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Seminario formativo
La Riforma del Sistema Sanitario Regionale e la rete per la tutela dei diritti e delle
opportunità dei cittadini: il ruolo delle Organizzazioni sociali
Palermo 17 marzo 2010 Palazzo dei Normanni – Sala Rossa
ATTI del SEMINARIO
________________________________________________________________________________ Staff Tecnico e Segreteria Organizzativa Consorzio La Salute Tel/Fax.091/56622115
e-mail [email protected]
A cura di: Elisa Furnari e Elisa Veronese “La Riforma del Sistema Sanitario Regionale e la rete per la tutela dei diritti e delle opportunità dei cittadini: il ruolo delle Organizzazioni sociali” Atti del Seminario Consorzio Sol.Co. Catania – Rete di imprese sociali siciliane Via P. Carrera 23 - Catania Consorzio socio-sanitario La Salute Via M. Stabile, 261- Palermo Stampa: indirizzo della tipografia da inserire
Si autorizza la riproduzione a fini non commerciali e con citazione della fonte
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Programma Seminario 1. INTRODUZIONE AL SEMINARIO
Edoardo Barbarossa Presidente del Consorzio Sol.Co. Catania – Rete di imprese sociali siciliane pag. 5 2. LA RIFORMA DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE
Giuseppe Greco Coordinatore della Consulta Sanitaria regionale pag. 9 3. IL RUOLO DELLA COOPERAZIONE SOCIALE NEI PERCORSI DI ASSISTENZA E DI CURA
Mario Monge Presidente Consorzio Sol.Co. di Roma pag. 13 4. VERSO L’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA IN SICILIA
Lucia Borsellino Dirigente Ufficio Speciale per l’integrazione socio-sanitaria Regione Siciliana pag. 17 5. L’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA NELLA LEGGE 328/2000
Saverino Richiusa Funzionario Servizio “Coordinamento dei distretti e servizi socio sanitari - legge 328/00” Ass. della Famiglia, Politiche sociali e Lavoro della Regione Siciliana pag. 22 6. L’ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI TERRITORIALI NEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE
Giuseppe Noto Dirigente SERVIZIO 8 “Programmazione territoriale ed integrazione socio-sanitaria” Assessorato della Sanità della Regione Siciliana pag. 26 7. IL PIANO TRIENNALE PER LE PERSONE CON DISABILITA’
Rosario Fiolo Presidente AIFI Sicilia pag. 30 8. ESPERIENZE PER L’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA pag. 33 8.1 “TELEMACO CENTRO DI PREVENZIONE, CONSULENZA E TERAPIA PER ADOLESCENTI E FAMIGLIE” – DISTRETTO SOCIO-SANITARIO D. 42 PALERMO –
Concetta Noto - Pedagogista dirigente ASP 6 Palermo pag. 33 8.2 I SERVIZI DI RIABILITAZIONE EX ART. 26 – ASP 6 PALERMO
Giuseppe Fiolo - Cooperativa sociale CAPP pag. 37
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8.3 LE CURE DOMICILIARI INTEGRATE ED I PROGETTI INDIVIDUALIZZATI DI ASSISTENZA E DI CURA
Carmelo Di Stefano - SICUD Sicilia pag. 40 8.4 I SERVIZI DI ASSISTENZA E DI CURA PER I PAZIENTI IN FASE TERMINALE. L’ESPERIENZA DELL’HOSPICE DELL’AORNAS “Garibaldi” DI CATANIA
Maria Carmela Spartà - Consorzio Elios etneo pag. 43 8.5 LA RESIDENZIALITA’ NEL PERCORSO RIABILITATIVO DEL PAZIENTE FRAGILE
Sebastiano Russo - Centro J.F.Kennedy Onlus pag. 45 8.6 LA NUOVI MODELLI DI INTERVENTO PER LE MALATTIE SENILI E PROGETTI DI INTEGRAZIONE SOCIALE 8.6
Fabio Ruvolo – Coordinatore Progetto “Alzheimer in vista” di Caltanissetta pag. 49 9. QSN ADI ANZIANI BANCO DI PROVA PER L’INTERGRAZIONE SOCIOSANITARIA IN SICILIA pag. 53 10. LA CRISI DEL WELFARE IN SICILIA- UNA POSSIBILE VIA D’USCITA pag. 59 11. APPENDICE NORMATIVA
pag. 62
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1. Introduzione al Seminario Edoardo Barbarossa Presidente del Consorzio Sol.Co. Catania - Rete di imprese sociali siciliane
In una concezione di Welfare comunitario ogni cittadino ha diritto a ricevere le prestazioni
sociali e sanitarie di cui ha bisogno, ed ha diritto di avere pari dignità e trattamento in
qualunque parte del territorio si trovi.
Le recenti riforme in campo socio-sanitario pongono l'accento sul concetto
dell’universalità della risposta al bisogno, ma non chiariscono con quali strumenti e con
quali risorse ciò possa avvenire.
La contrazione delle risorse messe a disposizione ed i conseguenti interventi “di rientro
della spesa” sanitaria in Sicilia, si orientano correttamente verso l’idea di “appropriatezza
della spesa e congruenza dei modelli organizzativi”, ma a questo concetto deve
accompagnarsi una reale pianificazione dei Servizi, un’organizzazione adeguata, una
razionalizzazione delle risorse; solo così la qualificazione della spesa può legarsi ai reali
bisogni dei cittadini, particolarmente di quelli più fragili.
L’Istituzione pubblica non è in grado di assolvere la domanda di servizi di tutti i cittadini
con i propri strumenti e le proprie risorse e si rende necessario pertanto, costruire strumenti
di partecipazione collettiva che tengano insieme istituzioni e comunità locale e,
contribuiscano alla risposta ai bisogni di cura e di assistenza dei cittadini di un territorio.
Bisogna riaffermare il valore unico e irripetibile della persona umana e quindi assicurare la
garanzia dei diritti umani alle persone fragili. Il principio di sussidiarietà e di partecipazione
devono essere alla base dello sviluppo delle politiche socio-sanitarie mettendo al centro
la persona.
Il servizio pubblico rappresenta una parte fondamentale e irrinunciabile del sistema di
protezione sociale del Paese e, quindi, un bene comune della collettività da preservare e
rafforzare attraverso un’azione continua di miglioramento dell’accessibilità per i cittadini,
e della qualità e della sicurezza dei servizi offerti. Ma accanto a questo, è importante
stabilire delle sinergie tra tutte le forze sociali per rafforzare la risoluzione delle
problematiche che riguardano le persone fragili, nell’ambito dello sviluppo globale della
società siciliana.
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Per raggiungere risultati concreti nella lotta ai fenomeni di marginalità sociale ed
assicurare concretamente cura ed assistenza a tutti i cittadini, rendendo reale l’esigibilità
dei diritti, occorre:
• impostare una reale programmazione che consenta, tra le altre cose,
l’applicazione delle normative esistenti;
• stimolare l’esecutività del Piano triennale di interventi a favore delle persone con
disabilità e l’effettiva pianificazione nel territorio delle Cure Domiciliari e di tutti gli
interventi in favore delle persone non autosufficienti, fragili o con disabilità;
• rendere omogenei e funzionali, i servizi e gli interventi sul territorio nella nostra Isola.
In particolare l’impegno reciproco e sistematico delle istituzioni e delle organizzazioni
sociali devono avere come obiettivi specifici i seguenti punti:
1. Prevedere percorsi puntuali per l’integrazione socio-sanitaria, puntando sulla
compartecipazione vincolante a programmi e risorse dei due rami dell’Amministrazione
regionale, Assessorato alla Sanità e Assessorato alla Famiglia per tutti quei servizi che
abbiano il carattere dell’integrazione e, rafforzarne la rete su tutto il territorio regionale.
2. Costruire un sistema di gestione della rete dei servizi che abbiano la capacità di
orientare, secondo i criteri dell’appropriatezza, le richieste dei cittadini verso la risposta
ottimale o comunque più adeguata e, che sia contemporaneamente in grado di
monitorare la situazione e modificare le scelte operative.
3. Centralità del tema dell’”accesso al sistema integrato dei servizi”, istituendo gli
Sportelli Unici di accesso socio-sanitario, laddove, tali sportelli non si limitino però ad
un’attività meramente segretariale, bensì siano in grado di fornire risposte efficaci ed
introdurre il cittadino all’interno del “sistema integrato”. Ciò vuol dire che accanto ed
oltre gli sportelli, vanno istituite le équipe integrate che elaborano i progetti individualizzati
per il cittadino ed il suo nucleo familiare, interagendo con i centri di offerta pubblici e
privati, appositamente accreditati.
4. Educare alla responsabilità civile, alla democrazia e alla legalità investendo,
partendo dalle scuole, nella formazione ai diritti umani imperniata sulla Costituzione
italiana, la Dichiarazione dei Diritti Umani dell’ONU e la Carta dei Diritti Fondamentali
dell’UE.
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5. Invertire la “rotta” dei “tagli” alla spesa sociale che mettono a rischio l’erogazione
di servizi essenziali per la cittadinanza, e riproporre il “fondo unico e vincolato per la spesa
sociale”.
6. Impegnare la Regione e le Autonomie locali a formulare bilanci di previsione e
politiche di gestione attenti alle esigenze dei cittadini più deboli per poi confrontarli con
gli Organismi rappresentativi del Terzo Settore e con le Organizzazioni sindacali.
7. Porre le premesse, affinché a partire dall’art.14 della legge n. 328/00, quest’ultima
sia attuata anche in Sicilia nel più breve tempo possibile, e rappresenti quello strumento
operativo di raccordo tra il Piano triennale per le politiche per la disabilità e il Piano
Sanitario Regionale ,così da realizzare un’integrazione effettiva tra i servizi sanitari e sociali
per dare piena esecutività ai Piani di Zona nel territorio.
8. Applicare il Piano Sanitario Regionale soprattutto per quanto riguarda le persone
con disabilità, secondo la norma dedicata a loro che prevede, appunto, nel paragrafo
5.5.13 l’integrazione dei servizi e degli interventi necessari nell’arco di tutta la vita delle
stesse persone con disabilità.
9. Rendere concreta l’integrazione scolastica mediante l’intervento della Regione
che attraverso i suoi Enti Locali, deve fornire i servizi di supporto indispensabili, favorendo e
sostenendo l’aggiornamento della didattica e l’attività formativa con qualificati
interventi, che coinvolgano tutti i soggetti impegnati nel mondo della scuola per
guardare, più che alle eccellenze, alle potenzialità degli alunni in difficoltà.
10. Riformare la formazione professionale per offrire alle persone con difficoltà le giuste
opportunità affinché gli stessi corsi non diventino comode, ma problematiche aree di
parcheggio.
11. Perseguire l’integrazione lavorativa applicando in primo luogo la legge 68/99
sollecitando non solo le aziende private ma anche gli enti pubblici per consentire
l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità o comunque in condizione di
svantaggio.
12. Organizzare adeguatamente i servizi di riabilitazione affinché garantiscano alle
persone con disabilità, non autosufficienti, fragili, efficienza, efficacia, economicità e
trasparenza.
13. Ridefinire le regole per la concessione degli ausili che siano realmente parte
integrante di un Progetto per il superamento della fragilità, della non autosufficienza o
della disabilità.
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14. Realizzare servizi socio – educativi diurni e strutture residenziali alternative (case-
famiglia, comunità alloggio, ecc).
15. Tutelare le persone con disabilità gravi attraverso l’utilizzo del fondo nazionale per
la non autosufficienza e incrementarlo con finanziamenti regionali.
16. Sviluppare e potenziare il progetto del “Dopo Di Noi” per garantire le persone con
disabilità che non hanno più una famiglia.
17. Garantire l’accessibilità a tutti i cittadini sia negli edifici pubblici o aperti al pubblico
sia nei mezzi di trasporto di linea urbana ed extra urbana mediante una continua politica
per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
18. Garantire ed adeguare l’accessibilità alle nuove tecnologie informatiche.
La cooperazione sociale è un Soggetto socialmente responsabile che partecipa alla
costruzione di programmi sanitari e sociali, e fornisce servizi sul territorio regionale e può
dunque assolvere il compito di integrare l’offerta dei servizi pubblici locali. Le
Organizzazioni sociali rappresentano in Sicilia i più rilevanti avamposti per la tutela e la
rappresentanza dei cittadini più deboli della società e degli enti di terzo settore che
hanno lo specifico compito di accompagnarli verso percorsi di autonomia e di
integrazione sociale.
Senza nulla togliere al know how che può arrivare in Sicilia da altre Regioni d’Italia o
dall’Estero, o anche da altri interlocutori del mondo profit, sottolineiamo che in Sicilia
esiste la stessa qualità di proposta, che è una concreta proposta di realizzazione di
iniziative e servizi sanitari e sociali, sia residenziali sia territoriali frutto dell’esperienza più che
ventennale, della competenza degli operatori siciliani e frutto della profonda conoscenza
del territorio e delle persone portatrici di bisogni particolari.
Questo vale per la nuova mission delle strutture ospedaliere di comunità, questo vale per
le attività riabilitative territoriali e domiciliari, questo vale per le cure palliative e gli
hospice, questo vale per i CUP, questo vale per le cure domiciliari.
Nel Seminario odierno è stato importante ascoltarsi reciprocamente e segnalare
opportunità e criticità dell’attuale Sistema di protezione sociale e sanitaria in Sicilia
Sono emersi spunti e proposte che possono essere molto utili alla programmazione
pubblica, ma anche modelli e buone pratiche che pongono la Sicilia all’avanguardia e
confermano la bontà della proposta delle Organizzazioni sociali ed il loro posizionamento
accanto alle esigenze dei cittadini più fragili
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2. La Riforma del Sistema Sanitario Regionale
Giuseppe Greco Coordinatore della Consulta Sanitaria regionale Contenuto principale della riforma sanitaria è garantire a tutti una sanità migliore: “un tuo
diritto, un nostro dovere”.
A fronte di tale principio, sussiste nell’attualità la necessità di avviare un radicale
cambiamento nel Sistema Sanitario Regionale del nostro territorio, al fine di razionalizzare
la spesa e riqualificare l’offerta sanitaria. Ma chi ha sollecitato tale richiesta di
cambiamento e soprattutto, qual è il vero obiettivo della riforma sanitaria?
La legge di istituzione del S.S.N. n. 833/78, ha garantito a tutti i cittadini un sistema sanitario
caratterizzato da un accesso universalistico, nel quale viene garantito il diritto alla cura e
l’accessibilità alle strutture sanitarie e l’equità nell’erogazione delle prestazioni. Si è
trattato pertanto di una riforma fondamentale per il nostro paese, che ha dato
concretezza ad un diritto, quello della salute, che era già stato riconosciuto dalla
costituzione. Un pilastro nel nostro sistema di Welfare e nell’affermazione dei diritti dei
cittadini. L’Italia rappresenta uno dei paesi più avanzati del mondo per quanto concerne
le conquiste sociali e la tutela dei diritti dei cittadini e, la legge d’istituzione del S.S.N. lo
riconferma. Tuttavia, il tessuto sociale viene continuamente sollecitato da nuove spinte
ideali, ad esempio l’ipotesi del federalismo; progetti e proposte politiche che costringono
a radicali verifiche circa la possibilità di avviare cambiamenti strutturali, tecnologici e
soprattutto organizzativi, nel settore dei servizi alla persona.
I ritardi registrati in parecchie regioni, in particolare nel centro e nel sud dell’Italia, i
cambiamenti demografici (l’anzianità, le famiglie mononucleari, etc.) e le prospettive
della nuova sanità (malattie croniche in fortissimo aumento rispetto alle malattie acute ed
infettive), determinano un’impennata del fabbisogno specifico della spesa sanitaria con
particolare riguardo alle persone non autosufficienti e fragili.
“Vanno immaginate soluzioni concrete per la non autosufficienza, che non siano delle
risorse una tantum, e soprattutto va superato il divario tra le differenti regioni italiane,
alcune delle quali hanno organizzato servizi eccellenti mentre altre non hanno destinato
alcuna risorsa a questo problema, abbandonando, di fatto, le famiglie al loro dramma…”
(I. Marino)
La legge di riforma n. 5/2009 prevede un nuovo sistema sanitario: 17 aziende sanitarie
complessive, nuovi distretti ospedalieri, nuovi manager, interventi di deospedalizzazione e
potenziamento dei servizi territoriali, controllo pubblico per il servizio d’emergenza -
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urgenza, partecipazione civica e maggiori controlli sui dirigenti e sul raggiungimento degli
obiettivi. Si tratta pertanto, di nuovo sistema in fase di forte cambiamento, a riguardo
l’indirizzo di politica regionale proponeva un documento (Piano di rientro) che indicava i
provvedimenti da assumere con un preciso crono-gramma attivando provvedimenti
rigorosi e talvolta anche “dolorosi ma, inevitabili”. Il Piano di Rientro va considerato come
un’opportunità e un’occasione di rilancio e di riqualificazione della sanità siciliana,
dunque una manovra necessaria.
In occasione di un convegno a Palermo “Il cittadino e le cure, al centro del sistema” sono
emerse ancora una volta, istanze di partecipazione, comunicazione e responsabilità da
parte dei cittadini così come la possibilità d’intraprendere rapporti di fiducia tra le
istituzioni e i diversi stakeholders facendo ricorso alle regole, al rigore, ai risultati e alla
responsabilità nella sanità pubblica. Aperte invece rimangono questioni quali: la
competenza, il potenziamento dei servizi, la tempestività delle cure, il territorio e la
prossimità dei servizi. Appare necessario a fronte di tali richieste, investire risorse nuove sul
versante socio-sanitario per rispondere con modalità adeguate ai bisogni emergenti.
Una nuova medicina del territorio “orientata sul paziente” deve realizzare quindi un
sistema di cure imperniata su valori diversi. E’ necessario focalizzarsi sui bisogni dei cittadini
e non solo sulla cura delle singole malattie, realizzando una medicina dell’iniziativa,
proattiva, diversa dalla medicina dell’attesa dell’assistenza ospedaliera. Creare una
relazione stabile con il paziente non limita alla cura del singolo episodio ma, offre un
servizio omnicomprensivo, continuato, centrato sulla persona e capace di coordinare le
cure nei diversi momenti.
Dal sistema sanitario centrato sull’ospedale si deve arrivare alle cure primarie, alla
medicina di prossimità, centrata sul cittadino malato (medicina orientata sul paziente),
sviluppata da operatori capaci di lavorare in équipe, che si prendano cura (presa in
carico) e garantiscano due cose fondamentali: la continuità di cura e l’integrazione
socio-assistenziale.
