitale divennero instabili, «presto» si dissolsero in luminose esplosioni come spetta­colari supernove, rilasciando detriti stellari e una gigantesca nube gassosa. Alcuni miliardi di anni addietro ai margini della Via Lattea si condensò anche una nebulosa di polveri e gas interstellari, nel cui centro si formò un nucleo denso e rovente (protosole) dal quale nac­que una stella gialla:  il nostro sole. Oggi si  ritiene che  la materia detritica si sia raccolta in cerchi concentrici attorno al neonato sole, 

Testo: Andreas Walker

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28 Origine Elementi

della materia è stata dispersa nello spazio interplanetario nella fase di gigante rossa.

Le nane bianche o degeneri presentano una densità di circa una tonnellata per centimetro cubo. Non potendo più innescare alcuna reazione nucleare sono destinate a raffreddarsi e a spegnersi  len­tissimamente nell’arco di vari miliardi di anni.

Le stelle con una massa fino a quattro volte quella del sole com­piono un’evoluzione analoga alla sua, ma molto più rapidamente. Più elevata è la massa di una stella, più breve è il suo ciclo vitale. La stella Sirio ad esempio, con una massa circa due volte superiore a quella solare, raggiunge solo un decimo dell’età del nostro sole. Le stelle con massa molto grande vivono persino «solo» alcuni milioni di anni, il che secondo i parametri cosmologici è molto poco.

Detriti stellari come materiale di costruzione

Pur avendo un ciclo vitale breve, le stelle con massa molto grande assolvono una funzione molto importante nel cosmo: producono gli elementi chimici pesanti. Nel corso del loro sviluppo si trasformano in supergiganti rosse e il calore al loro interno è tale che la fusione termonucleare travalica ampiamente la combustione dell’elio di stel­le solari. Il processo innesca così una reazione a catena durante la quale si producono elementi sempre più pesanti. Dopo che la stella ha fuso i nuclei di silicio in nuclei di ferro, la produzione di energia termina e il nucleo collassa. Il collasso gravitazionale è di così vaste proporzioni da liberare una gigantesca quantità di energia che pro­voca un’immane esplosione cosmica: gran parte della stella, in par­ticolare i suoi strati più esterni, definita «supernova», si disintegra e viene lanciata nello spazio. La stella diventa più luminosa dell’intera galassia che  la ospita sprigionando una  luce pari a miliardi di soli normali  e  scagliando nello  spazio  tanta materia quanta ne occor­rerebbe per dar vita a parecchi sistemi solari come il nostro. Per gli osservatori  sulla  terra  la  stella  diverrebbe  improvvisamente  così   chiara da eclissare l’intera sua galassia, anche se prima era del tut­to invisibile a occhio nudo, tanto da infondere la sensazione di una nuova stella nata dal nulla. Ecco perché l’improvviso risplendere di un oggetto simile a una stella è definito nova, e supernova quando il fenomeno è particolarmente luminoso e brillante.

Durante l’esplosione di una supernova vigono condizioni alle  quali possono formarsi elementi anche più pesanti del ferro, quindi anche atomi  «esotici»  come  l’oro  o  l’uranio,  presenti  pure  sulla  nostra   terra. Questa esplosione gigantesca scaglia e disperde i nuovi ele­menti nello spazio, dove possono di nuovo mescolarsi con altre nubi gassose ed essere poi «utilizzati»  in  futuro per creare nuovi soli e pianeti. Tutti gli elementi che si incontrano sul nostro pianeta sono «maturati» in stelle e supernove. I nostri corpi umani sono costituiti 

di  fatto da polvere  stellare  raffreddata,  ovvero  i  nostri  organismi   sono detriti trasformati di soli scomparsi da lungo tempo. È affasci­nante  l’idea che  le persone che stanno  leggendo questo bulletin, persino lo stesso telescopio con cui osservano le stelle e infine  tutto il materiale di costruzione della terra, siano fatti di materia stellare proveniente da corpi  celesti  collassati  in un passato  lontanissimo. Siamo dunque «figli dell’universo» in senso letterale!A questo punto si evidenzia l’affascinante intelligenza ordinatrice 

all’opera nell’universo e non fortuitamente protesa alla vita. Per ef­fetto di minime fluttuazioni di densità e della gravitazione, da enormi masse di  idrogeno si formarono galassie e stelle. Se  l’idrogeno si fosse distribuito del tutto uniformemente, oggi non esisteremmo. I «grandissimi soli» bruciarono molto  rapidamente,  fornendo così gli elementi assolutamente necessari per un ulteriore sviluppo dell’uni­verso. Dopo alcune generazioni stellari apparvero anche elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, fra l’altro anche ossigeno e sili­cio, che sulla terra ricoprono un ruolo primario per la nascita della vita. Infine occorrono piccoli soli gialli come il nostro, che abbiano un ciclo vitale sufficientemente lungo e un sistema planetario che ospiti inoltre un pianeta posto alla «giusta» distanza dal sole madre, non troppo vicino e non troppo lontano. Il pianeta deve anche pos­sedere  la  giusta  densità  e  composizione  atmosferica,  altrimenti  potrebbe regnarvi un clima torrido come su Venere o da periodo gla­ciale come su Marte. A queste condizioni possono esistere le forme di vita a noi oggi note, se aggiungiamo acqua in quantità sufficiente e in forma adeguata (oceani liquidi).

In un’ottica puramente statistica, i 13 miliardi di anni di esistenza del cosmo sono un periodo troppo breve per un’origine meramente casuale della vita. In altre parole: la vita molto evoluta è nata pratica­mente nel minor tempo possibile. Anche se di primo acchito sembra che la nostra terra si trovi in un universo freddo e ostile alla vita,  così vasto da farci sentire forse smarriti, in realtà è esattamente l’opposto.

L’universo è programmato per la vita

L’universo sembra programmato a creare, in cicli incessanti di dive­nire e perire di  innumerevoli miliardi  di  soli,  un ordine sempre più progredito della materia che consentisse inizialmente una vita primi­tiva e infine le sue forme più evolute. Varie generazioni di stelle sono dovute nascere e poi morire per creare quei materiali presenti sulla nostra terra e di cui noi stessi, in buona sostanza, siamo fatti.

L’interrogativo del «perché» sembra trascendere l’intelletto umano. Poco  importa se questa  forza viene chiamata Dio,  intelligenza su­periore, creatore o altro: per il pensiero umano la nascita della vita nell’universo rimarrà il più affascinante prodigio che mai si sia com­piuto.  <

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Flora e fauna Origine 29

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Le piante e gli animali sono un po’ come gli esseri umani: se scavia­mo nel loro passato, scopriamo che sono tutti stranieri.

Perfino le Alpi, per molti svizzeri la quintessenza della patria, ospi­tano quasi esclusivamente immigrati. Ai tempi della loro orogenesi, 25–35 milioni di anni or sono, furono prese d’assalto dagli abitanti di massicci montuosi  più  antichi:  rododendri,  primule e genziane provenienti dall’Asia nonché crochi, margherite e narcisi originari del bacino del Mediterraneo.

E pensare che la composizione delle specie delle Alpi è tuttora relativamente stabile. A subire trasformazioni ben più radicali sono state la flora e la fauna prealpine, esposte a un continuo andirivieni dettato dai mutamenti  climatici  e,  in  tempi più  recenti,  dagli  inter­venti dell’uomo. «Il concetto di stato primordiale del nostro ecosiste­ma è utopico», sostiene lo zoologo di Monaco Josef Reichholf. «L’evo­luzione è sempre stata estremamente dinamica».

Costante alternanza di periodi glaciali e interglaciali

L’avvenimento più significativo prima della comparsa dell’uomo  furono le ere glaciali, una catastrofe per animali e piante: dopo 60 milioni di anni di temperature stabilmente miti, due milioni di anni fa avan­zarono  improvvisamente  i ghiacciai. Di seguito si assistette a una costante alternanza di brevi periodi interglaciali e prolungati periodi glaciali, l’ultimo dei quali (per ora) si concluse solo 12 000 anni fa.

In Europa centrale gli  sbalzi  climatici  furono  talmente marcati  da mettere  sottosopra anche  il  regno animale e  vegetale. Durante  i  periodi glaciali i boschi si ritiravano e sulle superfici prive di ghiaccio attecchivano  le  specie originarie della  tundra e della  steppa del­l’Europa orientale e della Siberia, che vi facevano ritorno nei periodi interglaciali.  In  compenso,  l’Europa centrale  veniva  ripopolata da piante e animali che avevano «svernato» nel bacino del Mediterraneo. Ogni mutamento climatico andava dunque di pari passo con massic­ci flussi migratori.Alcune specie si persero per strada. In quanto disposte da ovest 

a est,  le grandi catene montuose europee (Pirenei, Alpi, Carpazi) ostacolano  infatti  il percorso  inverso da sud. A ogni  innalzamento  o abbassamento delle  temperature  si  estinguevano dunque deter­minate specie: ecco perché al giorno d’oggi la flora europea è rela­tivamente povera. Il Nord America (dove i massicci montuosi sono disposti da nord a sud) ospita ad esempio oltre venti varietà di quer­cia, il Vecchio continente soltanto quattro.

Leoni e leopardi in Europa centrale

A volte,  il cambiamento climatico favorì però anche nuovi arrivi: si presume che la stella alpina, originariamente di casa nelle alte step­pe dell’Asia centrale, si sia spinta fino alle pianure europee in occa­sione dell’ultima era glaciale.  In  seguito  all’innalzamento della 

Che andirivieni!Da due milioni di anni il regno animale e vegetale svizzero è teatro di un continuo andirivieni. Se non fosse per l’immigrazione il paesaggio sarebbe desolato. Perfino la stella alpina era originariamente di casa nella steppa asiatica.

Testo: Mathias Plüss

30 Origine Flora e fauna

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Foto: Creativ Studio Heinemann, Getty Im

ages | M

ichael Breuer, Prism

a Bildagentur

temperatura,  invece di  far  ritorno nella  steppa si  arrampicò  lungo  le pendici dei monti. Anche il più carismatico esponente della flora alpina è dunque un immigrato, e per giunta un ritardatario.

Le perdite più massicce furono accusate dal regno animale. Fino a 30 000 anni fa, la popolazione dei grandi mammiferi vantava dalle nostre parti una varietà oggi inimmaginabile. Lungi dal limitarsi agli esemplari dell’era glaciale forse già noti, quali il mammut, la tigre dai denti a sciabola o l’orso delle caverne, la fauna era ricca di rinoce­ronti  lanosi,  buoi muschiati,  bisonti  delle  steppe,  cavalli  selvatici,  antilopi saiga e cervi giganti le cui corna raggiungevano i 45 kg di peso. E ancora grandi predatori come iene, ghiottoni e leopardi. Il leone abitava le nostre regioni anche dopo l’era glaciale; in Ungheria e nei Balcani sopravvisse addirittura fino a 2500 anni fa.

Mandrie di ippopotami nel Reno

Ben diverso e forse ancora più esotico si presentava  il  regno ani­male mitteleuropeo dell’ultimo  interglaciale,  circa 120 000 anni or sono, quando rinoceronti di Merck, daini e uri convivevano con  bufali indiani, cavalli selvatici ed emioni, mentre il Reno ospitava mandrie di ippopotami. Con un’altezza massima di quattro metri al garrese, i numerosi  elefanti  africani  erano sicuramente gli  esemplari  più  im­ponenti! Fino al XVIII secolo l’idea di rinoceronti ed elefanti europei era talmente avulsa dall’immaginario degli studiosi che tutti i reper­ti ossei venivano attribuiti a importazioni per giochi circensi ai tempi dell’antica Roma.

Poiché oggi ci troviamo nuovamente in un periodo interglaciale, sarebbe lecito attendersi la presenza di queste specie. La maggior 

parte di esse è però estinta o si è ritirata in Africa e in Asia, e altret­tanto dicasi  per  i  grandi mammiferi  e  i  predatori  dell’era glaciale. Benché molte  popolazioni  siano  state  probabilmente  sfoltite  dal  brusco cambiamento climatico al  termine dell’ultimo glaciale,  dal momento che tutte le specie scomparse erano sopravvissute ai pre­cedenti sbalzi di temperatura le cause di questa estinzione di massa sono difficilmente di origine climatica. L’unica ipotesi plausibile è che l’intervento dell’uomo abbia drasticamente decimato la ricca fauna europea di un tempo con la caccia e la concorrenza per il cibo.

Lo sterminio dei grandi mammiferi non fu però che l’inizio. Con l’avvento dell’agricoltura, 7000 anni fa, l’uomo prese infatti a modi­ficare anche  il  paesaggio e,  quindi,  il  regno  vegetale. Dapprima  lento,  il processo si  fece talmente  incalzante che oggi  in Svizzera non  c’è  più  nemmeno un  fazzoletto  di  terra  allo  stato  originario.  8000 anni fa, al di sotto del limite della vegetazione arborea l’Euro­pa centrale era ancora ricoperta per l’80–90 per cento da foreste, mentre  in  pianura  le  radure  sorgevano  solo  in  seguito  a  incendi  boschivi  e  frane o  in prossimità dei  corsi  d’acqua. Tuttavia,  non  dobbiamo immaginarci la foresta vergine svizzera come una selva di abeti rossi  impenetrabile e buia: era sicuramente variegata e inon­data di  luce,  anche grazie  agli  ultimi grandi  animali  sopravvissuti dediti al pascolo, quali cervi, uri e bisonti, che la mantenevano ac­cessibile brucando e calpestando il suolo.

La monotonia della foresta è opera dell’uomo

Successivamente,  i nostri avi  iniziarono a debbiare  le superfici bo­schive per  coltivarvi  cereali,  sacrificando  l’estensione e  la  varietà della foresta. Come è emerso da studi condotti dal gruppo di ricerca del botanico bernese Willy Tinner,  l’attuale predominanza di  faggi, querce e abeti  rossi è opera dell’uomo, che a furia di appiccare  il fuoco e sfruttare la foresta ha decimato gli olmi, i tigli, gli aceri e i frassini che un tempo popolavano il panorama boschivo dell’Alti piano. A trarne vantaggio sono state le specie particolarmente resistenti al fuoco e agli influssi esterni, primi fra tutti faggi e querce.

I boschi cedettero quindi il passo a campi rigogliosi. Sulle super­fici dissodate non cresceva infatti soltanto il grano, bensì anche una ricca  flora avventizia  che gli  europei  dell’età della pietra  avevano inavvertitamente importato dal Medio Oriente con il cereale: camo­milla,  gittaione, papavero,  fiordaliso. Queste  splendide  specie di origine orientale sono oggi in parte nuovamente rare.

Ma non finisce qua. Si stima che in Svizzera il 40 per cento delle varietà vegetali sia costituito dalle cosiddette specie sinantropiche, che beneficiano dell’attività  umana. Alcune  sono  immigrate dalle steppe quando da noi imperversava il disboscamento, mentre altre, già presenti in piccole radure, si sono diffuse massicciamente grazie all’agricoltura. Lo stesso discorso vale anche per animali quali il to­po campagnolo e la cavolaia, nonché per specie ormai minacciate come la starna, la lepre comune o la pavoncella.

Gli esperti invocano il ritorno alla natura

In Svizzera ormai nulla sfugge più al controllo dell’uomo, che ha al­terato i boschi e i corsi dei fiumi. E proprio le superfici più ricche di specie,  prati  e  campi  con un microcosmo di  siepi,  alberi  isolati  e margini  boschivi  – per molti  l’incarnazione della natura –  sono  in  realtà un prodotto artificiale: conseguenza spontanea di una deter­minata  forma di  lavorazione della  terra,  stanno scomparendo con l’avvento dell’agricoltura intensiva. Come si può conciliare la prote­zione ambientale  con questa  situazione? Gli  esperti  sostengono 

Si presume che la stella alpina si sia spinta dalle steppe asiatiche fino alle pianure europee solo durante l’ultima era glaciale.

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Flora e fauna Origine 31

all’unisono  la necessità di  un  ripristino dello  stato  selvaggio,  per esempio tramite nuovi parchi nazionali in cui la dinamica della natu­ra possa seguire  il proprio corso  indisturbata, pur consapevoli del­l’impossibilità di trovare superfici estese nel prossimo futuro. «Nel neolitico  il  territorio  della  Svizzera  contava  solo  20 000  abitanti, nell’età del bronzo forse 100 000», spiega Urs Tester dell’organizza­zione ambientale Pro Natura.  «Alla  luce dell’attuale densità della popolazione è illusorio sperare di riconquistare per esempio l’80 per cento di terreno boschivo».

Tutelare il paesaggio con fondi statali?

D’altro canto, il paesaggio culturale tradizionale ha una storia mille­naria che lo rende prezioso, benché sia frutto dell’opera dell’uomo. Ma come si  fa a preservarlo se viene meno  la  relativa agricoltura estensiva? Pro Natura suggerisce ai coltivatori di integrare, nei cam­pi, maggesi fioriti e strisce colturali estensive. «La flora avventizia va a braccetto con  l’agricoltura», dichiara Urs Tester. «Se  in Svizzera non ci fossero più campi di grano sarebbe superflua, perché in as­senza dell’apposito habitat si ridurrebbe a qualcosa di museale e non è certo questa la nostra intenzione».Josef Reichholf sottolinea invece proprio i paralleli con un museo: 

«A lungo termine, non è realistico mantenere forzatamente in ambi­to agricolo o forestale uno statu quo meno produttivo rispetto alla coltivazione intensiva», sostiene. La tutela del paesaggio culturale andrebbe pertanto affi data agli ambientalisti, non già agli agricol tori. «Si tratta di un bene – e dunque di un compito – culturale. L’ideale sarebbe che  le associazioni  ambientaliste acquistassero  terreni  e 

contribuissero alla cura del paesaggio, magari con sovvenzioni sta­tali. Sarebbe esattamente come con un museo, dove grazie a fondi pubblici si preserva un patrimonio importante per parte della popo­lazione».

Dibattito sulla reintroduzione del bisonte

La questione si fa più complessa quando la natura è già estinta. È pensabile poter reintrodurre in Svizzera i bisonti, grandi bufali diffu­si dalle nostre parti fino a un paio di migliaia di anni fa? «In quanto erbivoro,  il  bisonte  sarebbe di  casa nel  nostro ambiente»,  spiega Urs Tester di Pro Natura. Attualmente ne viene preso in considera­zione il reinserimento nel Giura, anche se in grandi recinti. «Altrimen­ti gli animali entrerebbero presto in conflitto con il nostro sistema di utilizzo del suolo». Josef Reichholf nutre riserve simili: sarebbe me­glio reintrodurre in libertà cavalli robusti. «Il cavallo è l’animale più indicato. Mantiene le distanze ed è dotato di capacità di apprendi­mento: per esempio, capisce in fretta che le automobili rappresen­tano un pericolo».

E come la mettiamo con tutti i grandi predatori che un tempo abi­tavano le nostre regioni? Il biologo danese Jens­Christian Svenning ha seriamente avanzato la proposta di reintrodurre in Europa i leoni. Ma non occorre essere dei chiaroveggenti per sapere che, almeno per la Svizzera, l’idea è utopica: un paese densamente popolato, che ha già un bel daffare con orsi e lupi immigrati, non tollererebbe mai e poi mai la presenza di questi predatori.  <

I bisonti sono grandi buoi selvaggi diffusi nelle regioni prealpine fino a qualche migliaio di anni fa.

www.credit-suisse.com/bulletin

Le turbolenze in Libia hanno comportato un’impennata del prezzo del petrolio e un cedimento dei mercati azionari. Pertanto sorge spontanea una domanda: dobbiamo attenderci scenari inquietanti come quelli del 1973 o del 1990, quando le guerre scoppiate in Medio Oriente causarono uno shock petrolifero, seguito poco dopo da una recessione? Non crediamo, in quanto il rischio di una seria destabilizzazione dei  paesi del Golfo esportatori di petrolio sem­bra piuttosto ridotto. Proprio perché devono sostenere le fasce di po polazione attual­mente insoddisfatte, alcuni paesi come l’Arabia Saudita e l’Iran saranno persino portati ad aumentare l’estrazione di greggio. La crescita dell’economia mondiale non  dovrebbe pertanto venir compromessa seria­mente e si prevede soltanto un temporaneo rialzo dell’inflazione. Questa è la ragione per cui attualmente la nostra strategia d’in­vestimento rimane basata su una sovrapon­derazione della quota azionaria. Dai recenti sviluppi possiamo tuttavia trarre quattro  insegnamenti. Primo: nel settore degli inve­stimenti gli eventi politici sono importanti come quelli economici. Secondo: i sistemi politici privi di basi democratiche a lungo termine si  rivelano instabili. Terzo: i cam­biamenti politici sono difficili da prevedere  come quelli economici. Quarto: la dipen­denza dalle fonti energetiche fossili rimane uno dei principali punti deboli del nostro  sistema economico.

Credit Suisse  bulletin 1/11

InvestEconomia, mercati e investimenti

Dr. Oliver Adler Responsabile Global Economics

Invest l

Economia Tassi d’interesse e obbligazioni

Valute Mercati azionari Materie prime Immobili

Ci attendiamo un altro  anno di forte crescita. Il dinamismo aumenta so­prattutto nei paesi in­dustrializzati. L’infl azione sale in particolare nei  paesi emergenti.

Verso la fi ne del 2011 la BCE e la BNS potrebbero iniziare a intervenire sui tassi. Questo è quanto anticipano gli interessi a lungo termine. Le obbli­gazioni rimangono sotto pressione.

Ci attendiamo un certo indebolimento del dollaro nei confronti del l’euro e delle valute asiatiche. Il franco ha raggiunto il suo livello massimo rispetto all’euro.

Forte crescita, bilanci  societari sani, valutazioni ragionevoli e crescente propensione al rischio  sostengono le azioni. Il  rischio principale è rap­presentato dall’aumento dei tassi d’interesse.

La domanda globale  continua ad aumentare, ma ci attendiamo una crescente volatilità dei prezzi. Anche in questo caso il rischio è costi­tuito dai tassi d’interesse più elevati.

I prezzi degli immobili svizzeri sono eccessivi solo in alcune regioni. Nonostante l’ampliamen­to dell’offerta, per il 2011 prevediamo  ulterio­ri aumenti dei  prezzi.

Foto: Ed Darack, Corbis

bulletin 1/11  Credit Suisse

ll Invest

Economia

Miglioramenti nei paesi industriali, i paesi emergenti rimangono solidi

La crescita dell’economia mondiale continua e poggia su una base sempre più ampia. Colpisce il fatto che gli ultimi sondaggi azien­dali evidenzino un ulteriore miglioramento nei paesi industrializzati, mentre i risultati nei paesi emergenti sono stabili o in lieve calo (si veda il grafi co). In Europa la crescita con­tinua a presentare un andamento molto  eterogeneo. I principali paesi del l’eurozona, in particolare la Germania, si contraddi­stinguono per la crescita solida. Nei paesi colpiti dalla crisi del debito, per contro, le  rigorose misure di risparmio limitano forte­mente le prospettive di crescita. Thomas Herrmann

Cresce l’ottimismo tra gli imprenditori dei paesi industrializzatiFonte: Bloomberg, PMIPremium, Credit Suisse

G3 (USA, eurozona, Giappone) BRIC

30

35

40

45

50

55

20102009200820072006

EspansioneContrazione

2011

Indice dei direttori agli acquistidel settore industriale

La forza del franco frena i prezzi

L’economia svizzera continua a benefi ciare della forte domanda interna ed estera. A causa della persistente forza del franco, prevediamo comunque un rallentamento nel dinamismo delle esportazioni. Una con­seguenza positiva del franco forte è il cre­scente contenimento dei prezzi. A gennaio l’infl azione di fondo è scesa allo 0% rispetto a 12 mesi prima. Ad eccezione dei prezzi del l’energia più elevati, non si rileva presso­ché nessun altro fattore in grado di far  correre i prezzi, tanto più che lo sfruttamento delle capacità produttive è solo mediocre. Pertanto la Banca nazionale svizzera non dovrebbe essere costretta a operare alcun aumento dei tassi prima della fi ne del 2011.  Fabian Heller

Valute

Dollaro senza il sostegno dei tassi

Nel 2011 il dollaro potrebbe  rimanere debole o perfi no perdere ancora terreno  rispetto alla maggior parte delle  valute.  L’effetto combinato del persistente basso  livello dei tassi e del disavanzo  commer­ciale e fi scale ostacola, a nostro  avviso, la  ripresa del dollaro. Sulla scia del recupero econo mico globale, ci atten diamo anche una prosecuzione del trend strutturale di apprez zamento delle valute dei paesi emer­genti. Le valute asiatiche ci sembrano  interessanti perché potrebbero subire ulte­riori spinte al rialzo grazie al surplus delle partite cor renti.  Marcus Hettinger

I tassi USA bassi depongono contro la ripresa del dollaroFonte: Datastream, Credit Suisse

Fine della forza del franco rispetto all’euro

L’evidente sopravvalutazione del franco  rispetto all’euro nonché i tassi più alti nel­l’eurozona sembrano indicare la probabilità di un indebolimento della moneta svizzera. Questo soprattutto se il contenimento della crisi del debito nell’UE si dimostrerà duraturo e il  miglioramento globale della congiuntura da noi previsto compirà ulteriori progressi. In queste circostanze diventerebbero sempre più probabili defl ussi di capitali dalla Sviz­zera. Il quadro tecnico del cambio EUR/CHF recentemente è migliorato e segnala che la forza del franco ha raggiunto un picco. Marcus Hettinger

Tassi d’interesse e obbligazioni

Tassi d’interesse a breve termine ancora ai minimi storici malgrado l’aumento dell’infl azione

In particolare nei paesi emergenti, recente­mente si è assistito a una ripresa dell’in fl a­zione (si veda il grafi co). Tale rialzo va ricon­dotto in primo luogo al rincaro delle materie prime (p. es. derrate alimentari); nei paesi emergenti sussiste però anche un rischio di infl azione ciclica che va oltre lo «chock delle materie prime». Le banche centrali locali tendono perciò sempre più ad adottare una politica monetaria più rigorosa. Nei paesi  industrializzati prevediamo un primo aumento dei tassi da parte della Bank of England a maggio. Nell’area euro e in Svizzera i tassi d’interesse a breve termine potrebbero  rimanere ai minimi storici sino alla fi ne del­l’anno, negli Stati Uniti perfi no più a lungo. Thomas Herrmann

Il rincaro delle materie prime spinge al rialzo l’infl azioneFonte: Bloomberg, Datastream, Credit Suisse

Paesi emergenti (EM-8) Paesi industrializzati (G3: eurozona, Giappone, USA)

– 2,0

0

2,0

4,0

6,0

2009200720052003 2011

Inflazione,variazione annua (in %)

Mercati obbligazionari: investire in uno scenario di tassi diffi cile

Lo slancio riacquistato dall’economia mon­diale e la crescente propensione al rischio degli investitori potrebbero contribuire a una  risalita dei tassi a lungo termine, non da ulti­mo per le obbligazioni in EUR e CHF, i cui rendimenti sono ancora compressi dal persi­stere di incertezze sulla crisi del debito  europeo. In tale contesto, consigliamo una focalizzazione su durate medio­brevi e un mix di fondi che investono in obbligazioni con qualità di credito inferiore, p. es. nel seg­mento dei paesi in via di sviluppo nonché in obbligazioni societarie high yield o prestiti bancari subordinati.  Stefan Klein

EUR/USD

Cambio USD/EUR Differenziale swap a 2 anni EUR meno USD

1.10

1.20

1.30

1.40

1.50

1.60

2009200720052003

–2

–1

0

1

2%

2011

Credit Suisse  bulletin 1/11

Invest Ill

Immobili

Immobili residenziali svizzeri: prospettive positive stabili

Dal 2005, in Svizzera i prezzi delle abita­zioni sono aumentati del 35%. Ciò mal­grado, a nostro avviso, nella maggior parte delle regioni i prezzi non sono fonda­mentalmente eccessivi. Fanno eccezione la regione del lago Lemano e alcune  zone dell’area metropolitana di Zurigo, nonché alcune regioni turistiche. L’attività di costruzione, che rimane alta, attenua la pressione sui prezzi a medio termine. Per il 2011 ci aspettiamo nondimeno un nuovo aumento dei prezzi medi delle  abitazioni.  Martin Bernhard

Forte attività dell’edilizia residenziale in SvizzeraFonte: UST, Credit Suisse

Nuovi alloggi, totale su 4 trimestri Alloggi in costruzione

30 000

40 000

50 000

60 000

70 000

Numero

201120092007200319991995

Materie prime

Forte inizio di anno, ma la volatilità potrebbe aumentare

I prezzi delle materie prime hanno iniziato il nuovo anno su livelli sostenuti. Gli indici anti­cipatori suggeriscono una crescita robusta della domanda, che farebbe prevedere un ul­teriore aumento dei prezzi. Crescono co­munque anche i rischi. Grazie alla ripresa, le scorte di magazzino in molti mercati sono  diminuite. Questo può portare a forti escur­sioni di prezzo nel caso di un’interruzione della produzione, con conseguente instabilità del trend rialzista.  Tobias Merath

Da inizio anno nuovo aumento della volatilità sui mercati delle materie primeFonte: Bloomberg, Credit Suisse

Credit Suisse Commodity Benchmark

0

10

20

30

40

201120102009200820072006

Volitalità storica a 30 giorni(annualizzata) in %

Mercati azionari

Mercati azionari globali con ulteriore potenziale

Malgrado il forte recupero dei mercati azio­nari dai livelli minimi di marzo 2009, man­teniamo la nostra valutazione favorevole del contesto dei mercati azionari. La solida  crescita economica nei paesi emergenti e la ripresa sostenuta da una base sempre più ampia nei paesi sviluppati dovrebbero soste­nere le azioni in generale. Gli elevati livelli di  liquidità nei bilanci societari e le valutazioni ancora favorevoli costituiscono ulteriori  argomenti a favore delle azioni. Consigliamo un’ampia diversifi cazione mediante investi­menti sia nei mercati sviluppati sia nei paesi emergenti.  Roger Signer

Sempre vantaggiosa la valutazione delle azioni globaliFonte: Datastream, Credit Suisse

(P/E ) MSCI World Deviazione standard +/–1 Media

1990 1994 1998 2002 2006 2010

Previsione a 12 mesiP/E MSCI World

5

10

15

20

25

SMI: ulteriore crescita degli utili malgrado la forza del franco

Secondo le aspettative di consenso 2011, le società anonime svizzere dovrebbero pre­sentare una crescita degli utili del 10% circa. Riteniamo tale valutazione realistica, poiché la domanda di beni svizzeri dovrebbe rimanere alta. La possibilità di un ulteriore aumento dei costi di input o di un nuovo raf­forzamento del franco costituiscono, a nostro avviso, i principali fattori di rischio. Il livello di valutazione resta interessante, pertanto vediamo ulteriore potenziale nell’SMI per i prossimi 12 mesi. Nel raffronto inter nazionale classifi chiamo il mercato azionario comun­que come neutro.  Roger Signer

Focus Materie prime: come investire?

