LA RIFORMA FORNERO DEL LAVORO · La riforma opera, su tre fondamentali aspetti del mercato del...

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Contratti di lavoro Licenziamenti Ammortizzatori sociali Ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro SERIE BUSSOLA orientamenti legislativi Gruppo Editoriale Simone E SIMON EDIZIONI GIURIDICHE 145 SERIE BUSSOLA orientamenti legislativi Commento organico alla L. 28 giugno 2012, n. 92 LA RIFORMA FORNERO DEL LAVORO C. D’Agostino A. Marano M. Solombrino Con aggiornamenti on line Estratto della pubblicazione

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Contratti di lavoroLicenziamentiAmmortizzatori socialiUlteriori disposizioni in materiadi mercato del lavoro

SERIE BUSSOLAorientamenti legislativi

Gruppo Editoriale SimoneESIMON

EDIZIONI GIURIDICHE

145SERIE BUSSOLAorientamenti legislativi

Commento organicoalla L. 28 giugno 2012, n. 92

LA RIFORMA FORNERODEL LAVORO

C. D’AgostinoA. MaranoM. Solombrino

Con

aggiornamenti

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A.(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Vol. n. 509/10 – Le nuove Norme sul lavoro – Testo a confronto, coordinato e commentato della nor-mativa aggiornata alla Riforma Fornero

Il volume raccoglie la normativa interessata dagli interventi della riforma Fornero. La sistematica espositiva (i provvedimenti sono rag-gruppati nelle seguenti Parti: Tipologie contrattuali, Licenziamento, Ammortizzatori sociali e Altri istituti) e il confronto tra vecchio e nuovo testo permettono di reperire rapidamente la norma di interesse e di cogliere con immediatezza le innovazioni della legge di riforma. L’opera è arricchita, inoltre, da commenti introduttivi che delineano, per ciascun provvedimento, le modifiche intervenute.

Eventuali errori o imprecisioni riscontrabili nell’opera non comportano alcun tipo di responsabilità, né dell’Editore né dei Curatori, che hanno comunque posto la massima cura ed attenzione nell’elabora-zione del testo.

Coordinamento della dott.ssa Mariarosaria Solombrino

È a cura della dott.ssa Cristina D’Agostino la Parte I e IV, dell’avv. Alessandra Marano la Parte II e della dott.ssa Mariarosaria Solombrino la Parte III.

Finito di stampare nel mese di luglio 2012dalla «MultiMedia» - V.le Ferrovie dello Stato Zona Asi - Giugliano (NA)per conto della SIMONE S.p.A. - Via F. Russo, n. 33/D - 80123 Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Il 27 giugno 2012 è stata approvata l’ennesima riforma del mercato del lavoro, che giunge a distanza di poco tempo dai ripetuti interventi effettuati con le manovre economiche dello scorso anno.È evidente l’elevato grado di instabilità della disciplina legislativa, che nuoce certamente a chi con le norme è destinato, a tutti i livelli, a confrontarsi e che potrebbe essere ritenuto accettabile solo se effettivamente produttivo dei risultati perseguiti.La cd. riforma Fornero, recante «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita», è finalizzata «a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione». Se non è facile prevedere il raggiungimento in concreto di questi obiettivi, è di certo sconfortante che la legge abbia suscitato perplessità e critiche da parte di tutte le categorie economiche e sociali interessate.Solo col tempo sarà possibile verificare se la riscrittura dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori servirà effettivamente ad attrarre investi-menti produttivi o se agevolerà le ristrutturazioni con riduzione della forza-lavoro proprio in una fase di recessione economica, purtrop-po destinata a durare. Si dovrà pure verificare se l’intervento sulle tipologie contrattuali sarà utile a frenare gli abusi oppure indurrà ad una fuga verso il lavoro in nero. Potranno anche sciogliersi le pre-occupazioni verso il nuovo sistema di ammortizzatori sociali, la cui riforma era attesa da anni, che in prima battuta appare non solo meno «universale» rispetto alle aspettative, ma soprattutto meno protettivo in termini di durata del periodo complessivo di copertura economica.Il tempo dirà in sostanza se, senza che si sia affrontato il cruciale nodo del cuneo fiscale, si realizzerà maggiore occupazione e cre-scita economica.Una riforma fatta di luci ed ombre, che viene perfino considerata soltanto una «operazione di manutenzione» e comunque, dai partiti di

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maggioranza, un «passaggio obbligato» in vista del vertice europeo e della necessità di fornire un segnale della volontà di affrontare i problemi strutturali del Paese.Il volume, suddiviso in quattro Parti, offre un’analisi organica ed approfondita di tutti i campi d’intervento della legge di riforma — tra cui, in particolare, tipologie contrattuali, licenziamento, ammortizza-tori sociali — permettendo al lettore di cogliere con immediatezza la portata delle novità. Ogni istituto è esaminato nella sua interezza, anche attraverso il confronto tra «vecchio» e «nuovo», così da averne un quadro completo ed aggiornato.L’appendice riporta il testo della legge di riforma, con glosse laterali, per un più agevole reperimento della norma d’interesse.Per le sue caratteristiche, il testo rappresenta una vera e propria guida sulla riforma Fornero, di ampia fruibilità, destinata oltre che agli operatori del settore, anche ai «non addetti ai lavori», consentendo a tutti i soggetti a vario titolo coinvolti di districarsi nelle molteplici novità della legge.