Si delinea così un nuovo approccio multidimensionale alla cronicità che come afferma
Polillo in “La nuova medicina territoriale”, deve prendersi cura della salute per tutto il ciclo
della vita e trasformare i cittadini, oggi soggetti passivi, in partners nella gestione della
propria salute e di quella della comunità d’appartenenza attraverso una gestione
intergrata della cronicità (Chronic care model).
Penso, che dall’ambito socio-sanitario possano arrivare fondamentali contributi per
l’impianto della nuova sanità regionale: “La centralità del cittadino e le cure”, richiedono
l’intervento operativo di realtà impegnate sul campo consapevoli della necessità di
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imprimere nel sistema i caratteri di una nuova sanità centrata sul fabbisogno reale, sui
servizi fruibili, sulla continuità assistenziale, sulla sicurezza.
I cardini della riforma della sanità siciliana sono:
- consenso politico, sociale, istituzionale;
- funzionalità organizzativa delle Aziende sanitarie;
- accessibilità appropriatezza e qualità delle cure;
- partecipazione civica nelle fasi fondamentali di indirizzo e di trasparenza gestionale;
- sussidiarietà;
- integrazione socio-sanitaria;
- selezione e merito per le scelte di operatori e amministratori;
- innovazione, ricerca, sperimentazione.
In Sicilia a breve sarà varato il “Piano Sanitario Regionale” e il nostro intendimento è
partecipare attivamente alle realizzazioni in cantiere, attraverso la partecipazione della
Consulta regionale della sanità e dei Comitati consultivi aziendali.
La programmazione sanitaria in Sicilia è affidata al piano sanitario regionale, proposto
dall’assessore regionale, della durata triennale ed approvato dalla Giunta con il parere
vincolante della commissione sanità dell’Ars. Gli altri soggetti che concorrono alla
programmazione sanitaria, oltre alle realtà territoriali presenti nella conferenza
permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria regionale, sono le
università, gli Irccs, gli enti di ricerca pubblici e privati nell’ambito delle rispettive
competenze, le associazioni di categoria del settore sanitario maggiormente
rappresentative e le associazioni di volontariato e di tutela dell’utenza.
La Consulta regionale della sanità è istituita presso l’Assessorato alla sanità, ed ha durata
triennale, è composta da oltre 40 membri. Svolge senza oneri aggiuntivi a carico del S.S.N.
o del bilancio regionale, funzioni di consulenza su richiesta dell’Assessore regionale per la
sanità, in ordine a questioni di rilevanza regionale e di interesse diffuso per la collettività, in
relazione all’erogazione e alla qualità dei servizi sanitari e socio-sanitari.
La Consulta Regionale è composta da rappresentanti di associazioni portatrici di interessi
diffusi, di associazioni di volontariato e/o di tutela dei diritti dei malati nonché, da
rappresentanti dei collegi e degli ordini professionali, delle associazioni del settore socio-
sanitario, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di categoria del settore
sanitario maggiormente rappresentate.
Il Comitato consultivo aziendale è istituito all’interno di ogni Azienda del servizio sanitario
regionale, senza alcun onere aggiuntivo a carico del S.S.N. e del bilancio regionale.
Trattasi, di un comitato consultivo composto da utenti e operatori dei servizi sanitari e
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socio-sanitari nell’ambito territoriale di riferimento; il Comitato consultivo esprime pareri
non vincolanti e formula proposte al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria in ordine
agli atti di programmazione della stessa, all’elaborazione dei Piani di educazione
sanitaria, alla verifica della funzionalità dei servizi aziendali nonché, alla loro rispondenza
alle finalità del Servizio sanitario regionale e agli obiettivi previsti dal Piano sanitario
nazionale e regionale, redigendo ogni anno una relazione sulla funzionalità dell’Azienda.
Il Comitato formula altresì proposte su campagne di informazione sui diritti degli utenti,
sull’attività di prevenzione ed educazione alla salute, sui requisiti e i criteri di accesso ai
servizi sanitari e sulle modalità di erogazione dei servizi medesimi. Collabora con l’Ufficio
relazioni con il pubblico (URP) presente in ogni azienda per rilevare il livello di
soddisfazione dell’utente rispetto ai servizi sanitari e per verificare sistematicamente i
reclami inoltrati dai cittadini.
L’assessore con apposito decreto, disciplina le modalità di costituzione, funzionamento,
organizzazione, attribuzione dei compiti, articolazioni e composizione dei Comitati
consultivi aziendali.
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3. Il ruolo della cooperazione sociale nei percorsi di assistenza e cura Mario Monge Presidente Consorzio Sol.Co. Roma
Finalità generale della cooperazione sociale è il benessere dei cittadini con particolare
riguardo a quelli più svantaggiati, siano essi minori, disabili, anziani, ammalati o soggetti
non autosufficienti.
Tre sono le opzioni fondamentali, per una scelta fondante comune per la gestione di
servizi dedicati ai soggetti fragili:
1) il territorio;
2) l’integrazione socio-sanitaria e la continuità assistenziale;
3) l’orientamento verso l’innovazione e la sperimentazione di servizi socio-sanitari.
1) Il territorio:
In molti campi dell’intervento sociale l’innovazione della cooperazione sociale, è
consistita nell’avvicinare il disagio al territorio: dagli istituti per minori e disabili alle
comunità alloggio, dagli interventi residenziali al sostegno alle famiglie, al lavoro sul
territorio. Il territorio è dunque il luogo della presa in carico comunitaria del problema,
valorizzato e responsabilizzato, sollecitato e chiamato in causa per contribuire alla
soluzione. Questa formula, che si è rivelata vincente nel settore socio assistenziale, è oggi
proposta in quello della tutela della salute.
La maturità raggiunta consente oggi, di mettere le specificità della cooperazione sociale
a disposizione di una strategia di tutela della salute che da tempo aspira ad avvicinare la
sanità al territorio e ai bisogni del cittadino.
2) Il contesto della continuità assistenziale
La richiesta di continuità dell’assistenza da parte dei cittadini nell’arco delle 24 ore, sette
giorni su sette, rappresenta una priorità assoluta. Il rapporto di fiducia tra cittadini e S.S.N.
si basa essenzialmente sulla capacità di esserci e di esserci nel modo giusto, quando
serve.
In altre parole il nostro obiettivo è quello di costruire e garantire un’offerta adeguata di
assistenza sul territorio, il più vicino possibile al domicilio e in grado di rispondere ai nuovi
bisogni di assistenza: un vero e proprio secondo pilastro della sanità pubblica da
affiancare all’ospedale.
Gli obiettivi della continuità assistenziale sono:
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- migliorare il livello di appropriatezza degli intereventi sanitari e assistenziali, con
conseguente riduzione delle liste di attesa;
- favorire l’accessibilità ai servizi da parte dei cittadini, attraverso la realizzazione di
un sistema intergrato domiciliare, semiresidenziale e residenziale in grado di
affrontare le differenti necessità del paziente;
- ridurre il ricorso improprio all’ospedalizzazione ritardando l’istituzionalizzazione,
generare una diminuzione del numero e dei tempi di ricovero;
- ridurre le liste di attesa per indagini e consulenze e gli accessi impropri al Pronto
soccorso, aumentando il numero di presa in carico di persone disabili, con
patologie cronico-degenerative, anziani e deospedalizzati, affinché possano
usufruire dell’assistenza domiciliare integrata;
- introdurre ad ampio raggio (dalla prevenzione all’eeducazione, dalla salute ai
presidi post-ospedalizzazione), servizi sanitari in grado di sviluppare specifiche
esperienze di relazionalità nella cura;
- permettere un’allocazione delle risorse economiche e tecnologiche appropriata;
introdurre indicatori e standards nell’assistenza territoriale a seconda del profilo del
paziente emergente dalle schede multimensionali;
- valorizzare il ruolo del personale impegnato nei servizi del territorio con l’attuazione
di percorsi per l’integrazione socio-sanitaria basati sulla messa in rete di attori diversi
del settore sociale e sanitario ed attraverso la creazione di un percorso assistenziale
unificato;
- creare un raccordo tra territorio ed ospedale finalizzato all’individuazione di buone
prassi diagnostiche e terapeutiche;
- facilitare la realizzazione di un rete assistenziale territoriale strutturata, flessibile e
consona alle esigenze della persona, che preveda il coinvolgimento delle figure
professionali mediche, paramediche e sociali (Rete Assistenziale Distrettuale);
- promuovere progetti di continuità assistenziale intergrati tra Aziende sanitarie, Enti
Locali competenti per territorio, medici di medicina generale, consorzi e
cooperative sociali e associazionismo di rappresentanza nella gestione delle risorse
territoriali.
In un sistema di continuità assistenziale come quello descritto, la cooperativa sociale si
candida ai seguenti interventi in accordi con i MMG:
- offrire le necessarie prestazioni infermieristiche, di fisioterapia e di assistenza domiciliare;
- consegnare a domicilio i farmaci e verificarne la corretta somministrazione;
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- supportare il nucleo familiare sia da un punto di vista psicologico, sai da un punto di vista
della formazione relativamente alle cure da somministrare al paziente e, all’utilizzo dei
presidi sanitari necessari;
- registrare e rendere disponibili al medico determinati parametri sull’andamento della
patologia.
La cooperativa sociale potrebbe inoltre svolgere le seguenti funzioni: mantenere i rapporti
con gli altri servizi (ad es. i servizi socio-assistenziali comunali o circoscrizionali), essere
reperibile su chiamata, per eventuali consulenze telefoniche o semplice necessità di
ascolto; accompagnare se necessario il paziente o svolgere domiciliarmene, ove
possibile, le analisi prescritte dal medico di medicina generale, supportare infine, la
famiglia negli aspetti burocratici relativi al rapporto con il sistema sanitario.
L’evoluzione del distretto, la rinnovata figura del medico di famiglia e di quello
ambulatoriale, il ruolo forte delle professioni sanitarie e sociali, può portare alla definizione
di un nuovo progetto di medicina del territorio attraverso la promozione delle Unità
Complesse di Cure Primarie (UCCP.)
L’UCCP potrebbe diventare una struttura polivalente e funzionale in grado di erogare
materialmente l’insieme delle cure primarie, e garantire la continuità assistenziale con
l’ospedale e le attività di prevenzione. Nell’UCCP lavorano insieme il personale del
Distretto tecnico-amministrativo, infermieristico, della riabilitazione, dell’intervento sociale, i
medici di base con il loro studio associato, gli specialisti ambulatoriali. L’UCCP è dunque
un insieme complesso di attività organizzate in aree specifiche di intervento
profondamente ingrate fra loro, in cui si realizza la presa in carico del cittadino per tutte le
attività socio-sanitarie che lo riguardano.
Nelle UCCP si persegue la prevenzione primaria, secondaria e terziaria, l’educazione
sanitaria e le correte pratiche di autogestione delle malattie croniche, si attiva
un’assistenza domiciliare delle cure a forte integrazione multidisciplinare, ed infine si
istituzionalizza la partecipazione dei cittadini attraverso procedure certe, codificate e
periodicamente verificate.
Nell’UCCP, dunque, dovranno potere essere effettuati tutti gli accertamenti diagnostico-
strumentali di base sette giorni su sette per almeno 12 ore al giorno.
3) Orientamento verso l’innovazione e la sperimentazione dei servizi socio-sanitari
E’ possibile quindi pensare all’operare sinergico della cooperazione sociale con la
medicina generale finalizzato al miglioramento della qualità di vita delle persone
residenti, in particolare quelle in stato di non autosufficienza, temporanea o definitiva,
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parziale o totale e, che necessitano di assistenza complessa; aumentare l’efficienza della
rete territoriale dei servizi socio-assistenziali.
Una proposta come quella qui formulata, richiede però un impegnativo cambiamento
culturale da parte di tutti i soggetti coinvolti: cooperative sociali, medici di medicina
generale, aziende sanitarie.
A quale possibile modello ispirarsi allora? Le cooperative sociali debbono attestarsi sugli
standard organizzativi e professionali richiesti dall’attuale sistema sanitario, i medici di
medicina generale devono percepire la cooperazione sociale come un soggetto utile ed
importante per la realizzazione di progetti di continuità assistenziale sanitaria; le aziende
sanitarie infine devono sostenere il modello organizzativo centrato sul trattamento
domiciliare e territoriale, considerandolo parte integrante e fondamentale della
produzione della salute e non intervento residuale e di “serie b”.
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4. Verso l’integrazione socio-sanitaria in Sicilia Dott.ssa Lucia Borsellino Dirigente Ufficio Speciale per l’integrazione socio-sanitaria Regione Siciliana La necessità di un approccio nuovo nella programmazione e nell’erogazione dei servizi a
valenza socio-sanitaria – già enunciata nel Piano Sanitario Nazionale – viene riconosciuta,
in primo luogo dalla legge 8 novembre 2000 n° 328 e, successivamente, inserita nel Piano
sociale nazionale
Il DPCM 14 febbraio 2001 rappresenta l’Atto di indirizzo e coordinamento in materia di
prestazioni socio-sanitarie e viene promosso dal Ministro della Sanità di concerto con il
Ministro della Solidarietà Sociale.
In quest’Atto si distinguono le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale (di competenza
sanitaria) dalle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria (di competenza degli enti locali) e
dalle prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria (di competenza
sanitaria). Si rimanda alle Regioni l’emanazione di atti specifici di integrazione.
Le linee – guida regionali per l’attuazione della legge 328, emanate con Atto
amministrativo del Presidente della Regione il 4 novembre 2002, richiamano la necessità di
comuni previsioni fra Piano sociale e Piano sanitario e rimandano all’istituzione del
Coordinamento permanente tra gli Assessorati Regionali Enti Locali (ora Famiglia) e
Sanità, attraverso la sottoscrizione di un Protocollo d’intesa che garantisca comuni
programmi e comuni strategie operative. Tale coordinamento è stato istituito in data 9
aprile 2003.
La definizione di procedure comuni è demandata ad un organismo tecnico, istituito
come “Tavolo tecnico per l’integrazione dei servizi socio-sanitari” con DA n° 2616 del 9
ottobre 2003, nonché alla cabina di regia istituita presso l’Assessorato alla Famiglia con
apposito Decreto, pubblicato sulla GURS 8/11/2002.
Le medesime linee-guida prevedono che, a livello provinciale si costituiscano appositi
Comitati di garanzia, a cui partecipano i Direttori generali della ASL e gli Assessori
provinciali alle politiche sociali.
Il Vademecum operativo per l’elaborazione dei Piani di zona evidenzia gli indirizzi per
l’elaborazione di programmi innovativi, cui ha destinato un 17% delle risorse del Fondo
sociale, e, fra questi, la realizzazione di programmi che garantiscano l’integrazione socio-
sanitaria
17
Inoltre, la Regione Siciliana ha adottato atti amministrativi per trattenere a sé una riserva
pari al 6% dello stesso Fondo per programmi a valenza regionale o per progetti ulteriori
proposti da Enti locali, ASL o Enti del 3° Settore.
L’emanazione della L.R. 28 aprile 2003 n° 6, con la quale si è istituito l’Assessorato alla
Famiglia alle politiche sociali ed al lavoro, esplicita la competenza di quest’ultimo sulle
materie di natura socio-assistenziale (L.R. 22/86) e sulle materie sociali a rilevanza sanitaria
(DPCM 14/2/2001 art. 3 co. 2)
In tal senso, dunque, l’emanazione della legge, richiamando espressamente il contenuto
del DPCM citato, non propone novità in tema di competenze rispetto a quanto già
sancito da precedenti leggi o decreti, ribadendo che:
Sono di competenza dell’Assessorato alla Famiglia alle politiche sociali ed agli enti
locali le materie di natura socio-assistenziale (L.R. 22/86) e le materie sociali a
rilevanza sanitaria (DPCM 14/2/2001 art. 3 co. 2)
Sono di competenza dell’Assessorato alla Sanità le prestazioni sanitarie a rilevanza
sociale le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria (D.lgs.
30/12/1992 n° 502 e successive modificazioni ed integrazioni)
La stessa legge rinvia ad un successivo DPRS (da emanarsi entro 60 giorni!) l’individuazione
di tali competenze dell’Assessorato alla Famiglia alle politiche sociali ed agli enti locali.
Il dibattito scaturito dalla norma, ai fini dell’emanazione del Decreto, ha spostato
l’attenzione dal tema dell’individuazione delle competenze al tema dell’attribuzione di
nuove e diverse competenze che certamente rientrano fra quelle sanitarie e che mal si
conciliano con quelle sopra attribuite all’Assessorato alla Famiglia, peraltro
concentrandosi su un ipotetico spostamento di risorse finanziarie da un ramo all’altro
dell’Amministrazione regionale.
Peraltro, se così fosse, sorgerebbe il dubbio sulla natura dell’atto da emanare, non
essendo certo che si tratti di un “semplice” decreto presidenziale.
La riflessione generale è che non vi sia una norma che espropri la Sanità di competenze
verso il Sociale, bensì tutte le norme richiamano a processi di integrazione di programmi e
risorse, affidati ad appositi organismi comuni.
La realizzazione di tali processi di integrazione potrebbe, oggi, divenire l’obiettivo centrale
dell’azione amministrativa della Giunta di Governo Regionale, che ha scelto di attivare un
Ufficio Speciale per l’integrazione socio-sanitaria nell’ambito del processo di
riorganizzazione delle strutture regionali, potendo avere un duplice esito:
1. la individuazione di un unico Luogo per la regia degli interventi socio- sanitari
18
2. la decisa azione di coordinamento istituzionale di tutti gli interventi a valenza socio-
sanitaria
Questa scelta di fondo, ovvero una “regia” di tutti i provvedimenti concernenti interventi
a valenza socio-sanitaria, sin dal livello della programmazione tecnica e finanziaria, dà
concreta attuazione al Coordinamento permanente tra gli Assessorati Regionali alle
Politiche sociali e Sanità, e garantendo comuni strategie operative a livello regionale che
hanno un sicuro riverbero positivo a livello Provinciale e Distrettuale, valorizzando il
territorio come ambito funzionale ottimale per attuare il sistema integrato dei servizi e
degli interventi sociali.
Si impone, peraltro, l’avvio di un processo di coordinamento reale delle politiche sociali
dei Comuni e dei loro Distretti socio-sanitari, da correlare ed integrare con l’attività svolta
dai Distretti delle Aziende Sanitarie.
L’attività di programmazione integrata e coordinata deve tendere alla semplificazione
dei procedimenti e all’unificazione dei centri di responsabilità, curando anche
l’orientamento e l’accompagnamento del cittadino destinatario, di per sè riconoscibile in
una condizione di svantaggio, verso la fruizione dei servizi che rientrano nel suo diritto,
secondo le proprie individuali esigenze;
All’integrazione socio-sanitaria è riconosciuto un ruolo strategico nella programmazione
ed organizzazione dei servizi alla persona.