La ripresa economica successiva alla crisi finanziaria globale entra nel terzo anno. Gli indicatori previsionali mo-strano che la crescita potrebbe esse-re solida anche nel 2011. Il risveglio congiunturale si fa sentire anche nei mercati delle materie prime, dove l’in-cremento della domanda porta a un au-mento dei prezzi. Le commodity gio-cano un ruolo sempre più importante anche nel portafoglio degli investitori: puntare sulle materie prime significa infatti partecipare alla crescita globale e beneficiare di una certa copertura dal l’inflazione. I metalli preziosi si pre-

stano inoltre a essere utilizzati come protezione da eventi estremi. Attualmente gli investitori dispongono di un’ampia gamma di opportunità per investire nelle materie prime: oltre all’acquisto fisico, modalità consueta perlo meno nell’am-bito dei metalli preziosi, vi sono numerosi indici che replicano la performance di gruppi di materie prime, ma anche di singoli mercati. Questi indici servono come base per una molteplicità di veicoli d’investimento, quali per es. ETF o pro-dotti strutturati. Le commodity diventano così accessibili a un numero sempre maggiore di investitori. Tobias Merath

Andamento dei rendimenti nei singoli settori delle materie primeFonte: JPMorgan, Credit Suisse

Indice settore energetico CSCB Indice settore agrario CSCB

Indice metalli preziosi CSCB Indice metalli industriali CSCB

80

100

120

140

160

180

200

Andamento dei rendimenti in CHF a partire da gennaio 2009

20102009 2011

bulletin 1/11  Credit Suisse

lV Invest

Una panoramica del rendimento e delle previsioniPrincipali categorie d’investimento e mercati

Rendimento complessivo in CHF (%) Rendimento atteso1 e rischio (% p.a.)

2011 (fi no al 16.02)

Ultimi 3 anni(p.a.)

Ultimi 5 anni(p.a.)

1 anno 5 anni Rischio2

Azioni

MSCI World 8,7 – 6,2 –5,3 12,5 9,3 17,9

S&P500 8,1 – 4,6 –5,3 13,5 9,1 16,3

Eurostoxx 50 10,5 – 11,0 –7,9 14,0 9,4 20,9

SMI 3,0 – 3,1 –1,9 9,5 8,1 19,2

MSCI Emerging Markets – 0,7 – 4,9 1,2 16,5 11,6 28,9

Obbligazioni3

Svizzera – 0,3 4,6 2,9 2,0 2,4 3,0

Eurozona 4,5 –3,2 –0,6 2,0 2,8 4,6

Stati Uniti 3,8 0,0 –0,7 2,5 1,9 3,7

Paesi emergenti 2,3 3,8 1,3 8,0 6,2 16,7

Mercato monetario (CHF) 0,0 0,8 1,3 0,4 1,4 2,6

Investimenti alternativi

DJ UBS Commodities 10,3 1,0 7,1 8,0 8,0 17,7

Oro 0,2 10,3 13,1 9,0 6,0 13,3

Fondi immobiliari Svizzera (SIX) 3,0 8,6 5,4 2,0 4,5 7,4

Indice DJ CS Hedge Fund 4,2 – 1,3 – 0,3 7,5 6,8 8,6

Congiuntura e infl azioneCrescita del PIL reale (in %) Infl azione (in %)

2009 2010 5 2011 5 2009 2010 5 2011 5

Globale – 1,3 4,8 4,2 1,5 3,2 3,2

Stati Uniti – 2,4 2,9 3,0 – 0,4 1,6 1,8

Giappone – 5,2 4,3 1,4 – 1,4 – 0,8 – 0,4

Eurozona – 4,0 1,5 2,1 0,4 1,6 1,9

Germania – 4,9 3,5 2,7 0,3 0,8 1,4

Paesi emergenti 4 4,9 8,9 7,5 3,7 5,0 5,6

Cina 9,1 10,3 8,8 – 0,7 3,1 4,8

Svizzera – 1,9 2,8 1,2 – 0,5 0,7 0,7

Interessi (in %)

Interesse a breve termine (Libor a 3 mesi) Rendimenti a 10 anni titoli di Stato

16.02 a 3 mesi a 12 mesi 16.02 a 3 mesi a 12 mesi

Stati Uniti 0,31 0,4 0,4 3,61 3,5 3,5

Germania 1,09 1,1 1,5 2,29 3,1 3,2

Gran Bretagna 0,80 0,7 1,0 3,85 3,6 3,9

Giappone 0,34 0,2 0,2 1,31 1,1 1,2

Svizzera 0,17 0,3 0,5 1,92 1,9 2,2

ValuteRispetto al franco svizzero Rispetto all’EUR

16.02 a 3 mesi a 12 mesi 16.02 a 3 mesi a 12 mesi

CHF – – – 1.31 1.28 1.32

USD 0.97 0.95 0.94 1.35 1.35 1.41

CAD 0.98 0.99 0.94 1.33 1.30 1.41

GBP 1.56 1.56 1.58 0.84 0.82 0.83

JPY 6 1.16 1.14 1.13 113.21 112.05 117.03

CNY 6 14.68 14.59 14.86 8.90 8.78 8.88

Fonte: Credit Suisse, Bloomberg, Datastream

1  Azioni e obbligazioni in valuta locale, indice DJ UBS Commodity, oro e indice DJ CS Hedge Fund in USD  2  Deviazione standard attesa del rendimento 3  Svizzera: Credit Suisse LSI; eurozona: Citigroup WGBI EMU govt 5–7Y.; USA: Barclays US Govt Intermediate Bond; paesi emergenti: JPM EMBI+;  mercato monetario (CHF): JPM Cash CHF 1M  4  Otto (8) dei maggiori paesi emergenti  5  Previsioni  6  Prezzo di risp. 100 JPY e CNY in CHF

Informazioni importantiLe informazioni e opinioni contenute in questo documento sono state formulate dal Credit Suisse alla data indicata e possono subire modifiche senza preavviso.  Il documento è stato pub­blicato unicamente a scopo  informativo e non costituisce né un’offerta né un invito, da parte o per conto del Credit Suisse, all’acquisto o alla vendita di titoli o analoghi strumenti finanziari o alla partecipazione a una strategia di negoziazione specifica in  un  qualsiasi  ordinamento  giuridico.  Il  documento  è  stato  realizzato senza  tenere conto degli obiettivi, della situazione  finanziaria o delle esigenze di un particolare  investitore. Esso non  contiene  alcuna  raccomandazione  di  natura  giuridica  o  relativa a investimenti, rendiconti e imposte. Inoltre non rappre­senta in alcun modo un investimento o una strategia concepiti sulla base della situazione personale di un investitore né un’altra raccomandazione destinata a un investitore particolare. I riferi­menti a evoluzioni passate non costituiscono necessariamente un’indicazione per risultati futuri.

Sebbene le informazioni provengano da fonti che il Credit Suisse ritiene attendibili, o si basino su di esse, non è possibile fornire alcuna garanzia  in merito alla  loro esattezza o completezza.  Il Credit Suisse non si assume alcuna responsabilità per eventua­li perdite derivanti dall’utilizzo di questo documento.

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Albert Einstein ha lasciato al mondo la teoria della

relatività. Anche se non siete né fisici né Premi Nobel,

potete fare qualcosa per le generazioni future. Con

un testamento o un legato a favore dell’UNICEF,

contribuite a gettare le basi di un mondo migliore

per i bambini. Per maggiori informazioni:

UNICEF Svizzera, Baumackerstrasse 24, 8050 Zurigo,

telefono +41 (0) 44 317 22 66, www.unicef.ch

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La carta vincente del lavoro ridottoIl Manuale dei settori 2011 esplora con dovizia di particolari il controverso strumento del lavoro ridotto, dedicandogli un capitolo speciale. Lo studio è focalizzato come di consueto sui fattori d’incidenza e sul potenziale di crescita nel medio periodo di 31 settori svizzeri. Testo: Aline Jörg, Economic Research

Fonte: Credit Suisse Economic Research

Manuale dei settori 2011 Economia 35

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1 Valutazione opportunità /rischi a medio termineScala da 10 (migliore) a –10 (peggiore); i quadrati gialli esprimono la percentuale sul valore aggiunto lordo svizzero. 

bulletin 1/11  Credit Suisse

Foto: Rolex Learning Center: Roland Halbe | Yang Liu, Corbis, Specter | W

eisflog, Fotofinder | Michael Turek, Getty Im

ages | Toshi Kaw

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36 Economia Manuale dei settori 2011

2 Commercio al dettaglio: in un decennio scomparso il 10 per cento dei negoziFra il 1998 e il 2008 il commercio al dettaglio ha subito un processo di concentrazione. La scomparsa dei piccoli negozi è stata compensata dalla filializzazione, che ha persino portato a un leggero aumento del numero di occupati nel settore. Fonte: Ufficio federale di statistica, Credit Suisse Economic Research

Il commercio al dettaglio ha superato bene la crisi

Il commercio al dettaglio è passato pressoché indenne attraverso la recente crisi economica, tant’è vero che persino nell’anno di recessione 2009 i fatturati nominali hanno espresso una pro -gressione di quasi l’1 per cento. Nel 2010 i commercianti al dettaglio svizzeri dovrebbero aver contabilizzato addirittura un 2 per cento in più di fatturato. La crescita in atto dal 2004 è alimentata sostanzialmente dal copioso flusso immigratorio che persino in tempi di scarsa propensione al consumo induce un certo aumento della crescita di base. Stante la solidità del commercio al dettaglio si dimentica facilmente che il settore è stato oggetto di una notevole ristrutturazione.

La «moria» dei piccoli negozi non è un mito, bensì una concreta realtà: tra il 1998 e il 2008 in Svizzera ha dovuto chiudere i battenti nel commercio al dettaglio un esercizio su dieci, e questa cifra sale addirittura a uno su quattro per i negozi di piccole dimensioni. Al contempo, nello stesso decennio l’occupazione è tuttavia cresciuta complessivamente dell’1,7 per cento, di pari passo con la tendenza all’apertura di esercizi di grande superficie.

Il trend verso la filializzazione ha rappresentato un importante motore di questa evoluzione, e nel periodo compreso tra il 1998 e il 2008 ha interessato quasi tutti i segmenti del commercio al dettaglio. I progressi maggiori sono stati registrati dalle catene di filiali per quanto riguarda il commercio di articoli sportivi, farmacie e drogherie, librerie e negozi di mobili: tutti comparti in cui nel 1998 buona parte degli occupati lavorava ancora all’inter-no di esercizi individuali indipendenti. In termini regionali, la scomparsa dei piccoli negozi è stata uniforme, risultando tut ta-via particolarmente accentuata in regioni periferiche a scarsa vocazione turistica come l’arco del Giura, il Togghenburgo o la parte settentrionale del Ticino (si veda il grafico 2 in alto).

Lo spettro della più grave  recessione dalla grande depressione a questa parte, che ha tenuto con il fiato sospeso l’economia mon­diale nel solco della crisi finanziaria, sembra ormai allontanato. Il 2010 sarà ricordato co­me  l’anno della  ripresa, poiché  l’economia globale, sia pure con l’aiuto di massicce mi­sure di sostegno fiscale, è riuscita a ripiana­re in brevissimo tempo le gravi perdite subite. In uno scenario macroeconomico avverso, la Svizzera ha dato prova di buona tenuta nel raffronto internazionale, tant’è vero che nel secondo semestre sempre più settori sono riusciti a rientrare nella normalità. La via del­la  ripresa nel  settore  industriale  svizzero è stata  connotata dal  risveglio  congiunturale dei partner commerciali internazionali, men­tre i settori votati al mercato interno hanno potuto fare affidamento sulla voglia di spen­dere dei  consumatori  svizzeri  e  sull’effetto coadiuvante  dell’immigrazione.  A  dispetto delle  nuove  incertezze  indotte  dalla  crisi dell’eurodebito, anche il settore finanziario si è affrancato dal suo minimo.

Lavoro ridotto nella metallurgia

Ciò  che  rende  fondamentalmente  diversa questa crisi da quelle del passato non è solo il fatto che l’economia mondiale abbia ritro­vato molto più  rapidamente  la  strada della crescita, ma anche l’andamento della disoc­cupazione, con il suo scarso incremento. Un possibile approccio per spiegare questo fe­nomeno può essere il lavoro a tempo ridotto, al quale nel 2009 si è fatto molto più ricorso rispetto alla crisi dotcom: infatti, al punto ze­nitale  della  bolla  tecnologica  solo  circa 19 000 persone se ne erano avvalse, mentre al  picco massimo della  crisi  finanziaria  ed economica erano quasi cinque volte più nu­merosi i lavoratori che figuravano sotto il suo tetto.

Dati finora non pubblicati del Segretariato di Stato dell’economia (SECO) hanno consen­tito per  la prima volta di analizzare a  livello settoriale il ricorso al lavoro a tempo ridotto. Le risultanze indicano che sono state soprat­tutto le industrie orientate all’export a sfrut­tare questo strumento, fatto che peraltro non deve stupire considerando che proprio i loro rispettivi settori hanno pagato più di tutti la crisi economica globale, spesso con flessio­ni a doppia cifra di vendite e fatturati.

In rapporto alla dimensione del settore, la graduatoria del lavoro a tempo ridotto ha vi­sto  assolutamente  primeggiare  l’industria metallurgica,  seguita  dal  tessile/abbiglia­mento e dalla fabbricazione di macchinari e 

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apparecchiature:  a  maggio  2009  il  taglio dell’orario di  lavoro ha  riguardato nella me­tallurgia un lavoratore su quattro e, su base annualizzata, un ragguardevole 16 per cento dei dipendenti, cifra che equivale al tempo di lavoro di circa 5700 occupati a tempo pieno. Nel  terziario, al contrario che nell’industria, questo strumento è stato impiegato solo mar­ginalmente.

Nel 2010, quando l’economia mondiale è uscita dall’occhio del ciclone, anche le inden­nità per lavoro ridotto hanno subito massicce contrazioni. È quindi  lecito  chiedersi  se  la disoccupazione  non  sia  stata  mitigata  da questo  «ammortizzatore»:  il SECO è giunto alla conclusione che, senza il lavoro a tempo ridotto, essa sarebbe cresciuta fino al 4,3 per cento anziché fermarsi a quota 3,7.

Le potenziali ricadute negative sui singo­li settori – ossia l’incremento dei loro rispet­tivi tassi di disoccupazione in assenza di que­sto strumento – sono illustrate nel grafico 3 a pagina 38. Ad esempio, sulla base dei nostri calcoli la quota di senza lavoro nell’industria tessile e dell’abbigliamento si sarebbe arram­picata al 17 per cento  invece che  fermarsi 7 punti sotto, a circa il 10 per cento, grazie al lavoro a tempo ridotto. Lo stesso dicasi per l’industria meccanica e metallurgica, dove la disoccupazione  sarebbe potuta  lievitare di circa 70 punti percentuali in più.Tuttavia, se il lavoro a tempo ridotto abbia 

o meno potuto impedire a titolo permanente il  taglio di posti di  lavoro è un  interrogativo che oggi resta ancora aperto. Esiste sempre il  pericolo  che  il  ricorso a questo  «paraca­dute» possa  solo  rimandare  i  licenziamenti necessari  sul  piano  strutturale  e  che  a  ri­chiedere  indennità per  lavoro  ridotto  siano anche  imprese  che  invece  potrebbero  oc­cupare  i  loro dipendenti  senza aiuti  statali. Alcuni  segnali  indicano comunque che pro­prio  in questa  crisi  –  responsabile di  gravi emergenze ma anche abbinata a una ripresa straordinariamente rapida – lo strumento del lavoro a  tempo ridotto abbia  rappresentato per le imprese un valido veicolo per traghet­tarsi fuori dalla catastrofica situazione degli ordinativi.

Settori high-tech ai vertici

Accanto al capitolo speciale del lavoro ridot­to, il Manuale dei settori esplora la struttura del panorama settoriale elvetico. La valuta­zione opportunità/rischi a medio termine del Credit Suisse  identifica  il  potenziale  futuro dei singoli rami di attività  (si veda il grafico 1 alle

pagine 34 /35). Non stupisce che siano proprio i 

settori  high­tech come  l’industria  chimico­farmaceutica, l’ingegneria medica, la produ­zione di strumenti di misurazione e di control­lo e l’industria orologiera, di grande rilevanza per  la Confederazione, a spartirsi  le primis­sime posizioni,  visto  che beneficiano della solida posizione nel  campo della  ricerca e dell’innovazione sfoggiata dalla Svizzera nel confronto internazionale. La crescente com­plessità e interazione di economia e società disegna un futuro roseo anche alle aziende del comparto dei servizi di consulenza e  in­formatici.

La piazza  finanziaria  ben posizionata  ri­spetto agli altri paesi forma una buona base sulla quale assicurazioni e banche possono continuare a costruire una crescita superiore alla media, mentre  la sanità sarà avvantag­giata soprattutto dall’invecchiamento demo­grafico.  Il  centro classifica è caratterizzato da  una miscellanea  eterogenea  di  settori.  Rami industriali come l’elettronica, la fabbri­cazione  di  macchinari  e  apparecchiature, l’elettronica e l’industria delle materie plasti­che,  che  in  futuro dovranno affermarsi  sul 

mercato globale con prodotti innovativi, sono esposti a un’intensa pressione internaziona­le sui costi.

Le ultime posizioni della graduatoria sono occupate dai settori afflitti da problemi strut­turali,  che  impongono  nel  medio  periodo cambiamenti radicali. Il commercio al detta­glio sta sostenendo una lotta concorrenziale serrata e  senza esclusione di  colpi,  il  com­parto automobilistico è confrontato con una saturazione di mercato e nell’edilizia vige una notevole pressione sui margini dettata dalle basse barriere di accesso. Nel raffronto set­toriale l’industria tessile e dell’abbigliamento, il  settore alberghiero e della  ristorazione e l’agricoltura evidenziano il potenziale di cre­scita più debole.

Commercio ad alto plusvalore lordo

Ma  il  potenziale  di  crescita  di  un  settore  non  è  indicativo  della  sua  importanza  per l’economia svizzera. Relativamente al valore aggiunto lordo, ossia il valore della produzio­ne al netto degli input intermedi, le banche, il  commercio al  dettaglio e  la  sanità  si 

Mentre all’industria farmaceutica e all’ingegneria medica viene riconosciuto un notevole potenziale, l’industria alberghiera/della ristorazione e l’agricoltura figurano nelle retrovie.

bulletin 1/11  Credit Suisse

38 Economia Manuale dei settori 2011

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hanno aiutato  il settore bancario elvetico a sciogliersi dalle maglie della crisi finanziaria mondiale e a conquistare nel medio periodo una posizione di crescita superiore alla media nel raffronto settoriale svizzero. Ciò malgra­do, il successo delle banche è tuttora forte­mente vulnerabile all’andamento globale dei mercati dei capitali e all’ampiezza delle rego­lamentazioni.Durante  la  recessione  il  commercio  al 

 dettaglio  si  è  rivelato  un  sostegno  della  congiuntura e grazie al  flusso  immigratorio incessantemente copioso ha  risentito  solo marginalmente del  pessimo  stato  d’animo dei  consumatori  (si veda la scheda a pagina 36).  Come  terzo  creatore di  valore aggiunto  in ordine d’importanza in Svizzera,  la  sanità è 

meno  legata agli  sviluppi  congiun tu rali  del­l’economia  globale,  ma  viene  influenzata dall’aumento della popolazione, dal  suo  in­vecchiamento e dalle crescenti esigenze di salute e benessere. La crescita a ciclo con­tinuo della  spesa  sanitaria  è  imputabile  in misura non  ininfluente alle  limitazioni  della concorrenza e all’assenza di incentivi a con­tenere  i costi. Le riforme politiche cercano con elementi concorrenziali di promuovere la responsabilità dei costi non solo presso gli assicurati, bensì anche presso medici e as­sicuratori­malattie. A seguito dello sviluppo dinamico della  domanda,  a medio  termine è  tuttavia prevedibile un ulteriore aumento della spesa sanitaria.

Rischi presenti anche nel 2011

Cosa è lecito attendersi per l’economia sviz­zera  dopo  l’anno  della  ripresa?  Il  ruggito dello scorso anno non deve trarre in inganno e far dimenticare che la crescita è stata ac­celerata da effetti speciali come ad esempio misure di sostegno fiscali, il  nuovo aumento delle scorte ed effetti base statistici che nel prossimo futuro perderanno vigore.

Il rapido recupero non ha invece fugato i rischi:  gli  squilibri  e  le  disuguaglianze  glo­bali non sono ancora stati  ridimensionati e l’indebitamento  eccessivo  di  alcuni  paesi  graverà sull’economia anche in futuro. Oltre agli sviluppi menzionati, per la Svizzera è di fondamentale  importanza anche  l’ulteriore andamento del corso di cambio euro­franco. L’economia è posta dinanzi  a  sfide propor­zionalmente impegnative e deve dimostrare che dopo la rapida ripresa può affermarsi una crescita duratura.  <

propongono  attualmente  come  i  comparti prioritari dell’economia svizzera, prova ne è che in sieme totalizzano circa il 20 per cento del l’intero valore aggiunto lordo della Svizze­ra (quota banche 6,9 per cento, commercio al  dettaglio 6,5 per  cento e  sanità 6,2 per  cento). Questi tre settori di servizi figurano inoltre  fra  i  principali  datori  di  lavoro della Svizzera e occupano oltre il 28 per cento di tutti i dipendenti. 

L’elevata creazione di valore della banche si  fonda  non  da  ultimo  sull’offerta  ampia­mente  diversificata  di  servizi  finanziari:  la  tradizionale attività di  risparmio e creditizia è integrata dalla gestione patrimoniale e da un ampio ventaglio di  servizi nel  segmento del  finanziamento  e  della  consulenza  alle  imprese. Una tale ripartizione dei rischi del business,  la  capacità di  adeguarsi  ai  cam­biamenti  in modo generalmente rapido e la tendenza della  crescita globale dei  redditi 

Il Manuale dei settori 2011 e lo studio sul commercio al dettaglio «Retail Outlook 2011» dell’Economic Research sono disponibili all’indirizzo www.credit-suisse.com/research (Economia svizzera / Settori).

3 Tasso di disoccupazione per settori: il lavoro ridotto ha dato i suoi fruttiSenza lo strumento del lavoro ridotto, in parecchi settori il tasso di disoccupazione sarebbe lievitato a livelli notevolmente più elevati. Fonte: Segretariato di Stato dell‘economia, Ufficio federale di statistica, Credit Suisse

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Tasso di disoccupazione 2009 senza lavoro ridotto (stima)Tasso di disoccupazione 2009 con lavoro ridotto

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Credit Suisse  bulletin 1/11 

Strategie d’investimento Economia 39Foto: Rainer Wolfsberger

bulletin: In quali aspetti del suo lavoro è presente

il tema «origine»?

Andreas Russenberger: Questo tema mi interessa sot­to tre aspetti: in rapporto ai nostri collaboratori, ai clien­ti e ai prodotti. 

Allora cominciamo dai collaboratori: perché la

provenienza è così importante?

Il Portfolio Management del Credit Suisse ha venti sedi in tutto  il mondo. Facendo parte di un’impresa finanziaria svizzera con una presenza globale, dobbiamo sempre avere un buon mix di comprovati specialisti locali ed esteri, a Hong Kong e Londra così come a Dubai e Singapore. 

E qual è il peso dei collaboratori locali?

Un buon mix è essenziale. In linea di massima direi che i collabora­tori locali sono divenuti più importanti. È finita l’epoca in cui, come banca svizzera, si poteva presumere che tutti i nostri clienti parlas­sero senza eccezione una  lingua nazionale o  l’inglese.  Il cliente si sente più a suo agio se può comunicare nella sua lingua. Comunque anche  in Australia, dove  la  lingua  in sé non sarebbe un problema, abbiamo collaboratori prevalentemente locali, che hanno familiarità non solo con la cultura, bensì soprattutto con la giurisprudenza e lo specifico quadro normativo. 

Quindi le radici locali sono sempre più importanti?

Non solo. Come azienda globale dobbiamo utilizzare al meglio il no­stro know­how internazionale. Per questo motivo, nel nostro settore abbiamo avviato un programma ufficiale di scambio che permette ai nostri collaboratori di lavorare per alcuni mesi presso un’altra delle nostre sedi. L’obiettivo è consentire un arricchimento culturale reci­proco. Così  il grande know­how sui prodotti e  le competenze pre­senti in Svizzera diventano accessibili ai collaboratori di altre sedi, e viceversa. 

In questo modo è assicurato il trasferimento di know-how

sul piano interpersonale. Qual è invece la situazione per quanto

riguarda i prodotti?

La strategia della  nostra gestione di  portafoglio prevede sedi  di  produzione specializzate: un portafoglio misto in euro per un cliente tedesco, ad esempio, deve essere uguale  in  tutto  il mondo e pre­sentare gli stessi elevati standard di qualità. Lo schema fondamen­tale di un portafoglio del genere viene  inviato da Zurigo ai diversi paesi,  dove  viene copiato e adeguato alle  realtà  locali.  In questo modo possiamo assicurare che il cliente benefici della stessa quali­

tà  indipendentemente dalla  piattaforma di  contabiliz­zazione. Per converso, consideriamo ora un mandato per investire in titoli asiatici: non andrebbe sviluppato a  Zurigo   bensì,  com’è  logico,  nel  nostro  centro  di  competenza a Singapore. E così il know­how asiatico diventa  accessibile  anche  ai  clienti  svizzeri.  Quindi  da un lato favoriamo in modo molto mirato lo scambio culturale e, dall’altro, grazie alla moderna  tecnologia, 

mettiamo  il  know­how  locale  a  disposizione dei  clienti  di  tutto  il  mondo. 

Nel complesso, quindi, l’origine svizzera del Credit Suisse

passa sempre più in secondo piano.

Sì, la tendenza è questa. Come banca svizzera con un orizzonte glo­bale dobbiamo ovviamente essere vicini al cliente a livello culturale e linguistico. Nei diversi mercati c’è bisogno di collaboratori con  radici locali.  Tuttavia,  vogliamo offrire  ai  nostri  clienti  di  tutto  il mondo anche una certa dose di swissness. 

E in che modo?

Ad esempio  sviluppando  in Svizzera  il  design del  prodotto e adot­tando globalmente i nostri elevati standard negli ambiti controlling, gestione del rischio nonché legal e compliance. Per me il termine swissness, oltre a significare elevati standard di qualità e affidabilità, è anche sinonimo di discrezione, disponibilità e professionalità.

Così siamo passati quasi senza accorgercene dai collaboratori

ai prodotti. Dei tre punti iniziali rimane solo la provenienza dei

clienti.

L’origine dei clienti non si riferisce solo al passaporto, bensì princi­palmente alla  residenza e al domicilio  fiscale. A prescindere dalla piattaforma di contabilizzazione in cui il cliente effettua la stipulazio­ne, i prodotti che riceve soddisfano sempre le disposizioni di diritto fiscale o le altre norme vigenti del suo paese d’origine. Sotto questo aspetto siamo leader di mercato. 

Come viene garantito questo principio?

Sottoponendo lo schema grezzo di un prodotto sviluppato in Svizzera alle necessarie verifiche legali nei principali mercati di destinazione, dove  in genere viene ulteriormente calibrato  in base alle esigenze locali. Quindi, alla fine, un cliente domiciliato ad esempio in Francia può acquistare da qualche parte del mondo un prodotto made  in Switzerland ammesso anche nel suo paese. Sono poche le imprese finanziarie globali che possono fornire verifiche così complesse nel paese d’origine del cliente.  Daniel Huber

Il prodotto adatto per ogni domicilio del clienteAndreas Russenberger, responsabile Global MACS (Multi Asset Class Solutions) Mandates and Funds del Credit Suisse, spiega perché il tema «origine» è così importante non solo per lo sviluppo dei suoi prodotti, ma anche per il trasferimento del know-how all’interno dell’azienda.

