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ANGELA CARACCIOLO ARICÓ Università di Venezia La riscrittura della favola pastorale da Sannazaro a Lope de Vega Quando nel 1483 Jacopo Sannazaro comincia il primo nucleo di Edoghe, che daranno vita ali' Arcadia, il genere pastorale aveva per- corso un lungo cammino '. 1 Sulla lenta gestazione dell'Arcadia, che si sviluppa da un primo nucleo di ecloghe si vedano gli studi di E. CARRARA, Sulla composizione dell' "Arcadia", in "Bollettino della società filologica romanza" VHI(1906), pp.27-48; A. MAURO, Le prime edizioni dell' "Arcadia" del Sannazaro, in "Giornale italiano di Filologia" 11(1949), pp. 341-51; G.F. FOLENA, La crisi linguistica del Quattrocento e ¡'"Arcadia" di I. Sannazaro, Firenze, Leo S. Olschki, 1952, pp.10-4; M. CORTI, Le tre redazioni della "Pastorale" di P.J. de Jennaro con un excursus sulle tre redazioni dell""Arcadia", in "Giornale storico della letteratura italiana", 131,fasc. 3,(1954), pp. 305-51: 342-51; MAURO, Nota sul testo, in I. SANNAZARO, Opere volgari, a cura di A. MAURO, Bari, Giuseppe Laterza & figli, 1961, pp.413-35; P.V. MENGALDO, Contributo ai problemi testuali del Sannazaro volgare, in "Giornale storico della letteratura italiana", 139 (1962), pp.219-45: 237-45; M. CORTI, L'impasto linguistico dell' "Arcadia"alla luce della tradizione manoscritta, in "Studi di filologia italiana", XXII(1964)),pp. 587- 619, ora in EAD., Storia della lingua e storia dei testi, Milano-Napoli, Riccardo Ric- ciardi ed., 1989, pp.243-71; M. CORTI,// codice bucolicoe l'"Arcadia"di Jacobo San- nazaro in Metodi e fantasmi, Milano 1961, pp. 281-304; EAD., Rivoluzione e creazione stilistica nel Sannazaro, in Linguistica e Filologia Omaggio a Benvenuto Terracini, Milano, II Saggiatore, 1968, pp.97-118, poi in Metodi e fantasmi, cit., pp. 307-23; F. TATEO, La crisi culturale del Sannazaro, in Tradizione e realtà nell' Umanesimo ita- liano, Bari, Dedalo, 1967, pp. 11-109; M. SANTAGATA, L'alternativa 'arcadica'del Sannazaro, in La lirica aragonese. Studi sullapoesia napoletana del secondo Quattrocento, Padova, Antenore, 1979, pp.342-74; G. VELLI, Sannazaro e le "Partheniae Mirycae": forma e significato dell' "Arcadia" , in Tra lettura e creazione. Sannazaro Alfieri Foseólo, Padova, Editrice Antenore, 1983, pp. 1-56: 14-56; G. VILLANI, Per l'edi- zione dell' "Arcadia" del Sannazaro, Roma, Salerno Editrice, 1989, pp. 9-36. Per una visione generale della bibliografia sull' Arcadia ed il genere pastorale si veda G. VILLANI, "Arcadia" di Iacobo Sannazaro, in Letteratura Italiana. Le opere, I,

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ANGELA CARACCIOLO ARICÓ

Università di Venezia

La riscrittura della favola pastoraleda Sannazaro a Lope de Vega

Quando nel 1483 Jacopo Sannazaro comincia il primo nucleo diEdoghe, che daranno vita ali' Arcadia, il genere pastorale aveva per-corso un lungo cammino '.