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INTRODUZIONE

1. LA RIFORMA «FORNERO» DEL MERCATO DEL LAVORO

L’acuirsi della crisi finanziaria che ha investito l’area dell’euro ha determinato, a partire da settembre 2011, il rapido deterioramento della posizione dell’Italia, il cui debito pubblico raggiungeva livelli elevatissimi.La gravità della situazione ha portato alla formazione di un cd. Go-verno dei tecnici, presieduto dal prof. Monti. Obiettivo del nuovo Esecutivo è l’adozione di misure urgenti per la stabilità finanziaria del Paese e, al contempo, l’attuazione di quelle riforme strutturali che, se precedentemente erano considerate opportune ed utili, ora appaiono addirittura indispensabili.Lo scenario è quello del confronto diretto con le istituzioni europee, rispetto alle quali c’è l’esigenza di un immediato recupero di credi-bilità. Ne scaturiscono rigidissime misure di risanamento e l’avvio, dopo la riforma del sistema pensionistico, della riforma del merca-to del lavoro e degli ammortizzatori sociali.

La ricaduta sul piano occupazionale della crisi economica si traduce nell’elevatissi-mo livello di disoccupazione. Nell’ultimo trimestre del 2011, in un quadro economico caratterizzato da notevoli difficoltà strutturali che si esprimono soprattutto nel dise-quilibrio del bilancio pubblico, l’occupazione dipendente nelle grandi imprese, in calo ormai dall’inizio della crisi economica, è continuata a scendere su base annua.A dicembre 2011, il numero dei disoccupati ha raggiunto i 2 milioni e 243 mila (su base annua si registra una crescita del 10,9%). Il tasso di disoccupazione si attesta all’8,9% (in aumento di 0,8 punti rispetto all’anno precedente). La disoccupazione giovanile ha superato il 30% e a maggio 2012 è giunta a circa il 35%. Le ore di cassa integrazione guadagni ordinaria, straordinaria e in deroga autoriz-zate nel 2011 sono state circa 973,2 milioni.

In una lettera inviata il 5 agosto 2011 al precedente Governo Berlu-sconi, la Banca Centrale Europea aveva richiamato la necessità di «una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicura-zione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi».

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Introduzione6

Sicché viene presentato al Senato, il 5 aprile 2012, il disegno di legge governativo di riforma del mercato del lavoro e degli ammor-tizzatori sociali, cd. riforma Fornero dal nome del Ministro del La-voro prof. Elsa Fornero. Si persegue l’obiettivo di modernizzare il mercato del lavoro ita-liano, adattando le regole esistenti alle esigenze di competitività delle imprese e tentando di superare la situazione di dualismo, de-rivante dall’esistenza di categorie di lavoratori che godono di una forte protezione (cd. insiders) e categorie di lavoratori (cd. outsiders) cui non si applicano le tutele esistenti (il cd. apartheid del mercato del lavoro).

La predisposizione del disegno di legge riaccende il clima di tensione tra le parti sociali. La stagione dei robusti accordi triangolari e della concertazione sociale è definitivamente tramontata. L’accordo con le parti sociali è ritenuto, infatti, auspi-cabile ma non necessario e, di fatto, non si realizza.

Il disegno di legge è stato infine approvato con voto di fiducia, dap-prima al Senato e poi alla Camera dei Deputati il 27 giugno 2012.

La Commissione lavoro del Senato ha apportato, rispetto al testo originario, diver-se modifiche che, comunque, hanno lasciato pressoché inalterati i contenuti so-stanziali del provvedimento. Nel momento in cui il disegno di legge giunge alla Camera dei Deputati si riaccen-de la preoccupazione sulle sorti del nostro Paese, ritenuto, nell’ipotesi più ottimista, non del tutto esente dal rischio di default. La situazione induce così i partiti politici di maggioranza, che pure non hanno ri-sparmiato critiche al provvedimento, a considerarlo un «passaggio obbligato» e a rispondere positivamente alla richiesta di accelerare l’esame della riforma in modo da giungere all’approvazione entro il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno. Per contro, il Governo ha dichiarato il proprio impegno a tenere conto delle criticità segnalate e a risolverle tempestivamente, «con appropriate iniziative legislative», il che farebbe presagire, o anche auspicare, a seconda dei punti di vista, possibili future modifiche.

2. LE FINALITÀ DELLA LEGGE DI RIFORMA, LE AREE DI IN-TERVENTO E IL CAMPO DI APPLICAZIONE

La riforma, recante «Disposizioni in materia di riforma del mer-cato del lavoro in una prospettiva di crescita», è finalizzata «a realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla

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crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tas-so di disoccupazione».

La legge di riforma si apre, infatti, con la puntuale enunciazione delle molteplici finalità che si è inteso perseguire (art. 1, co. 1). In particolare:

— favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili; — valorizzare l’apprendistato come modalità prevalente di ingres-

so dei giovani nel mondo del lavoro;— ridistribuire in modo più equo le tutele dell’impiego, da un

lato, contrastando gli elementi di flessibilità che si sono maggior-mente prestati ad un uso improprio e strumentale, dall’altro, in-tervenendo sul regime del licenziamento, per adeguarlo alle esigenze del mutato contesto di riferimento;

— rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli am-mortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione e di rafforzamento dell’occupabilità delle persone;

— contrastare usi elusivi di obblighi contributivi e fiscali degli istituti contrattuali esistenti;

— promuovere una maggiore inclusione delle donne nella vita economica;

— favorire nuove opportunità di impiego ovvero di tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni in caso di perdita del posto di lavoro;

— promuovere modalità partecipative di relazioni industriali al fine di migliorare il processo competitivo delle imprese.

