LA RIFORMA DELLA RESPONSABILITÀ DEL MEDICO: LA LEGGE GELLI …

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Approfondimenti R. Martini La legislazione penale ISSN: 2421-552X 1 24.3.2018 LA RIFORMA DELLA RESPONSABILITÀ DEL MEDICO: LA LEGGE GELLI- BIANCO di Riccardo Martini (Dottore di ricerca in Diritto penale; avvocato del Foro di Massa) SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Il nuovo art. 590 sexies Cp. - 3. I criteri per l'esegesi: il ruolo dell'art. 5 l. 24/2017. - 4. I nuovi confini del penalmente irrilevante. - 5. Il punto di vista delle Sezioni Unite della S.C. - 6. L'impegno dello Stato. - 7. Sull'ultimo inciso dell'art. 590 sexies co. 2 Cp: l'ambito applicativo... - 7.1. … e l'esegesi. - 8. L'errore materiale nella prestazione della cura. - 9. La successione delle leggi penali nel tempo. - 10. Le linee guida nel presente e nel futuro della l. 24/2017. 1. L'ambito d’azione del medico rappresenta, da lungo tempo, una sorta di isola all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, specialmente per quanto attiene all'area del diritto penale. Da una parte, si è assistito all'affermazione sociale del bisogno di responsabilizzazione del medico (in ambito penale e civile), sia come frutto dell'evoluzione della concezione sociale del rapporto tra medico e paziente dal tipo “paternalistico” a quello “collaborativo” 1 , sia come conseguenza di quel senso comune, sempre più diffuso, di diffidenza nei confronti della medicina. D'altra parte, in sede di giudizio civile o penale è possibile percepire in modo tangibile come l'accertamento della responsabilità del medico sia sempre più concepito come viatico e strumento per l'ottenimento di un risarcimento pecuniario che compensi la sofferenza dei pazienti o dei loro familiari, liquidato da una compagnia di assicurazione o dall'ente pubblico. Nell'affermarsi di quest'ultima tendenza si deve evidenziare, peraltro, la responsabilità della stessa classe giudicante: spesso disposta, almeno apparentemente, a condannare il sanitario a pochi mesi di detenzione sospesi ex art. 163 Cp pur di soddisfare le pretese risarcitorie delle parti civili, tanto che ogni avvocato è, oggi, consapevole che le maggiori chances di assoluzione discendono da una trattativa risarcitoria di successo coi danneggiati. Il meccanismo, che strumentalizza il processo e ne distorce i fini, finisce per schiacciare, nei propri ingranaggi, la persona del medico. Ad ogni azione, però, corrisponde una reazione: è in questo senso che, da un 1 Caratteristica della superata concezione sociale “paternalistica” era la posizione di fondamentale supremazia culturale del medico nella determinazione dell'approccio terapeutico: era il sanitario a determinare la terapia e la valutazione del rapporto costi/benefici di ogni intervento. Al contrario, la concezione che vede, oggi, il medico ed il paziente collaborare alla pari per la salute del secondo, pone al centro di ogni scelta terapeutica il paziente, nei cui confronti il medico assume la funzione di consigliere ed esecutore della terapia scelta di comune accordo. Per quanto questa seconda concezione risulta, evidentemente, maggiormente in linea con la definizione costituzionale del diritto di autodeterminazione individuale (l'art. 32 Cost. rappresenta, sotto questo aspetto, il migliore esempio immaginabile), essa cela in sé il germe di una deriva patologica: l'affermarsi di una concezione del medico “servo” del paziente, ossia del sanitario concepito come semplice manovale per scelte terapeutiche compiute in esclusiva dal paziente, magari a seguito di una sommaria raccolta di informazioni sui social media.

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LA RIFORMA DELLA RESPONSABILITÀ DEL MEDICO: LA LEGGE GELLI-

BIANCO

di Riccardo Martini (Dottore di ricerca in Diritto penale; avvocato del Foro di Massa)

SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Il nuovo art. 590 sexies Cp. - 3. I criteri per l'esegesi: il ruolo

dell'art. 5 l. 24/2017. - 4. I nuovi confini del penalmente irrilevante. - 5. Il punto di vista delle Sezioni Unite della S.C. - 6. L'impegno dello Stato. - 7. Sull'ultimo inciso dell'art. 590 sexies co. 2 Cp: l'ambito applicativo... - 7.1. … e l'esegesi. - 8. L'errore materiale nella prestazione della cura. - 9. La successione delle leggi penali nel tempo. - 10. Le linee guida nel presente e nel futuro della l. 24/2017.

1. L'ambito d’azione del medico rappresenta, da lungo tempo, una sorta di isola

all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, specialmente per quanto attiene all'area del diritto penale. Da una parte, si è assistito all'affermazione sociale del bisogno di responsabilizzazione del medico (in ambito penale e civile), sia come frutto dell'evoluzione della concezione sociale del rapporto tra medico e paziente dal tipo “paternalistico” a quello “collaborativo”1, sia come conseguenza di quel senso comune, sempre più diffuso, di diffidenza nei confronti della medicina. D'altra parte, in sede di giudizio civile o penale è possibile percepire in modo tangibile come l'accertamento della responsabilità del medico sia sempre più concepito come viatico e strumento per l'ottenimento di un risarcimento pecuniario che compensi la sofferenza dei pazienti o dei loro familiari, liquidato da una compagnia di assicurazione o dall'ente pubblico. Nell'affermarsi di quest'ultima tendenza si deve evidenziare, peraltro, la responsabilità della stessa classe giudicante: spesso disposta, almeno apparentemente, a condannare il sanitario a pochi mesi di detenzione sospesi ex art. 163 Cp pur di soddisfare le pretese risarcitorie delle parti civili, tanto che ogni avvocato è, oggi, consapevole che le maggiori chances di assoluzione discendono da una trattativa risarcitoria di successo coi danneggiati.

Il meccanismo, che strumentalizza il processo e ne distorce i fini, finisce per schiacciare, nei propri ingranaggi, la persona del medico.

Ad ogni azione, però, corrisponde una reazione: è in questo senso che, da un

1 Caratteristica della superata concezione sociale “paternalistica” era la posizione di fondamentale supremazia culturale del medico nella determinazione dell'approccio terapeutico: era il sanitario a determinare la terapia e la valutazione del rapporto costi/benefici di ogni intervento. Al contrario, la concezione che vede, oggi, il medico ed il paziente collaborare alla pari per la salute del secondo, pone al centro di ogni scelta terapeutica il paziente, nei cui confronti il medico assume la funzione di consigliere ed esecutore della terapia scelta di comune accordo. Per quanto questa seconda concezione risulta, evidentemente, maggiormente in linea con la definizione costituzionale del diritto di autodeterminazione individuale (l'art. 32 Cost. rappresenta, sotto questo aspetto, il migliore esempio immaginabile), essa cela in sé il germe di una deriva patologica: l'affermarsi di una concezione del medico “servo” del paziente, ossia del sanitario concepito come semplice manovale per scelte terapeutiche compiute in esclusiva dal paziente, magari a seguito di una sommaria raccolta di informazioni sui social media.

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lato, si è manifestato il fenomeno della c.d. “medicina difensiva”, col quale il sanitario cerca di tutelarsi contro questo meccanismo sacrificale2, e, dall'altro, si è affermata l'esigenza di delimitare l'area di responsabilità del medico, dapprima esegeticamente, ad opera della giurisprudenza di legittimità (per altro, con interventi di carattere altalenante), e quindi sul piano legislativo.

La più risalente giurisprudenza 3 aveva adottato la soluzione di mutuare il criterio di rilevanza delineato dall'art. 2236 Cc in tema di responsabilità del prestatore d'opera: «Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave».

Questa soluzione consentiva di esonerare il medico da responsabilità per errori che, sotto il profilo del discostamento della condotta dalle leges artis ed al cospetto di casi di difficile risoluzione, apparivano di modesta entità; essa era, peraltro, praticabile solo di fronte ad un'imperizia del sanitario, ed in questa definizione aveva ricevuto addirittura l'avallo della Consulta4.

Peraltro, a partire dagli anni '80 del secolo scorso, la giurisprudenza, anche in ragione delle sopra illustrate dinamiche di distribuzione sociale dei rischi e dei costi dell'attività medica 5 , aveva progressivamente abbandonato questa soluzione, riconducendo la disciplina della colpa medica a quella generale sancita dall'art 43 Cp e tornando, quindi, ad assegnare rilevanza penale anche alla colpa lieve6.

Parallelamente all'evoluzione degli orientamenti giurisprudenziali, si è progressivamente affermata la necessità di porre a confronto, in fase di giudizio, le scelte terapeutiche con quanto prescritto dalle c.d. “linee guida”: dal momento che queste incarnano, sul piano astratto, le leges artis della medicina, è naturale che siano progressivamente divenute il parametro valutativo per eccellenza del giudizio

2 Declinata nelle due versioni di difesa “attiva”, riconoscibile qualora il medico disponga nei confronti del paziente trattamenti ed esami non necessari, al solo scopo di porsi al riparo da qualunque critica che possa un domani essergli mossa, con questo però intaccando pesantemente sia le capacità economiche, sia l'efficienza della sanità pubblica; e “passiva”, nel caso in cui un medico, molto poco commendevolemente, semplicemente rifiuti di prendere in carico un caso difficile.3 V., a titolo di esempio, Cass. IV 17.2.1981. Per un approfondimento storiografico, v. Cass. 29.1.2016 n. 16237 D.N. e Cass. 20.4.2017 n. 28187. Laddove non sarà diversamente specificato, nel testo del presente contributi ogni sentenza è tratta dal sito www.iusexplorer.it .4 V. C. cost. 28.11.1973 n. 166. La Consulta, peraltro, aveva ritenuto costituzionalmente conforme tale discriminazione sulla sola base della esegesi ed applicazione in campo penale dell'art. 2236 Cc.5 Cass. n. 16237/2016, sul punto, fa soprattutto riferimento alla necessità di limitare la tendenza a dimostrare un'eccessiva indulgenza nei confronti del medico, frutto di una concezione del rapporto tra questi ed il paziente ancora ispirata ad una visione “paternalistica”.6 A questo proposito è interessante notare come a pochi mesi dalla sopra richiamata Cass. IV 17.2.1981, la S.C. avesse già manifestato un'inversione di tendenza, segno evidente della presenza di differenti correnti di pensiero all'interno della Corte: con pronunzia Cass. IV 9.6.1981 la stessa sezione ha affermato che «La sussistenza della colpa professionale del sanitario deve essere valutata con larghezza e comprensione, per le peculiarità dell'esercizio dell'arte medica e per le difficoltà dei casi particolari, ma pur sempre nell'ambito dei criteri dettati, per la individuazione della colpa medesima, dalla norma dell'art. 43 c.p. L'accertamento non può essere effettuato in base agli elementi dettati dall'art. 2236 c.c.»; particolare mitezza, quindi, ma escludendosi la percorribilità del binario parallelo, a scartamento ridotto, dell'art. 2236 Cc.