1 Sulla lenta gestazione dell'Arcadia, che si sviluppa da un primo nucleo diecloghe si vedano gli studi di E. CARRARA, Sulla composizione dell' "Arcadia", in"Bollettino della società filologica romanza" VHI(1906), pp.27-48; A. MAURO, Leprime edizioni dell' "Arcadia" del Sannazaro, in "Giornale italiano di Filologia"11(1949), pp. 341-51; G.F. FOLENA, La crisi linguistica del Quattrocento e ¡'"Arcadia"di I. Sannazaro, Firenze, Leo S. Olschki, 1952, pp.10-4; M. CORTI, Le tre redazionidella "Pastorale" di P.J. de Jennaro con un excursus sulle tre redazioni dell""Arcadia", in"Giornale storico della letteratura italiana", 131,fasc. 3,(1954), pp. 305-51: 342-51;MAURO, Nota sul testo, in I. SANNAZARO, Opere volgari, a cura di A. MAURO,Bari, Giuseppe Laterza & figli, 1961, pp.413-35; P.V. MENGALDO, Contributo aiproblemi testuali del Sannazaro volgare, in "Giornale storico della letteratura italiana",139 (1962), pp.219-45: 237-45; M. CORTI, L'impasto linguistico dell' "Arcadia"allaluce della tradizione manoscritta, in "Studi di filologia italiana", XXII(1964)),pp. 587-619, ora in EAD., Storia della lingua e storia dei testi, Milano-Napoli, Riccardo Ric-ciardi ed., 1989, pp.243-71; M. CORTI,// codice bucolico e l'"Arcadia"di Jacobo San-nazaro in Metodi e fantasmi, Milano 1961, pp. 281-304; EAD., Rivoluzione e creazionestilistica nel Sannazaro, in Linguistica e Filologia — Omaggio a Benvenuto Terracini,Milano, II Saggiatore, 1968, pp.97-118, poi in Metodi e fantasmi, cit., pp. 307-23; F.TATEO, La crisi culturale del Sannazaro, in Tradizione e realtà nell' Umanesimo ita-liano, Bari, Dedalo, 1967, pp. 11-109; M. SANTAGATA, L'alternativa 'arcadica'delSannazaro, in La lirica aragonese. Studi sulla poesia napoletana del secondo Quattrocento,Padova, Antenore, 1979, pp.342-74; G. VELLI, Sannazaro e le "Partheniae Mirycae":forma e significato dell' "Arcadia" , in Tra lettura e creazione. Sannazaro — Alfieri —Foseólo, Padova, Editrice Antenore, 1983, pp. 1-56: 14-56; G. VILLANI, Per l'edi-zione dell' "Arcadia" del Sannazaro, Roma, Salerno Editrice, 1989, pp. 9-36.

Per una visione generale della bibliografia sull' Arcadia ed il genere pastorale siveda G. VILLANI, "Arcadia" di Iacobo Sannazaro, in Letteratura Italiana. Le opere, I,

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Provenendo dai lontani furori di Teocrito, aveva attraversato lemalinconiche, incantate plaghe della pastorale virgiliana, per poi per-dersi nei rivoli sotterranei della bucolica medievale, densa di allegorie, ditensioni politiche, di messaggi filosofici2.

VAmeto di Boccaccio, in questo lento percorso ha segnato unpunto di svolta, perché 1' impianto ancora allegorico-moralistico dellavicenda di Ameto che si migliora attraverso l'incontro di sette fanciullee per 1' amore di Lia, è riscattato dal disteso gusto della narrazione inprosa, in cui si manifesta tutta 1' elegante eloquenza della cultura ro-manza di Boccaccio.3

II "saevus amor" (Ec. Vili, 47), il "crudelis amor"(Ec. X, 29), 1'"insanus amor" (Ec. X,44) che ha agitato la poesia virgiliana non ha piùvoce.

La visione cristiana, entrata nella forma della bucolica antica, 1' hafatta lievitare secondo una valenza diversa, di carattere escatologico e re-ligioso 4.

Torino, Einaudi, 1992, pp. 869-887: 884-887. e la Nota bibliografica di F. ER-SPARMER preposta all'edizione dell' Arcadia da lui curata per Mursia ed., 1990, pp.35-37.

2 Sui percorsi del genere pastorale si vedano 1' ancor oggi valido E. CAR-RARA, La poesia pastorale, Milano, Francesco Vallardi [1909]; e M. GERHARDT, LaPastorale. Essai a" analyse litteraire, Assen, 1950; D. DE ROBERTIS, Aspects de lafor-mation du gerire pastoral en Italie au XVe siècle, in Le gerire pastoral en Europe du XVe auXVIIe siècle, Saint-Etienne 1980, pp.7-14; G. PONTE, Perspectives de la litérature desujetpastoral au XVe siècle en Italie, in op. cit., pp. 15-23. Per la pastorale spagnola J.B.AVALLE-ARCE, La novela pastoril española, Madrid, Istmo, 1974.

