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Legge n. 124/2015 La riforma della pubblica amministrazione LEGGE 7 AGOSTO 2015, N. 124 Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche - G.U. 13 ago- sto 2015, n. 187 (Omissis) Il contesto e gli obiettivi della riforma di Bernardo Giorgio Mattarella (*) La L. 7 agosto 2015, n. 124 è una tappa importante di un ampio percorso di riforma. Altrettanto importante sarà lattuazione. Essa non introduce nuove discipline, ma prevede la revisione di nu- merose discipline generali relative al sistema amministrativo, in gran parte da operare attraverso deleghe legislative. Tra i suoi obiettivi, quelli di rafforzare lunitarietà del sistema amministrativo e di introdurre flessibilità all interno delle amministrazioni. Una legge di manutenzione straordinaria Lamministrazione pubblica italiana ha bisogno di essere riformata? E serve una legge per farlo? Alla prima di queste due domande è difficile dare una ri- sposta negativa perché, al di là dei parziali progressi e delle meritorie isole di eccellenza, negli ultimi de- cenni il sistema amministrativo è stato un freno più che un fattore di sviluppo. Nellorganizzazione del lavoro, nella gestione delle risorse e nellerogazione delle prestazioni, ha accumulato ritardi quotidiana- mente riscontrati da cittadini e imprese. La risposta alla seconda domanda è meno scontata, perché que- sti ritardi sono spesso dovuti alla cattiva o mancata attuazione delle leggi, se non alleccesso e al disordi- ne di esse. La legge, quindi, non è certo sufficiente, ma spesso è necessaria per correggere difetti di leggi precedenti e, ove possibile, per delegificare e riordi- nare. È quello che fa la legge Madia, che introduce norme relative ad aspetti centrali dellorganizzazione e del funzionamento della pubblica amministrazio- ne, ma in massima parte interviene su discipline esi- stenti, spesso per alleggerirle e semplificarle, in qual- che caso per codificarle, comunque per adeguarle ai tempi. Non un ulteriore pannello del mosaico, dun- que, ma la revisione di alcune parti del disegno. Le materie sono molte e importanti: tra le altre, l organizzazione della Presidenza del Consiglio e dei ministeri, l amministrazione periferica dello Stato, gli enti pubblici, le società partecipate, le camere di commercio, le forze di polizia, il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, il procedimento amministrativo, lautotutela, la trasparenza ammi- nistrativa, lamministrazione digitale, i servizi pub- blici locali. Per lampiezza dellintervento, la legge può forse essere paragonata al processo riformatore degli anni Novanta, del quale riprende alcuni temi (come la liberalizzazione, la semplificazione e lac- corpamento degli uffici periferici), più che alle ri- forme settoriali dellultimo quindicennio. Incidendo su discipline ampie e complesse, la legge fa largo ricorso alla delega legislativa. Dei suoi 21 articoli (oltre ai due finali, contenenti (*) Lautore è capo dellUfficio legislativo del Ministro della semplificazione e della pubblica amministrazione e, in tale qualità, responsabile della redazione di gran parte della legge commentata. Le opinioni espresse sono soltanto dellautore. Analisi della normativa Pubblica amministrazione Giornale di diritto amministrativo 5/2015 621

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Legge n. 124/2015

La riforma della pubblicaamministrazioneLEGGE 7 AGOSTO 2015, N. 124

Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche - G.U. 13 ago-sto 2015, n. 187

(Omissis)

Il contesto e gli obiettivi della riformadi Bernardo Giorgio Mattarella (*)

La L. 7 agosto 2015, n. 124 è una tappa importante di un ampio percorso di riforma. Altrettantoimportante sarà l’attuazione. Essa non introduce nuove discipline, ma prevede la revisione di nu-merose discipline generali relative al sistema amministrativo, in gran parte da operare attraversodeleghe legislative. Tra i suoi obiettivi, quelli di rafforzare l’unitarietà del sistema amministrativoe di introdurre flessibilità all’interno delle amministrazioni.

Una legge di manutenzione straordinaria

L’amministrazione pubblica italiana ha bisogno diessere riformata? E serve una legge per farlo? Allaprima di queste due domande è difficile dare una ri-sposta negativa perché, al di là dei parziali progressie delle meritorie isole di eccellenza, negli ultimi de-cenni il sistema amministrativo è stato un freno piùche un fattore di sviluppo. Nell’organizzazione dellavoro, nella gestione delle risorse e nell’erogazionedelle prestazioni, ha accumulato ritardi quotidiana-mente riscontrati da cittadini e imprese. La rispostaalla seconda domanda è meno scontata, perché que-sti ritardi sono spesso dovuti alla cattiva o mancataattuazione delle leggi, se non all’eccesso e al disordi-ne di esse. La legge, quindi, non è certo sufficiente,ma spesso è necessaria per correggere difetti di leggiprecedenti e, ove possibile, per delegificare e riordi-nare.È quello che fa la legge Madia, che introduce

norme relative ad aspetti centrali dell’organizzazionee del funzionamento della pubblica amministrazio-

ne, ma in massima parte interviene su discipline esi-stenti, spesso per alleggerirle e semplificarle, in qual-che caso per codificarle, comunque per adeguarle aitempi. Non un ulteriore pannello del mosaico, dun-que, ma la revisione di alcune parti del disegno.Le materie sono molte e importanti: tra le altre,

l’organizzazione della Presidenza del Consiglio edei ministeri, l’amministrazione periferica delloStato, gli enti pubblici, le società partecipate, lecamere di commercio, le forze di polizia, il rapportodi lavoro dei dipendenti pubblici, il procedimentoamministrativo, l’autotutela, la trasparenza ammi-nistrativa, l’amministrazione digitale, i servizi pub-blici locali. Per l’ampiezza dell’intervento, la leggepuò forse essere paragonata al processo riformatoredegli anni Novanta, del quale riprende alcuni temi(come la liberalizzazione, la semplificazione e l’ac-corpamento degli uffici periferici), più che alle ri-forme settoriali dell’ultimo quindicennio.Incidendo su discipline ampie e complesse, la

legge fa largo ricorso alla delega legislativa. Deisuoi 21 articoli (oltre ai due finali, contenenti

(*) L’autore è capo dell’Ufficio legislativo del Ministro dellasemplificazione e della pubblica amministrazione e, in tale

qualità, responsabile della redazione di gran parte della leggecommentata. Le opinioni espresse sono soltanto dell’autore.

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clausole di garanzia delle autonomie speciali e dellafinanza pubblica): 13 contengono deleghe legislati-ve (qualcuna “multipla”, come quella in materia diorganizzazione amministrativa, che richiederà piùdecreti legislativi); uno detta princìpi e criteri di-rettivi comuni a diverse deleghe; e uno prevede unregolamento di delegificazione.D’altra parte, poiché si tratta di rivedere discipli-

ne esistenti, quasi tutti gli articoli procedono (odelegano il Governo a procedere) non introducen-do nuovi e autonomi plessi normativi, ma novel-lando o codificando leggi vigenti. Più in dettaglio:quattro deleghe sono volte all’elaborazione di testiunici (in materie importanti come il lavoro pubbli-co, le partecipazioni pubbliche, i servizi pubblicilocali e il processo dinanzi alla Corte dei conti);una è volta a ripulire l’ordinamento da norme nonpiù attuali e adempimenti attuativi ormai superflui;le altre deleghe si tradurranno in modifiche a leggiesistenti (il codice dell’amministrazione digitale, lalegge sul procedimento amministrativo, il decretolegislativo sulla trasparenza amministrativa, quellisulla Presidenza del Consiglio e sui ministeri, lalegge sulle camere di commercio e altre ancora) oin testi unitari (come quello che elencherà le atti-vità soggette a silenzio-assenso e segnalazione certi-ficata di inizio di attività); e anche gli articoli chenon contengono deleghe procedono direttamentea novellare leggi esistenti (la legge sul procedimen-to, quella sull’Ordine al merito della Repubblica,quella sull’Avvocatura dello Stato, il codice del-l’ordinamento militare), con l’unica eccezione del-l’articolo sulla conciliazione dei tempi di vita e dilavoro, che peraltro potrà confluire nel nuovo testounico del lavoro pubblico.Si potrebbe certamente discutere dell’opportuni-

tà di operare un così ampio intervento con un soloatto normativo, che ha impegnato il Parlamento inun gran numero di questioni importanti e costringeil Governo a un notevole sforzo di attuazione. Mala discussione dovrebbe tenere conto di due fattori.In primo luogo, il numero limitato di leggi chepossono essere approvate da un Parlamento conti-nuamente impegnato in importanti riforme, nellaconversione di decreti-legge e in manovre finanzia-rie: difficoltà che induce spesso a introdurre conte-nuti ulteriori, possibilmente omogenei a quelli ori-ginari, nei pochi veicoli destinati ad arrivare inporto. In secondo luogo, il difetto di alcune recentiriforme amministrative, che hanno perseguito unsolo obiettivo (la valutazione dei rendimenti, latrasparenza amministrativa, la prevenzione dellacorruzione) trascurandone altri (come la semplifi-cazione amministrativa) e sopravvalutando le pos-

sibilità di attuazione: difetto che può essere evitatocon un intervento complessivo.

Il percorso parlamentare

I fattori appena enunciati - le difficoltà del per-corso parlamentare e l’ampiezza del disegno - spie-gano le ragioni per le quali, dopo tre letture e circaun anno, la legge è uscita dal Parlamento decisa-mente più lunga di come vi era entrata (con settearticoli in più). Ma non si può dire che ne sia usci-ta peggiorata: al contrario, in entrambe le Camerevi è stato un perfezionamento, se non una sostan-ziale revisione, di ciascun articolo, che ha posto ri-medio alla fretta dell’iniziale redazione di alcunedisposizioni.Inevitabilmente è stata introdotta qualche dispo-

sizione discutibile, per esempio in materia di con-corsi pubblici: come quella volta a impedire che inessi si dia rilievo al lavoro a tempo determinatosvolto negli uffici di diretta collaborazione (sba-gliando vistosamente bersaglio, per colpire candidatispesso giovani e qualificati, che hanno svolto fun-zioni importanti e superato dure selezioni) e quellavolta a vietare la preselezione in base al voto di lau-rea (dando agli studenti il seguente messaggio: sepuntate al settore privato, impegnatevi per un votoalto; per il settore pubblico basta il “pezzo di carta”),anche se non - fortunatamente - la valutazione delvoto stesso tra i titoli. Parimenti, è stata stralciataqualche disposizione forse troppo innovativa o sofi-sticata, come quella contenente un catalogo di defi-nizioni di pubblica amministrazione, che avrebbepotuto rendere più consapevole l’attività del legisla-tore e quella dell’interprete, ma che è stata vittimadei fraintendimenti di chi le ha attribuito una por-tata sostanziale e di chi è rimasto legato a una no-zione unica di pubblica amministrazione.Nel complesso, tuttavia, il bilancio del lavoro

parlamentare è positivo: la legge ha mantenuto ilsuo impianto e l’omogeneità di contenuti: essenzial-mente disposizioni generali sull’organizzazione e sulfunzionamento delle amministrazioni. Non sono sta-te introdotte norme di favore per l’una o l’altra ca-tegoria di dipendenti o per singoli funzionari, né mi-sure concrete, volte a risolvere problemi contingen-ti: rischio che incombe sempre sul cammino parla-mentare di una proposta di legge in questa materia.Non vi sono stati grandi dibattiti sui princìpi o

sull’impianto generale della riforma: come spessoavviene per materie un po’ specialistiche, solo po-chi senatori e pochi deputati hanno partecipato at-tivamente alla discussione sui caratteri generali equalificanti della legge e hanno offerto significativi

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contributi a diversi articoli; altri hanno concentra-to la propria facoltà emendativa su specifiche pre-visioni, per le quali avevano un interesse indivi-duale o di partito; molti si sono confrontati suaspetti che hanno impegnato anche gli organi distampa, ma relativamente marginali nell’economiadel provvedimento. Confronto, peraltro, spesso so-stanzialmente viziato: nel discutere sull’abolizionedella figura del segretario comunale, per esempio,si è ignorato che la nuova figura del dirigente diente locale è molto più simile a quella del segreta-rio comunale che a quella dell’attuale dirigente; enel discutere della confluenza delle sovrintendenzeai beni culturali negli uffici territoriali dello Stato- apparentemente più problematica, chissà perché,di quella degli uffici scolastici, dei comandi dei vi-gili del fuoco, degli uffici per la repressione dellefrodi agroalimentari, dei centri per la giustizia mi-norile o degli uffici di sanità marittima, aerea e difrontiera - si è confusa una questione di organizza-zione degli uffici con una di specializzazione e pro-fessionalità del personale e si è ragionato come seil Ministero dei beni culturali non fosse già tenutoa rispettare l’indirizzo politico del Governo.Poco hanno eccitato gli animi, invece, innova-

zioni ben più significative per gli addetti ai lavori,come il diritto di accesso di tutti i cittadini ai do-cumenti amministrativi, i limiti temporali all’auto-tutela amministrativa, lo svolgimento della confe-renza di servizi in via telematica, il principio diproporzionalità nelle deroghe al diritto privato perle società con partecipazione pubblica, la centraliz-zazione dei concorsi e l’eliminazione delle pianteorganiche delle pubbliche amministrazioni.Questa combinazione di attenzione e disatten-

zione è stata forse la fortuna della legge Madia, che- a dispetto dei momenti di tensione tra i partiti eall’interno di essi - ha beneficiato di un clima co-struttivo e di una buona disponibilità al confrontoda parte di esponenti di varie opposizioni. A diffe-renza di altre importanti leggi recenti, è stata ap-provata senza voti di fiducia. La sua ricchezza dicontenuti ha probabilmente aiutato a valutare cia-scuna disposizione nella sua giusta portata e quindia superare le spinte conservatrici, puntualmentemanifestatesi in emendamenti parlamentari, per lopiù respinti. Quasi ogni articolo della legge ha unoo più oppositori, ma il consenso sull’insieme dellemisure ha fatto sì che l’interesse generale prevales-se su quelli particolari o che il bilanciamento nonpregiudicasse gli obiettivi di riforma.

Gli obiettivi della riforma

I suoi principali obiettivi possono essere forsesintetizzati nei concetti di unitarietà del sistemaamministrativo e di flessibilità nell’organizzazionedelle amministrazioni.Il primo è la reazione a un diffuso modo di inten-

dere il proprio ruolo da parte di molti pubblici di-pendenti, che si traduce anche in modelli organizza-tivi e prassi amministrative distorti: un’idea di sepa-razione di ciascuna amministrazione rispetto a tuttele altre, che determina non solo la massimizzazionedel relativo interesse, ma anche l’indifferenza per gliinteressi curati dalle altre amministrazioni, se non lacontrapposizione o competizione, nonché un sensodi appartenenza esclusiva del dipendente alla pro-pria amministrazione (ministero, ente pubblico, am-ministrazione locale), con conseguente sacrificiodell’interesse generale e dello stesso principio costi-tuzionale per cui ciascun dipendente è al serviziodell’intera Nazione. La legge, naturalmente, nonrinnega le attribuzioni delle varie amministrazioniné i diversi gradi di autonomia riconosciuti dall’or-dinamento, ma introduce alcuni elementi volti arafforzare il principio unitario. Lo fa con innovazio-ni come: i ruoli unici della dirigenza amministrati-va, per favorire l’osmosi tra le amministrazioni; gliuffici territoriali dello Stato, per rafforzare l’unitàdell’amministrazione periferica; i rappresentanti uni-ci nella conferenza di servizi, per costringere gli uffi-ci dello stesso ente a coordinarsi; la mobilità delpersonale, per creare un mercato dei dipendentipubblici e favorire l’allocazione ottimale delle risor-se umane; e anche il silenzio-assenso tra ammini-strazioni e i limiti all’autotutela amministrativa, perfare sì che le amministrazioni si presentino al citta-dino con una voce sola, coerente nel tempo.L’esigenza di flessibilità, invece, si riscontra all’in-

terno delle amministrazioni, spesso ingessate da re-gole e prassi introdotte in contesti superati, incapacidi ripensare le scelte organizzative, in difficoltà difronte allo sviluppo tecnologico. La flessibilità servein primo luogo nelle norme sull’amministrazione di-gitale, troppo rigide e in parte legate a logiche obso-lete: norme che richiedono di essere aggiornate e al-leggerite, delegificando la disciplina dove il progres-so è troppo rapido perché il legislatore tenga il pas-so. Essa serve, in secondo luogo, nell’organizzazioneamministrativa, in relazione alla quale la legge con-sente un intervento straordinario sull’esistente (consoppressioni e accorpamenti di enti e redistribuzionedi competenze) e meccanismi di adattamento piùrapidi a regime (in ordine, per esempio, all’organiz-zazione dei ministeri o alle funzioni strumentali).

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Serve, infine, nella gestione del personale, ancoralegata a un modello - quello delle piante organiche,dei ruoli separati e delle carriere interne alle ammi-nistrazioni - costruito in altri tempi, per amministra-zioni di dimensione contenuta e funzioni limitate ecostanti, ma poco compatibile con la capacità diadattamento oggi loro richiesta e anche con il prin-cipio del merito.Naturalmente la legge persegue anche numerosi

altri obiettivi, più o meno specifici. In alcuni casisi tratta di politiche non nuove, come quella dellasemplificazione amministrativa. Spesso di rivederegli strumenti di politiche più recenti, come la valu-tazione dei rendimenti e la trasparenza amministra-tiva, che sono stati definiti proprio ignorando ilprincipio di semplificazione e gravando ammini-strazioni e privati di inutili oneri burocratici. O dicoordinare queste politiche con discipline consoli-date: quella della valutazione con quella della fi-nanza pubblica, quella della trasparenza con quelladelle banche dati pubbliche.Non è estraneo alla legge l’intento di assicurare

un più efficiente uso delle risorse pubbliche e di li-mitare sprechi e privilegi ingiustificati. Dal puntodi vista della finanza pubblica, peraltro, il suo valo-re consiste decisamente più negli effetti di crescitaeconomica che nei risparmi di spesa: il Documentodi economia e finanza del 2015 attribuisce alla ri-forma della pubblica amministrazione un impattosul prodotto interno lordo superiore, nel lungo pe-riodo, all’uno per cento.

I contenuti della legge

La legge contiene disposizioni molto generali, co-me quelle sull’amministrazione digitale e quelle sulprocedimento amministrativo, e disposizioni piùspecifiche, come quelle sull’Avvocatura dello Statoe sull’Ordine al merito della Repubblica. Alcunetrattano dei rapporti tra amministrazioni e cittadini,altre si concentrano sugli apparati amministrativi.Alcune deleghe legislative (come quella sulla diri-genza) hanno criteri molto dettagliati, per altre (co-me quella sulle forze di polizia) la sinteticità dei cri-teri non rende giustizia all’importanza delle materie.Al di là dei quattro capi in cui la legge è artico-

lata, le sue previsioni sono riconducibili a quattroproblemi generali.In primo luogo, la divisione del lavoro tra setto-

re pubblico e settore privato. Naturalmente la leg-ge non prevede una revisione complessiva dellefunzioni amministrative, compito che non può rea-listicamente essere affidato a una sola legge. Mamolte sue parti hanno un impatto su ciò che la

pubblica amministrazione fa: la revisione dell’orga-nizzazione dei ministeri, la possibilità di sopprimereo accorpare enti, la disciplina dei limiti all’assun-zione di partecipazioni azionarie, quella dell’indivi-duazione dei servizi pubblici locali, quella delle at-tività delle camere di commercio e, non ultima,quella delle forme di controllo sulle attività dei pri-vati. Come si vede, molte di queste norme hannoun’ispirazione liberale, essendo volte a ridurre ilpeso (burocratico e fiscale) dell’amministrazionesull’attività dei privati.In secondo luogo, l’organizzazione del lavoro nel

settore pubblico. Essa va innanzitutto liberata dal-l’eccesso di norme e dal loro disordine, delegifican-do e codificando. Va poi adeguata al progresso tec-nologico, per sfruttarne le potenzialità ed erogare aicittadini, per quanto possibile, servizi a distanza. Vaimpostata in termini di maggiore flessibilità, comesopra osservato. Va liberata da rigidità e automati-smi, come quelli che le disposizioni relative a speci-fiche amministrazioni tendono a rimuovere. E va re-sa pienamente trasparente, per assicurare la respon-sabilità dell’apparato di fronte ai suoi padroni, cioè icittadini.In terzo luogo, la gestione del personale, in ordi-

ne alla quale - accanto a disposizioni più specifi-che, quali quelle relative agli enti di ricerca e alleforze armate - la riforma più importante è quelladella dirigenza, che mira a introdurre una veracompetizione nel conferimento di ciascun incarico(e pertanto è molto avversata da chi, nell’attualeassetto, ha posizioni garantite) e, di conseguenza,consentire che la carriera si svolga non solo in co-stante salita, ma anche in occasionale discesa. Aquesta riforma vengono rivolte accuse di spoils sy-stem, poco convincenti se si considera il modo incui oggi i dirigenti fanno carriera e ottengono gliincarichi più elevati: per scelta politica e senza iltemperamento delle commissioni indipendenti,che la legge introduce. Sono particolarmente inno-vativi anche alcuni dei criteri di delega per unnuovo testo unico del lavoro pubblico che, a diffe-renza di quello vigente, potrà essere realmente uni-co, e magari anche scritto in modo intelligibile.Infine, i processi decisionali. Una peculiarità

delle pubbliche amministrazioni rispetto alle orga-nizzazioni private è la titolarità di numerosi poteri,che comportano scelte. Ma i poteri sono spesso ec-cessivi o superflui e le scelte sono spesso impeditedall’inadempienza di singole amministrazioni, sonocompiute sulla base di regole troppo complesse osono esposte a ripensamenti, a danno di cittadini eimprese. Le norme sul procedimento servono, perun verso, a limitare i poteri delle amministrazioni

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(semplicemente eliminando le relative previsioni ointroducendo regimi più liberali per lo svolgimentodelle attività private) e, per un altro verso, a tute-lare il privato dall’inefficienza e dall’incoerenza(così le disposizioni sul silenzio-assenso tra ammi-nistrazioni e sull’autotutela).

L’attuazione della riforma

La L. n. 124 ha un prima e un dopo, che vannomenzionati. Essa è un momento importante di unprocesso di revisione della legislazione amministrati-va, cominciato nella primavera del 2014 con unaconsultazione pubblica, seguita dal D.L. n. 90 diquell’anno. Il processo proseguirà con l’esercizio del-

le numerose deleghe e con la successiva attuazione.Un attento monitoraggio e interventi correttivi sa-ranno necessari. In ciascuna di queste fasi, le diffi-coltà e le resistenze saranno grandi. Tra le principa-li, quella di non poter contare su nuove risorse fi-nanziarie e di non poter spendere nel breve terminenulla delle risorse risparmiate nel lungo.Ritornando alle domande poste all’inizio di questo

scritto, nessuno si illude che questa legge basti a mi-gliorare il funzionamento delle pubbliche ammini-strazioni. Se il programma che essa delinea condurràai risultati sperati, dipenderà in massima parte dal la-voro che è iniziato con la sua entrata in vigore.

L’amministrazione digitale e la trasparenza amministrativadi Bruno Carotti

Digitalizzazione e trasparenza hanno obiettivi di ampio respiro, che ne rendono impervi i sentieri:la prima, intesa non solo come tecnica del procedere, ma soprattutto come ridefinizione dei ser-vizi resi ai cittadini, entra a far parte della “sostanza” dell’attività della P.A. La seconda passa at-traverso il miglioramento delle disposizioni vigenti, carenti quanto a coordinamento e sistemati-ca. I due versanti, apparentemente separati, si incrociano spesso, mostrando una funzionalizza-zione comune degli strumenti. In questo senso, la L. n. 124 del 2015 presenta uno spirito unita-rio, volto a cogliere i punti di connessione tra le diverse discipline; uno spirito che avrà bisognodi passare dalla potenza all’atto, vista l’indole della delega, la coessenzialità dell’attuazione e lanecessità di misurarsi con la prassi.

I canali della riforma

Le misure introdotte dalla L. n. 124 del 2015 inmateria di digitalizzazione e trasparenza si muovo-no lungo tre linee direttrici. Operano una concen-trazione degli strumenti, mediante la loro ridefini-zione. Segnano un punto di rottura rispetto all’ero-gazione dei servizi per i cittadini, che assumonoprevalenza nell’ottica del legislatore. Costruisconoun ponte, connettendo sul piano normativo glistrumenti che, sul piano amministrativo, possonofar dialogare i due campi della digitalizzazione edella trasparenza.Sedici i criteri direttivi dettati per la digitalizza-

zione, otto per la trasparenza, che nell’insieme mo-strano come, tra i due concetti ancillari della legge- unitarietà e flessibilità - sia il secondo a prevale-re (1). Il testo approvato, infatti, coniuga la fissitàdel nucleo contenuto nelle prescrizioni primarie

con la mobilità delle orbite applicative dei singolistrumenti - spostando sul piano attuativo la possi-bilità di misurarne la concretezza. La legge, per ora,definisce gli elementi portanti e, soprattutto, l’in-tento di assicurare effettività agli strumenti utilizza-ti, tramite la loro “ridefinizione” e “precisazione”(veri e propri trait d’union tra le due materie) - percolmare i vuoti di un processo per molti versi in-compiuto.Sarà, naturalmente, l’esercizio della delega e l’a-

dozione delle norme secondarie a delineare i tratticoncreti della riforma. Allo stato, la legge ricercal’effettività di questi due versanti, centrali in unavisione complessiva della riforma della pubblicaamministrazione: lo si vedrà, di seguito, prima conun’analisi separata, poi con qualche riflessionecongiunta.