Nell’ambito della programmazione regionale, il piano sociale e il piano sanitario
definiscono previsioni comuni per la rete dei servizi , per gli interventi socio-sanitari da
attuare sul territorio e per i livelli di assistenza integrata.
Grande spazio agli Strumenti per l’integrazione socio-sanitaria è dato nella recente L.R. 14
aprile 2009 N.5 recante Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale
Articolo 2 punto 4.
Il Servizio sanitario regionale, in funzione di rigorosi ed accertati criteri e fabbisogni
epidemiologici, promuove azioni volte a realizzare:
a) una qualificata integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari anche attraverso il
necessario trasferimento dell‟offerta sanitaria dall‟ospedale al territorio, nonché un
compiuto coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e
l‟ottimale distribuzione sul territorio dei medici specialisti, favorendo l‟instaurarsi di relazioni
funzionali fra operatori ospedalieri e territoriali al fine di ottimizzare il sistema della
continuità assistenziale nei processi di prevenzione, cura e riabilitazione
Articolo 12
6. Il distretto, in particolare, assicura la tutela della salute dei cittadini ed il governo del
19
rapporto tra domanda ed offerta di servizi sanitari e sociali, e garantisce l‟integrazione
socio-sanitaria.
7. Con decreto dell’Assessore regionale per la sanità d’intesa con l’Assessore regionale
per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, da emanarsi, sentita la
competente Commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana, entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono fissati gli indirizzi operativi
finalizzati ad assicurare le opportune integrazioni fra servizi sanitari e servizi sociali con
specifico riferimento agli interventi in favore di portatori di handicap, anziani, minori,
famiglie e delle altre fasce deboli della popolazione.
8. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la
competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, l'Assessore
regionale per la sanità emana le linee guida di riorganizzazione dell'attività territoriale
prevedendo l'istituzione dei Presidi territoriali di assistenza (P.T.A.) costituenti il punto di
accesso alla rete territoriale, anche attraverso il Centro unico di prenotazione (C.U.P.), al
fine di garantire in modo capillare l'erogazione di prestazioni in materia di:
a) cure primarie (accoglienza, servizi sanitari di base e specialistici);
b) servizi socio-sanitari integrati con le prestazioni sociali, con funzioni di presa in carico,
valutazione multidisciplinare e formulazione del piano personalizzato di assistenza,
attraverso l'integrazione professionale di operatori appartenenti alle Aziende sanitarie
provinciali e ai comuni, a favore di persone e famiglie con bisogni complessi;
c) servizi a favore dei minori e delle famiglie con problemi socio-sanitari e sociali;
d) servizi di salute mentale (SERT).
9. All'interno delle cure primarie dovranno in particolare prevedersi:
a) le U.T.A.P. (Unità territoriali di assistenza primaria) con la funzione di continuità
assistenziale (assistenza notturna e/o a chiamata) e supporto alla lunga assistenza;
b) le cure domiciliari con diversa intensità;
c) le prestazioni di diagnostica specialistica, con ambulatori attrezzati anche per la
piccola chirurgia di emergenza;
d) le attività degenziali di bassa e media complessità clinica da realizzarsi anche
mediante la riduzione dei posti letto per acuti e la conversione in posti di Residenze
sanitarie assistenziali (R.S.A), cure riabilitative e presidi di lunga assistenza per patologie
croniche, nonché posti semiresidenziali da adibire a centri diurni.
Art. 17.Consulta regionale della sanità
1. E' istituita, presso l'Assessorato regionale della sanità, la Consulta regionale della sanità,
di durata triennale, composta da non oltre 40 componenti.
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2. La Consulta regionale della sanità svolge, senza oneri aggiuntivi a carico del Servizio
sanitario nazionale né del bilancio regionale, funzioni di consulenza su richiesta
dell'Assessore regionale per la sanità in ordine a questioni di rilevanza regionale e di
interesse diffuso per la collettività in relazione all'erogazione ed alla qualità dei servizi
sanitari e socio-sanitari.
3. La Consulta regionale della sanità è composta da rappresentanti di associazioni
portatrici di interessi diffusi, di associazioni di volontariato, di tutela dei diritti dei malati
nonché da rappresentanti dei collegi e degli ordini professionali, delle associazioni del
settore socio-sanitario, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di categoria del
settore sanitario maggiormente rappresentative.
4. Con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la
sanità, da adottarsi, previo parere della competente Commissione legislativa
dell'Assemblea regionale siciliana, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della
presente legge, sono disciplinate le modalità di individuazione dei componenti e di
funzionamento della Consulta.
Strumenti per l’integrazione socio-sanitaria
Art. 30 Minori affidati dall’autorità giudiziaria
1. I minori affidati per disposizione dell’autorità giudiziaria presso comunità-alloggio, case-
famiglia e famiglie ospitanti hanno priorità d’accesso alle prestazioni erogate dal Servizio
sanitario regionale, secondo il giudizio del medico curante e previa richiesta dello stesso.
2. Per i minori affidati alle case famiglia e comunità alloggio a seguito di provvedimenti
dei giudici del Tribunale dei minori non si applicano le misure del pagamento del ticket.
21
5. L’integrazione Socio-sanitaria nella legge 328/2000 Dott. Saverino Richiusa Funzionario Servizio “Coordinamento dei distretti e servizi socio sanitari (legge 328/00)” Assessorato della Famiglia, Politiche sociali e Lavoro della Regione Siciliana Decreto 26 Luglio 1982 (Enti Locali) Approvazione dello schema – tipo di regolamento per l’organizzazione, la gestione e il funzionamento dei servizi a favore degli anziani, di cui alla legge regionale 6 maggio 1981, n. 87. Servizi Socio-sanitari (obiettivi):
a. prevenire fattori di disagio sociale;
b. corretto accesso ai servizi;
c. integrazione e coordinamento fra i servizi sociali e sanitari, in specie a livello di
distretto:
d. favorire il coinvolgimento di cittadini e utenti nella programmazione e gestione dei
servizi.
La stesura di qualsivoglia programma d’intervento concreto ed adeguato richiede,
innanzitutto, l’individuazione delle fasce d’utenza, l’analisi dei bisogni e la rilevazione delle
risorse disponibili ed esistenti sul territorio.
L.R. 22/86 Art. 17 – “Interventi coordinati e intergrati”
… gli interventi socio-assistenziali sono coordinati con i servizi dell’unità sanitaria locale
prioritariamente a livello di distretto.
Art. 18 – “Comitato di coordinamento della gestione integrata dei servizi”
… i sindaci dei comuni facenti parte dell’associazione… Comitato dei Sindaci
L.328/00 Art. 19 – “Piano di zona”
I comuni associati, … a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità
sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, … per gli interventi sociali
e socio-sanitari, a definire il piano di zona…
DPRS 11/5/00 PIANO SANITARIO REGIONALE 2000-2002 1.3 – Gli enti locali e la funzione programmatoria
“Un ruolo centrale spetta alle comunità locali sia nell’espressione dei bisogni che nella
verifica dei risultati del Piano attuativo locale,…”
22
“… Uno degli elementi qualificanti ed innovativi… delle modifiche introdotte dal d. lgs.
229/99 è infatti il ruolo affidato agli enti locali in seno alla programmazione sanitaria e
socio sanitaria regionale e locale e la volontà di pervenire ad un’integrazione dei servizi
sanitari con i servizi sociali a livello di Distretto”
2.2.1 Il Distretto sanitario. Ambito territoriale, funzioni ed organizzazione.
Il Programma delle attività territoriali
b) determina le risorse per l’integrazione socio-sanitaria…”
“… previo parere dei comitati dei sindaci del Distretto, tale programma è proposto dal
Direttore di Distretto ed è approvato dal Direttore generale, d’intesa, limitatamente
all’attività socio sanitaria, con il comitato medesimo…”
2.2.4 – Integrazione socio-sanitaria
“…l’integrazione tra assistenza sanitaria e assistenza sociale: a) aggiunge valore
all’assistenza sanitaria poiché consente di migliorarne l’efficacia, di svilupparne la
continuità e di porre al centro del sistema sanitario il cittadino utente, in una visione
multimensionale del concetto di salute inteso come benessere fisico, psichico e sociale…”
“il Distretto, fermo restando le erogazioni dei livelli essenziali d’assistenza, opera per il
raggiungimento degli obiettivi prefissati nel presente Piano sanitario in relazione anche a
programmi definiti con i Comuni secondo modelli trasversali in cui confluiscono le diverse
professionalità…”
D.A. Sanità n. 1049/01 Linee guida organizzative del distretto sanitario - Alle sedute del Comitato dei Sindaci partecipano, senza diritto di voto, il direttore
generale o suo delegato e il direttore del Distretto;
- Il direttore del Distretto elabora con i sindaci dell’area distrettuale il programma dell’
attività territoriale;
- Il Distretto dovrà assicurare i servizi di assistenza domiciliare intergrata;
- Il Distretto costituisce centro di responsabilità e di autonomia gestionale ed economica;
- Il Distretto realizza l’integrazione fra i servizi sociali e quelli sanitari, contribuendo alla
stesura di accordi di programma e protocolli d’intesa fra Az. Sanitaria ed Enti Locali.
DPRS 4/11/02 Linee guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della regione siciliana Distretto Socio-Sanitario = Distretto Sanitario
23
Distrettuale: Il livello istituzionale è garantito dal Comitato dei Sindaci, il livello
d’integrazione è garantito dal Piano di Zona, il supporto Tecnico è rappresentato dal
Gruppo Piano;
Provinciale: Il livello istituzionale è garantito dalla Conferenza dei Sindaci, il livello di
d’integrazione è rappresentato dal Comitato di garanzia, il supporto tecnico è
rappresentato dalla Segreteria Tecnica;
Regionale: il livello istituzionale è rappresentato da Cabina di Regia, il livello di
integrazione è dato dal coordinamento socio-sanitario, il supporto tecnico è fornito
dall’Ufficio Piano.
Il Sociale Regionale Anno 2000: - Legge 328/00; Distretto socio-sanitario; Piano di Zona; Relazione Sociale.
Anno 2002: - Linee guida regionali; Indice ragionato;
Anno 2003: - Linee guida SIRIS
Anno 2005: - Realizzazione SIRIS; Sistema di classificazione dei servizi e dei travet; glossario
delle politiche sociali;
Anno 2006: chiusura istituti per minori
Anno 2007: riequilibrio PdZ; Premialità;
Anno 2008: riequilibrio delle strutture per minori; Indagine spesa sociale;
Anno 2009: QSN 2007-2013 – Obiettivi di Servizio; ADI; Nomenclatore nazionale delle
politiche sociali; Programma PdZ 2010-2012; nuovo Indice Ragionato; Piano di zona
Intergrati; Piano di Zona e SIRIS; Monitoraggio SIRIS; premialità; Indicatori relazione sociale;
Libro dei sogni.
Anno 2010: Rapporto monitoraggio Piani di Zona
Il Sanitario Regionale L.R. 14 aprile 2009 N.5 Norme per il riordino del Servizio sanitario regionale Art. 2 – Principi Comma 3:
Il servizio sanitario regionale:
f) rende effettiva l’integrazione socio-sanitaria, ai sensi della legge 8 novembre 2000 n. 328
e dell’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001.
Il nuovo Distretto Sanitario:
Art. 12, c. 2, della L.R. 5/2009
24
“...in ogni caso i nuovi distretti sanitari devono coincidere con gli ambiti territoriali dei
distretti socio-sanitari“.
Art. 12, c. 6, della L.R. 5/2009
Il Distretto, in particolare, assicura la tutela della salute dei cittadini ed il governo del
rapporto tra domanda ed offerta di servizi sanitari e sociali, e garantisce l’integrazione
socio-sanitaria.
Art. 12, c. 7 della L.R. 5/2009
Con decreto dell’Assessore regionale per la sanità d’intesa con l’Assessore regionale per
la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali, da emanarsi, sentita la competente
Commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana, entro centoventi giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, sono fissati gli indirizzi operativi finalizzati ad
assicurare le opportune integrazioni fra servizi sanitarie e servizi sociali con specifico
riferimento agli interventi in favore di portatori di handicap, anziani, minori, famiglie e delle
altre fasce deboli.
Nel 2008 la “Commissione sui Determinanti Sociali della Salute” ha presentato al Direttore
Generale dell’OMS i risultati di tre anni di lavoro contenuti nel volume “Ridurre il divario in
una generazione: equità nella salute attraverso azioni sui Determinanti sociali della
Salute”. Accreditati studi internazionali hanno effettuato una stima quantitativa
dell’impatto di alcuni fattori sulla longevità delle comunità, utilizzata come indicatore
indiretto della salute. Sono emersi i seguenti dati: i fattori socio-economici rappresentano
circa il 40-50%, lo stato e le condizioni dell’ambiente il 20 – 33 %, l’eredità genetica 20 -30%
ed infine, i servizi sanitari li determinano per il 10-15%
Ad esempio, è stato dimostrato che una ragazza in Lesotho ha un’aspettativa di vita di 42
anni inferiore rispetto ad una ragazza nata in Giappone. Un maschio nato in un quartiere
povere di Glasgow (Scozia) ha un’aspettativa di vita di 54 anni, mentre un individuo nato
in un quartiere ricco ne ha una di 82 anni.
L’integrazione socio-sanitaria è dunque necessaria, o è semplice utopia?
Mi piace rispondere a questa provocazione con questa citazione: “Lei è all’orizzonte. Mi
avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si
sposta dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve
l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare”. (Eduardo Galeano)
25
6. L’organizzazione dei servizi territoriali nel sistema sanitario regionale Giuseppe Noto Dirigente SERVIZIO 8 “Programmazione territoriale ed integrazione socio-sanitaria” Assessorato della Sanità della Regione Siciliana L’intervento di oggi è finalizzato a dare evidenza alle linee fondamentali che l’Assessorato
Regionale della Salute sta sviluppando in ambito territoriale per quanto riguarda
l’integrazione tra sociale e sanitario nello scenario di riorganizzazione del territorio
delineato dalla L.R. 5/2009 di riordino del S.S.R. e dalle “Linee Guida sulla riorganizzazione
dell’attività territoriale”, di cui all’art.12 c.8 della citata L.R. 5/2009 (D.A. 723 del
10/03/2010).
I punti salienti delle citate Linee Guida sono quelli relativi alla rivisitazione critica delle
strutture territoriali e dei loro assetti organizzativi ed operativi, anche alla luce della “nuova
epidemia”, come l’OMS definisce le patologie croniche che, per i loro costi economici e
di salute, rappresentano una vera sfida per i sistemi assistenziali mondiali.
La riorganizzazione del territorio nel nuovo assetto del sistema assistenziale siciliano si basa
sui seguenti elementi:
Costituzione dei PTA-Presidi Territoriali di Assistenza, che rappresentano una nuova
formula di struttura territoriale nella quale aggregare fisicamente o funzionalmente,
a seconda delle necessità e delle potenzialità dei contesti locali, i diversi servizi
distrettuali ;
Punto Unico di Accesso presso i PTA-Presidi Territoriali di Assistenza che include al
proprio interno anche uno specifico “Sportello dei pazienti cronici”, la cui funzione
fondamentale, oltre all’informazione e all’accoglienza, è la prenotazione
differenziata e “coordinata” (unico accesso per pazienti che devono eseguire più
di una prestazione) e, i “percorsi facilitati” (raccordo tra specialisti, integrazione
con infermieri, assistenti sociali ed altri attori assistenziali, soluzione di problematiche
amministrative);
In seno al Punto Unico di Accesso è allocato anche lo Sportello di accesso alle
Cure Domiciliari, che prospetticamente si collegherà ai servizi sociali dei Comuni
nell’ambito dei programmi della L. 328/2000 d’integrazione socio-sanitaria;
Gestione Integrata tra Medici di Medicina Generale (MMG), Pediatri di Libera
Scelta (PLS) e Specialisti, Infermieri, Assistenti sociali e altre componenti dei
Poliambulatori distrettuali: la gestione integrata, gli ambulatori “dedicati” a specifici
target di pazienti con patologia cronica (scompenso cardiaco, diabete mellito,
26
etc.) e gli ambulatori infermieristici (che eroghino prestazioni sanitarie ma anche
educative a pazienti singoli o a gruppi ed ai caregiver familiari), sono gli strumenti
innovativi fondamentali per una gestione delle patologie croniche efficace,
efficiente e “centrata sul paziente”,
Referente ospedaliero per le “dimissioni facilitate”: nei presidi ospedalieri dovrà
essere attivato un “UFFICIO TERRITORIALE” con un Referente (infermiere o assistente
sociale) collegato al PTA ed allo Sportello di Accesso Unico alle cure ivi allocato. Il
Referente dell’Ufficio Territoriale si inquadra come un case-manager territoriale
allocato presso i presidi ospedalieri per “agganciare” il paziente cronico (Diabete
mellito e Scompenso cardiaco in primis), ed il paziente post-acuzie con patologia
severa (Infarto Miocardico, Ictus, etc.) alle rete territoriale prima della sua
dimissione. Si tratta quindi, di una figura che affianchi il già esistente Referente per
le “dimissioni protette” (riservate ai pazienti non autosufficienti) ma, con una
specifica funzione di collegamento con lo Sportello unico del PTA e più in generale
con i servizi del distretto per facilitare i percorsi post-dimissione dei pazienti cronici o
post-acuti con patologia severa, anche quelli dimessi in condizione di piena
autosufficienza.
Una grande area di investimento del nuovo corso della sanità siciliana sarà quella
dell’empowerment del paziente, area nella quale la leva educazionale e l’autogestione
(self management) risultano fondamentali, oltre che per migliorare la qualità di vita dei
pazienti, anche per generare importanti risultati di economicità (riduzione dei ricoveri e,
più in generale, dell’uso dei servizi). In tale area può giocare un ruolo molto importante
anche il volontariato ed il privato sociale, ma per far ciò questi dovranno arricchire le
proprie competenze specifiche in tale settore, in modo da divenire partner esperti e
affidabili del sistema pubblico. Il Chronic Care Model (R: Wagner), che in campo
internazionale è il modello di riferimento più consolidato per la gestione delle patologie
croniche, ed al quale si rimanda per eventuali approfondimenti, pone nel giusto risalto il
ruolo delle risorse comunitarie.
Per uscire fuori dalla genericità e dalle mere dichiarazioni di principio, le aziende sanitarie
devono però investire nei cambiamenti culturali e professionali, ma anche strutturali,
organizzativi ed operativi, che sono necessari per fare fronte alle patologie croniche già
nel prossimo futuro. Questo significa superare la logica dei progetti occasionali e
proiettarsi verso una logica “di sistema”. Lo sviluppo del tema dell’umanizzazione o delle
cosiddette clinical humanities impone, infatti, una serie di scelte, dato che è tutto il
sistema a doversi mettere in discussione ed a riorientarsi.