3 La Commedia delle Ninfe, a cura di E. Quaglio, Firenze 1963.4 Si veda la produzione bucolica di Dante e Boccaccio, tutta impostata su un

cripto-messaggio allegorico, cfr. V. ZABUGHIN, Vergilio nel Rinascimento italiano daDante a Torquato Tasso. Fortuna. Studi. Imitazioni. Traduzioni. Parodie. Iconografia,Bologna, Nicola Zanichelli editore, 1921 — 23, 2 voli. : I-, / / Trecento ed il Quattro-cento, pp. 7-32 sulla produzione bucolica medievale in rapporto al modello virgiliano;F. PETRARCA, // Bucolicum Carmen e i suoi commenti inediti, a cura di A. Avena,MEDIVM AEWM, Padova 1906, rist. anastatica Bologna, Forni, 1969, e la Presen-tazione di L. PAOLETTI, ivi. G. BOCCACCIO, // "Buccolicum Carmen" trascritto disu l' autografo riccardiano e illustrato per cura di G. Lidonnici, Città di Castello, S.Lapi, 1914.

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Quando Sannazaro riannoda i fili della bucolica a quelli della pa-storale classica, sciogliendosi dagli impacci dell' allegoricismo medie-vale, ricrea un mondo arcadico del tutto personale, con cadenze solo inapparenza simili al modello antico.

Cambia innanzitutto la struttura, perché Sannazaro, ricorre al pro-simetro, forma inaugurata nel Medioevo da Dante nella Vita nuova e ri-presa dal Boccaccio proprio nella favola pastorale d' Ameto.

Ma soprattutto cambiano la visione dell' amore, l'idea di Arcadia,e la funzione dell' opera letteraria.

L' amore che in Virgilio è dramma, insania, passione, naturale ap-petito — non importa se etero od omosessuale -— maledizione, persua-sore di morte, forza panica irresistibile da cui si è vinti, (cfr. Ec. X, . 69:"omnia vincit Amor, et nos cedamus Amori") senza averne felicità, èprofondamente mutato.

Neh" Arcadia del Sannazaro 1' amore si presenta come forza alie-nante, come straniamento da sé e dai ritmi consueti di vita:

"Ergasto solo, senza alcuna cosa dire o fare, appiè di un albero, dimenti-cato di sé e de' suoi greggi, giaceva, non altrimente che se una pietra o untronco stato fusse"( Arcadia, pr. I, 8)

ma soprattutto è melanconia, rimpianto per un bene perduto.

È un sentimento in assenza della donna oggetto d' amore, è amorenegato, non per un rifiuto, ma per la mancanza dell' amata. È dunquemanifestazione di vita rapita, di gioia perduta.

Se è vero che uno dei grandi motivi della letteratura italiana, daDante a Petrarca a Tasso è il tema dell' amore, che si intreccia con lamorte, va detto che nell' Arcadia di Sannazaro questo è un topos che sicomplica con un complesso edipico di cui Jacopo non riesce a liberarsi.Talché il pianto per il bene perduto può avere i contorni del pianto perla morte di Masella Santomango, madre di Jacopo 5, esplicitamente ci-

5 Si veda la lettura in chiave psicanalitica che dell' Arcadia da V. GAJETTI,Edipo in Arcadia. Miti e simboli nell' "Arcadia" del Sanazaro, Napoli, Guida 1977, pp.59-73

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tata nel racconto dei giochi funebri in onore di Massilia, ma críptica-mente evocata in più punti, e subliminalmente disvelata nella vicenda diCarino, che dopo un avvio drammatico, si conclude con il perdono delpastore accolto dalla sua donna, come fa "la pietosa madre" con il suounico figlio (Pr. Vili, 56).

J. Sannazaro intreccia due magisteri: quello latino dei classici, e lalezione dei toscani Boccaccio, dall'Ameto, al Filocolo, ali' Elegia di Ma-donna Fiammetta ai toscani dell'antologia delle Bucoliche elegantissime,edite a Firenze da Miscomini nel 1482.

Forse anche per questo 1' Arcadia sannazariana è una realtà ambi-valente, da una parte fuga dalla realtà nei paradisi bucolici, in cui la na-tura è neoplatonicamente presente e partecipe dei casi e dei sentimentidei pastori; dall' altra, in particolare nella seconda parte dell' opera, èvolontà di riscatto da quei confini, desiderio di superamento, verso unarealtà "altra", più intima e cupamente malinconica, è una dimensionesplenetica di una serenità per sempre perduta, è desiderio di annienta-mento totale come fine ultimo dell' esperienza letteraria e di vita.