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di colpa. Peraltro, la natura multiforme sia dei contenuti precettivi, sia delle fonti di emanazione delle suddette linee guida (che si riflettono, a loro volta, nella individuazione dei valori di riferimento per la definizione dei comandi operativi), ha posto gli interpreti del diritto di fronte all'arduo compito di determinare i requisiti in base ai quali riconoscere natura cautelare ad un precetto contenuto in tali testi7.

La L.189/2012, art. 3, innovando il contenuto del d.l. 13.9.2012 n. 158 “Balduzzi”, aveva sancito che «l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve».

Nella sua formulazione definitiva, la norma recuperava i risultati di un'elaborazione giurisprudenziale e dottrinale decennale, focalizzando l'attenzione dell'interprete su due temi comunque sensibilmente dibattuti: quello della definizione dei criteri idonei a stabilire quando una linea guida, od una buona pratica, potesse essere ritenuta accreditata dalla comunità scientifica e quello della delimitazione del confine tra colpa grave e colpa lieve8.

Peraltro, le prime applicazioni processuali del d.l. “Balduzzi” furono di stampo “reazionario”, conservando l'esclusione dei casi di negligenza ed imprudenza dalla limitazione della responsabilità, così come già tradizionalmente praticato in caso di applicazione dell'art. 2236 Cc9.

Il d.l. “Balduzzi” è giunto alla fine del suo periodo vitale forse prematuramente10, sicuramente prima che il dibattito esegetico fosse del tutto esaurito. In ogni caso, la riforma “Gelli-Bianco” ha introdotto un'ulteriore evoluzione della disciplina della risposta penale all'agire colposo del medico.

7 Sul punto si veda C. Brusco, Linee guida, protocolli e regole deontologiche. Le modifiche introdotte dal c.d. decreto Balduzzi; e D. Pulitanò, Responsabilità medica: letture e valutazioni divergenti del novum legislativo, entrambi in DPenCont, 4/2013, 51 ss. e 73 ss. rispettivamente, Sulla necessità di valutare l'attendibilità euristica e le finalità teleologiche della linea guida v. Cass. 23.11.2010 n. 8254, Grassini; Cass. 29.9.2009 n. 38154, Ronzoni; per un approfondimento v. Cass. 11.7.2012 n. 35922.8 Su questi temi si rinnovò lo sforzo definitorio di dottrina e giurisprudenza, che approdarono alla definizione di standards valutativi discretamente raffinati: v., ad esempio, Cass. n. 16237/2016.9 V. Cass. 23.5.2014 n. 36347. Come peraltro evidenziato in sede di commenti dottrinali e dal successivo pensiero della giurisprudenza di legittimità, questa esclusione era in verità il frutto di una petizione di principio: si escludeva l'operatività dell'effetto esimente in relazione ai casi di negligenza ed imprudenza osservandosi che le Linee Guida contengono, tendenzialmente, solo norme di prudenza. Su questo orientamento v. L. Risicato, Linee guida e imperizia “lieve” del medico dopo la l. 189/2012: i primi orientamenti della Cassazione, in DPP 6/2013, 691. Per un superamento di questo orientamento v. Cass. 19.1.2015 n. 9923 e il commento di P. Piras, Culpa levis sine imperitia non excusat: il principio si ritrae e giunge la prima assoluzione di legittimità per la legge Balduzzi, www.penalecontemporaneo.it, 25.4.2015.10 Il limitato periodo vitale della norma non ha consentito che sulla sua applicazione si consolidasse un definitivo e consolidato orientamento applicativo della giurisprudenza di legittimità, che avrebbe potuto, col tempo, porre rimedio alle residue problematiche applicative. D'altro canto, se il legislatore avesse voluto espressamente limitare l'esenzione da responsabilità ai casi di imperizia, avrebbe potuto semplicemente modificare il testo dell'art. 3 d.l. 158/2012.

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2. La legge 8.3.2017 n. 2411 ha introdotto una serie di «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie»12. L'art. 6 della legge citata ha introdotto il nuovo art. 590 sexies Cp – «responsabilità penale dell'esercente la professione sanitaria” – con l'indiscutibile merito di aver ricondotto entro l'ambito codicistico la disciplina, pur sempre speciale, riservata alle lesioni od omicidio colposi realizzati nell'esercizio di una professione sanitaria.

Il nuovo art. 590 sexies Cp è composto di due commi: il primo fa generale rinvio alla disciplina contenuta negli artt. 589 e 590 Cp, il secondo presenta il suo contenuto riformatore: una controversa13 esclusione della “punibilità” nei casi in cui, per quanto l'evento sia stato cagionato da imperizia (escluse, quindi, negligenza ed imprudenza), la condotta del sanitario si sia comunque rivelata conforme alle «linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali», ad un'ulteriore condizione: «che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto». Essendo stato l'art. 3 co. 1 d.l. 158/2012 espressamente abrogato dall'art. 6 co. 2 l. 24/2017, è stato fugato il rischio di dover procedere ad una lettura integrata delle due norme.

Gli elementi della riforma più significativi sono i seguenti: 1) la limitazione normativa della operatività della disciplina speciale ai soli casi di imperizia con rimozione della distinzione tra colpa grave e colpa lieve; 2) l'avocazione da parte dello Stato dell'impegno a definire le linee guida che esprimano al meglio le leges artis della medicina, lasciando solo in via subordinata alla prassi professionale il compito di fare sedimentare le «buone pratiche clinico-assistenziali»; 3)

11 Per un commento v. L. Risicato, Il nuovo statuto penale della colpa medica: un discutibile progresso nella valutazione della responsabilità del personale sanitario, LP 5.6.2017; v. anche A. Vallini, Linee guida e colpa medica nel quadro teorico del concorso di regole cautelari, un’interpretazione teleologica, e conforme alla lettera, dell'art. 590 sexies CP, LP 7.12.2017.12 Per un approfondimento dell'impatto della riforma nell'area civile, v. M. Faccioli, La nuova disciplina della responsabilità sanitaria di cui alla legge n. 24 del 2017 (c.d. “legge Gelli -Bianco”): profili civilistici, in SI, prima parte 6/2017, 659; seconda parte 7-8/2017, 781.13 Molto convincente sul punto F. D'Alessandro, La responsabilità penale del sanitario alla luce della riforma “Gelli-Bianco”, in DPP 5/2017, 576: l'autore ritiene infatti che non sia convincente (per quanto plausibile) la soluzione di concepire la norma in esame come una causa di non punibilità in senso stretto, dato che il legislatore sembrerebbe escludere il giudizio di sopravvivente illiceità della condotta che l'istituto presuppone, e propende quindi per inquadrare la norma in una forma di «limitazione del tipo dell'illecito colposo, che viene amputato di uno dei profili di rimproverabilità soggettiva che potrebbero descriverlo». La soluzione prospettata appare condivisibile perché, da un lato, consente di evitare lo storico paradosso rappresentato dal motto “in culpa sine culpa” (a suo tempo tra gli altri denunciato, in riferimento al decreto “Balduzzi”, da P. Piras, In culpa sine culpa, commento all'art. 3 I co. l. 8 novembre 2012 n. 189, su www.penalecontemporaneo.it 26.11.2012), descrittivo della posizione del medico pacificamente imperito ma al tempo stesso ritenuto estraneo da colpa, dall'altro si concilia con l'intento normativo di elevare e proteggere il sanitario che si adegui al dovere sancito dall'art. 5 co. 1 l. 24/2017. Con sentenza Cass. 19.10.2017 n. 50078 la S.C. ha qualificato la disposizione come causa di non punibilità, introdotta per una scelta di politica criminale volta a favorire il medico al fine di contenere il fenomeno della medicina difensiva. In questo solco si sono poi inserite le S.U. Della Suprema Corte con la sentenza Cass. S.U. 22.2.2018 n.8770.

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l'introduzione dell'ultimo inciso, che almeno apparentemente appare idoneo a limitare fortemente la ricaduta applicativa della novella, recuperando un ampio spazio di operatività alla discrezionalità del giudicante14.

Questo approfondimento si concentrerà particolarmente sui sopra evidenziati punti critici. In aggiunta, si svilupperanno alcune riflessioni sulla tipologia dell'imperizia “scusata” e sulla successione nel tempo delle differenti discipline.

3. Una corretta esegesi della norma non può prescindere da una riflessione che

porti all'emersione dei criteri orientativi che hanno condotto alla sua formazione. Questa indagine impone di valorizzare il contesto che ha portato all’approvazione della novella.

A questo fine può rivelarsi utile porre in luce la riflessione maturata, già da diverso tempo, da Giovannangelo De Francesco sul tema del corretto inquadramento giuridico che deve essere dato all'atto medico15. L'autore ha, da tempo, assunto una posizione personale in merito al dibattito circa l'esistenza ed i contenuti della ipotesi scriminante atipica dell'esercizio dell'attività sanitaria, evidenziando come il problema sia fondamentalmente mal posto: difatti non è corretto ritenere che l'atto medico assuma, di per sé, contenuto tipico, in quanto esso integra l'adempimento dello scopo istituzionale del medico e rappresenta, pertanto, un comportamento conforme all'ordinamento giuridico16. Il fondamento sistematico dell'attività medico-chirurgica, per usare le parole dell'autore17, non è rappresentato dalla giustificazione.

Ciò su cui l'autore focalizza l'attenzione è la necessità di riflettere sui contenuti del dovere che grava in capo al medico, che non è quello di salvare, ma quello di prestare la migliore cura disponibile18 . Non meraviglia, a questo punto, che gli interventi legislativi degli ultimi anni si focalizzino proprio sul tentativo di legare la possibilità di muovere al medico un rimprovero penale alla constatazione di un evidente discostamento da quanto prescritto dalle leges artis.

