La rIForma deL mercaTo deL Lavoro - aidp.it · ti sociali, ma anche per tutti gli operatori del...

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In questo numero Il punto di vista di Salvatore Trifirò Ho l’onore di aprire la new- sletter di questo mese, dedicata ad un tema di viva attualità: la riforma del mer- cato del lavoro. La... Il punto di vista di Franco Toffoletto Ritengo siano due in par- ticolare i temi dai quali la riforma del diritto del lavoro non può più prescindere: la determinazione dei... Il punto di vista di Luca Failla L’Italia non è più in grado di attrarre investimen- ti dall’estero. Questo è un dato di fatto evidente ormai da alcuni anni. Negli... Il punto di vista di Gabriele Fava Il contesto giuslavoristico necessita di idee innovative e progressiste. Partendo da tali considerazioni, è auspi- cabile che gli esperti di... Il punto di vista di Sergio Barozzi Prima di entrare nel meri- to del documento AIDP sul mercato del lavoro vale la pena provare a inquadrare il problema partendo da dati oggettivi.... N° 22 - Febbraio 2012 LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO PER UNA RIFORMA ORGANICA di Andrea Orlandini Presidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia, Direttore Risorse Umane e Organizzazione, Sisal L a nostra associazione ha deciso di esporsi con proprie proposte nel di- battito in corso in questi mesi sui diversi temi della riforma del mercato del lavoro; tema caldissimo proprio in queste settimane, in questi giorni, perché al centro del confronto avviato dal Governo Monti e dal Ministro Fornero in particolare con tutte le parti sociali. Dopo anni d’immobilismo o, a volte an- che peggio, d’interventi sporadici, non organici, contraddittori, pare finalmente avviata con decisione una riflessione a tutto tondo su come ridare competitività al nostro sistema economico anche in tema di modernizzazione e profonda revisione del sistema lavoristico. In questo contesto, AIDP ha elaborato un documento di proposte pubblicato su questo numero della Newsletter, che per l’appunto vogliono provare a toccare, sia pure rapidamente, i molteplici punti che a nostro avviso andreb- bero rivisti per dare nuova reale competitività al nostro sistema. Quello che mi preme sottolineare è come sia importantissimo che le riforme questa volta siano veramente organiche, strutturali e coerenti. La concertazione tra le par- ti sociali rimane punto fondamentale per arrivare a modifiche il più possibile condivise e quindi socialmente accettate. L’errore da non commettere è però quello di una mediazione che, per non scontentare nessuno, scontenti tutti ma, soprattutto, che contenga norme che si annullano a vicenda invece che essere portatici di vantaggi esponenziali. Per questo a nostro avviso si deve innovare fortemente rompendo schemi, tabù e pregiudizi in un’ottica di reale modernizzazione che comporta per le par- ti sociali, ma anche per tutti gli operatori del mondo del lavoro, la capacità di ri- mettersi in gioco e uscire da comode quanto stagnanti abitudini e convinzioni. E così pensiamo che la riforma della giustizia e del processo del lavoro siano punti ineludibili per arrivare a modifiche del sistema delle garanzie e in parti- 1 © Leach - Fotolia.com

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In questo numero

Il punto di vista di Salvatore TrifiròHo l’onore di aprire la new-sletter di questo mese, dedicata ad un tema di viva attualità: la riforma del mer-cato del lavoro. La...

Il punto di vista di Franco Toffoletto Ritengo siano due in par-ticolare i temi dai quali la riforma del diritto del lavoro non può più prescindere: la determinazione dei...

Il punto di vista di Luca FaillaL’Italia non è più in grado di attrarre investimen-ti dall’estero. Questo è un dato di fatto evidente ormai da alcuni anni. Negli...

Il punto di vista di Gabriele FavaIl contesto giuslavoristico necessita di idee innovative e progressiste. Partendo da tali considerazioni, è auspi-cabile che gli esperti di...

Il punto di vista di Sergio BarozziPrima di entrare nel meri-to del documento AIDP sul mercato del lavoro vale la pena provare a inquadrare il problema partendo da dati oggettivi....