(1) Su tali concetti, si v. le considerazioni di B.G. Mattarella,supra in questo numero.

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La digitalizzazione

La posizione sistematica conferisce nuova centra-lità alla materia: con un’eccedenza di senso, la digi-talizzazione non rileva in sé, quanto nel suo utilizzo,e nelle connessioni con l’intera vicenda ammini-strativa. È il disegno complessivo del rapporto del-l’amministrazione con il cittadino, infatti, a esseretoccato dallo spirito riformatore, quasi a indicarecome la “sostanza digitale” possa contribuire a un“rinnovato patto” tra singolo e poteri pubblici.A distanza di un decennio dall’adozione del Co-

dice dell’amministrazione digitale (Cad), introdottocon D.Lgs. n. 82 del 2005, si ripropone il tema diun’amministrazione che sappia fornire migliori epiù celeri servizi ai cittadini, attraverso le ICT. Ilmomento è delicato, essendo il Governo impegna-to sul versante infrastrutturale di cui al Piano Digi-tale che, sulla scia della Agenda digitale europea,dovrebbe - almeno nelle intenzioni - riuscire a to-gliere all’Italia il triste primato della minor diffu-sione delle tecnologie a banda ultra-larga (2). Quiè auspicabile un forte dialogo con l’Agcom, per te-nere fermamente distinti i piani della politica dagliinterventi della regolazione, rafforzando nell’inte-resse comune i rispettivi ruoli (3).Per migliorare il Cad, la delega detta sedici crite-

ri direttivi: più che una lettura lineare, appare utilecompiere un raggruppamento, in base alla tecnicadi intervento utilizzata e alle finalità perseguite. Inquesto senso, si possono distinguere sette macroaree: normazione, rapporto, funzioni, infrastruttura,apertura; governance; diritti. Alcuni presentano va-lore generale, altri solo tecnico; alcuni sono tra-sversali, altri marcatamente settoriali.a) Razionalizzazione normativa. Razionalizzazione,

coordinamento formale e sostanziale, superamentodei conflitti tra norme, anche attraverso la delegifi-cazione - che costituiscono un intento comune del-l’intero articolato della L. n. 124 del 2015 - in que-sto caso cadono su Cad e norme correlate (4). In-tento ambizioso, la cui latitudine è pari alle diffi-coltà finora registrate per la sua realizzazione. In ef-

fetti il Cad, per alcuni versi, è stato un testo sfortu-nato: pur avendo introdotto importanti innovazio-ni, non è stato mai compiutamente attuato. E unodei suoi obiettivi mancati è stato proprio la siste-matizzazione delle norme, già indicata tra i criteridella delega che ha condotto alla sua adozione(art. 10, L. n. 229 del 2003).L’art. 1, comma 1, L. n. 124 ridisegna questo tra-

guardo, sia semplificando il testo (lett. b), il cui lin-guaggio tecnico spesso si affianca a quello giuridi-co, creando difficoltà interpretative, come avvenu-to con la “autenticazione informatica” (5), siaabrogando le norme superflue (lett. r), e dunquechiedendo al legislatore delegato di “indicare espli-citamente le norme abrogate” (6). Seguono la stes-sa direzione i criteri tesi ad adeguare l’ordinamentoalla disciplina europea, sia in generale, per garanti-re la coerenza giuridica, logica e sistematica delledisposizioni (lett. o), sia per profili specifici, qualila identificazione elettronica e i servizi fiduciariper le transazioni elettroniche (lett. p).Nell’insieme, la materia sembra essere destinata

a una nuova codificazione di taglio settoriale, laquale, più che alla sistematicità, mira alla semplici-tà e alla comprensibilità per gli utenti (7). Peraltro,pare abbandonata la tecnica del “riassetto”, dive-nuto sovrabbondante dopo la ‘stagione’ della L. n.246 del 2005 (8).b) Il rapporto con la pubblica amministrazione.

L’art. 1, significativamente rubricato “Carta dellacittadinanza digitale”, indica un obiettivo di ampiorespiro. Decisivo, al riguardo, è il fine, in quanto ladigitalizzazione è funzionale per garantire ai cittadi-ni “il diritto di accedere” non solo a tutti i “dati” e“documenti”, ma anche ai “servizi”.La dimensione digitale dei servizi è volta sia al

loro “miglioramento”, sia alla dematerializzazioneeffettiva, ossia per ridurre “la necessità dell’accessofisico agli uffici pubblici” - con vantaggi diretti(velocizzazione delle risposte, maggiore disponibili-tà di risorse, snellimento dell’organizzazione degliuffici) e indiretti (su tutti, la mobilità). Correlato -e di notevole importanza pratica per i singoli - il

(2) Si v. lo Scoreboard della Commissione europea, suwww.digital-agenda-data.eu.

(3) Da ultimo, sul tema, M. Thatcher, From old to new indu-strial policy via economic regulation, in Rivista della regolazionedei mercati, 2014, 6 ss.

(4) Si vedano gli altri commenti alla L. n. 124 del 2015 inquesto numero

(5) In questo senso, I. Macrì - U. Macrì - G. Pontevolpe, Ilnuovo codice dell’amministrazione digitale. Le tecnologie infor-matiche e le nuove norme che ne disciplinano l’uso, Milano,2011, 32-33.

(6) Anche se fa salva l’applicazione della nuova disciplinadella materia, di cui all’art. 15 delle disposizioni sulla legge in

generale premesse al codice civile.(7) Sulla codificazione settoriale, B.G. Mattarella - N. Lupo,

La codificazione e il taglia-leggi a livello statale, in A. Natalini -G. Tiberi (a cura di), La tela di Penelope. Primo Rapporto Astridsulla semplificazione legislativa e burocratica, Bologna, 2010,391 ss.

(8) Ossia del c.d. ‘taglia-leggi’, previsto dall’art. 14, su cui siv. M. Cecchetti, Vizi reali e virtù mancate negli esiti più recentidelle operazioni “taglia-leggi” previste dall’art. 14 della legge n.246 del 2005, in Federalismi.it, 12 gennaio 2011. In generale,B.G. Mattarella, La trappola delle leggi. Molte, oscure, compli-cate, Bologna, 2011.

Analisi della normativaPubblica amministrazione

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criterio in base al quale i pagamenti “digitali edelettronici” (verso la pubblica amministrazione egli esercenti servizi di utilità pubblica) devono di-venire il mezzo principale di adempimento, “conqualsiasi modalità” (lett. q). Spesso, infatti, la fram-mentazione dei passaggi (iscrizione online previopagamento di moduli spendibili solo in altra sede)mina quell’immediatezza che i servizi digitali do-vrebbero offrire. Nell’intento di conseguire uncambio di regime effettivo, non solo devono esseredefiniti con cura i livelli di sicurezza, qualità, acces-sibilità, fruibilità e tempestività, ma anche “specialiregimi sanzionatori e premiali” (lett. a).c) Ridefinizione delle funzioni. Forse il criterio più

importante è costituito dalla digitalizzazione dei pro-cedimenti, che devono essere ridefiniti e semplificati.La portata della ridefinizione non sembra, a prima vi-sta, chiara, ma l’indicazione delle connesse esigenzedi “celerità, certezza dei tempi e trasparenza” specifi-cano la direzione da seguire, declinata con la preva-lenza degli strumenti digitali (“digital first”).Accanto, un nuovo intervento su tempi dei pro-

cedimenti dovrebbe condurre a una disciplina (fi-nalmente) certa. Sfida difficile per il Governo, vi-sto l’incessante flusso di interventi in materia, te-stimoniato dalla turbolenza del testo dell’art. 2 del-la L. n. 241 del 1990 (9).Infine, le funzioni sono toccate anche dalla ride-

finizione degli strumenti di controllo ed efficienza: ladigitalizzazione deve essere utilizzata per la misura-zione e la valutazione della performance (lett. e).d) Infrastrutture. È prevista, innanzi tutto, la con-

nessione degli uffici pubblici e degli “altri luoghi”che richiedono analoghe dotazioni (lett. c). La co-struzione dei bandi per l’affidamento delle opere,da un lato deve favorire i settori della scuola, dellasanità e del turismo (10), dall’altro - con un accor-gimento molto utile - deve prevedere il riutilizzodella porzione di banda non utilizzata, da riassegna-re a favore degli utenti. In questo contesto si inse-risce la ridefinizione dello Spid, le cui difficoltà direalizzazione spingono a ricercare, opportunamen-te, una maggiore cooperazione applicativa (lett. d ef), l’adesione da parte delle amministrazioni, non-ché il coordinamento - more solito - delle disposi-zioni sulla identificazione, comunicazione e auten-ticazione in rete (art. 64 Cad).e) Apertura. Il tema dell’open data è ancora un

tasto dolente: molto rimane da fare, soprattutto in

termini di intellegibilità delle informazioni, non-ché di consapevolezza della loro disponibilità. Nona caso, il criterio di delega appare netto, orientatoall’accesso e al riuso gratuiti “di tutte le informazio-ni prodotte e detenute dalle amministrazioni”.Un accenno va fatto al tema, correlato ma distin-

to, dell’open source. La riforma sembra superare la let-tura ‘morbida’ dell’art. 68 Cad, operata dalla circola-re Agid n. 63/2013 sui sistemi aperti. La diffusionedi questi ultimi risale alla L. n. 4 del 2004 e alla di-rettiva di attuazione, ma presenta una contraddizionedi fondo, che risiede nel contrasto con la clausola diriserva proprietaria stabilita a favore della pubblicaamministrazione. Questa trasforma un codice apertoin un sistema chiuso, scoraggiando gli sviluppatori eminando la capacità evolutiva dell’open source. Se ilGoverno intende conseguire effettivi risparmi di spe-sa sposando la logica open, dovrà ripensare anche lacostruzione dei diritti sui software riadattati alle esi-genze delle pubbliche amministrazioni - ad esempiointroducendo un joint copyright assignment, che incen-tiva lo sviluppo del codice (11).f) Governance istituzionale. Da un lato, alcuni ‘in-

terventi indiretti’ sono volti a razionalizzare glistrumenti di coordinamento e collaborazione delleamministrazioni pubbliche per conseguire risparmidi spesa (anche qui favorendo l’open source, lett. i).Dall’altro, ‘interventi diretti’ incidono sulle strut-ture, semplificandone i processi decisionali (lett. l)e ridefinendo le attribuzioni dell’ufficio dirigenzialeche le amministrazioni devono istituire ai sensidell’art. 17, comma 1, Cad. Qui, ai fini di un’azio-ne più efficace, si prevede la possibile collocazionedi un responsabile con adeguate competenze tecno-logiche e manageriali “alle dirette dipendenze del-l’organo politico di vertice”. Il messaggio è chiaro:la spinta riformatrice del Governo deve penetraredirettamente sulla struttura, per colmarne le caren-ze finora registrate, tralasciando la separazione conil vertice a fini di indirizzo e controllo immediatosul processo di riorganizzazione (lett. n).g) Attuazione dei diritti. Nel chiudere il tema del-

la digitalizzazione, sembra utile sottolineare queicriteri che, in modo sostanziale e trasversale, ten-dono a rafforzare i diritti dei singoli. Innanzi tutto,la partecipazione ai processi decisionali delle istitu-zioni pubbliche con modalità telematica (lett. c),che però richiederebbe una riflessione maggiore - ecomparata - sulla democrazia deliberativa. Quindi,

(9) Per un quadro d’insieme, sia consentito rinviare a quan-to scritto in La riduzione dei termini procedimentali, in La tela diPenelope, cit., 269 ss.

(10) Per quest’ultimo, costruendo una rete wi-fi ad accesso

libero, con autenticazione mediante Spid.(11) A. Corradini - T. Flagella, Il paradigma open source nel

contesto dell’attuale modello di riuso del software nella p.a., suwww.openspcoop.org, 2008, 7.

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la riduzione del divario digitale, sviluppando la “al-fabetizzazione informatica” sia per il riuso dei dati,sia per favorire il “domicilio digitale”, anche con mo-dalità specifiche come la lingua italiana dei segni(lett. g). Infine, la conoscibilità di norme e stru-menti a sostegno di maternità e genitorialità (lett.h) è operazione culturalmente avanzata - anche senon sufficiente: la prassi, caratterizzata da condizio-namenti obliqui a danno delle lavoratrici, dovreb-be operare verso un livellamento delle condizioni eun rafforzamento di controlli e garanzie.

La trasparenza

La delega conferita al Governo dal comma 1dell’art. 7 (12) è destinata a modificare, a distanzadi due anni dalla sua introduzione, la normativasulla trasparenza (D.Lgs. n. 33 del 2013). Interven-to, quest’ultimo, a volte isolato dal contesto, altreforiero di oneri e costi eccessivi e, nell’insieme, ini-doneo a sciogliere i nodi del sistema italiano, chia-rendone presupposti e orientamenti. Al suo inter-no, infatti, “there is still the problem of transpa-rency as detached from accountability” e la traspa-renza, che dovrebbe rafforzare “the democraticcharacter of the institutions, is basically replacedby the idea of ‘spreading information’” (13).La delega, comunque, non mina le finalità della

normativa vigente: la casa di vetro, o il più concre-to naming and shaming, restano punti fermi. Di ciòè una conferma il richiamo agli stessi criteri diretti-vi della legge anticorruzione (art. 1, comma 35, L.n. 190 del 2012, sulla base del quale è stato adotta-to il citato D.Lgs. n. 33). Quelli di oggi, dunque, sisommano, e non si sostituiscono, ai precedenti,confermandone le esigenze sottostanti: non è in di-scussione il ripensamento della materia, ma l’eser-cizio della delega, e la ricerca di una visione più si-stematica.A questo fine, la L. n. 124 punta a superare “la

peculiare via italiana alla trasparenza [che] si fondasulla centralità degli obblighi di pubblicazione, ri-spetto ai quali il diritto del singolo all’informazioneè meramente strumentale” (14). Ora, oltre ai mec-canismi, si guarda ai diritti. I primi sono oggetto disemplificazione, riduzione e concentrazione (lett. c);accanto, sarà razionalizzata la trasparenza “attiva”(informazioni sui siti web) attraverso il ricorso alle

banche dati (lett. e). I secondi assumono nuova con-sistenza, con particolare riferimento all’accesso civi-co. Qualificato come “riconoscimento della libertàdi informazione”, viene separato da oneri di pubbli-cazione e titolarità di situazioni rilevanti, per favori-re “forme diffuse di controllo” sull’operato dellapubblica amministrazione (nella stessa direzione vala riformulazione dei diritti dei parlamentari sull’ac-cesso ai documenti e sulla “verifica dell’applicazionedelle norme”, di cui all’art. 31, L. n. 124 del 2007).Sarà importante, in merito, osservare la declinazio-ne delle forme di tutela, ossia le procedure di ricorsodinanzi all’Autorità nazionale anticorruzione e insede giurisdizionale (art. 116 Cpa).La ridefinizione degli strumenti connota anche

il piano delle regole. Piano nazionale anticorruzio-ne, di prevenzione della corruzione e relazione an-nuale del responsabile sono modificati sia nei con-tenuti, che devono essere precisati, sia nel procedi-mento di adozione, che deve essere snellito (lett.d). Lo stesso avviene con poteri e responsabilitàcorrelati, ove è in discussione la maggiore efficaciadi atti e controlli. La possibilità di differenziare per“settori e dimensioni” non sembra prefigurare unammorbidimento della disciplina, ma una soluzio-ne applicativa basata sul canone della ragionevo-lezza, per far aderire la normativa alla realtà speci-fica in cui si trova a operare.Altre operazioni hanno un taglio più generale.

La precisazione dell’ambito soggettivo, che ha sol-levato diversi problemi applicativi, getta nuova lu-ce sull’esercizio teorico di ‘nozione’ della pubblicaamministrazione. Le misure organizzative devonotendere a risultati effettivi, attraverso la definizionedelle fasi dei procedimenti per la stipula dei con-tratti, la rilevazione dei tempi di attesa delle pre-stazioni (di particolare interesse quelle sanitarie,ove le i ritardi sono incompatibili con le esigenzedi cura e con l’art. 32 Cost.), e i ritardi dei paga-menti alle imprese, problema molto serio, anchesul piano politico, che la vigente disciplina non èancora riuscita a risolvere (Dir. n. 2000/35/CE, at-tuata dal D.Lgs. n. 231 del 2002). Anche in questocaso, infine, la precisazione dei soggetti competentia irrogare sanzioni va letta in chiave di effettivitàdelle misure (lett. g e h).

(12) I commi 3-7 della norma sono invece relativi alle pre-stazioni obbligatorie gravanti sugli operatori di comunicazioneelettronica, tra cui le intercettazioni (art. 5, comma 1, lett. i bis,d.P.R. n. 115 del 2002, e 96, D.Lgs. n. 259 del 2003). Il Gover-no è chiamato a modificare la normativa per conseguire, gra-zie all’evoluzione tecnologica, risparmi del 50% rispetto ai

prezzi attuali (definiti dal D.M. 26 aprile 2001).(13) D.-U. Galetta, Transparency And Access To Public Sec-

tor Information In Italy: A Proper Revolution?, in Italian Journalof Public Law, 2014, vol. 2, 212 ss., qui 235.

(14) M. Savino, La nuova disciplina della trasparenza ammi-nistrativa, in questa Rivista, 2013, n. 8-9, 795 ss. qui 797.

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Parallelismi e prospettive

Ampiezza dei propositi e complessità degli stru-menti segnano il prisma di questa riforma, da salu-tare con favore quanto a impostazione e sistemati-ca: la ricerca di livelli maggiori di ordine, effettivaapplicazione e chiarezza, infatti, denota un impian-to serio e ragionato, che permette all’intera leggedi poggiare su una base solida.Allo stesso tempo, come anticipato, sarà la dele-

ga e, soprattutto, la prassi, a dover assicurare i tra-guardi che tale ambizioso disegno si prefigge; inparticolare, il profondo ripensamento delle tecni-che utilizzate si mescola alla necessità di un inter-vento coordinato.Non a caso, nei due versanti esaminati si mani-

festano precise convergenze, in modalità ora parita-ria, ora strumentale. Con la prima, la trasparenzaprocede di pari passo con la digitalizzazione (l’ac-cesso “a tutti i dati e le informazioni” e la loro pub-blicazione sui siti istituzionali). Con la seconda, ladigitalizzazione è funzionale alla trasparenza (misu-razione e valutazione delle performance, partecipa-zione ai processi decisionali, interconnessione dellebanche dati, monitoraggio semestrale degli elenchicostruiti). A volte, pur nella stessa direzione, varial’intensità: così, la semplificazione, trasversale al-l’intera riforma (15), nella digitalizzazione si appli-

ca a linguaggio e procedimenti, nella trasparenza aprocedure specifiche (l’iscrizione negli elenchi deifornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavorinon soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa).Permangono alcuni nodi irrisolti. Primo, la men-

zione nel testo della legge di alcuni obiettivi ambi-ziosi, come il superamento del digital divide (spessoannunciato e poco attuato), richiede un serrato con-fronto con la prassi e con le condizioni esterne - einterne - alla pubblica amministrazione. Secondo,politica e amministrazione (negli uffici dirigenzialipreposti alla digitalizzazione) potrebbero camminaresu un crinale rischioso, anche se l’intento di colmareuna disfunzione almeno decennale potrebbe svelareuna misura temporanea. Terzo, la funzione di con-trollo potrebbe tingere di nuovi cromatismi il dirittodi accesso, anche se la carica innovatrice della di-sposizione dovrà essere testata con interpretazionigiurisprudenziali e coraggio culturale della dottrina.In conclusione, la L. n. 124 del 2015 conferma

come il maggior soddisfacimento degli interessi deicittadini sia una sfida ancora molto difficile, in cuilo spazio dedicato ai singoli strumenti non devetralasciare gli aspetti generali come legittimazione,controllo e partecipazione. La stretta connessionetra digitalizzazione e trasparenza ne costituisce lariprova (16).

Le norme generali sulla semplificazionedi Giulio Vesperini

Il principio di semplificazione costituisce uno dei principi portanti della intera disciplina della L.n. 124/2015. La legge detta anche alcune misure generali di semplificazione, per l’attuazionedelle quali attribuisce una serie di deleghe al governo. Tre sono gli indirizzi principali che tali mi-sure sanciscono: la riduzione del regime di specialità riservato ai c.d. interessi sensibili; il raffor-zamento dei poteri dell’amministrazione procedente; la specificazione della disciplina di alcuniimportanti istituti di semplificazione già disciplinati dalla L. n. 241/1990.

Un nuovo programma di semplificazione

I quaranta richiami della L. n. 124/2015 al prin-cipio di semplificazione fa di questo uno dei piùimportanti fili conduttori dell’intera disciplina. Disemplificazione, infatti, si tratta a proposito di digi-talizzazione della pubblica amministrazione; orga-nizzazione e personale; trasparenza e prevenzionedella corruzione; razionalizzazione di importanti

settori della disciplina amministrativa. Questoscritto tratta, però, dei cinque articoli della leggededicati alla disciplina generale dei procedimentidecisionali: 2, 3, 4, 5 e 21.Le misure generali previste da queste disposizioni

riguardano, per lo più, i procedimenti amministra-tivi, ma toccano, in parte, anche le norme e i mec-canismi previsti per dare loro attuazione.

(15) Si v. quanto osservato da G. Vesperini, in questo nume-ro.

(16) Sul difficile rapporto tra trasparenza e digitalizzazione,

J. Shkabatur, Transparency With(out) Accountability: Open Go-vernment in the United States, in Yale Law & Policy Review, 31,2013, 80 ss.

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Con la sola eccezione di quelle dell’art. 3, che re-ca norme immediatamente precettive sul silenzio as-senso tra amministrazioni pubbliche, esse traccianoun programma di lavoro che il governo dovrà realiz-zare in un tempo compreso tra i tre (art. 21) e i do-dici mesi (artt. 2 e 5); principalmente attraverso de-leghe legislative e, in un caso (quello dell’art. 4),con un regolamento delegificante. I procedimentiper l’adozione dei decreti legislativi e del regolamen-to differiscono, tra loro, non solo in ragione del tipodi fonte normativa, ma anche dell’oggetto della de-lega. Per le norme sulla conferenza dei servizi (art.2) e la segnalazione certificata di inizio attività-SCIA, il silenzio assenso, l’autorizzazione espressa ela comunicazione preventiva (art. 5), la proposta èdel ministro per la semplificazione e la pubblica am-ministrazione; interviene la conferenza unificata (dinorma, con un’intesa, talvolta, con un parere); ilconsiglio di Stato e il Parlamento devono dare unparere nei termini previsti dalla legge. Molto piùsemplice il procedimento previsto per la delega rego-lata dall’art. 21: la proposta spetta al presidente delconsiglio, di concerto con il ministro per le riformecostituzionali; segue la trasmissione al Parlamentoper il parere di sua competenza. Infine, l’adozionedel regolamento delegificante previsto dall’art. 4 èsoggetto all’art. 17, comma 2, L. n. 400/1988: il go-verno deve acquisire i pareri del consiglio di Stato edelle commissioni parlamentari competenti. Ma ènecessaria anche l’intesa della conferenza unificata.I soggetti ai quali la legge affida la realizzazione

del programma di semplificazione, quindi, sono quat-tro: il governo, il Parlamento, la conferenza unifica-ta, il Consiglio di Stato. Come si è visto, a secondadei casi, mutano il peso di ciascuno di essi e i termi-ni entro i quali devono esercitare le competenze loroattribuite. Rispetto al passato, si rafforza la posizionedel ministro per la semplificazione e la pubblica am-ministrazione, secondo un indirizzo già anticipatodal D.L. n. 90/2014. Trova conferma anche l’altroimportante indirizzo sancito dalla L. del 2014, dellasemplificazione quale politica comune dello Stato edel sistema delle autonomie regionali e locali (1): tredelle quattro normative generali di semplificazionedevono essere adottate, infatti, dal governo con l’in-tesa o il parere della conferenza unificata.Sul piano degli strumenti adoperati, poi, la L. n.

124/2015 segue la tradizione delle più importantileggi di semplificazione del ventennio precedente,quella dell’articolazione dell’intervento normativosu diversi livelli: il Parlamento definisce il pro-

gramma di semplificazione, il governo vi dà attua-zione attraverso decreti legislativi e regolamenti.Non mutano neanche le regole del rapporto tra

le norme generali sul procedimento, dettate dalloStato, con quelle di spettanza delle regioni e deglienti locali per i procedimenti di rispettiva compe-tenza: pertanto, l’applicazione ai procedimenti re-gionali e locali delle norme (delegate) di riformadegli istituti della conferenza di servizi, dellaSCIA, del silenzio assenso, ecc., sarà regolata dal-l’art. 29, L. n. 241/1990.Infine, vale anche per le norme di semplificazione

l’osservazione generale fatta nello scritto introdutti-vo di Bernardo Mattarella: esse non introducononuovi e autonomi plessi normativi, ma, per la granparte, modificano gli istituti di semplificazione rego-lati dalla L. n. 241/1990 (conferenza di servizi, silen-zio assenso, segnalazione certificata di inizio attività)o ne prevedono particolari modalità di attuazionecon riferimento a determinati procedimenti (termi-ne di conclusione e meccanismi sostitutivi); per altraparte, prevedono la soppressione o la revisione dinorme che hanno avuto attuazione scarsa o nulla.Detto delle caratteristiche delle misure generali

di semplificazione dettate dalla L. n. 124/2015 edegli elementi di continuità con quelle del passato,si illustrano di seguito le tre principali scelte difondo da esse compiute: la riduzione del regimespeciale riservato ai cd. interessi sensibili; il raffor-zamento dei poteri dell’amministrazione proceden-te; la specificazione e l’integrazione della disciplinadi alcuni importanti istituti di semplificazione.