L' argomento umile, il tono apparentemente disimpegnato nonriescono a celare la realtà culturale dell' Arcadia, che è quella di unascrittura estremamente colta, preziosa, frutto di sistematiche indaginilessicali e stilistiche. Sannazaro da vero "poeta philologus", conduce unaaccurata disamina ali' interno degli "exquisiti suoni" 6, di Virgilio, Lu-crezio, Orazio, Ovidio onde arricchire il suo codice linguistico che,prima della normalizzazione bembiana, può valersi del latino al pari delvolgare toscano.

Il Prologo prende avvio con la dichiarata predilezione per una na-tura incolta e libera, di contro agli artficiosi parametri del vivere civile— antitesi città-campagna che affonda le sue radici nella bucolica diTeocrito - e si conclude con il ricordo di Marsia, quale invito ali' umiltàe appello alla mediocritas del canto, nel vagheggiamento del mondodella natura arcadica, più felice di quello della cultura perché più armo-nioso e sereno.

Mondo incantato dunque, rifugio in una realtà idealizzata e lon-tana. Ma dalla prosa VII si assiste ad un brusco mutamento. Jacopo, ab-

Cfr. Arcadia, Congedo "A la Sampogna", 13.

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bandonato 1' infingimento pastorale dietro cui si celava con i nomi diErgasto e Sincero, parla in prima persona e si dice esule in Arcadia (Pr.VII, 16-18). La finzione bucolica non è più una libera scelta felice, macostrizione, situazione subita, non amata.

Il tono è cambiato, così lo stato d' animo. L' ideale arcadicosembra non esistere più:

"ora mi posso giustamente sovra ogni altro chiamare infelicissimo, tro-vandomi per tanta distanza di paese absenté da lei [...] Máximamente ri-cordandomi in questa fervida adolescenzia de' piaceri de la deliciosa patriatra queste solitudini di Arcadia, ove, con vostra pace il dirò, non che i gio-veni ne le nobili città nudriti, ma appena mi si lascia credere che le selva-tiche bestie vi possano con diletto dimorare" (Pr. VII, 17-8)

L' Aracadia è ormai sentita come condanna, tedio, fallimento. ÈNapoli la "deliciosa patria" (Ec. VII, 18), non il paese degli Ar-cadi.

Ritorna ed insiste sul medesimo tema anche nell' Ec. X, 4-9, e 41-42 in cui si manifesta la piena crisi del mondo arcadico, espressa comecrisi della poesia:

"Lasso chi può sperar più gloria o vanto?Morta è la fé, morto è '1 giudicio fido.Ricominciate, o Muse, il vostro pianto" (Ec. X, 41-42)

Versi che suonano come denuncia dell' identità tradita tra attivitàpoetica e virtù morale.

La seconda parte dell' Arcadia adombra la realtà della corte in unperiodo di profonda crisi politica.

L'illusione di un governo stabile, si incrina pericolosamente; i ras-sicuranti ritmi di vita e gli ozi letterari dell' Accademia Pontaniana sonostravolti da un esiziale incalzare di avvenimenti che velocemente ven-gono assommandosi, in una spirale che porta il regno di Napoli ad unatragica situazione di non ritorno, impensabile solo un ventennio prima.Iniziano i Turchi, nel 1480, con lo sbarco a Otranto; cui si aggiunge nel1485-86 la congiura dei baroni che radica fin dentro al cuore della cittàodi e rancori. La fatale conclusione si ha nel 1494-96 con 1' arrivo diCarlo Vili, e la buona accoglienza che gli viene riservata da parte di

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quei baroni che Ferdinando aveva voluto tradire, mortificare e distrug-gere con il bagno di sangue del Maschio Angioino 7.

Dunque nella seconda Arcadia vive un mondo instabile, un pre-sagio di fine imminente

L' atmosfera serena, anche se malinconica, degli inizi è andata cor-rodendosi. Ne abbiamo piena conferma nella tragicità della Xécloga:

"Mutata è la stagione e '1 tempo è duroe già s' attuffa Arcturo in mezzo a 1' onde,e '1 sol, eh' a noi s asconde ha i raggi spenti,e van per 1' aria i venti mormorando,né so pur come o quando tome estate" (Ec. X, 85-8).