N° 22 - Febbraio 2012

La rIForma deL mercaTo deL Lavoro

Per uNa rIForma orGaNIcadi andrea orlandiniPresidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia, Direttore Risorse Umane e Organizzazione, Sisal

La nostra associazione ha deciso di esporsi con proprie proposte nel di-battito in corso in questi mesi sui diversi temi della riforma del mercato del lavoro; tema caldissimo proprio in queste settimane, in questi giorni,

perché al centro del confronto avviato dal Governo Monti e dal Ministro Fornero in particolare con tutte le parti sociali. Dopo anni d’immobilismo o, a volte an-che peggio, d’interventi sporadici, non organici, contraddittori, pare finalmente avviata con decisione una riflessione a tutto tondo su come ridare competitività al nostro sistema economico anche in tema di modernizzazione e profonda revisione del sistema lavoristico.In questo contesto, AIDP ha elaborato un documento di proposte pubblicato su questo numero della Newsletter, che per l’appunto vogliono provare a toccare, sia pure rapidamente, i molteplici punti che a nostro avviso andreb-bero rivisti per dare nuova reale competitività al nostro sistema. Quello che mi preme sottolineare è come sia importantissimo che le riforme questa volta siano veramente organiche, strutturali e coerenti. La concertazione tra le par-ti sociali rimane punto fondamentale per arrivare a modifiche il più possibile condivise e quindi socialmente accettate. L’errore da non commettere è però quello di una mediazione che, per non scontentare nessuno, scontenti tutti ma, soprattutto, che contenga norme che si annullano a vicenda invece che essere portatici di vantaggi esponenziali.Per questo a nostro avviso si deve innovare fortemente rompendo schemi, tabù e pregiudizi in un’ottica di reale modernizzazione che comporta per le par-ti sociali, ma anche per tutti gli operatori del mondo del lavoro, la capacità di ri-mettersi in gioco e uscire da comode quanto stagnanti abitudini e convinzioni. E così pensiamo che la riforma della giustizia e del processo del lavoro siano punti ineludibili per arrivare a modifiche del sistema delle garanzie e in parti-

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colare del famoso art. 18; che queste modifiche siano a loro volta strettamente connesse a una forte riduzione dei contratti atipici in un contesto che tenda a semplifi-care l’articolazione contrattuale e a ridurre il precariato; e che però architrave di queste modifiche siano la revi-sione dei sistemi di assistenza e welfare, ma anche di riduzione dell’attuale insostenibile divario tra costo del lavoro e netto percepito. E ancora che lotta all’evasione contributiva e fiscale siano elementi fondamentali per trovare risorse economiche, ma anche per creare un sistema di equità e corretta concorrenza tra le aziende senza penalizzare chi rispetta le leggi a favore di chi evade le norme. Potremmo poi citare serie ed efficaci misure per garan-tire la sicurezza sul lavoro, politiche di formazione per i lavoratori reali ed efficaci e, ultimo punto citato, ma certamente tra i più importanti, la rivisitazione di tutte le

norme sulla contrattazione e sulla rappresentatività sin-dacale che diano al nostro sistema certezze e maggiore flessibilità e velocità di adeguare le realtà contrattuali alle dinamiche economiche.AIDP vuole essere a livello nazionale punto di riferimen-to di questo dibattito ed è quindi con grande piacere che a livello lombardo abbiamo deciso di dedicare in-teramente questo numero della Newsletter Lavoro a un confronto con gli operatori del diritto su questi punti rac-cogliendo idee, proposte e punti di vista. Siamo certi che sarà un confronto d’idee stimolante e vi anticipiamo che continuerà in un importante conve-gno in fase di organizzazione per il giorno 5 marzo in collaborazione con gli amici del Centro Studi Domenico Napoletano- Sezione di Milano.Buona lettura e aspettiamo altri interessanti contributi da chiunque fosse interessato a farci avere le sue idee. •

Premessa

Il nostro Paese vive una fase di profonda crisi economica e sociale; uno dei temi certamente cruciali per affrontare questa crisi italiana e per ridare al nostro Paese forza competitiva, prospettive di crescita e di sviluppo è quello del lavoro e delle sue regole.

Pare a tutti evidente che in generale l’Italia ha bisogno di snellire, sburo-cratizzare e rendere più certo e controllato tutto il suo sistema di regole che oggi la penalizza fortemente rispetto ad altri paesi; il nostro Paese è caratterizzato da uno strano miscuglio di leggi complesse e spesso di ar-dua interpretazione, un sistema di regole burocratiche volte più a frenare e controllare all’inizio piuttosto che a controllare rigidamente gli abusi e a favorire. Il tutto aggravato dalla lentezza e farraginosità di tutto il sistema giudiziario, e di quello civilistico in particolare, che rende aleatoria ogni azione volta a tutelare e dare certezze.