La ridotta specialità degli interessi sensibili

Quello del rapporto tra il principio di semplificazio-ne e la tutela di una serie di interessi sensibili, qualiquelli ambientali, paesaggistico-territoriali, del patri-monio storico-artistico, della salute e della pubblicaincolumità costituisce un problema risalente dellenorme sulla semplificazione, sin dalla L. n. 241/1990.Nella disciplina generale vigente fino alla entra-

ta in vigore della L. n. 124/2015, questo conflittotrova soluzione, nella maggior parte dei casi, con lasottrazione delle amministrazioni preposte alla curadegli interessi in questione alle norme di semplifi-cazione valevoli per le altre amministrazioni: que-sto è il caso, come è noto, degli artt. 16 (sui pare-ri), 17 (sulle valutazioni tecniche), 19 (sullaSCIA), 20 (sul silenzio assenso) della L. n.241/1990. È più articolata, invece, la soluzione

(1) Si veda G. Vesperini, La semplificazione, politica comune,in questa Rivista, 2014, 11, 1019.

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adottata dalla disciplina della conferenza dei servi-zi. Una normativa speciale, infatti, è prevista prin-cipalmente per il dissenso di una o più di questeamministrazioni sulla proposta dell’amministrazio-ne procedente: il dissenso, se motivato, impediscela conclusione della conferenza secondo la regolagenerale delle “posizioni prevalenti” (art. 14 ter,comma 6 bis) e determina l’avvio di un autonomoprocedimento da concludersi con la decisione delconsiglio dei ministri, previa l’acquisizione, nei ter-mini indicati dalla legge, di una serie di intese. Inquesto caso, quindi, la specialità del regime degliinteressi sensibili non si risolve nella loro sottrazio-ne alla disciplina generale, ma nell’aggravamentodel procedimento amministrativo.Sulla dubbia legittimità costituzionale del tratta-

mento (di favore) riservato a questi interessi rispettoad altri valori costituzionali, si espressero già alcuniautori nei primi commenti della L. n. 241/1990 (2).Ma, ancora più importante, queste norme non han-no risolto il problema della lunghezza e della farragi-nosità dei procedimenti ai quali partecipano le am-ministrazioni preposte alla cura di quegli stessi inte-ressi. Per esempio, nella consultazione promossa,nell’aprile 2014, dal dipartimento della funzionepubblica sulle “100 procedure più complicate dasemplificare” è emerso che i cittadini consideranotra le procedure più complicate quelle in materiaedilizia, specialmente nelle zone soggette a vincolipaesaggistici, naturalistici, urbanistici, ecc., in ragio-ne della necessità di acquisire i pareri di una plurali-tà di differenti uffici e della imprevedibilità dei tem-pi rispettivamente occorrenti (3).Anche se per avere un quadro completo in ma-

teria, occorre attendere i provvedimenti di attua-zione, si può osservare già da ora che la L. n.124/2015 corregge gli indirizzi del passato, perchériduce il regime di specialità riservato alle ammini-strazioni preposte alla cura di interessi sensibili;prevede tecniche che assicurino un contempera-mento più equilibrato tra questi stessi interessi equello alla semplificazione; àncora più decisamentela soluzione del conflitto al procedimento principa-le e alle sue regole ordinarie.Innanzitutto, l’art. 3, che introduce un nuovo art.

17 bis nella L. n. 241/1990, applica la regola del si-lenzio assenso tra le amministrazioni pubbliche an-che ai provvedimenti di competenza di quelle prepo-ste alla cura di interessi sensibili, prevedendo, sola-

mente, per questi casi, un termine più lungo di quel-lo ordinario per la formazione del silenzio assenso.Tre sono le previsioni rilevanti, al riguardo, nei

criteri di delega dettati dall’art. 2, sulla conferenzadei servizi. Quella che affida al legislatore delegato ilcompito di definire meccanismi e termini “per la ne-cessaria composizione degli interessi pubblici nei casiin cui la legge preveda la partecipazione al procedi-mento delle amministrazioni preposte alla tutela del-l’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-arti-stico, della salute o della pubblica incolumità, in mo-do da pervenire in ogni caso alla conclusione delprocedimento entro i termini previsti” (comma 1,lett. n); quella, della stessa lett. n, sulla “previsioneper le amministrazioni citate della possibilità di atti-vare procedure di riesame”; quella, infine, che, ripro-ducendo con qualche variante la previsione dell’art.14 ter, comma 7, L. n. 241/1990, impegna il legisla-tore delegato a prevedere “che si consideri comun-que acquisito l’assenso delle amministrazioni, ivicomprese quelle preposte alla tutela della salute, delpatrimonio storico-artistico e dell’ambiente, che, en-tro il termine dei lavori della conferenza, non si sia-no espresse nelle forme di legge” (comma 1, lett. g).

Il rafforzamento dei poteridell’amministrazione procedente

In parte connesso a quello appena analizzato è unaltro problema ricorrente della normativa sulla sem-plificazione, quello del rapporto tra la disciplina deisingoli procedimenti (che, in molti casi, prevede lapartecipazione di numerosi uffici), da un lato, e ilprincipio di tempestività dell’azione amministrativa,dall’altro lato. Il modello introdotto dalla L. n.241/1990, poi ripreso e sviluppato dalle norme suc-cessive, investe la struttura del procedimento: diquesta si consente al responsabile del procedimentostesso la modificazione attraverso la soppressione dialcune fasi (si pensi alle norme degli artt. 16 e 17sui pareri e le valutazioni tecniche), oppure median-te la previsione di tecniche di decisione contestualie concordate che permettono la composizione degliinteressi, senza aggravare la sequenza procedimenta-le (il riferimento è alla conferenza di servizi). Se-condo questa prospettiva, pertanto, la semplificazio-ne si consegue con il rafforzamento dei poteri asse-gnati all’amministrazione procedente per dirigere ilprocedimento. Ma le misure adottate fino a questomomento, in gran parte, hanno fallito i loro obietti-

(2) G. Corso - F. Teresi, Procedimento amministrativo e ac-cesso ai documenti. Commento alla legge 7 agosto 1990 n. 241,Rimini, 1991, 108.

(3) Per gli esiti della consultazione si veda http://www.fun-zionepubblica.gov.it/TestoPDF.aspx?d=33326.

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vi. Si legge ad esempio in una recente indagine sul-la conferenza di servizi: “Le caratteristiche del pro-cesso e in particolare la frammentazione [delle com-petenze tra un numero molto elevato di uffici] com-portano che il responsabile del procedimento si li-miti a svolgere un ruolo di coordinatore formale diobblighi amministrativi. È assente una prospettivacollaborativa del responsabile, il quale dovrebbe in-vece guidare il procedimento al buon esito dellostesso. Inoltre, si verifica un sostanziale vuoto di re-sponsabilità, visto che ciascuna delle amministrazio-ni che intervengono si occupa solo del segmento disua competenza” (4).Le norme della L. n. 124/2015 non abbandona-

no questo modello, ma si prefiggono, all’inverso, diconsolidarne l’effettività. A questo scopo, esse am-pliano i poteri e le responsabilità dell’amministra-zione procedente; rafforzano le tecniche per assicu-rare unitarietà all’azione amministrativa; introdu-cono nuove garanzie del rispetto dei termini diconclusione del procedimento.Gli artt. 2, 3 e 4 contengono applicazioni impor-

tanti di questi indirizzi.A proposito della conferenza di servizi, l’art. 2

prevede che il legislatore delegato debba adottaremisure per: la ridefinizione e la riduzione dei casiin cui la convocazione della conferenza di servizi èobbligatoria; la riduzione dei termini per l’acquisi-zione degli atti di assenso previsti e per l’adozionedella determinazione motivata di conclusione delprocedimento; la partecipazione alla conferenza diun solo rappresentante delle amministrazioni stata-li e, più in generale, il coordinamento e la rappre-sentanza unitaria delle amministrazioni interessate(con previsione, questa, che riguardi anche le am-ministrazioni differenti dallo Stato); la precisazionedei poteri dell’amministrazione procedente, in par-ticolare per i casi nei quali le amministrazioni com-petenti non abbiano espresso atti di assenso o didissenso. Il legislatore delegato, inoltre, deve consi-derare acquisito l’assenso delle amministrazioniche, entro il termine dei lavori della conferenza,non si siano espresse nelle forme di legge e preve-dere meccanismi di composizione degli interessisensibili, che assicurino comunque la conclusionedel procedimento entro i termini previsti.L’art. 3 estende il meccanismo del silenzio assen-

so dai rapporti tra la pubblica amministrazione e iprivati a quello delle amministrazioni tra loro.L’art. 4 prevede per determinati procedimenti

amministrativi (da identificare con regolamento

tra quelli riguardanti rilevanti insediamenti produt-tivi, opere di interesse generale, avvio di attivitàimprenditoriali) la possibilità di una riduzione finoal cinquanta per cento dei termini di conclusionee l’imputazione dei poteri sostitutivi per l’inosser-vanza dei termini stessi (secondo quanto previstoin generale dall’art. 2, commi 9 ss., L. n. 241/1990)al presidente del consiglio o a un suo delegato.

Individuare, identificare, precisare

Le norme generali di semplificazione della L. n.124/2015 adoperano sei volte il verbo “individua-re”, due volte il verbo “identificare”, altre due vol-te il verbo “precisare”. Nella valutazione del legi-slatore del 2015, quindi, la semplificazione dei pro-cessi decisionali richiede un impegno intenso dispecificazione di norme vigenti, da compiersi attra-verso altre norme. Per comprendere meglio i con-tenuti e le ragioni di queste scelte conviene pren-dere in considerazione i due articoli nei quali l’usodei verbi indicati è più diffuso: il 5 e il 21.L’art. 5 delega il governo alla “precisa individua-

zione dei procedimenti oggetto di segnalazione cer-tificata di inizio attività o di silenzio assenso, aisensi degli artt. 19 e 20 della L. 7 agosto 1990, n.241, nonché di quelli per i quali è necessaria l’au-torizzazione espressa e di quelli per i quali è suffi-ciente una comunicazione preventiva”. Come no-to, infatti, gli artt. 19 e 20, L. n. 241/1990, defini-scono in termini generali le fattispecie alle qualiapplicare, rispettivamente, il regime della SCIA equello del silenzio assenso. Lo stesso art. 20, poi,tra i casi di esclusione del silenzio assenso, con pre-scrizione altrettanto generale, annovera quelli incui “la normativa comunitaria impone l’adozionedi provvedimenti amministrativi formali”. La L. n.124/2015 non modifica la disciplina sostanziale diquesti istituti, ma progetta la definizione puntualedel loro ambito di applicazione. Questo perché lascelta precedentemente compiuta dal legislatore diconcedere ampia discrezionalità all’amministrazio-ne per identificare i casi rientranti in questa oquella delle fattispecie richiamate non ha sortitogli effetti attesi, ma ha posto alle amministrazioninumerosi problemi applicativi; esteso la necessitàdi intervento del giudice amministrativo; ridotto,in definitiva, i benefici di queste norme per i priva-ti. Con la L. n. 124/2015, si torna al modello origi-nario della L. n. 241/1990, nel quale, cioè, le fatti-specie da sottoporre a silenzio assenso e (nel lin-

(4) REF ricerche, Iter autorizzativi e semplificazione: la confe-renza dei servizi, giugno 2015.

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632 Giornale di diritto amministrativo 5/2015

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guaggio della L. del 1990) denuncia di inizio di at-tività si dovevano stabilire con norme (allora dirango secondario).“Al fine di semplificare il sistema normativo e i

procedimenti amministrativi e di dare maggiore im-pulso al processo di attuazione delle leggi”, l’art. 21delega il governo a “individuare, tra le disposizionidi legge che prevedono l’adozione di provvedimentiattuativi, quelle che devono essere modificate al so-lo fine di favorire l’adozione dei medesimi provvedi-menti e apportare le modificazioni necessarie” e a“individuare, fra le disposizioni di legge che preve-dono l’adozione di provvedimenti attuativi, quelleper le quali non sussistono più le condizioni per l’a-dozione dei provvedimenti medesimi e disporne l’a-brogazione espressa e specifica”. La delega ha peroggetto le leggi adottate dal gennaio 2012 alla datadi entrata in vigore della stessa L. n. 124/2015.Questa norma si comprende meglio se si tiene

presente il dibattito avviato dal Rapporto Giarda su“il monitoraggio dei provvedimenti di attuazionedelle leggi approvate durante il governo Monti”(febbraio 2013) (5). Il Rapporto segnalava, tra l’al-tro, l’elevato numero di provvedimenti attuativiprevisti dalle leggi di quegli anni; il grande ritardocon il quale la maggior parte di essi era adottata; laconseguenza che generalmente l’amministrazione“nei primi anni di governo risulta essere sottopostaad impegno rilevante per dare seguito agli adempi-menti amministrativi lasciati in eredità dai prece-denti governi”. Il tema è stato ripreso successiva-mente nel documento conclusivo della indagine co-noscitiva della commissione parlamentare per lasemplificazione del marzo 2014: “le responsabilitàdella ritardata o mancata attuazione delle norme so-no indubbiamente condivise tra Parlamento e Go-verno: le norme non autoapplicative, che rinvianoa successivi adempimenti, possono infatti derivare odalla incapacità di arrivare a una sintesi politica ov-vero dalla volontà di esplicitare un semplice intento(le cosiddette “norme manifesto”)” (6). Le dimen-sioni del fenomeno, pur essendosi notevolmente ri-dotte nell’ultimo anno, sono ancora consistenti: iprovvedimenti da adottare per dare attuazione a leg-gi precedenti erano 889 il 22 febbraio 2014, sono263 alla data del 19 agosto 2015 (7).

Letto in questo contesto, si possono connettereall’art. 21, L. n. 124/2015 una pluralità di scopi:quello di risolvere il problema contingente del nu-mero elevato di leggi dell’ultimo triennio non at-tuate o attuate con grande ritardo; quello di fornireun indirizzo per la legislazione successiva, a favoredella espansione delle norme autoapplicative e del-la riduzione, in generale, del numero e della com-plessità degli adempimenti attuativi; quello, chepiù direttamente interessa, di porre rimedio ai falli-menti dell’amministrazione.Un presupposto comune, quindi, regge gli artt. 5 e

21: la semplificazione dei procedimenti amministra-tivi ha maggiori possibilità di successo se si riduce ladiscrezionalità dell’amministrazione nell’interpreta-zione e nell’attuazione delle norme relative. Il legi-slatore che “precisa”, “identifica”, “individua” si so-stituisce a uffici timidi o incapaci; circoscrive, conse-guentemente, i margini di intervento del giudice; at-tribuisce all’apparato di governo della politica disemplificazione poteri di regolamentazione puntualeper dare certezza ed effettività alle norme di legge.

Conclusioni

Un buon disegno, quindi, quello delle norme ge-nerali di semplificazione della L. n. 124/2015. Nonsi prevedono trasformazioni radicali dell’apparatoesistente delle norme di semplificazione, ma il raf-forzamento di modelli utilizzati nel passato, la cor-rezione delle loro distorsioni, i rimedi al fallimentidell’attuazione. Non si procede per modifiche in-terstiziali, ma si progetta la revisione della discipli-na di interi istituti. Si traccia un disegno ambizio-so, la realizzazione del quale, però, è affidata a unaserie di interventi chirurgici sui principali nodi chehanno ostacolato il successo delle politiche di sem-plificazione.Per giudicare compiutamente questo disegno oc-

corre pazientare: non è sufficiente attendere le nor-me attuative previste per i dodici mesi successiviall’entrata in vigore della legge, ma anche, e so-prattutto, l’applicazione delle stesse negli anni a se-guire.Come al solito, un buon inizio equivale solo a

metà dell’opera.

(5) Si può leggere al seguente link. http://www.governo.it/-Presidenza/ufficio_statistica/documenti/rapporto_amministrati-vo.pdf. Il brano citato di seguito, nel testo, si trova a p. 8 deldocumento.

(6) Il rapporto conclusivo si trova al seguente indirizzo

http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/at-tachments/shadow_mostra/file_pdfs/000/023/949/documen-to_conclusivo_31_03_2014.pdf.

( 7 ) Da t i agg io rna t i s i t r ovano a l seguen te l i nk :http://www.programmagoverno.gov.it.

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Giornale di diritto amministrativo 5/2015 633

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Sui poteri di autotutela: una riforma in senso giustizialedi Marco Macchia

Con l’art. 6 della L. n. 124 del 2015 si procede ad un significativo ripensamento dei poteri di auto-tutela. L’ampiezza dell’annullamento d’ufficio viene circoscritta entro precisi limiti temporali. Rile-va la distinzione tra atti favorevoli e sfavorevoli al destinatario. Il potere di sospensione è maggior-mente delimitato. La fattispecie speciale di annullamento doveroso per esigenze di pubblico ri-sparmio è abrogata. I poteri di inibitoria rispetto alle attività economiche esercitabili previa segna-lazione del privato sono riformulati. L’esito è un maggior presidio dei principi di effettività dei dirit-ti e di certezza e stabilità delle situazioni giuridiche soggettive a fronte dell’esercizio dei poteri diautotutela decisoria, nel rispetto della regola della buona fede e dell’affidamento del privato.

Premessa

Occorre scongiurare il rischio che l’amministra-zione usi irritualmente i propri poteri di autotutelae si avvantaggi della sua diversa posizione nell’ordi-namento rispetto al privato. Se, infatti, il privatoper difendersi da un provvedimento illegittimo ètenuto a rispettare termini brevi e rigorosi, nonsempre è giustificato che l’amministrazione, a fron-te di un atto allo stesso modo illegittimo, possaautotutelarsi senza che né il decorso del tempo néla sussistenza di diritti quesiti costituiscano unostacolo all’esercizio di questo potere.Sotto questa chiave di lettura vanno lette le in-

novazioni contenute nell’art. 6 della L. n. 124 del2015 e dedicate ai poteri di autotutela. Le modifi-che intervengono su quattro profili. Il primo è lafissazione di un limite temporale per l’esercizio del-l’annullamento d’ufficio. Il secondo è l’eliminazio-ne dell’autotutela doverosa per esigenze di pubblicorisparmio. Il terzo è relativo alla riduzione dell’im-piego dei poteri amministrativi di sospensione. Ilquarto riguarda un campo di particolare attenzionegiurisprudenziale, ossia la relazione tra ambito diintervento dell’annullamento d’ufficio e segnalazio-ne certificata d’inizio attività.Nel complesso queste misure sembrano ispirate

ad un’unica filosofia di fondo che prende forma nel-l’obiettivo di ridurre le distanze tra amministrazionee privato, tra i tempi della tutela e quelli dell’auto-tutela. Si conserva la possibilità di utilizzare poteridi cura dell’interesse pubblico, connotati dalla pre-senza di privilegi, ma se ne promuove un impiegoprevalentemente in senso giustiziale (1), attento alle

esigenze di celerità e al principio generale di com-portamento secondo buona fede, cui corrispondel’onere di sopportare le conseguenze sfavorevoli delproprio comportamento, che abbia ingenerato nelcittadino incolpevole un legittimo affidamento.

Il termine per l’esercizio del poteredi annullamento d’ufficio

Non vi è dubbio che l’autotutela rientri tra i privi-legi di cui dispone il potere pubblico e che lo caratte-rizza come autorità. “Mentre i privati, di norma, pos-sono realizzare gli assetti di interessi che reputanoconvenienti soltanto se ottengono il consenso dellacontroparte, le amministrazioni hanno la potestà diagire in via unilaterale. Possono, quindi, realizzarequegli assetti di interessi prescindendo dalla volontàespressa dalle parti private o, al limite, contro la lorovolontà. I privati, inoltre, sono tenuti al rispetto delprincipio generale della previa verificazione giudizialedelle pretese (in altre parole, non possono farsi giusti-zia da soli), mentre le amministrazioni pubbliche, neicasi previsti dalle norme positive, possono ricorrereall’uso della forza per eseguire le proprie decisioni,senza una previa autorizzazione del giudice” (2).L’annullamento d’ufficio ne è una espressione,

poiché consente di restaurare l’ordine giudico vio-lato, annullando direttamente un provvedimentoillegittimo precedentemente emanato, senza ricor-rere al giudice, purché sussista un interesse pubbli-co concreto e attuale che richieda questa misura. Ilriconoscimento del vizio del provvedimento nonbasta all’amministrazione per eliminarne gli effetti:

(1) Tradizionalmente il potere di autotutela riflette la pecu-liarità del rapporto tra amministrazione e giurisdizione: giacchése all’amministrazione è dato il potere di annullare i propriprovvedimenti su ricorso degli interessati, parallelamente le èriconosciuto anche quello di annullarli in assenza di ricorso. Alriguardo, B.G. Mattarella, Autotutela amministrativa e principiodi legalità, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007, 1223 ss.

(2) C. Franchini - G. della Cananea, I principi dell’ammini-strazione europea, Torino, 2013, 122. Al riguardo, B.G. Matta-rella, L’imperatività del provvedimento amministrativo. Saggiocritico, Padova, 2000, 85 ss.; nonché Id., Fortuna e decadenzadell’imperatività del provvedimento amministrativo, in Riv. trim.dir. pubbl., 2012, 1 ss.

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ne è dimostrazione l’attenzione della giurisprudenzaverso la necessità di un’attenta motivazione (3).Ma è evidente che, qualora l’ordinamento permet-ta di ricorrere a tale potere in ogni momento, senzache il decorso del tempo rappresenti un ostacolo,la quota di privilegio aumenta.In passato la perennità di tale potere costituiva

un principio pacifico, al punto che la regola dellaprescrizione decennale dei diritti era subordinatarispetto a quella “della perennità della potestà am-ministrativa di annullare in via di autotutela gli at-ti invalidi” (4). Dopodiché con l’introduzione del-l’art. 21 nonies, dedicato all’annullamento di uffi-cio, l’ordinamento si è preoccupato di circoscriveretale potere amministrativo di mutabilità degli attientro un termine ragionevole.Il fattore tempo, per giunta, è strettamente legato

al consolidamento e all’affidamento delle situazionisoggettive: tanto più lungo è il dispiego del tempo epiù grande il pregiudizio dei privati che vengonodanneggiati dal provvedimento di annullamento,tanto più rilevante deve essere l’interesse pubblicoche si intende curare con l’adozione della misura diautotutela. Si impone alla amministrazione unaponderazione fra l’interesse all’annullamento e l’“in-teresse rappresentato dalla situazione di vantaggiogeneratasi a favore del destinatario dell’atto” (5).Si inserisce in questo contesto il comma 1, lett.

d), dell’art. 6, di modifica dell’art. 21 nonies, checostituisce la seconda correzione a tale articolo ne-gli ultimi due anni. Già con l’art. 25, comma 1,lett. b quater), D.L. n. 133/2014, il legislatore è in-tervenuto sui presupposti del potere, escludendoesplicitamente la possibilità di procedere ad annul-lamento di ufficio nei casi di provvedimenti chepresentino vizi formali o relativi alla mancata co-municazione di avvio del procedimento e il cuicontenuto non avrebbe potuto essere diverso daquello in concreto adottato.La novella interviene, innanzitutto, sulla specifi-

cazione del termine entro il quale l’amministrazionepuò procedere all’annullamento d’ufficio. Se at-tualmente è previsto il limite temporale del “termi-ne ragionevole”, ossia un parametro indeterminatoed elastico che lascia all’amministrazione il compi-to di individuarlo in concreto, in considerazionedegli interessi coinvolti, la modifica introduce un

termine ultimo per l’annullamento, stabilendo chenon deve essere comunque superiore a diciotto me-si dal momento dell’adozione del provvedimento diprimo grado. Detto vincolo temporale è introdottosolo per i casi di annullamento d’ufficio dei prov-vedimenti di autorizzazione o di attribuzione divantaggi economici, formula omnicomprensivatendente ad includere quasi tutti i provvedimentifavorevoli per il privato, inclusi i casi di atti tacitiformatisi a seguito di silenzio assenso.In secondo luogo, il nuovo comma 2 bis all’art.