La stessa natura ha perduto la sua felicità. Il turbamenbto è co-smico:

"secche son le viole in ogni piaggia"(Ec. X, 104)

muore la natura, e con essa il mondo bucolico-pastorale:

"E già Pan furioso con la sanna,spezzò 1' amata canna".(Ec. X, 124-6)

Pan spezza la canna e con questo gesto distrugge se stesso ed il suomotivo di vita: il canto bucolico.

Significativamente ritorna l'immagine di Marsia che nella conclu-sione del Prologo suonava come appello ali' umiltà del canto; qui è po-tente figura della sconfitta dell' uomo nel rapporto con gli dei:

"Marsia senza pelle ha guasto il bossoper cui la carne e 1' osso or porta ignudo"(Ec. X.135-7).

7 Cfr. B. CROCE, Storia del regno di Napoli, Bari, G. Làterza e figli, 1945,pp. 85-7.

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II canto non ha più ragione d' essere. E continua:

"La donna e la bilancia è gita al cielo [...] dormasi fuor dal bosco" (Ec. X,156, 160).

Utilizzando i materiali della IV Ec. di Virgilio, Sannazaro offreuna soluzione opposta e tragica. Non 1' età dell' oro ha preso il campo,ma il male, in una realtà di totale catastrofe.

L' universo arcadico è definitivamente tramontato nel Congedo "Ala Sampogna", aggiunto probabilmente entro il 1501, anno della defini-tiva caduta degli Aragonesi di Napoli. In quell' anno re Federico parteper 1' esilio in Francia, e Sannazaro lo segue come estremo omaggio difedeltà e amicizia.

Nel Congedo, dunque, il tema del pianto diviene come un leit-motiv, quasi tema musicale, da melodramma monteverdiano:

"Dunque sventurata piagni; piagni, che ne hai ben ragione. Piagni, miseravedova; piagni, infelice e denigrata sampogna [•••] Né restar mai di pia-gnere e di lagnarti de le tue crudelissime disventure mentre di te rimangacalamo in queste selve [...]"

(Congedo, 7)

Vive, in questa pagina, la dichiarazione di un' infelicità esistenzialeassoluta.

"Attristati dunque, infelicissima; e quanto più puoi, de la avara morte, delsordo cielo, de le crude stelle e de' tuoi fati iniquissimi ti lamenta" (Congedo,12)

Siamo giunti al grado zero della vicenda personale e storica. Jacoposi arrende, cede le armi, appende la zampogna. Esperienza di confineneh" arte e nella vita, ed assieme passaggio da una prova personale ali'esperienza collettiva:

"Le nostre Muse sono extinte, secchi sono i nostri lauri, ruinato il nostroParnaso, le selve son tutte mutole, le valli e i monti per doglia son dive-nuti sordi" (Congedo, 10)

II plurale ha la doppia valenza del plurale maiestatis per la solennitàdel momento, irrevocabile; ed assieme 1' immagine del "Parnaso rui-

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nato", è simbolo della cerchia di poeti della corte aragonese che hannoperduto il loro ubi consistam. Il plurale dilata il discorso e lo colora diun connotato tragico. Mentre il bosco di Arcadia, già abitato da driadi,amadriadi, fauni e ninfe, torna ad essere un insieme di "duri e insensatialberi" (Congedo, 11).

La rovina è cosmica, parte dalla situazione del poeta e si allarga allanatura tutta. Tutto è rovinato, perduto per sempre.

Il canto della zampogna si è convcrtito in urlo:

"E se tra questi rami il vento per aventura movendoti ti donasse spirito, nonfar mai altro che gridare, mentre quel fiato ti basta" (Cong., 12)

La poesia si è tramutata in grido contro la vita, ormai intollera-bile.