27
Bisogna, innanzitutto, usare gli strumenti già disponibili, evitando che i tanti “piani”
aziendali siano soltanto strumenti di mera “esibizione” di principi e di intenti: un “piano” è il
punto d’arrivo di un processo interno all’organizzazione, uno strumento da interiorizzare,
ed allo stesso tempo deve essere un punto di partenza di azioni coerenti e conseguenti
con le strategie dichiarate. Usualmente si scrivono tanti piani (siamo in piena epoca del
“copia-incolla”), ma poi questi difficilmente si traducono in azioni e risultati. In ambito
socio-sanitario, nello specifico, la mancanza di una serie di strumenti, previsti ma non
utilizzati, come il PAL - Piano Attuativo Locale - ed il PAT - Piano delle Attività Territoriali -,
rappresentano uno dei motivi di profonda debolezza dell’integrazione socio-sanitaria
nella nostra regione.
Ma purtroppo nel nostro sistema e nella nostra cultura professionale non viene dato il
giusto rilievo alla valutazione. Occorre, invece, che si affermino pienamente le logiche di
“accountability” (verificabilità intesa come “rendere conto” dei risultati raggiunti e delle
risorse utilizzate), in base alle quali ognuno deve assumere responsabilità (che devono
essere chiare ed esplicite!) e devono documentare i risultati.
Il territorio è debole e meno “visibile” rispetto all’ospedale anche per la scarsa evidenza
dei risultati, per il basso sforzo che gli stessi professionisti hanno destinato
all’approfondimento ed all’affermazione dei sistemi di verifica e di valutazione. E’ anche
in ragione di questa carenza, che il territorio è spesso penalizzato quando cominciano a
scarseggiare le risorse e prevalgono purtroppo, processi di “razionamento” generalizzato
invece dei sani, necessari ed auspicabili processi di “razionalizzazione”.
Per poter valutare però, è necessario l’affermarsi dei “Percorsi Assistenziali” come metodo
che permette di rivisitare criticamente le performance di tutti gli attori dell’assistenza, di
individuare le criticità dei vari processi assistenziali, di utilizzare indicatori di verifica (di
processo e di esito) distribuiti lungo l’iter assistenziale del paziente e di mettere a
confronto, in una sana prospettiva di benchmarking, i diversi contesti e i contributi dei
differenti professionisti.
Questo lento processo innovativo ha anche bisogno di formazione, ma pure questa si
rivela spesso una leva debole perché sganciata dal “mondo reale”, da ciò che gli
operatori effettivamente fanno. Bisogna superare la logica dei “corsifici”, che al più
servono ad acculturare ma non riescono a generare effettivamente processi di
cambiamento nei contesti. La formazione deve essere prevalentemente on the job, deve
cioè, accompagnare i “piani” aziendali, deve generare “apprendimento organizzativo” e
non soltanto mero apprendimento contenutistico personale.
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Un altro elemento importante per l’innovazione dei sistemi organizzativi è quello di
“mettere le persone giuste al posto giusto”. Bisogna, in altri termini, che vi sia un’effettiva
valorizzazione delle competenze e delle expertise, in particolare nella scelta e nel
posizionamento dei dirigenti. Si parla tanto di knowledge management, di processi
decisionali basati sulla conoscenza, ma la “conoscenza” non sempre, purtroppo, è tenuta
in considerazione, in particolare nella scelta delle funzioni gerarchiche. Col processo di
aziendalizzazione in sanità i dirigenti hanno acquisito funzioni e responsabilità complesse,
anche di tipo gestionale, ed un dirigente poco competente genererà certamente danni
a cascata all’interno di tutto il tessuto dell’organizzazione.
Un altro elemento di riflessione è, infine, la tendenza all’autoreferenzialità, tendenza molto
diffusa e certamente non estranea neanche al mondo del volontariato.
L’autoreferenzialità è un elemento fisiologico degli operatori, che tendono a vedere ed a
riprodurre sé stessi ed il proprio punto di vista come “centro” del sistema, ma essa può
spesso divenire patologica quando, talvolta anche inconsciamente, tendono a prevalere
i propri bisogni (di affermazione, di visibilità) a scapito delle altre componenti dei sistemi
complessi di cui facciamo parte.
Bisogna lavorare molto su questo, evitando di conformarci al sistema ed affermando
trasgressivamente nuovi modelli di pensiero e di comportamento, senza i quali anche noi,
al di là di quello che affermiamo, diveniamo funzionali allo status quo di cui tanto ci
lamentiamo.
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7. Il Piano Triennale per le persone con disabilità Rosario Fiolo Presidente AIFI Sicilia Il Piano triennale a favore delle Persone con disabilità è un Decreto del Presidente della
Regione Siciliana del 2 gennaio 2006 che è stato pubblicato sulla GURS n. 4 del 27.01.2006.
Il Piano obbedisce a quei principi di “pari opportunità”, “diritto di cittadinanza” e “non
discriminazione”, principi inalienabili per il rispetto e l’affermazione della persona umana.
Il Piano analizza i problemi, definisce gli obiettivi, inquadra il contesto, indica gli strumenti e
le modalità con cui risolvere i bisogni delle persone con disabilità.
I cittadini con disabilità della Regione siciliana, qualora il Piano fosse stato seguito alla
lettera, avrebbero avuto applicato quanto previsto dall’articolo 14 della legge n.
328/2000 e si sarebbe realizzata effettivamente la “presa in carico globale”.
Ma questo non è avvenuto e per affermare i propri diritti, le persone con disabilità devono
fare ricorso alla giustizia. E questa almeno, gli da ragione, com’è successo a Catania
dove il Tribunale Amministrativo Regionale ha riconosciuto l’illegittimità del "silenzio
inadempimento" tenuto dal sindaco di Catania per non aver espresso alcun
provvedimento entro i termini di legge (30 giorni), alla richiesta di un Progetto individuale
di vita di una persona con disabilità che più volte aveva sollecitato l’amministrazione
comunale.
Durante il dibattito apertosi nel corso del seminario è emersa una domanda: a cosa
servono i piani?
Questa domanda viene fuori dall’evidenza che in Sicilia, la pianificazione viene fatta non
per risolvere i bisogni delle persone ma fine a se stessa, con il mero obiettivo di
ottemperare ad un compito tecnico-politico; l’amministrazione cioè, dopo aver
progettato e pianificato, ritiene di avere risolto tutti i problemi e si può vantare di aver
adempiuto al proprio dovere istituzionale. Ma non è così, infatti, se a un piano non
seguono tutte le azioni operative per renderlo concreto e fattibile nel territorio, rimane
uno strumento sterile e fine a sé stesso.
Così è, per il Piano triennale per le politiche a favore delle persone con disabilità in Sicilia:
buona la progettualità in ordine alla pianificazione, in grado di presentare un'analisi
dettagliata della realtà; condivisibili i principi ispiratori che sono quelli del Modello
Biopsicosociale che nasce dal’ICF, dettagliata la definizione degli obiettivi e degli
strumenti per la risoluzione del bisogno, opportuno il richiamo alle leggi in materia di
disabilità sia sul piano regionale (Legge Regionale 18 aprile 1981, n. 68, “Istituzione,
30
organizzazione e gestione dei servizi per i soggetti portatori di handicap” - Legge
Regionale 28 marzo 1986, n. 16, “Piano di interventi in favore dei soggetti portatori di
handicap ai sensi della L.R. n. 68 del 18/04/81 Legge Regionale 9 maggio 1986, n. 22,
“Riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali in Sicilia”) che su quello nazionale
(legge n. 104/92, Linee Guida della Riabilitazione del 1998, etc.). Tuttavia, nonostante la
validità dei contenuti e degli obiettivi espressi, la finalità del Piano è rimasta “lettera
morta”, non è stato raggiunto cioè l’obiettivo per cui il Piano era stato emanato,
“realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all’articolo 3 della legge 5
febbraio 1992, n. 104, nell’ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi
dell’istruzione scolastica o professionale e del lavoro”.
Per concretizzare ciò “i comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali
predispongono, su richiesta dell’interessato, un progetto individuale secondo quanto
stabilito al comma 2”. Tale comma precisa che “il progetto individuale comprende, oltre
alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico
del Servizio Sanitario Nazionale, i servizi alla persona cui provvede il comune in forma
diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all’integrazione sociale,
nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà,
emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità
e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare”.
Quanto sopra definito, diventa il principio ispiratore del Piano triennale che recita che “La
Regione siciliana intende garantire una reale e completa attuazione del diritto di
cittadinanza delle persone con disabilità, nell'ambito del sistema di riforma delle attività e
dei servizi socio-sanitari”.
E il Piano triennale stabilisce come garantire il diritto di cittadinanza alle persone con
disabilità esplicitando che “La centralità del ruolo del cittadino e della famiglia rispetto al
sistema di rete dei servizi socio-sanitari territoriali, presuppone un progressivo rafforzamento
nei percorsi d’integrazione sociale, per rendere stabili e permanenti i livelli di
partecipazione e di condivisione, nel campo dei saperi, delle competenze e delle
responsabilità”. Specifica inoltre, che il cittadino e la sua famiglia, “sono il sostegno e il
consolidamento del processo d’integrazione, nell'ambito di un sistema definito a
rappresentare nel quadro dello sviluppo sociale sostenibile, i livelli di applicabilità di un
programma globale di contrasto ad ogni forma di esclusione e di discriminazione. E nei
percorsi dedicati all'affermazione di questo principio universale la, “presa in carico” viene
definita come uno dei momenti fondamentali per l'impostazione e il mantenimento del
rapporto persona/famiglia/sistema dei servizi/contesto sociale”.
31
Il Piano Triennale per le persone con disabilità, non è un’enunciazione di principi ma vuole
realizzare una concreta pianificazione per il superamento della disabilità; tant’è vero, che
non solo definisce come superare la disabilità (attuare la presa in carico ed elaborare la
stesura del Piano individuale per il superamento della stessa) ma individua, chi ha il
compito di realizzare ciò. Tale servizio, è l’Unità di Valutazione della Disabilità (U.V.D.) alla
quale la persona con disabilità direttamente o attraverso una richiesta del proprio nucleo
familiare, può presentare istanze ed ottenere risposte, in merito all'accoglienza, dei propri
bisogni individuali, attraverso l’attivazione di servizi di orientamento alla persona e un
progetto globale di presa in carico dedicato alla persona.
Il Piano quindi realizza interventi di:
• ACCOGLIENZA
• CENTRALITA’ DELLA PERSONA CON DISABILITA’ E DELLA SUA FAMIGLIA
• SUPPORTO
• PIANIFICAZIONE E GOVERNO COORDINATO DEGLI INTERVENTI
O meglio, il piano dovrebbe realizzare quanto sopra e ciò farebbe superare così come
afferma Salvatore Crispi, Responsabile del Coordinamento H, “la dicotomia esistente in
Sicilia tra le buone norme emanate e la carenza e l’inadeguatezza dei Servizi nel
territorio”; ma, soprattutto, la possibilità di dare risposte concrete ai cittadini con gravi
problemi.
32
8. Esperienze per l’integrazione socio-sanitaria 8.1.“Telemaco Centro di prevenzione, consulenza e terapia per adolescenti e famiglie” Distretto socio-sanitario D. 42 Palermo Dott.ssa Concetta Noto Pedagogista dirigente ASP 6 Palermo Il “Centro di prevenzione, consulenza e terapia per adolescenti e famiglie – Telemaco” è
un Servizio del Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’ASP 6 di Palermo che si occupa
di genitorialità e tossicodipendenza con l’ausilio dell’ottica sistemico-relazionale e la
metodologia di rete. Quindi, Telemaco non potrebbe esistere come interventi e servizi se
non avesse la rete dei Servizi che lo sostiene. Suoi partners istituzionali sono il T.M. (grande
inviante con 42 casi attivi ad oggi), il Servizio Sociale Territoriale del Comune di Palermo,
tutti i Servizi dell’ASP 6, quindi le Neuropsichiatrie Infantili, il Servizio di Psicologia, i Ser.T.,
nonché coloro i quali in questi anni hanno collaborato con Telemaco per attivare percorsi
di uscita o di prevenzione dalla tossicodipendenza; la scuola, l’Ufficio del Servizio Sociale
per i Minori del Tribunale per i Minorenni; il privato sociale nella doppia veste di compagno
di viaggio e nella veste anche di interlocutore (le comunità alloggio, i gruppi di lavoro, le
ludoteche territoriali, i centri aggregativi, etc.), cioè tutti quanti ad ogni titolo hanno a che
fare con genitorialità e tossicodipendenza.
Telemaco si configura come un progetto di prevenzione del rischio psico-sociale e
organico cui vanno soggetti minori a rischio aventi nuclei familiari in cui uno o entrambi i
genitori sono affetti da tossicodipendenza. Questa è la caratteristica che ha fatto
nascere Telemaco come Servizio che si occupava di genitori tossicodipendenti attivi che
avessero figli minori, nella possibilità di mantenere all’interno del nucleo familiare i minori
senza procedimento di allontanamento: empowerment attraverso il counseling.
Questa caratteristica però nel corso degli anni è leggermente cambiata, in quanto ci
sono meno genitori tossicodipendenti attivi in carico, ma molti più genitori di adolescenti
che abbiano sviluppano varie dipendenze patologiche o, che abbiano in atto situazioni a
rischio tale da pensare che possano far nascere condizioni di dipendenza. Telemaco
interviene, quindi, sulle dinamiche relazionali genitori-figli o sui minori stessi che abbiano
sviluppato vissuti correlati a stati di dipendenza.
Funzioni del Servizio sono la prevenzione, la consulenza e la terapia per gli adolescenti e le
famiglie con la progettazione di interventi di rete e di counseling a sostegno della
genitorialità e l’attivazione di interventi mirati sul minore e il nucleo familiare; l’osservazione
33
psico-pedagogica e la valutazione con la diagnosi per l’orientamento terapeutico degli
adolescenti a rischio e dei nuclei familiari. Il lavoro, quindi, non è solo rivolto alla fascia
genitoriale o alla fascia familiare ma a tutta la rete di sostegno delle famiglie e dei servizi
che collaborano con la famiglia allo svincolo.
Formazione e prevenzione con progetti nelle scuole medie inferiori in quanto Telemaco si
caratterizza anche rispetto all’affiancare i colleghi dei Ser.T. che invece agiscono
all’interno dei C.I.C. delle scuole medie superiori. Si lavora con la fascia della prevenzione
più bassa, quindi con le scuole medie inferiori e le scuole che sono comprensorio (scuole
elementari). Si lavora con i genitori, con i professori e direttamente con gli allievi con
attività d’ampio respiro.
Counseling ai detenuti tossicodipendenti della casa circondariale Ucciardone per il
sostegno alla genitorialità, con particolare attenzione alla triade figlio-padre detenuto-
madre. È un progetto che tende a dare valore alla trasmissione dei valori dimenticati
dalla detenzione all’esterno. Quindi, ci si occupa dei nuclei familiari e dei detenuti
cercando di traslare quella che è l’esperienza che questi genitori hanno fatto nel corso
della detenzione e quali sono i messaggi che all’esterno, rispetto alla tossicodipendenza
ed alla missione genitoriale, vogliono che all’esterno arrivino.
Si lavora in équipe e la presa in carico avviene su mini-équipe pluriprofessionale che si
avvale anche di 2 medici psichiatri che danno un’organizzazione scientifica del progetto
sull’utente. Inoltre, il lavoro in èquipe e quindi le riunioni, non sono soltanto all’interno
dell’Azienda ma sono rivolte anche a tutti coloro i quali della rete fanno parte con la
metodologia già sancita nelle prassi e procedure standardizzate, grazie alla supervisione
clinica e metodologica fornita dal Centro Panta Rei di Milano.
L’équipe del Servizio è costituita da persone che negli anni si sono avvicendate: operatori
strutturati dell’ASP 6 (pedagogisti, psichiatri, psicologi, educatori, assistenti sociali) e
operatori della cooperativa sociale. Quest’ultimi rappresentano l’Azienda quasi quanto gli
strutturati perché hanno un altissimo livello di coscienza professionale e lavorano
costantemente in percorsi efficaci.
Nel corso del decennio di attività, la tipologia di casistica, prima prevalentemente legata
a “genitori tossicodipendenti” con sostanza di abuso primaria eroina, si è leggermente
spostata sulla cocaina e sulla cocaina con la traslazione sugli adolescenti ed i nuclei
familiari. Quindi, al momento il Servizio è più d’appoggio ai nuclei familiari con
adolescenti a rischio che non al classico tossicodipendente da strada con bambino
piccolo. Tale trasformazione è stata denotata anche dall’Assessorato Regionale alla
Sanità, tanto da volere Telemaco nell’ “Osservatorio Epidemiologico per la prevenzione
34
per le tossicodipendenze”, in quanto i dati di Telemaco sono dati che ai Ser.T. non
arrivano perché la tipologia di utenza è completamente diversa.
Nel corso del decennio di attività, Telemaco ha seguito in totale 452 casi, di cui in atto 104
sono attivi. Inoltre, nell’ultimo triennio di attività, il Servizio ha registrato un incremento
significativo di casi inviati e presi in carico pari al 36%.
In genere un caso rimane in carico per non più di 8-10 mesi con restituzione al
committente entro 1 anno in maniera tale che, così come previsto dal counseling, ci siano
i tempi di tenuta e chiusura dei casi.
Il Centro è stato annoverato tra le migliori prassi nazionali nell’ambito del Congresso
Nazionale sulle Dipendenze, tenutosi a Trieste nel maggio 2009; e ciò che sembra essere
significativo, al di là di una mera questione terminologica, è che il Progetto Telemaco
grazie alla prassi utilizzata e ai risultati raggiunti ha perso la connotazione temporale di
“Progetto” assumendo l’identità di “Servizio”. Gli esperti di settore sanno bene quanto la
continuità sia una variabile determinante per la qualità delle prestazioni socio-sanitarie e
per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Telemaco è stato inserito anche nella Banca Dati Nazionale della Rete Italiana Centri di
Documentazione per la Prevenzione e la Promozione della Salute, consultabile all’indirizzo
www.retepromozionesalute.it (La Banca Dati – Nuova Banca dati Nazionale).
L’ASP 6 di Palermo ha aderito, nel 2007, al progetto “Guadagnare salute in adolescenza:
ricognizione delle esperienze di prevenzione e promozione della salute in Italia”,
coordinato dal CEFPAS di Caltanissetta. Il progetto valutato dal CEFPAS è stato inserito
nella banca dati nazionale poiché conteneva particolari caratteristiche distintive:
impianto metodologico corretto, progetto interfattoriale, presenza di buone pratiche e
prove di efficacia. Telemaco, proprio per le buone prassi individuate dagli esperti del
CEFPAS e dal gruppo nazionale, coordinato dal DoRS, è stato inserito, nel 2008-2009
anche nel secondo progetto promosso dalla rete nazionale,” Sviluppo e consolidamento
della rete dei centri di documentazione per la prevenzione e la promozione della salute”.