La riforma opera, su tre fondamentali aspetti del mercato del lavo-ro, ampiamente dibattuti a livello politico e accademico: la flessi-bilità in entrata, la flessibilità in uscita e gli ammortizzatori sociali. Modificando le relative discipline, la legge di riforma tenta di coniu-gare l’esigenza di flessibilità delle imprese con quella di garantire la sicurezza dei lavoratori.Non più la tutela del posto di lavoro, bensì la tutela del lavoratore sul mercato, in linea con la cd. flexicurity (letteralmente flessicurez-za) propugnata dalle istituzioni europee. Si realizza, così, un allen-tamento dei vincoli della regolazione del rapporto di lavoro, in par-

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ticolare per ciò che riguarda le tutele in uscita, unitamente ad un rafforzamento delle protezioni sul mercato del lavoro, dal quale dovrebbe derivare, da un lato, una maggiore attrattiva per gli inve-stimenti produttivi, dall’altro, una maggiore mobilità e occupabilità dei lavoratori e, in definitiva, l’aumento dell’occupazione.Un altro punto è quello della formazione dei lavoratori, improntata al cd. apprendimento permanente, che dovrebbe migliorarne, tra l’altro, la condizione occupazionale, mentre ulteriori innovazioni ri-guardano istituti di natura diversa (tra l’altro, il congedo obbliga-torio di paternità, la responsabilità solidale nell’appalto e le dimis-sioni), per alcuni dei quali la legge di riforma si limita a dettare cri-teri e principi per l’esercizio del potere legislativo delegato (ad esempio, in materia di tirocini o di informazione e consultazione dei lavoratori).Infine va evidenziato che la legge di riforma non ha immediata applicazione nell’ambito del lavoro pubblico, in netta disconti-nuità con il principio di armonizzazione che aveva ispirato la riforma del pubblico impiego operata dal D.Lgs. 29/1993. Le disposizioni della legge di riforma costituiscono soltanto «princì-pi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni».In buona sostanza si è scelto di procrastinare un nodo delicatissimo, demandando al Ministro per la Pubblica Amministrazione e la sem-plificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rap-presentative dei dipendenti delle Amministrazioni Pubbliche, il compito di definire, anche mediante iniziative normative, «gli ambi-ti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche» (art. 1, co. 7 e 8).

3. LA FLESSIBILITÀ IN ENTRATA

L’obiettivo perseguito, secondo le dichiarazioni del Governo, è quel-lo di rendere più dinamico il mercato del lavoro, soprattutto in favore delle fasce svantaggiate (a partire dai giovani), contrastando al contempo il fenomeno della precarizzazione della forza lavoro. In sintesi, impedire la flessibilità distorta e cattiva, senza limitare quel-la genuina e necessaria per il sistema.

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Tuttavia, nell’arduo compito di mediare tra diverse posizioni e inte-ressi, la legge di riforma sembra aver effettuato interventi piuttosto limitati. Innanzitutto non è stata adottata alcuna delle proposte rifor-matrici di ampio respiro che erano state formulate (tra tutte, si ricor-da quella del «contratto unico»). Mantenendo inalterata la tradizio-nale divisione di generi — da un lato, il lavoro autonomo, dall’altro, il lavoro subordinato —, la legge di riforma non ha intaccato la de-strutturazione del modello tipico del contratto di lavoro a tempo indeterminato, che viene comunque formalmente riconosciuto come «contratto dominante», nelle numerose tipologie contrattuali spe-ciali di cui si è fatto sempre maggior uso (al punto da far parlare di un declino del modello tipico). Quindi non è stato operato alcun in-tervento significativo di riduzione della frammentarietà che connota da tempo il lavoro subordinato e nelle cui maglie ha trovato terreno la cd. precarietà. La legge di riforma, infatti, si è limitata a rimodulare la disciplina di alcuni contratti di lavoro speciali, quali il lavoro a termine e il lavo-ro in somministrazione a tempo determinato, il lavoro intermit-tente e il part-time, rivedendo quegli istituti che hanno permesso forme di flessibilità spinta, a nocumento del prestatore. In particolare, con riguardo al contratto a tempo determinato, sono previste due ipotesi di liberaliz zazione delle assunzioni a termine o, più propriamente, di acausa lità: in pratica l’assunzione a tempo determinato può avvenire senza necessità di una specifica ragione giustificatrice quando si tratta del primo contratto a tempo determi-nato tra datore di lavoro e lavoratore (prima ipotesi) ovvero, in alter-nativa, quando l’assunzione avvenga in ragione di determinate cir-costanze della vita di un’impresa, secondo le previsioni dei contrat-ti collettivi (seconda ipotesi). Se da una parte si permette indubbia-mente una maggiore facilità del lavoro a termine, anche in conside-razione dell’attuale difficile congiuntura economica e del rischio di un blocco delle assunzioni, dall’altra sono però introdotti diversi accorgimenti per impedire che le imprese facciano costante ricorso a ripetute assunzioni a termine per una stessa attività e per esigen-ze produttive permanenti. Tra l’altro, sono elevati gli intervalli tem-porali tra un contratto a termine ed un altro; inoltre, il lavoro a termi-ne diviene più oneroso, gravando sul datore di lavoro un contributo