Il codice bucolico è consunto, sfinito, definitivamente superato.Vanno dunque ridimensionati quei giudizi che vedono nella poesia

pastorale di Jacopo Sannazaro un proposito evasivo verso i lidi felici diuna vita elementare e secondo natura. Per Rogelio Reyes Cano,8 nell'Arcadia quello che conta è 1' estetica, nella Diana di Montemayor lavita '. Così Menéndez Pelayo da cui deriva questo giudizio 10; ed ancoraReyes Cano afferma che "la pastorale di Jacopo Sannazaro è detta ar-cheologica, quella di Montemayor moderna" ". Per F. Yndurain Sanna-zaro ha la freddezza dell' imitatore, dell' intellettuale che copia, prende imodelli classici e li traduce in volgare, il tema pastorale è per JacopoSannazaro solo un tema di cultura, mentre per Cervantes un anelito vi-

8 Cfr. R. REYES CANO, La Arcadia de Sannazaro en España, Anales de laUniversidad Hispalense. Serie Filosofia y Letras, n. 16, Sevilla, 1973.

9 Cfr. op. cit., p. 22: "La palabra definitoria de la Arcadia podría ser la palabraEstética: la materia novelesca está sometida a una distribución estética en la que el pa-stor como tal no es más que un elemento que presta realce al conjunto. En la Diana,en cambio, lo que cuenta es la Vida'

10 Cfr. M. MENENDEZ PELAYO, Orígenes de la novela, Ed. Nacional, II,Santander, 1948, secondo cui la prosa della Diana "es mucho más novelesca que laprosa poética y archilatinizada de Sannazaro" pp. 270-1

11 Cfr. R. REYES CANO, in op.cit., 1' interessante capitolo su "La Diana deMontemayor", pp. 20-26.

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tale; il mondo di Sannazaro è chiuso nei propri limiti, lontano dapreoccupazioni diverse da quelle del paradiso arcadico 12. Anche in annipiù recenti ritorna una valutazionee riduttiva dell' Arcadia di Sanna-zaro, A. Prieto, sottolinea che "Nace la prosa de la Arcadia corno marcoque arrope la poesía", attribuendo un valore preminentemente letterarioe non poetico ali' opera sannazariana 13

Giudizi questi che vanno rimeditati al di là dele schematizzazioniche hanno inquadrato 1' Arcadia di Jacopo Sannazaro entro un pae-saggio tanto letterariamente sereno, quanto insulsamente lontano dallarealtà.

Nel 1547 esce la traduzione spagnola dell' Arcadia del Sannazaro e1' opera comincia a navigare entro i vasti confini della cultura iberica eibero-americana, fino ali' approdo con 1' omonima Arcadia di Lope deVega.

Va ricordato che Garcilaso già negli anni '30 del Cinquecento, conmolto anticipo dunque sulla traduzione spagnola, era venuto a contattocon la poesia del Sannazaro, durante il suo soggiorno a Napoli. Per-tanto anticipa i tempi, ed, in particolare, nella II Ec. compone una di-retta imitazione dell' Arcadia, però con una novità di singolare rilievo:1' introduzione di una donna a co-protagonista della vicenda: Camilla,di cui Albanio è innamorato.

Questo procedimento è del tutto nuovo rispetto alla tradizione bu-colica. Da Teocrito, a Virgilio, alla bucolica medievale, ali' edizioneMiscomini M, al Sannazaro stesso, in nessun testo è presente una donnacome soggetto dell'azione ".

12 cfr. F. YNDURAIN, Reelección de "La Galatea", in "Cuadernos de "Insula"I, pp. 105-116: 114.

13 A. PRIETO, Morfologia de la novela, Barcelona, Planeta, p. 338.14 Bucoliche elegantissimamente composte da Bernardo Pulci fiorentino et da Fran-

cesco de Arsochi senese et da Hieronymo Benivieni fiorentino et da Jacopo Fiorino de Buo-ninsegni senese edite a Firenze nel 1482 presso Antonio Miscomini, su cui cfr. FrancescaBATTERÀ, L ' edizione delle Bucoliche elegantissimamente composte, "Studi e problemidi critica testuale", 40, aprile 1990, pp. 149-185.

15 Va tuttavia registrato l'inquieto mondo delle presenze femminili in Ameto,su cui mi permetto di rinviare al mio Arcadia fuor di Parnaso, Roma, Bulzoni ed., incorso di stampa.

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Nella bucolica precedente la donna è oggetto d' amore, non sog-getto, in Garcilaso è soggetto.

È questa un' innovazione che lascia traccia nel livello della scrit-tura, che si fa più corsivo. Nella II Ec. di Garcilaso il canto malinconicodel pastore — che si foggia sull' Vili prosa dell' Arcadia di Sannazaro,cede il passo al dialogo tra Albanio e Camilla. L' intreccio dialogatoprende il posto del canto lirico. Un registro più basso, legato alla quoti-dianità, fatto di battute a botta e risposta, subentra a portare il saporedel dramma pastorale.