Quanto sopra osservato si rispecchia anche nella parte della l. 24/2017 volta a disciplinare i doveri del medico. Quanto prescritto dall'art. 5 co. 1 della legge19, infatti,

14 Alcuni di questi nodi problematici sono stati da subito individuati dalla dottrina, si veda ad esempio G. Iadecola, Qualche riflessione sulla nuova disciplina della colpa medica per imperizia nelle legge 8 marzo 2017 n. 24 (legge cd. Gelli-Bianco), in DPenCont 6/2017, 53 ss.15 Per un percorso riassuntivo del pensiero dell'autore, oltretutto sviluppato per una prima esegesi dell'art. 590 sexies Cp, v. G. De Francesco, In tema di dovere terapeutico, colpa medica e recenti riforme, LP 2.5.2017.16 L'autore (G. De Francesco, op. cit., 1) pone in evidenza il paradosso insito nel ritenere che l'adempimento del dovere di tutelare la salute si incarni in una condotta penalmente rilevante. In questa prospettiva, infatti, il medico si ritrova schiacciato tra due condotte alternative comunque tipiche: rifiutare le cure cagionando una lesione o la morte del paziente, o prestarle.17 V. nota precedente18 Peraltro, l'autore (G. De Francesco, op. cit., 3) specifica anche che ciononostante in capo al medico gravi comunque un obbligo di risultato, coincidente appunto con lo svolgere la propria attività in modo conforme alle leges artis. 19 «Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le

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da un lato recepisce il pensiero della richiamata dottrina: il dovere del medico ha carattere modale, e consiste nell'adeguare la propria terapia allo stato dell'arte del sapere scientifico; dall'altro manifesta la tendenza (ed auspicio) che tali doveri siano cristallizzati, positivizzati in linee guida che siano recepite ed accreditate a livello statale. Questo ultimo aspetto, che rappresenta il carattere di maggiore novità dell'intera novella, esprime l’intento di uniformare i saperi scientifici e le procedure alle quali sia i medici, sia successivamente i giudici, dovranno fare riferimento. In altre parole, uno degli obbiettivi perseguiti dal legislatore riformatore è appunto quello di controllare il procedimento di formazione e selezione delle linee guida, in modo da offrire soluzione ad una delle problematiche più dibattute all'indomani della entrata in vigore del d.l. “Balduzzi”: quella di discernere tra linee guida virtuose, in quanto modellate esclusivamente sulle leges artis, e linee guida ispirate da necessità più pragmatiche20.

Solo in mancanza di tali linee guida accreditate, il dovere del medico torna ad essere quello di sempre, ossia il dovere di adeguarsi alle buone pratiche, stratificazione fenomenica della miglior scienza ed esperienza21.

A differenza di quanto avvenuto in passato, quindi, linee guida e buone pratiche

specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali».20 Per un approfondimento della questione v. C. Brusco, Linee guida, protocolli e regole deontologiche. cit., 53 ss. Peraltro, L. Risicato, op. cit., 10, ha osservato, molto perspicacemente, come l'art. 1 l. 24/2017 ponga tra le finalità primarie della legge quella di predisporre sistemi di risk management indirizzati a contenere la spesa pubblica; si viene così a delineare un contrasto tra due obiettivi apparentemente inconciliabili: quello di ottimizzare la spesa sanitaria e quello di garantire il più evoluto livello della prestazione sanitaria, in modo dichiaratamente indipendente da qualsiasi valutazione economica.21 Sotto tale aspetto, si deve peraltro evidenziare come le stesse “buone pratiche” siano, a loro volta, sottoposte ad una forma di monitoraggio a livello nazionale: l'art. 3 l. 24/2017 prescrive infatti l'istituzione dell'Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità (effettivamente istituito con d.m. 29.9.2017), avente lo scopo congiunto di raccogliere dati statistici relativi ad eventi avversi e contenzioso ed individuare «idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure nonché per la formazione e l'aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie», «anche mediante la predisposizione, con l'ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie di cui all'articolo 5, di linee di indirizzo». Nei confronti delle buone pratiche, quindi, la funzione dell'osservatorio è in qualche modo equivoca: per quanto la sua funzione precipua sia quella di monitoraggio (né potrebbe essere differente, trattandosi, appunto, di prassi), sembra che all'ente sia conferito anche un compito di impulso alla loro formazione e definizione. Sin da ora, infine, sembra possibile scorgere l'emersione di un rischio, ossia quello che, in futuro, siano considerare “buone” ai sensi dell'art. 590 sexies co. 2 Cp solamente le pratiche censite dall'Osservatorio. Questa circostanza trasformerebbe, di fatto, le “buone pratiche” in una sorta di editio minor delle linee guida accreditate. Sulla natura delle “buone pratiche” si è diffusa L. Risicato, op. cit., 11. L'autrice evidenzia come, tendenzialmente, sotto tale definizione rientrano norme di diligenza e prudenza del medico.

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possono essere considerate, oggi, come indicazioni vincolanti per il medico; quanto previsto dall'art. 5 l. 24/2017, in sede di definizione della fisionomia dei doveri del sanitario, diviene inevitabilmente criterio essenziale per l'esegesi dell'art. 590 sexies Cp.

4. Introducendo l'art. 590 sexies Cp, il legislatore ha, quindi, innovato

fortemente i criteri di definizione del penalmente irrilevante (rispetto alla disciplina generale applicabile agli artt. 589 e 590 Cp) in tema di responsabilità del medico22.

Si potrebbe ritenere che lo scopo perseguito dal legislatore sia stato quello di fornire all'interprete una norma che ponesse minori difficoltà esegetiche, perché non più incentrata sulla distinzione della colpa lieve da quella grave ed univocamente rivolta ai soli casi di condotte imperite.

Sotto questo aspetto, la novella può essere esaminata in due prospettive: in chiave applicativa, è possibile valutare se davvero si sia conseguita una semplificazione; è poi possibile entrare nel merito della disciplina, per esprimere su di essa un giudizio critico.

Sotto il profilo applicativo, non si ritiene che la nuova norma rappresenti un deciso passo in avanti verso il rispetto del principio di determinatezza. Da un lato, si deve porre in evidenza come l'elaborazione giurisprudenziale del d.l. “Balduzzi” avesse consentito di raggiungere una definizione ragionevolmente affidabile della distinzione tra colpa medica lieve o grave: posto che tale giudizio si fonda sulla misura della divergenza tra condotta realizzata e condotta attesa, apprezzata sulla base di alcuni fattori (ad esempio, quello delle condizioni oggettive del medico ed il suo livello di specializzazione, ed il contesto materiale e temporale nel quale la cura è stata prestata), sarebbe possibile riconoscere la colpa grave solamente al cospetto di discostamenti «ragguardevoli rispetto all'agire appropriato … quando cioè il gesto tecnico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente»23; al contrario, laddove il caso concreto si fosse determinato particolarmente oscuro od impellente, la colpa del medico dovrebbe valutarsi come lieve24.

Quanto evidenziato consente di ritenere che, con la novella, il legislatore abbia voluto rimuovere un problema almeno parzialmente superato, per quanto resta

22 Evidente l'evoluzione particolarmente sincopata: soltanto negli ultimi anni, infatti, dapprima il decreto “Balduzzi” è stato interpretato come riferibile esclusivamente ai casi di imperizia, poi la Giurisprudenza di legittimità ha finalmente abbandonato la propria interpretazione discriminatoria, salvo poi dover constatare come essa sia stata recuperata normativamente.23 V. Cass. 11.5.2016 n. 23283, che riassume gli sforzi dell'elaborazione della giurisprudenza di legittimità. Tra gli altri criteri richiamati dalla S.C. anche «l'accuratezza nell'effettuazione del gesto clinico, le eventuali ragioni di urgenza, l'oscurità del quadro patologico, la difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità o novità della situazione data». Per riferimenti precedenti, v. Cass. 29.01.2013 n. 16237.24 R. Bartoli, Ancora difficoltà a inquadrare i presupposti applicativi della legge c.d. Balduzzi, in DPP 5/2016, 643 ss, pone in evidenza come la giurisprudenza di legittimità, negli anni precedenti, non fosse stata così univoca come la S.C. ha da ultimo suggerito con la richiamata pronunzia (Cass. 23283/2016), arrivando addirittura a riconoscere l'esistenza di tre macro orientamenti.

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indiscutibile che, sotto questo punto, lo spazio di discrezionalità del giudicante sia stato limitato25.

Lo stesso non può, però, dirsi in riferimento alla limitazione dell'operatività della nuova disciplina ai soli casi di imperizia: sotto questo aspetto, infatti, già da tempo sia la dottrina26, che la giurisprudenza27, hanno avuto modo di evidenziare come la ripartizione “didascalica” della colpa in negligenza, imprudenza ed imperizia sia in verità destinata, nella prassi, a confrontarsi con l'inevitabile evanescenza dei confini interni alle singole distinzioni. In questo modo, la stessa qualificazione di una condotta come imprudente o negligente, piuttosto che come imperita, è spesso rimessa alla discrezionalità dell'interprete.

Passando al merito della riforma dei confini del penalmente rilevante, è possibile osservare come il passaggio da un criterio di delimitazione quantitativo (ossia incernierato sulla misura della colpa) ad uno qualitativo (fondato esclusivamente sul tipo), sia discutibile: la limitazione alla sola imperizia non è criticabile solo in ragione dell'eccessivo grado di discrezionalità rimesso al giudicante, ma anche perché introduce disparità di trattamento non giustificate28, una volta assodato come le linee guida possano contenere anche regole di prudenza e diligenza e considerata l’opinabilità ed elasticità di tale catalogazione29. La stessa rimozione del criterio di selezione basato sul grado della colpa non fa che aggravare l’effetto discriminatorio della nuova norma: laddove una imperizia grave, ma conforme alle linee guida, potrebbe essere immune da responsabilità, lo stesso non potrebbe dirsi per una lieve negligenza od imprudenza30.