40 Economia Africa

Il potenziale dell’Africa è tuttora enorme

1 La crescita africana supera quella mondialeIl ritmo di crescita del prodotto interno lordo reale africano è destinato a superare quello mondiale sia nel 2011 sia nel 2012.  Fonte: FMI, Credit Suisse

Illustrazione: John Hollander

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Crescita del PIL africano Crescita del PIL mondiale

Credit Suisse  bulletin 1/11 

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Africa Economia 41

polazione della Germania. Inoltre, benché il tasso di  crescita  sia enorme,  il  continente offre ancora significative opportunità di svi­luppo poiché oggi  solo quattro  africani  su dieci possiedono un cellulare, mentre circa 600 milioni di persone ne sono ancora privi. Il Credit Suisse prevede che il tasso di pene­trazione raggiungerà il 75 per cento entro il 2014, ossia 350 milioni di nuovi abbonati in più  rispetto ai  livelli attuali, pari alle dimen­sioni  dell’intera  popolazione  statunitense. Queste solide prospettive sono sostenute da un  lato dai  redditi  crescenti  nella maggior parte dei  paesi  africani,  e dall’altro dall’im­portante ruolo assunto dal cellulare nel con­testo  di  sviluppo  africano.  Ad  esempio,  il  mobile banking rende più efficienti i mercati facilitando il commercio e riducendo le asim­metrie informative.

Servizi finanziari per tutti

Nella maggior parte dei mercati di frontiera, il  settore bancario è  tra  i  primi  comparti  a realizzare una crescita. L’Africa non ha fatto eccezione:  secondo  i  dati  McKinsey,  nel 2008 gli  attivi bancari  totali nel continente ammontavano  a  1100  miliardi  di  dollari,  paragonabili  ai  circa  1000  miliardi  della  Russia. Quando nel 2007 la cinese ICBC, la maggiore  banca  mondiale  per  capitalizza­zione di mercato,  ha pagato 5,5 miliardi  di dollari per una partecipazione del 20 per cen­to nello Standard Bank Group in Sud Africa, i banchieri di tutto il mondo hanno comincia­to  a  capire  il  potenziale  del  continente.  A fronte di  un 80 per  cento  circa di  africani  ancora  sprovvisto  di  un  conto bancario  

Le prospettive di sviluppo del continente africano stanno cambiando radicalmente. Dopo un decennio di crescita reale superiore alla media, la performance dell’Africa sta smentendo molte cassandre. Il promettente profilo previsionale è basato su vari fattori di crescita che spaziano dalle enormi risorse naturali del continente alla telefonia mobile e all’agricoltura.

Testo: Robert Ruttmann, Eastern Europe & Africa Equity Research 

nell’ultimo decennio,  rispetto al  solo 8 per cento nel resto del mondo. E nonostante che le grandi compagnie petrolifere siano state le prime a investire in Africa, quelle più pic­cole le seguono da molto vicino.

Enormi risorse metallifere

Molte parti dell’Africa sono conosciute già da lungo tempo per i vasti giacimenti di metalli preziosi  e  industriali.  Il  continente  vanta  in­fatti  la maggior parte delle risorse mondiali note di platino, cromo e diamanti, così come un’alta percentuale dei depositi mondiali di bauxite, cobalto, oro, fosfato e uranio (si veda

il grafico 4). In particolare, il patrimonio mine­rario del continente si classifica al primo o secondo posto nelle graduatorie per le riser­ve mondiali di bauxite, cobalto, oro,  diamanti, metalli del gruppo del platino (MGP), fosfo­rite, vermiculite e zirconio.

In generale,  fino a oggi  le  principali  so­cietà minerarie hanno investito in Africa con ritrosia; nel 2009 solo il 6 per cento dei gua­dagni dei principali gruppi di questo settore (BHP Billiton, Vale, Rio Tinto e Xstrata)  è stato generato in questa parte del mondo. Lo sviluppo delle  risorse africane è  stato per­tanto  trainato principalmente dalle piccole società minerarie, molte delle quali sembra­no de stinate a beneficiare dei prezzi dei me­talli a nuovi massimi storici.

Telefonia mobile sempre più diffusa

Nella  telefonia mobile  l’Africa  si  conferma  il mercato più effervescente a livello mondia­le. Solo l’anno scorso i nuovi abbonati sono stati circa 90 milioni, una cifra pari alla po­

Dopo  il  forte  recupero successivo alla crisi finanziaria e un decennio di sviluppo econo­mico sopra la media, il trend di crescita del­l’Africa si presenta intatto. Di fatto, la ripresa africana dalla crisi finanziaria pare destinata a mantenersi  su  livelli  superiori  rispetto  al tasso di crescita mondiale (si veda il grafico 1). Questa robusta performance continua a con­solidare  lo  scenario  cui  stiamo assistendo ora:  un  cambiamento  fondamentale  delle prospettive di  sviluppo a  lungo  termine del continente. In questo momento molti investi­tori si chiedono pertanto quali settori siano destinati a trainarne la crescita futura.

Scoperta di riserve energetiche

Negli ultimi anni l’Africa si è affermata come primario fornitore di greggio e gas. Forte di riserve petrolifere pari a 120 miliardi di bari­li, ossia il 9,5 per cento di quelle mondiali, è la terza area geografica più ricca di oro nero. Inoltre,  nell’ultimo decennio,  la produzione petrolifera africana è aumentata del 3,4 per cento su base annua, con un  ritmo doppio rispetto alla media globale dell’1,4 per cento. L’Africa possiede altresì 14,6 miliardi di metri cubi di gas naturale  (pari a 91,8 miliardi di barili),  ossia  l’8,2  per  cento  delle  riserve mondiali totali di questa risorsa (si veda il gra-

fico 3).

Siccome l’attività esplorativa è a tutt’oggi ridotta,  il Credit Suisse è del  parere  che  i giacimenti da scoprire siano ancora molti. Le recenti  scoperte  in Uganda e Ghana sem­brano confermare tale tesi, oltre al fatto che le  riserve dimostrate di  gas e petrolio  del­l’Africa  sono  aumentate  del  15  per  cento  >

3 Riserve di petrolio e gas ampiamente intatteL’Africa è la terza area geografica al mondo con le maggiori riserve di petrolio e gas. 

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2 L’Africa ha un enorme potenziale agricoloFondamentalmente, nessun altro continente vanta una quantità così elevata di superfici agricole utili.

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4 Enormi risorse metallifereUna buona parte delle riserve globali di metalli preziosi e industriali si trova in Africa. 

5 Infrastrutture: grande potenziale di miglioramento L’Africa possiede la più bassa capacità di infrastrutture regionali al mondo. 

6 Rapida crescita del tasso di penetrazione della telefonia mobilePer il settore telecom, l’Africa presenta una bassa penetrazione di mercato e un elevato potenziale di crescita. Tasso medio di crescita annua previsto per il periodo 2007–2012 (asse a destra).

7 Buone prospettive per il settore bancarioL’80 per cento degli adulti africani è ancora sprovvisto di un conto bancario.

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Credit Suisse  bulletin 1/11 

Africa Economia 43

(si veda il grafico 7),  molte  banche  puntano  sulla  crescita  del  continente  attraverso  lo  sviluppo di servizi finanziari  innovativi come il mobile banking, che garantisce l’accesso al sistema finanziario a coloro che ancora ne sono privi. A questo proposito, le istituzioni bancarie di microfinanza hanno mostrato che l’accesso ai servizi bancari, anche sotto  forma di prestiti esigui, può favorire la produttività e   perfino  far  nascere una  vibrante  cultura imprenditoriale nelle nazioni a basso reddito.

Utilizzare meglio le superfici agricole

L’Africa vanta un grande potenziale agricolo. Sebbene utilizzi  il  25 per  cento dei  terreni coltivabili mondiali, realizza soltanto il 10 per cento della produzione, una situazione ricon­ducibile  principalmente  all’inadeguatezza  delle risorse tecniche. Ad esempio, è dispo­nibile un solo trattore ogni 868 ettari di ter­reno,  a  fronte della media di  uno ogni 56 ettari a livello mondiale. Inoltre, l’impiego di fertilizzanti per ettaro si attesta a un modesto 13  per  cento  rispetto  alla  media  globale.  L’effetto cumulativo è un rendimento dell’agri­coltura africana inferiore di ben il 66 per cen­to rispetto alla media mondiale.

Questi  dati  suggeriscono  che  la  produ­zione  agricola  africana  può  essere  incre­mentata attraverso un uso più intenso di fer­tilizzanti  e  pesticidi,  l’irrigazione  e migliori tecnologie. Inoltre, il continente ospita oltre il  27 per  cento del  potenziale mondiale di terreni  arabili  inutilizzati  (si veda il grafico 2). Siccome oltre  il  65 per  cento della popola­zione lavora nel settore agricolo, la messa a frutto di questo potenziale potrebbe produr­re anche un effetto moltiplicatore.

Ascesa della classe media

Man mano che l’Africa continua a crescere, il  suo mercato di  consumo diventa  sempre più interessante. Dal 2005 al 2008 la spesa per consumi è aumentata del 16 per cento su base annua, con un ritmo più che doppio rispetto al  tasso di  crescita del PIL per  lo stesso  periodo.  Questo  sviluppo  riflette l’ascesa di un segmento di consumatori afri­cani,  poiché  la  spesa per  consumi  inizia  a mostrare segnali di accelerazione parallela­mente all’aumento dei redditi. Secondo l’FMI, i tassi di crescita del PIL pro capite in Africa dovrebbero evidenziare progressi medi intor­no al 5 per cento su base annua fino al 2015 (si veda il grafico 8).

Ciò si traduce in una crescita di almeno il 30 per cento del potere di spesa entro il 2015. Inoltre questa situazione implica che più con­

sumatori  stanno passando da un  livello  di redditi molto basso  (ad esempio  inferiori  a 1000 dollari) al livello delle necessità prima­rie  (1000–5000  dollari),  a  dimostrazione dell’ascesa della classe media africana. Le aziende che si stanno posizionando per sod­disfare questa domanda crescente da parte dei  consumatori  della  nuova classe media potrebbero  beneficiare  di  un  vantaggio  di «first mover».

Spese per infrastrutture in aumento

La produttività dell’Africa rimane imbrigliata dal  livello  assolutamente  inadeguato delle infrastrutture, con conseguenti strettoie nei trasporti  e  interruzioni  nell’erogazione  di energia elettrica. I costi dei trasporti  risultano fino a quattro volte maggiori rispetto a quel­li del mondo sviluppato e rappresentano una barriera al commercio e all’attività economi­ca. L’Africa dispone di  pochissime  ferrovie, peraltro malridotte, ha una rete elettrica inaf­fidabile e non esiste niente che possa asso­migliare a un’autostrada  transcontinentale.

Nonostante la spesa per investimenti sia cresciuta  considerevolmente dai  3 miliardi di dollari del 1998 ai 12 miliardi del 2007 (di cui tre quarti finanziati dalla Cina), secondo le  proiezioni  di McKinsey per  raggiungere  gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio l’Africa avrà ancora bisogno di una cifra stimata  in 180 miliardi di dollari entro il 2014. Di conse­

guenza, governi e aziende private dovranno realizzare investimenti più consistenti. Inoltre, a  fronte  del  successo  riscosso dalla Cina  nel giocare d’anticipo, un numero maggiore di aziende  internazionali potrebbe seguire  i suoi passi.

Nessun investimento privo di rischio

Il  boom  economico  quasi  decennale  del­l’Africa ha messo  in dubbio  la  tradizionale visione  del  continente  nero  come  un’area  geografica in crisi, dilaniata dalle guerre, col­pita  dalla  povertà e quindi  non meritevole dell’attenzione degli  investitori. Siccome  il centro di gravità economico continua a spo­starsi verso i mercati emergenti e la doman­da di risorse africane da parte di Cina e India rimane inalterata, l’interesse degli operatori esteri  per questo  continente  sembra desti­nato a mantenersi elevato. Nonostante que­ste  interessanti  prospettive,  gli  investitori  non devono trascurare i rischi politici, legali e operativi  insiti  in ogni attività condotta  in Africa. Tenuto conto di questi rischi, al tem­po  stesso  è  opportuno  notare  che  molte  aree  geografiche  –  fra  cui  Cina  e  India  –  considerate  in passato  incerte,  esotiche e rischiose similmente al continente nero, negli ultimi anni hanno consentito agli  investitori  di realizzare cospicui rendimenti. Quello  ini­ziato da pochi anni potrebbe essere il secolo dell’Africa.  <

8 Il potere d’acquisto africano è in crescitaIl reddito pro capite africano continua ad aumentare a un tasso annuo medio di circa il 5 per cento.  

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Tasso di crescita annuale composto: 4,8%

Illustrazione: John Hollander

44 Economia Nanotecnologia

bulletin 1/11  Credit Suisse

rifiuti  e  inquinamento. Questo  smartphone vanta inoltre molte nuove funzioni, come ela­borazione dei dati e visualizzazione migliora­te, applicazioni Internet, fotocamera e GPS. Il suo prezzo al dettaglio parte da 500  dollari, oltre il 90 per cento in meno rispetto al vec­chio Motorola  (aggiornato all’attuale  valore del dollaro). Questa svolta è stata resa pos­sibile solo grazie a numerose soluzioni nano­tecnologiche, come un display a diodo orga­nico a emissione di luce (OLED), tecnologia al silicio 45 nm e una batteria agli ioni di litio. Secondo le stime del Credit Suisse, dal suo 

lancio a giugno fino a inizio dicembre 2010 sono stati  venduti  oltre 8 milioni  di  questi smartphone. L’esempio illustra in modo idea­le l’evoluzione rapidissima dei mercati per la nanotecnologia.L’uso  più  diffuso  della  nanotecnologia 

condi zionerà  diverse  tematiche  di  ordine  ambientale,  economico e  sociale,  come  la crescente  scarsità di  energia e  risorse,  la sanità,  le  aspettative di  una qualità di  vita superiore, la maggiore mobilità e un mondo sempre  più  assetato  di  informazioni.  La  crescente  importanza della nanotecnologia 

Nel  1983,  con  l’autorizzazione  della  serie  DynaTAC da parte dell’autorità statunitense per  le  telecomunicazioni, Motorola effettuò il lancio commerciale della prima generazione di moderni telefonini. Oltre a essere grande quanto un libro, rispetto a un odierno smart­phone Samsung Galaxy il Motorola aveva co­sti molto elevati, anche sotto il profilo ecolo­gico: il Galaxy consuma oltre l’80 per cento di materie prime in meno (plastica, ceramica e metallo) rispetto al suo progenitore Moto­rola,  con un conseguente  forte minore  im­patto  in  termini  di  risorse naturali,  energia, 

Entro il 2015 il fatturato annuo dei prodotti nanotecnologici è destinato a triplicare. Questa forte crescita sarà trainata da fattori quali la maggiore domanda di energia, la scarsità delle risorse, gli aspetti relativi alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico e le aspettative di una qualità di vita più elevata.

Testo: Dr. Miroslav Durana, responsabile Index Development and Nanotechnology, Thematic Research

Scienza del piccolo dal grande potenziale

Sviluppo della telefonia mobile: dal DynaTAC di Motorola creato nel  1983 all’iPhone lanciato  nel 2007.

Credit Suisse  bulletin 1/11 

Nanotecnologia Economia 45Foto: Kyle Bean

2 Outperformance dei mercati Il Credit Suisse Global Nanotechnology Index ha sovraperformato per anni l’MSCI World Equity Index. Fonte: Bloomberg, Credit Suisse / IDC 

1 I settori chiave della nanotecnologia Il mercato delle nanotecnologie può essere suddiviso in cinque settori chiave. Fonte: Credit Suisse 

si  spiega con  la possibilità di  controllare o manipolare materia o processi in scala nano­metrica (1 nanometro = 0,000001 millimetri), o atomica per ottenere materiali o prodotti con  caratteristiche  e  funzioni  nuove  e/o  migliori. Secondo l’analisi del Credit Suisse, i  mercati  per  la  nanotecnologia  possono  essere   suddivisi  in cinque settori chiave  (si

veda il grafico 1).

Motore della crescita a lungo termine

Questo trend si riscontra a livello sia pubbli­co  sia  privato.  Samsung  Electronics,  ad esempio,  ha  annunciato  di  voler  investire  circa 21 miliardi di dollari entro il 2020 nello sviluppo di  tecnologie  innovative  come bat­terie agli ioni di litio per le future automobili ibride ed elettriche, funzioni di memoria avan­zate per molti  apparecchi  elettronici  come tablet e laptop, e diodi a emissione luminosa (LED). Nel corso di questo decennio, Sam­sung  intende utilizzare da 7 a 8 miliardi  di dollari di tale somma per lo sviluppo di LED basati su nanotecnologie e 10 miliardi per la realizzazione di batterie ricaricabili (agli ioni di  litio)  e  nuovi  sistemi  solari.  La maggior  parte  di  queste  tecnologie  comprenderà  design nanostrutturati al  fine di ottimizzare  il  rapporto  costo/prestazioni.  Un  ulteriore buon esempio è il progetto del governo sud­coreano di investire quasi 6 miliardi di dollari tra il 2011 e il 2013 a favore delle tecnologie ambientali.  Numerose  di  queste  soluzioni «verdi» conterranno prodotti con caratteristi­che  nanotech  finalizzate  all’ottimizzazione delle performance, come quelle utilizzate nei sistemi di trattamento idrico.

La nanotecnologia dovrebbe quindi es sere una delle  tecnologie chiave del XXI secolo, contribuendo così  a garantire una crescita economica sostenibile. Consente lo sviluppo di molti  prodotti  nuovi,  più  leggeri  e  intelli­genti, rispondendo all’esigenza di una quali­tà di vita superiore, salvaguardando le risor­se e riducendo l’inquinamento e la spesa sa­nitaria. Una forte crescita dei mercati per la nanotecnologia è prevista  in tutti  i suoi cin­que settori (si veda il grafico 1). È infatti attesa una  solida  domanda  di  nuovi  smartphone, laptop,  tablet,  prodotti  e  televisori  con  tec­nologia LED e OLED, apparecchi elettronici o medici, nuove soluzioni per il trattamento dell’acqua, batterie agli ioni di litio, film sot­tili per il fotovoltaico, sistemi per la purifica­zione dell’aria e  la somministrazione mirata di medicinali.

Inoltre, questo trend sembra destinato a proseguire nei prossimi anni. Molti prodotti 

nanostrutturati sono già disponibili su scala industriale, ma innovazione e ottimizzazione della  produzione avanzano costantemente. Entro il 2013 la spesa in ricerca e sviluppo del settore dovrebbe raggiungere 70 miliardi di  dollari,  oltre  il  doppio  rispetto  al  2010. Alla  luce dei  crescenti  investimenti  in R&S, di un promettente orizzonte per ulteriori con­quiste  tecnologiche, dell’ottimizzazione dei prodotti  e  delle  economie di  scala,  si  pre­ vede che entro il 2015 i mercati delle nano­tecnologie arrivino a  superare  la  soglia dei 380 miliardi di dollari, più del triplo rispetto ai livelli attuali.

Crescita di oltre il 20 per cento

A livello di settore, a mostrare i tassi di cre­scita più elevati (oltre il 25 per cento all’anno entro il 2015) è il comparto «nano information technology», in virtù della rapida penetrazio­ne di soluzioni quali le tecnologie di memoria a 24 e 32 nm, le illuminazioni e i display LED, nonché di numerose unità mobili quali smart­phone, laptop, supporti di memoria (come le USB stick), i lettori DVD avanzati e le appa­recchiature  mediche.  Il  tasso  di  crescita  annuale composto dei settori «nanomateria­li» e «nanoenergie e altri» è stimato su livelli superiori al 20 per cento, trainato prevalen­temente dalla  forte domanda di  vari  nano­materiali e nanocompositi (come gli ossidi di  metallo nanostrutturati), moduli  fotovoltaici nanotech, nonché batterie agli ioni di litio e sistemi anti­inquinamento dell’aria, specifici per  i  settori  di  energia,  difesa,  autoveicoli  e beni  strumentali.  Il  tasso di  crescita più modesto,  con un  livello medio  stimato  tra  l’8 e  il 15 per cento, è  invece atteso per  il 

settore «nanostrumenti», prevalentemente a seguito del suo stato  tecnologico già avan­zato.

Meglio dei mercati azionari

Il Credit Suisse ha messo a punto  il Credit Suisse Global Nanotechnology Index (ticker Bloomberg: CSGNI Index) per gli investitori che desiderano seguire i rapidi sviluppi eco­nomici e tecnologici sui mercati delle nano­tecnologie.  La  sovraperformance  a  lungo termine  di  questo  indice  rispetto  all’MSCI World Equity  Index è  illustrata dal grafico 2,

il quale evidenzia prospettive di crescita per la nanotecnologia  chiaramente  superiori  ri­spetto alle borse valori globali.  <

Mercati per la nanotecnologia

Nanostrumenti Nanomateriali Nanoenergie e altri

Nano information technology

Nanomedicina

· Microscopia ottica,

elettronica e a forza atomica

· Nanoattuatori

· Nanomateriali· Materiali compositi

· Film sottili· Nano-

fabbricazione

· Moduli fotovoltaici· Batterie

· Nanofiltrazione· Super-

conduttori

· Elettronica stampata

· Memorie· Illuminazione

(OLED)· Schermi piatti

· Biomateriali· Somministra-

zione di farmaci· Ingegneria

medica· Cura del

cancro

Credit Suisse Global Nanotechnology IndexMSCI World

80

100

120

140

160

180

200

220

Indice

60

06.02

06.03

06.04

06.05

06.06

06.07

06.08

06.09

06.10

46 Wirtschaft Anlagestrategien

I paesi emergenti, in primis la Cina (nella foto un’acciaieria), sono diventati i motori di crescita per la congiuntura globale.

Credit Suisse  bulletin 1/11 

Strategie d’investimento Economia 47Foto: Lin Debin, Imaginechina

>

un’esposizione a questi mercati. Occorre tut­tavia osservare  che  investimenti  di  questo tipo necessitano di  analisi  particolarmente approfondite. Oltretutto,  la  sensibilità delle singole categorie d’investimento a specifici eventi  dei  paesi  è di  gran  lunga maggiore. Questo fa aumentare le prospettive di rendi­mento degli  investimenti, ma anche  i  rischi salgono proporzionalmente alle opportunità. 

Il punto è quello di applicare un proces­so in grado di individuare tempestivamente le inefficienze di mercato e di attuarle nei portafogli. A fronte di un rischio controllato, gli  investimenti all’interno dei  vari paesi e delle  diverse  regioni  andrebbero  ristruttu­rati in modo tale da creare un’ulteriore fon­te  di  rendimento. Per meglio  far  fronte  a queste  sfide  e  rispondere  alla  crescente domanda di investimenti nei mercati emer­genti da parte della nostra clientela, l’Asset Management del Credit Suisse ha istituito un nuovo team di esperti sotto la guida del CIO  Office:  l’Emerging  Market  Steering Committee (EMSC). L’obiettivo perseguito da questa  rosa di specialisti  integrata nel processo d’investimento globale è quello di sfruttare sistematicamente a vantaggio dei nostri  clienti,  nel  quadro dell’asset  alloca­

Paesi emergenti: un’alternativa in ambito azionario e obbligazionarioNegli ultimi dieci anni i paesi emergenti si sono trasformati da «fabbrica del mondo» a principale volano per l’espansione dell’economia mondiale, con un consumo interno destinato a diventare un fattore di crescita sempre più importante. Questo li rende particolarmente allettanti per gli investitori.

Testo: Anja Hochberg, responsabile Strategia d’investimento, e Adrian Zürcher, stratega Azioni/Mercati emergenti

tion tattica, i temporanei squilibri esistenti tra azioni, obbligazioni o monete. 

Contesto di mercato e prospettive

Anche nei paesi emergenti si registra un cer­to rallentamento congiunturale, in particola­re in Cina, dove la crescita è sensibilmente rallentata negli ultimi mesi attestandosi al 9,6 per cento (terzo trimestre 2010). Circostan­za, questa, che ha già suscitato la preoccu­pazione di alcuni operatori circa un possibile atterraggio duro da parte dell’economia ci­nese. Tuttavia, l’EMSC ritiene decisamente esagerati tali timori. Finora, la Cina ha sem­pre dimostrato grande abilità nell’adozione di provvedimenti volti ad arginare l’inflazione e a  raffreddare  il mercato  immobiliare  senza peraltro  rallentare eccessivamente  la dina­mica  di  crescita.  La  forza  recentemente espressa dagli indicatori economici previsio­nali  come  l’indice dei  direttori  agli  acquisti confermano  la nostra  valutazione. Questa evoluzione positiva offre al  governo cinese  la libertà di manovra necessaria a varare ul­teriori misure per tenere a freno l’inflazione e i prezzi immobiliari. Anche in altri paesi emergenti la dinamica 

di crescita appare fin troppo vigorosa, il 

Nell’anno  in corso  i paesi emergenti contri­bui ranno per circa il 75 per cento alla cresci­ta globale (si veda il grafico 1). Siamo convinti che non si tratti semplicemente di un movi­mento ciclico, quanto piuttosto di un deciso trend strutturale. Grazie a una maggiore inte­grazione nell’economia globale, molti paesi emergenti  sono  passati  da  un modello  di  crescita guidato dall’export a uno orientato all’economia interna. In anni recenti questo processo ha determinato un  riequilibrio dei rapporti di forza. Se all’inizio degli anni No­vanta  il  consumo globale era ancora  forte­mente dominato dagli Stati Uniti, oggi il po­tere di consumo dei paesi emergenti ha ormai raggiunto quello degli USA. Vere e proprie colonne portanti  di  questa  rincorsa econo­mica  si  sono  rivelati  la  robusta  struttura  demografica dei  paesi  emergenti  e  i  bassi livelli  di  indebitamento  pubblico  e  privato  (si veda il grafico 2).