La composizione si apre verso la forma teatrale, ad un tono medio,colloquiale, che prelude ali' Aminta del Tasso e ali' Arcadia diLope.

Un dato nuovo rispetto alla turbata fissità dell' Arcadia sannaza-riana entra nella sensibilità degli scrittori degli anni trenta: il movi-mento, la fuga, il rincorrersi, il non potersi incontrare, un' ansia esisten-ziale che si esprime attraverso i segni di un' inquietudine e di un' accele-razione mai placati.

L' Arcadia di Lope de Vega è tutta giocata su questo versante, ro-manzesco, di pieno coinvolgimento con la vita. ""

In Lope, tema iniziale è quello della fuga da una realtà penosa; tut-tavia il dramma di Belardo, in cui si riflette il poeta, si risolve nell' in-treccio, nelle situazioni, negli inganni, non nella meditazione su questi.Ogni pastore porta il peso delle sue vicende personali, che non sono tra-sfigurate, ma semplicemente travestite in un codice pastorale fittizio; ilpaesaggio mentale ed esterno è chiaramente connotato, i pastori-corti-giani passano il tempo in discussioni filosofiche, in sottili disquisizionid'amore, mode, vestiti e sentimenti. Sono queruli e per niente poe-tici.

La geografia dell' Arcadia sannazariana è invece un paesaggioideale, dai contorni sfumati, in cui il profilo di Napoli rimane sullosfondo come una patria lontana e perduta, è un paesaggio d' anima, in

16 M RICCIARDELLI in un saggio del 1966 L'"Arcadia"diJ. Sannazaro e diLope de Vega, Napoli, Fausto Fiorentino, ha affrontato la lettura in parallelo fra le dueopere, mantenendosi tuttavia su di un piano di lettura discorsivo e scarsamente cri-tico.

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cui i pastori-amici si rifugiano. Il loro codice linguistico e di comporta-mento è separato, diverso, trasfigura le urgenze della realtà quotidiana, esconfina negli ampi domini della poesia.

In Spagna il modello ideale espresso dalla cultura italiana del Rina-scimento si colora di tinte più forti e sanguigne, dunque 1' Arcadia diLope è il luogo delle passioni non sublimate, di scontri e gelosie violen-temente vissute.

Lope storicizza, inserendo personaggi del mondo reale, anche delpassato ( introduce Romolo, Alessandro, i capitani di Spagna, el Cid, laregina Isabella ecc.) con un intento encomiastico e cortigiano che inSannazaro è sconosciuto.

L' atteggiamento dei pastori di Lope è letterario, secondo 1' esempiodella Diana di Montemayor17, ma tutti sono facilmente identificabili.

Belardo è Lope; Brasida è Juan Blas musico; Anfriso è il duca d'Alba;che sa e conosce le gelosie, le ripicche le invidie della corte. Il tutto conditodalla malinconia di Lope esiliato dalla corte di Madrid, sua patria.

L'Arcadia lopiana esce nel 1598. L'Aminta del Tasso è rappresentatanel 1573.

In entrambe le composizioni i pastori sono ormai solo dei cortigianitravestiti; in entrambe — come già nelle ecloghe di Garcilaso — la pre-senza femminile è coprotagonista, uno degli elementi attivi e vivi neldramma.

La donna in Lope non è un termine lontano che da occasione dipoesia, di canto e di vagheggiamento, è invece presente, puntigliosa, umo-rale. I primi versi dell'Arcadia spagnola non riportano il lamento malinco-nico del pastore — tipico della tradizione bucolica —, ma il lamentoBelisarda.

La donna per Lope ha cuore instabile, 1' animo femminile, non èmeditativo, ma capriccioso, traditore, di poco affidamento.

Dunque 1' amore nel!' Arcadia dello spagnolo sa di bisticcio, di gioco,

17 J. de MONTEMAYOR, La Diana, edición de Asunción Rallo, Madrid, Ca-thedra, Letras Hispánicas, 1991. Per uno studio comparativo tra Arcadia e Diana, cfr.B. DAMIANI, Sannazaro and Montemayor. Toward a comparative study of "Arcadia"and "Diana", in Studies in honour of Elias Rivers, Scripta humanistica.ed. 1989, pp.59-75.