Circa la possibilità di configurare un'esenzione da responsabilità al cospetto di una colpa grave, si rileva che tale esito esegetico sia, almeno sul piano astratto, inevitabile. Sotto il profilo pratico-applicativo, peraltro, si nota come sia

25 Critica nei confronti di questa scelta è anche L. Risicato, op. cit., 17.26 Sul punto v. F. D'Alessandro, op. cit., 577: l'autore denuncia con grande allarme l'enorme tasso di discrezionalità rimesso nelle mani del giudicante in riferimento alla definizione del tipo di colpa nel quale inquadrare la condotta del medico, osservando come tale qualificazione, rimessa in primo luogo nelle mani della pubblica accusa, sia tale da poter conferire alla futura giurisprudenza di legittimità un andamento rapsodico; similmente anche L. Risicato, op. cit., 15.27 V. Cass. n. 16237/2016, Denegri; la S.C. evidenzia come il problema sia maggiormente sentito al cospetto di condotte omissive: l'omettere di chiedere un consulto ad altro specialista, ad esempio, potrebbe essere qualificato come imprudenza, ma anche come imperizia, laddove si ritenga che l'errore del medico sia frutto del mancato riconoscimento dei presupposti di attivazione del dovere di approfondimento diagnostico. Queste valutazioni, peraltro, avevano condotto la Corte a rifiutare un'interpretazione della legge “Balduzzi” che fosse limitata esclusivamente ai casi di imperizia.28 Ma sul punto v. infra, sub § 9.29 G. De Francesco, op. cit., 7, esorta a non sopravvalutare la limitazione alla sola perizia: al cospetto di una posizione di garanzia, quale quella del medico, la negligenza è necessariamente di natura qualificata, in modo tale da coincidere con la imperizia. Questa stessa osservazione, peraltro, non fa che confermare la inadeguatezza descrittiva della tripartizione dei modelli di colpa ai fini dell'incriminazione.30 Evidenzia il potenziale contrasto della nuova disciplina con l'art. 3 Cost la S.C. con la sentenza Cass. n. 50078/2017: nell'obiter dictum la S.C. evidenzia di non sollevare questione di legittimità costituzionale della norma per irrilevanza della decisione per il caso di specie. Critico sull'intrinseco carattere discriminatorio è anche A. Vallini, op. cit., 22.

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materialmente difficile configurare l'ipotesi di un grave discostamento dalla condotta doverosa che sia al tempo stesso conforme a quanto prescritto dalle linee guida e dalle specificità del caso concreto31.

Questione a parte, poi, è quella di carattere generale relativa all'opportunità di conservare all'interno del nostro sistema penale la rilevanza della colpa lieve32.

Infine, in dottrina33 non si è mancato di fare notare che l'attuale disciplina sia rivolta esclusivamente ai casi di omicidio o lesioni colpose, laddove il precedente decreto “Balduzzi” si si estendeva a qualsiasi illecito penale; evidente, allora, la discriminazione del medico autore di un fatto di aborto colposo o parto prematuro ai sensi dell'art. 17 l. 22.5.1978 n. 194.

5. Interessate con decreto del Primo Presidente della Corte di Cassazione, le

Sezioni Unite si sono recentemente misurate col compito di individuare tra il decreto “Balduzzi” e la l. “Gelli Bianco” la c.d. lex mitior34. Per risolvere il quesito loro sottoposto, le Sezioni Unite hanno necessariamente dovuto approfondire, sul piano esegetico, la portata contenutistica dell'art. 590 sexies Cp35.

L'esito ermeneutico raggiunto dalla S.C. è autenticamente sensazionale: nonostante la sua apparente formulazione letterale, la nuova norma conserverebbe implicitamente la discriminazione tra colpa lieve e colpa grave già caratteristica dell'art. 3 d.l. 158/2012, limitando alla prima l'operatività della causa di non punibilità36.

Partendo dal presupposto per cui la novella non possa rappresentare «“Scudo” contro ogni ipotesi di responsabilità», la S.C. osserva come l'errore non punibile del medico non possa più, a differenza che in passato, riguardare la fase di individuazione delle linee guida (che dovranno sempre essere adeguate), e potrà quindi emergere solo nella successiva fase attuativa. Dettando una tutt'altro che trascurabile serie di intransigibili adempimenti del medico37, la S.C. immagina la condizione alla quale l'errore colpevole del medico che abbia comunque determinato l'evento possa non essere punito: «può dirsi che si rimanga nel perimetro del “rispetto delle linee guida”, quando (cioè) lo scostamento da esse è

31 Sulla difficoltà pratica, ma non impossibilità, si è soffermata anche la già richiamata Cass. n. 50078/2017.32 Per un approfondimento a questa tematica si rinvia a M. Donini, L'elemento soggettivo della colpa. Garanzie e sistematica, in RIDPP, 1/2013, 124 ss. L'autore, in sintesi, auspica una riforma che limiti il rimprovero colposo al caso di colpa grave, onde scongiurare il rischio di oggettivizzazione del giudizio di responsabilità.33 V. L. Risicato, op. cit., 3.34 La segnalazione al Primo Presidente era stata effettuata dal Presidente del Collegio della Quarta Sezione, allo scopo di dirimere un contrasto riscontrabile tra differenti decisioni della medesima sezione, sul quale ci si soffermerà più diffusamente più avanti.35 Il testo integrale della motivazione è disponibile su www.cortedicassazione.it; per un primo commento v. C. Cupelli, L'art. 590-sexies c.p. nelle motivazioni delle Sezioni Unite: un'interpretazione 'costituzionalmente conforme' dell'imperizia medica (ancora) punibile, su www.penalecontemporaneo.it, 1.3.2018.36 In questi termini, si ricorda, è stata qualificata la disposizione dalle S.U. in esame.37 A pagina 21 della motivazione.

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marginale e di minima entità». La conclusione così raggiunta viene rafforzata da una serie di considerazioni

ulteriori: già in passato il legislatore aveva ammesso la praticabilità di una soluzione simile col d.l. “Balduzzi”; ancor prima lo aveva fatto la Consulta con la già richiamata pronunzia C. cost. 28.11.1973 n. 166; questa soluzione esegetica non sarebbe ostacolata dal tenore letterale della norma laddove potesse essere considerata «espressione di una ratio compatibile con l'esegesi letterale e sistematica del comando espresso»38; gli stessi lavori parlamentari, infine, suggerirebbero questa lettura, dal momento che la Commissione giustizia del Senato avrebbe più volte paventato il rischio che la norma, se approvata nei termini che oggi conosciamo, avrebbe potuto prestarsi ad un'interpretazione consentanea all'esclusione della responsabilità penale del medico anche in caso di colpa grave.

Invero, l'esegesi proposta dalle S.U. sembra il risultato di una petizione di principio. In primo luogo, che il medico resti nel percorso tracciato dalle linee guida solamente in caso di colpa lieve è un esito interpretativo tutt'altro che inevitabile39 ed asservito solo ad evitare il rischio, paventato dalla S.C., di «un evidente sbilanciamento nella tutela degli interessi sottesi» corrispondente alla «indifferenza dell'ordinamento penale rispetto a gravi infedeltà alle leges artis». In secondo luogo, la pregnanza degli argomenti utilizzati dalla S.C. è opinabile: l'evoluzione giurisprudenziale richiamata dalle Sezioni Unite dimostra, infatti, la praticabilità, e non la obbligatorietà, della discriminazione tra i due gradi della colpa; ugualmente, il monito lanciato dalla Commissione Giustizia del Senato può essere considerato come una conferma del fatto che il Parlamento ha, consapevolmente, approvato una legge in cui tale distinzione, prima esistente, non assume più rilevanza.

In conclusione, è possibile osservare che nonostante la scomparsa della distinzione tra colpa lieve e colpa grave sia, assieme a molti altri aspetti problematici, una caratteristica criticabile della riforma “Gelli Bianco”, tale fatto non giustifichi affatto che dell'art. 590 sexies Cp sia effettuata un'interpretazione palesemente contraria al suo senso letterale; tanto più laddove si consideri che tale esegesi, in quanto finalizzata a limitare l'effetto esimente della disciplina, si ponga innegabilmente a sfavore del reo.

6. L'impegno dello Stato a sviluppare il già esistente Sistema nazionale per le

linee guida (o SNLG)40, di cui all'art. 5 co. 3 l. 24/2017, rappresenta l'elemento di

38 Ed in questo senso, la coerenza ordinamentale della esegesi viene fatta discendere dalla S.C. dall'intera evoluzione del pensiero penalistico in punto di responsabilità colposa del medico, a partire dall'art. 2236 Cc e fino agli ultimi arresti della giurisprudenza di legittimità sul d.l. “Balduzzi” (ed anzi, la limitazione dell'art. 590 sexies Cp al solo caso di imperizia imporrebbe ancora di più di delimitare l'operatività della causa di non punibilità al caso di colpa lieve).39 In questo senso è possibile osservare come tra le differenti soluzioni interpretative proposte dalla dottrina nessuna percorra questa strada.40 Introdotto con d.m. 20.6.2004 col fine (art. 1 co. 4) di «promuovere le Linee Guida come strumento effettivo del Governo Clinico e dell’organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, è necessario che lo sviluppo e la produzione delle Linee Guida si ano coerenti rispetto ai vigenti Livelli Essenziali di Assistenza».

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maggiore innovazione della riforma “Gelli - Bianco”: esso è funzionale sia a definire i saperi scientifici ai quali il medico deve prioritariamente ispirarsi durante la sua professione (ai sensi dell'art. 5. co. 1 l. 24/2017), sia a fornire a posteriori il metro di giudizio della sua perizia (ai sensi dell'art. 6 co. 2 l. 24/2017). Al tempo stesso, il pieno sviluppo di questa rete di linee guida rappresenta il punto di snodo di un dualismo tra quello che l'art. 590 sexies Cp è e rappresenta oggi, e quello che invece potrebbe essere, una volta sviluppate pienamente le – nuove – potenzialità del SNLG41.

Si è già avuto modo di evidenziare la stringente correlazione tra gli artt. 5 e 6 della legge “Gelli-Bianco”: lo stato di attuazione di quanto previsto dal primo è infatti tale da condizionare fortemente la stessa esegesi ed applicazione del secondo. Fintanto che lo Stato non procederà con l'accreditamento delle linee guida, gran parte della disposizione di cui all'art. 590 sexies co. 2 Cp resterà lettera morta, ed il contenuto sostanziale della norma sarà il seguente: “Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali”.