21 nonies contempla un’eccezione al rispetto del li-mite temporale dal legislatore introdotto. In parti-colare, la disposizione prescrive che possono essereannullati anche dopo diciotto mesi dall’adozione iprovvedimenti amministrativi conseguiti sulla basedi false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazionisostitutive di certificazione e dell’atto di notorietàfalse o mendaci per effetto di condotte costituentireato, accertate con sentenza passata in giudicato.Ad ogni modo, è comunque fatta salva l’applicazio-ne delle sanzioni penali nonché delle sanzioni pre-viste dal regolamento in materia di documentazio-ne amministrativa, adottato con d.P.R. 28 dicem-bre 2000, n. 445.Giacché è un privilegio il potere di rimuovere

gli effetti già prodotti dal provvedimento, oltre chedi impedire la produzione di effetti futuri, il sensodella riforma sta nel conservare la regola che tutti iprovvedimenti amministrativi sono soggetti ad an-nullamento d’ufficio e nel prevedere che l’ammini-strazione abbia un potere limitato nel tempo di ri-muoverli allorché vi siano posizioni quasi consoli-date in capo ai destinatari.Ciò anche tenendo conto delle differenti disci-

pline a livello comparato, attente a bilanciare l’esi-genza di ripristino della legalità violata con la curadegli interessi dei privati che vengono danneggiatidal provvedimento di annullamento. Nell’ordina-mento francese, infatti, i provvedimenti favorevolial destinatario possono essere annullati dall’ammi-nistrazione unicamente entro il termine per la pro-posizione del ricorso giurisdizionale, facendo preva-lere nel lungo periodo più l’ostacolo del divieto direformatio in pejus, che non l’eliminazione del vizioe il ripristino della legalità. Con l’effetto che il ter-mine stabilito per ricorrere al giudice amministrati-

(3) Per una pronuncia recente tra le molte, si v. T.A.R. Cam-pania, Sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4286, in cui si chiarisceche l’annullamento d’ufficio del permesso di costruire richiedeun’espressa motivazione in ordine all’interesse pubblico con-creto ed attuale al ripristino dello status quo ante, ai sensi del-l’art. 21 nonies, L. n. 241/1990, che giustifichi il ricorso al pote-re di autotutela della amministrazione, non essendo, anche

nella materia edilizia, sufficiente l’intento di operare un meroastratto ripristino della legalità violata.

(4) Cons. Stato, Sez. II, 7 giugno 1995, n. 2917/94, nonchéCons. Stato, Sez. VI, 30 ottobre 1981, n. 547.

(5) F. Merusi, L’affidamento del cittadino, Milano, 1970,145.

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Giornale di diritto amministrativo 5/2015 635

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vo vale anche per l’esercizio da parte dell’ammini-strazione del potere di annullamento d’ufficio inconformità al principio di eguaglianza nei rapportifra cittadino e amministrazione (6).Mentre, nell’ordinamento tedesco, l’art. 48 della

Verwaltungsverfahrensgesetz ha disciplinato, limitan-dolo, il potere di mutabilità dei provvedimenti inaccordo con i principi di tutela del legittimo affida-mento e di certezza del diritto. È ivi stabilito cheun atto amministrativo illegittimo che abbia con-cesso una prestazione pecuniaria non può essere re-vocato qualora il destinatario abbia fatto affida-mento sull’efficacia giuridica dell’atto stesso e, te-nuto conto dell’interesse pubblico, il suo affida-mento sia meritevole di tutela (7).In modo simile, la riforma introduce una regola

che impedisce il ricorso all’annullamento d’ufficiodei provvedimenti favorevoli decorsi diciotto mesidalla loro adozione. Di fatto si presume che il sem-plice decorso del tempo - a meno che l’atto ammi-nistrativo non sia stato ottenuto dal beneficiariomediante dolo o falsa rappresentazione dei fatti -sia in grado di escludere l’interesse pubblico con-creto alla rimozione dell’atto ormai intangibile, sal-va ovviamente la possibilità di provvedere diversa-mente con decorrenza ex nunc, ove ne ricorrano ipresupposti. Come se vi fosse “una corrispondenzatra inoppugnabilità del provvedimento ed inam-missibilità del suddetto annullamento, spiegandolacon l’esclusione dell’interesse pubblico alla rimo-zione di provvedimenti inoppugnabili” (8).Si introduce in questo modo una decadenza

automatica dal potere amministrativo di annulla-mento, tesa ad evitare arbitrii da parte dell’autoritàe a sanzionare la rilevanza del principio di buonafede e di tutela del legittimo affidamento del citta-dino, generato da un comportamento della pubbli-ca amministrazione e imposto dalle esigenze di cer-tezza nei rapporti giuridici garantite dallo stato didiritto (9).

La cancellazione di una ipotesidi autotutela doverosa

Il comma 2 dell’art. 6 abroga la disposizione con-tenuta nella legge finanziaria per il 2005 (art. 1,comma 136, L. n. 311 del 2004), ai sensi della qua-le poteva essere sempre disposto l’annullamento diufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi,pur se l’esecuzione degli stessi fosse ancora in cor-so, nel momento in cui mirasse a conseguire rispar-mi o minori oneri finanziari per le amministrazionipubbliche (10). La direttiva del Dipartimento dellafunzione pubblica del 17 ottobre 2005, volta a spe-cificarne meglio le condizioni di applicazione,chiariva che tale rimedio di autotutela poteva esse-re applicato esclusivamente nei casi in cui l’annul-lamento rinvenisse il suo fondamento nella finalitàex lege di interesse pubblico di ottenere risparmi dispesa. Ergo l’amministrazione doveva motivare ade-guatamente, elencando anche mediante l’allegazio-ne di un prospetto illustrativo i risparmi che si in-tendeva acquisire.Si trattava di una peculiare ipotesi di autotutela

doverosa con cui si derogava alla regola generaledell’annullamento d’ufficio discrezionale: quandola rimozione dell’atto serviva ad ottenere un rispar-mio, l’interesse pubblico all’annullamento era in reipsa, non ne occorreva una verifica concreta, datal’assoluta preminenza delle esigenze di tutela delpatrimonio pubblico.Dando le violazioni del diritto dell’Unione luogo

in alcuni casi a procedure di infrazione potenzial-mente in grado di procurare un illegittimo esborsodi denaro pubblico, tale disposizione poteva essereimpiegata anche per promuovere la doverosità del-l’annullamento d’ufficio a fronte di vizi europei del-l’atto amministrativo (11). Ciò peraltro in linea conl’art. 16 bis della L. n. 11 del 2005 con cui si stabili-sce che, per prevenire le procedure di infrazione, leamministrazioni devono adottare “ogni misura ne-cessaria a porre tempestivamente rimedio alle viola-zioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati na-zionali derivanti dalla normativa comunitaria”.

(6) E. Cannada Bartoli, L’inoppugnabilità dei provvedimentiamministrativi, in Studi Jemolo, III, 149.

(7) F. Merusi, L’affidamento del cittadino, cit., 90 ss.; S. Co-gnetti, Normative sul procedimento, regole di garanzia ed effi-cienza, in Riv. trim. dir. pubbl., 1990, 94 ss.

(8) Sul termine per l’annullamento d’ufficio, così in E. Can-nada Bartoli, Annullamento d’ufficio e inoppugnabilità dei prov-vedimenti amministrativi, in Foro amm., 1964, II, 143.

(9) Sul legame tra tutela dell’affidamento e procedimenti disecondo grado, F. Trimarchi Banfi, L’annullamento d’ufficio el’affidamento del cittadino, in Dir. amm., 2005, 843; nonché D.Corletto (a cura di), Procedimenti di secondo grado e tutela del-

l’affidamento, Padova, 2007, 1 ss.(10) La norma, inoltre, prevedeva che “l’annullamento di

provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionalicon privati, deve tenere indenni i privati stessi dall’eventualepregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può esse-re adottato oltre tre anni dall’acquisizione di efficacia del prov-vedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante”.

(11) Sul punto sia consentito rinviare a M. Macchia, Legalitàamministrativa e violazione dei diritti non statali, Milano, 2012,175 ss.; nonché a F. Goisis, L’annullamento d’ufficio dell’attoamministrativo per illegittimità comunitaria, in Dir. amm., 2010,445.

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Allo stesso modo occorre pure precisare che laposizione della giurisprudenza sulla violazione deidiritti di matrice europea non ha mai significativa-mente aperto ad un annullamento doveroso inautotutela, anzi è sempre stata timida limitando ilcampo di applicazione ai risparmi di spesa pubblicainterna (12). Al riguardo può parlarsi allora diun’occasione sprecata dal legislatore, ossia quelladi introdurre una modifica all’art. 21 nonies “chestabilisse, in via generale, la prevalenza dell’inte-resse pubblico alla rimozione dell’atto amministra-tivo antieuropeo e, dunque, la doverosità dell’an-nullamento d’ufficio in autotutela nelle ipotesi diviolazione del diritto europeo” (13).Nelle altre ipotesi, viceversa, l’abrogazione del

comma 136 porta un vantaggio in termini sistema-tici, eliminando un’ipotesi ad hoc di provvedimen-to di secondo grado, e non sembra avere effetti sul-la spesa pubblica, poiché la giurisprudenza si è giàconsolidata da tempo nel ritenere doverosa - a pre-scindere da qualunque disposizione di legge - l’au-totutela che sia diretta ad evitare oneri ingiustifica-ti per l’erario pubblico, essendo in questi casi l’in-teresse pubblico in re ipsa (14). Insomma, con o sen-za norma specifica, nulla sembra cambiare.

La sospensione d’ufficio

La nuova disciplina interviene pure sulla sospen-sione amministrativa, per mezzo della quale (non so-lo il giudice, ma pure) l’autorità dispone in via diautotutela di un potere di sospendere temporanea-mente gli effetti di un atto amministrativo, benchéil relativo iter di formazione sia stato completa-to (15). Se originariamente tale istituto era ammessocome una sorta di revoca temporanea priva di unadisciplina di carattere generale, dal 2005 in poi l’art.21 quater della legge sul procedimento costituisce ilfondamento giuridico di tale potere, basato su pochicapisaldi (16). Primo, la sospensione può essere eser-citata dallo stesso organo che ha emanato l’atto o daaltro organo previsto dalla legge. Secondo, ad essere

sospesa è l’efficacia o l’esecuzione del provvedimentounicamente per il tempo strettamente necessario enel momento in cui ricorrano gravi ragioni. Terzo,la durata della sospensione non può essere indeter-minata, poiché si rischierebbe di ledere il principiodell’affidamento, per cui il termine del provvedi-mento deve essere esplicitamente indicato e può es-sere prorogato o differito per una sola volta, oppureridotto per sopravvenute esigenze.A questa specificazione della durata della so-

spensione, che costituisce un “limite temporale alsuo giustificato esercizio” (17), l’art. 6 della L. n.124 del 2015 aggiunge una nuova condizione, ossiauna clausola temporale integrante un presuppostoall’uso del potere. Mediante una modifica all’art.21 quater è aggiunto in chiusura che “la sospensio-ne non può comunque essere disposta o perdurareoltre i termini per l’esercizio del potere di annulla-mento di cui all’articolo 21-nonies”. Pertanto nonpuò essere sospeso un provvedimento oltre un ter-mine ragionevole o comunque oltre i diciotto mesidalla sua adozione se si tratta di una autorizzazioneo di una attribuzione di vantaggi economici.La novella non può che essere accolta positiva-

mente. Da un lato, contribuisce a promuovere leesigenze di certezza giuridica, fissando un termine apartire dal quale il potere di sospensione ammini-strativa non può più essere legittimamente esercita-to, al fine di impedire un uso irragionevole di un ri-medio che può essere foriero di notevoli incertezze.Basti pensare che tradizionalmente si ritiene che lasospensione non faccia venir meno l’atto, né la suavalidità, né la sua efficacia, ma che essa “fa venirmeno ex nunc, e temporaneamente, la possibilità diportare l’atto a (ulteriore) esecuzione e di assumerloa base di atti che secondo diritto presuppongononecessariamente quello sospeso” (18).Dall’altro, la modifica reca con sé un contributo

alla ricostruzione complessiva del sistema, equiparan-do il regime della sospensione, implicante l’inidonei-tà del provvedimento a produrre effetti, a quello del-l’annullamento, giacché sarebbe impensabile che

(12) Cons. Stato, Sez. VI, 18 settembre 2009, n. 5621.(13) Così in G. Gardini, Rinvio pregiudiziale, disapplicazione,

interpretazione conforme: i deboli anticorpi europei e la “forzasovrana” dell’atto amministrativo inoppugnabile, in Dir. amm.,2014, 259.

(14) Si tratta di un indirizzo inaugurato con la sentenza Fiori(Cons. Stato, 2 marzo 1976, n. 124) e successivamente piùvolte ribadito, da ultimo in Cons. Stato, Sez. VI, 23 aprile 2009,n. 2510. Al riguardo sempre G. Gardini, Rinvio pregiudiziale, di-sapplicazione, interpretazione conforme, cit., 246.

(15) Sull’istituto della sospensione tra livello giurispruden-ziale e ambito amministrativo, U. Pototschnig, Sospensioneamministrativa e provvedimenti cautelari, in Studi in onore diFeliciano Benvenuti, IV, Modena, 1996, 1455; nonché M.S.

Giannini, Diritto amministrativo, II, Milano, 1993, 554.(16) Commentata da N. Paolantonio - S. Tarullo, Saggio cri-

tico sull’art. 21-quater della legge 241 del 1990, in N. Paolanto-nio - A. Police - A. Zito (a cura di), La pubblica amministrazionee la sua azione, Torino, 2005, 468 ss.; M. Renna, L’efficacia el’esecuzione dei provvedimenti amministrativi tra garanzie pro-cedimentali ed esigenze di risultato, in Dir. amm., 2007, 825 ss.Sulla disciplina precedente G. Pagliari, La sospensione dell’attoamministrativo da parte dell’amministrazione, in Dir. prat. soc.,1982, 345 ss.

(17) Così in S. Villamena, Il potere di sospensione ammini-strativa, Torino, 2012, 7.

(18) A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, I, Na-poli, 1984, 713.

Analisi della normativaPubblica amministrazione

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l’amministrazione conservasse il potere di sospenderegli effetti di un atto definitivo allorché si fosse con-sumato il potere di annullare in autotutela il risultatodell’azione amministrativa. Sotto questo profilo, lanuova formulazione dell’art. 21 quater correttamentefa rinvio ai “termini” - al plurale - per l’esercizio del-l’annullamento d’ufficio: ne consegue che, in caso diprovvedimenti sfavorevoli, la sospensione potrà essereesercitata entro un termine ragionevole, mentre peri provvedimenti favorevoli non oltre i diciotto mesidall’approvazione dell’atto da sospendere.

Autotutela e scia: la ridefinizione dei poteridi secondo grado

Il comma 1, lett. a), dell’art. 6 interviene, infine,sui poteri di autotutela nell’ipotesi di presentazionedella segnalazione certificata di inizio attività (scia),disciplinata dall’art. 19 (19), ossia dello strumentoche consente di sostituire ogni atto di autorizzazio-ne, licenza, concessione non costitutiva, permesso onulla osta comunque denominato, compresa l’iscri-zione in albi o ruoli, il cui rilascio dipenda esclusi-vamente dall’accertamento di requisiti e presuppostirichiesti dalla legge o da atti amministrativi a con-tenuto generale, con una segnalazione dell’interessa-to all’amministrazione competente.Riformulando i commi 3 e 4 dell’art. 19, la no-

vella intende delimitare con maggiore precisione ipoteri di cui l’amministrazione dispone nei con-fronti dei privati a seguito di Scia sia nella fase del-la regolarizzazione sia nella fase successiva. Con ri-guardo alla prima, l’amministrazione può invitare ilprivato a conformare l’attività intrapresa alla nor-mativa vigente, qualora sia possibile, mediante unatto motivato, con il quale sono prescritte le misu-re necessarie e si dispone la sospensione dell’attivi-tà intrapresa. Rispetto alla precedente formulazio-ne, la disciplina è meglio definita, giacché è espres-samente chiarito l’obbligo di motivare l’invito a sa-nare e di indicare al privato le misure da adottare,nonché l’effetto sospensivo sull’attività soggetta ascia. Resta fermo che la regolarizzazione dell’attivi-tà deve avvenire entro trenta giorni, con la preci-sazione tuttavia che, una volta decorso inutilmentedetto termine, l’attività s’intende vietata.Con riguardo alla fase successiva, decorso il ter-

mine - pari a sessanta giorni o a trenta nella scia

edilizia - per l’adozione dei provvedimenti di inibi-toria, l’amministrazione può comunque adottare iprovvedimenti di divieto della prosecuzione dell’at-tività, di rimozione degli effetti, ovvero di invito alprivato a conformarsi alla normativa vigente, pur-ché ricorrano i presupposti per l’annullamentod’ufficio ai sensi dell’art. 21 nonies. A ciò si collegaanche una netta ripartizione tra i poteri inibitori edi rimozione degli effetti dannosi, esercitabili dal-l’amministrazione entro un termine decadenziale, acui è dedicato il terzo comma, e i poteri di autotu-tela veri e propri, disciplinati dal comma 4.Sotto questo profilo la L. n. 124/2015 ha modifi-

cato il regime dell’autotutela a fronte di attività in-traprese a seguito di scia. Per un verso, è stata abro-gata la previsione di poteri di secondo grado ad hoc,nella forma della revoca ovvero dell’annullamentod’ufficio in presenza del pericolo di un danno per ilpatrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, perla salute, per la sicurezza pubblica o la difesa naziona-le e previo motivato accertamento dell’impossibilitàdi tutelare comunque tali interessi mediante confor-mazione dell’attività dei privati alla normativa vi-gente. Per cui, nella formulazione precedente, l’am-ministrazione, a fronte di una segnalazione certifica-ta, poteva assumere determinazioni in via di autotu-tela solo in presenza di tali tipologie di danno.Per l’altro, una volta consolidata la scia, l’ammi-

nistrazione competente può unicamente adottareun atto inibitorio e di rimessione in pristino entroun termine ragionevole al massimo di diciotto mesidall’effetto autorizzatorio, purché si riscontri un’il-legittimità, sussistano ragioni di interesse pubblico,e lo consenta la ponderazione degli interessi deidestinatari e dei controinteressati. Il che implica,all’opposto, che qualunque altro potere di autotu-tela, come la revoca, non ha diritto di cittadinanzae non è appropriato a fronte di attività economi-che consentite a seguito di istanza del privato (20).Infine, viene soppressa la disposizione con cui si

prevede la possibilità per l’amministrazione di adot-tare sempre e in ogni tempo i provvedimenti inibi-tori in caso di dichiarazioni sostitutive di certifica-zione e dell’atto di notorietà false o mendaci. Il mo-tivo è, come sopra chiarito, che, alla ricorrenza diquesti presupposti, viene generalizzato un potere diannullamento d’ufficio in ogni tempo, previsto co-me ipotesi ad hoc all’interno dell’art. 21 nonies. Sot-

(19) Tale disposizione era stata già oggetto di una recentemodifica ad opera dell’art. 25, comma 1, lett. b bis), D.L. n.133/2014. Sulle modifiche normative precedenti, B.G. Matta-rella, La scia, ovvero dell’ostinazione del legislatore pigro, inquesta Rivista, 2010, 12, 1328 ss.

(20) Prima delle modifiche introdotte dal D.L. n. 133/2014,

il testo dell’art. 19, comma 3, faceva salva la possibilità del-l’amministrazione di esercitare i poteri di autotutela senza par-ticolari limitazioni e nel rispetto dei presupposti per l’applica-zione degli artt. 21 quinquies (revoca del provvedimento) e 21nonies (annullamento del provvedimento).

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to il profilo del drafting legislativo, ciò significa unamigliore redazione della norma, poiché la fattispeciedelle false o mendaci dichiarazioni sostitutive di cer-tificazione e dell’atto di notorietà viene spostatadall’art. 19 per essere inclusa nel raggio d’azione del-l’annullamento d’ufficio all’interno di una previsio-ne dedicata alle falsità documentali.È poi abrogato il comma secondo dell’art. 21, il

quale disponeva che “le sanzioni amministrativepreviste in caso di svolgimento dell’attività in ca-renza dell’atto di assenso dell’amministrazione o indifformità da esso si applicano anche nei riguardidi coloro i quali diano inizio all’attività ai sensi de-gli artt. 19 e 20 in mancanza dei requisiti richiestio, comunque, in contrasto con la normativa vigen-te”. La disposizione equiparava sotto il profilo san-zionatorio la posizione del privato che ha agitosenza il titolo richiesto dalla legge a quella del pri-vato che ha avviato l’attività avvalendosi di unprocedimento semplificato (scia o silenzio assenso)in contrasto con la normativa vigente. Ma si trat-tava di una disposizione eccessivamente severa che

replicava alla paura, data dall’assenza di garanzienelle fattispecie di semplificazione e di liberalizza-zione, con la soggezione a tempo indeterminato asanzioni al pari di chi aveva agito dolosamente ocolpevolmente in assenza di titolo (21).Vi è, infine, una modifica di carattere prevalen-

temente formale. Il comma 1, lett. b), dell’art. 6sostituisce il termine “denuncia” con quello di “se-gnalazione”, adeguando così il richiamo all’art. 19(che non fa più riferimento alla denuncia di inizioattività) riguardo la disciplina delle sanzioni di cuiall’art. 21 L. proc. amm.Con la L. n. 124/2015, in conclusione, il legisla-

tore ha innovato in più punti il regime dei proce-dimenti decisori di secondo grado, con cui i pub-blici poteri risolvono conflitti reali o potenziali eripristinano la legalità (22), preoccupandosi di argi-nare abusi e di circoscrivere i privilegi dell’ammini-strazione nel rispetto dei principi di certezza del di-ritto, stabilità delle situazioni giuridiche soggettivee tutela dell’affidamento in sintonia con quantoavviene in altri ordinamenti europei.

L’organizzazione amministrativadi Luigi Fiorentino

Le norme contenute nella L. n. 124 del 2015 si pongono l’ambizioso obiettivo di procedere aduna riforma sostanziale dell’organizzazione amministrativa dello Stato al fine di renderla più fun-zionale e meno costosa. I principi di delega incidono profondamente sia sull’organizzazione del-l’amministrazione centrale (Presidenza del Consiglio dei Ministri, ministeri, autorità indipendenti,ecc.), sia sull’amministrazione periferica (prefetture, camere di commercio, autorità portuali,ecc.), rappresentando un’occasione importante di cambiamento strutturale delle pubbliche am-ministrazioni. Il successo o l’insuccesso di una tale sfida sarà determinato dall’esercizio delle de-leghe, con cui si dovrà dimostrare di saper coniugare, da un lato, la modernizzazione organizza-tiva e gestionale, e, dall’altro, le esigenze di contenimento della spesa.

Il contesto

L’analisi delle norme contenute nella L. n. 124del 2015 (di seguito legge “Madia”) concernentil’organizzazione amministrativa non può prescindere

da una breve premessa, per contestualizzare l’inter-vento normativo ed evidenziare gli aspetti di conti-nuità e quelli di discontinuità rispetto al passato.I governi che si sono succeduti dalla fine degli

anni ottanta dello scorso secolo hanno avviato

(21) M.A. Sandulli, Gli effetti diretti della L. 7 agosto 2015 n.124 sulle attività economiche: le novità in tema di s.c.i.a., silen-zio-assenso e autotutela, in www.federalismi.it, n. 17/2015, aparere della quale “la crescente sensibilità per l’affidamentogenerato dal conseguimento di un titolo espresso e la conse-guente tendenza a circoscrivere entro limiti sempre più rigoro-si il potere di disporne la revoca o l’annullamento rendevasempre più fondata la critica a un sistema che, di contro, la-sciava i titolari di un assenso implicito e i denuncianti/segna-lanti delle attività “para-liberalizzate”, i quali avessero (ancheincolpevolmente) erroneamente ritenuto la sussistenza dei pre-

supposti per poter validamente utilizzare lo strumento del si-lenzio-assenso o della d.i.a./s.c.i.a., generalmente esposti, atempo indeterminato (d’ufficio o su ordine del giudice all’esitodell’azione avverso il silenzio prevista dall’art. 19, co. 6-ter,quale unica forma di tutela del terzo contro la d.i.a/s.c.i.a.), allemedesime (tendenzialmente gravi) sanzioni previste a carico diquanti abbiano (consapevolmente o comunque colpevolmen-te) agito in totale assenza di ogni titolo”.

(22) Sul rapporto tra amministrazione e legge, nonché traamministrazione e giudice, nei poteri di autotutela, S. Cassese,L’esecuzione forzata, in Dir. proc. amm., 1991, 174.

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processi di riforma amministrativa nel cui ambitoil ridisegno delle organizzazioni ha sempre assuntoun ruolo rilevante. L’obiettivo di tali interventi èstato quello di costruire assetti organizzativi in gra-do di garantire un esercizio efficace dei compitinormativamente assegnati e di modernizzare le tec-niche di amministrazione. Per lungo tempo ciò èavvenuto senza prestare particolare attenzione alladimensione degli apparati. Infatti, un accordo im-plicito tra organizzazioni sindacali e alta dirigenzaamministrativa ha spinto i governi ad ampliare ledimensioni dell’amministrazione con piante orga-niche e posizioni dirigenziali spesso sovradimensio-nate rispetto alle reali necessità. Successivamente,invece, le esigenze di contenimento della spesa so-no divenute sempre più pressanti, determinando ri-levanti riduzioni orizzontali delle dotazioni organi-che (1).I conseguenti processi di riorganizzazione dei Mi-

nisteri riflettono - quasi esclusivamente - la logicadei tagli lineari e delle riduzioni di personale, senzaincidere né sulle funzioni né sui modelli organizza-tivi.In questo quadro articolato si innesta la legge

“Madia”. L’esercizio delle deleghe dovrà coniuga-re, da un lato, la modernizzazione organizzativa egestionale, e, dall’altro, il contenimento della spe-sa.Un intervento riformatore deve perciò riguarda-

re tutti gli elementi del sistema, con l’obiettivo dicostruire una organizzazione dimensionalmenteequilibrata, senza duplicazioni e con una coerenzanella allocazione delle funzioni. L’apparato centra-le dello Stato ha numerosi problemi: di ruolo di al-cune sue strutture, di raccordo interorganizzativo,di sovrapposizione tra alcune sue parti, di rigiditàdell’organizzazione, di squilibrio tra area core e areano-core, di rapporto tra politica e amministrazione,di segmentazione tra rappresentanza e gestione, so-prattutto nei rapporti tra centro e periferia. Su tut-ti questi aspetti interviene la legge “Madia”. Di se-guito mi soffermerò sulla Presidenza del Consigliodei ministri, sull’organizzazione dell’amministrazio-

ne centrale, sugli uffici di diretta collaborazione,sull’organizzazione periferica dello Stato centrale,sul riordino del sistema delle camere di commercio,sugli enti dell’ordinamento sportivo e di ricer-ca (2).