Investire nei mercati emergenti

L’influsso  sempre maggiore  sull’economia mondiale e la forte dinamica di crescita fanno dei paesi emergenti un tema d’investimento fondamentale. Siamo dell’avviso  che  in un portafoglio  bilanciato  non  possa mancare 

bulletin 1/11  Credit Suisse

48 Economia Strategie d’investimento

che porta  le banche centrali a stringere ul­teriormente le redini del credito. Nell’attuale contesto caratterizzato da spread creditizi in aumento non sorprende quindi che  il  trend rialzista  di  queste  valute  prosegua  il  suo  corso. Molti paesi iniziano però a opporsi ai flussi di capitali occidentali e alcuni di essi hanno introdotto misure di controllo sotto for­ma di  imposta sui capitali per gli  investitori stranieri.  L’EMSC prevede  tuttavia  che  tali provvedimenti  comporteranno un aumento della volatilità senza peraltro sortire l’effetto desiderato  in quanto  i  capitali,  in  virtù dei vantaggi  in  termini  di  rendimenti,  continue­ranno ad affluire verso i paesi emergenti. La  maggiore  dinamica  di  crescita  nei  

paesi emergenti e i bassi livelli dei tassi nei paesi  occidentali  continuano a  favorire un sovrappeso tattico sulle obbligazioni dei mer­cati emergenti rispetto ai mercati principali. Al  momento  preferiamo  le  obbligazioni  in  moneta  locale  alle  emissioni  in  dollari.  Le monete di questi paesi sono perlopiù sotto­valutate e quindi offrono una fonte di rendi­mento  in  più.  Oltretutto  ravvisiamo  rischi  decisamente  più  elevati  nelle  obbligazioni  in dollari a causa della curva dei tassi USA molto piatta. Da un punto di vista valutativo privilegiamo  le  obbligazioni  est  europee e  sudamericane in moneta locale rispetto alle asiatiche. In  virtù dell’elevata dinamica dell’econo­

mia  interna e della maggiore crescita degli utili societari, sul fronte azionario confermia­mo  il  sovrappeso  sui mercati  emergenti  ri­spetto  al mercato globale. Un sovrappeso solo moderato,  però, giustificato  in  termini tattici dall’attuale difficile contesto politico in Medio Oriente e dalle conseguenti possibili implicazioni  per  altre  regioni  emergenti. L’Asia  come motore  di  crescita  rimane  la  nostra regione favorita. Tra  le nostre prefe­renze in termini di asset allocation figurano attualmente  la Corea e, da poco, anche  la Cina.  L’India  per  contro  appare  piuttosto  cara.  A  causa  della  natura  eterogenea  di  alcuni   paesi  est  europei,  assegniamo una valutazione neutrale a questa regione, men­tre evitiamo l’Europa centrale. La Russia in­vece è  il paese che preferiamo  in assoluto, in quanto presenta una valutazione molto in­teressante. Anche la Turchia, caratterizzata da prospettive di crescita elevata e di tassi in calo, si profila come paese d’investimento allettante.  Sottopesiamo  l’America  latina,  regione che attualmente offre le prospettive di rendimento più basse.  <

1 Crescita: mondo industrializzato e paesi emergenti a confrontoLa crescita globale continua a essere trainata dai paesi emergenti. Già quest’anno vi contribuiranno in misura del 75 per cento.Fonte: Segretariato di Stato dell’economia, Ufficio federale di statistica, Credit Suisse

2 Indebitamento: mondo industrializzato e paesi emergenti a confrontoMentre il debito pubblico nei paesi industrializzati è in continuo forte aumento, nei paesi emer-genti diminuisce.  Fonte: Segretariato di Stato dell’economia, Ufficio federale di statistica, Credit Suisse

1998

Mercati emergenti Paesi industrializzati Crescita dell’economia mondiale

2000 20062002 2004 2008 2010

–3,0

–2,0

–1,0

1,0

2,0

0

3,0

4,0

5,0

6,0

Variazione percentuale rispetto all’anno precedente tenendo conto della parità dei poteri di acquisto

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Gennaio

30

40

50

70

80

60

Debito pubblico (in % del PIL)

90

100

110

Paesi sviluppati

Paesi emergenti

Dossier investimenti immobiliari

Esperti diediliziasostenibile

Sommario01  Real Estate Asset Management del Credit Suisse02  Credit Suisse Real Estate Fund Hospitality03  greenproperty – un sigillo di qualità ecologica04  Intervista a due voci in tema di edilizia sostenibile05  Business Center Andreaspark, Zurigo06  Progetto Foyer, Zugo07  Panoramica dei veicoli d’investimento

RorschachTrischli’s

01Immobili

SpreitenbachShoppi

BasileaTorre della Fiera

ZugoUptown

ZurigoJelmoli – House of Brands

ZurigoSihlcity

DavosStilli Park

ZurigoPrime Tower

BurgdorfResidenza Burdlef

San GalloBusinesshouse

GinevraConfédération Centre

Gli investimenti nel mattone sono resi­stenti alle crisi e generano un rendimento stabile, che a medio termine vede gene­ralmente crescere la propria attrattiva di pari passo con l’aumento della diversi­ficazione. Considerato il loro margine d’azione più ristretto, i clienti privati ap­prezzano la possibilità di effettuare  investimenti  indiretti attraverso i fondi immobiliari, le cui quote fanno volentieri parte del  portafoglio dei clienti profes­sionali come le casse pensioni. Come 

emerso negli ultimi anni, ai fini della deci­sione d’investimento, oltre al rendimento atteso conta anche l’impostazione di un determinato fondo. Tale circostanza è alla base dei diversi veicoli d’investi­mento del Real Estate Asset Manage­ment del  Credit Suisse, che a dicembre 2010 gestiva un patrimonio immobiliare per un valore complessivo di 27,2 miliardi di franchi. L’insieme degli investitori  rientra così tra i principali locatori e com­mittenti, poiché ai 1100 immobili corri­

spondono ben 70 000 rapporti loca­tivi che, a loro volta, si traducono in un reddito netto pari a 1,44 miliardi di  franchi all’anno (2010). Gli investimenti annui di tutti i fondi immobiliari per ri­strutturazioni e risanamenti ammontano a 250 milioni di franchi; gli attuali 48 nuovi progetti edilizi implicano costi di costruzione complessivi per circa 2,3 mi­liardi di franchi. Queste cifre di tutto rispetto rappre­

sentano un’importante responsabilità per 

Pregny-ChambésyChemin des Cornillons

BellinzonaVia dei Gaggini 

LucernaLakefront

LucernaSportarena

GinevraGeneva Business Center

BernaGenfergasse 14

Köniz Business Park

Eccellenti gestori patrimoniali 

Foto: C

redit Suisse

St. ErhardSilence 

ZugoFoyer 

LosannaEPFL  

La Chaux-de-FondsSede centrale Tag Heuer

02Immobili

 Real Estate Asset Management del Credit Suisse

Immobili in portafoglio

Progetti

Valore degli investimenti immobiliari nelle singole regioni (in milioni di franchi): Berna 1883, lago Lemano 3719, Svizzera centrale 1473, Svizzera nordoccidentale 5050, Svizzera orientale 1371, Svizzera meridionale 494, Svizzera romanda 521, Zurigo 8064.

Prima assoluta Il fondo immobiliare con le qualità dell’accoglienzaLa famiglia dei veicoli d’investimento immobiliare del Real Estate Asset Management del Credit Suisse è divenuta ancora più attraente: alla fine del 2010 il Credit Suisse Real Estate Fund Hospitality ha riscontrato una domanda molto vivace da parte degli investitori.

Per tradizione la Svizzera attribuisce gran­de importanza all’ospitalità, che può  essere considerata parte  integrante dell’identità nazionale.  «L’hospitality  business muove originariamente dall’industria  alberghiera, ma oggigiorno comprende un’offerta  molto più  ampia  e  articolata:  dagli  alloggi  per studenti agli immobili del settore sanitario, dai vari tipi di alberghi ai centri  residenziali fino agli alloggi nella regione alpina»,  spiega Lucas Meier,  gestore  del Credit  Suisse Real Estate Fund Hospitality (CS REF Ho­spitality). «Con il nuovo fondo investiamo in modo ampiamente diversificato nel set­tore dell’ospitalità  e possiamo quindi  far valere il nostro know­how in modo mirato». 

Secondo Meier, un immobile hospitality ha successo se riesce a soddisfare i biso­gni dell’investitore, dell’utente/ospite e del gerente. Ai  fini  del  successo economico quest’ultimo assume un’importanza fonda­mentale; per questo motivo il primo fondo immobiliare  svizzero  con  le  qualità  del­l’accoglienza collabora solo con marche e società di gestione di prestigio nazionale e internazionale. «I conflitti d’interesse so­no impossibili, poiché la legge esclude una partecipazione nelle società di gestione», sottolinea Lucas Meier. 

Gli investimenti sono diversificati in  base a ubicazione e destinazione d’uso; possono essere acquistati e risanati edifici già esi­stenti o se ne possono costruire di nuovi. All’inizio era previsto un fondo con una 

dimensione di circa 500 milioni di franchi. «Abbiamo però presto  constatato  che  la domanda è notevolmente superiore», spie­ga il gestore del fondo. «Alla fine abbiamo fissato  un  volume  di  emissione  pari  a 900 milioni di franchi». I primi investimenti 

riguardano gli  interessanti  nuovi  progetti Hotel Stilli Park, a Davos, nonché un cen­tro congressi e un edificio residenziale sul campus del Politecnico Federale di Losan­na (EPFL), a Ecublens.

Il fondo è attraente soprattutto per chi ha un orizzonte d’investimento dal medio al lungo termine, finalizzato innanzi tutto a un utile corrente. Sinora è stato riservato esclusivamente agli  investitori  qualificati, ma si prevede di aprire il CS REF Hospita­lity  al  pubblico  e  di  quotarlo  alla  Borsa svizzera entro i prossimi cinque anni.  schi

i 110 collaboratori del Real Estate Asset Management del Credit Suisse, guidati da Markus Graf: la responsa­bilità di effettuare investimenti oculati e con una prospettiva di lungo termine. Andreas Schiendorfer

Maggiori informazioni al sito www.credit-suisse.com/ch/realestate

Volete leggere articoli di appro-fondimento sull’Hotel Stilli Park o sul centro congressi e l’edificio residenziale sul campus dell’EPFL di Losanna? Ci pensa kooaba! Basta fotografare questa pagina con l’app kooaba ottenibile gratuitamente e accederete a un browser con le informazioni che cercate. Le stesse sono disponibili anche al sito www.credit-suisse.com/bulletin.

Hotel Stilli Park, Davos

EPFL,Losanna

kooaba

03Immobili

greenpropertyUn sigillo di qualità ecologicaIl Credit Suisse Real Estate Fund Green Property, lanciato nella primavera del 2009, sta dando ottimi risultati: sono stati varati sette promettenti progetti e uno, il Business Center Andreaspark di Zurigo, è già stato realizzato. Il sigillo di qualità greenproperty, nato contestualmente a  questo fondo, ha brillantemente superato l’esame pratico.

Quando si parla di costruzioni sostenibili, le raccomandazioni  come  gli  standard  Minergie o  il  certificato energetico canto­nale sono parametri noti. Ma un altro mar­chio ha fatto recentemente la sua com par­sa: si tratta del sigillo di qualità greenpro­perty,  assegnato  per  la  prima  volta  al Business Center Andreaspark BCA di Zu­rigo­Leutschenbach, ultimato a metà 2010.

Ma qual è  il suo significato? «Il nostro obiettivo era quello di  dare  vita  al  primo sigillo di qualità completo per gli immobili in Svizzera, rendendo possibile una valuta­zione  e  una  qualificazione  complessive 

degli  oggetti»,  spiega  Markus  Graf,  re­sponsabile Real Estate Asset Management Switzerland. «A questo scopo, insieme al­lo  studio  di  ingegneria  e  pianificazione Amstein + Walthert, abbiamo analiz zato le attuali etichette di sostenibilità e messo a punto un nostro processo di valutazione».La  verifica greenproperty  consiste  in  

86 indicatori, raccolti in 35 criteri, che ven­gono parametrizzati  sulla base di  bench­mark e standard in vigore. Ciascun criterio viene a sua volta assegnato a cinque am­biti di sostenibilità: utilizzo,  infrastruttura, energia, materiali e ciclo vitale (si veda il 

grafico).  Il  sigillo di qualità greenproperty testi monia dunque che  l’immobile  in que­stione soddisfa in tutti e cinque gli ambiti la valutazione consolidata dei criteri previ­sti dal sigillo (si veda la tabella in calce).«Questo  sistema  si  è  affermato  nella 

pratica. Soprattutto è stato dimostrato che un immobile concepito sin dall’inizio badan­do ai requisiti di greenproperty non deve necessariamente costare più di uno con­venzionale»,  ribadisce  Claude  Maissen, gestore del Credit Suisse Real Estate Fund Green Property (CS REF Green Property). «Abbiamo  ricevuto  richieste  da  tutto  il  mondo.  Il  pubblico  chiedeva  chiarimenti sulla definizione dei criteri, sulle esperienze raccolte e sulla composizione di un fondo di questo genere».

Il CS REF Green Property ha già  inve­stito nei seguenti progetti: Uptown (Zugo), Business Center Andreaspark BCA (Zurigo), Lindenhöfe e Westhöfe  (Dietikon), Foyer (Zugo), Trischli’s (Rorschach) e nelle aree edificabili amRietpark A2 e B (Schlieren).

Markus Graf sottolinea che dal 2010 il Real Estate Asset Management del Credit Suisse  punta  solo  su  opere  sostenibili. «Siamo lieti di assumere il ruolo di pionieri per quanto riguarda l’edilizia sostenibile in Svizzera».  schi

Utilizzo

Ciclo di vita

Valutazione progetto esemplificativo

Infrastruttura

Materiali Energia

Alla base di ciascuno dei cinque ambiti greenproperty troviamo da cinque a nove criteri. La linea di valutazione rossa non indica soltanto se i criteri sono stati soddisfatti, ma anche in quale ambito si rileva il maggiore potenziale di miglioramento.

Grafico: Credit Suisse

Alcuni criteri assegnati ai cinque ambiti di sostenibilità

Utilizzo Infrastruttura Energia Materiali Ciclo di vita

Contatti sociali Trasporti pubblici/ traffico lento

Protezione dal calore estivo  Disponibilità  di materie prime

Struttura edificio/ ampliamento

Luce diurna Servizi di base Calore per acqua calda Sostanze nocive Riparazione

Identità del territorio Mobilità individuale Elettricità Impatto ambientale Esercizio/mantenimento

Accessibilità Ubicazione Copertura fabbisogno  energetico

Ripristino Valutazione

Sicurezza Clima interno Sostanza edilizia

Real Estate Asset Management del Credit Suisse

04Immobili

bulletin: Quali sono le dimensioni del Credit Suisse Real Estate Fund Green Property (CS REF Green Property)?Jean­Claude Maissen: Dal lancio nel ­l’aprile 2009 abbiamo acquisito sette progetti edili per un valore di 425 milioni di franchi, di cui circa un terzo destinato all’utilizzo abitativo e il resto a immo­ bili commerciali. Uno dei sette progetti  è stato completato già a metà 2010 e l’edificio è ora abitato; altri tre saran­ no conclusi nel 2011.Il rispetto dell’ambiente è per voi impor­tante. Tuttavia, anche il CS REFGreen Property utilizza preziose riserve di terra coltivabile...

Maissen: I nostri progetti si trovano  perlopiù in zone precedentemente adibi­te ad attività industriali. Il Limmatfeld a Dietikon, ad esempio, è un’area indu­striale convertita in un quartiere a utiliz­zo misto, e lo stesso vale per il com­plesso edilizio amRietpark di Schlieren. Questa compattazione verso l’interno  è anche l’obiettivo del progetto Foyer relativo all’ex area di Landis & Gyr a  Zugo. Costruire in modo sostenibile non significa necessariamente distruggere disponibilità di terra coltivabile, ma  piuttosto compattare l’ambiente urbano, operando al suo interno: incremen­ tiamo l’utilizzo di un’infra struttura esi­

stente aumentandone il  grado di effi­cienza.Roger Baumann: I progetti green­property collegati a infrastrutture esi­stenti ottengono un punteggio superiore nella nostra valutazione di sostenibilità rispetto a quelli realizzati in mezzo  alla natura. Il sito e l’infrastruttura sono criteri essenziali per una valutazione  globale della sostenibilità. Tenendo con­to di questi fattori intendiamo contra­stare l’espansione urbana incontrollata  e ridurre il consumo energetico per  gli spostamenti casa­lavoro, quindi per  la mobilità indotta.La parola chiave è «sigillo di quali­

Il Credit Suisse ha ridefinito gli immobili sostenibiliIl Credit Suisse Real Estate Fund Green Property è l’unico fondo che investe esclusivamente  in progetti di edilizia sostenibile. Il Credit Suisse punta così sui propri valori in questo campo.  Il suo sigillo di qualità greenproperty stimola un cambio di mentalità.

Roger Baumann (a sinistra), responsabile Business Development Real Estate Asset Management del Credit Suisse, e Jean-Claude Maissen, gestore del Credit Suisse Real Estate Fund Green Property, rispondono alle nostre domande sull’edilizia sostenibile e sul sigillo di qualità greenproperty.

Foto: Katharina Lütscher

 Real Estate Asset Management del Credit Suisse

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06

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«Da un lato, questo nuovo stabile è il più grande progetto in ambito uffici in seno al Gruppo Johnson & Johnson e, dall’altro, è un progetto pilota in molti settori come quello della flessibilità dei posti di lavo-ro e dell’edilizia sosteni-bile», spiega Heinz Schmid, General Manager di Cilag GmbH International. L’im-presa farmaceutica sarebbe quasi diventata vittima del proprio successo: inse-diatasi nell’area Siemens

presso la stazione di Zugo nel 1999 con 110 persone, è cresciuta fino a impiegare oggi 600 collaboratori distribuiti in sei sedi. Ma due nuove costruzioni, realizzate tramite il CS REF Green Pro perty e il CS REF PropertyPlus, dal maggio 2012 porranno rimedio all’attuale situazione, creando anche lo spazio per altre due affi-liate di Johnson & Johnson. Maggiori informazioni al sito www.credit-suisse.com/bulletin

tà»: perché la Svizzera ha bisogno di un marchio di sostenibilità?

Baumann: Il Center for Corporate Re­sponsibility and Sustainability (CCRS) dell’Università di Zurigo si è chinato sulla questione su incarico di Minergie. Si è concordi sul fatto che la molte­plicità di marchi rende necessario uno strumento di orientamento nel settore immobiliare. Un marchio di sosteni­bilità deve basarsi su standard vigenti a livello locale. greenproperty è un criterio di qualità nelle decisioni di af­fitto o d’investimento.

È però comprensibile che le ditte internazionali intenzionate ad affittare superfici «verdi» in Svizzera utilizzino come criteri i loro standard specifici quali ad esempio LEED, BREEAM o DGNB. Perciò in futuro sul mercato assisteremo a un aumento delle cer­tificazioni multiple. È del tutto logico.Quanto è oggettivo greenproperty?Maissen: Lo scopo del sigillo di quali­tà è permetterci di misurare oggettiva­mente la sostenibilità di un immobile. In questo modo possiamo basare le nostre decisioni d’investimento su un fondamento solido e valutare se un progetto edile o un immobile presenta un ulteriore potenziale di ottimizzazio­ne. L’oggettività è elevata perché  il sigillo è stato sviluppato in stretta collaborazione con noti specialisti.Qual è esattamente l’idea dietro questo marchio? Potete adattare i 35 criteri alle vostre esigenze?Baumann: Gli indicatori e la loro valu­tazione sono definiti. Il sistema di  valutazione viene verificato periodica­mente e all’occorrenza adattato a nuovi standard. Ad esempio, MINER­GIE® e MINERGIE­ECO® sono com­ponenti essenziali del nostro sigillo di qualità. Quando questi marchi vengo­no per fezionati e adattati alle nuove disposizioni legislative, anche green­property si adegua.Maissen: Abbiamo sviluppato il sigillo di qualità assieme a noti speciali­ sti creando così la chiave d’accesso  al mercato immobiliare sostenibile. Ritengo che grazie al nostro esaustivo elenco di criteri abbiamo ottenuto  un vantaggio di mercato per i prossimi tre­cinque anni.Perché un immobile può essere declassato o perdere il sigillo?

Zugo Due fondi in sintonia

Zurigo Il progetto di riferimento

«Gli elevati standard ecolo-gici e la posizione centrale sono i principali motivi del nostro interesse per l’Andreaspark», spiega Christine Gebhard, Head Corporate Communication del Gruppo Aduno, azienda operante nel settore del-l’elaborazione dei paga-menti. Il Gruppo Aduno è il principale locatario, assie-me a Karl Steiner AG, del Business Center Andreas-park BCA a Leutschenbach. «Una tappa fondamentale

nella storia della nostra impresa», afferma Christine Gebhard. «Il design e l’architettura del BCA indicano la strada del futuro». E naturalmente anche il fatto che la rimarchevole facciata in vetro con lamine di alluminio non incide negativamente sulla so-stenibilità. Il primo immobile completato con il certificato green-property non potrebbe essere più adatto al nuovo dinamismo di Zurigo Nord. Maggiori informazioni al sito www.credit-suisse.com/bulletin

Foto: C

redit Suisse

Real Estate Asset Management del Credit Suisse

Baumann: Nella fase di gestione, deter­minati indicatori non sono di fatto più influenzabili o lo sono solo limitatamente. Un esempio è la percentuale prescritta di cemento riciclabile. Tuttavia, i dati del piano e del progetto relativi al fabbiso­gno energetico possono senz’altro esse­re modificati nella fase di utilizzo. Quan­do il consumo è superiore alle attese a causa di una modalità di utilizzo che non poteva essere prevista o di difetti tecnici, è possibile ricorrere a un declassamento qualora non vengano adottate le contro­misure per la sua riduzione. Con la ricer­tificazione annuale incentiviamo una  costante ottimizzazione dei nostri edifici.Maissen: I cambiamenti possono realiz­zarsi in entrambe le direzioni; vi è sempre la possibilità che dopo un determinato periodo un immobile avanzi a una cate­goria superiore. Ad esempio, il miglio­ramento dell’infrastruttura aumenta il valore dell’immobile, come nel caso di trasporti pubblici più frequenti o di mag­giori possibilità d’acquisto nelle imme­diate vicinanze. Un controllo critico deve anche stimolare una gestione più soste­nibile.L’infrastruttura è quindi una componente rilevante del vostro sigillo di qualità. Ciò significa che chi vive in campagna non può soddisfare i requisiti greenproperty?Maissen: Osservata nel suo complesso, la sostenibilità comprende tutti gli aspet­ti: infrastruttura, ciclo di vita, materiali, utilizzo ed energia. Il nostro sigillo è ora articolato in tre classi, ossia oro, argento e bronzo. Per questo, anche un immobile in campagna che sia collegato ai mezzi pubblici può ricevere un certificato ar­gento o bronzo. Assieme agli specialisti competenti siamo però giunti alla con­clusione che un immobile non deve esse­re considerato sostenibile quando è  necessario percorrere in auto un tragitto di un quarto d’ora per raggiungere  negozi, scuole, posti di lavoro o altri luo­ghi analoghi: anche la costruzione più efficiente dal punto di vista energetico perderebbe tutta la sua utilità.Estenderete greenproperty anche ad altri settori?Baumann: È uno dei temi principali di quest’anno, trattato nell’ambito di un progetto denominato Green Hospitality. Finora abbiamo applicato il sigillo  a immobili a uso abitativo, lavorativo e  commerciale. Ora si tratta di valutare  

la sostenibilità degli immobili adibiti a strutture di ospitalità. Nel settore alber­ghiero esistono circa 340 marchi a livello mondiale. In quest’area l’attenzio­ne non viene prestata alla sostanza  edilizia e all’utilizzo, ma è rivolta princi­palmente alla conduzione operativa.  Ciò comprende generi alimentari locali, apparecchi improntati al risparmio ener­getico, riciclaggio, servizio di lavanderia. Un sigillo di qualità globale che faccia riferimento alla struttura dell’hotel, ad esempio al l’utilizzo di climatizzatori nelle camere, sarebbe vantaggioso per una conduzione d’impresa sostenibile. Maissen: Con la nostra società di ge stio­ne Wincasa sono già in corso progetti in questo settore. Abbiamo previsto anche un manuale sulla gestione immobiliare. Pensiamo a istruzioni operative complete che possano ad esempio riguardare  anche i detergenti usati dalla  portineria. Tutti gli aspetti della sostenibilità costitu­iscono parte integrante dei nostri con­tratti: anche i nostri locatari devono sod­disfare le prescrizioni che li riguardano, ad esempio quelle relative alle finiture.Perché i piccoli risparmiatori non possono investire nel CS REF GreenProperty?Maissen: Il CS REF Green Property non è un prodotto ordinario. L’Autorità di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) ha autorizzato eccezioni basilari, come ad esempio una quota del 100 per cento nel progetto edile. Per proteggere i pic­

coli risparmiatori, la Finma ha posto una clausola che limita la possibilità di par­tecipazione ai soli investitori qualificati. La limitazione vale per i primi cinque  anni, ossia per la fase di costituzione del fondo. Nei prossimi tre anni porteremo  il fondo in borsa consentendo così a tutti gli investitori di accedervi. A quel punto saranno annullate anche tutte le autoriz­zazioni eccezionali.Per l’anno in corso sono già stati avviati diversi progetti...Baumann: Il 2011 è l’anno dell’ulteriore sviluppo e della comunicazione. Oltre  al progetto Green Hospitality, è prevista l’estensione del sigillo di qualità agli  altri veicoli d’investimento del Real Estate Asset Management del Credit Suisse. Certificheremo inoltre il primo immobile in modo definitivo (una volta ultimato). Stiamo poi lavorando anche a una so­luzione per la valutazione degli immobili in fase di rinnovo. Abbiamo fatto molto dal 2009 a oggi: ora è giunto il momento di dimostrarlo.  Franziska Vonaesch

 Real Estate Asset Management del Credit Suisse

Vari articoli sui progetti del CS REF Green Property e informazioni di approfondimento su greenproperty sono consultabili con l’applicazione kooaba.

kooaba

Nel Limmatfeld di Dietikon, il CS REF Green Property e il CS REF LivingPlus realizzano i progetti Westhöfe e Lindenhöfe. Entrambi sono certificati con il sigillo di qualità greenproperty. Per ulteriori informazioni rimandiamo al sito www.credit-suisse.com/bulletin.

07Immobili

CSF Real Estate Switzerland CSF RES Commercial CSF RES Dynamic Swiss Prime Site

Focus Parco immobiliare equilibrato  Immobili commerciali Immobili residenziali Immobili commerciali

Svizzera x x x x

Piano internaz.

Investitori Istituzioni del 2° pilastro esenti  da imposta

Istituzioni del 2° pilastro esenti  da imposta

Istituzioni del 2° pilastro esenti  da imposta

Tutte le categorie; il fondo è quotato in borsa

Real Estate Asset Management del Credit Suisse

Credit Suisse REF Siat Credit Suisse REF Interswiss Credit Suisse REF PropertyPlus

Credit Suisse REF LivingPlus

Focus Immobili residenziali Immobili commerciali Immobili commerciali Appart. con pacchetto di servizi

Svizzera x x x x

Piano internaz.

Investitori Tutte le categorie; il fondo è quotato in borsa

Tutte le categorie; il fondo è quotato in borsa

Tutte le categorie; il fondo è quotato in borsa

Tutte le categorie; il fondo è quotato in borsa

Credit Suisse REF Green Property

Credit Suisse REF Hospitality Credit Suisse REF International

Credit Suisse 1a Immo PK

Focus Immobili sostenibili Immobili del settore hospitality Immobili commerciali Parco immobiliare equilibrato

Svizzera x x x

Piano internaz. x

Investitori Investitori qualificati* Investitori qualificati* Investitori istituzionali Casse pensioni, casse di assicura­ zioni sociali/di compensazione

I veicoli d’investimento immobiliare del Real Estate Asset Management (inclusi quelli di terzi)

Trovate ulteriori informazioni al sito www.credit-suisse.com/ch/realestate.Credit Suisse AG, Real Estate Asset Management, Sihlcity – Kalandergasse 4, 8070 Zurigo, telefono 044 334 43 48, fax 044 332 10 82,

e­mail info.realestate@credit­suisse.com

* ai sensi dell’art. 10 cpv. 3 della LICol i. r. con l’art. 6 cpv. 1 dell’OICol

Foto: C

redit Suisse

Con un capitale  investito di circa 27 miliardi di  franchi,  il Real Estate Asset Management del Credit Suisse è il maggior offe­rente  in Svizzera  nell’ambito  degli  investimenti  immobiliari  in­ diretti. Gestisce otto fondi  immobiliari, tre gruppi d’investimen­ to  immobiliare  della Credit Suisse Fondazione d’investimento nonché strumenti di terzi (ad esempio Swiss Prime Site AG). Il 

Real Estate Asset Management mette in campo una pluriennale esperienza  nella  realizzazione  di  grandi  progetti  edili.  Il  suo  successo poggia su un solido know­how maturato nel corso di molti  anni  e  su un’affermata  collaborazione  con  rinomate  im­ prese generali e totali, come pure su una gestione professionale del portafoglio.

Credit Suisse  bulletin 1/11

Credit Suisse 49

Premi EuromoneyMigliore banca privata al mondo

Per il 2° anno consecutivo il Credit Suisse è stato procla­mato migliore banca privata al mondo da Euromoney, pubblicazione di spicco per i mercati bancari e finanziari internazionali, e si è aggiudi­cato numerosi riconoscimenti regionali e nazionali, com­presi quelli di migliore banca privata in Europa occidentale, Medio Oriente ed Europa centrale e orientale. Le clas­sifiche Euromoney si basano su un’analisi qualitativa e quantitativa dei migliori ser­vizi di private banking per mercato e settore. 

Summit degli imprenditoriSuccesso e responsabilità sociale

Il Private Banking del Credit Suisse negli Stati Uniti ha  organizzato il 2° summit an­nuale degli imprenditori a Sundance, nello Utah, per promuovere la leadership  di pensiero tra gli imprenditori UHNW. I partecipanti hanno colto l’opportunità per al­lacciare contatti con colleghi, scambiare know­how con esperti e apprendere gli at­tuali sviluppi di mercato.  Incentrato sull’innovazione nel nuovo decennio e sulla chiave del successo in un mondo degli affari social­mente responsabile, l’evento ha visto la partecipazione  di relatori quali Biz Stone,  cofondatore di Twitter, Jerry Greenfeld, cofondatore di Ben & Jerry’s Homemade, e Danny Meyer, presidente  di Union Square Hospitality Group.

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In memoriamPaul Calello

Paul Calello, responsabile  Investment Banking del  Credit Suisse, si è spento al­l’età di 49 anni. «Leader cari­smatico e collega disponibile e sensibile, ha instaurato  solidi legami e conquistato la stima di chi gli è stato ac­canto. Lascia un vuoto incol­mabile, ma i suoi ideali e il suo operato sono indelebili in seno al Credit Suisse», ha  ricordato Brady W. Dougan, CEO del Credit Suisse. Al Credit Suisse dal 1990, Calello aveva partecipato  alla costituzione del settore Credit Suisse Financial Pro­ducts. Nel 2006 era stato nominato CEO della regione Asia Pacifico, dove da quel momento la banca avrebbe vissuto una crescita esponen­ziale. Nel 2007 era diventato CEO Investment Banking, proprio agli albori della crisi finanziaria. «Con la collabora­zione del suo team, Calello ha dato prova di straordinaria abilità nell’affrontare la crisi», ha aggiunto Dougan. Calello era stato eletto chairman  della  divisione Investment Banking a luglio 2010.

Credit Suisse Business / Sponsoring / Responsabilità

Formazione al fronteProgramma di certifica-zione globale al via

Il Credit Suisse ha introdotto un nuovo programma di cer­tifi cazione e test globale per tutti i collaboratori di private banking al fronte. Il program­ma Frontline Training and Certification, articolato in un rigo roso training online e in classe, pone l’accento su temi d’investimento quali processo di consulenza, fondi d’investi­mento, investimenti alternativi, divise, mandati di gestione  e derivati strutturati. Vengono inoltre trattati argomenti non inerenti agli investimenti, come la pianificazione successoria e One Bank. Oltre 6000 rela­tionship manager del Credit Suisse otterranno la certifica­zione entro la fine del 2012. I primi gruppi pilota, composti da circa 150 collaboratori, hanno completato il modulo con esito positivo in settem­bre. Da allora, l’intenso pro­gramma di formazione è stato assolto da 615 collaboratori in tutto il mondo.