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addizionale destinato a finanziare la nuova assicurazione sociale per l’impiego (cd. ASPI).Ulteriore intervento nell’ambito della flessibilità in entrata concerne l’apprendistato di cui viene facilitata la stipulazione mediante l’ele-vazione del rapporto che deve intercorrere tra apprendisti e mano-dopera qualificata (dal 100% al rapporto di 3 a 2). Tale contratto dovrebbe divenire il canale di accesso privilegiato sul mercato del lavoro, destinato ai giovani ed a categorie disagiate (i lavoratori in mobilità) e di cui si valorizza la funzione formativa. Per contro viene soppresso il contratto di inserimento, sostituito da incentivi che dovrebbero favorire l’assunzione di alcune categorie di prestatori cui esso era specificamente rivolto, quali ultracinquantenni e donne in stato di disoccupazione. Infine, si opera una significativa revisione nel campo delle prestazio-ni di lavoro autonomo ed in primis del lavoro a progetto, allo scopo di reprimere le finte collaborazioni coordinate e continuative. A tal fine, viene anche previsto l’innalzamento progressivo della relativa contri-buzione fino a raggiungere, a regime, quella del lavoro dipendente; per evitare il rischio che l’aumento dell’onere contributivo sia contro-bilanciato da una riduzione dei compensi dei collaboratori a progetto, sono introdotti dei precisi criteri di determinazione degli stessi.L’effetto dell’insieme di modifiche cui si è accennato è, secondo alcuni, quello di una stretta — che, per altri, sarebbe invece insod-disfacente — su tutti i contratti di lavoro differenti dal lavoro a tempo indeterminato, di cui, invero, si è fatto ampio uso sino ad ora, so-vente in maniera abusiva e soprattutto per dissimulare reali rappor-ti di lavoro subordinato.

4. LA FLESSIBILITÀ IN USCITA

La legge di riforma rafforza il potere datoriale di licenziare, introdu-cendo come correttivo maggiori obblighi procedurali, tra cui quello della specifica motivazione del recesso.La riforma mantiene sostanzialmente intatta la tutela contro i licen-ziamenti discriminatori, mentre apporta notevoli modifiche a quella dei licenziamenti per motivi economici nelle imprese di media e grande dimensione. In caso di provata illegittimità del recesso, la

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previsione iniziale era quella di sostituire l’attuale tutela dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), cioè la cd. tutela reale o forte — consistente nella reintegrazione unitamente al risarcimen-to del danno — soltanto con un’indennità risarcitoria. Tuttavia, si è giunti poi ad un intervento complessivamente meno dirompente in quanto è stata ripristinata la possibilità di reintegro, anche se appa-iono ampi i margini di valutazione del giudice. In seguito alla novel-la legislativa, dunque, sembra venir meno quell’automaticità della tutela che, di fatto, ha rappresentato la migliore garanzia preventiva contro abusi e vessazioni del datore di lavoro: nelle aziende con più di 15 dipendenti, all’accertata illegittimità del licenziamento (nullità, annullamento o inefficacia) conseguiva sempre il diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro, salva la facoltà del lavoratore di op-tare per un indennizzo economico (in aggiunta all’indennità risarci-toria).La riformulazione del predetto art. 18 dello Statuto dei Lavoratori incide anche sulla tutela da applicare in caso di illegittimità del li-cenziamento soggettivo: la tutela più forte (cioè la tutela reale) è riservata ai casi più gravi — insussistenza del fatto contestato o applicabilità di una sanzione conservativa —, mentre nelle altre ipotesi verrebbe ad applicarsi unicamente l’indennità risarcitoria, predeterminata tra un minimo e un massimo.La legge di riforma ha quindi l’effetto di introdurre una nuova area di non applicazione della tutela reale, la cui entità potrà meglio es-sere delineata (e compresa) man mano che la novella legislativa troverà effettiva applicazione nelle aule giudiziarie, a seconda che prevarrà un atteggiamento più prudente e conservatore o, per con-tro, la tendenza ad esaltare gli elementi innovativi della norma. In ogni caso, tale area si aggiunge a quella che già esisteva prima della riforma, vale a dire l’area della cd. tutela obbligatoria. La tute-la più debole derivante dalla L. 604/1966, consistente nella riassun-zione o nell’indennità risarcitoria a scelta del datore di lavoro, con-tinua infatti ad applicarsi ai lavoratori delle cd. piccole imprese (fino a 15 dipendenti). Nei loro confronti la legge di riforma non apporta alcun elemento di miglioramento in termini di tutela, perpetuando la differenziazione, all’interno del mercato del lavoro, tra dipendenti di imprese medie o grandi, cui si applica la tutela più forte — ma

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ora, potenzialmente, in un minor numero di casi —, e lavoratori di piccole imprese, che invece ne restano fuori.La tutela forte, consistente nell’obbligo di reintegrazione e di risar-cimento, trova infine applicazione per il licenziamento orale, per i licenziamenti discriminatori ed in altri casi di nullità, indipendente-mente dalla dimensione dell’impresa.Ulteriori modifiche riguardano, poi, alcuni aspetti procedurali, come l’obbligo di specificazione della motivazione del licenziamento e la riduzione del termine (da 270 a 180 giorni) per il deposito del ri-corso giudiziale (o della comunicazione, alla controparte, del tentativo di conciliazione o arbitrato), successiva all’impugnazione stragiudiziale.Inoltre, nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, si fa obbligo al datore di lavoro, con un organico superiore alle 15 unità, di esperire una procedura preventiva di conciliazione pres-so la Direzione territoriale del lavoro, cui è subordinata la potestà di comunicare il recesso al lavoratore.Infine, con riferimento al contenzioso, viene introdotto un rito spe-ciale per le controversie aventi ad ogget to l’impugnativa di li-cenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 dello Statuto dei La-voratori, contraddistinto da particolare celerità e snellezza e diretto a ridurre i tempi del processo, anche al fine di contenere gli effetti economici, per l’azienda, dell’eventuale esito sfavorevole del giudizio.

5. GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

Si è partiti dall’esigenza di risolvere uno dei principali limiti del nostro sistema di ammortizzatori sociali, quello relativo alla platea dei be-neficiari.Appariva, infatti, limitato l’ambito dei soggetti cui è garantita la pro-tezione del reddito al verificarsi di situazioni che determinano la sospensione o la cessazione del rapporto di lavoro. In pratica risul-tavano garantiti, da questo punto di vista, soltanto i lavoratori subor-dinati appartenenti a determinati settori produttivi ed in possesso di una pregressa anzianità assicurativa e contributiva, mentre resta-vano fuori dalle tradizionali forme di sostegno del reddito i precari, i collaboratori ed altre categorie.

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Anche sotto il profilo della protezione sociale, quindi, si esprime il dualismo tra insiders ed outsiders, cioè tra lavoratori protetti e non. Cercando di porvi rimedio, la riforma prevede uno strumento univer-sale ed unico di assicurazione dal rischio di disoccupazione (l’assi-curazione sociale per l’impiego, cd. ASpI), che sostituirà, dappri-ma, l’indennità di disoccupazione non agricola, sia ordinaria che con requisiti ridotti, e, a regime, l’indennità di mobilità. Il nuovo ammor-tizzatore è esteso anche a categorie prima escluse, tra cui gli ap-prendisti.Dall’altro si opera una revisione degli strumenti a sostegno del red-dito in costanza di rapporto. La cassa integrazione guadagni viene definitivamente estesa anche a settori e categorie sino ad ora tutelati soltanto in via provvisoria e grazie a specifiche disposizioni prorogate di anno in anno. Inoltre, per impedire l’uso della cassa integrazione come strumento per procrastinare licenziamenti ormai inevitabili, si differenzia tra presupposti che non mettono in dubbio la ripresa del rapporto di lavoro e presupposti contrari (le procedure concorsuali finalizzate alla chiusura dell’attività) che ora vengono esclusi dal campo di applicazione dell’intervento straordinario. In tale ipotesi, pertanto, i lavoratori interessati accederanno diretta-mente alle indennità previste in caso di disoccupazione. Viene poi ridefinita la disciplina dei fondi di solidarietà settoriali, che costituiscono una sorta di istituto di chiusura del sistema di protezione sociale, dovendo essere costituiti in tutti i settori d’impre-sa che non beneficiano del sistema pubblico di am mortizzatori so-ciali. I fondi settoriali integreranno, quindi, in chiave universalistica il sistema di tutela del reddito, dovendo assicurare una tutela eco-nomica nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le stesse cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale, nonché eventualmente anche una tutela integrativa rispet-to all’assicu razione sociale per l’impiego (ASpI), in caso di cessa-zione del rapporto di lavoro.Oltre all’indennità di disoccupazione, all’indennità di mobilità e alla cassa integrazione straordinaria per procedure concorsuali, sono destinati a cessare anche i cd. ammortizzatori in deroga in ragio-ne della prevista estensione delle coperture economiche a catego-rie di lavoratori in precedenza escluse. La possibilità di concessione

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di trattamenti in deroga non verrà meno, però, da subito poiché, per un breve periodo transitorio, anche in considerazione della ricaduta in termini occupazionali della recessione in atto, saranno ancora possibili sia nuove concessioni sia proroghe dei trattamenti.Come si può intuire, la legge Fornero effettua quella riforma del nostro sistema di ammortizzatori sociali attesa da anni. Rispetto alle premesse, tuttavia, pur determinandosi un certo ampliamento della copertura sociale, non sembra si realizzi effettivamente l’universa-lità auspicata, mentre si riduce, a regime, la durata complessiva del periodo coperto dagli ammortizzatori, effetto particolarmente grave nell’attuale fase economica, considerato anche l’innalzamento dell’età pensionabile attuato dalla recente riforma del sistema pen-sionistico.Inoltre, sarà tutto da verificare un aspetto cruciale per il funziona-mento del nuovo sistema di welfare: il rapporto tra le forme di so-stegno del reddito e le politiche di attivazione, riqualificazione e ricollocazione dei lavoratori attuate dai servizi pubblici per l’im-piego. In tal ottica sono ridefiniti i livelli essenziali di servizio che devono essere assicurati in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale.