In questa veste, la norma non rappresenta altro che una forma meno evoluta, o meglio un'autentica regressione rispetto all'art. 3 d.l. “Balduzzi”, in quanto caratterizzata da un richiamo alle buone pratiche clinico assistenziali, definibili solamente tramite quei parametri ermeneutici già definiti dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità che si sono impegnate nell'esegesi del d.l. 158/2012; per quanto riguarda la già criticata mutazione dei criteri di delimitazione del penalmente rilevante, si deve pure osservare che in questo stadio “larvale”42 della riforma l'esclusione della punibilità della imperizia grave risulta ancora più irragionevole43.

Se e quando si svilupperà il “nuovo” SNLG44, inteso non come un'attestazione statale di attendibilità di un pugno di testi scritti, ma come vero e proprio network di linee guida capaci di coprire la grande maggioranza dei casi clinici e di integrarsi tra loro in modo da fronteggiare al meglio le sfaccettature dei casi reali, le potenzialità della riforma saranno ben altre: il medico avrà una maggiore certezza dei suoi doveri (rectius, del comportamento che l'ordinamento si attende da lui),

41 Critico sulle concrete modalità di recepimento delle linee guida è A. De Santis, La colpa medica alla luce della legge “Gelli-Bianco”, in SI 7-8/2017, 797.42 Larvale, perché al momento attuale non è ancora stata recepito, all'interno del SNLG ed ai sensi della legge “Gelli-Bianco”, un numero di linee guida che sia adeguato e che consenta alla riforma di sviluppare pienamente le sue potenzialità. Al momento, infatti, è sulla presenza di buone pratiche che l'art. 590 sexies Cp potrà trovare applicazione.43 Laddove si consideri grave la colpa del medico che poteva senza difficoltà rendersi conto della necessità di uscire dal percorso medico tracciato dalla prassi (ad esempio per la evidenza di alcuni segni che avrebbero suggerito un differente approccio), sembrerebbe preferibile conservare la punibilità penale della condotta colposa, considerato anche come un siffatto errore potrebbe allo stesso tempo essere classificato come imperito (il medico non ha saputo cogliere segnali evidenti), negligente (il medico non li ha neppure cercati) od imprudente (il medico li ha trascurati) sulla base di un atteggiamento interiore del soggetto agente del tutto imperscrutabile in fase di giudizio.44 Per una panoramica sui passi avanti compiuti dal Governo nell'attuazione della l. 24/2017 v. C. Cupelli, L'eterointegrazione della legge Gelli-Bianco: aggiornamenti in tema di linee guida 'certificate' e responsabilità penale in ambito sanitario, in DPP 10/2017, 266.

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specialmente laddove si trovi al cospetto di diverse linee guida e prassi che suggeriscano comportamenti contrastanti od incompatibili, o sia tentato di disporre accertamenti o trattamenti superflui per meri fini “difensivi”; dall'altra il giudicante potrà richiedere al perito una valutazione condotta su parametri oggettivi ed univoci, piuttosto che (come spesso accade nella prassi), incentrati su un estemporaneo e posticcio “esprit de finesse” del consulente, così da rimuovere dal giudizio un elemento di grande aleatorietà. Al tempo stesso, potrebbe diventare meno problematica l'estensione dell'effetto esimente45 ai casi di colpa grave46.

L'impegno che lo Stato si è assunto con l'art. 5 co. 3 l. 24/2014 non deve essere osservato solo per le sue ricadute ermeneutiche. Per quel che concerne il merito della scelta del legislatore, infatti, si deve apprezzare lo sforzo compiuto nel tentativo di rendere più oggettivo e meno indeterminato il giudizio, e soprattutto il fatto che lo Stato si assuma le sue responsabilità nella gestione delle delicate ed intricate dinamiche relazionali tra popolazione, professione sanitaria e giurisdizione; quest'ultimo “passo”, rassicurando i medici sulla oggettività e “preconoscibilità” della perizia che l'ordinamento si attende da loro, potrebbe arrivare a costituire un argine allo stesso fenomeno della medicina difensiva.

7. L'ultimo inciso dell'art. 590 sexies co. 2 Cp, che condiziona l'operatività della

esclusione della responsabilità al fatto che le linee guida seguite dal medico siano adeguate alla specificità del caso di specie, ha fin da subito posto significativi problemi esegetici.

Un’erronea interpretazione di tale inciso, effettivamente, sarebbe in grado di paralizzare, o comunque limitare fortemente, l'ambito applicativo della nuova disciplina, dal momento che è sempre possibile sostenere che il medico imperito abbia trascurato uno degli elementi che caratterizzano il caso clinico di specie, dovendosi, in caso contrario, escludere in radice l'imperizia47.

L'approfondimento del significato dell'inciso presuppone, in primo luogo, che sia definito l'ambito casistico al quale si rivolge.

A ben vedere, nella sua formulazione letterale la disposizione («sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto») sembra riferirsi esclusivamente al caso in cui l'agire del medico sia ispirato alle linee guida accreditate nel SNLG e non alle buone pratiche.

Non si ritiene, a ben vedere, che si tratti di un mero lapsus calami del legislatore, o che renda necessaria una qualche integrazione ermeneutica. Il fatto che le buone pratiche non siano richiamate si spiega in ragione della loro natura: a differenza

45 Inteso, in questo caso, in senso lato ed atecnico, come esenzione dalla responsabilità penale.46 Sarebbe infatti più difficile immaginare un adeguamento dell'agire del medico a questa capillare rete di prescrizioni, oltretutto rispondente alle necessità del caso concreto, che integri comunque una macroscopica deviazione dal comportamento atteso.47 C. Brusco, Cassazione e responsabilità penale del medico. Tipicità e detrerminatezza nel nuovo art. 590 sexies c.p., DPenCont 11/2017, 217, spiega il forte richiamo effettuato dalla norma al rispetto delle linee guida con l'esigenza di recuperare un ambito di tipicità all'interno di un modello di illecito (quello causalmente orientato colposo) che spesso si rivela, sotto quest'aspetto, carente.

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delle linee guida «definite e pubblicate ai sensi di legge», le buone pratiche non sono cristallizzate e quindi si adattano naturalmente al caso specifico, in virtù dell'intreccio dei saperi espressione delle leges artis. In altre parole, il carattere astratto delle linee guida richiede al giudice di dedurre il comportamento dovuto in concreto dal medico, mentre in loro mancanza il giudice ha l'opposto dovere di indurre dal caso clinico concreto un comportamento virtuoso che esprima le buone pratiche della medicina; in questo modo, il confronto con le specificità del caso concreto è intrinseco presupposto dell'individuazione delle pratiche virtuose48.

Ciò considerato, si può concludere che la limitazione della disposizione in esame alle sole linee guida non integri nessuna sostanziale disparità di trattamento; peraltro, si deve rilevare come un'interpretazione integrativa (rectius, un'applicazione analogica) della disposizione anche ai casi delle buone pratiche, sarebbe realizzata in malam partem, vista la funzione limitativa dell'esenzione da responsabilità che essa viene ad assumere.

Quanto osservato consente di cogliere come nell'esegesi ed applicazione dell'ultimo inciso dell'art. 590 sexies co. 2 Cp divenga particolarmente evidente il dualismo diacronico che caratterizza la nuova disciplina: fintanto che non sarà predisposta un'adeguata rete di linee guida recepite nel SNLG, l'ultimo inciso non troverà materiale applicazione, e l'accertamento della responsabilità penale del medico continuerà a ruotare attorno alla verifica del rispetto di norme cautelari indotte in modo fondamentalmente esperienziale dal perito nominato dal giudice, applicando i nuovi criteri di delimitazione del penalmente irrilevante già sopra definiti.

In questo senso, è possibile ritenere che l'applicazione dell'ultimo inciso della disposizione, che di per sé è possibile solo al cospetto di linee guida accreditate, al tempo stesso si palesi come strumento esegetico fondamentale per l'interpretazione del significato dell'intera norma, del suo significato e della sua portata esimente; esattamente come Sherlock Holmes induceva dalle impronte di un uomo la sua corporatura, età e vissuto, lo studioso del diritto penale trarrà dall'interpretazione dell'ultimo inciso il senso e la portata applicativa che l'art. 590 sexies Cp potrebbe essere destinato ad assumere49.

7.1- Un primo passo per addivenire ad un'interpretazione della disposizione può

essere rappresentato dal tratteggiarne le due letture “estreme”: quella più letterale, e restrittiva, è nel senso di ritenere che ogni minima specificità del caso concreto che determini uno scostamento o differenza rispetto al modello teorico adottato dalla linea guida determini l'inapplicabilità della norma speciale; in base all'altra, si potrebbe attribuire rilevanza solamente a scostamenti macroscopici del modello

48 Sviluppa una riflessione simile A. Vallini, op. cit., 20.49 Ed è nelle diversità esegetiche di questo inciso che risiede il cuore delle differenti riflessioni sviluppate sulla norma e i conseguenti esiti ermeneutici raggiunti. V. ad esempio, De Francesco, op. cit., 7, che sfrutta l'esegesi dell'inciso per ricondurre la rilevanza delle linee guida all'interno della dinamica della colpa: «esse accrescono, secondo gli auspicii della nuova legge, la possibilità di “discolparsi”».

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comportamentale dal caso concreto. La prima delle soluzioni prospettate è impraticabile perché chiaramente

paralizzante, sia in ragione delle inevitabili peculiarità che differenzieranno qualsiasi paziente concreto dall'archetipo preso a modello dalla linea guida, sia perché in caso di corrispondenza perfetta tra noumeno e fenomeno dovrebbe, in definitiva, essere semplicemente esclusa l'imperizia.

Anche la seconda lettura sembra impraticabile, in quanto presuppone una valutazione discrezionale in punto di colpa: la valutazione della significatività del discostamento finirebbe surrettiziamente per reintrodurre un criterio di selezione basato sul grado della colpa50.

Non si può ritenere che la giurisprudenza di legittimità, con le sue poche pronunzie, abbia fornito un contributo particolarmente chiarificatore: con la sentenza Cass. IV 19.10.2017 n. 50078, la S.C. ha ritenuto che la norma miri ad esimere da colpa chi, avendo preliminarmente selezionato correttamente le linee guida, ne faccia poi un’erronea applicazione51; la precedente pronunzia Cass. IV 20.4.2017 n. 28187 ne aveva, invece, fornito un'interpretazione fondamentalmente abrogativa (deprivando la norma di un concreto ambito di rilevanza applicativa)52; recentemente, le Sezioni Unite (Cass. S.U. 8770/2018) hanno fornito una lettura della norma in base alla quale l'adeguatezza alle linee guida viene valutata sulla base del grado di discostamento tra l'agire del medico ed il comportamento doveroso.