SingaporeInaugurato il family office

Per soddisfare meglio le esi­genze degli UHNWI, in gen­naio la banca ha inaugurato  a Singapore il suo primo  family office, che assiste i  numerosi clienti della regione alle prese con questioni ine­renti al passaggio generazio­nale del patrimonio, le eredità di famiglia, nonché la gover­nance e la politica d’inve­stimento. La guida del nuovo team è affidata a Bernard Fund.

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Foto: Eric Bouvet, VII Network, Corbis, Specter | Laurent Gilliéron, Keystone

Forum economico mondiale Testo: Dorothée Enskog

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Il meeting annuale 2011 del Forum economico mondiale  si è tenuto all’insegna dello slogan «Shared Norms for the New Reality» (Regole con di­vise per la nuova realtà). Fra i partecipanti, CEO di grandi aziende globali, alcuni politici di paesi chiave e direttori di agenzie internazionali. 

Tre  rappresentanti  di  spicco delle  autorità  finanziarie  –  Philipp Hildebrand, presidente della Banca nazionale svizzera, Lawrence  Summers,  profes­sore emerito alla Harvard Uni­

versity ed ex ministro del tesoro statunitense, e  Jaime Caruana, direttore generale della Banca dei regolamenti internazionali – hanno analizzato le ripercussioni sul sistema finan­ziario  delle  riforme  in  corso  in  una  tavola  rotonda  a  margine  del  Forum  economico mondiale (WEF). Il dibattito si è soffermato anche sui rischi in agguato. 

Occorrono norme chiare

Secondo Hildebrand il quadro normativo de­ve essere chiaro, certo e prevedibile.  «Ora  la sfida più ardua è trovare un equilibrio: af­frontare  con cautela  i  problemi e  risolverli presto.  Per  l’economia,  l’incertezza  e  un  processo  normativo  incompiuto  sono  più  dannosi di regolamenti severi. Una volta che le leggi saranno chiare le banche si adegue­ranno al rigore», ha sottolineato Hildebrand, che ha  individuato  tre questioni cruciali an­cora da risolvere: esigenze di  liquidità,  il si­stema bancario ombra e la problematica del «too big to fail». 

«Grazie al sostegno del summit dei G­20 di novembre, le disposizioni di Basilea 3 sono in  fase  di  attuazione,  rendendo molto  più  sicuro  il  sistema  finanziario»,  ha affermato Jaime Caruana. «Uno dei cardini di Basilea 3 è una seria riflessione sui livelli di capitale necessari:  l’idea di base è che fondi propri supplementari  contribuiranno  a  ridurre  so­stanzialmente  le probabilità del  ripetersi  di una crisi del genere». Poiché le disposizioni di Basilea 3  sono  requisiti minimi,  i  singoli paesi sono liberi di adeguarli alle loro esigen­

ze.  «Tuttavia  abbiamo bisogno di maggiore congruenza e di un equilibrio tra l’attuazione a livello nazionale e internazionale», ha pre­cisato Caruana.

Il Consiglio di stabilità finanziaria mira ad assicurare  su  tutto  il mercato  la massima congruenza riguardo ai regolamenti finanzia­ri ma, nell’implementare i principi di Basilea 3, singoli paesi  sono stati più  inclini a con­centrarsi su questioni specifiche, ha rilevato Hildebrand.  «La Svizzera  è  focalizzata  sul  capitale, il Regno Unito sugli oneri e gli  Stati Uniti  sulle Volcker  rules e  le operazioni  in proprio. La sfida è garantire che le soluzioni del  Consiglio  di  stabilità  finanziaria  siano  congruenti». Uno dei suoi imperativi è elabo­rare un regime di risoluzione globale in caso di crollo di un’istituzione finanziaria di porta­ta sistemica, ha affermato Hildebrand. 

Serve un approccio macroeconomico

Secondo Summers un buon punto di  partenza è analizzare il paradosso fondamentale della crisi  da  una  prospettiva  macroeconomica.  «La crisi è nata per un eccesso di fiducia, di in de bitamento e di credito, così come per i prezzi  degli  asset  troppo alti. Ora  viene af­frontata  con  un  aumento  della  fiducia, 

Riforme finanziarie e imprenditoria nell’agenda del WEFMalgrado i progressi della riforma  del settore finanziario, non è dato sapere se le misure adottate  basteranno a evitare una crisi futura. È quanto hanno affermato le auto­ rità finanziarie in una tavola rotonda del Credit Suisse organizzata nell’ambito del Forum economico mondiale di Davos. In un altro  incontro­dibattito sono stati discussi  i fattori alla base del successo im­prenditoriale nei mercati emergenti: eccellenza nel proprio settore,  ottima reputazione e chiare strategie a lungo termine.

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L’Hotel Belvedere di Davos illuminato  con la bandiera svizzera durante  una precedente edizione del Forum  economico mondiale. 

L’imprenditoria nei mercati emergenti «Entrepreneurs & Family Groups – Foundations of Emerging Markets Growth» (Imprenditori e grandi aziende di famiglia: i motori della crescita dei mercati emergenti), un’altra tavola rotonda organizzata dal Credit Suisse e con-dotta da Fawzi Kyriakos-Saad (nella foto a sinistra con il microfono), CEO EMEA del Credit Suisse, era incentrata sui fattori alla base del successo imprenditoriale nei mercati emergenti. I cinque partecipanti, provenienti rispet-tivamente da Argentina, Libano, Repubblica Ceca, Filippine e Russia, hanno espresso opinioni e dato consigli. Tre di loro rappresentano conglomerati di famiglia con una lunga storia, mentre altri due sono imprenditori che hanno co-struito le loro aziende nell’ultimo decennio.

Regolamenti finanziari «Balancing the New Financial Regulations With Prospects for Economic Growth» (Equilibrare i nuovi regolamenti finanziari con le prospettive di crescita econo-mica): la tavola rotonda organiz-zata dal Credit Suisse, in cui ha fatto gli onori di casa Eric Varvel, CEO Investment Banking del Credit Suisse, si è occupata non solo della riforma finanziaria in corso, ma anche del modo di affrontare i rischi ereditati dal-l’ultima crisi. I governi ce la faran-no a costruire un sistema finan-ziario più forte, o i provvedimenti adottati finiranno per peggiorare la situazione? Tre rappresentanti di spicco di autorità finanziarie – della Svizzera, degli Stati Uniti e della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea – hanno partecipato al dibattito che ha suscitato numerose domande da parte del pubblico.

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Foto: Laurent Gilliéron, Martin Rütschi, Keystone | Steffen Thalemann | Cam

eron Davidson, Corbis, Specter | D

anny Lehman, Corbis, Specter

  dell’indebitamento e del  credito. Ma è una risposta sbagliata che finisce per peggiorare la crisi.

I regolamenti finanziari devono diventare un esercizio di macroeconomia, piuttosto che di microeconomia. «Se i requisiti patrimonia­li sono vicini alla soglia che gli  istituti finan­ ziari adotterebbero per se stessi, allora non sono particolarmente gravosi. Ma se devono oltrepassarla notevolmente, allora esiste un ‹rischio da  linea Maginot›: sono  livelli consi­derati  invalicabili ma  facili  da aggirare  che alla  fine  creano  un  rischio»,  ha  sostenuto Summers. «Viviamo un periodo di eccessiva avversione al rischio, malgrado a breve termi­ne un’altra crisi sia improbabile. Le iniziative adottate a livello nazionale e internazionale sembrano poter  ridurre  il  grado d’indebita­mento,  incrementando  i  livelli  di  capitale e rispondendo alle  esigenze di  liquidità»,  ha  aggiunto. «Però continuo a temere che quan­do il mondo tornerà all’ottimismo, la nostra sarà una prospettiva troppo microeconomica, eccessivamente  improntata  alla  salvaguar­ dia di istituzioni e settori individuali», ha sotto­lineato Summers.

Mercati emergenti con un grande futuro

«Sui mercati emergenti  vediamo aziende di famiglia e  imprenditori molto  forti.  Il  futuro appartiene  a  loro»,  ha  sostenuto  Fawzi  Kyriakos­Saad, CEO della  regione Europa, Medio Oriente e Africa al Credit Suisse,  in un’altra tavola rotonda. «Il mondo è a corto di capitale.  I paesi  in crescita se lo conten­dono con quelli  sviluppati. Per  poter  com­petere per  lo  scarso capitale disponibile,  i 

conglomerati  di  famiglia  devono  essere  i  migliori della classe». Gli ospiti del dibattito, cinque affermati  imprenditori  della  regione, hanno detto  la  loro  sul modo migliore per avere successo.«Per  affermarsi,  un’azienda  di  famiglia 

 deve avere un orizzonte a lungo termine», ha ricordato Enrique Pescarmona, presidente del Gruppo  IMPSA, un’azienda a proprietà familiare con una storia di 104 anni attiva nel settore delle energie rinnovabili. «E per poter competere con i maggiori global player deve anche essere la migliore del settore». Un’opi­nione condivisa da David Iakobachvili, chair­man della Wimm­Bill­Dann Foods, colosso russo del settore lattiero­caseario, recente­mente  acquisita  dalla  PepsiCo.  «I  nostri  concorrenti sono le aziende straniere, quindi la nostra qualità deve essere superiore alla loro». «Per durare 175 anni, un’azienda deve sapersi  reinventare»,  ha  affermato  Jaime Agusto Zobel de Ayala, presidente del Con­siglio di amministrazione e CEO del Gruppo Ayala, una holding filippina fondata nel 1834. «Per affermarsi  sui mercati  emergenti  biso­gna anche avere ambizione, ottimismo, pa­zienza e abbastanza contante quando il  gioco si  fa duro»,  ha osservato Jiri Smejc,  presi­dente del Supervisory Board del PPF Group, uno dei maggiori gruppi finanziari e d’investi­mento  internazionali  in  Europa  centrale  e orientale. «In caso di espansione all’estero, io consiglio di focalizzarsi sull’attività chiave piuttosto  che  tentare una diversificazione», ha affermato Samer Said Khoury, vicepresi­dente esecutivo della Consolidated Contrac­tors Company,  una delle maggiori  società  di costruzioni arabe di  livello  internazionale, fondata da suo padre. «La collaborazione con i partner locali giusti e un’ottima reputazione sono ulteriori fattori di successo».

Si è anche parlato di filantropia

Gli  affari  non erano  l’unico argomento nel­l’agenda del Credit Suisse durante il Forum. Al centro delle discussioni c’era anche la fi­lantropia, con le presentazioni del sostegno della banca alle  fondazioni  per  i  clienti.  «Il significativo  incremento delle donazioni  ef­fettuate  nell’ultimo  decennio  e  l’aumento molto rapido, e quindi ancor più incoraggian­te,  dei  singoli  donatori  sono  rimarchevoli»,  ha  affermato  Flavio  Cotti,  presidente  del Consiglio di fondazione delle fondazioni per i clienti del Credit Suisse. 

Ogni anno il Credit Suisse allestisce  un centro speciale a  Davos per incontrare  i suoi stakeholder  globali durante il Forum economico mondiale.  Esso ospita anche ta­vole  rotonde di esperti che discutono i temi più svariati.  Nella foto in alto l’ex Consigliere federale e attuale pre­sidente del Consiglio di fondazione delle fon­dazioni per i clienti del Credit Suisse, Flavio Cotti, e a si nistra Almiro Carigiet, responsabile Private Banking Nord­bünden. La banca è membro del Forum eco­nomico mondiale da decenni, nonché part­ner strategico dal 2006. 

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Intervista: Kate Baum e Dorothée EnskogAntonio Quintella CEO della regione Americas

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bulletin: Quali priorità si è posto quando

è stato nominato CEO della regione Ameri-

cas del Credit Suisse, nel luglio 2010?

Antonio Quintella: Direi i clienti, la collabora­zione e la strategia di gestione del capitale umano.

E quali sono le sue prime considerazioni

sulla presenza del Credit Suisse nella

regione?

Siamo ottimamente posizionati con  l’invest­ment banking in tutta la regione e in partico­lare  in  America  latina,  dove  possiamo  far  leva su questa forza a vantaggio del private banking  e  dell’asset management.  Inoltre vantiamo  straordinarie  opportunità  di  cre­ scita  in Canada e nel private banking negli Stati Uniti. Abbiamo  riorientato  l’asset ma­nagement, che è ora pronto a crescere. Nel complesso ci aspettano numerose opportu­nità.

Lei soprintende alle attività del Credit

Suisse in Brasile dal 2003. Ci può par-

lare della trasformazione cui ha assistito

nel paese e del suo significato per il

Credit Suisse?

La trasformazione in Brasile è stata un pro­cesso di stabilizzazione economica. Ci siamo mossi in un contesto in cui la pianificazione e gli orizzonti d’investimento erano di brevis­simo  termine  in  conseguenza  dell’elevata  volatilità macroeconomica e in parte anche politica. Mancavano molte chance di soddi­sfare  le esigenze dei clienti  che diamo per scontate nei mercati sviluppati.Abbiamo previsto la trasformazione e po­

sizionato la banca in modo da cogliere le op­portunità di crescita nell’investment banking così  come nel  private banking e nell’asset management, concentrando la nostra atten­zione sul servizio clienti di tutti e tre i settori. In Brasile, la crescita in queste aree di  >

Secondo Antonio Quintella, CEO della regione Americas, il Brasile e altri paesi emergenti presentano potenziale di crescita, così  come il private banking in America e Canada. Fattore decisivo sono i collaboratori, che pongono al centro i clienti e le loro esigenze. 

«Nella regione Americas si prospettano buone  opportunità»

Antonio Quintella è CEO della regione Americas dal 2010 e membro del Consiglio direttivo del  Credit Suisse. Riveste anche i ruoli  di CEO per la regione Brasile (dal 2003), di corre sponsabile del Global Emerging Markets Council nonché di presidente del­l’Americas CEO Management Committee. Quintella è al Credit Suisse dal 1997. In precedenza aveva lavorato presso ING Barings. Nel tempo libero partecipa a  gare di motocross, sia sulla lunga distanza  sia fuori strada.

Nella regione Americas il Credit Suisse  è presente con oltre 40 sedi, ad esempio a New York e Rio de Janeiro.

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  business è stata imponente. Ci siamo  mossi sin dall’inizio per soddisfare la richiesta che la clientela avanzava sulla scia della stabiliz­zazione economica. Concentrando la nostra attenzione  sul  servizio  al  cliente,  abbiamo modificato i nostri obiettivi operativi e il nostro posizionamento, trasformandoci da banca in grado di ottenere ottimi risultati su mercati estremamente volatili a banca che opera al­trettanto bene quando la volatilità diminuisce.

Ritiene che il Brasile confermerà lo

stesso tasso di crescita in futuro?

È possibile che manterrà un tasso di crescita elevato per diversi  anni,  favorito da  fattori demografici e dalla ricchezza di risorse natu­rali, nonché dal fatto che il governo sta per­seguendo  politiche  economiche  piuttosto coerenti.

Le esigenze da soddisfare sono molte e riguardano le infrastrutture, l’immobiliare e il credito. Le società e gli investitori godono di molte opportunità di impiego dei loro capita­li. Il contesto è quindi piuttosto positivo e non mi sorprenderebbe se i tassi di crescita ele­vati persistessero ancora per qualche anno.

Vi sono lezioni che gli altri mercati emer-

genti possono apprendere dal Brasile?

Direi quella di prestare attenzione al basso livello d’inflazione, a politiche fiscali  prudenti e  alla  promozione  di  un  contesto  politico  democratico. Questi  sono probabilmente  i principali fattori che hanno guidato il cambia­mento in Brasile nel corso degli ultimi anni. Dovremmo  anche  aggiungere  le  politiche  destinate ad alleviare  la povertà,  che è un problema storico tuttora irrisolto.

Lei è corresponsabile del Global Emer-

ging Markets Council del Credit Suisse.

Quali mercati emergenti osserva con parti-

colare attenzione?

Sono tutti molto interessanti in modi legger­mente diversi e offrono opportunità entusia­smanti per i nostri clienti e per la banca.  Molta 

della nostra attenzione è rivolta ai mercati più grandi – Cina e  India – perché ovviamente presentano svariate opportunità. Ma vi sono occasioni parimenti allettanti in Medio Orien­te, Russia, Asia e Sud Africa. Sono tutti luo­ghi molto promettenti in cui fare affari.

Ci può parlare della rilevanza degli im-

prenditori nel guidare la crescita eco-

nomica nei mercati emergenti e del signi-

ficato per il Credit Suisse?

Gli  imprenditori  sono  sempre  importanti,  come dimostra  ad esempio  la  storia  degli Stati Uniti. Ma più ancora degli imprenditori, ciò che conta è uno scenario che consenta loro di prosperare: se  il quadro generale è favorevole, se promuove l’impresa, ci saran­no sempre imprenditori interessati a cogliere le opportunità d’investimento e commerciali.Quel che è diverso nei mercati emergenti è che  le attività commerciali sono  tendenzial­mente  controllate dai  rispettivi  fondatori  o dalle loro famiglie. Di conseguenza, si assiste a una notevole sovrapposizione delle esigen­ze di private banking e  investment banking dei nostri clienti.

Che cosa contraddistingue davvero il

Credit Suisse? Dopo tutto, sono molti gli

istituti che vorrebbero conquistare gli

stessi mercati con tasso di crescita elevato

e gli stessi creatori di ricchezza.

È vero, ma non tutti gli istituti hanno lo stes­so modello operativo, la stessa strategia o lo stesso mix di attività. Noi del Credit Suisse abbiamo un obiettivo molto chiaro: vogliamo occupare una posizione di prim’ordine come banca privata e d’investimento nonché come gestore patrimoniale nei mercati  di  nostra scelta e per  i  nostri  clienti  target. Questa chiarezza è,  di  per  sé,  un  fattore differen­ziante.

Un altro aspetto sul quale abbiamo le idee chiare è il nostro approccio, orientato a so­stenere  il successo e  la crescita dei nostri clienti  nonché  a  fornire  prodotti  e  servizi finan ziari di qualità elevata, adeguati a sod­disfare  le  loro  esigenze.  Possono  essere  prodotti  d’investimento,  finanziamenti,  con­sulenza  strategica o pianificazione  succes­soria:  una  serie  di  competenze  diverse  e un’attenzione sempre puntata sul successo dei clienti.

La concorrenza sui mercati emergenti è intensa poiché ormai da  tempo sono quelli con la maggiore crescita. Credo che il nostro modello operativo  ci  posizioni  ottimamente per far fronte alla concorrenza.

Torniamo agli Stati Uniti: la nostra

attività di investment banking è robusta ma

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03  Per il Credit Suisse la regione Americas – Stati Uniti, Canada, America latina e  Caraibi – riveste grande importanza, come dimostra la  sua presenza in 44 città di 14 diversi  paesi. Nel comples­ so, il Credit Suisse occupa nella regione Americas 12 000 col­laboratori. 

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Testo: Jack Grone / Dorothée EnskogSan Francisco

Innovazione, futuro degli Stati Uniti ed energie alternative Il settore dell’innovazione, l’impatto delle energie  alternative,  

la situazione del settore immobiliare negli Stati Uniti  e il futuro dell’America sono stati alcuni tra i numerosi temi  di discussione della 10a West Coast Wealth Management 

Conference del Credit Suisse Private Banking USA.

Il tema della conferenza, «Nuove real­tà, nuove risposte», ha raccolto circa 250 investitori ad Half Moon Bay, in California. I discorsi di ampio respiro 

tenuti durante l’intera giornata, nonché i gruppi di discussione, hanno permesso agli  investitori di comprendere meglio  il mondo in rapida evoluzione in cui viviamo. «Se riflettiamo su cosa sta accadendo, ci rendiamo conto che settori  in passato considerati di importanza critica stanno oggi scomparendo, mentre ne vengono creati  di  nuovi»,  ha  affermato  Robert Weissenstein, Chief Investment Officer di Private Banking Americas nel suo discor­so di benvenuto. «Verso queste nuove tec­nologie c’è ora un’apertura mentale che in passato non esisteva. La  differenza tra ciò che sta accadendo oggi e quanto ac­cadeva negli anni Novanta è che adesso la tecnologia è importante per le  persone».

La rivoluzione online

Nell’ultimo decennio, il settore dell’inno­vazione  si  è  evoluto,  lasciandosi  alle spalle la frenesia fine a se stessa dell’era dotcom per concentrarsi su connettività, accessibilità e valore dimostrabile. «L’in­novazione è un tema importantissimo per gli investitori orientati alla crescita. Non sono interessati ai dettagli o alla tecno­logia in sé, ma piuttosto al tipo di oppor­tunità che questa può creare, e  in che modo essa permette di produrre di più e più efficientemente», ha precisato Cully Davis, del team Equity Capital Markets del Credit Suisse. Paul Ciriello,  fondatore della società di venture capital Fairhaven 

Capital Partners, afferma che, a seguito del cambiamento demografico, l’innova­zione sta  iniziando a modificare settori come quello della sicurezza alimentare e della logistica. E ciò avvicina un nuovo tipo di investitori a questi settori. Un te­ma trasversale nel mondo dell’innovazio­ne è quello della sicurezza. «Il boom nel settore dei dispositivi e della connettivi­tà implica maggiore vulnerabilità. I rischi di sicurezza che ne derivano sono note­voli»,  ha  aggiunto  Ciriello,  secondo  il quale entro  il 2020  i dispositivi elettro­nici  connessi  aumenteranno  dai  circa  6 miliardi odierni a 50 miliardi. «Virus o altri  tipi di minaccia non saranno rivolti ai  singoli  utenti,  bensì  a  tutti  noi. Nel 2009 sono stati prodotti più malware che in tutti gli anni precedenti messi insieme».

Un altro cambiamento fondamentale consiste nel fatto che alcuni paesi, come la Cina, stanno affermandosi come cen­tri di innovazione a sé stanti, ha affer ma­to Richard Kramlich, cofondatore di New Enterprise Associates, un’altra azienda venture  capital.  «Il  governo  cine se  ha dichiarato apertamente che  l’innovazio­ne è una delle più importanti priorità del paese. Personalmente, considero la Cina come il Walmart dei governi: irreprensi­bile e  impressionante al  tempo stesso. Gli Stati Uniti stanno correndo il rischio di perdere la loro leadership economica», ha sottolineato Kramlich.

Le energie alternative stupiscono

Nonostante sia molto giovane, il settore  delle energie alternative sta obbligan­

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dobbiamo stimolare la crescita del private

banking.

Esatto. Nella  nostra  attuale  situazione,  lo sviluppo organico dell’attività è una strategia molto  concreta,  anche  se  richiede  il  suo  tempo. La sfida riguarda davvero il capitale  umano, i nostri collaboratori: in un’attività di servizi,  incentrata  sui  clienti,  tutto dipende dalle persone preposte alle aree di business. Il successo nei servizi finanziari è veramente determinato  dalla  qualità  dei  collaboratori. Molte altre  imprese dispongono di capitale e di marchi piuttosto affermati nei loro seg­menti. Quello che può differenziare il Credit Suisse,  consentendogli  di  conseguire una crescita  superiore  e  ottenere  rendimenti maggiori per i suoi azionisti, è una strategia vincente sul fronte del capitale umano.

Il quadro normativo è stato molto al cen-

tro dell’attenzione negli Stati Uniti. Com’è

posizionata la banca in considerazione del-

le modifi che in atto?

Il Credit Suisse è ben posizionato. Ovviamen­te, le autorità di regolamentazione sono con­centrate sui servizi  finanziari e sulle grandi banche. Ciò non dovrebbe sorprendere nes­suno, se si considera quanto accaduto a  li­vello globale nel 2007 e 2008. Le autorità vogliono accertarsi che le banche disponga­no di processi solidi e che i loro rischi siano sotto  controllo. Vogliono assicurarsi  che  il sistema finanziario non presenti rischi  inde­biti per l’economia nel suo complesso.Gli enti di vigilanza prestano attenzione a 

una serie di aspetti relativi alle attività ban­carie, ma direi che il loro principale interesse è rivolto ai meccanismi di controllo. Questo è un aspetto che dobbiamo veramente fare nostro, è una responsabilità che dobbiamo assumerci, a livello istituzionale e individuale come collaboratori,  per garantire  la nostra capacità di  prosperare negli  anni  a  venire. L’elevata attenzione rivolta al quadro norma­tivo  pone difficoltà  specifiche,  nei  termini di una rendicontazione più estesa e di altre  necessità,  ma  l’obiettivo  delle  autorità  di  vigilanza  coincide,  in  ultima  analisi,  con  il  nostro: meccanismi  di  controllo  efficaci  e  accurati, in linea con la nostra strategia.

Per fi nire, quali sono i suoi obiettivi per

l’anno in corso?

Innanzi  tutto  aumentare  ulteriormente  la  quota di mercato nelle nostre attività chiave. La strategia è quella giusta: dobbiamo con­centrarci sui nostri clienti e soddisfare le  loro aspettative, giorno dopo giorno. 

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Foto: Credit Suisse | Collezione Georges Bloch, Kunstmuseum di B

erna | G

iornate musicali di Stans | 2010, ProLitteris, Zurigo

  do gli investitori a notare la rapidità con cui sta crescendo, come constatato da un grup­po di  lavoro.  «Le energie  alternative  sono ancora nella loro fase iniziale, ma si stanno rapidamente  rivelando un  settore di  livello mondiale»,  ha affermato Bryce Lee,  corre­sponsabile Global Alternative Energy presso il Credit Suisse. «Aziende che normalmente non sarebbero state quotate in borsa fanno ora  il  loro  ingresso  sul mercato:  è davvero incredibile».  Il  setto re può essere suddiviso in quattro categorie: energia solare, energia eolica,  combustibili  alternativi  e  infine una categoria tecnologica che include batterie e smart grid. Come ha sottolineato Satya Ku­mar,  senior  analyst  del  team  Energy  and Semiconductor Capital Equipment Stocks del Credit Suisse, l’energia solare è stata uno dei primi settori ad attrarre ampi flussi di  capitale. Centinaia di aziende cinesi stanno entrando nel mercato dei pannelli solari, e vi è il timo­re che  in  futuro si apra un periodo caratte­

rizzato da un surplus di  capacità e da con­trolli  sui  prezzi,  che a  loro  volta peseranno sulle azioni del settore. «Per chi cerca rendi­menti comodi e stabili, probabilmente questo non è il settore giusto», ha affermato Marc Stuart, fondatore di Allotrope Venture, azien­da che investe nelle tecnologie pulite. Ma le energie alternative sono interessanti in un’ot­tica di  lungo  termine,  ha  sottolineato Lee: «Queste aziende sono trainate dalla loro ca­pacità di tagliare i costi per competere con le tradizionali fonti di energia».

Tempi duri per l’immobiliare statunitense

Negli Stati Uniti,  l’immobiliare sta ormai at­traversando da anni un periodo critico, hanno affermato gli  esperti  del  panel  dedicato al ripristino del settore. Gli  immobili offrono in­fatti valore su base selettiva, ma sono neces­sari  nervi  d’acciaio. Le  richieste dei  poten­ziali acquirenti sono diminuite bruscamente dallo scorso aprile, quando sono scaduti gli 

incentivi  statali,  afferma Dan   Oppenheim, membro del team di analisi azionaria Home­builders  and Building Products  del Credit Suisse. Un calo significativo dei pignoramen­ti nel segmento residenziale sarà il segnale d’inizio della  ripresa,  ha aggiunto. Sul  ver­sante commerciale molti proprietari registra­no modeste diminuzioni dei flussi di cassa, e un immobile su dieci ha un mutuo caduto in morosità,  ha dichiarato Lawrence Raiman, partner di Big 5 Asset Management. «Gli in­vestitori concentrati sul settore commerciale possono  trovare opportunità, ma dovranno muoversi con estrema cautela», ha afferma­to  sottolineando  che  circa  400 miliardi  di dollari in ipoteche commerciali giungeranno a scadenza in ognuno dei prossimi anni.

Il futuro degli Stati Uniti

Il compito a cui devono attualmente far fron­te  i  politici  statunitensi  è  ripristinare  la  ca­pacità reddituale dei lavoratori americani, in modo tale che i salari e non i prestiti tornino a  essere  il motore  primario  della  crescita economica,  ha  osservato  l’economista  e scrittore Robert Reich, ex ministro del lavoro durante  il mandato di Bill Clinton. «I consu­matori  americani  sono  stati  il  motore  del­l’economia  globale  per  30  anni»,  ha  affer­mato Reich, «ma nel momento in cui i salari hanno cominciato a stagnare, i consumatori hanno  iniziato a utilizzare  i  debiti,  come  le carte  di  credito  e  i mutui,  per mantenere  le loro abitu dini di acquisto. E queste ‹fonti di  compensa zione›  si  sono  ora  esaurite». Gran parte della frustrazione degli americani è  rivolta  alla   Cina,  che  agisce  come  un  «regime  capitalista  statalizzato»  piuttosto  che come un vero modello di libero mercato, ha aggiunto Reich.Se da un lato l’economia e le grandi azien­

de cinesi operano a proprio vantaggio, dal­l’altro esse non possono essere ritenute re­sponsabili dei 15 milioni di disoccupati negli  States. L’America  sta  anche accumulando problemi nei  suoi  sistemi pensionistici  pub­blici e privati, alimentati dall’invecchiamento della generazione nata durante  il boom de­mografico. «È ancora diffusa quell’idea che vede il pensionamento come un incrocio tra un Club Med e una  struttura medico­assi­stenziale: snorkeling la mattina, tenda a os­sigeno il pomeriggio». Tuttavia, Reich resta fondamentalmente ottimista sul futuro degli Stati Uniti: «Ogni volta che abbiamo raggiun­to un punto di pericolo, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo unito le nostre forze. E lo faremo ancora». 