In campo lavoristico questo porta, ad esempio, da un lato a non tutelare adeguatamente i lavoratori di fronte ad eventuali abusi, dall’altro a non dare certezze alle aziende in tema di tempi e costi delle cause di lavoro.

Questo “sistema di regole incerte” ha resistito, bene o male, per decen-ni anche grazie a una tutto sommato continua crescita economica del sistema, a una forte rilevanza del mercato italiano rispetto all’economia mondiale che induceva i grandi gruppi internazionali a lavorare e investire comunque in Italia, a una coesione sociale e sindacale indotta anche da forti valori di base, a uno sviluppo delle tecnologie - in particolare informa-

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tiche - ancora non in grado di consentire grandi opere di decentramento e accentramento produttivo e direzionale.

Tutte le condizioni sopra descritte sono venute meno rapidamente e ciò ha comportato una marginalizzazione della nostra economia, una fuga degli investitori internazionali, un decentramento delle attività produttive verso sistemi a minor costo e maggior flessibilità e un accentramento delle atti-vità di guida e direzione verso Paesi più avanzati, sedi dei grandi Gruppi multinazionali.

Non sta a noi proporre in questa sede interventi di tipo macro economico più complessivo per lo sviluppo del Paese; ma di certo, come operatori nel e del mondo del lavoro, vogliamo farci carico di proporre al dibattito delle parti sociali (organizzazioni imprenditoriali, organizzazioni sindacali, associazioni cooperative), degli operatori ed esperti del diritto e del le-gislatore italiano alcuni punti a nostro avviso fondamentali per riformare profondamente le regole del mondo del lavoro al fine di favorire un sistema complessivo caratterizzato da:

regole• certe, snelle, eque, attuabili e successivamente controllate nella loro effettiva applicazione con pene severe per chi le disatten-de; riduzione del costo del lavoro• (il nostro differenziale tra retribuzio-ne nette e costo del lavoro è uno dei più alti al mondo) per dare più competitività ma soprattutto per rendere più equo il nostro sistema retributivo e liberare risorse economiche per favorire i consumi; flessibilità e sicurezza• , per garantire nello stesso tempo maggiore competitività al nostro sistema economico e un sistema più avanza-to, reale ed equo di garanzie per i lavoratori in ingresso nel mondo del lavoro e per quelli in difficoltà per processi di crisi o ristruttura-zione.

1) Le reGoLe (sistema di contrattazione - rappresentatività - gestione del contenzioso - tutela della sicurezza sul lavoro)

Lavorare per un sistema di • relazioni industriali e di contrattazione condiviso, che tuteli tutti i lavoratori e che dia certezze al sistema del-le imprese e fiducia agli operatori nazionali e internazionali; in questo contesto l’idea di fondo, in un sistema industriale italiano molto parcel-lizzato, è quella di mantenere una contrattazione nazionale suddivisa su pochi contratti volti a definire le condizioni minime inderogabili dei contratti. Appare invece controproducente moltiplicare i contratti na-zionali per cercare di adeguarli alle sempre più articolate realtà econo-miche: meglio quindi ridurli e favorire invece, come tracciato dall’accor-do del 28 giugno, una contrattazione a livello aziendale che meglio può consentire alla libera contrattazione delle parti di giungere ad accordi volti ad adeguare i contratti alle necessità, consentendo maggior fles-sibilità e rapidità di risposta alle variabili economiche. Appare invece assolutamente superfluo e non praticabile un livello territoriale di con-trattazione.

Corollario indispensabile del punto precedente è quello di giungere •finalmente ad attuare il dettato costituzionale stabilendo i criteri di rappresentatività delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ma an-che, visti i recenti sviluppi nel mondo industriale, quelle del mondo da-toriale. Solo in questo modo si potrà garantire reale rappresentatività, certezza degli interlocutori abilitati, libera concorrenza delle idee e del-le organizzazioni e, in definitiva, miglior tutela degli interessi e maggior certezza per tutte le parti interessate.