In questa fase il CEFPAS insieme ai componenti della rete nazionale, ha effettuato
un’ulteriore scrematura e valutazione selezionando tutti i progetti nazionali contenenti le
best practice ed il progetto Telemaco insieme ad un altro progetto, per la Regione Sicilia,
area tematica dipendenze, è stato scelto tra 49 progetti siciliani.
Alla luce della scadenza del contratto con gli operatori della cooperativa sociale in
partenariato esterno, ricadente nei fondi L.N. 328/00 relativamente alla precedente
triennalità del Piano di Zona del DSS 42 Palermo, si ritiene che la prosecuzione del “Centro
di prevenzione, consulenza e terapia per adolescenti e famiglie - Telemaco, quindi
35
“Servizio di tipo Specialistico a Vertice Familiare” (fondo L.N. 328/00), rientri tra le priorità
sociali e sanitarie cui le Istituzioni, unitamente agli enti del non profit, sono chiamati a
rispondere, fermo restando che una chiusura del Servizio arrecherebbe danno a tutta la
comunità del territorio cittadino.
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8.2. I Servizi di riabilitazione ex art. 26 – ASP 6 Palermo Dott. Giuseppe Fiolo Cooperativa sociale CAPP - Agrigento La CAPP Cooperativa sociale è un’Impresa sociale, appartenente al settore ONLUS, che si
è costituita nel 1990.
La Cooperativa sociale CAPP opera prevalentemente nel territorio siciliano attraverso la
sede legale e operativa di Palermo e le sedi operative di Agrigento, Castellana (PA) e
Santa Ninfa (TP).
Dal gennaio 2001 la CAPP, opera in Convenzione con l’ASP di Palermo per l’erogazione di
n. 38 prestazioni domiciliari giornaliere nei distretti Sanitari di Palermo, Petralia e Cefalù. La
Cooperativa attraverso l’intervento domiciliare, eroga prestazioni dirette al recupero
funzionale, all’acquisizione di autonomia e all’integrazione sociale dei disabili, in possesso
della certificazione ai sensi della Legge n. 104/92 art. 3 comma 3. L’azione domiciliare è
dunque uno strumento terapeutico e non una tecnica di erogazione di prestazioni socio-
sanitarie poiché, mira all’uomo e alla necessità di pensare alla cura come un atto che
rispetti i bisogni complessivi fisici, psicologici e sociali.
Ogni azione-intervento erogata, è stabilita da un’ équipe interdisciplinare che sulla base
di un Progetto Individualizzato, agisce sulla situazione di disabilità coinvolgendo la
persona, la famiglia e la comunità in un’ ottica di rete.
L’équipe pluridisciplinare della Cooperativa è così costituita:
- il Direttore Sanitario, che ha la finalità-obiettivo di garantire la correttezza e la
trasparenza delle procedure attraverso una continua azione di controllo e monitoraggio
dell’attività svolta;
- il Direttore Professionale del Servizio di Riabilitazione, con competenze generali sulla
organizzazione e sulla verifica delle attività del servizio;
- il Medico Specialista, che interviene attraverso la valutazione medico-specialistica del
caso e la rilevazione dei parametri clinici utili alla riabilitazione nei due momenti di
accettazione, richiesta di proroga e/o dimissione. La visita specialistica rappresenta un
importante momento di verifica dell’evoluzione del quadro clinico del paziente in
funzione della valutazione d’équipe e dell’elaborazione del Progetto individuale di
struttura;
- il Terapista della Riabilitazione, che ha il compito specifico di elaborare il Programma
Riabilitativo. Il terapista pratica in modo autonomo il trattamento domiciliare per una
durata di 45-60 minuti, propone l’adozione di protesi e ausili ed eventualmente ne
37
addestra all’uso il paziente, ne valuta l’efficacia e verifica la rispondenza della
metodologia attuata rispetto agli obiettivi di recupero funzionale precedentemente
definiti.
- l’Assistente Sociale, attua insieme all’équipe, la presa in carico dei singoli utenti per la
costruzione di una relazione d’aiuto finalizzata alla risoluzione delle problematiche
emergenti. Cura le relazioni con l’utenza e le relative famiglie e fornisce informazioni sui
servizi presenti nel territorio, sulle procedure per accedervi nonché, sulla legislazione in
materia sanitaria.
- lo Psicologo su segnalazione dell’équipe o su richiesta esplicita dell’utente, opera
attraverso interventi di sostegno psicologico allo scopo di promuovere ed operare sulla
salute, risultando così agente attivo di cambiamento per l’utente che è alla ricerca di un
nuovo adattamento della propria identità.
- il Collaboratore Amministrativo Direttivo Capoufficio, cura all’interno della Cooperativa
l’aspetto amministrativo-contabile del servizi, i rapporti con le Istituzioni e con le risorse
umane. Gestisce i rapporti di lavoro con il personale impiegato e i professionisti, secondo
le vigenti normative.
- il Responsabile Gestione Qualità svolge in sinergia con la Direzione, funzione di controllo
ed applicazione dei parametri e degli standard necessari a garantire sistemi di
erogazione delle prestazioni e gestione della qualità, rispondenti ai principi di
miglioramento continuo e orientamento al cliente, in conformità alle norme UNI EN ISO
90001:2000.
Le prestazioni di riabilitazione, vengono erogate al domicilio del paziente previa
programmazione concordata, generalmente in fasce antimeridiane dalle ore 08,00 alle
ore 14,00. La programmazione concordata dell’intervento sanitario, tiene conto
dell’organizzazione del lavoro dell’utente, della gravità della patologia e dell’ubicazione
domiciliare presso il quale va assicurato il trattamento. L’erogazione dell’attività viene
registrata su di un’apposita cartella struttura, nella quale vengono documentati
giornalmente tutti gli interventi professionali svolti in favore dell’utente. Tale cartella
trimestralmente viene trasmessa per competenza al Distretto Sanitario di appartenenza
per le opportune verifiche e con l’eventuale richiesta di proroga dell’intervento o di
dimissione del paziente.
L’utente per poter accedere alle prestazioni riabilitative in regime domiciliare, deve
presentare al proprio Distretto Sanitario di appartenenza territoriale (Unità Operativa
Handicap) la seguente documentazione: a) prescrizione del medico di base per visita
38
specialistica ai fini della riabilitazione domiciliare; b) certificazione ai sensi della Legge n.
104/92 art. 3, comma 3, o ricevuta attestante l’avvenuta presentazione dell’istanza.
Il Distretto Sanitario in relazione alla domanda di prestazioni riabilitative domiciliari
presentata dall’utente, effettua i seguenti interventi:
- trasmette all’Unità di Valutazione della Disabilità (U.V.D), richiesta di valutazione del
paziente da parte del servizio e prescrive la tipologia e la frequenza della terapia
riabilitativa da erogare settimanalmente. Immette infine, la richiesta di assistenza
riabilitativa domiciliare al Centro Unificato Prenotazioni (C.U.P.) all’interno del
Dipartimento di Riabilitazione. Quest’ultimo si occupa di trasmettere al Centro di
Riabilitazione Domiciliare (eventualmente indicato dall’utente), il nominativo del paziente
e la relativa impegnativa per la presa in carico del caso.
Al servizio di riabilitazione domiciliare della cooperativa CAPP, si accede quindi attraverso
la libera scelta dell’utente manifestata all’atto dell’inserimento nella lista d’attesa al
Centro Unificato Prenotazioni (C.U.P) o, attraverso l’assegnazione diretta del CUP al primo
servizio disponibile ad erogare l’intervento.
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8.3. Le cure domiciliari integrate e i progetti individualizzati di assistenza e di cura Dott. Carmelo Di Stefano SICUD Sicilia Il Piano Sanitario Nazionale per il triennio 2006-2008 (D.P.R. n.139 del 17/06/2006), nella
sezione dedicata all’integrazione socio-sanitaria, afferma l’importanza strategica della
programmazione integrata, per intercettare i nuovi e diversi bisogni che derivano dai
mutamenti sociali, economici e culturali e predisporre le risposte assistenziali;
Il precedente Piano Sanitario Nazionale 2003/2005 ( D.P.R. 23/05/2003 ), nella sezione
dedicata alla promozione del territorio, quale primaria sede di assistenza e di governo dei
percorsi sanitari e socio-sanitari aveva posto, tra gli obiettivi prioritari, la realizzazione di un
processo di riordino “teso a fornire l’unitarietà tra prestazioni sanitarie e sociali, la
continuità tra azioni di cura e riabilitazione, la realizzazione di percorsi assistenziali integrati,
l’intersettorialità degli interventi, unitamente al conseguente riequilibrio di risorse finanziarie
e organizzative in rapporto all’attività svolta tra l’ ospedale e il territorio a favore di
quest’ultimo” .
La Legge di Riforma dell’assistenza 328/2000 e il Decreto Presidenziale Regione Siciliana
4/11/2002, confermano e riaffermano i valori della domiciliarità, quali forme di sostegno
privilegiato alle persone non autosufficienti.
Il D.A. del 2 luglio 2008, concernente la “Nuova caratterizzazione dell’assistenza territoriale
e domiciliare e degli interventi ospedalieri a domicilio”, disciplina le modalità di acceso
alle cure domiciliari e prevede l’istituzione, in ciascun distretto della Regione, dello
Sportello Unico per l’integrazione sociosanitaria, al fine di garantire una corretta
informazione sulle strutture dell’Azienda Sanitaria Locale presenti nel territorio e,
semplificare e facilitare i percorsi di accesso alle prestazioni.
Il Programma Regionale delle politiche sociali e sociosanitarie 2010-2012, proposto
dall’assessore regionale per la Famiglia, ribadisce la necessità nell’ambito della
realizzazione di un sistema efficiente ed integrato d’accesso ai servizi sociali e
sociosanitari, la costituzione dello Sportello Unico Socio-Sanitario, quale porta di accesso
al Distretto sociosanitario.
Nella Regione Siciliana è necessario riqualificare organizzativamente e operativamente i
servizi dedicati alla cura dei pazienti fragili presso il loro domicilio, all’interno del loro
contesto familiare in particolare, attraverso le seguenti priorità:
40
1. servizio di informazione, orientamento ed accompagnamento per il paziente e la
famiglia;
2. valorizzazione della rete assistenziale di protezione:
3. individuazione del Referente delle cure domiciliari dell’Ufficio Distrettuale
dell’assistenza distrettuale come responsabile del nodo organizzativo specifico che
avvia il processo o di invio alle cure domiciliari, e/o di presa in carico attraverso
l’U.V.M. ( Unità di Valutazione Multidimensionale);
4. individuazione, presso la sede delle UVM (Unità di Valutazione Multidimensionali), del
case manager con il compito di seguire la fase applicativa del progetto assistenziale
predisposto e di rilevare eventuali cambiamenti, impegnandosi a modificare il piano
assistenziale, secondo le necessità verificate;
5. coinvolgimento dei MMG/ PLS;
6. valorizzazione della famiglia come risorsa;
7. monitoraggio basato sugli esiti di salute piuttosto che sugli output;
8. riorganizzazione delle risorse professionali nel Distretto;
9. stabilire, tra Assessorato regionale Sanità e Assessorato regionale alla Famiglia, intese di
collaborazione e di integrazione per la realizzazione del servizio di Cure domiciliari
integrate nonché per il monitoraggio e a valutazione della qualità delle stesse;
10. Stabilire, tra ASP ed Enti Locali, intese di collaborazione e di integrazione per la
realizzazione del servizio di Cure domiciliari integrate nonché, il monitoraggio e la
valutazione della qualità delle stesse.
Si vuole inoltre, sottolineare ed evidenziare che, per quanto riguarda i punti 8 e 9, le intese,
rivolte prioritariamente agli utenti in condizioni di fragilità che devono accedere alle Cure
Domiciliari integrate, dovranno progressivamente essere implementate per tutti i nuovi
settori di offerta (residenzialità, semiresidenzialità) allo scopo di:
• mantenere la persona in condizioni di fragilità nel proprio domicilio all’interno del
proprio contesto familiare;
• migliorare il livello di integrazione tra servizi, agevolando l’accesso dei cittadini alle
prestazioni sociosanitarie, agli interventi e ai servizi disponibili;
• promuovere l’utilizzo della valutazione multidimensionale per l’ammissione alle
prestazioni assistenziali di tipo domiciliare, semiresidenziale e residenziale;
• delineare un sistema a rete dei servizi che consenta di garantire continuità assistenziale
e accompagnamento del cittadino;
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• sviluppare un “Sistema Informativo” che consenta di estendere le prassi operative e
l’efficacia degli interventi, anche condividendo gli strumenti di valutazione con gli
operatori e con i servizi della rete;
• consolidare la pratica della progettazione individualizzata dell’intervento assistenziale;
• promuovere raccordi - collaborazioni e confronti con il Terzo Settore impegnato nelle
cure domiciliari;
• istituire il Punto Unico di Accesso alle Cure Domiciliari integrate (PUA), quale modalità
organizzativa del Distretto Socio-Sanitario per assicurare l’accoglienza delle domande
di accesso alle Cure Domiciliari, indirizzare la domanda alle varie forme di Cure
domiciliari (prestazionali e/o integrate), smistare le domande improprie verso altri
ambiti assistenziali. Fornire informazioni puntuali e tempestive sui servizi e le risorse del
territorio, leggere e decodificare il bisogno espresso dall’utente, indicare i percorsi
sociali, sanitari e socio-sanitari.
La SICuD (Società Italiana Cure Domiciliari) sezione Sicilia, vuole impegnarsi affinché nella
Regione Sicilia, al pari delle realtà regionali italiane più avanzate, possa realizzarsi un
sistema integrato di Cure Sanitarie Domiciliari di qualità, capace anche di razionalizzare e
contenere i costi sanitari.
La SICuD (Società Italiana Cure Domiciliari) sezione Sicilia, intende anche creare e
diffondere la cultura delle cure sanitarie domiciliari, dimostrandone sia l'efficacia sanitaria
che la convenienza economica:
- valorizzando l’attività dei Medici di Medicina Generale per mantenere e curare a
domicilio i loro assistiti.
- rafforzando la funzione dei Distretti Sanitari, come articolazione nel territorio,
dotandoli di strumenti e flessibilità organizzativa che tengano conto delle specificità
territoriali, pur mantenendo una visione di sistema centrale.
- implementando un sistema a rete che consenta, attraverso lo strumento operativo
del sistema domiciliare, l’integrazione fra le diverse capacità d’offerta di servizi di cura
per la cronicità, riabilitazione e terminalità.
La SICuD (Società Italiana Cure Domiciliari) sezione Sicilia s’impegna infine per offrire un
sistema che garantisca in una logica distrettuale/dipartimentale: il controllo direzionale
dei flussi fra ospedale e territorio; una risposta domiciliare sia estensiva, sotto l’aspetto
delle patologie assistibili, che intensiva, con capacità di trattenere a domicilio eventuali
riacutizzazioni; la realizzazione di una riduzione delle istituzionalizzazioni e/o delle loro
durate; la realizzazione di programmi di dimissioni protette; il contenimento dei ricoveri
impropri; l’integrazione con la rete socio-assistenziale dei Comuni.
42
8.4 L’esperienza dell’Hospice dell’AORNAS “Garibaldi” di Catania – I Servizi di assistenza e di cura per i pazienti in fase terminale Dott.ssa Maria Carmela Spartà Cooperativa T.E.A.M. - Catania Durante le discussioni del mattino con i vari ospiti, si sono toccati tanti punti dolenti della
Sanità Pubblica in Sicilia. La nuova Riforma in atto, sicuramente nasce da esigenze
politiche e di Welfare, ma trova un Paese non pronto ad assimilare queste nuove realtà
perché oppresso dalla crisi economica e sociale.
Dove spesso si ragiona per costi e benefici, sarebbe il caso di ragionare su come utilizzare
al meglio le poche risorse che abbiamo e dare un servizio migliore. In molti interventi è
emersa la necessità di creare delle “Buone Prassi” che dovrebbero essere recepite ed
applicate sia dal Pubblico che dal Privato Sociale, quali ad esempio:
a) presa in carico dell’utente;
b) professionalità;
c) non solo prestazioni mediche, ma assistenza a 360°.
La mia testimonianza vuole essere un piccolo contributo per far conoscere una realtà,
come quella dell’Hospice, dove il Pubblico ed il privato Sociale insieme riescono a gestire
un servizio di “eccellenza”.
La Coop. Soc. T.E.A.M. del consorzio Elios Etneo, socia con il Consorzio Sol.Co. Catania
Rete di Imprese Sociali Siciliane, supporta da tre anni tramite operatori OSA, il reparto
Hospice presso l’AORNAS “Garibaldi” Catania.
All’interno del reparto turnano giornalmente (24 ore su 24, sette giorni su sette) 12
operatori OSA (tre per ogni turno), i quali si occupano di tutti i fabbisogni del paziente e
della cura del reparto.
Gli operatori non sono soltanto dei meri “esecutori” di lavoro, ma sono dei professionisti
che si approcciano ad un paziente “particolare” come il malato terminale, con esigenze
e sensazioni “uniche”, dove l’intervento non si ferma solo alla presa in carico del paziente,
ma anche delle loro famiglie.
Chi arriva all’Hospice trova un ambiente sereno e familiare, gli operatori accolgono la
sofferenza, la disperazione e spesso anche la speranza di queste persone, con il sorriso e
con la giusta “empatia” che permette loro di capire ma di non lasciarsi “travolgere”. Tutti
si adoperano affinché gli assistiti vivano “dignitosamente” gli ultimi giorni della loro vita.
La tipologia del servizio da noi offerto “sposa” in tutto le “Buone Prassi” di cui ogii si è tanto
discusso. Ci troviamo di fronte ad una realtà dove, il connubio fra Pubblico e Privato
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Sociale funziona bene, s’integra e si completa a vicenda, e dove le istanze dei cittadini
fragili vengono lette, supportate ed attenzionate.
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8.5 La residenzialità nel percorso riabilitativo del paziente fragile Dott. Sebastiano Russo – Direttore Scientifico Centro J. F. Kennedy Onlus Catania Centro J.F.Kennedy Onlus Il termine “persona fragile”, largamente impiegato in letteratura in questi ultimi anni,
manca di un fondamento empirico. Il concetto si lascia facilmente approcciare sul piano
intuitivo, ma può porre diversi problemi sia sul piano della definizione che della
valutazione.