01  Bryce Lee, corre­sponsabile Global Alternative Energy del Credit Suisse, ha parlato del­l’importanza delle energie alternative.

02  Robert Weissen­stein, Chief Invest­ment Officer di Private Banking Americas, ha  accolto i 250 par­tecipanti.

03  La 10a West  Coast Wealth Manage­ment Con ference si è tenuta a  Half Moon Bay,  in California. 

04  Robert Reich,  economista e  saggista, ha  parlato del futuro degli Stati Uniti.

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Partnership

Irène Schweizer in concertoBuon compleanno

La sciaffusana più conosciu­ta? All’estero è senza dubbio la pianista Irène Schweizer, figura di spicco del free jazz europeo e sempre pronta a percorrere nuove strade  musicali. Il prossimo 2 giugno soffierà sulle 70 candeline. Nel 1976 ha debuttato al Jazz Festival di Willisau, mentre  la sua prima esibizione nella Grande Sala della Tonhalle  di Zurigo avverrà l’11 aprile 2011, in un concerto ambien­tato negli All Blues Jazz  Recitals. La collaborazione fra Credit Suisse e All Blues è iniziata 15 anni or sono; per i festeggiamenti mettia­mo in palio cinque coppie  di biglietti. www.credit-suisse.com/

sponsoring

Lucerne FestivalNuovi membri

Il Consiglio di fondazione  del Lucerne Festival, presie­duto da Hubert Achermann, ha tre nuovi membri: oltre  a Isabelle Welton, di IBM Svizzera, e Martin Senn, CEO di Zurich Financial Servi­ ces, fa ora parte di questo comitato anche Urs Rohner, presidente designato del CdA del Credit Suisse. Urs Rohner è altresì consiglie­ re di amministrazione della Opernhaus Zürich AG.www.lucernefestival.ch

Kunstmuseum di BernaAd Anker segue Picasso

Grazie alla mostra per il cen­tenario della morte di Albert Anker, con 168 176 ingres­si il Kunstmuseum ha ottenu­to il terzo miglior risultato  annuo della sua storia, infe­riore solo a quelli del 1985 e 1992 favoriti dalle mostre di Picasso. E proprio alcu­ ni giorni fa è stata inaugurata  a Berna la personale di  Picasso «Il potere dell’eros», con stampe d’arte della  collezione Bloch. Sarà aper­ta fino al 1° maggio.www.kunstmuseumbern.ch

Giornate musicali di Stans20 nazioni

Le Giornate musicali di Stans, piattaforma d’incontro fra il jazz e la world music, hanno introdotto un focus  tematico che quest’anno  sarà rappresentato dall’area culturale mediterranea (nella foto: Mistico Mediterraneo). Ciononostante, dal 1° al 7 maggio i 13 concerti del programma principale e i  40 di quello secondario  proporranno con 300 artisti una varietà culturale senza confini.www.stansermusiktage.ch

Kunsthaus di ZurigoGiacometti e Beuys

Nel 2010 il Kunsthaus ha  accolto 420 000 visitatori, la migliore affluenza da  20 anni a questa parte. A questo successo hanno con­tribuito soprattutto le mostre della collezione Bührle e di Pablo Picasso. Anche il 2011 sarà ricco di momenti clou: attualmente è in corso una mostra di Alberto Giacometti, a maggio seguirà Joseph Beuys e a ottobre la nota  collezione Nahmad.www.kunsthaus.ch

Festival di SalisburgoAmici da 50 anni

Nel 1960 venne inaugurata la Sala Grande del Festival. L’anno successivo si riu­ nirono per la prima volta gli Amici del Festival di Salisbur­go. Presieduta da Heinrich Spängler, l’associazione con­ta oggi 1800 promotori e 2800 membri, fra cui molti svizzeri, e partecipa al Fe­stival con due milioni di euro (5 per cento del budget).www.festspielfreunde.at

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Testo: Bernard van Dierendonck e Fabienne de Lannay

ridionale dallo tsunami di sei anni fa. Questo ragazzo è per me l’esempio vivente di quan­to sia giusto e necessario  soccorrere  i  più deboli».

Conseguenze devastanti

Interi  territori della provincia meridionale di Sindh sono ancora sott’acqua.  «Nelle altre regioni, una striscia di fango di colore grigio­marrone che si estende per chilometri ai lati del fiume Indo e dei suoi affluenti ci ricorda la  portata dell’alluvione»,  afferma Schuler. Un territorio grande come la Gran Bretagna è distrutto,  il  fango  soffoca  le  colture dei piccoli  agricoltori,  annientando  i  raccolti  di cotone. Il Pakistan, tradizionalmente uno dei maggiori esportatori di cotone, è costretto a importarlo per la prima volta. Per ricostruire il paese ci vorranno decenni e molti miliardi di dollari. Fino ad allora l’esistenza di 12 milio­ni di pakistani sarà a rischio. Anche ad Haiti la situazione dopo il terre­

moto del 12   gennaio 2010 è  tutt’altro  che buona.  Circa  1,3 milioni  di  haitiani  hanno perso  la casa e  la maggior parte di  loro, a oltre un anno dal sisma, dipende ancora dal­la distribuzione di acqua potabile e altri aiuti elargiti  dalle  organizzazioni  umanitarie.  A causa  delle  pessime  condizioni  igieniche  locali,  alla  fine dello  scorso ottobre  il  nord del paese è stato per giunta colpito da un’epi­demia di colera. Alla fine del 2010 i casi di colera erano 150 000, le vittime  sono state sinora almeno 350. All’inizio di dicembre la CRS, insieme a Médecins du Monde, ha alle­stito a Grand­Goâve una clinica da campo per curare i malati di colera, dove  lavora an­che  un  team  svizzero  di  quattro   persone. 

Per  i  corridoi  polverosi  della  tendopoli  che accoglie  le  vit­time dell’alluvione un giovane si aggira su un carrellino che funge da sedia a  rotelle. Un anno prima era  stato morso 

da un serpente velenoso. Una ferita del ge­nere in realtà è curabile anche in Pakistan, ma  la  sorte avversa ha  voluto  che nel  suo villaggio fosse terminato l’antidoto. Da allora questo ragazzo quindicenne è rimasto para­lizzato  in  modo  permanente.  Quando  nel­l’estate del 2010 le piogge monsoniche han­no completamente devastato  il  suo paese, per  il giovane disabile sembrava che ormai fosse tutto finito. Ma ora c’è di nuovo un po’ di speranza nella sua vita, grazie al campo di accoglienza allestito vicino alla grande città di Hyderabad  dalla  Croce Rossa Svizzera (CRS) e dalla Mezzaluna Rossa Pakistana.

In aiuto dei più deboli

L’incontro con questo ragazzo pakistano ha lasciato un segno indelebile in Karl Schuler, addetto alla comunicazione della CRS. «Nei nostri campi di accoglienza diamo la prece­denza ai più deboli, ai disabili, alle famiglie senza tetto con bambini piccoli e agli anzia­ni», spiega. «I disagi delle vittime delle inon­dazioni e i danni in Pakistan sono di dimen­sioni  inimmaginabili,  secondo  fonti  ONU persino peggiori di quelli causati in Asia me­

Il Comitato internazionale della  Croce Rossa (CICR) è nato nel 1863 su iniziativa di Henry Dunant e  interviene principalmente nelle zone flagellate dalla guerra. Nelle regioni colpite da catastrofi è  presente soprattutto con le 186 Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, riunite nella Federazione Internazionale delle Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, fondata nel 1919. Nel 2010 il Credit Suisse ha sostenuto in qualità di partner  sia il CICR sia le diverse Società Nazionali della Croce Rossa,  ad esempio in America, Australia, Svizzera e a Hong Kong. 

 L’aiuto deve continuare  nel tempo, anche  dopo le catastrofiHaiti si sbriciola, il Pakistan affonda. Le immagini dell’anno scorso si sono impresse indelebili nella nostra memoria.  Ma mentre l’attenzione dell’opinione pubblica si rivolge  a nuovi avvenimenti, le Società Nazionali di Croce Rossa  e Mezzaluna Rossa, oltre a prestare i primi soccorsi,  si occupano anche della ricostruzione.

Fondo di aiuto in caso di catastrofi

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Foto: CRS, Augusta Theler | CRS, Karl S

chuler

«Oltre  a prestare  i  primi  soccorsi,  il  nostro obiettivo è soprattutto addestrare medici e infermieri locali, perché ad Haiti questo fla­gello era ancora sconosciuto», sottolinea  il collaboratore della CRS. 

Una chiara ripartizione dei ruoli

È difficile paragonare tra loro le calamità e i relativi  soccorsi,  perché  le  sfide  sul  posto sono ogni volta diverse. Comunque si tratta sempre di prestare aiuto quanto prima pos­sibile con operazioni di soccorso mirate, pre­parandosi a un intervento, anche se non c’è stato ancora un appello ufficiale da parte del paese colpito e le risorse necessarie per una missione di diversi mesi sono disponibili solo in quantità limitata. E, non da ultimo, bisogna anche coordinare  l’intervento delle più  sva­riate organizzazioni umanitarie provenienti da tutto il mondo.

Per quanto concerne le 186 Società Na­zionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, si è stabilito chi interviene e in quali settori, in­viando  sul  posto un’Unità di Risposta alle Emergenze,  anche nota  come Emergency Response Unit  (ERU), opportunamente  for­mata e addestrata. La Società Nazionale del paese colpito  contatta  la  federazione a Gi­nevra, che poi mette a disposizione le ERU necessarie.Ad esempio,  la CRS si concentra, come 

altri cinque paesi, soprattutto sulla logistica e collabora inoltre con la Croce Rossa Tede­sca in ambito sanitario (Basic Health Care). La Croce Rossa Britannica, oltre che in logi­stica, è specializzata soprattutto in impianti ospedalieri,  mentre  quella  statunitense  si occupa prevalentemente di  tecnologia  >

Dal terribile terremoto del 12 gennaio 2010 varie Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa sono presenti ad Haiti e si occupano sia dell’aiuto immediato sia della ricostruzione. Le numerose donazioni che le Società Nazionali hanno ricevuto da tutto il mondo subito dopo il sisma vengono impiegate, fra l’altro, per la costruzione di impianti sanitari e alloggi nonché per l’lT e la telecomunicazione. Lo scoppio del colera nell’ottobre 2010 ha altresì richiesto l’apertura di cliniche supplementari.

Fondo di aiuto in caso di catastrofiGuardate un filmato sul lavoro della Croce Rossa  ad Haiti e in Pakistan. Fra l’altro Karl Schuler,  addetto alla comunicazione della Croce Rossa Svizzera, parla delle sfide da affrontare sul posto.

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Foto: CRS, Olivier Mathys | Fondazione Sasso San Gottardo

dell’informazione e comunicazione, nonché dello  sgombero delle macerie e dell’allesti­mento dei centri di accoglienza. 

Consentire un’azione rapida

Le catastrofi  del  2010 hanno chiaramente dimostrato, ancora una volta, che le organiz­zazioni umanitarie devono essere preparate in qualsiasi momento a interventi in grande stile.  «Poiché  è  impossibile  prevedere  le  catastrofi,  abbiamo sempre a disposizione beni di soccorso e risorse finanziarie per in­terventi  immediati»,  spiega Hannes Heini­mann,  responsabile  degli  aiuti  in  caso  di catastrofe della CRS. «Ma la loro quantità è ovviamente  limitata.  I  nostri  appelli  a effet­tuare donazioni sono sempre funzionali a un evento concreto e quindi non siamo in grado di accantonare riserve. Per questo siamo ben felici quando possiamo avere risorse utilizza­bili immediatamente, prima ancora dell’avvio delle campagne vere e proprie».  Il fondo di aiuto del Credit Suisse in caso di catastrofi rappresenta una possibile fonte per questo tipo di  risorse urgenti.  «Per  il  terremoto di Haiti il nostro Disaster Relief Fund Commit­tee ha messo a disposizione nel giro di poche ore un milione di dollari, distribuito  in parti uguali alla Croce Rossa Svizzera e a quella americana», spiega Fritz Gutbrodt, direttore della Credit Suisse Foundation. «Spesso or­ganizziamo anche una  colletta  tra  i  nostri collaboratori,  vi  aggiungiamo  un  importo  doppio preso dal nostro fondo e mettiamo il totale  a disposizione della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa». In questo modo nel 2010 sono stati raccolti circa sette milioni di dollari per le vittime delle catastrofi in Paki­stan e ad Haiti.

Sostegno anche per il dopo emergenza

Eric  Eckholdt,  responsabile  della  Credit  Suisse  Americas  Foundation,  ha  potuto  constatare  personalmente  l’efficienza  del lavoro delle Società Nazionali  della Croce Rossa  durante  il  suo  soggiorno  ad  Haiti:  «Sono davvero colpito da come la collabora­zione  tra  le diverse  società  sia disciplinata  e coordinata. Malgrado temperature di oltre 30 gradi e fino a 20 ore di lavoro al giorno, i soccorritori si impegnano al massimo fino al limite delle forze».

La CRS,  oltre  a  coordinare  la  logistica degli  aiuti  di  tutte  le  Società Nazionali  di  Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, persegue una strategia pluriennale. «A settembre 2010, nel  villaggio montano di Palmiste à Vin so­ no  state  consegnate  le prime delle nostre 

In Pakistan, le piogge monsoniche del 2010 hanno provocato violente inon- dazioni che hanno sommerso circa un quarto del territorio. Secondo le stime è minacciata l’esistenza di 12 milioni di persone, di cui un milione vive ancora in campi di accoglienza. Per migliorare in modo rapido e duraturo le condizioni di vita delle persone, le Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa Pakistana costruiscono alloggi e riparano impianti sanitari e per l’acqua potabile. Inoltre forniscono assistenza medica d’emergenza.

Credit Suisse  61

Credit Suisse bulletin 1/11

Con i suoi 57 km di lunghezza, il tunnel di base del San Gottardo tra Erstfeld e Bodio

è il traforo ferroviario più lungo del mondo. Grande attenzione è stata perciò dedicata

alla caduta dell’ultimo diaframma nel tubo est della galleria, avvenuta il 15 ottobre

2010. Ma fi no alla realizzazione completa della nuova trasversale alpina dovremo atten-

dere la fi ne del 2017. Nel 1992 il popolo svizzero aveva accolto il progetto da 8 miliardi

di franchi; nel 2006 il parlamento aveva poi approvato il tetto dei costi fi ssato a

19,1 miliardi di franchi. Anche il primo tunnel del San Gottardo tra Göschenen e Airolo

rappresentò un record mondiale quando fu inaugurato il 1° giugno 1882, benché al

momento della perforazione fi nale il 29 febbraio 1880 mancassero le forze trainanti

del progetto: l’ingegnere Louis Favre era deceduto poco tempo prima e Alfred Escher

aveva dovuto lasciare la direzione della Ferrovia del

Gottardo per aver sforato il budget preventivato del 20 per

cento. Grazie allo spazio tematico Sasso San Gottardo,

sulla Via delle Genti sta oggi sorgendo un altro progetto:

nell’ex postazione d’artiglieria Sasso da Pigna, cardine

del Ridotto nazionale nella Seconda guerra mondiale, si

affrontano i cinque temi fondamentali mobilità/spazio

vitale, acqua, energia, sicurezza e clima, legati a un’unica

domanda: «Come utilizziamo le nostre risorse?».  schi

Troverete maggiori ragguagli sul progetto sostenuto dal Fondo del Giubileo della Credit Suisse Foundation al link www.sasso­sangottardo.ch.

Progetto al via sulla Via delle Genti

Credit Suisse Foundation

600 case antisismiche», spiega Heinimann. Ma resta ancora molto lavoro da fare. Nella capitale Port­au­Prince i progressi sono ben pochi, persino le strade del centro non sono state ancora sgomberate dalle macerie, an­che perché  il governo non dispone di suffi­cienti macchine edili.

In Pakistan  la Mezzaluna Rossa  locale aveva chiesto aiuto alla CRS per allestire e gestire  campi  di  accoglienza.  Insieme alla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), gli svizzeri hanno portato 1000 tende in un campo nel Sud del paese, nei pressi di Hyderabad. Con  la  distribuzione di  generi alimentari  è  stato possibile  aiutare 30 000 famiglie a superare la fase di massima emer­genza. Per un periodo di  due mesi  hanno ricevuto due pacchi di 30 kg ciascuno, con­tenenti  generi  alimentari  come  frumento, riso, zucchero, olio, lenticchie, sale, latte in polvere  e  tè,  tutti  prodotti  provenienti  dal Pakistan.«Siccome  bisogna  prestare  i  primi  soc­

corsi un po’ ovunque, dopo un mese c’è  il rischio di perdere di vista le famiglie», affer­ma Karl Schuler. «È proprio quanto vogliono evitare  le società di Croce Rossa e Mezza­luna Rossa». Per questo  la CRS si concen­tra sugli aiuti più a  lungo  termine anche  in Pakistan, nella provincia meridionale di  Sindh e nella valle montagnosa dello Swat, nel nord del paese. Nel Sindh assiste la popolazione nel tornare ai villaggi mentre nelle zone mon­tuose, dove vivono  i pashtun, è  impegnata nell’organizzazione  di  un  servizio  medico  mobile e nella costruzione di abitazioni.

Nel 2010  la Croce Rossa ha dovuto  far fronte a catastrofi gravi che l’hanno messa a dura prova. Karl Schuler: «Ovviamente c’è una discrepanza  tra  le enormi necessità e l’entità  concreta  degli  aiuti.  Ma  il  nostro  approccio mirato continua a dare buoni risul­tati e permette di avere incoraggianti incon­tri con le persone colpite». 

«La realizzazione di una ferrovia alpina svizzera  diventava ai miei occhi  sempre più importante e urgente. Mi divenne man mano più chiaro che senza una ferrovia che attra­versasse il baluardo costi­tuito dalle Alpi la Svizzera  sarebbe stata aggirata dal grande traffi co internazio­nale e destinata a diventa­re una landa desolata».Alfred Escher

Consiglio di lettura«Alfred Escher zwischen Lukmanier und Gotthard. Briefe zur schweizerischen Alpenbahnfrage 1850–1882» (disponibile solo in tedesco). A cura della Fondazione Alfred Escher/Joseph Jung. Autori vari. NZZ Libro, Zurigo 2008, 3 volumi, 808 pagine. ISBN: 978­3­03823­379­4

Concorso al sito www.credit­suisse.com/bulletin

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Testo: Andreas Schiendorfer

svizzere. «Dopo l’ultima riforma, la formazio­ne musicale  in Svizzera è  tra  le migliori al mondo», conferma Michael Haefliger. E sta­volta è proprio vero che tutti avrebbero me­ritato  di  vincere.  La  clarinettista Melinda Maul,  ad  esempio,  ha  incantato  con  uno strumento che solo di rado viene apprezzato in un assolo, mentre il violinista Stefan Ta­rara ha affascinato il pubblico con una stra­ordinaria «Sonata a Kreutzer» di Beethoven. La scelta, difficile ma unanime, come sot­tolinea Christoph Brenner,  è  caduta  sulla violoncellista cinese Mi Zhou, che si è esi­bita  dimostrando  sensibilità,  versatilità  e sicurezza di sé e, al tempo stesso, un atteg­giamento  di  estrema  semplicità.  È  forse l’inizio  di  una  grande  carriera?  Mi  Zhou: «L’esibizione di Lucerna  sarà un momento cruciale nella mia carriera. Il mio obiettivo è tuttavia quello di suonare all’interno di un’or­chestra svizzera». 

Lugano, Conservatorio della Svizzera Italiana: l’audizione pubblica per il Prix Credit Suisse Jeunes Solistes dura tutto il giorno. Un piacere per 

il  pubblico e uno stress per  la giuria,  che deve farsi un quadro obiettivo dei finalisti ed essere  in grado di giudicare un violista te­desco, un violinista russo, una clarinettista ungherese, una  violoncellista  cinese e un violinista tedesco. «Noi professori di musica siamo abituati a ritmi del genere», spiega il padrone di  casa e presidente della giuria Christoph Brenner, «e a questi livelli è dav­vero divertente». Anche gli altri membri del­la giuria concordano: per Michael Haefliger, sovrintendente del Lucerne Festival, l’intero gruppo di finalisti è stato persino il migliore nella storia del premio. Un’apparente nota dolente: non vi è neppure un partecipante svizzero. «Nel 2007 il premio è stato asse­gnato  all’elvetica  Aniela  Frey, ma  questa volta gli svizzeri si sono fermati alla semifi­

nale di Losanna», precisa Michael Eidenbenz, della Scuola Universi­taria delle Arti di Zurigo. «Molti dei migliori artisti svizzeri sono assen­ti  perché  si  recano  all’estero  al termine della formazione. Un pas­so consigliato ai fini della propria crescita  personale». Per  contro, moltissimi  talenti  provenienti  da tutto il mondo frequentano le set­te  scuole universitarie di musica 

  Prix Credit Suisse Jeunes SolistesIl Prix Credit Suisse Jeunes Solistes, organiz­zato ogni due anni dal Lucerne Festival,  dalla Conferenza delle Scuole Universitarie di Musica Svizzere (CSUM) e dalla Credit Suisse Foundation, è destinato a musicisti fino a  26 anni con un chiaro legame con la Svizzera. L’importo del premio è di 25 000 franchi e  il vincitore si esibirà al Lucerne Festival nella serie «Debut». I talenti finora premiati:  Andriy Dragan, piano (2009), Aniela Frey, flauto (2007), Tecchler Trio (2005), Pawel Mazurkiewicz, piano (2003), Sol Gabetta, violoncello (2001).

Il violoncello  magico di Mi Zhou Dieci anni dopo l’argentina Sol Gabetta, un’altra violoncellista è entrata nei cuori degli appassionati di musica classica: si tratta della cinese Mi Zhou, che sta affinando la propria formazione sotto la guida di Thomas Demenga presso l’Accademia Musicale  di Basilea.

Prix Credit Suisse Jeunes Solistes

  I membri della giuria (da sinistra) Stephan Schmidt, Hervé Klopfen­ stein, Michael Eidenbenz, Michael Haefliger e Christoph Brenner con la vincitrice Mi Zhou al centro.

  Giovedì 18 agosto 2011 Mi Zhou farà il suo debutto al Lucer­ne Festival, accom­pagnata dalla pianista Paola de Piante Vicin. Nella Lukaskirche  di Lucerna eseguirà opere di Stravinksy, Cassadó, Fauré e  Demenga.

www.lucernefestival.ch Foto: Conservatorio della Svizzera Italiana | U

we Arens | S

ean Sprague, Fotofinder

Credit Suisse 63

Credit Suisse bulletin 1/11

Testo: Andreas SchiendorferFondazioni per i clienti

Sette milioni spesi beneLe tre fondazioni di  pubblica utilità Accentus, Empiris e Symphasis hanno sostenuto nel 2010 oltre 200 progetti in tutto il mondo. 

Accentus, Empiris e Symphasis,  le  tre  fon­dazioni per i clienti istituite dal Credit Suisse, consentono ai donatori di impegnarsi in ma­niera semplice a favore dell’ambiente e della società. Per far sì che i fondi elargiti venga­no  impiegati  in modo  integrale ed efficace per  lo  scopo designato,  il Credit Suisse  si assume le spese amministrative e di gestio­ne. Competenti collaboratori nella sede  delle tre  fondazioni  assicurano  inoltre  che  i  pro­getti vengano adeguatamente selezionati e monitorati. Secondo il direttore Daniel Otth e  il  presidente del Consiglio di  fondazione Flavio Cotti, lo scorso anno oltre sette milio­ni di  franchi sono stati destinati a 204 pro­getti a livello mondiale. 

AccentusNel 2010 la più vecchia delle tre fondazioni ha festeggiato il suo deci­mo anniversario con un nuovo e interessante sito Internet. Accentus Scacchi Svizzera è un esempio di subfon­dazione. Attualmente questo fondo sostiene la scuola di scacchi di Zollikon Chess4Kids (foto) e il progetto Science City Jugend­schach nelle scuole della città di Zurigo. L’iniziatore di Accentus Scacchi Svizzera è  William Wirth, che ha festeggiato i suoi 80 anni il 13 marzo 2011 precedendo di dieci giorni Viktor Kortschnoi, il miglior scacchista svizzero di tutti i tempi. www.accentus.ch

EmpirisInfaticabili i vincitori del premio interna­zionale Empiris Award for Research in Brain Diseases: Susanne A. Schneider, vincitrice del premio nel 2009, al convegno annuale dell’American Academy of Neurology dello scorso aprile a Honolu­lu ha ricevuto il rino­mato Jon Stolk Award in Movement Disorders for Young Investiga­tors. Troverete un pro­fi lo dei nuovi vincitori Verena Finder, del  Politecnico di Zurigo, e Andreas Vitalis, del­l’Università di Zurigo, al sito www.empiris.ch.

SymphasisGrazie alla Croce Rossa Svizzera migliorano le condizioni sanitarie nel­le regioni settentrionali del Laos: Symphasis vi contribuisce con la costruzione di pozzi, ri­serve e tubature di ac­qua potabile. Nel 2010 la fondazione ha cofi ­nanziato oltre 40 pro­getti in Asia e Africa. Nel bulletin è riportata una breve descrizione degli interventi a favore della foresta pluviale in Madagascar. Per ul­teriori esempi invitiamo a consultare il sito www.symphasis.ch.

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bulletin 1/11 Credit Suisse

Visto  dall’esterno  il  Ticino  è spesso considerato la «Son­nenstube» della Svizzera, con il  suo meraviglioso paesag­gio e  le  specialità  culinarie come la zuppa di castagne, 

la cazzuola o il brasato al Merlot. Tutto que­sto è realtà, come realtà sono gli accoglien­ti grotti dove un bicchiere di vino assume un sapore del tutto particolare. «Ma esiste anche un altro Ticino», spiega Dany Stauffacher. «Il Ticino della haute cuisine, il Ticino per i buon­gustai». La missione di Stauffacher è quella di  diffondere questo messaggio  in  tutta  la Svizzera, ma anche nello stesso Ticino. Per questo, cinque anni fa, ha fondato un festival gastronomico sul modello di quelli di Gstaad e St. Moritz.  In occasione della quinta edi­zione di San Pellegrino Sapori Ticino,  tra  il 3 aprile e  il 22 maggio otto chef svizzeri si recheranno a sud delle Alpi non per dare un contributo allo  sviluppo culinario, bensì per far visita a colleghi che si motiveranno a vi­cenda nel fornire performance di prim’ordine. E la ricetta di Stauffacher funziona: di anno in  anno sempre più  svizzeri  tedeschi  e  ro­mandi approfittano di questo festival gastro­nomico  sostenuto anche dal Credit Suisse per visitare la Svizzera meridionale. Tutte le in for mazioni necessarie sono disponibili agli indirizzi Internet riportati qui sotto.

www.saporiticino.ch www.sanpellegrinosaporiticino.ch 

Settimana culinariaTesto: Andreas Schiendorfer

Il Ticino oltre i cliché

Grandes Tables de SuisseDal 1960 l’associazione Grandes Tables de  Suisse riunisce gli chef elvetici di maggior talento e creatività. Sotto la guida di André Jaeger pro­muove lo scambio tra talenti eccezionali nel segno della cultura del gusto e dell’ospitalità. Tra i 50 membri fi gurano, oltre ai sette cuochi ospiti, anche i quattro che faranno gli onori di casa: Ivo Adam, Gian Luca Bos, Martin Dalsass e Dario Ranza.

Consigli di letturaL’amore per il cibo comincia leggendo. Molti chef, con i loro libri, ci consentono di gettare uno sguardo nelle loro cucine. André Jaeger, ad  esempio, nel suo libro «Highlights der europäisch­asiatischen Küche» getta un ponte tra la cucina europea e quella asiatica. In ordine sparso vi pre­sentiamo i libri di André Jaeger, Ivo Adam, Martin Dalsass, Markus Neff nonché i DVD di Denis Martin all’indirizzo www.credit­suisse.com/bulletin. L’accesso più rapido è tramite kooaba.