Per quanto giunga ad esiti interpretativi non condivisi da parte della dottrina53, la richiamata pronunzia Cass. 50078/2017 fornisce un primo spunto per una corretta interpretazione dell'art. 590 sexies co. 2 Cp: l'adeguatezza della linea guida al caso concreto non deve essere intesa in chiave assoluta (ossia totale corrispondenza a tutte le sfaccettature del caso concreto), ma in chiave “programmatica”, pertinenziale (ossia valutando se tale linea guida accreditata sia programmaticamente rivolta, e sia pertinente, al trattamento di casi del genere di quello concreto). Inteso in questi termini l'ultimo inciso della disposizione, diviene possibile interpretare l'art. 590 sexies co. 2 Cp come una preclusione a che sia rivolto, nei confronti del medico che si è attenuto alle linee guida contenute nel SNLG, un

50 Questa soluzione, peraltro, sembrerebbe oggi percorribile sulla base dell'esegesi della norma proposta dalla S.C. con la pronunzia Cass. S.U. 8770/2018.51 Peraltro, l'esimente non opererebbe mai nel caso in cui la selezione delle leges artis da applicarsi fosse erronea, neppure per una sorta di induzione in errore del medico, “fuorviato” dalla presenza di una linea guida accreditata. Contro questa lettura è particolarmente critico A. Vallini, op. cit., 20: l'autore infatti considera che questa interpretazione porrebbe capo ad un irragionevole baratto tra una formale corretta selezione delle leges artis a monte ed una sostanziale impunità per una loro cattiva messa in pratica. Per un commento alla sentenza v. anche P. Piras, La non punibilità della colpa medica in executivis, su www.penalecontemporaneo.it, 5.12.2017.52 Cfr., anche per critica, A. Vallini, op. cit., 23. Per un commento della pronunzia v. anche P. Piras, Il discreto invito della giurisprudenza a fare noi la riforma della colpa medica, www.penalecontemporaneo.it, 4.7.2017; C. Cupelli, La legge Gelli-Bianco in Cassazione: un primo passo verso la concretizzazione del tipo, in CP 2017, 3152 ss; G.M. Caletti - M.L. Mattheudakis, La Cassazione e il grado della colpa penale del sanitario dopo la riforma “Gelli-Bianco”, in DPP 2017, 1369 ss.53 V. A. Vallini, op. cit., 20.

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addebito per colpa “ulteriore”, per non essersi adeguato ad altre e superiori conoscenze scientifiche, patrimonio di una selezionata elite54.

In riferimento alla disciplina generale della colpa penale, la prassi giurisprudenziale ammette la possibilità che sia configurato in capo all'individuo un concorso di doveri cautelari, tra quelli contenuti in leggi, regolamenti, ordini e discipline e quelli invece espressione di diligenza, prudenza ed imperizia e desunti dalla migliore scienza ed esperienza; in questo modo il soggetto agente non può discolparsi dimostrando di essersi attenuto scrupolosamente “soltanto” alle prescrizioni cautelari scritte impartitegli, dal momento che l'agente modello avrebbe avuto la possibilità (e quindi il dovere) di elaborare norme prudenziali ulteriori e superiori. Questo è oggi precluso dall'art. 590 sexies Cp nel caso del medico che non si sia attenuto a saperi superiori rispetto a quelli recepiti dalle linee guida del SNLG pertinenti al caso concreto; tale risultato appare coerente col tenore letterale dell'art. 5 co. 1 l. 24/2017 che, elencando i doveri del medico, non vi include quello di ricercare soluzioni più evolute rispetto a quelle recepite nel SNLG55.

È probabile, però, che le intenzioni del legislatore andassero oltre quanto sopra illustrato, e consistessero nel porre il medico al riparo di uno scudo monumentale, rappresentato dal recepimento di procedure cliniche standardizzate. D'altra parte, già la disciplina generale della colpa vorrebbe che sia possibile rivolgere un rimprovero per non essersi adeguato a saperi superiori, solamente all'agente che ad essi potesse effettivamente accedere, di talché limitare a quanto sopra l'esegesi della norma produrrebbe il solo risultato di omogeneizzare in chiave oggettiva la ricostruzione dell'agente modello in punto di esigibilità dei saperi superiori (risultato, peraltro, non privo di impatto concreto).

In verità, pare che l'esegesi dell'art. 590 sexies Cp possa spingersi fino al punto da limitare il giudizio di colpa al confronto della condotta con le linee guida accreditate pertinenti, esonerando da responsabilità il medico che non si sia adeguato ad altre norme cautelari, anche se queste ultime non siano espressione di saperi superiori od elitari. In altri termini il giudizio si svolgerà secondo la dinamica di accertamento della colpa specifica (a base rigida od elastica)56 o generica (nei casi in cui le linee guida forniscano saperi ma non direttamente regole), ma non potranno essere prese in considerazione conoscenze che, per quanto “ordinarie”, non siano contemplate all'interno delle linee guida accreditate riferibili al caso. In

54 In cui solitamente rientra, sia consentita la nota polemica, il perito di turno nominato dal tribunale.55 Beninteso, è bene chiarire che sarà sempre possibile per un medico percorrere all'inverso la strada appena delineata, dimostrando di aver disatteso le linee guida facendo ricorso ad un sapere superiore reale espressione della migliore scienza ed esperienza. In questo caso, ovviamente, l'allontanamento dalle linee guida escluderà l'applicazione della norma speciale dell'art. 590 sexies Cp, facendo sì che il caso sia giudicato sulla base dello statuto generale della colpa penale.56 Per una distinzione dei due modelli di colpa specifica v. G. De Francesco, Diritto penale i fondamenti2, Torino 2011, 440: il carattere elastico di un comando cautelare non definito in tutti i suoi aspetti impone al giudice di integrare il contenuto precettivo della norma facendo riferimento sia a regole tecniche non desumibili dalla norma positiva sia a regole di comune esperienza (viene riportato come esempio l'art. 141 C.Str.).

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buona sostanza, la norma in esame propone al giudice una definizione normativa, positivizzata e cristallizzata in aura mediocritas, dell'agente modello57.

Questa soluzione sembra rispecchiare, peraltro, la determinazione normativa dei doveri del medico compiuta dall'art. 5 l. 24/2017: lo stesso dovere di ricercare e di aderire alle buone pratiche clinico-assistenziali è, infatti, prescritto non in forma concorrente rispetto a quello di adeguarsi alle linee guida accreditate, ma solamente nel caso in cui esse non siano disponibili. Questo rilievo dimostrerebbe che l'esclusione del concorso tra norme cautelari di fonti differenti sia espressamente contemplata all'interno della legge “Gelli-Bianco”.

Adottando questa interpretazione dell'art. 590 sexies Cp, si garantisce alla norma un ambito di operatività apprezzabile ed allo stesso tempo razionale: da un lato, essa sarebbe idonea a rassicurare il medico sulla relativa “sicurezza” della strada terapeutica (non solo in merito alla sua efficacia, ma anche circa le sue eventuali ripercussioni in punto di responsabilità); dall'altro, soddisferebbe l'esigenza (di giustizia sostanziale) di non rimproverare al singolo ciò che neppure lo Stato è stato in grado di fare, ossia predisporre un approccio terapeutico migliore rispetto a quello definito dalle linee guida. Al tempo stesso, però, l'ultimo inciso del secondo comma non sarebbe privato di un'importante funzione di delimitazione dell'esclusione della punibilità: consentirebbe, infatti, di precludere l'effetto esimente nel caso in cui il medico, limitando la sua attenzione all'esistenza di una data linea guida, finisca per trascurare la sussistenza di aspetti “ulteriori” del caso clinico, che richiedano di essere trattati mediante il ricorso a regole di perizia contenute in altre linee guida od in buone pratiche, e dirette ad affrontare altre problematiche terapeutiche rispetto a quelle contemplate dalla linea guida seguita dal medico, ma con essa intersecantesi nel caso concreto58.

57 Ad una soluzione molto simile giunge A. Vallini, op. cit., 24: facendo riferimento alla classificazione del concorso di linee guida e regole cautelari proposto (ibidem, 2), l'autore giunge alla conclusione che lo scopo dell'art. 590 sexies Cp sia quello di escludere la responsabilità del medico in caso di concorso apparente ed in astratto di regole cautelari (ossia nel caso in cui vi sia una regola cautelare migliore rispetto a quella desumibile dalla l.g., ma l'agente faccia affidamento nella presenza di quest'ultima) ed in caso di concorso apparente in concreto (laddove il caso concreto avrebbe suggerito un approccio affatto differente rispetto a quello proposto dalla l.g., ma ancora una volta il medico si sia fatto da questa fuorviare, non riconoscendo quello che sarebbe stato il corretto trattamento). Questo esito, secondo l'autore, sarebbe ad un tempo coerente con la littera legis, dato che le l.g. seguite, in quanto dedicate a disciplinare quel determinato rischio clinico, si rivelerebbero adeguate al caso di specie, e sensato, perché conferirebbe a questo giudizio di scusabilità del medico, prima rimesso alla discrezionalità giudiziale, un obbligato automatismo. La soluzione di includere nella copertura della novella il caso di concorso apparente in concreto è condivisibile, a patto che si delimiti correttamente e rigidamente l'ambito casistico che tale termine descrive: nel caso in cui, infatti, le peculiarità del caso clinico siano tali da configurare un rischio clinico completamente nuovo, e siano quindi disponibili altre linee guida accreditate (od anche buone pratiche) che con la prima l.g. entrino in contrasto od interferenza, allora si dovrebbe ritenere ricorrente un caso di concorso alternativo, o cumulativo di regole cautelari, con la consequenziale esclusione dell'operatività dell'effetto “esimente”.58 Ad esempio, nel caso in cui il dentista che si accinga ad effettuare un intervento implantologico, non considerando che il paziente presenta le condizioni per essere considerato a

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Limitare in questo senso la portata dell'esclusione della punibilità contenuta nell'art. 590 sexies Cp è assolutamente coerente con la stessa natura della professione sanitaria: come viene unanimemente ritenuto, la trattazione di qualsiasi caso clinico richiede l'applicazione simultanea di regole di varia natura, ciascuna delle quali è rivolta a gestire un ben determinato profilo di rischio; non sempre è possibile o ragionevole che esse siano contemplate in una medesima linea guida e spesso è la presenza di detto rischio ad imporre al medico l'attivazione di una serie di cautele ad hoc. In questo senso, è possibile ritenere che le linee guida costituiscano, come si è già osservato, una sorta di network, una rete capillare che rappresenta, assiologicamente, l'incarnazione di tutte le leges artis; dovere del medico resta quello di riconoscere la sussistenza dei “campanelli di allarme” che rendono necessario integrare il proprio approccio terapeutico, e l'adeguamento ad una sola linea guida, che trascuri alcune particolarità del caso, non consentirà l'applicazione dell'art. 590 sexies Cp, perché quella adottata non sarà del tutto adeguata a trattare, per intero, il caso di specie.