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e di ripicca, di vita insomma, ma non di idealizzazione d' amore. Questaforma di amore a dispetto, senza nessuna volontà di trasferire le vicende inun piano emblematico, cifrato, che si possa prestare a diverse interpreta-zioni, non è polisemia, ma specchio della realtà, in cui il travestimento èleggero, e non opera il trasferimento in un mondo diverso e poetico. L'amore non è la chiave interpretativa del mondo, come per Jacopo Sanna-zaro, ma vicenda personale con dati ed un intreccio ben preciso.

Le teorie bembiane sull' amor platonico non hanno lasciato ilsegno neir Arcadia spagnola.

Anzi 1' Arcadia lopiana inizia con un chiaro disegno, quello dellaperegrinazione al tempio del disinganno, cammino virtuoso seguendo lasplendente virtù che allontana 1' animo dell' uomo dalla tentazione deipiaceri. Il Disinganno è liberazione, è dichiarare che l'amore è stato unaschiavitù, è volersi allontanare da questo come forza malefica.

Gli austeri parametri della Controriforma hanno dato il lorofrutto.

L' Arcadia si conclude con il ringraziamento per essersi liberato dal-l'Amore

"Mas ya que el fiero yugoque me cerviz domabadesata el desengaño con tu afrenta,y al mismo sol enjugoque un tiempo me abrasaba,la ropa que saqué de la tormenta;con voz libre y esentaal desengaño santoconsagro altares y alabanzas canto." 1S

mentre 1' opera si conclude con l'augurio di Celia a Belardo:

"óigate el mundo a ti, y amor castigue" "

Siamo di fronte ad una virata in senso tassiano e controriformi-stico. Prevale nel V libro la volontà morale di insegnare. Posizione

LOPE DE VEGA, op. cit., p. 450.ID., op. cit., p. 452.

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molto diversa da quella di Jacopo Sannazaro, che non si propone alcunfine di utilità pratica o morale, ma vicina a quella del Proemio della Ge-rusalemme liberata del Tasso:

0 Musa, che di caduchi allorinon circondi la fronte in Elicona,ma su nel cielo infra i beati corihai di stelle immortali aurea corona,tu spira al petto mio celesti ardori,tu rischiara il mio canto , e tu perdonas' intesso fregi al ver, s' adorno in parted' altri diletti, che de' tuoi, la carte.

Sai che là corre il mondo ove più versidi sue dolcezze il lusinghier Parnaso,e che '1 vero condito in molli versi,1 più schivi allettando ha persuaso.Così a 1' egro fanciul porgiamo aspersidi soavi licor gli orli del vaso:succhi amari ingannato intanto ei beve,e da 1' inganno suo vita riceve (I, 2, 3)

La distanza tra il mondo di Jacopo e quello di Lope si è fatta abis-sale. Ne troviamo ulteriore conferma nel Commiato A la Sampogna che,ad imitazione di Sannazaro, conclude anche 1' Arcadia di Lope con ilcongedo di Belardo a la Zampona. Ma questo è solo una cornice este-riore, il contenuto è molto più modesto e limitato, perché, come ab-biamo visto, in Jacopo Sannazaro assume il significato universale dimorte dei valori umani e poetici, in Lope è semplicemente la conclu-sione della sua Arcadia, con riferim del tutto personali.

Lope riduce il messaggio di Jacopo ad una funzione retorica, in cuisi innesta 1' accenno alla propria condizione di letterato che vaga da unacorte ali' altra.

Ma lo spirito di profonda disperazione del tempo presente, dipunto fermo oltre cui non si può andare, il valore esistenziale, total-mente negativo, del congedo del Sannazaro, qui è assente.

Quello di Lope è un mondo diverso, in cui le consonanze che pos-sono riscontrarsi nel titolo, nella situazione malinconica di lamento,nel!' arredo bucolico, costituiscono solo una parentela esteriore.

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II mondo rappresentato da Lope è, manieristicamente, un intrecciodi azioni, in continuo dialogo tra la vita, il sogno, la morte. Il movi-mento entra nei canoni della realtà, e segna situazioni e sentimenti (af-fermare, negare, cercare, fuggire).

Ma 1' inquieta malinconia sannazariana, la dimensione neoplato-nica del mondo, che ha in sé la cifra dell' assoluto, sono definitivamenteperdute.