La Presidenza del Consiglio dei ministri

Occorre riflettere (sul ruolo della Presidenza delConsiglio dei Ministri, in particolare affrontandodue nodi principali: il rapporto con le altre strut-ture dell’amministrazione pubblica e la sua orga-nizzazione. Ragionare sul primo profilo significaragionare sul funzionamento dello Stato e sui pro-cessi decisionali: non tanto della conoscenza delledecisioni, bensì della loro modalità di formazione.Ciò non riguarda naturalmente soltanto le deci-sioni sui provvedimenti normativi (che sono dipertinenza del Consiglio dei ministri), ma soprat-tutto quelle - anche amministrative - di pertinen-za dei singoli ministeri. Ricondurre alla Presidenzadel Consiglio dei ministri decisioni strategiche at-tinenti alle singole politiche e rafforzare il ruolodi impulso e coordinamento del Presidente delConsiglio significa modificare un modello operati-vo consolidato. In particolare, significa superare ilmodello - sin qui seguito - del coordinamentofunzionale tra Presidenza e singoli ministeri. Infat-ti, il ruolo del Presidente, in una logica di governidi coalizione, si caratterizzava come mero coordi-namento dell’attività di governo (grande autono-mia era riservata ai ministri, che condividevanocon il Presidente le strategie di massima). Invece,nel momento in cui il ruolo istituzionale del Pre-sidente del Consiglio diventa centrale, con unaresponsabilità diretta verso il corpo elettorale (an-che per la maggior personalizzazione della politicadovuta soprattutto al sistema elettorale e alla con-seguente maggiore esposizione mediatica), si ren-de necessario un sistema che preveda maggioristrumenti di impulso dell’azione di governo, raf-forzando in questa direzione ruolo e organizzazio-ne della Presidenza del Consiglio. In tal senso va

(1) In relazione al dibattito sulla riforma dell’organizzazionedella pubblica amministrazione cfr. S. Battini, Una nuova sta-gione di riforme amministrative, in questa Rivista, 2014, 11,1017; G. Vesperini, Le misure urgenti sulla pubblica amministra-zione, in questa Rivista, n. 2014, 11, 1019; S. Cassese, Rifarel’Italia? Il Governo Renzi e la questione amministrativa, in questaRivista, 2014, 8-9, 785; S. Cassese, Meno Stato e più Stato.Qualche idea per la modernizzazione amministrativa, in questaRivista, 2013, 7, 685; L. Fiorentino, Proposte per una miglioreamministrazione, in questa Rivista, 2013, 6, 569; A. M. Petroni,Le riforme della pubblica amministrazione in Italia: una valutazio-ne, in questa Rivista, 2013, 5, 537. In relazione al processo di

semplificazione amministrativa cfr. il commento di M. Bene-detti, Lo “Stato dell’arte” della semplificazione in Italia, in questaRivista, 2014, 10, 972 e anche G. Vesperini, La fatica di sempli-ficare, in questa Rivista, 2013, 4, 345. Da ultimo, sui problemiirrisolti nell’amministrazione italiana, cfr. C. Cottarelli, La listadella spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come sipuò tagliare, Milano, 2015.

(2) Per una approfondita analisi della pubblica amministra-zione italiana e della sua lenta modernizzazione cfr. L. Torchia(a cura di), Il sistema amministrativo italiano, Bologna, 2009 (inparticolare, 7 ss.).

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la previsione della legge “Madia” che delega ilGoverno a precisare “le competenze regolamentarie quelle amministrative funzionali al manteni-mento dell’unità di indirizzo e alla promozionedell’attività dei ministri da parte del Presidentedel Consiglio dei ministri”. Entrambi gli aspetticitati dalla delega, unità di indirizzo e promozionedell’attività, richiedono la definizione di procedu-re necessarie per raggiungere l’obiettivo fissatonella norma. Come si garantisce l’unità di indiriz-zo? L’indirizzo deve riflettere gli obiettivi definitinel programma di governo. Ma è nella fase attua-tiva, cioè nel merito delle singole decisioni, cheoccorre salvaguardare l’unità di indirizzo. Questoè il nodo cruciale sul quale bisogna concentrarsiper costruire un modello che consenta la realizza-zione del programma e garantisca efficacia all’a-zione dell’esecutivo.Molte volte, in passato, gli obiettivi politici deli-

neati nel programma di governo sono stati svuotatinella fase attuativa. È in quel momento, invece,che occorre sia una forte azione di impulso del Pre-sidente, necessaria per promuovere l’attività deiministri funzionale alla realizzazione del program-ma di governo, sia un costante monitoraggio sul lo-ro operare.Per rendere operativi tali obiettivi è necessario

circoscrivere, in sede di esercizio della delega, pote-ri e strumenti amministrativi idonei.Occorrerà, ad esempio, definire i presupposti e le

modalità di esercizio del potere sostitutivo in casodi inerzia dei ministri competenti, sia nell’avviodella realizzazione di un punto programmatico, sianel caso di mancata implementazione di una deci-sione già adottata. Strettamente connessi al nuovoruolo del Presidente del Consiglio sono i principidi delega relativi ai procedimenti di designazione enomina di sua competenza diretta o indiretta, non-ché quelli concernenti la vigilanza sulle agenzie go-vernative nazionali. Infatti, l’esame in Consigliodei ministri dei provvedimenti di designazione onomina di competenza diretta o indiretta di singoliministri, al di là del dato formale, è l’ulteriore di-mostrazione che la ratio sottesa alla riforma è so-prattutto quella di costruire un modello di governocentrato in maniera sostanziale sul Presidente delConsiglio dei ministri, per assicurarne l’unitarietàdi azione nel governo. Le nomine dei vertici diamministrazioni, enti e organismi pubblici, anchein forma societaria, nel rispetto dei requisiti previ-

sti, sono strumento essenziale per garantire l’esecu-zione degli obiettivi di programma e dell’indirizzopolitico. Allo stesso modo andranno precisate lecompetenze in materia di vigilanza sulle agenziegovernative laddove occorrerà definire il ruolo del-la Presidenza del Consiglio e strutturare almeno unprocedimento finalizzato ad acquisire elementi co-noscitivi per consentire alla stessa un eventuale in-tervento diretto.Il rafforzamento delle funzioni del Presidente

del Consiglio richiede una revisione della struttu-ra organizzativa della Presidenza, essendo quellaattuale maggiormente concentrata sulle funzionistrumentali e di amministrazione attiva piuttostoche su quelle di analisi, definizione e valutazionenelle politiche pubbliche. Al tempo stesso essadovrà rafforzare la presenza di esperti di politichesettoriali, di economisti e di statistici per l’assolvi-mento di funzioni di tipo strategico. Su questiaspetti si giocherà il futuro e il successo dellastruttura che supporta l’azione di governo del Pre-sidente del Consiglio dei ministri.

L’organizzazione dell’amministrazionecentrale

L’attuazione della legge “Madia” offre l’occasio-ne per una “manutenzione” dell’organizzazione del-l’amministrazione centrale dello Stato. Diversi gliaspetti che dovranno essere affrontati: in primoluogo, l’introduzione di una maggiore flessibilitànella disciplina relativa all’organizzazione dei mini-steri; in secondo luogo, lo squilibrio tra area core earea no-core; in terzo luogo, la revisione dell’assettoorganizzativo, risolvendo alcune interferenze trastrutture amministrative (3).Quanto al primo profilo, la legge statuisce un

obiettivo di semplificazione finalizzato ad intro-durre flessibilità nell’organizzazione. L’attuale di-sciplina, infatti, consente di apportare modificheall’organizzazione di primo livello soltanto al ter-mine di un lungo iter. Occorre, quindi, da un lato,incidere sulla competenza ad adottare i provvedi-menti in materia (oggi con Dpcm; si potrebbe, in-vece, pensare ad un decreto ministeriale) dall’al-tro, sul procedimento di adozione (il parere delConsiglio di Stato potrebbe essere reso facoltati-vo) e sui controlli (sul presupposto che le modifi-che all’organizzazione debbono avvenire ad inva-rianza di spesa e nell’ambito delle dotazioni orga-

(3) Sul punto cfr. L. Fiorentino (a cura di), L’organizzazionecentrale dello Sato tra tentativi di innovazione e conservazione,Napoli, 2012, pag. 26 ss.

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niche dirigenziali date, l’Ufficio centrale di bilan-cio potrebbe svolgere esclusivamente, come pre-vede la normativa e come non sempre accade nel-la prassi, i controlli sui profili contabili e la Cortedei conti, invece, svolgere un controllo successi-vo). Contestualmente si introduce flessibilità nel-la scelta del modello organizzativo (con i diparti-menti o con il segretario generale), con l’obiettivodi renderla funzionale alle scelte strategiche di li-vello politico. Affinché ciò sia possibile si devonomodificare le disposizioni contenute nel D.Lgs. n.300/1999.Quanto al secondo profilo, la legge affronta uno

dei nodi principali della nostra amministrazionecentrale: lo squilibrio tra personale addetto allefunzioni core e personale addetto alle funzioni no-core. Secondo tale impostazione occorrerà ridise-gnare la struttura organizzativa, privilegiando lefunzioni finali anziché quelle strumentali e di sup-porto.Quale può essere la linea di azione da seguire?Da un lato, sarebbe importante ridisegnare i pro-

cessi strumentali guardando all’intero apparatocentrale dello Stato piuttosto che alle singole am-ministrazioni: ciò consentirebbe di ottimizzare l’u-tilizzo delle risorse umane. A tal fine potrebbe pen-sarsi alla costituzione di centri di servizio comunitra più amministrazioni (almeno relativamente allagestione del personale, della logistica, del procure-ment e dei sistemi informativi).Dall’altro, sarebbe, invece, opportuno definire

parametri rigorosi per tutte le funzioni di supportooperativo al personale dirigenziale o comunque alpersonale con funzioni di responsabilità, fissandoun limite quantitativo non superabile.Trattare entrambi questi aspetti significa affron-

tare i nodi del sovradimensionamento degli appara-ti pubblici e soprattutto dell’irrazionale distribuzio-ne del personale tra funzioni finali e quelle stru-mentali.Quanto al terzo profilo, il rinvio ai principi

contenuti nella L. n. 59/1997 consente di affron-tare alcuni aspetti critici della organizzazione mi-

nisteriale: innanzitutto le duplicazioni organizzati-ve e gestionali, così come l’introduzione di mag-giore flessibilità nella organizzazione. Un altroprofilo che dovrà essere affrontato concerne le du-plicazioni organizzative tra autorità indipendentie uffici ministeriali; si tratta di un’importanteoperazione di razionalizzazione con effetti non so-lo di risparmio finanziario, ma anche di semplifi-cazione per gli operatori economici dei settori in-teressati (4).

Gli uffici di diretta collaborazione

La disciplina degli uffici di diretta collaborazionesarà rivisitata con un triplice obiettivo: conteni-mento della spesa, maggiore funzionalità e profes-sionalizzazione degli addetti. Attualmente tali uffi-ci si contraddistinguono per la loro dimensione (al-cuni hanno fino a 300 unità di personale assegna-to), per le caratteristiche professionali degli addetti(per lo più personale amministrativo) e per una or-ganizzazione molto tradizionale (ufficio di gabinet-to per le questioni amministrative, ufficio legislati-vo per l’attività normativa e ufficio stampa per lacomunicazione).Mancano, invece, articolazioni con funzioni di

studio, monitoraggio e valutazione qualitativa equantitativa delle politiche. Occorrerà, infine, assi-curare coerenza organizzativa tra gli uffici di direttacollaborazione e la Presidenza del Consiglio dei mi-nistri, con cui tali uffici si raccordano costante-mente (5).

L’organizzazione periferica dello Stato

Lo Stato si riorganizza in periferia con una du-plice finalità: di contenimento della spesa (attra-verso la riduzione del numero delle prefetture, l’e-sercizio unitario di tutte le funzioni logistiche estrumentali di tutti gli uffici periferici delle ammi-nistrazioni dello Stato e la definizione di criteriper l’individuazione della sede unica) e di riorga-nizzazione di tutte le funzioni svolte dai ministeriin periferia intorno al prefetto (la prefettura - uffi-

(4) Nello specifico, la L. n. 124/2015, all’art. 8, comma 1,lett. c), n. 6, delega il Governo ad adottare uno o più decreti le-gislativi allo scopo di razionalizzare “con eventuale soppressio-ne degli uffici ministeriali le cui funzioni si sovrappongono aquelle proprie delle autorità indipendenti e viceversa”; inoltre ilGoverno è chiamato a “provvedere all’individuazione di criteriomogenei per la determinazione del trattamento economicodei componenti e del personale delle autorità indipendenti, inmodo da evitare maggiori oneri per la finanza pubblica, salva-guardandone la relativa professionalità e all’individuazione dicriteri omogenei di finanziamento delle medesime autorità, talida evitare maggiori oneri per la finanza pubblica, mediante la

partecipazione, ove non attualmente prevista, delle impreseoperanti nei settori e servizi di riferimento, o comunque regola-te o vigilate”.

(5) Sul punto cfr. i risultati della ricerca dal titolo Venti annidi “politica e amministrazione” in Italia, IRPA Working Paper -Policy Papers Series, n. 1/2014, studio finanziato dalla ScuolaNazionale dell’Amministrazione (SNA), coord. S. Battini - L.Fiorentino, resp. L. Casini, autori L. Casini - B. Cimino - M.Macchia - L. Saltari. Il documento è consultabile sul sito istitu-zionale dell’IRPA, nella sezione dedicata alle pubblicazioni (inparticolare, l’analisi relativa al ruolo degli uffici di diretta colla-borazione è condotta a pag. 163 ss.).

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cio territoriale del Governo sarà trasformata in uf-ficio territoriale dello Stato). Quanto alla primafinalità, sarà necessario definire il processo di ra-zionalizzazione secondo i criteri metodologici e dicontesto individuati dalla legge, eventualmenteanche in connessione con quanto recentementeprevisto dal D.L. n. 78/2015, art. 4, comma 4 ter,che attribuisce alle Regioni la possibilità di preve-dere ambiti territoriali comprensivi di due o piùenti di area vasta. Quanto alla seconda finalità, lariorganizzazione degli uffici periferici intorno allafigura del prefetto, che avrà una duplice dipen-denza funzionale e gerarchica, garantirà le funzio-ni di rappresentanza unitaria dello Stato in perife-ria, attraverso il coordinamento dei dirigenti degliuffici statali facenti parte dell’ufficio territorialedello Stato.Al prefetto potrà essere assegnato il potere sosti-

tutivo in caso di inerzia dei dirigenti funzionalmen-te competenti, nonché di rappresentanza dell’am-ministrazione statale nell’ambito delle conferenzedi servizi.

Il riordino del sistema delle cameredi commercio

La legge prevede la riforma dell’organizzazione,delle funzioni e del finanziamento delle camere dicommercio ed il riordino delle disposizioni che re-golano la materia. Quanto all’organizzazione, la ra-zionalizzazione della rete delle camere di commer-cio avverrà attraverso la ridefinizione delle circo-scrizioni territoriali, con l’obiettivo di ridurne ilnumero da 105 a 60, garantendo comunque i servi-zi su tutto il territorio. I criteri di delega si riferi-scono alla soglia dimensionale minima, in terminidi aziende iscritte nel registro delle imprese(75000), nonché alla esigenza di mantenere alme-no una camera in ogni regione e in ogni provinciaautonoma e città metropolitana. Salvaguardandol’obiettivo complessivo in termini di numero mas-simo di circoscrizioni territoriali e in presenza dicomprovata rispondenza a indicatori di efficienzaeconomica, può essere valutata l’opportunità dimantenerne la presenza anche nelle province mon-tane. Coerenti con tali previsioni sono le normeche hanno come obiettivo la riduzione del numerodei componenti dei consigli e delle giunte camera-li, rivedendo altresì la normativa in materia di ele-

zione per garantire una equilibrata presenza territo-riale e di categoria.Si procederà altresì al riordino della disciplina

dei compensi prevedendo la gratuità delle cariche(ad eccezione del collegio dei revisori dei conti) ela fissazione di un limite massimo per il trattamen-to economico dei vertici amministrativi delle ca-mere e delle aziende speciali.Quanto alle funzioni, l’obiettivo prioritario è

quello della semplificazione del sistema e la ridu-zione degli ambiti di attività nei quali svolgere lefunzioni di promozione del territorio e dell’econo-mia locale.La semplificazione mirerà ad evitare sovrapposi-

zioni con altri organismi, ridefinendo i compiti,con particolare riguardo a quelli di pubblicità lega-le (riordinando le competenze relative alla tenutae valorizzazione del registro delle imprese) generalee di settore, di semplificazione amministrativa e ditutela del mercato.Orientati al contenimento della spesa sono, al-

tresì, i criteri di delega che limitano le partecipa-zioni societarie delle camere di commercio a quellenecessarie per lo svolgimento di attività in regimedi concorrenza. Al fine di garantire la qualità delleprestazioni, il Ministero dello sviluppo economicodefinisce standards nazionali di qualità delle presta-zioni in relazione a ciascuna funzione fondamenta-le ed un sistema di monitoraggio finalizzato a ga-rantire la verifica in ordine al rispetto degli stessi.Quanto al finanziamento, occorrerà definire

l’importo del diritto annuale a carico delle imprese,tenendo conto delle riduzioni già definite rispettoa quello determinato per l’anno 2014 (35% per il2015; 40% per l’anno 2016 e del 50% a decorreredal 2017) (6).

Le autorità portuali, l’ordinamento sportivoe gli enti di ricerca

Un ulteriore obiettivo di razionalizzazione e sem-plificazione concerne la revisione della disciplinarelativa alle autorità portuali enti pubblici con per-sonalità giuridica (oggi sono 25) con l’obiettivo diridurne il numero (anche attraverso l’istituzione diautorità di sistema operanti su area vasta) e co-struire un sistema di governance che coinvolga re-gioni ed autonomie locali.L’obiettivo dell’intervento sull’ordinamento

sportivo è la semplificazione e il coordinamento

(6) Per una puntuale panoramica sul sistema delle cameredi commercio cfr. R. Fricano, Le camere di commercio, Rimini,2007. Per un’analisi critica relativa alle recenti riforme tendenti

al ridimensionamento del sistema camerale italiano cfr. G. Bor-tolussi (a cura di), Il sistema camerale in Italia. Ruolo, valore eidentità, Milano, 2014.

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delle norme ed il riconoscimento delle peculiaritàdello sport per persone affette da disabilità, preve-dendo lo scorporo dal Coni del Comitato parao-limpico, che sarà trasformato in ente autonomo didiritto pubblico. Tale Comitato potrà utilizzareparte delle risorse finanziarie attualmente in dispo-nibilità o attribuite al Coni e potrà avvalersi pertutte le attività strumentali, ivi comprese le risorseumane, di Coni Servizi spa, attraverso un appositocontratto di servizio.L’obiettivo dell’intervento sugli enti di ricerca

- da lungo tempo atteso - è di rendere coerente laloro disciplina con le peculiarità dei loro scopiistituzionali, garantendo la libertà di ricerca el’autonomia professionale dei ricercatori. Coeren-te con tale obiettivo di fondo è la revisione delledisposizioni che oggi limitano la loro autonomia,determinando vincoli rigidi nella gestione. Essiattengono soprattutto al bilancio e ai controlli.Per superare tale situazione, occorrerà introdurresoprattutto un modello di gestione per budget, re-sponsabilizzando maggiormente i vertici degli en-ti e prevedendo controlli successivi sulla gestio-ne.

Altri interventi

Ulteriori principi di delega riguardano: la rior-ganizzazione del Corpo forestale, i Vigili del fuo-co, le Forze di polizia operanti in mare e la riorga-nizzazione delle funzioni in materia di autoveico-li.La riorganizzazione del Corpo forestale dello Sta-

to ha l’obiettivo di riordinare le funzioni di tuteladell’ambiente, del territorio e del mare, nonchénel campo della sicurezza e dei controlli nel settoreagroalimentare. In tale quadro, è previsto l’even-tuale assorbimento del Corpo nelle altre forze dipolizia (escludendo, comunque, l’assorbimento deicorpi di Polizia provinciale), salve, comunque, lecompetenze del Corpo forestale in materia di lottaattiva contro gli incendi boschivi e garantendo,comunque, gli attuali livelli di presidio dell’am-biente, del territorio e del mare e della sicurezzaagroalimentare. Dovrà essere assicurata la salva-guardia delle professionalità esistenti, nonché l’u-nitarietà delle funzioni da attribuire, assicurandoaltresì la corrispondenza delle funzioni trasferite edel relativo personale.Ulteriori interventi concernono l’ottimizzazione

dell’efficacia delle funzioni del Corpo nazionale deiVigili del fuoco, attraverso la revisione dell’ordina-mento del personale con la riarticolazione dei ruolie qualifiche esistenti e il coordinamento e la razio-

nalizzazione logistica ed operativa delle forze ope-ranti in mare, anche nell’ottica di una maggioreintegrazione.Con riferimento alle amministrazioni competen-

ti in materia di autoveicoli, anche per ottenere unpositivo impatto sull’utenza, è previsto il passaggiodelle funzioni svolte dal Pubblico Registro Auto-mobilistico al Ministero delle infrastrutture e deitrasporti, eventualmente attraverso l’istituzione diun’agenzia o di altre strutture sottoposte alla vigi-lanza ministeriale.Infine, sono previsti due interventi relativamen-

te all’Ordine al merito della Repubblica e all’Av-vocatura generale dello Stato.

Conclusioni

I principi di delega contenuti nella legge Madiain materia di organizzazione - se sfruttati in tuttele loro potenzialità - offrono un’occasione impor-tante di cambiamento strutturale delle pubblicheamministrazioni. Essi segnano, sicuramente, unainversione di tendenza rispetto all’approccio se-guito in passato: la visione è complessiva e organi-ca, con l’opportunità di affrontare contestualmen-te tutti i nodi problematici di gran parte delle or-ganizzazioni pubbliche. Inoltre ci sono le premesseper tenere insieme razionalizzazione ed innovazio-ne.L’obiettivo di avere uno Stato dimensionalmen-

te più contenuto e maggiormente centrato sui ser-vizi finali agli utenti può essere raggiunto.

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Le norme sul personaledi Stefano Battini

Le norme sul personale contenute nella L. n. 124 del 2015 avviano una nuova stagione di rifor-me, all’insegna dei principi di unitarietà (un testo unico, un ruolo unico della dirigenza, concorsiunici) e di semplificazione (flessibilità nella gestione degli organici, razionalizzazione dei sistemidi valutazione, snellimenti procedurali, specie in tema di responsabilità disciplinare, ricorso al la-voro flessibile, ove compatibile con i principi pubblicistici di accesso all’impiego, controllo dellacontrattazione integrativa). Non si tratta forse di una rivoluzione, ma certo i vecchi ingredienticonfluiscono in una nuova ricetta, che spetterà ora al governo cucinare.

Premessa

Nel commento introduttivo, Bernardo Mattarel-la giustamente osserva che gli obiettivi della L. n.124 del 2015, e del percorso riformatore che essaintende avviare, possono riassumersi facendo ricor-so ai concetti di unitarietà e flessibilità. Si tratta,in effetti, di aspetti che assumono un rilievo cen-trale anche per le norme in tema di personale, chequi occorre illustrare.Per un verso, il concetto di unitarietà si manife-

sta in particolare nel ruolo unico della dirigenza,nel concorso unico e, più a monte, nel testo unico,che dovrebbe raccogliere le norme generali in temadi personale. Per altro verso, il principio di flessibi-lità connota le norme sulla gestione degli organicie programmazione delle assunzioni; sulle proceduredi valutazione del personale; sull’esercizio dell’azio-ne disciplinare; sulla valorizzazione e disciplina dellavoro detto, appunto, flessibile.Di seguito si propone una rapida rassegna delle

sole norme più importanti e dei problemi più signi-ficativi. Tenga presente il lettore che molti nodisaranno sciolti, e molte scelte effettuate, inevitabil-mente, da successivi decreti del governo. La leggeMadia, infatti, al di là di alcune disposizioni speci-fiche (artt. 14 e 15), è essenzialmente una leggedelega. E se in alcuni casi essa fissa principi diretti-vi molto precisi e dettagliati, in particolare in temadi dirigenza (art. 11), in altri casi offre al governocriteri orientativi che lasciano spazio ad un più am-pio ventaglio di possibili soluzioni. Ciò vale in par-ticolare per alcuni dei criteri “innovativi”, che, in-sieme ad altri più tipici criteri di coordinamentoformale e sostanziale della disciplina vigente, devo-no orientare l’elaborazione di un testo unico diriordino della disciplina del lavoro pubblico (artt.16 e 17).