Appare indispensabile delimitare le componenti della fragilità e stabilire i criteri per la loro
valutazione quantitativa, al fine di poter individuare la popolazione cui vanno rivolti
interventi peculiari di tutela e assistenza (che devono essere pianificati) o che può essere
oggetto di studio e di ricerca in campo sanitario e sociale.
Inoltre la distinzione tra fragilità e disabilità può far sorgere qualche confusione, essendo
concetti diversi ma che spesso e per molti versi sono sovrapposti. La disabilità indica una
perdita stabile di funzione, la fragilità ha insito il concetto di instabilità, con il rischio di una
compromissione funzionale.
Diverse sono state le definizioni di “fragilità”, ne riportiamo alcune: “stato fisiologico di
incremento della vulnerabilità ai fattori stressanti che consegue al decremento delle
riserve fisiologiche e/o a una disgregolazione di un sistema fisiologico” (Fried, 2004);
“diminuita capacità di svolgere attività significative di natura pratica e relazionale nella
vita quotidiana” (Miles, 2001); “instabilità multisistemica, che cambia nel corso del tempo,
in associazione con un aumentato rischio di risultati avversi” (Rockwood, 2000).
Le varie definizioni adottate ripropongono la problematica dell’interazione individuo-
ambiente da un lato e dall’altro quella della multidimensionalità della condizione, che si
configura attraverso una complessa influenza reciproca di fattori biologici, psicologici,
cognitivi e sociali.
La complessa ed articolata realtà della “fragilità” rappresenta l’ambito nel quale si
realizza l’integrazione tra gli interventi di natura sanitaria e quelli di natura sociale.
Si ripropone la necessità di definire un system care stabile ed efficace, in grado di
prendersi cura realmente della “persona fragile”, superando le “fragilità” che hanno
finora caratterizzato il nostro sistema socio-sanitario.
Il principio dell’integrazione ai vari livelli del processo assistenziale è centrale, anche se
l’esperienza ci ha insegnato quanto sia difficile da concretizzare nell’operare quotidiano.
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A livello di pianificazione diventa indispensabile partire dai bisogni di salute dell’utente,
definire percorsi assistenziali coerenti e costruire un sistema che renda possibile la
realizzazione di questi percorsi, evitando inutili disagi e spese superflue.
In ambito sanitario si ritiene prioritaria l’integrazione dei livelli essenziali di assistenza, in
considerazione del fatto che la “persona fragile” necessita, in varia sequenza, di interventi
a differente livello di intensità, complessità e durata.
L’integrazione dei livelli essenziali di assistenza richiede, tra l'altro, che la sanità privata, al
di là delle dichiarazioni di principio, venga vissuta come parte integrante del sistema
sanitario nella sua interezza, e questo sia in fase di programmazione che di articolazione
degli interventi nel quotidiano.
Peraltro numerosi documenti d’indirizzo ribadiscono chiaramente la necessità di una
strategia di “rete” fra le varie componenti che, a diverso titolo e con differenziate e
specifiche funzioni, partecipano all’obiettivo della “cura”, nel senso più ampio del
termine.
Il paziente “fragile” necessita, più di altri, di un lavoro condiviso e libero da qualsiasi
dissonanza fra quanti si prendono cura di lui. In questa logica il lavoro di rete non può, e
non deve, essere immaginato come uno spazio di interazione “virtuale”, quanto piuttosto
come una dimensione di sinergia e di cooperazione, all’interno della quale siano condivisi
gli obiettivi, ma anche, e forse soprattutto, la pianificazione delle strategie per il loro
raggiungimento.
I nostri Centri di riabilitazione propongono, nel territorio della nostra Provincia, un’offerta
assistenziale abbastanza articolata, sia per quanto riguarda gli ambiti di patologia che i
differenti regimi di cura.
Riabilitare viene inteso come aiutare la Persona a trovare, all’interno dei suoi sistemi
potenziali di funzionamento, le strategie più efficaci per guadagnare e mantenere i
migliori livelli possibili di qualità della vita, tenendo conto delle sue prerogative sociali,
culturali ed esistenziali.
All’interno dei percorsi riabilitativi l'opzione residenziale rappresenta una delle possibili
risposte terapeutiche ai bisogni di alcuni utenti.
La residenzialità terapeutico/riabilitativa acquista significato soltanto quando la situazione
clinica dell'utente permette un lavoro realmente orientabile al recupero e al reinserimento
sociale, che può essere effettuato soltanto mediante un periodo definito di ricovero in
contesti con caratteristiche tecniche ed organizzative peculiari.
In quest'ottica il fattore tempo acquista un’importanza cruciale.
46
Il lavoro ri-abilitativo fa leva sulle risorse individuali ancora presenti e sulla plasticità dei
sistemi di funzionamento. La naturale evoluzione della patologia e dei suoi correlati
sintomatologici, gli adattamenti disfunzionali che spesso vengono messi in gioco e, a
volte, l'inadeguatezza di alcuni interventi di presa in carico, riducono progressivamente le
risorse residue e compromettono le possibilità di recupero funzionale.
Benché diversi siano i bisogni ai quali l’intervento residenziale viene a rispondere, e diverse
quindi le caratteristiche cliniche e organizzative necessarie a secondo dell’età, della
patologia e della situazione ambientale di provenienza, alcuni principi di base comuni, a
cui le nostre strutture si ispirano, sono assunti come riferimento per tutte le tipologie
residenziali.
L’intervento residenziale deve essere sempre inteso come parte di un sistema complesso
di servizi, con l'obiettivo di andare oltre la stretta residenzialità ed orientarsi, laddove
possibile, al rientro nella comunità di vita.
Il progetto di intervento deve includere sempre la famiglia, laddove presente e
disponibile, come partner attivo e deve fare riferimento alle risorse eventualmente
presenti nel territorio (scuola, lavoro, svago, aggregazione sociale), nel convincimento
che per molti dei nostri utenti l’apertura al sociale sia un obiettivo della cura, ma anche
elemento di cura.
Per quanto possibile si cerca di connotare l’intervento come “culturalmente
competente”, costruito sugli specifici valori, preferenze e punti di forza degli utenti e delle
loro famiglie.
La metodiche di trattamento fanno riferimento alle indicazioni riportate in specifiche linee
guida elaborate da società scientifiche accreditate.
La pianificazione degli interventi prevede la valutazione dell'utente mediante metodiche
standardizzate, la definizione condivisa degli obiettivi, le modalità di valutazione dei
risultati per il soggetto, per la famiglia, per la struttura e per la rete dei servizi nel suo
complesso.
Soltanto nel rispetto di questi criteri la residenzialità può rappresentare una tessera di un
mosaico, una tappa di un percorso che conduca alla riabilitazione e al reinserimento
sociale dell’utente, laddove sia questo l’obiettivo.
Non appare possibile pensare ad una residenzialità che si ponga al di fuori di un “sistema
che si prende cura” o che si inserisca all'interno di una strategia di rete scoordinata o che
si ponga come “ultima spiaggia” del processo di presa in carico, dove si rischia di
insabbiare obiettivi e progetti di vita.
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Le nostre strutture di riabilitazione, utilizzando “logiche di sistema”, si sforzano di realizzare
percorsi di recupero coerenti per problematiche specifiche, all'interno dei quali la
dimensione residenziale acquista una sua valenza peculiare e dove il confronto continuo
e la verifica sistematica dei risultati rappresentano il valore aggiunto per la crescita di tutti.
Si ha ragione di ritenere che in un prossimo futuro quanti siano coinvolti a vario titolo nella
riabilitazione di Persone in situazione di “fragilità” saranno chiamati ad affrontare sfide per
il cui superamento è indispensabile recuperare spazi di confronto senza pregiudizi,
all'interno dei quali riconoscere in maniera chiara, il contributo che ciascuno può
apportare alla complessiva azione di recupero e dove, definire strategie univoche ed
adottare modalità d'intervento condivise.
Soltanto attraverso il rispetto reciproco e la capacità di mettersi in gioco da parte di tutti
sarà possibile realizzare un sistema capace di garantire ai nostri utenti i migliori livelli
possibili di qualità della vita.
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8.6. Nuovi modelli di intervento per le malattie senili e progetti di integrazione sociale Dott. Fabio Ruvolo – Coordinatore del Progetto “Alzheimer in vista” Caltanissetta Il Progetto “Alzheimer in vista” gestisce un Centro Socio Rieducativo Alzheimer nel quale si
svolgono diversificate attività, tra le quali: attività di informazione continua sul territorio,
organizzazione eventi di sensibilizzazione, inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati,
centro servizi, attività di animazione, interventi di supporto psicologico familiare, scambio
di servizi con altre realtà sociali del territorio, supporto ad attività commerciali.
I dati epidemiologici relativi alla malattia di Alzheimer sono allarmanti: in Sicilia sono oltre
60.000 le persone colpite dalla malattia e nella Provincia di Caltanissetta sono oltre 600.
Ammalarsi di Alzheimer vuol dire perdere progressivamente le proprie capacità cognitive:
percezione, linguaggio, intelligenza, pensiero. Significa cioè perdere, irrimediabilmente, la
possibilità di comunicare e di badare a sé stessi.
Questa condizione porta alla necessità di dover affidare totalmente agli altri la propria
esistenza, ma anche questa é una scelta impossibile, a senso unico. Una scelta che
questo tipo di patologia impedisce di fare, perché le persone con Alzheimer, o
comunque affette da demenza, non sono in grado di scegliere niente: non scelgono le
persone a cui affidarsi, né quelle con cui vivere e relazionarsi, non scelgono i loro spazi né i
loro tempi e ritmi di vita.
Forse, per renderci più attenti alle persone che vivono questa dimensione del corpo e
della mente, basterebbe soltanto conoscere cosa vuol dire “ demenza” e pensare che
questa eventualità potrebbe segnare, più o meno direttamente, la nostra esistenza.
Questa consapevolezza é la premessa indispensabile per sviluppare e alimentare non
soltanto una rete informale di aiuto, ma per garantire una costante azione di tutela
collettiva, per non lasciare a sé stesse queste persone e le loro famiglie.
La condizione delle persone con Alzheimer, ossia la qualità della loro esistenza e di tutto
quanto concorre a garantirla nelle diverse fasi della malattia, è una cartina di tornasole
che esprime il livello di civiltà di una comunità e di un intero Paese.
La presenza e la cura di un malato di Alzheimer incidono profondamente sull’equilibrio dei
singoli membri della famiglia e sulle loro relazioni: i coniugi sono spesso i più coinvolti
nell’evento malattia, che può generare una progressiva modificazione e alterazione
dell’assetto familiare.
La malattia rappresenta un evento drammatico a cui corrisponde una crisi del sistema
familiare nella sua complessità. Ha spesso un effetto devastante e impone un carico
49
emotivo che va ben oltre il regolare esercizio di funzioni assistenziali. Si tratta di un
percorso di perdita e dolore che inizia al momento della diagnosi, attraversa momenti più
facili e altri più critici, ma segna l’intero scenario familiare e i progetti dell’intero gruppo,
spettatore impotente della trasformazione del congiunto malato.
Gli esiti e i costi emotivi di questa crisi, comunque, non dipendono solo dalle risorse
emotive della famiglia ma anche dalla possibilità di trovare un adeguato supporto a
livello sociale ed istituzionale. Si considera difatti una vera e propria malattia familiare che
spesso si scatena in forme depressive di alcuni componenti della famiglia che non
riescono più a gestire la spesso e triste “solitudine” nella gestione della malattia.
Il momento in cui la persona riceve la diagnosi di Alzheimer è il passaggio più doloroso e
destrutturante di tutte le fasi della malattia. Chi riceve questa notizia e di conseguenza la
famiglia, spesso si ritrova solo a dover fare i conti con un universo sconosciuto, con le
paure e le ansie connesse alla propria vita. Tutto, in un attimo, cambia, ciò che fino a quel
momento aveva avuto un senso lo perde, tutto si azzera con l’idea che da lì non si potrà
ripartire. Ed è questo il punto dal quale vuole partire il nostro progetto, dimostrare, a chi
sente di aver perso tutto, che proprio da “lì” si può e si deve ripartire.
Il primo passo è la realizzazione di un luogo, il “Centro servizi”, all’interno del quale
possano trovare spazio le paure e le ansie rispetto all’incertezza di quanto è accaduto
ricevendo un aiuto concreto alle necessità della persona e della sua famiglia.
Il Centro vuole dunque essere uno spazio di accoglienza che non si limita ad ascoltare
ma che contribuisce alla risoluzione dei problemi che vengono esposti fornendo per ogni
singola persona la possibilità di trovare la soluzione quanto più possibile adeguata alle
proprie esigenze.
All’interno del Centro ci si propone di aiutare le persone affette da Alzheimer a sviluppare
la piena coscienza delle proprie capacità e dei propri limiti per favorire il superamento
delle barriere fisiche e sociali, partendo dall’idea che la persona, seppur disabile, è
ugualmente in grado di creare valore relazionale e sociale.
Il Centro vuole anche essere un luogo di aggregazione dove si può partecipare ad
attività didattiche ludico ricreative, culturali, manuali, espressive ed artistiche atte a
promuovere e favorire la socializzazione e l'integrazione.
Sarà dotato di biblioteca, videoteca, cd, libri, giochi di società, sala laboratori, sala lettura
quotidiana, sala scuola.
Attività interne:
- laboratorio di musicoterapica;
- laboratorio di fotografia;
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- laboratorio di pittura;
- laboratorio di cucito e lavoro a maglia;
- corso di cucina;
- proiezione video;
- giochi di società come scacchi e carte;
- altro.
Organizzazione del tempo libero e delle vacanze
Organizzazioni di iniziative quali uscite (cinema, teatro musei) e gite di uno o più giorni con
cadenza mensile.
Obiettivi specifici:
- accrescere gli interessi dei partecipanti e favorire l’acquisizione di nuove attitudini e
competenze;
- coinvolgere in situazioni di socialità e di relazione interpersonale;
- offrire occasioni di gratificazione e crescita di autostima, quindi di autonomia,
attraverso la messa in gioco delle proprie competenze pratiche (anche nuove) e la
dimostrazione di saper contribuire in modo originale al raggiungimento degli obiettivi del
gruppo.
Destinatari:
- Destinatari diretti: persona affetta da malattia di Alzheimer;
- Destinatari indiretti: i nuclei familiari;
AREA SOCIO-SANITARIA
Prestazioni psicologiche:
a) Gruppi di auto-aiuto;
b) Consulenza e sostegno psicologico;
c) Psicoterapia individuale e familiare;
d) Sostegno psicologico domiciliare.
obiettivi specifici:
- supportare la gestione psicologica e mentale della disabilità nei rapporti interpersonali
all’interno della famiglia del disabile;
- suggerire modalità per migliorare la comunicazione, la cooperazione e la comprensione
reciproca tra malato, familiare e care-giver;
- potenziare le capacità del “prendersi cura”, dello “stare vicino” e del “condividere” nella
relazione fra malato e persone a lui vicine, in una prospettiva di accrescimento dei livelli di
autonomia ed autodeterminazione della persona disabile;
- favorire la nascita e la pratica di nuovi interessi e di nuove motivazioni partecipative e di
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rapporti sociali “esterni”.
destinatari:
- persone disabili e loro congiunti (familiari, conviventi) affettivamente significativi.
modalità di erogazione e di accesso del servizio:
GRUPPI DI AUTO-AIUTO
- iscrizione preliminare delle persone interessate fino ad un massimo di 10/15 per gruppo e
formazione di uno o più Gruppi di Auto Aiuto;
- per ciascun Gruppo: realizzazione di incontri periodici (i primi settimanali, gli altri
quindicinali) della durata di 2 ore circa ciascuno, realizzati sotto la guida/supervisione di
uno psicologo;
- individuazione di temi attinenti al rapporto con la disabilità, a scelta dei partecipanti e
sviluppo “guidato” del confronto e dello scambio di informazioni.
Per un approfondimento dell’attività del Centro è possibile scaricare il filmato di
presentazione del Servizio, collegandosi al sito www.solcoct.coop
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9. QSN ADI anziani banco di prova per l'integrazione sociosanitaria in Sicilia Di integrazione sociosanitaria in Sicilia si parla da decenni ma la nostra Regione, come
spesso è accaduto in tanti altri settori, ha anticipato interventi normativi d´avanguardia
(come la legge 22 del 1986) ma è rimasta inesorabilmente indietro nell´attuazione dei
provvedimenti. La stessa scelta del Parlamento regionale di accorpare, nella riforma che
dovrebbe entrare in vigore dal 2010, la delega della Famiglia e delle Politiche Sociali al
Lavoro e non alla Sanità, va in direzione opposta.
Eppure proprio i recenti notevoli (e lodevoli) sforzi del governo regionale di ridurre il
disavanzo del sistema sanitario siciliano migliorandone organizzazione ed efficienza,
dovrebbero spingere verso un reale coordinamento tra gli interventi sanitari e quelli socio-
assistenziali: l´esperienza delle regioni all´avanguardia nei servizi alla persona (Lombardia
e Veneto, amministrate dal centrodestra o Toscana ed Emilia Romagna, amministrate dal
centrosinistra) dimostra che un servizio sociale efficiente diminuisce i ricoveri impropri,
soprattutto degli anziani, e di conseguenza i costi a carico del sistema sanitario.
L´intervento sociale, per sua natura meno specialistico e spesso affidato al volontariato o
alla cooperazione, incide infatti molto meno sulla spesa pubblica. Per la verità l´assessore
Russo ha tempestivamente costituito un organismo apposito, trovando l´immediata
disponibilità dell´assessore Chinnici, ma la passata esperienza dimostra che, senza un forte
impegno quotidiano su obiettivi condivisi, queste iniziative sono destinate ad arenarsi.
Un motivo di ottimismo giunge dal QSN (Quadro strategico nazionale) 2007 - 2013 che,
per le otto regioni del Mezzogiorno, ha fissato una serie di obiettivi che riguardano, tra
l´altro, le tematiche sociosanitarie: in particolare l´obiettivo di servizio S.06 (numero di
anziani assistiti in assistenza domiciliare integrata (ADI) rispetto al totale della popolazione
ultra 65enne) prevede che si passi in Sicilia dall´attuale 0,8% (ultimo dato rilevato nel 2005,
rispetto alla media nazionale del 2,9%) al 3,5% nel 2013. Per incentivare le regioni a
raggiungere tale obiettivo, il QSN ha previsto una premialità che per la Sicilia ammonta
ad oltre 89 milioni e mezzo di euro: sarebbe veramente delittuoso perdere questa
opportunità in un momento di grave crisi economica che riduce le risorse disponibili,
proprio quando diventano più urgenti gli interventi in favore delle categorie disagiate.