Rispetto delle regole sulla • sicurezza del lavoro; anche in questo caso si tratta di un interesse comune. Il rispetto del diritto inderogabile alla salute e alla vita sono naturalmente alla base di questa necessità in un

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Paese che conosce ancora oggi veramente troppi incidenti e morti sul lavoro. Questo si traduce però anche in un forte esborso economico per lo stato che potrebbe spendere di più e meglio nella prevenzione; e, di nuovo come al punto precedente, per le aziende in regola che spendono somme anche ingenti nei piani e nelle misure di sicurez-za trovandosi poi di fronte alla concorrenza economica scorretta di chi non rispetta queste regole. Per essere veramente efficaci biso-gnerebbe spostare il peso dei costi e delle attenzioni del legislatore e degli enti pubblici dal proliferare di norme apparentemente sempre più stringenti ma, spesso, più orientare a porre vincoli formali che a puntare realmente ad una effettiva sicurezza. Ancora una volta, regole più chiare e semplici e controlli molto più rigorosi ed efficaci sulla reale presenza delle misure di sicurezza più che sul rispetto di complessi e inutili adempimenti formali.

2) IL coSTo deL Lavoro (riduzione differenziale netto/costo - premi di partecipazione - previdenza integrativa e welfare)

la riduzione strutturale del differenziale tra la retribuzione netta •dei lavoratori e il costo del lavoro delle aziende è uno dei punti nodali per il recupero di competitività del nostro sistema produttivo; il nostro differenziale è probabilmente uno dei più alti al mondo e pro-duce,daunlato,unafortedifficoltàcompetitivaperlenostreaziendee, dall’altro, una forte penalizzazione dei redditi riducendo la capacità dispesae,indefinitiva,riducendoiconsumiequindileopportunitàdicrescita economica. Un circolo vizioso che termina con la riduzione delgettitofiscalesullavoro,sugliutiliesulletransazionieconomiche.In tempi di forte debito pubblico, il finanziamento di queste misuredovrebbe derivare da un lato proprio dall’instaurarsi di un circolo vir-tuoso e da un aumento del PIL e dei consumi, dall’altro da una seria lottaall’evasionefiscaleecontributivache,tral’altro,avrebbealmenoaltri due obiettivi: - tutelare la contribuzione dei lavoratori in un sistema previdenzialechegiàconoscefortidifficoltà;-garantirelaliberaecor-retta concorrenza senza penalizzare gli operatori economici onesti a vantaggio di chi evade.

Sempre su questo tema va favorita una più significativa • decontribu-zione e defiscalizzazione dei premi di partecipazione aziendali sostenendo quelli realmente collegati a indici di redditività e produttivi-tà. Tra l’altro questa misura darebbe maggior impulso alla contrattazio-ne aziendale e favorirebbe intese anche volte a migliorare efficienza e produttività, garantendo nel contempo un costo del lavoro più aderente agli andamenti economici e quindi, in definitiva, maggior competitività per le aziende e minori rischi occupazionali.

L’ultimo punto sul tema del costo del lavoro è quello di favorire ulterior-•mente, senza sostanziali aggravi per l’erario e con potenziali benefici in prospettiva, l’espandersi di forme di previdenza integrativa e di as-sistenza sanitaria ma anche l’introduzione di forme più ampie di defi-scalizzazione e decontribuzione di interventi volti a favorire operazioni di welfare aziendale.

3) FLeSSIBILITà e SIcurezza (formazione - licenziamenti collettivi - licenziamenti individuali - precariato)

primo punto di un sistema di “flexsecurity” dovrebbe essere quello •degli investimenti in formazione; a partire da un sistema istruttivo veramente e omogeneamente di alto livello e soprattutto in grado di

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favorire quella dinamica sociale che oggi sempre più manca, inges-sando in questo modo il nostro sistema e non permettendo ai migliori di emergere.

Questo è un prerequisito indispensabile per il sistema produttivo: di-sporre di risorse umane adeguatamente formate e preparate è con-dizione indispensabile per la competitività delle nostre imprese ma è, allo stesso tempo, condizione determinante perché i lavoratori abbiano competenze tali da consentire loro di affrontare con maggiori oppor-tunità le dinamiche del mercato del lavoro anche e soprattutto nei mo-menti di difficoltà. Da questo punto di vista serve anche un sistema di formazione nelle aziende che veda sempre più lavorare insieme - anche meglio utilizzando i fondi a disposizione - aziende, sindacati, regioni e stato. La contrattazione nazionale dovrebbe, da questo punto di vista, favorire sempre più gli investimenti formativi anche con il sup-porto di agevolazioni pubbliche.

Le riduzioni di organico derivanti da • licenziamenti collettivi per crisi aziendali e di settore sono le più drammatiche per l’occupazione e per le persone, eppure oggi sono di fatto quasi le meno tutelate. Occorre potenziare gli strumenti di welfare sociale, gli ammortizzatori sociali, gli strumenti di reinserimento per aiutare le persone in difficoltà e per supportare i periodi di transizione da un lavoro all’altro.