Eventi quadro

  Ristorante:  Grand Hotel Eden Luogo:  Lugano Cuochi:  Alessio Rossi     Dario Ranza     Gian Luca Bos     Ivo Adam     Luigi Lafranco     Marco Ghilodi    Martin Dalsass     Rolf Krapf 

  Ristorante:  Cantina Vinattieri Evento:  Festa annuale delle     Grandes Tables de Suisse Luogo:  Ligornetto  Cuochi:  Alessio Rossi     Dario Ranza     Gian Luca Bos     Ivo Adam     Luigi Lafranco     Martin Dalsass     Rolf Krapf     Silvio Galizzi

3.4.2011

22.5.2011

  Ristorante:  Al Portone Luogo:  Lugano

  Ristorante:  Villa Saroli Luogo:  Lugano

  Ristorante:  Seven Easy Luogo:  Ascona

  Ristorante:  Locanda Orico Luogo:  Bellinzona

Pranzo

10.4.2011

16.4.2011

30.4.2011

21.5.2011

Cena

  Luogo:  Sciaffusa  Ristorante: Fischerzunft  Cuoco: André Jaeger

  Luogo:  Ascona Ristorante:  Hotel Eden Roc  Cuoco:  Rolf Krapf

  Luogo:  Cologny Ginevra  Ristorante: Le Lion d’Or  Cuochi: Tommy Byrne e Gilles Dupont

  Luogo:   Locarno Ristorante:  Hotel Villa Principe Leopoldo  Cuoco:  Dario Ranza

  Luogo:  Steinen SZ  Ristorante: Adelboden  Cuoco: Franz Wiget

  Luogo:  Vacallo-Chiasso Ristorante:  Conca Bella  Cuoco:  Gian Luca Bos

  Luogo:  Vevey  Ristorante: Denis Martin  Cuoco: Denis Martin

  Luogo:  Ascona Ristorante:  Seven Easy  Cuoco:   Ivo Adam

  Luogo:  Küsnacht  Ristorante: Rico’s Kunststuben  Cuoco: Rico Zandonella

  Luogo:   Lugano Ristorante:  Santabbondio  Cuoco:  Martin Dalsass

  Luogo:  Saas-Fee  Ristorante: Fletschhorn  Cuoco: Markus Neff

  Luogo:  Ascona Ristorante:  Parkhotel Delta  Cuoco:   Luigi Lafranco

  Luogo:  Friborgo  Ristorante: Le Pérolles  Cuoco: Pierre-André Ayer

  Luogo:   Lugano Ristorante:  Hotel Splendide Royal  Cuoco:  Alessio Rossi

4.4.2011

10.4.2011

11.4.2011

17.4.2011

18.4.2011

1.5.2011

2.5.2011

Buon appetito!

Foto: Armin Zogbaum

, Corbis | Patrick Kälin | P

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CFO of the Year 2011I migliori direttori finanziari della Svizzera

In occasione del CFO Day, tenutosi a Zugo, il Forum CFO Svizzera (CFOs) ha premiato per la seconda volta i  migliori direttori finanziari della Svizzera. Nella categoria  Imprese SMI si è imposto Michel Demaré di ABB SA (nel 2010 Theophil H. Schlatter di Holcim), nella categoria Ditte SPI Roland Abt di Georg Fischer SA (nel 2010 Gerard van Kesteren di Kühne & Nagel) e nella categoria Membri CFOs Reto Conrad di Emmi SA (nel 2010 Andreas R. Herzog di Bühler). Fra gli 11 membri della giuria figu­rava anche Hans Baumgartner, responsabile Affari PMI al Credit Suisse. Per maggiori informazioni: www.swisscfoday.ch

Johanna Dürmüller­Bol Young Classic Award 2011 Il Festival di Davos promuove i talenti

Nel quadro di Interlaken Classics è stato premiato per la quinta volta un promotore delle giovani leve in campo musi­cale. Nel 2007 il premio dotato di 20 000 franchi era stato assegnato ad Anne­Sophie Mutter e alla sua fondazione, mentre lo scorso anno è stato vinto dall’Accademia Sibelius di Helsinki (rettore Gustav Djupsjöbacka). Nel 2011 ha vinto il Festival di Davos ­ young artist in concert con la so­vrintendente Graziella Contratto (nella foto). La manife­stazione, che nel 2010 ha festeggiato il 25° anniversario dalla sua fondazione, si terrà quest’anno dal 23 luglio al 6 agosto. Per maggiori informazioni: www.davosfestival.ch e www.interlaken-classics.ch

Credit Suisse Sports Awards 2010 Ariella Kaeslin e Simon Ammann

In dicembre la ginnasta Ariella Kaeslin è stata eletta sporti­va dell’anno per la terza volta consecutiva. Simon Amman, due volte doppio campione olimpico nel salto con gli sci, si è imposto quale sportivo dell’anno. Gli altri vincitori: la na­zionale di calcio U17 campione del mondo (squadra), Dany Ryser (allenatore), Mike Schmid (rivelazione) e Christoph Kunz (sportivo disabile). Chantal Cavin, collaboratrice del Credit Suisse, è salita sul secondo gradino del podio per la terza volta dopo il 2007 e il 2009. A Rio de Janeiro, la nuotatrice non vedente si è laureata tre volte campio­nessa mondiale in vasca corta.Per maggiori informazioni: www.sports-awards.ch

Giornate musicali di Stans e Jazz Festival di Sciaffusa Nuovo premio per il jazz formato giovani

Il vincitore del nuovo concorso delle scuole jazz svizzere ri­servato ai giovani avrà l’opportunità di esibirsi alle Giornate musicali di Stans, sabato 7 maggio, e al Jazz Festival di Sciaffusa del 2012; inoltre beneficerà di un band coaching e sarà assistito nella produzione di un CD. schi

Premi e premiati

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Testo: Andreas Schiendorfer

Dopo il grande successo del­la  retrospettiva  di  Robert Mapplethorpe nel  2010,  il Museo  d’Arte  riaccende  i suoi  riflettori  su un artista fotografo  americano.  Ma 

Man  Ray  è  davvero  americano?  Nato  il  27  agosto  1890  a  Filadelfia  –  al  secolo  Michael  «Emmanuel»  Rudnitzky,  primo  di quattro figli di genitori ebrei russi – era citta­dino  statunitense e  trascorse anche metà della sua vita negli States, ma la sua ispira­zione artistica nacque e crebbe nelle avan­guardie europee,  in particolare quelle della scalpitante e ribelle Parigi, la città che amò più di tutte e nella quale soggiornò una pri­ ma volta dal 1921 al 1940. Tant’è che il suo  rientro  in America  insieme a Salvador Dalí, per sfuggire alla dittatura nazionalsocialista, fu per lui più un esilio che un ritorno. In Fran­cia tornò a trascorrere l’ultima parte della sua vita, dal 1951 al 1976.

Decisivi per la sua carriera artistica furo­no gli  anni  alla Modern School  del  Ferrer Center a New York,  istituto noto per  i suoi metodi di insegnamento fuori dagli schemi e i  suoi  insegnanti  ispirati  da  ideali  liberistici, che spalancò le sue porte al 22enne Ray e lo indirizzò di fatto verso il Dada, movimento che poi lo vide tra i massimi esponenti. Dalla pittura, sempre più caratterizzata da una pro­pria figurazione futuristico–cubista, nel 1915 compì il salto all’arte tridimensionale. In que­sta fase fu l’artista francese Marcel  Duchamp 

Incurante,   ma non indifferente: Man RayIl Museo d’Arte di Lugano dedica la sua  nuova mostra, fino a metà giugno, all’eclettico artista americano Man Ray.

Arte

01 Man Ray. «Le Violon d’Ingres». 1924. Man Ray Trust. Ritratto  di spalle di Kiki de Montparnasse con le «effe» del violino,  ispirato da «La Grande Baigneuse» di  Jean­Auguste­Domi­nique Ingres. Quest’ultimo amava dipingere il nudo e suonare il violoncello.

02 Man Ray. «Les Larmes». 1924. Man Ray Trust.

a motivare  il  suo approccio  alla  fotografia, complice una fotocamera che Man Ray si era da poco procurato. 

Sul piano dei contenuti, nella sua opera ebbero un ruolo sempre più centrale l’incon­scio e le suggestioni mistiche, elementi che a  partire  dal  1919/20  ritroviamo  nei  foto­grammi e nelle  rayografie,  immagini  senza macchina fotografica su carta fotosensibile.

Giunto  in Europa,  in compagnia dei suoi amici Marcel Duchamp e Francis Picabia, di­venne protagonista della scena artistica pa­rigina a Montparnasse.  I  suoi  fotoritratti  di amici artisti rappresentano non solo capola­vori  nel  loro genere, ma anche documenti storici. Nella Ville Lumière, Man Ray si dedi­cò anche alla  fotografia di moda e al nudo d’arte, come testimonia una delle sue opere in assoluto più celebri, «Le Violon d’Ingres», raffigurante  la  sua amata Kiki  de Montpar­nasse ripresa di spalle con le «effe» del violi­no (si veda l’immagine 01). Si cimentò inoltre nel cinema d’arte, ma con modesti successi.

Dopo il suo rientro dall’esilio americano foto­grafò nuovamente molti artisti come  Juliette Gréco o Catherine Deneuve, ma al contem­po tornò a esprimersi nella pittura con i suoi «Natural Paintings». In Svizzera, opere di Man Ray furono esposte ad esempio nel 1966 al Kunsthaus di Zurigo in occasione della gran­de retrospettiva Dada per il 50° anniversario. E anche il biglietto d’invito per la frequenta­tissima mostra di Picasso che si è appena conclusa al Kunsthaus  recava una  foto di Man Ray, grande amico del pittore malague­no, anch’egli parigino di adozione.

Man Ray morì il 18 novembre 1976 a Pari­gi. Sua moglie, Juliet Browner, fece incidere sulla lapide l’epigrafe «unconcerned, but not indifferent» (incurante, ma non indifferente) e in seguito fondò anche il «Man Ray Trust» con molte opere originali. Il sito della fondazione, pur offrendo un’eccellente documentazione dell’opera di Man Ray, non può competere con la grande opportunità offerta dal Museo d’Arte di Lugano di ammirare gli originali. 

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Man Ray. Museo d’Arte, Lugano, 26 marzo – 19 giugno 2011

www.mdam.ch  www.manraytrust.com Foto: 2010, Prolitteris, Zurigo | Fondazione Adolf Wölfli, Kunstmuseum di B

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Credit Suisse bulletin 1/11

Il Kunstmuseum di  Berna, la «casa» di 

Adolf WölfliChi ama l’Art brut può  

sempre incontrarla al Kunstmuseum di Berna, dove sono in mostra  

i quadri dell’artista bernese Adolf Wölfli. Attualmente in un affascinante 

confronto con i vecchi maestri  del Medioevo.

Irgendwann irgendwohin unterwegs im ICN  Adolf  Wölfli  (In  viaggio  chissà quando e per quale meta nell’ICN Adolf Wölfli), questa la citazione del pittore e  scrittore dell’Emmental  che  il  viag­giatore legge sulla parete della carroz­

za. Ne resta affascinato e al contempo irri­tato,  profondamente  ispirato pur  senza ap­prodare alla perfetta comprensione di quelle parole. La citazione proviene dal suo scritto «Von der Wiege bis zum Graab», pubblicato nel 1985, ma già realizzato dal 1908 al 1912. Nel manicomio di Waldau presso Berna. Adolf Wölfli  vi  viene  ricoverato nel 1895 

con la diagnosi di schizofrenia, dopo il tenta­tivo di violenza carnale ai danni di una bambi­na. È possibile che la sua vita sarebbe stata diversa, e sotto certi aspetti normale, se non avesse trascorso un’adolescenza da bambino in affidamento, così avvilente e nella quale si è costretti a crescere fin troppo in fretta. Straordinario è che Adolf Wölfli – come an­che Robert Walser, in modo diverso – scopre a 35 anni nella sua più profonda  interiorità una provvidenziale  sorgente di  arte  che  lo tiene  in vita, caratterizzata da una produtti­vità e da una qualità misteriosa, che ancora oggi non finiscono di stupire. 

03  Adolf Wölfli. «Die Drachenfels­Trim­bach­Eisenbahn­Fuss­ und Fahr­Brücke,  in China». 1909. Fondazione Adolf Wölfli, Kunstmuseum di Berna.

04  Adolf Wölfli. «Die Kreuzigung Jesus Christi». 1917. Fondazione Adolf Wölfli, Kunstmuseum  di Berna.

Con  la  sua opera  «Ein Geisteskranker  als Künstler»,  nel  1921 Walter Morgenthaler  – per molti anni suo assistente medico – richia­ma l’attenzione su Wölfli. Ma l’affermazione tarda a  venire,  frenata anche dalla  natura troppo bizzarra di questo gigantesco lavoro. Saranno  l’artista  francese  Jean Dubuffet,  nel 1945, e poi il gallerista bernese Harald  Szeeman, a partire dagli anni Sessanta, ad accendere nell’attuale universo dell’arte  la stella del maggiore esponente dell’Art brut e a renderlo accessibile al grande pubblico. 

Nel frattempo Adolf Wölfli gode di ampia notorietà. Ma lo si conosce davvero? Davan­ti alle sue opere si scoprono sempre nuove sfaccettature. Nata nel 1975 e oggi diretta da   Daniel  Baumann,  la  Fondazione  Adolf Wölfli è domiciliata al Kunstmuseum di Berna e con le sue mostre assicura sempre nuovi e appassionanti viaggi di scoperta: e questa volta il viaggio ci porta indietro nel Medioevo. Il  garzone  e  manovale  incolto  conosceva  davvero i vecchi maestri oppure ha scoperto solo dentro di sé i suoi motivi? La sua inter­pretazione e  il  suo uso dell’iconografia  cri­stiana sono comunque estremamente origi­nali. E quindi degni di una riflessione.  schi

Arte

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Esposizioni: Adolf Wölfli Univers ­ Rétrospective,  Lille/Villeneuve d’Asque,  LaM, Lille métropole musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut,  9 aprile – 3 luglio 2011

Adolf Wölfli. Municipio di Ingelheim.  Giornate internazionali di Boehringer Ingelheim.  3 maggio –10 luglio 2011

www.kunstmuseumbern.ch www.adolfwoelfli.ch

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Inserzione

L a Svizzera è chiamata il serbatoio idrico d’Europa: dalle sue cime l’acqua scen­de  verso  il Mare del Nord  (Reno),  il 

Mediterraneo occidentale (Rodano), l’Adria­tico (Ticino/Po) e il Mar Nero (Inn/Danubio). E a proposito di acqua come non ricordare i numerosi parchi acquatici, che offrono sva­riate attività all’insegna dell’intrattenimento e della distensione! Non lontano dal Reno a Basilea, ad esempio, ci si può persino tuffa­re nell’ambiente tipico della valle Verzasca: basta varcare la soglia di aquabasilea, il più grande parco acquatico del paese con una superfi cie utile di oltre 13 000 metri quadrati. Il  centro balneare dedicato all’avventura e 

alla salute ospita varie piscine con un volume complessivo di oltre 2200 metri cubi e non meno di sette scivoli, un ampio spazio sauna e un settore  riservato allo  spa e al  fitness. «Ma con i numeri bisogna stare attenti», pre­cisa Andreas Schauer,  consigliere di  ammi­nistrazione della  società di  gestione aqua­basilea SA: «Un centro del genere non è mai finito».  Il progetto da 270 milioni di  franchi, finanziato  tramite  investimenti  im mobiliari del  Real  Estate  Asset  Management  del  Credit Suisse (si veda il dossier), all’inizio ha faticato a conquistare gli amanti del l’acqua. Tuttavia,  dopo un adeguamento dei  prezzi d’entrata e dei parcheggi, le affluenze al par­co acquatico e al business e wellness hotel Courtyard By Marriott raggiungono ora facil­mente gli obiettivi prefissati. Per saperne di più vi rimandiamo alla nostra rivista Internet, dove potrete altresì partecipare al sorteggio di 6 × 2 carte giornaliere.  schi

aquabasilea

A casa, anzi in vacanza

aquabasilea di Pratteln, il più ampio parco acquatico 

della Svizzera, festeggia il suo primo compleanno.  Vincete due delle dodici carte giornaliere in palio.

www.credit­suisse.com/bulletin

www.credit-suisse.com/bulletin

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Foto: Marco Blessano | Credit Suisse | Aquabasilea AG, www.aquabasilea.ch

Branch Excellence Succursale di Uster Nell’ambito dell’iniziativa Branch Excellence, fino al 2010 sono state rimodernate novanta succursali del Credit Suisse all’insegna di un nuovo look comune ispirato all’attenzione  al cliente e alla sensibilità ambientale. La sede di Uster è stata riaperta lo scorso 1° novembre.

bulletin: Da quando il Credit Suisse è presente a Uster?Ruedi Grünenfelder: La nostra pre­senza in città risale al 1892, anche se allora come succursale della Banca  Popolare Svizzera. L’edificio realizzato all’epoca, ubicato in posizione centrale nei pressi della stazione, è di proprietà della banca dal 1912.

Come si è svolta la ristruttura-zione?Si è trattato di una sfida impegnativa, dal momento che l’immobile è sotto­posto a tutela dei monumenti e aveva già subito numerosi interventi. Abbiamo attuato il progetto in nove mesi con una spesa complessiva di circa otto milioni di franchi. E ne è valsa la pena: le sale adibite ai colloqui, che ospitano le opere di artisti svizzeri, sono il fiore all’oc­chiello della sede rinnovata, e i clienti hanno mostrato di apprezzarle moltissi­mo. Ottima anche la collaborazione con gli imprenditori e artigiani della città e della regione, che hanno assorbito circa l’80 per cento delle commesse legate al progetto.

Che importanza riveste Uster per il Credit Suisse?Con 32 000 abitanti, Uster è la terza città del canton Zurigo. Diverse ricerche hanno mostrato il grande potenziale dell’Oberland zurighese in termini di clientela privata e commerciale. Presso la sede lavorano attualmente 40 colla­boratori. Sono convinto che nell’imme­diato futuro, grazie alla ristrutturazione, potremo ampliare notevolmente la no­stra presenza.  schi

Ruedi Grünenfelder,  responsabile Clientela privata Uster

Tracce di effimeroNelle succursali di Arosa, Châtel­St­Denis, Giubiasco,  

St. Margrethen, Zurigo­Uraniastrasse e Uster sono esposte alcune opere dell’artista Dominique Lämmli.

Arte nell’architettura

Nata  nel  1964,  Dominique Lämmli lavora a Zurigo: non solo  pittrice,  l’artista  si esprime  con  installazioni, creazioni con oggetti e dise­gni.  Quello  qui  riprodotto 

s’intitola «Fliegen­1» (Mosche­1) ed è attual­mente  esposto  nella  succursale  di  Uster. L’opera, composta di due fogli accostati di 120 × 80,5 cm ciascuno, è parte di  un pro­getto chiamato «Innamorata dei pianeti», che impegna l’artista ormai da diversi anni e nel quale  trovano espressione paesaggi  fiabe­schi fatti di cespugli, fiori, boschi e animali. 

Il titolo del disegno ci invita a immaginare, dietro gli  aloni  neri  impressi  sui  fogli,  tanti insetti ronzanti. Normalmente pensiamo alle mosche con fastidio, le consideriamo brutte e persino cattive; anche la letteratura non è molto benevola: Mefistofele è chiamato «dio delle mosche» nel «Faust» di Goethe, mentre nella  tragedia  «Le  mosche»  di  Jean­Paul 

Sartre esse incarnano le dee della vendetta. Dominique Lämmli sembra regalare a questi insetti disprezzati una nuova dignità: in una mescola di lacca e guazzo, posata sulla  carta come un velo di carbone, le mosche danzano sul foglio bianco come in uno spazio immagi­nario e libero, seppur spazialmente delimita­to e indifferente. Sul foglio bianco si assiste al tentativo di fermare per l’eternità le picco­le avventure della loro vita terrena altrimenti brevissima. Raquel Brühlmann, stagista presso il Servizio Arte

«Fliegen-1» Dominique Lämmli, 2009, guazzo,  ossido di ferro nero su carta,  due fogli, 120 × 80,5 cm cad.  Collezione del Credit Suisse, inv. 2010/12382.

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Passione e frustrazione come fonti d’innovazionePassione, curiosità e frustrazione: per  i relatori del 5° Swiss Innovation Forum di Basilea sono questi i fattori che stimolano l’innovazione. Tra gli ospiti della manifestazione anche Jimmy Wales, cofondatore di Wikipedia, e Joseph Jimenez, CEO di Novartis. 

Testo: Dorothée Enskog

Fare innovazione significa crede­re in qualcosa, essere in grado di lasciare un segno», ha spiega­to al pubblico del 5° Swiss Inno­vation Forum Joseph Jimenez, CEO  della  casa  farmaceutica 

Novartis. «Significa cambiare il paradigma e il modo di  affrontare  le cose». Ma  l’innova­zione in campo farmaceutico ha il suo prezzo. «Per innovare dobbiamo ottenere rendimenti interessanti sul capitale investito. Immettere sul mercato  una  nuova molecola  costa  in media circa 1,5 miliardi di dollari», ha svelato Jimenez. 

All’origine della rapida ascesa di Wikipe­dia non vi è invece il risultato di innovazione tecnologica né di  ricerca  innovativa. L’enci­clopedia gratuita  online,  andata  in  rete  al­l’inizio del 2001, conta oggi oltre 17 milioni di voci. «Wikipedia è stata  tuttavia  fonte di innovazione sul piano sociale. Oggi una vasta comunità  aperta  di  contributori  collabora  gratuitamente con  l’obiettivo di  riassumere la  totalità del  sapere umano»,  ha  spiegato Jimmy Wales, cofondatore di Wikipedia.

La passione come chiave del successo

Wikipedia  conta  circa 100 000 contributori attivi. A Wales viene spesso chiesto che  cosa possa motivare queste persone a dedicare tanto tempo a questo progetto. «Credo che molti  trovino stimolante  l’idea di un’enciclo­pedia gratuita nella  quale  condividere  con altri  le  proprie  conoscenze. Ed è anche di­vertente costruire insieme qualcosa in tempo reale». Attualmente quasi il 90 per cento dei contributori è costituito da uomini, probabil­mente a causa della complessità di alcune funzioni di editing. «Stiamo cercando di sem­plificarle», ha sottolineato Wales. L’età media degli editor è di  soli 26 anni, e  la quota di contributori  con  un  dottorato  di  ricerca  è  doppia rispetto alla media della popolazione totale. Circa 400 milioni di persone si  infor­mano ogni mese su Wikipedia, che è così il 5° sito più cliccato della rete.

La curiosità traina l’innovazione

«La passione è alla base di creatività e inno­vazione», ha dichiarato convinto Jean­Claude Biver,  CEO  della  casa  di  orologi  svizzeri  Hublot. Biver, una figura chiave nell’ambito della  positiva  svolta  del  brand  Omega,  considera  la  creatività più  importante della conoscenza. «Il sapere è accessibile a tutti, mentre  l’innovazione è basata  sulla  creati­ vità.  Bisognerebbe  chiedersi  ogni  giorno: ‹Come fare le cose diversamente?› Ripeten­

Swiss Innovation Forum

01  La società Optotune SA di Dübendorf (a destra il CEO Manuel Aschwanden) ha rice­vuto lo Swiss Tech­nology Award nella  categoria Start­up. Optotune ha messo a punto una lente a  regolazione progressi­va che rappresenta un’importante evolu­zione per le fotocame­re dei telefoni cellulari. 

02  Malcisbo SA di Zurigo (nella foto il CEO Lino Camponovo, secondo da sinistra) ha vinto nella categoria Seed per lo sviluppo di  vaccini biotecnologici,  ad esempio contro  la verminosi.

03  HeiQ Materials SA di Bad Zurzach (a destra il CEO Carlo Centon­ze) si è distinta nella categoria Maturity Stage. L’azienda svi­luppa effetti tessili da impiegare ad esempio per applicazioni me­diche o per Oilguard, un tessuto in grado  di assorbire il petrolio.

04  Swiss Technology Award: un riconosci­mento molto ambito  e meritato. Maggiori informazioni al sito www.ch­innovation.ch

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Foto: Swiss Innovation Forum

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do sempre le stesse cose finiremmo per tra­sformarci in musei. La curiosità è ciò che ci mantiene giovani e creativi». Biver ha anche illustrato la sua filosofia aziendale di grande successo,  che  è  articolata  su  tre  pilastri:  condivisione, rispetto e perdono. «Un mana­ger deve condividere le sue conoscenze, le sue perplessità  e  i  suoi  errori  rispettando chiunque  lungo  l’intera  scala  gerarchica, compreso il personale di pulizia». Un manager deve inoltre saper perdonare gli errori e gli insuccessi  in quanto fonte d’insegnamento. Ad eccezione, naturalmente, degli errori rei­terati, ammette Biver.

Anche la frustrazione può ispirare

È stato il senso di frustrazione dovuto all’im­possibilità  di  visualizzare dati  o  statistiche con un software a spingere il fondatore del­la  Gapminder  Foundation,  Ola  Rosling,  a sviluppare un innovativo strumento di visua­lizzazione. «La frustrazione si è trasformata in amore per il mio prodotto», confida. Il suo tool consente agli utenti di convertire in pochi secondi trend a lungo termine, inclusi mi gliaia di dati, in grafici o tabelle. «Possiamo miglio­rare il mondo solo con le decisioni giuste. E per prendere  le decisioni  giuste dobbiamo poter  accedere a dati  comprensibili». Gap­minder è stata acquistata da Google nel 2007 ed è ora parte integrante del motore di ricer­ca per  la visualizzazione dei dati economici disponibili. «Purtroppo molte entità pubbliche non  vogliono  condividere  con  noi  le  loro  banche  dati»,  osserva  dispiaciuto  Rosling, indicando la Banca mondiale e l’Eurostat tra le rare eccezioni. Quest’anno il Credit Suisse ha sponsorizzato per la prima volta il forum sull’innovazione. 

Intervista: Andreas SchiendorferCapitale di rischio

«L’innovazione è il volano  dell’economia svizzera»

Dieci grandi imprese svizzere,  tra le quali il Credit Suisse,  

hanno dato vita nel 2000 al fondo di capitale di rischio  

Venture Incubator. Il presidente  Pius  Baschera trae un bilancio.

Secondo il barometro dell’identità

Credit Suisse, il 67 per cento degli sviz-

zeri è molto fiero della nostra repu-

tazione internazionale per l’alta qualità,

mentre solo il 35 per cento è soddi-

sfatto della forza innovativa svizzera.

La qualità dell’economia svizzera si fonda in gran parte sulla sua capa­ cità innovativa. In termini di ricerca, numero di brevetti o riferimenti  in riviste di carattere scientifico, la Svizzera si colloca sicuramente ai primissimi posti. Il giudizio piuttosto negativo che emerge dal sondaggio si riferisce forse al fatto che il trasferimento sul piano pratico può essere migliorato. E questo è vero.

Può essere utile il capitale di

rischio in questo contesto?

Certamente. Per questo un decennio fa dieci aziende hanno creato Venture Incubator, investendo dieci milioni  di franchi ciascuna.

Perché vi partecipa anche Hilti?

Anche per voi è importante l’innova-

zione?

Anche noi possiamo trarre vantaggio da un clima di progresso e innovazione in Svizzera. Del resto, per Hilti l’inno­ vazione ha sempre svolto un ruolo di cruciale importanza. Ed è bene che sia così: senza innovazione una grande azienda non potrebbe sopravvivere. La capacità innovativa non si limita tuttavia ai prodotti, bensì riguarda anche processi e modelli di business.

Qual è il bilancio dei primi dieci

anni di Venture Incubator?

Assolutamente positivo. Per questo 

motivo nel 2009, in piena crisi econo­mica, abbiamo deciso di prorogare il nostro impegno a tempo indeterminato.

Ci potrebbe citare qualche cifra?

Finora abbiamo investito 116 milioni di franchi in 35 imprese, che hanno crea­to circa 750 posti di lavoro di grande valore. In seguito a 11 uscite ab­ biamo svincolato 53 milioni di franchi, che ora ci accingiamo a reinvestire.

Alcuni esempi di successo?

Fra le aziende vendute figurano  ditte come Endoart, HPL, EsbaTech o Picodrill, che hanno già saputo distinguersi nel proprio settore. Anche l’attuale portafoglio vanta analoghi casi di successo.

Vi siete mai sbagliati nelle vostre

valutazioni?

Ogni investimento è sottoposto a un attento esame da parte dei partner  di Venture Incubator e dell’Invest­ment Committee. Tuttavia, dato che investiamo anche in start­up che si trovano nella fase iniziale, qualche contraccolpo è inevitabile.

Per finire, qualche commento sulla

concorrenza. La disturba la comparsa

sul mercato della SVC-SA per il capi-

tale di rischio delle PMI?

Ai fini della promozione delle start­up è positivo che vi siano molti inve­stitori. Sebbene la SVC­SA si rivolga a imprese che hanno già raggiunto l’accettazione del mercato, vi sono interessanti forme di partnership, come nel caso della sonicemotion.