A gestire il processo di avvicinamento del servizio ADI alla media nazionale è stato
chiamato un gruppo composto da rappresentanti dei dipartimenti Programmazione,
Sanità e Politiche Sociali che hanno elaborato un piano di azione basato su 5 linee di
intervento:
53
1) Censimento degli sportelli per l´accesso alla rete integrata dei servizi socio-sanitari;
2) Emanazione di linee guida regionali per l´accesso al sistema delle cure domiciliari e la
definizione del governo delle competenze;
3) Attivazione dello Sportello Unico distrettuale Socio-Sanitario;
4) Integrazione tra servizi di ADI e servizi di ADA (Assistenza Domiciliare Anziani) svolti dai
Distretti sociosanitari o dai singoli Comuni;
5) Telegestione, monitoraggio e controllo degli interventi di ADI.
La maggiore criticità fin qui riscontrata riguarda proprio la necessità di mettere insieme e
coordinare gli interventi degli enti locali (che non vengono presi in considerazione ai fini
dell´indicatore ADI) e quelli svolti dalle ASL, che hanno come parametro di riferimento i
LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) sanitari, fissati da un provvedimento del 2001 e meglio
definiti adesso come LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni). Manca infatti una analoga
normativa per livelli di assistenza sociale che, pur indicati dalla legge 328 del 2000, non
sono mai stati oggetto di un regolamento di attuazione, dando vita ad una vera e propria
discriminazione territoriale fra gli anziani che vivono nel centro-nord e quelli delle regioni
meridionali, con una palese violazione dei principi costituzionali.
Il problema si riflette negativamente anche sulle prospettive di raggiungimento del target:
secondo i dati raccolti in una quarantina dei 55 distretti sociosanitari della Sicilia gli assistiti
in regime di ADI sono circa 2500, mentre quelli in ADA sono quasi 19 mila. Ciò significa che
già adesso, coordinando gli interventi effettuati degli enti locali con quelli delle ASL
secondo un parametro unico, l´indicatore raggiungerebbe agevolmente il 2%,
consentendo di accedere ad una premialità di oltre quaranta milioni di euro a fine 2009.
In atto con i nuovi dati elaborati dal sistema sanitario nazionale, riferibili al 2007,
l´indicatore ADI in Sicilia ha raggiunto l´1% con una premialità prevista di poco inferiore ai
10 milioni di euro.
Parlando di integrazione sociosanitaria, di obiettivi strategici e di relative premialità, non si
può trascurare la questione legata al buono sociosanitario per anziani non autosufficienti
e disabili gravi, prevista dall´articolo 10 della legge regionale n. 10 del 2003 ed attuata
con il DPRS 7 luglio 2005.
Si tratta di un intervento che viene erogato ai nuclei familiari con reddito ISEE non
superiore ai 7000 euro all´anno che si impegnano ad assistere i loro familiari non
autosufficienti: o in denaro (circa 450 euro al mese per non più di sei mesi ogni anno) o in
servizi forniti da caregiver professionali presso organismi ed enti no profit (..) o presso
strutture ed operatori delle aziende unità sanitarie locali (oggi ASP n.d.r.), liberamente
scelti dalle famiglie, o messi a disposizione dalle medesime aziende unità sanitarie locali in
54
rapporto alle necessità del componente familiare non autosufficiente debitamente
definite nel programma individuale di assistenza". Questo intervento, nel tempo, ha visto
accrescersi notevolmente la platea degli assistiti, passando dalle 11714 richieste accolte
del 2006 alle 20065 del 2009 (riferito alle domande presentate nel 2008) con un impegno
economico sempre più importante da parte dell´Assessorato Famiglia e Politiche Sociali:
per far fronte alle sopraccitate istanze sono stati impegnati oltre 20,5 milioni di euro
provenienti dal Fondo Nazionale Politiche Sociali anno 2008; 7 milioni del fondo nazionale
per la non autosufficienza anno 2007 e 7 milioni dell´apposito capitolo regionale, per un
totale di quasi 35 milioni di euro in un anno.
Peraltro, secondo una scelta condivisa dai vari assessori pro tempore, è stato deciso di
assegnare a tutti gli idonei la stessa cifra, pari a quattro mesi di erogazione del buono,
stante la difficoltà di stabilire una graduatoria del bisogno, trattandosi comunque di casi
di disabilità grave o non autosufficienza totale, in famiglie con redditi molto bassi.
Dunque, anche ammettendo che il numero dei destinatari rimanga costante (e così non
sarà perché, a parte il trend generale, la recente abolizione del cofinanziamento da
parte dei Comuni, ha giustamente consentito ai cittadini catanesi di cominciare ad
usufruire del buono e le 508 richieste di quest´anno, aumenteranno non appena gli altri
utenti avranno contezza di questa opportunità), nel triennio 2009-2011 l´Assessorato della
Famiglia dovrà investire circa 104 milioni di euro per mantenere il beneficio nei termini in
cui viene concesso attualmente.
Il problema è che pur trattandosi di un intervento sociosanitario (non lo dice solo la
denominazione, ma anche la lista degli interventi previsti dal già citato DPRS 7 luglio 2005)
questi assistiti non vengono considerati ai fini dell´indice stabilito dal servizio sanitario
nazionale per il QSN ADI anziani 2007-2013 e di conseguenza non possono concorrere al
raggiungimento dei target previsti per la premialità.
Non disponendo al momento di una anagrafe dei destinatari del buono sociosanitario
che distingua fra anziani non autosufficienti (che potrebbero essere inseriti fra gli assistiti in
ADI anziani) e disabili gravi di età inferiore ai 65 anni, possiamo per facilità di calcolo
ipotizzare di dividere al 50% le due categorie: ne viene fuori un potenziale di circa 10 mila
anziani assistiti, cioè quasi 1 punto di aumento percentuale del coefficiente, che farebbe
scattare l´intera premialità prevista per la Sicilia dal QSN al 31 dicembre 2009 (la metà
degli oltre 89 milioni stanziati fino al 2013).
Peraltro l´integrazione è già prevista dalla normativa e attuata nei fatti: perché venga
concesso il buono sociosanitario è necessario che l´Unità di Valutazione medica (UVM), o
geriatrica (UVG) o distrettuale (UVD) presenti sul territorio, di concerto con gli uffici del
55
servizio sociale appartenenti ai distretti socio-sanitari, elaborino "un piano personalizzato
rivolto alla definizione della diagnosi funzionale dei soggetti anziani in accordo con il
medico di medicina generale, in relazione ai bisogni accertati per una vita autonoma ed
integrata nel contesto familiare".
Sono anche chiaramente definiti dalla normativa gli interventi da assicurare con
l´erogazione del buono:
- igiene personale quotidiana e periodicamente pulizia completa della persona;
- governo ed igiene dell´alloggio occupato dal soggetto non autosufficiente;
- aiuto alla persona nell´alzata/messa a letto, nella preparazione ed assunzione dei pasti,
nella deambulazione, mobilità e nella gestione delle attività quotidiane all´interno ed
all’esterno dell´abitazione;
- disbrigo pratiche ed accompagnamento per visite mediche, specialistiche ed attività
riabilitativa ove non assicurata all´interno dell´abitazione;
- prevenzione delle piaghe da decubito, anche avvalendosi degli ausili ritenuti necessari;
- assistenza infermieristica domiciliare; - assistenza riabilitativa;
- assistenza specialistica;
- ogni attività di stimolo al mantenimento delle residue capacità psico-fisiche.
Ora è possibile, se non probabile, che in atto molti di questi servizi restino sulla carta: sta di
fatto che viene redatta una scheda SVAMA (la stessa prevista dal QSN ADI anziani), viene
messo a punto un Piano di Assistenza Individuale (PAI) con interventi sociosanitari integrati
per ogni destinatario del buono e poi nessuno si preoccupa di far rientrare gli assistiti nei
parametri previsti dall´ADI anziani. C´è dunque molto da lavorare sull´integrazione
sociosanitaria e, come abbiamo già detto nella prima puntata, il gruppo
interdipartimentale Programmazione, Sanità, Famiglia ha imboccato la strada giusta,
mentre non sembrano andare nella stessa direzione alcune recenti iniziative di legge
predisposte dall´Assessorato alla Sanità, che punta a gestire parte del Fondo Nazionale
Politiche Sociali per l´assistenza sociosanitaria.
Integrazione significa coordinare gli interventi di propria competenza in modo razionale e
per obiettivi, non certo puntare a gestire da soli le risorse altrui (peraltro in continua
diminuzione: il FNPS 2009 è stimato in 47 milioni di euro rispetto ai circa 60 del 2008 e gli
oltre 87 del 2007): avendo a disposizione quasi 90 milioni di premialità del QSN ADI anziani,
sarebbe delittuoso attardarsi in sterili dispute.
Peraltro c´è in Sicilia un esempio virtuoso di integrazione: quello della ASL di Ragusa che
gestisce l´assistenza domiciliare integrata in pieno raccordo col distretto sociosanitario e i
servizi sociali del Comune. Ne parleremo nella terza e ultima puntata di questa inchiesta.
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Dopo aver analizzato i ritardi accumulati dalla nostra regione sul tema dell'integrazione
sociosanitaria ed individuato le prospettive a breve e medio termine in relazione ad
obiettivi e premialità indicati dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013 per l'Assistenza
Domiciliare Integrata agli anziani, dedichiamo la terza ed ultima puntata della nostra
inchiesta ad un modello che è stato attuato a partire dal 1995 ed ha dunque accumulato
oltre 13 anni di esperienza: quello della ASL 7 (oggi ASP n.d.r.) di Ragusa.
Avviato dall'attuale direttore del distretto sanitario di Ragusa, Salvatore Brugaletta, è stato
progressivamente esportato negli altri due distretti sanitari provinciali di Modica e Vittoria
e si rivolge ad una popolazione complessiva di oltre 300 mila abitanti, di cui poco più di 55
mila ultra 65enni. Secondo i dati rilevati nel 2006 (gli ultimi ufficialmente disponibili) la
popolazione ultra 65enne assistita in regime di ADI è pari a quasi il 3,4% della popolazione
anziana residente, con una punta del 3,9% nel distretto di Ragusa dove il modello è più
"rodato", essendo partito prima. Ciò significa che, in provincia di Ragusa, è già stato
praticamente raggiunto quel coefficiente di 3,5% che il Quadro Strategico Nazionale ha
stabilito per la Sicilia come obiettivo al 2013, associandolo ad una premialità di quasi 90
milioni di euro.
Il segreto di questo risultato, che purtroppo rimane isolato rispetto al resto della nostra
regione dove il coefficiente medio per l'assistenza domiciliare integrata sfiora appena
l'1%, in realtà non è un segreto: semplicemente è stato fatto un censimento di tutte le
risorse operative sanitarie e sociali presenti sul territorio attorno ai rispettivi riferimenti: l'Unità
di Valutazione Distrettuale e lo sportello sociosanitario. Da un lato l'assistenza integrativa,
quella riabilitativa, le residenze sanitarie assistite per pazienti gravi, l'assistenza
farmaceutica, la specialistica, il Medico di Medicina Generale; dall'altro l'assistenza
residenziale, quella abitativa, i centri diurni, l'assistenza economica: tutto confluisce
nell'assistenza domiciliare integrata con una regia unica che stabilisce le modalità di
intervento per ogni paziente.
Naturalmente il presupposto essenziale è che ci sia piena collaborazione tra le strutture
sociali e quelle sanitarie: in questo senso la creazione di un Dipartimento Funzionale per
l'integrazione SocioSanitaria (DFSS) in ogni ASL, paradossalmente si è rivelata un
boomerang, perché ha ingenerato la convinzione che entrambi i settori possano essere
gestiti operativamente ed economicamente dalle strutture amministrative sanitarie. Nelle
regioni dove l'integrazione funziona (ma anche in provincia di Ragusa) distretti
sociosanitari e ASL mantengono invece la loro autonomia, intervenendo per la parte di
rispettiva competenza. Che poi il coordinamento degli interventi sia affidato al direttore
del distretto sanitario, in raccordo con il medico di famiglia del paziente, risponde a un
57
criterio logico di efficienza, visto che il Piano di Assistenza Individualizzato viene elaborato,
e progressivamente aggiornato, sulla base delle valutazioni mediche. L'aspetto cruciale
dell'assistenza domiciliare integrata riguarda gli accessi infermieristici a domicilio per la
medicazione di piaghe da decubito e più in generale di ferite, la gestione dei cateteri, la
somministrazione specializzata di farmaci, il controllo dei parametri vitali ed altri interventi
meno frequenti: è necessario disporre di personale paramedico formato e motivato, da
utilizzare in modo programmato ed economicamente ottimizzato, con uno studio
accurato delle reperibilità e dei percorsi da effettuare.
In questo senso sarebbe opportuno, nel quadro della ristrutturazione del sistema sanitario
regionale attualmente in corso, prevedere una sorta di centrale operativa per l'ADI in ogni
distretto e, soprattutto, una riqualificazione mirata di tutto il personale paramedico che
dovesse risultare in esubero, in seguito alla chiusura di ospedali o singoli reparti. D'altro
canto il ruolo fondamentale dell'ADI per ridurre le ospedalizzazioni improprie, e di
conseguenza i costi del sistema sanitario, è stato riconosciuto anche dal piano regionale
di rientro che prevede un aumento del 5% per le risorse destinate al settore, a fronte di un
drastico e generalizzato taglio di spese. A conclusione di questo viaggio in tre puntate nel
pianeta integrazione sociosanitaria in Sicilia, possiamo trarre alcune considerazioni
confortanti sulla reale possibilità di allineare la nostra regione ai parametri della media
nazionale: abbiamo le risorse umane ed economiche; forniamo già gli interventi previsti,
sia pure in modo scollegato e settoriale; abbiamo il modello di Ragusa che funziona e
potrebbe essere progressivamente adottato in tutta la Sicilia: sarebbe veramente un
autolesionismo continuare a ragionare per compartimenti stagni, o pensare a soluzioni
auto referenziali che sono l'antitesi del concetto di integrazione.
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10. La crisi del Welfare in Sicilia – una possibile via d’uscita In una fase con forti tensioni sociali si acuiscono i fenomeni di marginalità sociale, non più
limitati a specifiche categorie sociali, bensì estesi a molte famiglie oramai a “rischio di
povertà”.
Si assiste sempre con maggiore frequenza a situazioni di degrado, di violenza, di
disperazione, che sono frutto della solitudine e della marginalità in cui si trovano tantissime
persone e famiglie, che non hanno strumenti propri e neppure strumenti di welfare a cui
aggrapparsi per superarle.
Se gli strumenti del welfare moderno devono necessariamente essere universalistici, non
può trascurarsi nessun cittadino nel suo bisogno particolare ed occorre attrezzarsi per una
risposta individuale.
Pur essendo ormai avviato da tempo il dibattito organico e complessivo sulla materia dei
servizi socio-assistenziali, che, grazie alla legge 328/2000, di riforma del sistema integrato
degli interventi e dei servizi sociali, è in rapida ed importante evoluzione, nel Sud non si è
riusciti ad orientare gli interventi al “principio di sussidiarietà”, ovvero al “primato” dei
cittadini e delle organizzazioni sociali.
Nei Piani di Zona dei Distretti socio-sanitari spesso non c’è corrispondenza tra azioni
progettuali e bisogni emersi sul Territorio.
Anche nel terzo settore si vive un momento di difficoltà e di disagio, sia per la distanza
esistente tra la politica e il mondo sociale, sia per le condizioni in cui si è costretti ad
operare.
Sempre più spesso, infatti, si assiste alla sospensione dei servizi essenziali da parte degli Enti
locali o ad impressionanti ritardi di pagamento, nei confronti degli enti sociali erogatrici
dei servizi e questo comporta gravi danni alla promozione umana.
I bilanci di previsione e le politiche di gestione, lungi dall’essere attenti alle esigenze dei
cittadini più deboli e lungi dall’essere stati confrontati con gli organismi del terzo settore,
prevedono spesso, costanti “tagli” alla spesa sociale, senza avere indicato in che modo
l’aumento dei bisogni possa essere soddisfatto con minori risorse.
Un patto per lo sviluppo economico e sociale del territorio siciliano
I “capisaldi”
Centralità della persona umana;
universalità della risposta al bisogno;
diritto del cittadino alla piena integrazione.
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La traduzione di questi capisaldi è in Livelli essenziali di assistenza (LIVEAS) e di cura (LEA)
garantiti a tutti i cittadini e, soprattutto, integrati fra loro ed integrati con i percorsi più
complessivi di qualità della vita (ambiente, abitazione, educazione, occupazione).
Alle sfide proposte dalle nuove povertà, c’è bisogno di rispondere con maggiore
flessibilità e con spirito di innovazione, coinvolgendo nella programmazione e nella
gestione le forme organizzate di cittadinanza.
Una politica che si rispetti deve lavorare perché cresca in tutti i cittadini la cultura del
bene comune da conseguire, da promuovere e da condividere.
Quando la ricchezza si concentra nelle mani di pochi il rischio che ne può derivare è
quello di una forte distorsione sociale e con tutte le conseguenze facilmente
immaginabili.
La POLITICA SOCIALE deve divenire una priorità di pensiero e di azione, che va al di là
degli schieramenti di parte e si schiera apertamente dalla parte dei cittadini più deboli.
Occorre costruire un Welfare per la promozione e la tutela dei diritti e lo sviluppo umano,
che non separi la crescita economica dal benessere sociale diffuso di tutte le persone.
Per questo il Welfare non è un costo ma un sostanziale investimento per il futuro della
Sicilia.
Le iniziative del Governo regionale (non ho traccia di iniziative parlamentari) e degli Enti
locali siciliani sono tutte orientate al contenimento della spesa ed alla lotta agli sprechi e,
dunque, sacrosante!
Mi chiedo se il contenimento della spesa e la lotta agli sprechi debbano partire dal
Sistema di Welfare, dalle Politiche sociali, sanitarie, educative, se, cioè, debbano pesare
sui cittadini più fragili.
POLITICA SOCIALE = BENE COMUNE?
Se la Politica sociale fosse orientata al “bene comune”, la Sicilia non si porrebbe in coda
a tutte le statistiche che guardano alla quantità e qualità dei servizi rivolti al benessere dei
cittadini, dalla salute ai servizi sociali, dall’istruzione alla formazione professionale, dalla
marginalità alle diseguaglianze sociali, dal turismo alla tutela dell’ambiente, dalla
sicurezza alla partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica.
Le premesse di una partnership fra pubblico e privato
Nella società moderna aumenta la domanda di servizi sociali. All’aumento ed alla
diversificazione della domanda deve affiancarsi un’adeguata offerta.
Questo quadro apre prospettive di azione imprenditoriale nei servizi di cura alle persone di
cui è attore principale il Terzo Settore.