La dirigenza e il ruolo unico

La disciplina della dirigenza pubblica è forse ilproblema più discusso delle riforme amministrati-ve avviate negli anni ’90 dello scorso secolo. Inmodo molto schematico, può dirsi che si sonocontrapposti due modelli. Il primo identifica nelresponsabile politico dell’amministrazione il dato-re di lavoro, lo avvicina all’imprenditore privato,richiede che quest’ultimo possa scegliere i dirigen-ti incaricati di realizzare i propri programmi nel-l’ambito di un “mercato” sufficientemente ampio;e che possa, poi, confermarli o dismetterli in baseai risultati, come apprezzati dal datore di lavoromedesimo. La degenerazione di questo modello èla “politicizzazione” della dirigenza pubblica: nonpiù al servizio della Nazione, ma del governo incarica; non neutrale, ma partigiana. Il secondomodello identifica invece nello “Stato” il datoredi lavoro, esclude l’analogia con l’imprenditoreprivato, richiede che i dirigenti siano selezionatimediante concorso pubblico per assumere la tito-larità di un ufficio, dal quale possono essere even-tualmente rimossi solo a seguito di procedure for-malizzate, che accertino oggettivamente l’inido-neità degli stessi all’esercizio delle funzioni attri-buite. La degenerazione di questo modello è l’au-tocefalia dell’amministrazione, l’autoreferenzialitàdella burocrazia, inamovibile e insensibile rispettoalla insoddisfazione degli utenti per i risultati con-seguiti dagli apparati pubblici.Fin qui, i due modelli sono stati combinati fra

loro in modo scarsamente soddisfacente, tantoche, può dirsi, nessuna delle due degenerazioni èstata davvero scongiurata. Certamente non la pri-ma, perché le norme sullo spoils system e, soprat-tutto, l’attribuzione degli incarichi dirigenziali invia fiduciaria, a tempo determinato ma libera-mente rinnovabili dal vertice politico, ha prodot-to un effetto di precarizzazione e conseguente po-liticizzazione del dirigente. Ma nemmeno è stata

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evitata del tutto la seconda degenerazione, per-ché il vertice politico non ha potuto scegliere ilproprio dirigente sul “mercato”, come avviene perl’imprenditore privato, bensì nell’ambito del ri-stretto circolo dei dirigenti appartenenti allo spe-cifico ruolo di ciascuna amministrazione e, pergiunta, con l’ulteriore limitazione di dover sele-zionare il titolare degli uffici dirigenziali più im-portanti fra i dirigenti della prima delle due fascein cui ciascun ruolo si articola. Dunque, politiciz-zazione all’interno di ciascuna amministrazione,ma al tempo stesso scarsa possibilità di scelta peril vertice politico; le regole di mercato, ma senzail mercato.L’art. 11 della L. n. 124 del 2015 prova, ora, a

invertire questo assetto, alla ricerca di un equili-brio più convincente. Essa crea un “mercato” deidirigenti pubblici, su cui si esercita il potere discelta del vertice politico o amministrativo. Ma re-gola questo mercato, nella consapevolezza che sitratta di un mercato “pubblico”, il quale richiedegaranzie speciali, non necessarie quando è l’im-prenditore privato a selezionare il proprio manage-ment.Sotto il primo profilo, la legge Madia istituisce il

“sistema della dirigenza pubblica”, articolato in trediversi “ruoli unificati e coordinati” (per i dirigentidello Stato, delle regioni e degli enti locali), con-cepiti dunque come distinti ma comunicanti. Siprevede la “possibilità di conferire gli incarichi aidirigenti appartenenti a ciascuno dei tre ruoli”. Sa-rà il decreto delegato a precisare se, e in che limiti,un incarico dirigenziale nello Stato potrà essereconferito anche a un dirigente appartenente al ruo-lo dei dirigenti regionali o locali, o viceversa. Inogni caso, l’ambito su cui si esercita la scelta deldirigente è significativamente ampliato, anche inragione, per la dirigenza statale, della “eliminazionedella distinzione in due fasce”. L’idea, già introdot-ta alla fine degli anni ’90 per un breve periodo,consiste nel mettere in competizione i dirigenti delsettore pubblico, se non con quelli del settore pri-vato, quantomeno fra loro, ricreando, all’internodella cittadella amministrativa, condizioni analo-ghe a quelle vigenti sul mercato.Certo, la possibilità del vertice politico di sce-

gliere il dirigente all’interno di un bacino più este-so potrebbe accentuare ulteriormente il legame fi-duciario fra le due figure e, quindi, incrementare irischi di politicizzazione del sistema. Tuttavia, pro-prio per attenuare questo rischio, la riforma Madia,come detto, regola il mercato pubblico della diri-genza.

Due sono le novità più rilevanti. La prima è la“concorsualizzazione” delle procedure di conferi-mento degli incarichi, che vengono assoggettate apiù stringenti requisiti di evidenza pubblica. Gliincarichi ai dirigenti di ruolo sono conferiti “me-diante procedura comparativa con avviso pubbli-co”, presidiata da un’apposita commissione indi-pendente: questa fissa i criteri generali per la sele-zione del dirigente; preseleziona, nel caso di inca-richi dirigenziali generali, un numero predetermi-nato di dirigenti idonei, fra i quali è chiamata poia scegliere l’autorità nominante; verifica successi-vamente, per gli altri incarichi dirigenziali, che laselezione sia stata effettuata nel rispetto dei criteripreventivamente definiti. La concorsualizzazionedelle procedure viene estesa, del tutto opportuna-mente, anche agli incarichi esterni (che, fermi re-stando gli attuali limiti percentuali, dovranno inogni caso essere assegnati mediante “procedure se-lettive e comparative”), nonché al managementdelle aziende sanitarie, settore nel quale le mag-giori nefandezze erano state compiute. La secondarilevante novità riguarda i limiti al rinnovo del-l’incarico dirigenziale. Gli incarichi durano 4 an-ni. Possono essere rinnovati solo una volta, moti-vatamente, per ulteriori due anni. Scaduti i seianni, non possono più essere rinnovati automati-camente. Occorrerà ripetere la procedura di con-ferimento “concorsualizzata”, descritta in prece-denza. La combinazione di queste due innovazioniattenua significativamente il potere di scelta deldirigente da parte del vertice politico. La discre-zionalità di quest’ultimo, sia in sede di primo con-ferimento, sia in sede di rinnovo, non è più asso-luta, perché deve fare i conti con procedure dievidenza pubblica e commissioni indipendenti: learmi tipiche del merit system. Il modello dellospoils system ricompariva invece, in una prima ver-sione del progetto legislativo, nelle norme cheprevedono il licenziamento (recte, decadenza dalruolo) del dirigente “privo di incarico”. Questenorme sarebbero state certamente dannose (e for-se incostituzionali) ove si fosse prevista la deca-denza del dirigente semplicemente perché “di-menticato”, “non scelto”, a prescindere dalla valu-tazione dei risultati ottenuti. Ma la legge ora chia-risce, opportunamente, che la decadenza intervie-ne solo se il periodo di inattività consegue ad una“valutazione negativa”. Senza quest’ultima, il diri-gente può perdere l’incarico, alla scadenza, mamai il lavoro.In conclusione, in tema di incarichi dirigenziali,

si è passati da un regime di scelte fiduciarie com-piute dal vertice politico, in un ambito però molto

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circoscritto, ad un regime di scelte più regolate econtrollate, ma che attingono ad un “mercato”molto più ampio. Il tempo dirà se il nuovo regimesarà in grado di combinare più efficacemente i duemodelli, cumulandone i vantaggi ed evitandone ledegenerazioni. Per ora possono segnalarsi due ulte-riori criteri direttivi, posti dalla legge, da salutarecon favore. Il primo è il riordino, e la limitazione,delle varie tipologie di responsabilità (amministra-tiva, contabile, disciplinare e dirigenziale), che hareso nel tempo l’alta burocrazia sempre più preoc-cupata di incorrere nella trasgressione di regole for-mali, spesso anche di difficile individuazione, esempre meno preoccupata dei risultati sostanzialiraggiunti. Il secondo è l’omogeneizzazione dei trat-tamenti economici dei dirigenti, i quali conosconouna differenziazione che non è irragionevole in sé,bensì nella misura in cui non costituisce frutto discelte consapevoli e criteri oggettivi, che riflettanoil rilievo dell’incarico ricoperto e i risultati rag-giunti dall’amministrazione.

Il riordino della disciplina del lavoropubblico e il testo unico

La legge Madia prevede poi una delega ad og-getto più ampio, che include la stessa dirigenza:l’elaborazione di un testo unico nel settore del la-voro pubblico e dei connessi profili di organizza-zione amministrativa. La delega, come detto, èduplice: vi sono criteri di mero riordino della di-sciplina vigente, indicati dall’art. 16 (coordina-mento formale e sostanziale; coerenza giuridica,logica e sistematica; risoluzione delle antinomie)e criteri per la modifica e la rivisitazione dellenorme in vigore, che sono invece dettati dall’art.17. È utile, a fini illustrativi, tenere separati i dueaspetti, cioè i problemi del riordino e quelli del-l’innovazione.Si muova dai primi. La base di partenza di un

testo unico sul lavoro pubblico non può che essererappresentata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, tantoche, nella prassi, esso è già considerato sostanzial-mente tale. Ma il D.Lgs. n. 165 del 2001 non èun vero testo unico, sia per ragioni strutturali, siaper ragioni contingenti. Sotto il primo profilo, laprivatizzazione impone l’applicazione ai dipenden-ti pubblici delle stesse norme legislative che rego-lano il lavoro privato. Pertanto, un testo unicodel solo lavoro pubblico è in contraddizione conquel principio, il quale richiederebbe, piuttosto,un testo unico del diritto del lavoro complessiva-mente inteso. Allora, per essere coerenti con laprivatizzazione, il testo unico del lavoro pubblico

è necessariamente atipico: esso non deve contene-re tutte le norme applicabili ai dipendenti pubbli-ci, ma solo quelle, tendenzialmente limitate e cir-coscritte, che si applicano solo ad essi, derogandoalla disciplina privatistica. Il testo unico, in altreparole, deve essere in questo settore programmati-camente incompleto, intessuto di eccezioni, che siinnestano su una disciplina comune, che sta altro-ve. Vi sono poi i dipendenti sottratti alla privatiz-zazione, che sono però “disciplinati dai rispettiviordinamenti”. Il testo unico non può assorbire lenorme speciali che regolano le singole categoriedi dipendenti non privatizzati, alcune delle qualisono contenute in altri e assai ponderosi testi uni-ci (si pensi al codice dell’ordinamento militare).Ecco allora qual è il contenuto ideale del testounico del lavoro pubblico: norme organizzativegenerali connesse al rapporto di lavoro; norme ge-nerali applicabili ai dipendenti privatizzati e dero-gatorie rispetto alla disciplina privatistica; normegenerali, coincidenti o meno con le precedenti,applicabili ai dipendenti non privatizzati in via re-siduale, per quanto non previsto dai rispettivi or-dinamenti. Il D.Lgs. n. 165 del 2001 potrebbe in-carnare questo “modello” di testo unico. Ma ogginon vi corrisponde, per ragioni contingenti: lapresenza di molte norme spurie in quel corpo nor-mativo, perché riferite a singole categorie o estra-nee alla materia del lavoro pubblico; l’assenza, in-vece, in quello stesso corpo, di norme generali sullavoro pubblico, che sono sparse in altre leggi. Ec-co dunque il lavoro che spetta al governo: censiretutte queste norme extravagantes, ricondurle alcorpo normativo principale, abrogare o coordinarequelle fra loro disarmoniche, depurare il nuovo te-sto unico dalle norme spurie, che attualmente sitrovano nel D.Lgs. n. 165 del 2001. Questa opera-zione di sfoltimento deve essere molto incisiva.Oggi si tratta di un testo di oltre 200 pagine, pie-no di ripetizioni e norme inutili, superate, disap-plicate, talora linguisticamente e sistematicamen-te incomprensibili: alzi la mano quel giurista cheha compreso cosa siano i “diritti e obblighi diret-tamente pertinenti al rapporto di lavoro” e comequesti si distinguano dai diritti e obblighi indiret-tamente pertinenti al rapporto di lavoro. Si puòderogare al diritto civile, ma senza derogare ancheal rigore linguistico e sistematico che è propriodel codice civile. Il compito si annuncia comun-que impegnativo.

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Il reclutamento e il concorso unico

Dopo più di vent’anni di riforme amministrative,che hanno però stentato a tradursi in rendimentiamministrativi più soddisfacenti, sorge il dubbioche il problema non sia (tanto) la qualità delle re-gole, ma (soprattutto) dei funzionari che le appli-cano. Ma per cambiare i funzionari ci vogliono an-che buone regole, appunto quelle che disciplinanola politica di reclutamento. È forse per questa ra-gione che il concorso pubblico è posto al centrodel nuovo percorso riformatore.La legge Madia, innanzitutto, vuole che i con-

corsi si facciano. E si facciano regolarmente. Sitratta di un punto capitale. Così si assicura un ri-cambio generazionale, Dio solo sa quanto necessa-rio in un paese nel quale i dipendenti pubblici ita-liani hanno 52 anni di media e solo il 10% di essiha meno di 35 anni (contro il 27% e 25% di Fran-cia e Regno Unito). Così si offre, inoltre, una pro-spettiva certa ai giovani migliori, che possono “in-vestire” un tratto significativo della propria esisten-za nella faticosa preparazione ai concorsi pubblicisolo a condizione che essi possano ragionevolmen-te confidare sulla regolare indizione degli stessi: sepassa solo un treno ogni tanto, e non si sa quando,la gente usa la macchina; fuor di metafora, i giova-ni più brillanti scelgono altri percorsi professionali.Benedette sono dunque le norme che prevedono la“cadenza annuale” del corso-concorso e del concor-so per l’accesso alla dirigenza, che si auspica possa-no essere imitate, in sede di esercizio della delega,anche per i concorsi per l’accesso alle qualifichenon dirigenziali.Conta, però, anche come si fanno i concorsi.

Rilevano soprattutto tre esigenze. In primo luogo,la maggior possibile ampiezza della platea di can-didati che “concorrono” per un posto: maggiore laconcorrenza, migliore il selezionato. In secondoluogo, una sufficiente distanza fra selezionatori ecandidati, la quale tende a ridursi quando i primisiano estratti o scelti dallo stesso specifico corpoamministrativo nel quale lavoreranno (e soventegià lavorano) i secondi. Infine, modalità di svolgi-mento delle prove che coniughino l’imparzialitàed economicità del processo con la qualità delprodotto. Le soluzioni indicate dalla legge n. 124del 2015 paiono rispondere a queste esigenze. Siprevede, innanzitutto, che le pubbliche ammini-strazioni assumano i “vincitori” dei concorsi e soloin casi limitati i “perditori” di essi: le idoneità,pertanto, devono essere in numero limitato e legraduatorie devono avere termini di validità ri-dotti. Si dispone, poi, lo svolgimento “in forma

accentrata o aggregata” dei concorsi, da effettuarsi“in ambiti territoriali sufficientemente ampi dagarantire adeguate partecipazione ed economicità”e con “applicazione di criteri di valutazione uni-formi”. In particolare, è previsto che il recluta-mento degli enti locali avvenga a livello provin-ciale. La previsione di concorsi “unici”, che cioèreclutano dipendenti destinati a molte e diverseamministrazioni, presenta non pochi vantaggi:contribuisce come detto ad ampliare la platea deicandidati e, quindi, la concorrenza per i postibanditi; consente l’indizione regolare di concorsi,perché vi saranno ogni anno, in qualche ammini-strazione, assunzioni da effettuare; assicura distan-za tra selezionatori e candidati, togliendo a ciascu-na singola amministrazione il potere di “controlla-re” il reclutamento nel proprio recinto, nominan-do commissioni più influenzabili; garantisce infine“economie di scala”. Saranno le norme di attua-zione a chiarire in che forma il principio di con-centrazione si svilupperà. Sarebbe forse tempo didotare anche l’Italia di un organismo ad hoc, che,sul modello ad esempio della Civil Service Com-mission inglese, abbia la funzione di pensare, pro-gettare e supervisionare i processi di reclutamentodel personale pubblico, nominando le commissio-ni di concorso e definendo criteri di valutazioneuniformi. Ciò consentirebbe anche di aggiornarele modalità di svolgimento delle prove, conser-vando i principi di anonimato e di “effettiva se-gretezza dei temi di esame”, ma dando spazio an-che a soluzioni più innovative. Va combattuto,soprattutto, l’eccessivo nozionismo dei temi diconcorso, con un occhio a esperienze straniere ealle “migliori pratiche internazionali”. Opportu-namente la legge Madia prevede, al riguardo, la“previsione di prove concorsuali che privileginol’accertamento della capacità dei candidati di uti-lizzare e applicare a problemi specifici e casi con-creti nozioni teoriche”.

Organici e programmazione delleassunzioni

Veniamo così al principio di flessibilità. Qui leindicazioni della delega sono meno puntuali, tantoche il commentatore è tentato di sospendere il giu-dizio, in attesa dei decreti attuativi. Ci si limiteràad un elenco dei temi, indicati dalla delega stessa,e dei fattori di rigidità che il legislatore delegatosarà presumibilmente chiamato ad affrontare. I te-mi principali sono quattro: gli organici e i vincolialle assunzioni; il sistema di valutazione; la respon-sabilità disciplinare; il lavoro flessibile. A questi se

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ne aggiunge un quinto, che riguarda la contratta-zione, in riferimento al quale, tuttavia, l’esigenzaprincipale non è tanto la flessibilità, quanto il con-trollo della spesa.Il primo tema riporta dunque ancora alle politi-

che di reclutamento, di cui si conferma l’assolutacentralità nell’impianto della riforma. Le assunzio-ni incontrano due vincoli: quello finanziario equello rappresentato dall’organico. Sotto entrambii profili vi sono fattori di rigidità, che andrebberosuperati. Sotto il profilo finanziario i blocchi delleassunzioni e il meccanismo del turn-over hanno im-posto lo stesso vincolo a tutte le amministrazioni, aprescindere dai rispettivi fabbisogni. È per questoche la legge Madia stabilisce che la programmazio-ne delle assunzioni debba essere orientata da indi-rizzi generali e parametri di riferimento, formulatiin base ai dati forniti da un sistema informativonazionale, e che gli obiettivi di contenimento delleassunzioni siano “differenziati in base agli effettivifabbisogni”. Il secondo fattore di rigidità è l’organi-co, nella misura in cui questo definisce, nel detta-glio, il numero di posti, distinguendoli per catego-ria e profilo professionale; sicché l’amministrazioneche abbia bisogno di due dipendenti di qualificainferiore, anziché di un funzionario di qualifica piùelevata, pur a parità di costi, non può assumere, népuò ricorrere alla mobilità, se non modificandol’organico, il che però richiede procedure faticose.È per questa ragione che la legge Madia dispone il“progressivo superamento della dotazione organicacome limite alle assunzioni, fermi restando i limitidi spesa anche al fine di facilitare i processi di mo-bilità”.

I sistemi di valutazione

Il secondo tema è la valutazione dei rendimentiamministrativi. Qui la storia recente, da Brunettain poi, è caratterizzata da una fitta maglia di regole,soprattutto procedurali, che, in teoria, definirebbe-ro procedure per valutare ogni singolo dipendente,ma che hanno, in pratica, partorito poche valuta-zioni e moltissimi adempimenti burocratici. Le ra-gioni del fallimento sono molte, compreso il fattoche il blocco della contrattazione ha sterilizzato glieffetti retributivi del prefigurato sistema di valuta-zione della perfomance. Al fondo, però, bisognaprendere atto che non basta codificare per legge lebuone prassi di valutazione del personale applicatedalle aziende private. Quelle aziende hanno, infat-ti, un interesse a valutare le proprie prestazioni,mentre le amministrazioni hanno spesso un inte-resse opposto. Per tale ragione, la cultura della va-

lutazione può affermarsi a due condizioni: che essasia svolta dall’esterno, da organismi indipendenti;che essa muova dai risultati complessivi raggiuntidall’intera struttura, misurati attraverso un appro-priato sistema di indicatori, prima di riferirsi allaperformance del singolo dipendente. Queste sonoanche le indicazioni che si traggono dalla legge de-lega: “semplificazione delle norme in materia di va-lutazione dei dipendenti pubblici”; “sviluppo di si-stemi distinti per la misurazione dei risultati rag-giunti dall’organizzazione e dei risultati raggiuntidai singoli dipendenti”; “potenziamento dei proces-si di valutazione indipendente del livello di effi-cienza e qualità dei servizi e delle attività delle am-ministrazioni e degli impatti da questi prodotti, an-che mediante il ricorso a standard di riferimento econfronti”.

La responsabilità disciplinare

Sul terzo tema - quello della responsabilità disci-plinare dei dipendenti pubblici - la delega è davve-ro laconica: “introduzione di norme … finalizzatead accelerare e rendere concreto e certo nei tempidi espletamento e di conclusione l’esercizio dell’a-zione disciplinare”. Anche qui si intuisce, tuttavia,un cambio di rotta rispetto al recente passato. Nonsi tratta più di tipizzare per legge le condotte so-stanziali in presenza delle quali è obbligatorio l’e-sercizio del potere disciplinare, né di inasprire il re-gime sanzionatorio; si tratta, invece, di assicurareche, una volta che l’azione disciplinare venga eser-citata, questa giunga rapidamente a conclusione enon si estingua, ad esempio, per decorrenza dei ter-mini. In questa prospettiva, andrà forse ripensataanche la sottrazione di alcune procedure disciplina-ri, di minor gravità, all’ufficio apposito, che non dirado determina incertezze sulla competenza e con-seguenti ritardi.

Il lavoro flessibile

Il quarto tema è quello del lavoro flessibile, doveoccorre conciliare due esigenze. Per un verso, leamministrazioni pubbliche devono poter ricorrere,al pari del datore di lavoro privato, alle forme dilavoro flessibile. I divieti assoluti di instaurare rap-porti a tempo determinato penalizzano le ammini-strazioni e, d’altra parte, vengono sistematicamentee periodicamente aggirati. E non è necessariamentebenefica la tendenza dell’ultimo decennio, nel cor-so del quale il lavoro flessibile si è ridotto del 30%.Al tempo stesso, però, il ricorso al lavoro flessibiledeve essere reso compatibile con i principi propri

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del settore pubblico, tra i quali campeggia, ancorauna volta, il concorso pubblico. La strategia sugge-rita dalla delega è duplice. In primo luogo, il legi-slatore delegato è invitato a sottoporre ad unoscrutinio di “compatibilità” con la “peculiarità” dellavoro pubblico le forme di lavoro flessibile, oggidisciplinate dal D.Lgs. n. 81 del 2015. Si tratta diuna verifica di compatibilità rigorosa, che secondola valutazione della legge delega potrà essere supe-rata solo da “limitate e tassative fattispecie”. Èdubbio, in questa prospettiva, che possa considerar-si compatibile con il principio del concorso pubbli-co la fattispecie della somministrazione di lavoro,che pure il D.Lgs. n. 81 del 2015 estende al lavoropubblico quando il contratto di somministrazione èa tempo determinato. In secondo luogo, la leggeMadia dispone che nei concorsi pubblici vi siano“meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzarel’esperienza professionale acquisita da coloro chehanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le am-ministrazioni pubbliche”. Si tratta di un principioimportante e condivisibile, che peraltro è già inbuona parte previsto dalle regole vigenti: il lavoroflessibile come porta di ingresso per un successivolavoro stabile, subordinato al superamento del con-corso. Però non basta, perché il rischio, nel settorepubblico, è che il lavoro flessibile diventi la portadi ingresso per una successiva stabilizzazione, senzaconcorso. Per evitare questo rischio, è allora neces-sario assoggettare anche l’accesso al lavoro flessibi-le a concorsi pubblici che offrano garanzie di rigoree selettività analoghe a quelle assicurate dai con-corsi per le assunzioni a tempo indeterminato. Ilmezzo migliore sarebbe quello di riservare i posti atempo determinato agli idonei che hanno parteci-pato allo stesso concorso previsto per l’accesso allavoro stabile: in tal caso, la successiva “stabilizza-zione” diverrebbe evento auspicabile, non più te-mibile.

Il controllo della contrattazione integrativa

La L. n. 124 del 2015 tocca, infine, anche il te-ma della contrattazione collettiva. Anche in que-sto caso, essa segna una discontinuità rispetto alpassato. Vi è stata, dapprima, soprattutto a partiredagli anni ’90, una lunga stagione di fiducia versola contrattazione collettiva, nelle cui capacità dirazionalizzare il sistema delle regole del lavoropubblico sono state riposte, forse, eccessive spe-ranze. Quelle speranze sono andate deluse e dalla

delusione è nato poi l’atteggiamento opposto. Lariforma Brunetta ha dato così avvio alla stagionedella sfiducia nella contrattazione collettiva, se-gnando il ritorno alle fonti unilaterali e alla legge.Si è confidato in quest’ultima per difendere l’inte-resse pubblico, dimenticando decenni di storiache, prima della privatizzazione, avevano provatol’esatto contrario. Forse ora la legge Madia potreb-be aprire una nuova stagione. Più equilibrata. Lacontrattazione non va guardata con fiducia, nécon sfiducia, ma va amministrata con attenzione,affidando l’interesse della parte pubblica ad unnegoziatore specializzato e indipendente. Quel ne-goziatore - l’Aran - esiste, ma è stato, in alcunefasi, aggirato. E non ha comunque potuto control-lare i contratti integrativi, dove si sono prodottiquei guasti che hanno gettato discredito sullacontrattazione collettiva nel suo insieme. Ecco al-lora i condivisibili criteri della L. delega n. 124del 2015: potenziamento dell’Aran, rafforzamentodella sua funzione di assistenza ai fini della con-trattazione integrativa, concentrazione delle sedidi contrattazione integrativa, potenziamento deglistrumenti di monitoraggio della stessa, definizionedelle materie escluse dalla contrattazione integra-tiva.