6. IL SISTEMA DI MONITORAGGIO

La legge di riforma istituisce presso il Ministero del Lavoro e delle Po-litiche sociali, in collaborazione con le altre istituzioni competenti, un sistema permanente di monitoraggio e valutazione (art. 1, co. 2).Il sistema di monitoraggio sarà gestito in collaborazione con altre isti-tuzioni competenti e con la partecipazione delle organizzazioni mag-giormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori. Esso si avvarrà dei dati forniti dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e da ulteriori soggetti del Sistema statistico naziona-le (SISTAN). È prevista anche la costituzione di banche dati informa-tizzate, da parte dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell’ISTAT, per la raccolta di una molteplicità di dati individuali ano-nimi (età, genere, area di residenza, fruizione di ammortizzatori socia-li, periodi lavorativi e retribuzione spettante, stato di disoccupazione etc.), che saranno poi accessibili a ricerche scientifiche (in collega-

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15Introduzione

mento con Università o enti di ricerca italiani ed esteri), da cui potran-no provenire giudizi e valutazioni di certa indipendenza e oggettività.La finalità di tali misure è, come si può facilmente dedurre, quella di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misu-re introdotte dalla stessa legge di riforma, nonché di valutarne gli effetti sull’efficienza del mercato del lavoro, sull’occupabilità dei cittadini e sulle modalità di entrata e di uscita nell’impiego.A tal fine il sistema di monitoraggio provvederà, ogni anno, a fornire rapporti sullo stato di attuazione delle singole misure, sulle conse-guenze in termini microeconomici e macroeconomici, nonché sul grado di effettivo conseguimento delle finalità della legge.Particolare attenzione sarà dedicata all’andamento dell’occupazione femminile, rilevando, in particolare, la corrispondenza dei livelli re-tributivi al principio di parità di trattamento. Dagli esiti del monitorag-gio potranno essere desunti elementi conoscitivi ai fini di un’even-tuale modifica e/o integrazione delle misure e degli interventi adottati, anche «alla luce dell’evoluzione del quadro macroecono-mico, degli andamenti produttivi, delle dinamiche del mercato del lavoro e, più in generale, di quelle sociali» (art. 1, co. 3).

7. LA STRUTTURA DEL PROVVEDIMENTO

La questione di fiducia posta dal Governo all’Assemblea del Sena-to in merito all’approvazione del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro ha comportato la sostituzione dell’originario testo legislativo con quattro emendamenti, costituenti altrettanti articoli in cui sono confluiti i precedenti capi e articoli in cui era inizialmente strutturato il provvedimento.In pratica, la legge consta, ora, unicamente di 4 articoli, ciascuno di essi composto da numerosi commi. Sono, quindi, venute meno le «rubriche» che permettevano di individuare con agio e rapidità l’argomento di ogni disposizione.Allo scopo di agevolare il lettore, in Appendice al Volume è riporta-to il testo della legge di riforma con riquadri che, recuperando le originarie rubriche degli articoli, consentono l’immediato reperimen-to della norma di interesse.

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PARTE PRIMA

LA RIFORMADEI CONTRATTI DI LAVORO

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CAPITOLO PRIMO

LE NOVITÀ IN MATERIA DI LAVORO A TERMINE

E SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

Sommario: Sezione I: Lavoro a tempo determinato. - 1. L’apposizione del termine al contratto di lavoro. - 2. La legittimità delle assunzioni a termine e le modifiche della riforma Fornero. - 3. Scadenza e proroga dei rapporti a termine e le novità della riforma Fornero. - 4. La possibilità di riassunzione a termine del lavoratore. - 5. Il rapporto di lavoro. - 6. Il contenzioso in caso di illegittimità del termine. - 7. Le tutele previdenziali e la contribuzione. - Sezione II: Sommi-nistrazione di lavoro. - 8. La somministrazione professionale di manodopera. - 9. Il rapporto di lavoro derivante da somministrazione. - 10. Le tutele previ-denziali e la contribuzione.

Sezione ILavoro a tempo determinato

1. L’APPOSIZIONE DEL TERMINE AL CONTRATTO DI LAVORO

A) Dal codice civile del 1865 al D.Lgs. 368/2001

L’apposizione di un termine finale alla durata del contratto fa sì che il rapporto di lavoro subordinato, che si presume essere di regola a tempo indeterminato, sia sottoposto ad una scadenza prestabilita e perciò sia a tempo determinato.Il principio per cui il lavoro subordinato è a tempo indeterminato, fondato sulla rilevanza della stabilità del rapporto di lavoro, non è stato una costante dell’ordinamento.Nella vigenza del codice civile del 1865, infatti, sussisteva il prin-cipio diametralmente opposto, per cui i «rapporti di opera all’altrui servizio» che non fossero a termine erano vietati e ciò per evitare forme di lavoro a vita che si ritenevano simili alla schiavitù.Successivamente, con l’entrata in vigore del codice civile del 1942, le assunzioni a termine furono subordinate a due condizioni alter-native: si richiedeva che vi fosse la forma scritta del contratto di

Sommario: Sezione I: Lavoro a tempo determinato. - 1. L’apposizione deltermine al contratto di lavoro. - 2. La legittimità delle assunzioni a termine e lemodifiche della riforma Fornero. - 3. Scadenza e proroga dei rapporti a terminee le novità della riforma Fornero. - 4. La possibilità di riassunzione a terminedel lavoratore. - 5. Il rapporto di lavoro. - 6. Il contenzioso in caso di illegittimitàdel termine. - 7. Le tutele previdenziali e la contribuzione. - Sezione II: Sommi-nistrazione di lavoro. - 8. La somministrazione professionale di manodopera.- 9. Il rapporto di lavoro derivante da somministrazione. - 10. Le tutele previ-denziali e la contribuzione.