In tali casi, non trovando applicazione l'art. 590 sexies Cp, l'esclusione della responsabilità sarà comunque, residualmente possibile in base allo statuto generale della colpa penale. Ad esempio, potrà essere ritenuta incolpevole la mancanza del sanitario nel caso in cui il riconoscimento di un dato campanello di allarme fosse di estrema difficoltà.

8. Le osservazioni che precedono lasciano impregiudicato un ultimo

interrogativo: l'esclusione della punibilità contemplata dall'art. 590 sexies Cp si applica solamente al caso del medico che si sia rivelato imperito nella selezione del corretto approccio terapeutico, od anche al medico che, operato correttamente tale primo passo, commetta un errore nella materiale prestazione delle cure?

Ancora una volta, le scarse pronunzie della Quarta Sezione della S.C. sono poco chiare e di segno contrastante: da un lato, parte della dottrina sembra ritenere che, con la decisione 28187/2017, la Suprema Corte abbia inteso escludere l'applicabilità dell'art. 590 sexies Cp al caso dell'imperizia nell'esecuzione materiale del trattamento 59 (questa lettura risulta essere, peraltro, opinabile, dato che dal complesso della motivazione sembra che la Corte intenda fare riferimento al caso in cui il chirurgo, durante un intervento nel quale fa applicazione delle linee guida, compia consapevolmente un gesto medico erroneo e del tutto estraneo alle linee guida applicabili al caso concreto60); dall'altra, con la decisione Cass. 50078/2017 la

rischio di endocardite infettiva, ometta di sottoporlo alla necessaria profilassi antibiotica. È il caso che A. Vallini, op. cit., 5., definisce come concorso cumulativo di regole cautelari.59 Così C. Cupelli, Cronaca di un contrasto annunciato: la legge Gelli-Bianco alle Sezioni Unite, in DPenCont, 11/2017, 244. L'autore enfatizza il fatto che la Corte osservi, sub § 7, come la soluzione di esonerare da responsabilità penale il medico che, pur osservando in astratto le linee guida, abbia in concreto realizzato un errore «tanto enorme quanto drammatico» sia allo stesso tempo irragionevole e lesiva dell'art. 32 Cost., portando ad esempio la lesione di un'arteria durante la rimozione di una massa tumorale.60 La S.C. 28187/2017 fa infatti riferimento al caso in cui il sanitario «pur avendo cagionato un evento lesivo a causa di comportamento rimproverabile per imperizia, in qualche momento della

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Corte sembra invece voler favorire questa possibilità61, in questo confermata anche dalle Sezioni Unite nella pronunzia Cass. S.U. 8770/2018.

Facendo ricorso allo statuto ordinario della colpa sancito dall'art. 43 Cp, il caso dell'imperizia-inabilità sarebbe difficilmente scusabile, in quanto sarebbe sempre individuabile una norma cautelare che richiede di non compiere errori nell'esecuzione materiale del gesto medico, così come sussisterebbero sia il nesso di evitabilità tra tale regola e l'evento sia l'esigibilità dell'ottemperanza da parte del medico. Ci si chiede, quindi, se sia praticabile un'interpretazione dell'art. 590 sexies Cp che ricomprenda l'ipotesi del chirurgo che, pur attenendosi alle linee guida accreditate e pertinenti, causi con una propria inabilità materiale un’offesa all'incolumità individuale del paziente62.

A questa soluzione potrebbe essere mossa la critica elaborata dalla S.C. nella pronunzia Cass. 28187/17 63 : l'esito interpretativo sarebbe costituzionalmente illegittimo, in quanto contrastante con l'art. 32 Cost. Questa obiezione, però, è facilmente superabile: essa riguarderebbe, infatti, non tanto questa peculiare interpretazione della novella, ma l'intero contenuto innovatore della riforma: volendo adeguarsi all'affermazione assiomatica per la quale ogni limitazione della responsabilità penale del medico si traduce necessariamente in una minore tutela dell'incolumità individuale del paziente, si dovrebbe concludere che sia lo stesso spirito della riforma (come quello del precedente d.l. “Balduzzi”) ad essere incostituzionale; invero, il principio espresso dall'art. 32 Cost deve necessariamente essere calato (e contemperato) nel contesto normativo di dettaglio, rendendosi così non irragionevole che il miglior modo per garantire la salute di tutti i consociati sia quello di garantire il miglior esercizio della professione sanitaria64.

Esclusa la presenza di solidi e stringenti argomenti giuridici idonei ad escludere l'inclusione dell'imperizia-inabilità nell'ambito applicativo dell'art. 590 sexies Cp, l'interpretazione inclusiva della norma si renderebbe già di per sé necessaria perché in favor rei. Ma vi è di più: a ben vedere, l'inabilità nell'esecuzione materiale del

relazione terapeutica abbia comunque fatto applicazione di direttive qualificate, pure quando esse siano estranee al momento topico in cui l'imperizia lesiva si sia realizzata … può ben accadere che si tratti di compiere gesti o agire condotte, o assumere decisioni che le direttive in questione non prendono in considerazione» ..61 V. Cass. n. 50078/2017: «non vi sono dubbi sulla non punibilità del medico che seguendo linee guida adeguate e pertinenti pur tuttavia sia incorso in una "imperita" applicazione di queste (con l'ovvia precisazione che tale imperizia non deve essersi verificata nel momento della scelta della linea guida – giacché non potrebbe dirsi in tal caso di essersi in presenza della linea guida adeguata al caso di specie, bensì nella fase "esecutiva" dell'applicazione)».62 Favorevole a questa soluzione è C. Brusco, Cassazione e responsabilità penale del medico, cit., 215.63 Per lo meno, nella lettura offerta da C. Cupelli, Cronaca di un contrasto annunciato, cit., 244.64 La richiamata Cass. n. 28187/17 propone ancora un'altra critica, secondo la quale l'esito esegetico in questione si rivelerebbe irragionevole. Tale osservazione, in verità, si traduce evidentemente in una petizione di principio; ancora, fare riferimento alla «enormità» dell'errore del medico che recide durante un'operazione un'arteria sembra legare tale valutazione quantitativa alle conseguenze dell'errore, piuttosto che alle proporzioni dello sbaglio, che è manifestazione nota di uno dei rischi connaturati all'intervento.

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trattamento rappresenta, sotto molti aspetti, l'errore più “perdonabile” di tutti, perché non riguardante né la formazione del medico, né la definizione della strategia terapeutica, rappresentando unicamente l'espressione del dato statistico, ineliminabile, in base al quale una certa percentuale di interventi non va a buon fine. Questa valutazione viene sviluppata in un contesto normativo in cui si è preventivamente escluso che il medico sia stato negligente od imprudente, e quindi si presuppone che il medico fosse qualificato a svolgere quell'attività (tanto che viene preparato e selezionato allo scopo) e si sia impegnato al massimo delle sue possibilità, circostanze che implicano che l'art. 590 sexies Cp sia chiamato ad operare in casi in cui effettivamente l'errore materiale del sanitario sia manifestazione fenomenica della fallibilità umana.

Ciò si può tradurre anche nel linguaggio, già desueto, della graduazione della colpa: il fatto che l'errore non abbia origine nella psiche dell'agente (non sia, cioè, frutto di una difettosa scelta o di una censurabile abitudine lavorativa) e che il medico cerchi sempre di evitarlo, la qualificherebbe, per lo meno sotto il profilo soggettivo, come di lieve entità. Ancora, la pura casualità ed occasionalità di questo tipo di imperizia (esclusa a monte, infatti, l'eventualità che il medico non sia qualificato e preparato adeguatamente) esclude che questa interpretazione rappresenti un attentato al riconoscimento costituzionale del diritto alla salute: essa, piuttosto, rappresenta il riconoscimento del diritto del medico ad essere, in fin dei conti, un essere umano65.

9. La legge “Gelli-Bianco” non contiene un'espressa disciplina volta a regolare i

rapporti di successione con il precedente decreto “Balduzzi”; dovranno, pertanto, essere applicati i criteri generali sanciti dall'art. 2 Cp, tenendo in debita considerazione il fatto che il passaggio da un criterio di selezione della colpa penalmente rilevante di natura quantitativa ad un criterio qualitativo possa rendere difficile comprendere, nel caso concreto, quale disciplina possa essere considerata di maggior favore.

Con la pronunzia Cass. IV 28187/2017, la S.C. ha ritenuto che la previgente disciplina fosse da considerarsi norma più favorevole in quanto, a differenza dell’attuale, consentiva di esonerare da responsabilità il medico in colpa lieve66; da tale premessa, conseguirebbe la necessità di applicare sempre il d.l. “Balduzzi” a tutte le condotte precedenti all'entrata in vigore della l. 24/2017. La valutazione

65 Residuerebbe un'ultima, possibile obiezione alla interpretazione inclusiva: di fatto, le leges artis, e quindi plausibilmente le linee guida e le buone pratiche, presuppongono che siffatti errori non siano compiuti e che, ad esempio, il chirurgo non recida, per errore, un'arteria. A questo rilievo è possibile però controbattere che, sotto il profilo soggettivo, il medico si sta adeguando alle leges artis, ed è solo un dato esteriore, estraneo alla sua volontà a determinare un discostamento materiale dalla messa in atto della migliore scienza ed esperienza.66 Cfr. Cass. n. 28187/2017: «l'abrogazione della legge del 2012 implica la reviviscenza, sotto tale riguardo (ossia la distinzione tra colpa lieve e colpa grave), della previgente, più severa normativa che, per l'appunto, non consentiva distinzioni connesse al grado della colpa. Infatti la novella del 2017 non contiene alcun riferimento alla gravità della colpa. Naturalmente, ai sensi dell'art. 2 cp, il nuovo regime si applica solo ai fatti commessi in epoca successiva alla riforma»,.