Conclusioni

Un “nuovo” testo unico; una rivisitazione pro-fonda della disciplina della dirigenza; una signifi-cativa revisione delle procedure di reclutamento;maggiore flessibilità nella gestione degli organici;una razionalizzazione dell’impianto dei sistemi divalutazione; semplificazioni procedurali, specie intema di responsabilità disciplinare; ricorso a formeprivatistiche di lavoro flessibile rese più compati-bili con principi pubblicistici di accesso all’impie-go; rivitalizzazione della contrattazione collettivamediante una centralizzazione della sua struttura,posta sotto il controllo dell’Aran. La riforma Ma-dia non si annuncia come una rivoluzione, mapromette di utilizzare i vecchi ingredienti per unaricetta nuova. È presto per dire se questa sazieràgli utenti dei servizi pubblici. Non sempre le rego-le nuove si traducono in migliori rendimenti am-ministrativi, soprattutto quando le prime sono an-cora criteri di delega. Ma, se ben attuati, anche icriteri di delega possono aiutare: la parola ai de-creti delegati.

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Le partecipazioni societarie delle amministrazioni pubblichee i servizi pubblici locali di interesse economico generale

di Harald Bonura e Giuliano Fonderico

Tra gli obiettivi dichiarati della L. n. 124/2015 vi è quello del riordino, attraverso l’elaborazione didue testi unici (art. 16), delle discipline delle partecipazioni societarie delle pubbliche ammini-strazioni e dei servizi pubblici locali di interesse economico generale. Si tratta del tentativo difornire una risposta a una diffusa domanda di ordine in un quadro normativo reso confuso e in-stabile dai molteplici e disorganici interventi degli ultimi anni.

L’art. 16 della L. n. 124 del 2015 prevede lapossibilità, per il Governo, di adottare decreti di“semplificazione” dei settori del lavoro alle dipen-denze delle pubbliche amministrazioni, delle par-tecipazioni societarie delle amministrazioni pub-bliche e dei servizi pubblici locali di interesse eco-nomico generale. La tecnica prescelta è quelladell’elaborazione di tre testi unici, in parte compi-lativi (art. 16, comma 2), in parte innovativi (inapplicazione degli ulteriori, specifici principi e cri-teri di delega previsti, rispettivamente, dagli artt.17, 18 e 19).L’esigenza di una raccolta sistematica delle nu-

merose norme succedutesi negli ultimi anni eraparticolarmente avvertita nel caso delle società apartecipazione pubblica e dei servizi pubblici loca-li. Il carattere episodico e frammentario delle di-scipline venutesi a formare - per stratificazione -rappresenta ormai un luogo comune e, al contem-po, un elemento di complessità per il legislatoredelegato.

Il riordino della disciplina dellepartecipazioni societarie delleamministrazioni pubbliche

La partecipazione pubblica al capitale delle so-cietà ha costituito un fattore crescente di criticitàin stretta correlazione con l’espansione del fenome-no. La vertiginosa crescita del numero di società apartecipazione pubblica (1), la varietà di attivitàinteressate, il gran numero di addetti direttamenteimpiegati (2), la vastità di obiettivi perseguiti (3)hanno progressivamente e fortemente inciso sull’e-quilibrio adattativo raggiunto dal sistema in passa-to e per effetto del quale la partecipazione pubblicaal capitale non ha per lungo tempo implicato con-seguenze sul regime applicabile all’organizzazione eall’attività delle società di diritto privato (4).La reazione del legislatore (5) alla crescente im-

ponenza del fenomeno (specie, del c.d. “capitali-smo municipale” (6)) è stata, come detto, più“emotiva” che razionale, e volta al perseguimentodi scopi assai eterogenei (e, talora, in contraddizio-ne) tra loro. Volendo tentare una sintesi, tali sforzi

(1) Nonostante la recente costituzione di una banca datiunica (art. 17, comma 4, D.L. 24 giugno 2014, n. 90 e D.M. 25gennaio 2015), manca un quadro completo delle partecipazio-ni detenute dalle amministrazioni pubbliche (sia che si facciariferimento alla nozione di amministrazione pubblica di cui al-l’art. 1, comma 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che a quelladi cui all’art. 1, L. 31 dicembre 2009, n. 196).

Secondo le elaborazioni della Corte dei Conti, le sole societàdi capitali partecipate dagli enti territoriali sarebbero circa3.000 (Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, Gli organismipartecipati degli enti territoriali, Deliberazione n. 24/SE-ZAUT/2015/FRG del 20 luglio 2015, in www.corteconti.it); nelcosiddetto “Piano Cottarelli” (Commissario Straordinario per larevisione della spesa, Programma di razionalizzazione delle par-tecipate locali, 7 agosto 2014, in www.revisionedellaspesa.go-v.it), si sostiene che le banche dati rilevanti sarebbero cinque:quella del Dipartimento del Tesoro del MEF [per la quale le so-le partecipate locali, al 2012, sarebbero oltre 7.200); quella delDipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consi-glio (circa 10.000 partecipate dirette e indirette); quella del Di-partimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consi-glio (circa 7.500 partecipate); la banca dati CERVED alimentatadai dati delle Camere di Commercio (circa 8.800 partecipate) e

la banca dati della Corte dei Conti con circa 7.500 partecipa-te].

Secondo un recente studio dell’Istat (ISTAT, Le partecipatepubbliche in Italia, 2014, in www.istat.it), al 2012, le unitaÌ perle quali si registra una forma di partecipazione pubblica in Ita-lia sarebbero oltre 11.000.

(2) Si tratta di quasi un milione di addetti (nel 2012) secon-do i dati dell’Istat (ISTAT, Le partecipate pubbliche in Italia, cit.).

(3) Si consideri, ad esempio, l’uso delle società a partecipa-zione pubblica quale strumento di politica attiva del lavoro, aisensi dell’art. 4, commi 6, 7 e 8, D.L. 31 gennaio 1995, n. 26,fatto salvo dall’art. 122 del TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267).

(4) G. Fonderico, Le società pubbliche tra diritto amministra-tivo e diritto comune, in A. Natalini - G. Vesperini (a cura di), Ilbig bang della trasparenza, Napoli, 2015, 141.

(5) Per una completa rassegna normativa, G. Urbano, Lesocietà a partecipazione pubblica tra tutela della concorrenza,moralizzazione e amministrativizzazione, in www.amministrazio-neincammino.luiss.it.

(6) Cfr., G. Napolitano (a cura di), Il capitalismo municipale,Rapporto IRPA, 1/2013.

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sembrano riconducibili, principalmente, a finalitàdi contenimento della spesa pubblica (anche attra-verso il contrasto a forme elusive, attraverso la co-stituzione delle società o la detenzione di parteci-pazioni, dei vincoli gravanti sulle amministrazionisocie) (7); di contrasto alle distorsioni concorren-ziali potenzialmente derivanti dalla presenza di so-cietà pubbliche nei mercati (8) e, infine, di c.d.“moralizzazione” (9) dei comportamenti, anche at-traverso un rafforzamento dei processi di accounta-bility (10). A ciò si aggiungano, poi, le norme voltea favorire i processi di fuoriuscita delle amministra-zioni pubbliche (specie locali) dal capitale delle so-cietà (11) e a contrastarne i possibili effetti negati-vi sul piano occupazionale (12).In tale congerie normativa, è emersa, tuttavia, la

tendenza a spostare le deroghe al diritto comunedal versante dell’esercizio dei poteri del socio-am-ministrazione pubblica (13) a quello dello statutodelle società (14). La specialità delle società a par-tecipazione pubblica, dunque, ha smesso di produr-re effetti soltanto o prevalentemente sui comporta-menti delle pubbliche amministrazioni-socie (e sul-la relativa capacità di agire secondo le norme di di-ritto privato) per aggredire, in modo consistente, iltipo giuridico delle società di capitali, fino a met-terne in discussione l’intrinseca natura. Il caratterespeciale delle società a partecipazione pubblica (e,in special modo, di quelle c.d. “in house”, assogget-tate, cioè, a un controllo analogo a quello che

l’amministrazione socia esercita sulle proprie strut-ture (15), ovvero di quelle c.d. “strumentali” e,cioè, delle imprese di autoproduzione controllateda un’amministrazione pubblica (16)) appare tal-mente penetrante da fare spesso dubitare, secondouna lettura sostanzialistica, della loro stessa esisten-za (in quanto tipo giuridico), potendosi, al più con-figurare alla stregua di meri schemi organizzativineutri (17), se non di veri e propri enti pubbli-ci (18). Il processo di “pubblicizzazione” dell’ordi-namento delle società a partecipazione pubblica siè così spinto, come è noto, fino a creare nuoviequilibri sul piano della giurisdizione in materia diresponsabilità per i danni provocati dagli ammini-stratori e dai dirigenti delle società pubbliche edell’assoggettamento di queste ultime alle procedu-re concorsuali (19).In questo quadro, la legge Madia assume merito-

riamente l’obiettivo di giungere a una disciplinachiara e semplificata (finalizzata alla tutela e pro-mozione della concorrenza), fondata sulla distinzio-ne tra i diversi tipi di società in relazione a: attivitàsvolte (e, quindi, distinguendo tra imprese pubbli-che con scopo lucrativo o di mercato; imprese diautoproduzione di servizi o funzioni e che, quindi,sono direttamente sussumibili nel perimetro dell’a-zione e dell’apparato delle pubbliche amministra-zioni; imprese pubbliche che gestiscono servizid’interesse generale); interessi pubblici di riferi-mento (20); misura, qualità (di controllo o meno)

(7) Sembrano riconducibili a tale categoria finalistica, ades., gli artt. 76, comma 7 (oggi abrogato), e 18, D.L. 25 giugno2008, n. 112; gli artt. 6 e 9, D.L. 31 maggio 2010, n. 78; l’art. 3bis, commi 1 bis e 6, D.L. 13 agosto 2011, n. 138; l’art. 1, com-mi 551, 552, 553 e 555, L. 27 dicembre 2013, n. 147; l’art. 1,D.Lgs. 10 agosto 2014, n. 126.

(8) Art. 13, D.L. 4 luglio 2006, n. 223; art. 3, commi 27 ss.,L. 24 dicembre 2007, n. 244; art. 3 bis, commi 3 e 4, D.L. n.138/2011; art. 4, D.L. 6 luglio 2012, n. 95; art. 1, commi 569 e569 bis, L. n. 147/2013; art. 1, commi 611, ss., L. 23 dicembre2014, n. 190.

(9) M. Clarich, Le società partecipate dallo Stato e dagli entilocali fra diritto pubblico e diritto privato, in F. Guerrera (a curadi), Le società a partecipazione pubblica, Torino, 2010, 7.

(10) A tale scopo sembrano rispondere, ad es., l’art. 1,commi da 587 a 591 (oggi abrogati e sostituiti dall’art. 17, D.L.n. 90/2014), e da 725 a 735, L. 27 dicembre 2006, n. 296; l’art.1, comma 554, L. n. 147/2013; l’art. 24 bis, D.L. n. 90/2014.

(11) Art. 3 bis, commi 2 bis e 4 bis, D.L. n. 138/2011; art. 1,comma 568 bis, L. n. 147/2013; art. 1, commi 613 e 614, L. n.190/2014.

(12) Art. 3 bis, comma 2, D.L. n. 138/2011; art. 1, commida 563 a 568 e 568 ter, L. n. 147/2013; art. 1, comma 614, L.n. 190/2014.

(13) Sono tali le norme che impongono vincoli alle ammini-strazioni pubbliche nella loro veste di azionisti, quali, ad esem-pio, quelle che impongono limiti ai compensi degli amministra-tori o al loro numero. In tutti questi casi, come è stato osserva-to, il diritto pubblico si ferma alla soglia dell’assemblea socie-taria.

(14) Si pensi, appunto, alle norme che pongono limiti all’og-getto sociale o alla comune capacità di diritto privato (divietodi detenere partecipazioni o di partecipare a gare; obbligo diprocedere mediante procedure pubblicistiche agli acquisti o alreclutamento del personale; limiti quantitativi al reclutamentodel personale; vincoli all’autonomia collettiva) ovvero al regimeordinario di riparto delle competenze tra gli organi sociali (con-trollo analogo).

(15) CGE, 18 novembre 1999, in C-107/98, Teckal.(16) Queste ultime, come è noto, secondo il giudice costitu-

zionale, sono da considerarsi espressione dell’esercizio in for-ma privatistica di attività amministrativa, di natura finale ostrumentale (Corte Cost., 1 agosto 2008, n. 326, in questa Rivi-sta, con nota di R. Ursi, La Corte Costituzionale traccia i confinidell’art. 13 del decreto Bersani, 15/2009, 11 ss.).

(17) A. Romano Tassone, Gli statuti delle società per la ge-stione “in house” dei pubblici servizi, in F. Guerrera (a cura di),Le società a partecipazione pubblica, op. cit., 60.

(18) Cass., SS.UU., ord. 22 dicembre 2009, n. 27092.(19) Cass., 27 settembre 2013, n. 22209 e Cass., SS.UU.,

25 novembre 2013, n. 26283, in questa Rivista, con nota di S.Del Gatto, Le società pubbliche e le norme di diritto privato,5/2014, 489 ss. Sulla non riconducibilità delle società in housealla disciplina fallimentare, v. anche Trib. Palermo 8 gennaio2013 e 18 gennaio 2013; Trib. Napoli 9 gennaio 2014; Trib. Ve-rona 19 gennaio 2014; contra, Trib. Reggio Emilia 18 dicembre2014.

(20) Sulla contaminazione pubblicistica delle società e gliinteressi tutelati, v. le notazioni di F. Cintioli, Disciplina pubblici-stica e corporate governance delle società partecipate da enti

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e natura diretta o indiretta, della partecipazione;modalità attraverso cui la società ha ottenuto l’e-ventuale contratto pubblico gestito (gara o affida-mento diretto); eventuale quotazione in mercatiregolamentati.In tal modo, assumendo come principio-guida

quello di proporzionalità, sarà possibile ri-costruirela disciplina applicabile alle società pubbliche inbase alla regola generale dell’applicabilità, alle stes-se, delle norme comuni del diritto societario (an-che in materia di organizzazione e crisi d’impresa),salvo le deroghe rese assolutamente necessarie peril perseguimento degli interessi pubblici selezionatie formalizzati dal legislatore delegato (21).Alla stregua del medesimo principio-guida po-

tranno essere utilmente sviluppati anche gli ulte-riori ambiti di delega relativi alla definizione delregime delle responsabilità degli amministratoridelle società e delle amministrazioni socie; della ra-zionalizzazione dei criteri pubblicistici in materia dicomposizione degli organi sociali; di acquisti, di re-clutamento del personale; di promozione della tra-sparenza; di eliminazione di sovrapposizioni tra re-gole e istituti pubblicistici e privatistici ispirati allemedesime esigenze di disciplina e controllo; di ge-stione delle crisi (piani di rientro ed eventualecommissariamento); di regolazione dei flussi finan-ziari, sotto qualsiasi forma, tra amministrazioni esocietà pubbliche.Allo stesso modo, tuttavia, cioè in base a una ri-

gorosa considerazione dell’effettiva rilevanza degliinteressi pubblici sottesi, andranno definiti le con-dizioni e i limiti per la costituzione di società el’assunzione e il mantenimento di partecipazionisocietarie da parte di amministrazioni pubbliche,anche in un’ottica di “razionalizzazione e riduzio-ne” delle stesse.Va segnalato, infine, che la disciplina di delega

contiene un gruppo di norme specificamente dedi-cate alle società partecipate dagli enti locali, so-stanzialmente rafforzative di quelle generali (conte-nute sia nella restante parte della delega, che nelladescritta disciplina settoriale succedutasi nel tem-po), ma animate dall’evidente preoccupazione digarantire effettività a processi di razionalizzazione/-riduzione delle partecipazioni locali più volte falliti

per le forti resistenze opposte dalle autonomie ter-ritoriali. Si giustifica in tal modo, ad esempio, laprevisione dell’introduzione di un sistema sanzio-natorio per la mancata attuazione delle misure dirazionalizzazione e riduzione, che saranno introdot-te con il testo unico; sistema basato anche sul ta-glio dei trasferimenti dello Stato alle amministra-zioni inadempienti.

La regolazione dei servizi pubblici localidi interesse economico

La materia dei servizi pubblici locali a carattereeconomico non è stata meno travagliata, subendouna pluralità di spinte che ne hanno indotto ri-scritture periodiche con esiti concreti di non facilemisurazione.Da un lato, vi sono state le regole del diritto eu-

ropeo sugli affidamenti, con le vicende relative agliorganismi in house e alle società miste e il processodi successivi aggiustamenti nella definizione degliistituti, sino alle recenti direttive “appalti” e “con-cessioni” (22). Ad un crescente rigore nella valuta-zione dei requisiti per l’affidamento diretto - nelcaso ad esempio delle società miste con l’inizialeprevisione di una “doppia gara” che avrebbe resoproibitivo il ricorso al modello - ha fatto seguitoun progressivo allentamento anticipato dalla giuri-sprudenza europea (23) e poi rafforzato dalla diret-tiva “concessioni”. L’immedesimazione organica tral’ente locale e i suoi organismi in house - che tal-volta la giurisprudenza aveva portato a conseguen-ze estreme come l’indistinzione tra i due patrimo-ni (24) - appare oggi più correttamente ricostruibi-le come un rapporto organizzativo interorganico siapure con peculiarità tali da giustificare la sottrazio-ne alle procedure di gara.Dall’altro lato, la legislazione nazionale ha auto-

nomamente oscillato tra la promozione delle formepubbliche di gestione e gli incentivi più o menomarcati all’affidamento a terzi mediante gara, temasul quale ha inciso anche il referendum abrogativosull’art. 23 bis del D.L. n. 112/2008 e la sentenza diincostituzionalità, per contrasto con l’esito referen-dario, del successivo art. 4, D.L. n. 138/2011 (25).Nella normazione più recente, i modelli organizza-

pubblici, in F. Guerrera (a cura di), Le società a partecipazionepubblica, op. cit., 144 ss.

(21) Si tratta, cioè, di valorizzare il dato normativo giàespresso dal comma 13 dell’art. 4, D.L. n. 95/2012, recente-mente considerata “clausola ermeneutica generale” dalla giu-risprudenza (Cass., SS.UU., ord. 23 gennaio 2015, n. 1237).

(22) Direttive n. 2014/23/UE e n. 2014/24/UE, che ammetto-no ad esempio “forme di partecipazione di capitali privati chenon comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle di-

sposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, chenon esercitano un’influenza determinante sulla persona giuri-dica controllata” (art. 17, par. 1, lett. b, Dir. 2014/23/UE).

(23) V. ad esempio CGE, 10 novembre 2009, in C-573/07,SETCO, secondo la quale la semplice apertura potenziale delcapitale ai privati non era sufficiente a escludere il controlloanalogo.

(24) V. la citata Cass., SS.UU., n. 26283/2013.(25) Corte cost., 20 luglio 2012, n. 199.

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tivi a disposizione degli enti locali per i servizi pub-blici finiscono così per essere posti su posizionipressoché interamente allineate (26). Anzi, colpresumibile intento di rendere più lineari i rapportifinanziari con gli enti controllanti, proprio il giudi-ce contabile ha visto favorevolmente il ritorno aimodelli organizzativi di diritto pubblico, come l’a-zienda speciale, che potrebbero così affiancare lerestanti forme basate su soggetti di diritto priva-to (27).Ai movimenti della legislazione, pur apparente-

mente molto decisi, non sono però seguiti effetticoncreti significativi nella realtà degli affidamenti,i quali, a parte gli accorgimenti introdotti per sod-disfare le regole europee, sono rimasti in larga par-te ancorati alle gestioni comunali. Anche gli stru-menti per la regolazione delle attività non hannovisto evoluzioni apprezzabili, sia perché di naturaper lo più convenzionale, sia perché esercitati dauffici comunali privi di particolari specializzazionie, nei casi di gestioni dirette, non adeguatamenteseparati dai gestori stessi.La legge Madia interviene anche qui con una

delega ad ampio raggio, che tocca pressoché tutti iprincipali aspetti del tema: l’organizzazione e la re-golazione dei servizi, la distribuzione in ambiti ter-ritoriali, la tutela degli utenti, la proprietà delle re-ti e degli impianti di servizio pubblico, i rapporticon le discipline settoriali. I criteri hanno preva-lentemente carattere di riordino ma, per alcuniprofili, se adeguatamente sviluppati in sede delega-ta potrebbero indurre mutamenti rilevanti nella di-sciplina.Nel criterio di esordio, la delega riconosce agli

enti locali la “funzione fondamentale” d’individua-zione dei servizi di interesse generale per le collet-tività di riferimento, con ciò lasciando la possibili-tà di attribuire tale qualificazione a una serie apertadi attività da determinare volta per volta in base aparametri di universalità e di qualità (28). A taleprimo livello di discrezionalità, ne corrisponde unsecondo sul piano dei modelli organizzativi che ladelega regola in base ai principi europei in tema diaffidamento ma anche con il riconoscimento della“autonomia organizzativa” degli enti. I decreti de-legati potrebbero dunque lasciare le varie alternati-

ve sullo stesso piano (29), eventualmente, come sivedrà, intervenendo sui processi decisionali per raf-forzarne la trasparenza e le condizioni di verificabi-lità.Agli aspetti organizzativi, la delega affianca la

considerazione della disciplina delle attività coin-volte. In primo luogo, la norma prevede la ricogni-zione dei regimi di esclusiva e la loro “soppressio-ne” nei casi in cui non rispettino la concorrenza enon siano proporzionati. A questa operazione di“pulizia” dell’esistente, dovrebbe seguire la defini-zione della “disciplina generale” per l’attribuzionedei diritti speciali ed esclusivi, sempre nel rispettodei principi del diritto UE. Si potrebbe così aprireun capitolo innovativo - se si esclude qualche ac-cenno visto nell’art. 4 del D.L. n. 138/2011 - checoinvolgerebbe non solo la scelta dell’affidatariodel servizio comunale ma anche l’accesso a quelmedesimo mercato da parte di imprese private nonlegate ad un incarico dell’ente locale.Il tema può essere ricollegato a quello più ampio

della “regolazione” delle attività, la cui “disciplinagenerale” dovrà essere sempre oggetto dei decretidelegati. La delega prefigura l’ammodernamentodegli attuali modelli di regolazione, con il coinvol-gimento delle autorità indipendenti nazionali - unpo’ come è avvenuto per il servizio idrico con ilpassaggio delle competenze all’Autorità per l’ener-gia elettrica e il gas (30) - la distinzione tra le fun-zioni di regolazione e quelle di gestione e la defini-zione dei criteri tariffari e delle sanzioni. A taleversante corrisponde quello della tutela degli uten-ti, anche sul piano dei rimedi non giurisdizionaliche il decreto delegato dovrebbe implementare.Tutto ciò dovrebbe consentire di dare un nuovoassetto alla disciplina dell’attività degli affidataridei servizi, quantomeno di quelli principali più fa-cilmente tipizzabili, e allo stesso tempo di offrireuna collocazione adeguata all’ingresso di nuove im-prese che dovesse seguire alla abolizione dei dirittispeciali ed esclusivi.Un altro aspetto sul quale la delega pone una

certa attenzione è, come si è anticipato, la traspa-renza dei processi decisionali e dei risultati delle at-tività. Il principio della consultazione dei cittadiniviene affermato in termini generali e potrebbe così

(26) Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257.(27) Corte dei conti, Sez. aut., 21 gennaio 2014, n. 2/SE-

ZAUT/2014/QMIG.(28) Da questo punto di vista, la delega sembra aderire al

test di diritto europeo che riconosce il carattere di interessegenerale anzitutto nel modo in cui l’attività sia disciplinata sot-to i profili della doverosità, universalità ecc. V. TUE, 12 febbraio1008, in T-289/03, BUPA.

(29) Va oggi richiamato il “principio di libera amministrazio-

ne” delle autorità pubbliche, fissato dalla direttiva “concessio-ni” (art. 2). Secondo tale principio le autorità degli Stati mem-bri “sono libere di decidere il modo migliore per gestire l’ese-cuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire inparticolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibili-tà, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso univer-sale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici”.

(30) V. il D.L. n. 70/2011, art. 10, e il D.L. n. 201/2011, art.21.

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essere esteso a vari momenti nevralgici come lascelta dei modelli organizzativi, l’introduzione direstrizioni alla concorrenza ecc. La trasparenza èprevista anche per i contratti di servizio e per la lo-ro esecuzione, con l’aggiunta di strumenti generalidi rilevazione dei dati sul rispetto degli obblighi diservizio pubblico. Questo fattore, combinandosicon l’introduzione di una vera e propria disciplinadi regolazione delle attività, potrebbe completare ilquadro dei controlli sulle attività di servizio locale.