Pius Baschera, presidente di Venture Incubator  e presidente del CdA di Hilti

www.ventureincubator.ch  www.svc­capitale­di­rischio.ch

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www.credit-suisse.com/mbulletin

Inserzione

72 Credit Suisse

bulletin 1/11 Credit Suisse

Sigla editoriale Anno 117, 5 volte all’anno in italiano, tedesco, francese e inglese EDITORE Credit Suisse AG Casella postale 2, CH­8070 Zurigo, Telefono +41 44 333 11 11 REDAZIONE Daniel Huber (dhu;  direzione), Andreas Schiendorfer (schi); Regula Brech bühl (rb), Dorothée Enskog (de),  Michael 

Krobath (mk), Mandana Razavi (mar). Collaborazione: Fabienne de Lannay (fdl), Ivana Bianchet (dossier). Contatto: redaktion.bulletin@credit ­suisse.com REALIZZAZIONE www.arnold.inhalt­undform.com  Progetto grafico: Michael Suter,  Luzian Meier, Maja Davé, Alice Kälin, Angelique Bolter Gestione dei pro-cessi: Karin  Cappellazzo Traduzione italiana: Servizio linguistico del Credit Suisse: Francesco Di Lena,  Luigi  Antonini, Michele Bruno, Livia 

Marazzi, Roberto Negroni, Ezio Plozner Stampa:  Swissprinters Zürich AG DATI MEDIA/CONTATTO Marketing: Veronica Zimnic Tiratura REMP 2009: 7461 Registra-zione ISSN: 1662­4580  Internet: www.credit­suisse.com/bulletin  Inserzioni: print­ad kretz gmbh, tele­fono +41 44 924 20 70, bulletin@kretz­gmbh.ch Cambiamenti: si veda il modulo di ordinazione Riproduzione di testi: consentita con l’indicazione «Dal bulletin del Credit Suisse». 

COMMISSIONE DI REDAZIONE Richard Bachem, Nicole Brändli,  René Buholzer, Urs P. Gauch, Fritz Gutbrodt, Anja Hochberg, Angelika Jahn, Bettina Junker Kränzle,  Hanspeter Kurzmeyer, Andrés Luther, Charles Naylor  La presente pubblicazione persegue fini informativi. Non costituisce  né un’offerta né un invito all’acquisto o alla vendita di valori mobiliari da  parte del Credit Suisse. Le indicazio­ ni sulle performance registrate in 

 passato non garantiscono un’evolu­zione positiva per il futuro. Le analisi  e le conclusioni sono state elaborate dal Credit Suisse e potrebbero  già essere state utilizzate per tran­sazioni effettuate da società del   Credit Suisse Group prima della loro trasmissione ai clienti del Credit  Suisse. Le opinioni pubblicate sono quelle del Credit Suisse al momento della stampa (con riserva di modi ­ fiche). Il Credit Suisse è una banca svizzera.

Nuovi territori all’orizzonteDaniel Küng

CEO dell’Osec

Postato da...

L’Osec fornisce informazioni, consulen­za e assistenza alle PMI della Svizzera e del Liechtenstein nell’ambito di progetti commerciali internazionali. Il Credit Suisse ha stretto una partnership con l’Osec all’inizio del 2009.

Indicatore export delle PMIL’indicatore export trimestrale è elabo­rato sulla base delle prospettive di  export delle PMI espresse dall’Osec e del barometro delle esportazioni del Credit Suisse. La prossima rilevazione sarà pubblicata il 7 aprile e potrà  essere consultata al sito www.credit­suisse.com/research. 

Forum del commercio esteroSi terrà il 7 aprile presso la Fiera di Zuri­go con il titolo «Nuovi territori – nuove opportunità». Tra i relatori figurano l’au­tore di bestseller Kjell Nordström, del­l’Institute for International Business della Stockholm School of Economics, Jean­Claude Biver, CEO di Hublot, e il consi­gliere federale Johann N. Schneider­Ammann. Il Credit Suisse propone due workshop sui temi  «finanziare la cresci­ta» (con Carlo Centonze, CEO di HeiQ) e «la sfida del l’internazionalizzazione» (con Annette Heimlicher, CEO di Contri­nex, e Rico Baldegger, HSW di Fribor­go). Per informazioni dettagliate si rinvia a www.osec.ch > Forum 2011.

Osec Export AwardI vincitori del 2011 saranno resi noti il 7 aprile. I loro predecessori nel 2010 sono stati bauwerk di St. Margrethen (Step­in) e Contrinex di Givisiez (Suc­cess); nel 2009 K­Team, Yverdon­les­Bains, e nel 2007 Schmid Rhyner, Adliswil.

Rivista del commercio estero «Go!» approfondisce semestralmente  i temi del commercio estero. È pos­sibile abbonarsi gratuitamente al sito www.osec.ch/publikationen.  schi

nuove  «tigri»  sudamericane Perù  e  Colombia,  diventate improvvisamente  allettanti. Ma anche altri mercati come il Sudafrica, l’Egitto, la Corea del Sud e paesi di grande in­fluenza come l’Indonesia e gli Stati del Golfo sono parimen­ti interessanti.

In  passato,  sostenere  il commercio estero significava principalmente agevolare  le esportazioni. Oggi,  in  seguito alla globalizzazione e a causa della forza del franco svizzero,  è anche necessario  soste­nere il cosiddetto «sourcing». Gli esportatori devono chiedersi dove convenga acquistare componenti e servizi. In considerazione del­l’euro debole e della  riduzione dei margini delle esportazioni, può essere infatti del  tutto logico effettuare il sourcing o gli approvvigio­namenti  nell’area dell’UE per una migliore copertura contro il rischio di cambio.

Flessibilità, adattamento e aumento della produttività  sono obiettivi  fondamentali  per gli esportatori svizzeri. Ma è più facile a dirsi che a farsi. Anche a noi dell’Osec spettano compiti  impegnativi:  dobbiamo orientarci  a nuovi mercati  emergenti,  offrire,  oltre  alla tradizionale consulenza sull’export, anche un maggiore supporto per il sourcing e in gene­rale riuscire a soddisfare le mutate esigenze della nostra clientela PMI. È essenziale che il  nostro  intervento  sia  immediato,  poiché proprio ora i clienti hanno più che mai biso­gno di noi.

Spesso le im­prese pene­trano in nuo­vi  mercati per diversifi­care  mag­

giormente la loro strategia sul fronte dell’export. Oggi,  nel­l’era della globalizzazione,  a fronte di  una pressione con­correnziale sempre più intensa dovuta al nu­mero crescente di offerenti, è una strategia particolarmente importante, anche se non di semplice  attuazione. Molte  imprese  conti­nuano  a  risentire  infatti  dei  postumi  della crisi  economica  e  patiscono  ora  anche  le conseguenze  dell’impennata  del  franco.  Perciò è  indispensabile che gli  imprenditori tengano gli occhi ben aperti e cerchino co­stantemente  «nuovi  territori». Per non arre­trare,  le  imprese devono quindi  seguire da vicino le aree in cui si sviluppano i nuovi trend globali nonché  i nuovi mercati dove si  regi­strano elevati volumi commerciali.

È  dimostrato  che  quando  la Svizzera  o l’AELS conclude un accordo di libero scambio con un altro paese,  il  suo  volume commer­ciale con quest’ultimo aumenta. Emergono infatti  opportunità  supplementari  per  le  im­prese orientate all’export perché i dazi doga­nali si riducono considerevolmente. Il nuovo potenziale commerciale si afferma soprattut­to in quei mercati che fino a quel momento non avevano ancora occupato  i  primi posti delle loro priorità. È ad esempio il caso delle 

Fotos: Osec | Andreas Meier

Poco prima di Natale Roger Federer ha vissuto tre giornate intense come ambasciatore della propria fondazione e di quella di Rafael Nadal. In occasione del gran galà e della partita in casa a Zurigo sono stati raccolti 2,5 milioni di franchi, a cui se n’è aggiunto un altro per la fondazione di Nadal durante il match di ritorno il giorno successivo.

Gran galà per un nobile scopo

Credit Suisse  bulletin 1/11

Roger Federer Leader 73

bulletin 1/11  Credit Suisse

74 Leader Roger Federer

Foto: Andreas Meier | Daniel H

uber (Madrid)

Tavola rotonda sulla filantropia: Roger Federer e Oliver Adler, analista al Credit Suisse.

Cornice mozzafiato: 10 500 spettatori fanno  registrare il tutto esaurito all’Hallenstadion.

Hans­Ulrich Meister, CEO Credit Suisse Switzerland, comunica il ricavo totale.

Federer e il moderatore televisivo Jann Billeter sorteggiano i premi principali della tombola.

Federer (n. 2 ATP) accoglie il rivale e amico Rafael Nadal (n. 1 ATP) sulla pista di atterraggio.

A spasso per Zurigo: Roger e Rafa davanti alla sede centrale del Credit Suisse a Paradeplatz.

A tu per tu con il grande idolo: 56 giovani talenti si allenano con Roger e Rafa.

Nel 2003 ha fondato la Roger Federer Founda­tion per aiutare gli altri con il suo successo.

Roger Federer e Rafael Nadal: per una volta, il risultato in campo passa in secondo piano.

Il Match for Africa frutta alla Roger Federer Foundation 2 524 899 franchi!

Il gran galà di beneficenza all’hotel Hyatt raccoglie fondi per la Roger Federer Foundation.

Un’ultima intervista con la TV spagnola prima dell’incontro alla Caja Mágica.

1° giorno, Zurigo

2° giorno, Zurigo

3° giorno, Madrid

Credit Suisse  bulletin 1/11

Roger Federer Leader 75

Cinque giorni prima della vigilia di Natale Roger Federer atterra in tarda  serata all’aeroporto di Zurigo. L’asso  svizzero del  tennis ha davanti a sé tre  intense giornate come ambasciatore della propria fondazione e di quella di Rafael Nadal. Entrambe sostengono pro­getti umanitari a favore di bambini disagiati nel terzo mondo. È ba­stata una breve telefonata di Roger per convincere Nadal a parteci­pare a un’esibizione di beneficenza a Zurigo. Entusiasta dell’idea, lo spagnolo ha  subito proposto di  organizzare  il  giorno seguente un match a Madrid per la sua fondazione.

Per la mattinata successiva il carnet di Roger è denso di incontri e interviste, seguiti nel pomeriggio da una tavola rotonda con ospiti invitati indetta dal Credit Suisse e dedicata alla filantropia, in cui lo sportivo interviene come «special guest» per rispondere a domande sulla Roger Federer Foundation. Oltre che dalla consueta dialettica brillante, i partecipanti sono colpiti dal profondo know­how che  Roger vanta in materia.

Nel contempo, al pianterreno dell’hotel Hyatt fervono i prepara­tivi. La serata di gala a favore della Roger Federer Foundation pre­vede  la partecipazione di  circa 300 ospiti.  L’evento  si  apre poco prima delle venti, quando Hans­Ulrich Meister, CEO Credit Suisse Switzerland e «maestro di cerimonie», porge il benvenuto sul palco al più grande sportivo svizzero di tutti i tempi, che fa la sua bella fi­gura anche in smoking.

Nelle prime ore del mattino è in programma un appuntamento con una troupe televisiva della CNN e alle dieci Roger si  reca all’aero­porto per incontrare Rafael Nadal. L’attuale numero uno del tennis mondiale è visibilmente felice della calorosa accoglienza sulla fredda pista di atterraggio. Dopo una breve passeggiata a Paradeplatz e lungo la Bahnhofstrasse e un pranzo in un ristorante italiano, i due mostri sacri del tennis partono alla volta dell’Hallenstadion, dove li attendono 56 bambini che non stanno più nella pelle all’idea di poter eseguire un piccolo allenamento con loro. Infine, nello stadio gremi­to fino all’ultimo posto si disputa il tanto atteso «Match for Africa». Nella cornice di un ricco programma d’intrattenimento, l’intera sera­ta è un tributo all’asso del tennis svizzero, che conquista la vittoria in tre set. La vera trionfatrice dell’evento è però  la Roger Federer Foundation: ai circa due milioni di franchi ricavati con biglietti d’in­gresso, attività di marketing e sponsorizzazioni si aggiunge  infatti oltre mezzo milione in donazioni da parte dei telespettatori. Quando Hans­Ulrich Meister comunica ufficialmente la somma in qualità di rappresentante del Presenting Partner Credit Suisse, Roger trattie­ne a stento la commozione. Una serata di tennis storica per la Sviz­zera volge al termine. 

La mattina dopo Roger e Rafael s’imbarcano sullo stesso jet di­retto a Madrid, dove nel pomeriggio si allenano con bambini e prima dell’incontro visitano l’area VIP degli sponsor e rispondono alle do­mande dei media. Pare che a Roger faccia piacere stare una volta tanto in disparte. Questa sera i riflettori sono infatti puntati sul nu­mero uno della Spagna. Le tribune della Caja Mágica pullulano di personalità di spicco iberiche, tra cui la regina Sofia. Grazie all’even­to, la Fundación RafaNadal raccoglie circa un milione di franchi. A chi gli chiede di pronosticare l’esito del match, prima di scendere in campo Roger  risponde con un sorriso:  «Spero che duri  tre set».  I fatti  gli  danno  ragione,  anche se oggi  è Rafael  ad aggiudicarsi  il  3° set decisivo. Quando la sera stessa Roger reclina soddisfatto lo schienale del proprio sedile in volo per Dubai, il risultato della parti­ta non gli turba di certo il sonno.  Daniel Huber

Amici e ammiratori reciproci: Federer e Testino.

Shooting pubblicitario con Mario Testino, fotografo delle star Per le immagini della nuova campagna pub-blicitaria il Credit Suisse si è affidato a Mario Testino, noto fotografo del mondo della moda e delle teste coronate. Lo shooting si è svolto nell’atmosfera distesa di una villa di Dubai, dove Testino ha reso in immagini lo slogan pubblicitario «Credit Suisse Helping Roger Federer Relax Since 1981».

Il «making of» della sessione fotograficaAvventuratevi dietro le quinte dello shooting pubblicitario con il fotografo delle star Mario Testino e Roger Federer a Dubai. Il reportage e il video sono disponibili online all’indirizzo www.credit­suisse.com/bulletin.

bulletin 1/11  Credit Suissebulletin 1/11  Credit Suissebulletin 1/11bulletin 1/11bulletin 1/11  Credit Suisse  Credit Suisse  Credit Suisse

Nouriel Roubini, uno dei più autorevoli nomadi globali dell’economia mondiale, parla di se stesso e del perché l’avidità debba essere tenuta a freno dalla paura.

L’amm onitore

L’amm onitore

78 Leader Nouriel Roubini

bulletin 1/11  Credit Suisse

Foto: Brian Smale

bulletin: La gente la considera una sorta di profeta.

Cosa ne pensa?

Nouriel Roubini: Non mi ritengo un profeta. Alcuni mi hanno  per sino soprannominato Dr. Doom (dottor catastrofe). Mi sembra corretto avere una visione realistica delle sfide che minacciano l’economia globale. Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti. Per quanto possibile cerco sempre di effettuare stime equili­ brate, basate sulla valutazione oggettiva di rischi, volatilità e po­tenzialità rialziste, analizzando i possibili scenari e definendo  le varie probabilità. Questo è l’unico approccio possibile di fronte alle incertezze del futuro.

Tuttavia molti non amano questo atteggiamento cauto che

porta a non sbilanciarsi.

Sì, è vero. Degli economisti si dice talvolta che non sanno da che parte stare. Dicono sempre «da una parte…, d’altra parte…». Questo perché è necessario valutare gli  scenari e le probabilità. Ma poi bisogna anche essere in grado di giungere a una con­clusione personale, trovando il modo di esprimere le proprie con­vinzioni con prudenza e intelligenza. Ovviamente, se cambiano  le condizioni, si deve anche trovare il coraggio di rivedere le pro­prie opinioni, e non rimanervi testardamente aggrappati.

Tutti noi abbiamo a disposizione gli stessi dati: come è

possibile che finiamo per formulare giudizi così diversi?

Attualmente ho un team di una quarantina di economisti e strate­ghi che lavorano insieme per capire cosa accade nei paesi,  nelle regioni e nei mercati di tutto il mondo. Nessuno può arrivare a detenere il monopolio della saggezza e della verità. Bisogna guardare in faccia la realtà. Io metto in campo oltre 25 anni di  conoscenze in materia di teoria economica, analisi empirica della  storia, comprensione delle politiche economiche e dei mercati. Quindi, sì, i dati sono gli stessi. Ma per un analista indipendente, lontano dai conflitti di interesse che ruotano intorno alla gestione del denaro, la misura del successo è la propria reputazione.  Non è possibile avere sempre ragione, ma la cosa importante è anche il ragionamento. Le cose possono andare in un modo  o nell’altro. Dobbiamo cercare di capire quale potrebbe essere  lo scenario e quali le implicazioni in termini di prezzi azionari.  I dati suggeriscono qual è lo scenario più probabile.

I negoziati commerciali di Doha sono falliti. È un fatto di

rilievo?

Certo, perché solo tramite la progressiva liberalizzazione del com­mercio a livello multilaterale sarà possibile beneficiare dei vantaggi dell’integrazione commerciale. Il fatto che i negoziati siano entrati in una fase di stallo è negativo, in parte a causa del rischio di un’involuzione dell’attuale liberalizzazione. Certo, le trattative pos­sono proseguire a livello bilaterale. Ma la mia opinione, condivisa da molti economisti, è che gli accordi bilaterali possano condurre  a distorsioni commerciali. Pertanto l’approccio migliore alla  liberalizzazione commerciale è quello di un processo multilaterale, piuttosto che regionale o bilaterale. Non è la fine del mondo se i negoziati saranno sospesi per qualche anno, ma è utile e auspica­bile che vengano ripresi e portati a termine con  successo.

Cosa avrebbe voluto sapere e non le è stato detto sulla

pro fessione di economista?

Che viene considerata una scienza triste. Per certi versi non lo è. Comprendere l’economia significa essere in grado di attuare le 

Nouriel Roubini è professore di economia presso la Stern School of Business dell’Università di New York, fondatore dell’agenzia di consulenza RGE Monitor e autore di numerosi interventi su CNBC, Bloomberg Television, Financial Times, Wall Street Journal e altre testate di rilievo. Nel 2006, la sua previsione di un incombente collasso dell’economia mondiale, che avrebbe colpito per primo il mercato immobiliare statunitense, ha incanalato l’attenzione sulla sua esclusiva metodologia, un’innovativa tecnica open-source praticata dagli economisti della RGE per spiegare le complesse leggi alla base della moderna economia mondiale. Roubini, forse meglio di chiun-que altro, ha tutte le carte in regola per comprendere le complessità dell’economia mondiale non solo in virtù del suo track record accademico, ma anche della conoscenza di quattro lingue (persiano, italiano, ebraico e inglese) e del fatto che vive praticamente in aereo.

Intervista: Dan Scott

Credit Suisse  bulletin 1/11

Nouriel Roubini Leader 79

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del debito sovrano, come nel caso dell’Uruguay, del Pakistan  o dell’Ucraina.

Non è paradossale che un mercato possa essere esposto

alla deflazione tanto quanto all’inflazione?

Vi è sostanziale incertezza su quale dei vari scenari ipotizzati per il futuro dell’economia globale finirà col trasformarsi in realtà. Con questo non intendo dire che vi siano uguali probabilità. A mio avviso, alcuni scenari sono più verosimili di altri. All’orizzonte si potrebbe delineare una fase di crescita moderata, all’insegna dell’«arte di arrangiarsi» oppure una ripresa preceduta da un periodo difficile. Si può immaginare uno scenario di double dip (recessione a W) ad andamento deflazionistico, nel quale tuttavia il disavanzo di bilancio sarà sottoposto a un processo di monetizzazione su larga scala, tale da provocare spinte inflazionistiche. Ritengo che la prospettiva di un esito bipolare dell’inflazione rifletta da un lato la sostanziale incertezza sul futuro dell’economia e dall’altro le preoccupazioni legate alla risposta che il mondo politico saprà dare. In funzione di tale risposta, si potrebbe innescare una spirale inflazionistica o  deflazionistica.

Quali sono le sfide imposte dalla rapida crescita economica

dei mercati emergenti?

In un contesto di economia globale, sono molti i rompicapi e gli enigmi che non possiamo capire se non tenendo conto del ruolo assunto dall’integrazione dei mercati emergenti. Ad esempio,  nei mercati sviluppati, la retribuzione reale ha subito un calo in ter­mini di redditi di capitale dei lavoratori non qualificati. Ciò non  stupirà se prendiamo in considerazione la teoria di base del com­mercio. Aggiungete all’economia globale 2,2 miliardi di cinesi e  indiani, e la retribuzione relativa dei lavoratori non qualificati nelle economie avanzate non potrà che tendere al ribasso con implica­zioni, ad esempio, sugli utili e la distribuzione.

Le banche e le imprese tengono ben stretta una riserva

ingente di denaro contante. In entrambi in casi, quale via d’uscita

dalla recessione, non sarebbe più logico attuare una politica

orientata agli investimenti?

Per quanto riguarda le banche, direi che si tengono strette ingenti quantità di riserve eccedentarie, senza praticare prestiti. Se  si trattasse solo di un problema di offerta di credito, ma una volta terminato il processo di ricapitalizzazione avrebbero potuto rico­minciare a erogare prestiti. A mio parere ciò che trattiene le ban­che dal concedere prestiti è la debolezza della domanda di credito e il fatto che molte tra le imprese più solide non intendono ac­cedervi. Molte famiglie, già deboli, non prendono prestiti perché sono pesantemente indebitate e vi è ancora preoccupazione  da parte delle banche sull’affidabilità creditizia dei beneficiari.  >

 politiche giuste, quelle che possono trasformare il mondo in un  posto migliore. Non si tratta solo di una  disciplina intellettuale o di una scienza. È anche l’arte di cogliere le possibilità. Da quando  ho intrapreso questa carriera, mi sono reso conto che è molto più sfaccettata di quanto si pensi.

Qualsiasi sia lo scenario atteso dai mercati per il futuro

dell’economia globale (una nuova recessione o un ritorno alla

crescita), quali sono le implicazioni per il dollaro?

In entrambi gli scenari, anche in uno scenario fiacco, il dollaro  potrebbe uscirne rafforzato. Ma in fondo, in termini di fondamenta­li, il biglietto verde dovrebbe indebolirsi per far fronte al pesante deficit delle partite correnti che affligge gli Stati Uniti. L’unico mo­do per ridurlo è appunto il deprezzamento del dollaro. Il problema  è: deprezzamento nei confronti di quale moneta? Non nei confronti dell’euro o dello yen, perché queste  economie sono deboli. Do­vrebbe indebolirsi nei confronti della  moneta cinese o di quelle asiatiche che sono sottovalutate e  responsabili di un surplus delle partite correnti. Ma fintanto che le autorità cinesi non daranno  segno di voler adottare nuove  politiche di cambio, nessun altro  paese lascerà che la propria  moneta si apprezzi. Quindi, in termini di fondamentali, il dollaro dovrebbe deprezzarsi gradualmente  nei confronti delle  monete dei mercati emergenti. Ma il processo  è bloccato a causa delle politiche adottate dalla Cina e da altri  paesi al fine di impe dire questa inversione di tendenza.

Ci racconti tre fatti su Nouriel Roubini l’uomo, non l’econo-

mista.

Direi che i miei interessi spaziano ben oltre i confini dell’economia. Mi interesso di storia, politica e cultura, ma anche di arte. Sono  un collezionista di arte contemporanea, soprattutto arti visive. Per comprendere il mondo, è necessario uscire dai limiti della propria disciplina e abbracciare una visione più ampia e rinascimentale della realtà. Inoltre, a dispetto del nomignolo di Dr. Doom, sono piuttosto ottimista. Credo nel lavoro duro, nel successo e nei  piaceri della vita così come nella fatica quotidiana. Diversamente da come molti credono, non sono una persona triste e negativa. Infine penso che a distinguermi sia la mia curiosità intellettuale  e la curiosità verso il mondo. I due terzi del mio tempo li trascorro  in viaggio. Conoscere altre parti del mondo è estremamente im­portante. Indipendentemente dalla destinazione (Asia, America  latina, Europa o Africa), è sempre utile visitare altri paesi e incon­trare la gente: dalle due battute scambiate con l’autista, che  appena giunto in aeroporto interpello circa l’andamento dell’econo­mia locale, fino all’incontro con i governatori delle banche centrali, i giornalisti e così via. Bisogna ampliare lo spettro delle proprie co­noscenze e nutrire passione intellettuale e curiosità verso il mondo. Nessuna cultura nazionale è dominante. Credo che ogni paese, ogni cultura, ogni religione posseggano attributi degni di conside­razione.

Per la Grecia la soluzione ideale sarebbe stata la ristruttura-

zione del debito?

A mio avviso, la Grecia affronterà la ristrutturazione del suo debito prima di quanto ci si aspetti. Il tema non è «se», ma «quando»  e «come» avverrà il processo. Anche se la Grecia adottasse tutte le misure necessarie, nella migliore delle ipotesi finirebbe con  un  debito pubblico pari al 148 per cento del PIL. Un livello non  sostenibile. Non deve necessariamente trattarsi di un default disordi nato, come nel caso della Russia, dell’Argentina o del­l’Ecuador. Potrebbe invece essere una ristrutturazione ordinata  

«Degli economisti si dice  talvolta che non sanno da che parte stare. Dicono sempre  ‹da una parte..., d’altra parte...›.»

80 Leader Nouriel Roubini

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Foto: Nic Arnold

Le  banche in passato svolgevano un ruolo di controllo della qua­ lità del  prestito, ma negli ultimi 20 anni di cartolarizzazione –  durante i qua li non hanno fatto quanto dovevano – hanno perso questa facoltà. Vi sono costi fissi sulle operazioni di emissione  e di prestito, e proprio ora che il modello di cartolarizzazione  «originate and  distribute» (frammentazione e trasferimento dei  rischi di credito) si è infranto, le banche si limitano a tenere stretto il denaro contante senza riuscire a farne granché.

Penso che il settore corporate sia afflitto dall’incertezza macro­economica. Come si evolverà la congiuntura? Cosa accadrà a  livello normativo? Le società con un rating a tripla o doppia A (high­grade), seppur disponendo di una cospicua liquidità, vedono ridursi i margini di rendimento, mentre le piccole e medie imprese devono ancora fare i conti con la stretta creditizia. Ecco quindi emergere questo sotto­gruppo del settore corporate: il settore corporate  high­grade che è sano e dotato di elevata liquidità, al contrario di molti altri settori attualmente in pericolo. Perché si limitano a  tenersi stretto tutto questo denaro e non puntano ad aumentare  gli investimenti o la domanda di lavoro? La risposta ha a che fare  con il clima di incertezza a livello macroeconomico: con il fatto che la domanda finale è ancora debole e che permane un eccesso di capacità. Penso che in larga misura quel denaro potrebbe es­sere impegnato in operazioni finanziarie, attività di fusione e acqui­sizione, programmi di riacquisto del debito e delle azioni proprie  e nel rifinanziamento dei piani di previdenza, piuttosto che essere destinato a spese d’investimento e alla domanda di lavoro.

Nel sequel del film «Wall Street» di Oliver Stone lei compare

nel ruolo di se stesso. Se all’inizio del 2007 il suo monito

sui pericoli della finanza complessa fosse stato preso sul serio,

come sarebbe andato a finire il film?

Il film parla della crisi finanziaria. Non so se nel 2007 sarebbe  stato possibile modificare il finale. A quel punto era già tardi. Era da troppo tempo che maturavano le condizioni legate alla crescita smisurata del credito, del debito e dell’effetto leva. Quindi il finale della storia sarebbe stato altrettanto drammatico, indipendente­mente dalle mie previsioni. Forse, con un’azione di vigilanza più in­cisiva e una migliore regolamentazione del sistema finanziario,  la continuazione della storia racconterà di come siamo riusciti a evitare un’ulteriore crisi finanziaria. La morale del film è che i  banchieri e i trader di oggi non sono più avidi dei Gordon Gekko degli anni Ottanta dello scorso secolo, che affermavano che l’avi­dità è una cosa buona.

Nei mercati finanziari è legittimo, entro certi limiti, lasciarsi gui­dare dall’avidità e agire secondo la logica del profitto. Ma l’avidità deve essere mitigata dalla consapevolezza delle possibili perdite  e deve essere controllata dalla paura. Non serve sperare in provvi­denziali operazioni di salvataggio. Fintanto che si nutrirà questa aspettativa e regnerà un modello di remunerazione unilaterale, che garantisce utili e bonus elevati in tempi di prosperità e al massimo qualche bonus in meno in quelli di crisi, vi sarà sempre una pro­pensione al rischio e all’indebitamento tale da alimentare all’infinito il ciclo di espansione e recessione. In un certo senso, nel capitali­smo una certa dose di avidità non fa male, ma deve essere mitiga­ta dalla paura e prevedere un modello di remunerazione giusto, che non si basi sull’aspettativa di salvataggi in extremis. Ecco gli insegnamenti che dobbiamo trarre da tutti i Gordon Gekko del mondo. Oggi, ieri e domani.  <

Il Credit Suisse Salon ad Abu Dhabi Il settimo Credit Suisse Salon, svoltosi lo scorso autunno ad Abu Dhabi, aveva per tema la «ridefinizione del commercio mondiale». Questa serie di manifestazio-ni consente a esperti del mondo politico ed eco-nomico di dialogare con gli ospiti del Credit Suisse. A fare gli onori di casa è stato Walter Berchtold, CEO Private Banking, che nel suo discorso di benve-nuto ha sottolineato l’importanza storica del com-mercio quale forza trainante dell’economia mondiale. L’oratore principale Nouriel Roubini, nella sua relazione, si è occupato in particolare della nuova situazione venutasi a creare con l’ascesa economica della Cina e dell’India. La successiva tornata di discussioni fra Roubini e gli ospiti è stata moderata dall’ex premier britannico Sir John Major.

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