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Parte Prima: La riforma dei contratti di lavoro20

lavoro oppure che sussistesse una delle ipotesi speciali stabilite dal legislatore (art. 2097 c.c.).Intanto si andavano diffondendo sempre più le assunzioni a termine, soprattutto dopo l’introduzione dei primi limiti alla libertà di licenzia-re (dapprima intorno agli anni ’50, ad opera della contrattazione collettiva, e poi con la L. 604/1966).Ai datori di lavoro non conviene più assumere liberamente a tempo in-determinato in quanto non possono più mettere fine al rapporto di lavo-ro e così cominciano ad orientarsi sempre più verso il lavoro a termine.A fronte di una diffusione indiscriminata del lavoro a termine che si ebbe in quegli anni, il limite previsto dal codice civile non costituiva un efficace deterrente, per cui fu emanata la L. 18-4-1962, n. 230 che ne introdusse una regolamentazione più severa. Oltre all’obbli-go di forma scritta del contratto, le assunzioni a tempo determinato potevano essere effettuate solo nelle ipotesi tassativamente stabi-lite (cd. lista chiusa) dalla L. 230/1962.A tale provvedimento si deve anche l’affermazione del principio per cui il contratto di lavoro è normalmente a tempo indeterminato e che le assunzioni a termine devono considerarsi un’eccezio-ne rispetto a tale regola generale (art. 1 L. 230/1962).All’orientamento limitativo della legge si è contrapposta, però, a partire dagli anni ’70, la tendenza ad estendere l’applicazione del contratto a tempo determinato che indubbiamente consentiva di accrescere il livello occupazionale soddisfacendo al contempo le esigenze di flessibilità dimensionale delle imprese.Con la successiva L. 24-6-1997, n. 196 (cd. legge Treu) si era, quindi, provveduto ad attenuare i numerosi limiti alla gestione del contratto a termine da parte del datore di lavoro (limiti alla facoltà di proroga o alla prosecuzione del rapporto) e a mitigare l’apparato sanzionatorio.Questa disciplina è sopravvissuta fino alla significativa riforma operata con il D.Lgs. 6-9-2001, n. 368 che ha recepito la direttiva 99/70/CE relativa all’Accordo quadro sui contratti a tempo determi-nato, concluso il 18-3-1999 fra le organizzazioni intercategoriali di livello europeo (CES, CEEP e UNICE).Tale provvedimento non solo ha introdotto una normativa meno vincolante per le assunzioni di lavoratori a tempo determinato, su-

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21Capitolo Primo: Lavoro a termine e somministrazione di lavoro

bordinate alla sussistenza di ragioni piuttosto generiche, ma ha anche soppresso la formulazione esplicita, contenuta nell’art. 1 L. 230/1962, della regola in base alla quale il contratto di lavoro subor-dinato è normalmente a tempo indeterminato.Questa norma è stata infatti abrogata dal D.Lgs. 368/2001 senza alcuna analoga previsione sostitutiva: è sembrata così la fine del criterio di subalternità — lavoro a tempo indeterminato come regola generale, lavoro a tempo determinato come eccezione — e l’avvio verso la liberalizzazione del lavoro a termine, con l’effetto che esso, non più subordinato ai limiti della precedente normativa, poteva as-sumere identico status giuridico del contratto a tempo indeterminato.

B) La L. 247/2007 e la riforma Fornero

La diffusione di una rilevante condizione di precariato, generata da un uso indiscriminato e costante del lavoro a termine, ha riportato, però, l’attenzione sul contratto a tempo indeterminato quale forma contrattuale da preferire per garantire la stabilità del rapporto di la-voro.Così con la L. 247/2007, di attuazione del Protocollo su previdenza, lavoro e competitività, stipulato tra Governo e parti sociali il 23-7-2007, viene modificato nuovamente il D.Lgs. 368/2001 reintrodu-cendo il principio per cui il contratto di lavoro subordinato è sti-pulato di regola a tempo indeterminato.Quindi, se è pur vero che non è più rinvenibile nell’ordinamento un atteggiamento di sfavore nei confronti dei rapporti di lavoro a tempo determinato, non si può però affermare una generale fungibilità tra contratto a termine e contratto a tempo indeterminato in quanto quest’ultimo deve comunque corrispondere ad esigenze oggettiva-mente riscontrabili e, soprattutto, non deve poter essere procrasti-nabile ad oltranza.Nelle stessa direzione si inserisce anche la riforma Fornero che interviene ancora una volta sulla disciplina del D.Lgs. 368/2001 affermando che il contratto di lavoro subordinato a tempo inde-terminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro (art. 1, co. 01, D.Lgs. 368/2001, come modificato).Viene quindi rimarcato il rilievo prioritario del contratto a tempo in-determinato, menzionato espressamente dalla legge di riforma come

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Parte Prima: La riforma dei contratti di lavoro22

«contratto dominante» attraverso cui favorire l’instaurazione di rap-porti di lavoro più stabili.Il fine dichiarato dal legislatore non è comunque quello di contrasta-re «il contratto a tempo determinato in sé, quanto piuttosto l’uso ri-petuto e reiterato per assolvere ad esigenze a cui dovrebbe rispon-dere il contratto a tempo indeterminato» (Relazione illustrativa al D.D.L.).L’obiettivo, infatti, è quello di favorire la cd. flessibilità buona, ovve-ro l’utilizzo del lavoro a termine come tipologia contrattuale che possa incoraggiare le assunzioni soddisfacendo possibili esigenze aziendali, senza però che questo possa trasformarsi in un costante ricorso, da parte delle imprese, a ripetute assunzioni a termine per una stessa attività e esigenze produttive permanenti che ben po-trebbero essere realizzate, invece, con assunzioni definitive.La riforma Fornero è caratterizzata quindi da due anime opposte: incoraggiare le assunzioni a termine legittime anche facilitandone la stipulazione (v. § 2, lett. B) e allo stesso tempo scoraggiare l’uso prolungato e distorto del lavoro a tempo determinato rendendolo maggiormente oneroso per il datore di lavoro.