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sviluppata dalla S.C. nella richiamata pronunzia, però, non sembra del tutto condivisibile: la Corte, in effetti, effettua la sua valutazione su un piano squisitamente astratto, e concentrato esclusivamente sul grado della colpa, laddove la valutazione di maggior favorevolezza dovrebbe necessariamente essere effettuata in concreto, valutando il differente impatto delle due discipline sul caso sottoposto a giudizio.

A ben vedere, possono esservi casi nei quali la formulazione dell'art. 590 sexies Cp assume connotati di maggior favore nei confronti del medico: in caso di imperizia del professionista, specificamente, l'esenzione da responsabilità abbraccia persino casi di colpa grave67, a differenza di quanto era precedentemente previsto dall'art. 3 del d.l. “Balduzzi”. D'altro canto, la più recente giurisprudenza di legittimità, in sede di applicazione della disciplina “Balduzzi”, aveva finalmente ammesso, in modo univoco, come essa ricomprendesse anche casi di negligenza ed imprudenza, e non solo quelli di imperizia. È, dunque, evidente come la determinazione della disciplina più favorevole dipenda dalle peculiarità del caso concreto: laddove un medico è stato lievemente negligente, più favorevole è la disciplina oggetto di abrogazione; laddove un medico sia stato gravemente imperito, più favorevole sarà la disciplina vigente Questa opzione è stata da ultimo adottata dalla Corte di Cassazione, con pronunzia della medesima sezione Cass. IV 50078/2017.

Per la risoluzione di questo quesito nessun rilievo assume, invece, l'ultimo inciso dell'art. 590 sexies co. 2 Cp: dal momento che, in relazione alle condotte precedenti il marzo 2017 sicuramente non sono reperibili linee guida di riferimento, accreditate nel SNLG ai sensi dell'art. 5 l. “Gelli-Bianco”, ogni approccio medico dovrà necessariamente essere giudicato adottando come parametro le «buone pratiche clinico-assistenziali», entità fondamentalmente sovrapponibili al concetto di linee guida e buone pratiche accreditate ex art. 3 d.l. “Balduzzi”.

La soluzione del quesito relativo all'individuazione della lex mitior ha rappresentato, sul presupposto dell'evidenziato contrasto insorto in seno alla IV Sezione, l'oggetto precipuo del giudizio recentemente sottoposto all'attenzione delle Sezioni Unite. La soluzione raggiunta dalla S.C. nella pronunzia Cass. S.U. 8770/2018 è particolarmente complessa, rispecchiando l'elaborazione ermeneutica dell'art. 590 sexies Cp proposta dalla Corte. Per le Sezioni Unite la norma più favorevole deve essere individuata in concreto, prendendo in esame le peculiari connotazioni del caso sottoposto a giudizio: è quindi favorevole l'art. 3 d.l. “Balduzzi” nei casi di imprudenza o negligenza caratterizzati da colpa lieve; ugualmente dicasi per il caso di lieve imperizia nella selezione delle linee guida applicabili (errore sul quale l'art. 590 sexies Cp è, a parere delle Sezioni Unite, intransigente); equiparabile, infine, il trattamento previsto dalle due discipline per il caso di imperizia lieve nell'applicazione delle linee guida correttamente selezionate, così come in punto di responsabilità civile.

67 Questo, ovviamente, nei modi e nei limiti in precedenza specificati.

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10. Siamo al cospetto di un punto di svolta: se prima della riforma le linee guida

potevano rappresentare fonti di raccomandazione dal contenuto orientativo, oggi la l. “Gelli-Bianco” impone una rigida bipartizione: le linee guida che non sono recepite nel SNLG secondo le modalità descritte dall'art. 5 l. 24/2017 non godono di alcuna autonoma dignità giuridica, e possono assumere rilevanza ai sensi dell'art. 590 sexies Cp, al più, come buone pratiche accreditate, sempre che i modelli virtuosi ivi descritti siano concretamente recepiti dalla prassi sanitaria68; quelle che, invece, saranno accreditate, godranno di un autonomo e privilegiato status giuridico.

Rimane da verificare se, alla luce del dovere di adeguamento prescritto dall'art. 5 l. 24/2017 (riferito, peraltro, anche alle buone pratiche), sia oggi possibile ritenere che le linee guida accreditate possano essere considerate fonte dirette di doveri cautelari riconducibili alla colpa specifica.

La risposta al quesito non può non dipendere dalla morfologia delle linee guida di futuro recepimento, ma al momento (vale a dire, basandosi sull'osservazione delle linee guida attualmente disponibili) non sembra poter essere univoca 69 . Una sommaria ricognizione di una linea guida attualmente accreditata dalla comunità scientifica può aiutare a fare chiarezza sul punto. La 2015 ESC Guidelines for the management of infective endocarditis70 è emblematica della multiforme varietà dei contenuti di una linea guida. Al §10.2, ad esempio, la predetta linea guida detta prescrizioni estremamente dettagliate rivolte a disciplinare la prevenzione del rischio di insorgenza di una endocardite infettiva durante la fase pre-operatoria e peri-operatoria71 ; le indicazioni fornite sono chiare ed univoche, ed addirittura vengono indicate, all'interno della linea guida, le sostanze farmacologiche ritenute più efficaci per il trattamento di determinati ceppi batterici che dovessero essere individuati nell'organismo del paziente72. Prescrizioni tanto dettagliate possono, senza difficoltà, essere poste alla base di un giudizio di colpa specifica.

Altre volte la prescrizione cautelare è espressa in modo molto più generico o addirittura non vi è una vera e propria prescrizione, ma solo l'esposizione di dati

68 Nel caso in cui tale recepimento prasseologico non sia presente, invece, le linee guida tornano ad assumere il ruolo storico di espressione della migliore scienza ed esperienza. Rispetto al passato, però, la loro utilizzabilità risulta molto ridotta in virtù dello sbarramento rappresentato, in tema di imperizia, dall'art. 590 sexies Cp.69 A questo proposito L. Risicato, op. cit., 10, osserva che le l.g. di futuro recepimento non potranno essere considerate alla stregua di fonti cautelari di natura regolamentare, ma continueranno a rappresentare la base per costruire, induttivamente, lo statuto dell'imperizia rimproverabile.70 Elaborata da G. Habib, P. Lancellotti, M. J. Antunes, M. G. Bongiorni, J.-P. Casalta, F. Del Zotti, R. Dulgheru, G. El Khoury, P. A. Erba, B. Iung, J. M. Mirob, B. J. Mulder, E. Plonska-Gosciniak, S. Price, J. Roos-Hesselink, U. Snygg-Martin, F. Thuny, P. Tornos Mas, I. Vilacosta, J. L. Zamorano, ESC Guidelines for the management of infective endocarditis, European Heart Journal, Oxford 29.8.2015. Questa l.g. è considerata, da molti specialisti, espressione dello stato dell'arte medica in tema di endocardite infettiva.71 Ibidem, 31.72 Ibidem, 18 ss. La l.g. contiene, addirittura, una tabella che illustra graficamente i dosaggi ed i periodi di somministrazione suggeriti in base alle condizioni del paziente ed alla classe di rischio nel quale rientra.

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scientifici che il medico deve tenere in considerazione ed elaborare73. In questo caso diviene difficile estrapolare dal testo delle vere e proprie prescrizioni specifiche, in quanto la linea guida si avvicina maggiormente ad una pubblicazione scientifica74.

L'addebito rivolto al medico potrà, dunque, assumere i connotati della colpa specifica o della colpa generica, a seconda del tipo di attività compiuta e della struttura della linea guida. Molto spesso si renderà necessario, quindi, dedurre la regola cautelare mediante l'elaborazione dei dati scientifici contenuti nel testo della linea guida; in questi casi la funzione dell'art. 590 sexies Cp sarà quella di limitare il novero delle fonti di conoscenza alle quali il perito del Tribunale può accedere per proporre al giudice il modello del comportamento virtuoso.

Di particolare interesse, infine, è il fatto che nella linea guida in esame siano contenuti espliciti inviti a contenere il fenomeno della medicina difensiva attiva: viene evidenziato, infatti, che per determinati atti medici non è ritenuto opportuno adottare una profilassi antibiotica al fine di prevenire il rischio di un'endocardite, a meno che il paziente non rientri in un elenco di pazienti ad alto rischio di endocardite infettiva75. Il dato è molto interessante in quanto viene sconsigliato al sanitario un “eccesso di precauzione”, definendosi restrittivamente i confini della terapia ragionevolmente utile a dispetto del fatto che, sotto il profilo eziologico, la copertura antibiotica potrebbe comunque ridurre il rischio di sviluppo di una e.i. Questa prescrizione incarna perfettamente lo spirito della riforma: il medico che si attenga alle prescrizioni della linea guida non può essere rimproverato per non aver applicato una norma cautelare che, per quanto non espressione di conoscenze straordinarie, non era in quella ricompresa.

73 V. ad esempio, ibidem, 10, dove vengono forniti al medico dati statistici utili per la diagnosi. Si tratta di elementi preziosi per la correlazione clinica ma non sono vere e proprie istruzioni.74 Effettivamente, lo stesso preambolo della raccolta chiarisce che per quanto le l.g. siano di aiuto, la decisione finale sul trattamento deve espressamente essere adottata dal medico: «Guidelines summarize and evaluate all available evidence on a particularissueatthetimeofthewritingprocess,withtheaimofassisting health professionals in selecting the best management strategies for an individual patient with a given condition, taking into account the impact on outcome, as well as the risk–benefit ratio of particular diagnostic or therapeutic means. Guidelines and recommendations should help health professionals to make decisions in their daily practice. However, the final decisions concerning an individual patient must be made by the responsible health professional(s) in consultation with the patient and caregiver as appropriate», ibidem, 4.75 Ibidem, 9.