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E’ ormai chiaro che siamo in una fase storica di particolare tensione sociale e di crisi del
modello tradizionale di Welfare. Una fase in cui la speranza della coesione sociale è
affidata in maniera peculiare alla spinta partecipativa dei cittadini organizzati nelle Forme
sociali, per un rilancio della democrazia rappresentativa e dell’idea di politica come
attenzione al bene comune.
E’ urgente rilanciare la sfida della partecipazione e della sussidiarietà, stare a fianco delle
persone più fragili, orchestrare politiche “dal basso” orientante al benessere ed alla
sicurezza sociale.
L’offerta di servizi sociali, tuttavia, non può essere assolta esclusivamente attraverso le
risorse dell’Ente pubblico e l’apporto qualificato del Terzo Settore.
Si apre, allora, uno spazio alla domanda privata, che richiede un diverso sistema
regolatore dell’offerta ed un diverso approccio ad opera del Terzo Settore.
Il Terzo Settore
Il Terzo Settore è l’insieme di Enti no profit che, progressivamente, si è affermato quale
soggetto complementare allo Stato ed agli Enti locali, per la programmazione e gestione
degli interventi sociali.
La natura dei soggetti di Terzo Settore (Cooperative sociali, Associazioni di volontariato,
Enti di promozione sociale, IPAB, Enti religiosi,…) è pubblica, ovvero si tratta di forme di
auto-organizzazione dei cittadini per dare risposta alle domande di servizi sociali.
Si pone, pertanto e da sempre, il tema del rapporto fra Ente pubblico e Terzo Settore. La
natura pubblica attribuita al Terzo Settore lo porta ad essere PARTNER della Pubblica
Amministrazione ed a contribuire in maniera peculiare alla programmazione degli
interventi sociali in una logica sussidiaria.
La prossimità del Terzo Settore rispetto al cittadino che esprime una domanda di servizi
sociali ne fa un eccellente “lettore” di tale domanda in favore della Pubblica
Amministrazione, alla quale, talvolta, si sostituisce.
Si pone da sempre il tema della regolamentazione del rapporto fra Pubblica
Amministrazione e Terzo Settore, poiché quest’ultimo è chiamato ad erogare prestazioni
sociali di cui è titolare l’Ente pubblico che le affida e le controlla.
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11. Appendice Normativa
● LEGGE REGIONALE 6 MAGGIO 1981, N. 87. INTERVENTI E SERVIZI IN FAVORE DEGLI
ANZIANI
● DECRETO 26 LUGLIO 1982 (ENTI LOCALI)- APPROVAZIONE DELLO SCHEMA – TIPO DI
REGOLAMENTO PER L’ORGANIZZAZIONE, LA GESTIONE E IL FUNZIONAMENTO DEI SERVIZI A
FAVORE DEGLI ANZIANI, DI CUI ALLA LEGGE REGIONALE 6 MAGGIO 1981, N. 87.
● LEGGE REGIONALE 25 MARZO 1986, N. 14, INTEGRAZIONI E MODIFICHE DELLE L.R. 6
MAGGIO 1981 N° 87 E NUOVE NORME IN MATERIA DI INTERVENTI E SERVIZI A FAVORE DEGLI
ANZIANI
● LEGGE N. 16 DEL 28/03/86 PIANO DI INTERVENTI IN FAVORE DEI SOGGETTI PORTATORI DI
HANDICAP AI SENSI DELLA LEGGE REGIONALE N.68 DEL 18/03/86
● LEGGE REGIONALE 22/86 RIORDINO DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI IN SICILIA
● DECRETO 11/12/86 ASSESSORATO DELLA SANITA’ DETERMINAZIONE DEGLI STANDARDS
DEL PERSONALE DI CUI DEVONO ESSERE DOTATI GLI ENTI E LE ISTITUZIONI ED ASSOCIAZIONI
PRIVATE CHE OPERANO NEL SETTORE DEI SERVIZI IN FAVORE DEI SOGGETTI PORTATORI DI
HANDICAP
● DECRETO 22/12/86 ASSESSORATO DEGLI ENTI LOCALI DIRETTIVE PER L’ATTUAZIONE DEI
SERVIZI DI AIUTO DOMESTICO, SOSTEGNO ECONOMICO ED ASSISTENZA ABITATIVA A AVORE
DELLE FAMIGLIE DEI PORTATORI DI HANDICAP
● DECRETO PRES. REGIONE 28/05/1987 REGOLAMENTO TIPO SULL’ORGANIZZAZIONE DEI
SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI
● DECRETO PRES. REGIONE 29/06/1988 STANDARD STRUTTURALI ED ORGANIZZATIVI DEI
SERVIZI E DEGLI INTERVENTI SOCIO-ASSISTENZIALI DI CUI ALLA L.R. 22/86
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● DECRETO E CIRCOLARE ASSESSORE ENTI LOCALI DEL 29/03/1989 ALBO REGIONALE PER
GLI ENTI E LE ISTITUZIONI SOCIO-ASSISTENZIALI PREVISTO DALL’ART. 26 DELLA LEGGE
REGIONALE 09.05.1986, N. 22
● CIRCOLARE ASSESSORE ENTI LOCALI N. 8 DEL 09/06/1989 ART. 27 L.R. 22/86. ISTITUZIONE
DELL’ALBO COMUNALE PER L’ISCRIZIONE DEGLI ENTI PRIVATI DI ASSISTENZA
● LEGGE N.27 DEL 07/08/1990 MODIFICHE, INTEGRAZIONI ED ULTERIORI DISPOSIZIONI PER
LA ATTUAZIONE DELLE LEGGI REGIONALI DEL 6 MAGGIO 1981, N.87 E 25 MARZO 1986, N. 14,
RECANTI ITERVENTI E SERVIZI A FAVORE DEGLI ANZIANI, E DELLA LEGGE REGIONALE 9
MAGGIO 1986, N. 22, DI RIORDINO DEI SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI.
● LEGGE N. 104 DEL 05/02/92 LEGGE – QUADRO PER L’ASSISTENZA, L’INTEGRAZIONE
SOCIALE E I DIRITTI DELLE PERSONE HANDICAPPATE
● DECRETO LEGISLATIVO N. 502 DEL 1992, E SUCCESSIVE MODIFICHE E INTEGRAZIONI
RIFORMA DEL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE
● LEGGE REGIONALE N.4 DEL 08/01/1996 MODALITA’ PER LA CONCESSIONE DEI SERVIZI
SOCIO-ASSISTENZIALI
● CIRC. ASS. EE.LL. 27/6/1996 N.8 CONTENENTE, FRA L’ALTRO, GLI SCHEMI DI CONVEZIONE-
TIPO PER L’EROGAZIONE DEI SERVIZI SOCIALI
● L.8 NOVEMBRE 2000 N. 328 RIFORMA DEL SISTEMA INTEGRATO DEGLI INTERVENTI E DEI
SERVIZI SOCIALI
● DPRS 11/5/00 PIANO SANITARIO REGIONALE 2000-2002
● ASSESSORE DELLA SANITA’ DECRETO N. 1049/01 LINEE GUIDA ORGANIZZATIVE DEL
DISTRETTO SANITARIO
● G.U.R.S. N. 57 DEL 13/12/2002 CIRCOLARE ASSESSORATO DEGLI ENTI LOCALI 28
NOVEMBRE 2002. RICOVERO DI SOGGETTI ANZIANI - DIRETTIVE DI APPLICAZIONE DEL
D.P.R.S. N. 158 DEL 4 GIUGNO 1996
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● DPRS 4/11/02 LINEE GUIDA PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO SOCIO-SANITARIO DELLA
REGIONE SICILIANA
L’ATTUAZIONE DELLA L. 328 IN SICILIA
● CIRC. ASS. 18 MARZO 2003 N° 85 RECANTE L’INDICE RAGIONATO PER LA STESURA DEL
PIANO DI ZONA
● D.P.R.S. 28 OTTOBRE 2005
D.P.R.S. 8 MAGGIO 2006
D.P.R.S. 23 MARZO 2007
D.P.R.S. 10 SETTEMBRE 2007
DI APPROVAZIONE DELLE LINEE GUIDA DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE 328 IN SICILIA PER IL
TRIENNIO 2004-2006
● D.P.R.S. 23 MARZO 2007
DI APPROVAZIONE DELLE LINEE GUIDA DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE 328 IN SICILIA PER IL
TRIENNIO 2007-2009
● D.P.R.S. 2 MARZO 2009
DI APPROVAZIONE DELLE LINEE GUIDA DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE 328 IN SICILIA PER IL
TRIENNIO 2010-2012
● CIRC. ASS. 27 APRILE 2009 N° 21200 RECANTE L’INDICE RAGIONATO PER LA STESURA DEL
PIANO DI ZONA
● COSTITUZIONE DEL “TAVOLO TECNICO PER L’INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SOCIO-SANITARI”
(DA N° 2616 DEL 9 OTTOBRE 2003),
● ATTO DI INDIRIZZO E COORDINAMENTO SULL'AFFIDAMENTO DEI SERVIZI PREVISTI DALLA
LEGGE 8 NOVEMBRE 2000, N. 328, ARTICOLO 5.
● IL D.LGS 163/2006 “CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E
FORNITURE IN ATTUAZIONE DELLE DIRETTIVE 2004/17/CE E 2004/18/CE” .
● ARTICOLO 20 DELLA LEGGE 6 FEBBRAIO 1996 N° 52 RECANTE “DISPOSIZIONI PER
L’ADEMPIMENTO DI OBBLIGHI DERIVANTI DALL’APPARTENENZA DELL’ITALIA ALLE COMUNITÀ
EUROPEE – LEGGE COMUNITARIA 1994”, CHE MODIFICA LA FORMULAZIONE
DELL’ARTICOLO 5 DELLA LEGGE 8 NOVEMBRE 1991 N° 381,
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● DECRETO PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIANA 25 OTTOBRE 1999. APPROVAZIONE
DEGLI STANDARDS STRUTTURALI E FUNZIONALI DELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI PER
SOGGETTI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI E DISABILI E ISTITUZIONE DELL'ALBO DEGLI ENTI
PUBBLICI E PRIVATI CHE INTENDONO CONCORRERE ALL'ATTIVITÀ SOCIO-SANITARIA
EROGATA PRESSO LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI.
● DECRETO PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIANA 11 MAGGIO 2000. PIANO SANITARIO
REGIONALE 2000/2002.
● ASSESSORE DELLA SANITA’ DECRETO 25 LUGLIO 2000. MODIFICA DEL DECRETO 11
DICEMBRE 1997, CONCERNENTE ELENCO DELLE PRESTAZIONI DI ASSISTENZA SPECIALISTICA
AMBULATORIALE, IVI COMPRESA LA DIAGNOSTICA STRUMENTALE E DI LABORATORIO,
EROGABILI NELL'AMBITO DEL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE E RELATIVE TARIFFE.
● DPCM 14 FEBBRAIO 2001 - ATTO DI INDIRIZZO E COORDINAMENTO IN MATERIA DI
PRESTAZIONI SOCIO-SANITARIE, PROMOSSO DAL MINISTRO DELLA SANITÀ DI CONCERTO
CON IL MINISTRO DELLA SOLIDARIETÀ SOCIALE,
● ASSESSORE DELLA SANITA DECRETO 17 GIUGNO 2002. DIRETTIVE PER L'ACCREDITAMENTO
ISTITUZIONALE DELLE STRUTTURE SANITARIE NELLA REGIONE SICILIANA.
● ASSESSORE DELLA SANITA’ DECRETO 27 GIUGNO 2002. DISPOSIZIONI RELATIVE
ALL'EROGAZIONE DI ALCUNE PRESTAZIONI IN ATTUAZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI DI
ASSISTENZA SANITARIA.
● DECRETO ASSESSORE DELLA SANITA’ 31 GENNAIO 2003. MODALITÀ DI ACCESSO E DI
EROGAZIONE DELLE PRESTAZIONI RIABILITATIVE AMBULATORIALI.
● DECRETO ASSESSORE DELLA SANITA’ 1 APRILE 2003 INTEGRAZIONI E MODIFICHE AL
DECRETO 31 GENNAIO 2003, CONCERNENTE MODALITÀ DI ACCESSO E DI EROGAZIONE
DELLE PRESTAZIONI RIABILITATIVE AMBULATORIALI.
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● DECRETO 5 DICEMBRE 2005. INTEGRAZIONI E MODIFICHE AL DECRETO 31 GENNAIO 2003,
RELATIVO ALLE MODALITÀ DI ACCESSO E DI EROGAZIONE DELLE PRESTAZIONI RIABILITATIVE
AMBULATORIALI E REVOCA DEL DECRETO 1 APRILE 2003.
● ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 4 LUGLIO 2003. LINEE GUIDA PER L'ASSISTENZA
SANITARIA AI CITTADINI EXTRACOMUNITARI DELLA REGIONE SICILIA.
● LEGGE REGIONALE 31/07/2003, N.10 NORME PER LA TUTELA E LA VALORIZZAZIONE DELLA
FAMIGLIA.- L’ART. 10 PREVEDE, IN ALTERNATIVA ALLE PRESTAZIONI DI NATURA RESIDENZIALE
EVENTUALMENTE DOVUTE, L’EROGAZIONE DI BUONI SOCIO-SANITARI ALLE FAMIGLIE CHE
COMPRENDONO NEL LORO AMBITO ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI O DISABILI GRAVI.
● DECRETO ASSESSORE DELLA SANITA’ 1 LUGLIO 2005. ADOZIONE DELLA MODULISTICA PER
RICHIEDERE L'ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE DELLE STRUTTURE SANITARIE NELLA REGIONE
SICILIANA, AI SENSI DELL'ART. 18 DEL DECRETO 17 GIUGNO 2002.
● DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE SICILIANA 2 GENNAIO 2006.
"PIANO TRIENNALE DELLA REGIONE SICILIANA A FAVORE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ"
● ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 1 FEBBRAIO 2007. LINEE GUIDA DI
ORGANIZZAZIONE DELLA RETE ASSISTENZIALE PER PERSONE AFFETTE DA DISTURBO AUTISTICO.
ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 3 MAGGIO 2007. APPROVAZIONE DELLA DIRETTIVA
PER L'ATTIVAZIONE IN VIA SPERIMENTALE DEL DIPARTIMENTO FUNZIONALE PER
L'INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA.
● ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 7 MAGGIO 2007. UNIFICAZIONE DEGLI
ACCERTAMENTI MEDICO-LEGALI DI CUI ALLE LEGGI N. 295/90 E N. 104/92.
● ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 28 NOVEMBRE 2007.
CONFERMA DEL DECRETO 20 GIUGNO 2007, CONCERNENTE DOCUMENTO DI
PROGRAMMAZIONE DELLA RETE REGIONALE DELLE STRUTTURE RESIDENZIALI R.S.A., E
MODIFICA DELLE PARTI IMPUGNATE E SOSPESE.
● GURS VENERDÌ 25 LUGLIO 2008 - N. 33 – DECRETO ASSESSORE DELLA SANITA’ - L’ACCESSO
ALLE CURE DOMICILIARI A FAR DATA DALL'1 OTTOBRE 2007 È DISCIPLINATO DALL'ALLEGATO
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AL PRESENTE DECRETO "NUOVA CARATTERIZZAZIONE DELL'ASSISTENZA TERRITORIALE
DOMICILIARE E DEGLI INTERVENTI OSPEDALIERI A DOMICILIO"
● LEGGE 9 OTTOBRE 2008, N. 10. ISTITUZIONE DELLA CONFERENZA PERMANENTE PER LA
PROGRAMMAZIONE SANITARIA E SOCIO-SANITARIA REGIONALE IN ATTUAZIONE DEL
COMMA 2BIS DELL'ARTICOLO 2 DEL DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, N. 502
● DECRETO 23 FEBBRAIO 2009. DISPOSIZIONI PER LA FORNITURA, IN VIA TEMPORANEA, DELLE
PRESTAZIONI DI ASSISTENZA SANITARIA INTEGRATIVA, LIMITATAMENTE ALLE PERSONE CON
STATI PATOLOGICI SEVERI CRONICI RIENTRANTI IN PROGRAMMI ASSISTENZIALI DI CURE
DOMICILIARI INTEGRATE E NON.
● LEGGE REGIONALE 14 APRILE 2009 N.5 NORME PER IL RIORDINO DEL SERVIZIO SANITARIO
REGIONALE
● ASSESSORATO DELLA SANITA' DECRETO 8 MAGGIO 2009. NUOVA ORGANIZZAZIONE DELLE
CURE PALLIATIVE IN SICILIA D.P.R.S. 22 SETTEMBRE 2009 DEFINIZIONE DEI DISTRETTI SANITARI
DELLA REGIONE AI SENSI DELL’ART. 12 DELLA LEGGE REGIONALE 14 APRILE 2009, N. 5.
● ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 24 SETTEMBRE 2009. RECEPIMENTO
DELL'ACCORDO TRA IL GOVERNO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E
BOLZANO, SUL DOCUMENTO CONCERNENTE "LINEE DI INDIRIZZO NAZIONALI PER LA SALUTE
MENTALE".
● ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 24 SETTEMBRE 2009. RECEPIMENTO
DELL'ACCORDO TRA IL GOVERNO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E
BOLZANO, SUL DOCUMENTO CONCERNENTE IL "PIANO ITALIANO D'AZIONE SULLE DROGHE".
● ASSESSORATO DELLA SALUTE D.A. 24 NOVEMBRE 2009 N. 2654/09 APPROVAZIONE DEL
“PROGRAMMA REGIONALE PER L’OTTIMIZZAZIONE DELLE PRESTAZIONI AMBULATORIALI”
RESE DALLE STRUTTURE SANITARIE PUBBLICHE OSPEDALIERE E TERRITORIALI
● ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 10 MARZO 2010. LINEE GUIDA SULLA
RIORGANIZZAZIONE DELL’ATTIVITÀ TERRITORIALE (PTA - CURE PRIMARIE - GESTIONE
INTEGRATA - DAY SERVICE TERRITORIALE)DI CUI ALL’ART. 12, COMMA 8, DELLA LEGGE
REGIONALE 14 APRILE 2009, N. 5.
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● ASSESSORATO DELLA SALUTE DECRETO 15 MARZO 2010. METODOLOGIA PER LA
DETERMINAZIONE DEGLI AGGREGATI DI SPESA PER LA SPECIALISTICA AMBULATORIALE
CONVENZIONATA ESTERNA E RELATIVI CRITERI PER LA DETERMINAZIONE DEL BUDGET PER
L’ANNO2010 DELLE SINGOLE STRUTTURE PRIVATE ACCREDITATE DA PARTE DEI DIRETTORI
GENERALI DELLE AZIENDE SANITARIE PROVINCIALI.
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