Conclusioni

Se per le società partecipate l’esercizio della dele-ga dovrebbe avere in sé i germi di una piccola rivo-luzione - non foss’altro che per l’essere la prima di-

sciplina generale del fenomeno - per i servizi localidi interesse economico generale molto dipenderàdal grado di sviluppo dei criteri contenuti nella leg-ge Madia. Da un mero riordino delle discipline esi-stenti, ci si potrebbe spingere verso soluzioni inno-vative che, a distanza di più di un secolo dalla leggeGiolitti del 1903, potrebbero dare un nuovo assettoalla materia. Certo è che l’esercizio delle due dele-ghe dovrebbe avvenire in modo coordinato. In ter-mini numerici, la maggior parte delle società a par-tecipazione pubblica gestiscono servizi pubblici loca-li: se si riforma la loro disciplina come tipo organiz-zativo e il loro ambito di attività, le due cose nonpossono non tenere conto l’una dell’altra.

La codificazione della disciplina dei processi innanzila Corte dei contidi Sergio Auriemma

Il riassetto della disciplina processuale dei giudizi innanzi la Corte dei conti, ipotizzato dall’art. 20della L. n. 124/2015, può concorrere al perseguimento di alcuni tra gli obiettivi che stanno orien-tando l’azione normativa in tema di pubbliche amministrazioni.La delega legislativa, attraverso dettagliati principi e criteri direttivi riferiti ai vari istituti giuridici pro-cessuali, traccia itinerari praticabili per perseguire: un potenziamento dell’effettività, efficienza e ce-lerità nella resa del Servizio di Giustizia in favore dei cittadini; la rivisitazione delle “forme” proces-suali quali garanzie di certezza del diritto; lo sviluppo nell’uso delle tecnologie digitali nel processocontabile; un contenimento di spesa attraverso misure con finalità anche deflattive dei contenziosi.

L’assetto normativo attuale

L’ambito materiale su cui interviene la delegadettata dall’art. 20 della L. n. 124/2015 si caratte-rizza per i seguenti aspetti: la vigenza di un Regola-mento di procedura (R.D. n. 1038 del 13 agosto1933 attuativo dell’art. 32 della L. 3 aprile 1933,n. 255) di origine pre-repubblicana, a suo tempocostruito su proposta della Corte dei conti e sullafalsariga del codice di rito civile del 1865; una so-pravvenuta e consistente evoluzione del diritto so-stanziale in tema di responsabilità amministrativa,nonché di funzioni e attribuzioni, anche innovati-ve, devolute alla competenza cognitivo-giurisdizio-nale e di controllo della Corte dei conti; l’esistenzadi una molteplicità di riti e di tipologie di giudizi,a fronte della disponibilità di poche disposizionicomuni agli stessi e di un rinvio (art. 26 del Reg.)

al codice di rito civile “dinamico” e per le sole par-ti compatibili.Ciascuno dei cennati aspetti rappresenta altret-

tanti limiti oggettivi che, sinora, hanno comportatodifficoltà applicative non sporadiche né marginali,alle quali hanno supplito ricuciture giurisprudenzialipretorie, per loro natura esposte a contrasti sia oriz-zontali (tra sezioni nel primo grado di giudizio), siaverticali (tra sezioni di primo e di secondo grado).Le stesse Sezioni Riunite della Corte dei conti

hanno ritenuto che il generale rinvio dell’art. 26cit. non autorizza un innesto automatico nel proces-so contabile di tutte le norme del codice di procedu-ra civile, dovendo ciascun giudice adito previamenteeffettuare - alla stregua del testo letterale del rinvio -una valutazione di compatibilità con la struttura delprocesso e dovendo inoltre verificare che non sia di-sponibile una specifica disciplina di settore (1).

(1) C.d.C. SS.RR., sent. n. 3/QM del 1998.

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Tutto ciò, talvolta, ha suggerito ai giudicanti ladisapplicazione di regole processuali ritenute noncompatibili in quanto trascrizioni di formule vetu-ste contenute nel codice di rito datato 1865. In al-tri casi, sono state richiamate in applicazione di-sposizioni per lungo tempo relegate in desuetudi-ne (2). Infine, solo di rado è intervenuto il legisla-tore, attraverso isolate e asistematiche disposizio-ni (3).Lo sforzo ermeneutico profuso dalle Sezioni giu-

risdizionali centrali e regionali in molti casi è sfo-ciato nella proposizione di questioni di legittimitàcostituzionale che, quando hanno superato il va-glio dell’ammissibilità, hanno tuttavia consentitoalla Consulta di ritessere per via interpretativa il fi-lo di alcuni principi di massima, tali da conformareil sistema processuale contabile a garanzie indefet-tibili dettate dalla Costituzione del 1948.Se, dunque, in generale, può dirsi essere oggi ab-

bastanza diffusa la consapevolezza che l’incertezzadelle norme può compromettere la resa di un servi-zio giustizia equo, efficiente e celere, la delega reca-ta dall’art. 20 indubbiamente si muove in simme-tria con l ’intento che sottende l ’intera L. n.124/2015, quello del riordino di segmenti normati-vi per adeguarli alle necessità imposte dalla moder-nizzazione degli apparati chiamati a dare rispostepiù efficienti alla cittadinanza.Nel caso di specie, peraltro, sarebbe arduo im-

maginare che a ciò possa provvedere il solo inter-vento nomofilattico compositivo “interno”. Si trat-ta di una funzione intestata ormai a tutte le magi-strature superiori che però, non essendo supportatada un generalizzato vincolo di conformazione perle sezioni semplici e per giudici operanti in compo-sizione monocratica (giudizio pensionistico), perciò stesso non è in grado di colmare in via tenden-zialmente uniforme e definitiva lacune, stratifica-zioni od aporie del diritto scritto.Né siffatto congegno (primariamente esperito

dalla Corte di Cassazione ex art. 374 c.p.c. e secon-do la regola dello “stare decisis”), come ammoniscel’esperienza di fatto, assicura che l’ermeneutica giu-diziale possa da sola soddisfare le complesse esigen-ze di adeguamento ad un contesto legislativo pro-fondamente mutato negli anni. Ciò a maggior ra-

gione vale per giurisdizioni speciali, come quelladella Corte dei conti, al cospetto dell’art. 111, ulti-mo comma, Cost. che ammette il ricorso per cassa-zione soltanto “per motivi di giurisdizione”, cosìcircoscrivendo l’area di ulteriori fasi di “legittimità”destinate ad assicurare rimedi fattivi avverso even-tuali violazioni di regole processuali.In questa prospettiva, l’opera di codificazione in-

trapresa a buon motivo può aspirare a contribuireal rafforzamento della certezza del diritto, che inmolte (anche se non in tutte) formalità proceduralitrova un suo indefettibile presidio.

Principi e criteri direttivi della delega

Quella in esame, fra le quattro deleghe che la L.n. 124/2015 destina all’elaborazione di testi unici(lavoro pubblico, partecipazioni pubbliche, servizipubblici locali e processo dinanzi alla Corte deiconti), affronta un ambito materiale non diretta-mente afferente l’amministrazione c.d. “attiva”, madi importanza non secondaria per il perseguimentodel principio costituzionale della buona, sana, rego-lare amministrazione.Premesso che il riassetto involge tutte le tipolo-

gie di giudizi contabili, compresi quelli pensionisti-ci, di conto e “ad istanza di parte” (questi ultimicostituenti una specificità, posto che l’azione con-tabile è ordinariamente esercitabile ad iniziativaofficiosa del P.M.), le lettere da a) e fino a d) delcomma 2 dell’art. 20 mettono in evidenza principiche prospettano al legislatore delegato i marginiispiratori della conseguente opera di “riempimen-to” da compiere (4).Tra quelli che esprimono essenzialmente linee di

indirizzo meritano di essere segnalati i seguenti.Il riferimento esplicito alle norme del codice di

procedura civile intese come “espressione di princi-pi generali”, che attesta una chiara e non equivocaopzione legislativa distante da concezioni spiccata-mente “para-penalistiche” o “sanzionatorie” talvol-ta serpeggianti in dottrina o giurisprudenza, tra l’al-tro poco comprensibili a fronte del pacifico ricono-scimento normativo della “specialità” della giuri-sdizione contabile rispetto a quella penale e dei li-miti posti dal divieto del “ne bis in idem”.

(2) Solo esemplificativamente si cita il caso dell’art. 23 delR.D. n. 1038, che dispone la lettura in udienza dei dispositivi disentenza. Nella pratica giudiziaria queste disposizione è statadi fatto pretermessa, salvo poi ad essere rievocata in applica-zione solo in tempi recentissimi (cfr. C.d.C. SSRR. - sentenza/ordinanza n. 1 del 13 gennaio 2014 ss.)

(3) Così è avvenuto per il giudizio pensionistico, attraversol’art. 5 della L. n. 205 del 2000 che ha sancito l’applicazione dialcune disposizioni (artt. 420, 421, 429, 430 e 431 c.p.c.) detta-

te per le controversie individuali di lavoro.(4) Cfr. Corte Cost., sent. n. 98/2015, dove si rammenta che

i vincoli derivanti dall’art. 76 Cost., per l’esercizio della funzio-ne legislativa da parte del Governo non inibiscono a quest’ulti-mo l’emanazione di norme che rappresentino un coerente svi-luppo o un completamento delle scelte espresse dal legislatoredelegante, dovendosi escludere che la funzione del legislatoredelegato sia limitata ad una mera scansione linguistica di pre-visioni stabilite dal primo.

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La necessità di tenere conto “della peculiaritàdegli interessi pubblici oggetto di tutela e dei dirittisoggettivi coinvolti”: espressione questa che cogliee sottolinea una caratteristica intrinseca della pote-stà giudicante contabile, esercitabile su comporta-menti di agenti (pubblici in senso lato) onde assi-curare tutela giudiziaria a beni e valori pubblicima, nel contempo, una piena e non sacrificabilesalvaguardia di diritti soggettivi vantabili dai chia-mati in responsabilità.Assicurare “concentrazione delle tutele” ed “ef-

fettività”, locuzioni entrambe dense di multiformisignificati e implicazioni che, in estrema sintesi eper ciò che qui prevalentemente interessa, profila-no la necessità di regole processuali che, nei limitidel possibile e nella prospettiva di una “giustizia so-stanziale”, si affranchino da confini troppo ampi eastratti lasciati ad opzioni esegetiche eterogenee ein tal modo, evitino anche inutili allungamenti deitempi di giustizia e sprechi di risorse reali ed uma-ne (notoriamente limitate). Accanto agli anzidettiprofili, la norma di delegazione espone quattro in-dicatori di metodologia o tecnica redazionale (draf-ting), dovendo il legislatore delegato provvedere aformulare e praticare:la previsione di norme “innovative” e “di coordi-

namento”, quindi con connotazioni non meramen-te “compilative” del testo unico di codificazione;l’osservanza del principio della ragionevole dura-

ta del processo anche mediante il ricorso a proce-dure telematiche (in ciò prendendosi atto di unpercorso già ampiamente sviluppato presso la Cortedei conti, di recente assistito da ulteriori novitànormative in tema di processo telematico dettatedall’art. 20 bis della L. n. 132/2015, di conversionedel D.L. n. 83/2015);il prevalente ricorso ad abrogazioni di tipo espli-

cito, quale modalità che permette di restringere adipotesi eccezionali e tramite un rinvio di sola chiu-sura le opinabilità esegetiche correlate ad abroga-zioni c.d. “per incompatibilità”;la definizione di una disciplina transitoria per i

giudizi attualmente in corso, che può scongiurare ilrischio di dover rimettere alla sola giurisprudenzale valutazioni circa l’efficacia temporale delle nuo-ve disposizioni oppure spingere all’applicazione re-siduale di garanzie elaborate ed affermate (sia in se-de interna, sia in sede europea) a proposito del c.d.overruling processuale.

Gli istituti processuali oggetto di riassetto

Non da poco tempo è apparso farsi più intenso ildibattito - in eco a plurime pronunce su aspettievidentemente poco chiari anche nella pratica giu-diziaria, sintomatiche di non episodiche perplessitàe di variegate opzioni interpretative - sulla necessi-tà di una profonda riscrittura del Regolamento diprocedura del 1933.Negli ultimi anni più volte, in cerimonie od oc-

casioni ufficiali (inaugurazioni degli anni giudiziari,referti in sede di parificazione annuale dei rendi-conti dello Stato ed ora regionali) i vertici dellaCorte dei conti, compresi i Procuratori (generale eregionali), hanno ritenuto di dover segnalare all’o-pinione pubblica e alle Istituzioni della Repubblicalimiti correlati a troppo scarne e vetuste regoleprocessuali in vigore.Serve osservare, altresì, che anche nel corso di

incontri di studio e in sede dottrinaria è emersauna propensione alla rivisitazione delle regole delprocesso, facendosi leva su riflessioni e argomenta-te opinioni intorno ad una duplice circostanza: daun lato, la criticità indotta dalla biunivoca influen-za tra i regimi processuali e gli istituti di diritto so-stanziale in tema di responsabilità (fatto fisiologi-co, tranne quando anche il diritto sostanziale nonbrilli per chiarezza e organicità regolativa) e, dal-l’altro lato, la vigenza di un corpo di norme natoin contesti ordinamentali preesistenti alla Costitu-zione del 1948, oltre che nella sua matrice estraneoa principi maturati solo in epoca posteriore e in te-ma di “giusto processo” (5).L’art. 20 della L. n. 124/2015 - mostrando un’at-

tenzione sensibile a istanze maturate tra gli stessigiudici e pubblici ministeri della Corte dei conti -disegna una delega che, nella sostanza, investe atutto tondo le fasi, i sub-procedimenti e i segmentidelle varie tipologie di riti e di azioni giudiziali.L’ampiezza dell’ambito materiale coinvolto, in

una prima lettura come quella qui offerta, ovvia-mente non consente di scrutinare tutto lo spettrodegli istituti giuridici processuali, né di illustrare indettaglio significati ed effetti pratici assentibili allenumerose enunciazioni di massima adoperate dallegislatore delegante.Sembra più utile perciò riepilogare - seguendo

un ordine didascalico che percorre l’andamentodelle fasi dell’azione e del processo di responsabilità

(5) Tra i tanti scritti cfr.: G. Verde, “Il giudizio di responsabili-tà amministrativa: lineamenti di una riforma alla luce dei principidel giusto processo”; A. Corpaci, “Il principio cardine del giudi-zio di responsabilità amministrativa: l’attribuzione del potere diazione al pubblico ministero presso la Corte dei conti”; entrambi

rinvenibili in Atti del 51 Convegno di Studi di Scienza dell’Am-ministrazione su “Responsabilità Amministrativa e giurisdizio-ne contabile (ad un decennio dalle riforme)”, Milano, 2006,233 ss.

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e adoperando le identiche lettere alfabetiche tra-scritte nell’art. 20 - succinte considerazioni sugliaspetti principali. Gli stessi, se raffrontati al catalo-go delle disposizioni di rito vigenti, demarcano ilperimetro di alcune novità che il Codice delegatopotrà fare oggetto di regole esplicite oggi assenti edinevitabilmente rimesse ad opzioni esegetiche, tal-volta divergenti, dei singoli organi giudicanti.La regolamentazione dei poteri istruttori intestati al

P.M. e il regime di prescrizione speciale per l’azionedel P.M. contabile (lett. c, d, g): l’assenza pressochéintegrale di disposizioni incluse nel vigente regola-mento e riferite alla fase dell’istruttoria pre-proces-suale, nonché le scarne disposizioni innestate tra-mite la L. n. 19/1994 e succ. modif. in ordine afunzioni ed atti del P.M. aventi immediati adden-tellati e riflessi processuali, mostrano lacune inne-gabili, foriere di non isolate incertezze e problemiermeneutici. Il vuoto, come è noto, sinora è statocolmato da interventi della Corte costituzionale odelle Sezioni Riunite della Corte dei conti tramiterisoluzione di numerose questioni di massima pe-riodicamente oggetto di riesame a causa di soprav-venienze varie (6). La delega, prendendo atto dellasituazione, enuncia un nucleo essenziale di principi-guida che, attraverso una tipizzazione degli attiesperibili, concretizzi e inveri l’esigenza minima,qualificante e comune a tutti i processi, di unaesplicita regolamentazione dei poteri ed atti delleparti contrapposte in causa, del giudice, degli ausi-liari del giudice. La previsione riferita alla prescri-zione - che per esigenze di compatibilità costituzio-nale non incide sui processi in corso, stante il regi-me transitorio da allestire - tende infine a evitareimproprie e irrazionali dilatazioni sine die dei vigen-ti termini prescrizionali di legge attraverso la reite-razione, da parte del PM, di atti di costituzione inmora aventi effetto interruttivo.La preclusione, a seguito di formale provvedimento

di archiviazione, della chiamata in giudizio “iussu iudi-cis” di presunti responsabili (lett. g, punto 6): la pre-visione punta ad assicurare certezza del diritto eprevedibilità delle decisioni, impedendo che, dopouna formale “archiviazione” e in assenza di elemen-ti nuovi, l’agente già ritenuto motivatamente “nonresponsabile” di danno erariale da parte del P.M. eavendo semmai da tempo maturato un affidamentoin proposito possa essere, di autorità e tramite undiverso atto giudiziale di palese natura “inquisito-ria”, chiamato in causa dal giudice (e, in vari casi

accaduti, persino essere assolto in fase decisionalefinale, con irrazionale dispendio di risorse ed ener-gie processuali).L’introduzione di riti alternativi (lettere e, f): l’ele-

vazione del limite di somma massimo per il ritomonitorio (art. 55 Reg. vigente) e il suo periodicoaggiornamento in base alle variazioni dell’indiceISTAT si prospettano in armonia con la logicadella “tenuità” dell’offesa patrimonialmente lesiva(già a base del rito come vigente). Da un altro lato,l’innovativa introduzione di un rito abbreviatoche, esclusi i casi di doloso arricchimento del dan-neggiante e su previo e concorde parere del pubbli-co ministero, consenta la definizione a domandadel giudizio di primo grado per somma non superio-re al 50% del quantum della pretesa risarcitoriaazionata in citazione e del giudizio di appello persomma non inferiore al 70%, induce all’introduzio-ne stabilizzata nell’ordinamento processuale dellaCorte dei conti e sin dal primo grado di giudizio,di una speciale tipologia di rito con funzione de-flattiva e garanzia di incameramento di somme ri-sarcitorie più rapido e certo di quello attualmenteottenibile attraverso le normali procedure di esecu-zione coattiva. La diversità della misura percentua-le (in incremento dal 50 al 70%) tra primo e se-condo grado prevista per il rito “concordato” e l’e-sclusione della possibilità che il giudice di appelloeserciti, in aggiunta, la cd. “riduzione dell’addebi-to” hanno l’intuibile scopo di incentivare il ricorsoal procedimento in primo grado, rispetto a quellopoi comunque esperibile in appello, il che può evi-tare manovre defensionali puramente dilatorie.Indicazioni in tema di denunce di danno erariale

(lett. h): la previsione va certamente letta in armo-nia con la problematica della tutela del dipendentepubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower). Iltema involge un interesse oggettivo dell’ordina-mento all’emersione dei fenomeni di corruzione emalamministrazione ed è stato dapprima affrontatodalla L. anticorruzione n. 190/2012 e di recente in-tegrato dal decreto L. n. 90/2014 (Misure urgentiper la semplificazione e la trasparenza amministra-tiva e per l’efficienza degli uffici giudiziari), con-vertito dalla L. n. 114/2014, che da un lato ha mo-dificato (con l’art. 31) il testo dell’art. 54 bis intro-ducendo l ’Autorità nazionale anticorruzione(A.N.AC.) quale soggetto destinatario delle segna-lazioni, dall’altro lato (art. 19, comma 5) ha stabi-lito che l’Autorità “riceve notizie e segnalazioni di

(6) Si pensi al tema della specificità e concretezza della no-tizia di danno di cui al D.L. n. 78/2010 od a quello, risolto conla recentissima sentenza n. 28 del 18 giugno 2015, della disco-

very del corredo probatorio messo a base della citazione ingiudizio.

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illeciti, anche nelle forme di cui all’art. 54-bis deldecreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165”. Il tutto,riguardato per il profilo che la delega riferisce alprocesso contabile, tende ad agevolare la denunciadi fatti patrimonialmente dannosi ed il successivoinnesco di accertamenti giudiziali: in tal maniera sifa carico di una doglianza di frequente manifestatadai magistrati contabili anche in risposta a critichemediatiche, invero generiche e spesso ingenerose,circa troppo ristretti indici statistici delle produtti-vità decisionali.Indicazioni in tema di revocazione (lett. m): la pre-

visione tende, in particolare e quanto alla discipli-na dei termini per la “revocazione” delle sentenze,a ricondurre l’odierna (e temporalmente risalente)previsione di un termine addirittura “triennale” acompatibilità con il sopravvenuto principio delladurata ragionevole dei processi.Disposizioni in tema di esecuzione delle sentenze di

condanna risarcitoria (lett. p): attualmente nella faseesecutiva - spettante alla cognizione della giurisdi-zione ordinaria - agiscono direttamente ed esclusi-vamente le amministrazioni danneggiate. Il P.M.contabile non ha alcun titolo di legittimazione, senon quello di monitorare l’innesco e la susseguentecura delle procedure di esecuzione dei titoli giudi-ziali emessi. Ciò può comportare tolleranze, ritardi,se non addirittura inerzie e omissioni dovute anchea notorie difficoltà organizzative e funzionali dellepubbliche amministrazioni centrali o periferiche,nazionali e degli enti locali, con un correlato (epersistente) basso tasso di riscossione effettiva deicrediti erariali. Tra l’altro, il principio dell’unicitàdell’Ufficio del P.M. e l’esistenza della figura delPM “agente” in sede civile, in sede di stesura attua-tiva delle disposizioni processuali, potrebbero farcostruire percorsi di efficiente interazione sinergicatra i due plessi giurisdizionali. Infine, il privilegioper il credito erariale - che postula un interventodi diritto sostanziale sul codice civile - appare utilenel caso in cui più creditori, anche privati, concor-rano in esecuzione sul patrimonio dell’agente giu-dicato responsabile di un danno erariale.Indicazioni relative ai rapporti tra attività di control-

lo e giudizio di responsabilità (lett. q): il criterio diret-tivo di delega ha lo scopo palese, in ossequio aprincipi minimali di garanzia soggettiva, di certezzadel diritto e di prevedibilità delle decisioni, discongiurare che pareri favorevoli resi dalla stessaCorte dei conti in sede di controllo, capaci quindidi orientare autorevolmente l’attività delle ammi-nistrazioni, siano successivamente trascurati o ad-dirittura ignorati dal P.M. contabile ai fini dellevalutazioni in ordine all’eventuale promovimento

di azioni di responsabilità amministrativa indivi-duale (così mettendo a nudo improvvide superfeta-zioni di attività magistratuali).

L’itinerario attuativo della codificazione

L’art. 20, pure nell’utilizzo di alcune locuzioniletterali, pare avere mutuato dall’esperienza che hacondotto all’elaborazione del Codice del processoamministrativo (art. 44 della L. 18 giugno 2009, n.69 recante delega al governo per il riordino delprocesso amministrativo e D.Lgs. attuativo n. 104del 2010) alcuni passi procedimentali per pervenirealla codificazione.In particolare, il decreto legislativo di attuazio-

ne, da emanare entro agosto 2016, è adottato suproposta del Presidente del Consiglio dei ministrisulla base di uno schema redatto da un’appositaCommissione istituita presso il Dipartimento pergli affari giuridici e legislativi della Presidenza delConsiglio dei ministri. La Commissione è presiedu-ta dal capo del medesimo Dipartimento ed è com-posta da magistrati della Corte dei conti, espertiesterni e rappresentanti del libero foro e dell’Avvo-catura generale dello Stato, i quali prestano attivi-tà a titolo gratuito e senza diritto a rimborso spese.Sullo schema di decreto sono acquisiti: il pareredelle Sezioni riunite della Corte dei conti, ai sensidell’art. 1 del R.D.L. n. 273/1939, convertito dallaL. n. 739/1939; il parere delle competenti Com-missioni parlamentari.Con la consueta formula della delega “corretti-

va” è stabilito che entro due anni dalla data di en-trata in vigore del nuovo Codice di procedura pos-sono essere adottati uno o più decreti legislativi re-canti disposizioni integrative e correttive che sirendano necessarie od opportune a seguito delleprime applicazioni.L’intera operazione è assoggettata ad una clauso-

la di invarianza, posto che dall’attuazione non de-vono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanzapubblica.In conclusione, sembra lecito affermare che l’ar-

chitettura d’insieme della delega affida all’opera ealla scienza professionale dell’istituenda Commis-sione, composta anche da magistrati della Cortedei conti, il compito di declinare e tradurre princi-pi e criteri direttivi in una trama ragionata e com-pleta di disposizioni, le quali potranno configurareuno strumento regolatore dei processi più efficientedi quello attualmente disponibile.La codificazione, se opportunamente calibrata

anche in termini di snellezza procedurale, rispettoalla sola elaborazione pretoria ed alle sue inevitabi-

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li oscillazioni, potrebbe offrire un rinnovato im-pianto assistito da meccanismi stabilizzati ed orien-tati a certezza, prevedibilità e tempestività della re-sa di Giustizia, quali precondizioni per assicurare

effettività allo iusdicere che, nell’osservanza del di-ritto scritto anche processuale, contribuisce essostesso a creare la migliore e più razionale “regoladel caso concreto”.

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