Il lavoro a termine diviene, infatti, più costoso gravando sul datore di lavoro un contributo addizionale destinato a finanziare la nuova assicurazione sociale per l’impiego (cd. ASPI) (v. Parte III, Cap. I, §5).

2. LA LEGITTIMITÀ DELLE ASSUNZIONI A TERMINE E LE MO-DIFICHE DELLA RIFORMA FORNERO

A) L’esigenza di una ragione giustificatrice per le assunzioni a termine

L’assunzione a tempo determinato è legittima in presenza di una ragione giustificatrice, che può essere di carattere tecnico, pro-duttivo, organizzativo o sostitutivo, anche in riferimento all’ordi-naria attività del datore di lavoro (art. 1, D.Lgs. 368/2001, come modif. dal D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008).Si tratta di una clausola generale che rende legittimo il lavoro a termine in presenza delle più diverse esigenze che possono realiz-zarsi concretamente in azienda.

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23Capitolo Primo: Lavoro a termine e somministrazione di lavoro

B) Le ipotesi di liberalizzazione introdotte dalla riforma Fornero

Con la riforma Fornero sono state previste due ipotesi di liberaliz-zazione delle assunzioni a termine o, più propriamente, di acausa-lità. In pratica l’assunzione a tempo determinato può avvenire senza necessità di individuare la ragione giustificatrice e di riportar-la per iscritto nel contratto (art. 1, co. 9, lett. b).Nella prima ipotesi, l’indicazione di una causale non è necessaria quando si tratta del primo contratto a tempo determinato con-cluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione. Di fatto, a condizione che costituisca il primo rapporto a termine tra il lavoratore e l’azienda, l’assunzione è libera e non incontra più il limite della giustificazione ai sensi del D.Lgs. 368/2001. Il rapporto di lavoro che così si costituisce, però, non può durare più di 12 mesi.

La maggiore flessibilità in entrata concessa alle aziende — che di fatto sono libere di assumere con il primo contratto a termine per lo svolgimento di qualsiasi attività — verrebbe, quindi, ad essere in parte controbilanciata dalla previsione di una durata del rapporto limitata a 12 mesi, peraltro senza possibilità di proroga (v. succ. §3, lett. B).

L’ulteriore ipotesi di liberalizzazione del contratto a termine è, in effetti, demandata alla contrattazione collettiva. Infatti, i contratti collettivi possono legittimare, nei limiti del 6% dei lavoratori occupa-ti nell’unità produttiva, che le assunzioni con contratto a termine avvengano liberamente, cioè senza necessità di una specifica ra-gione giustificatrice, quando si verifichino determinate circostanze della vita di un’impresa. In particolare, l’assunzione deve avveni-re nell’ambito di un processo organizzativo determinato:

— dall’avvio di una nuova attività; — dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; — dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico;— dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e

sviluppo; — dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente.

Sono abilitati i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavora-tori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano naziona-le, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati.

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Parte Prima: La riforma dei contratti di lavoro24

Questa ultima ipotesi di liberalizzazione, derivante dal contratto collettivo, è alternativa alla prima, fissata direttamente dalla legge di riforma.

In pratica, le aziende potranno assumere liberamente lavoratori a tempo determinato, senza necessità di individuare per iscritto una ragione giustificatrice:

— se si tratta del primo contratto con il lavoratore; — oppure se l’azienda si trova in una delle circostanze previste dal

contratto collettivo (sempreché in sede di contrattazione colletti-va si sia recepita la delega contenuta nella legge).

Una differenza, tra la prima e la seconda ipotesi, riguarda le limita-zioni poste all’azienda che assume. Nel primo caso — primo con-tratto a termine — il rapporto di lavoro deve durare al massimo 12 mesi. Nel secondo caso — assunzioni per circostanze previste dal contratto collettivo — non si deve superare il 6% del totale dei lavo-ratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva (ma il rapporto di lavoro può durare anche più di un anno).

Entrambe le ipotesi di liberalizzazione del contratto a termine, o più precisamente di acausalità, si applicano anche al ricorso di lavoratori in regime di somministra-zione (v. succ. §8).

La ragione (di ordine tecnico o produttivo o organizzativo o sostitu-tivo) posta a base dell’assunzione a tempo determinato deve esse-re indicata specificamente nel contratto. Il legislatore richiede infatti la forma scritta dell’accordo da cui deve risultare direttamente o indirettamente il termine del contratto.

Il termine del contratto può essere determinato direttamente (una precisa data) oppure può risultare indirettamente in quanto connesso ad un evento futuro che si verificherà con certezza, anche se le parti del contratto non sanno esattamen-te quando (termine certus an sed incertus quando), come nel caso di assunzio-ne a termine per sostituzione in cui si faccia riferimento «alla non prefissata data di rientro del lavoratore sostituito».

In mancanza di forma scritta, il D.Lgs. 368/2001 stabilisce che «l’ap-posizione del termine è priva di effetto» e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato (art. 1, co. 2).

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