Va affrontato il nodo dei • licenziamenti individuali, punto che però va visto nella sua realtà e fuori da ideologismi contrapposti. L’art 18 deve essere mantenuto nella sua attuale formulazione per i licenzia-menti discriminatori (com’era tra l’altro nelle intenzioni originarie del legislatore della Legge 300); andrebbe quindi modificato e reso meno vincolante, non prevedendo ad esempio più il reintegro ma solo dei risarcimenti, per le altre forme di licenziamento (scarso rendimento, revisione organizzativa..). La valenza di questa modifica non incide-rebbe in maniera significativa sulla garanzia del posto del lavoro, spe-cie se contestuale a un processo del lavoro reso rapido ed efficiente, ma certamente favorirebbe la produttività aziendale, eviterebbe in via “preventiva” il formarsi di sacche di inefficienza, darebbe alle aziende maggior certezza della prestazione e minori timori verso la stabilizza-zione dei contratti.

Anche a fronte di tale minor rigidezza della legislazione sui licenzia-•menti, vanno rafforzati gli strumenti di assistenza e in particolare van-no previste forme integrative di indennità di disoccupazione; questo obiettivo può essere raggiunto anche prevedendo interventi aziendali obbligatori simili, ad esempio, alle forme di integrazione dei trattamenti di mobilità già adesso di fatto erogate da molte aziende nei casi di licenziamenti collettivi. Parte di queste risorse provenienti dal mondo aziendale potrebbero anche essere utilizzate per finanziare processi di ricollocazione e riqualificazione professionale volti a favorire, an-che attraverso le Agenzie per il lavoro o raggruppamenti d’impresa, la ricollocazione dei lavoratori in altre aziende che potrebbero anche usufruire di agevolazioni derivanti da questi fondi.

Contestualmente andrebbe rivisto il sistema di flessibilità, spesso di-•ventato di precarietà, che colpisce soprattutto il mondo dei giovani e delle persone in cerca di rioccupazione. Bisognerebbe lavorare su una riduzione temporale e sulla reiterabilità dei contratti a termine (a fron-te magari dell’eliminazione della necessità di una motivazione spesso fasulla e foriera di cause), sulla lotta all’abuso delle forme anomale di rapporto di lavoro (contratti a progetto, partite IVA, lavoro in nero in toto) e su un utilizzo meno spregiudicato di forme di inserimento sul lavoro. Questo obiettivo va perseguito da una parte, rendendo meno esteso come motivazione e meno proficuo economicamente il ricorso a queste forme di contratti atipici; dall’altra, rifacendosi a modelli che - in un certo senso - tornino a prevedere il contratto a tempo indetermi-nato come la forma prevalente del nostro ordinamento lavoristico ma in un contesto di minor rigidità dello stesso in uscita.

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Ho l’onore di aprire la newsletter di questo mese, dedicata ad un tema di viva attualità: la riforma del mercato del lavoro. La persistente crisi eco-

nomica, la crescente disoccupazione e il nuovo pre-occupante fenomeno dell’inoccupazione impongono, infatti, la necessità di efficaci e tempestivi interventi sul mercato del lavoro per far ripartire il Paese. È il mo-mento decisivo per attuarli, se non vogliamo che l’Italia volga ad un inesorabile quanto sempre più rapido de-clino. Condivido in pieno la posizione di Aidp che rispecchia quanto da tempo vado ripetendo ed è a mio avviso la sola strada da intraprendere. Il primo passo, infatti, è semplificare: mettendo fine alle innumerevoli leggi vigenti, mal scritte e foriere di incer-tezze che, nella loro applicazione pratica, come ben tutti sappiamo, costano caro alle aziende. L’idea sa-rebbe quella di avere un Codice del Lavoro con pochi articoli, nei quali si condensi tutta l’essenza del diritto del lavoro. Poche ma semplici regole: che disciplinino i rapporti di lavoro, le relazioni sindacali, la sicurezza sul lavoro, il processo.Il secondo passo è sgravare le aziende di costi inutil-mente gravosi, riducendo la pressione fiscale e con-tributiva al fine di incentivare la competitività delle im-prese ed il recupero del potere d’acquisto dei salari; prevedendo incentivi per le imprese virtuose che assu-mono e/o investono in forme di previdenza integrativa e assistenza sanitaria.Il terzo passo è intervenire sulla flessibilità in entrata, introducendo, a fronte delle molteplici tipologie dei rap-porti di lavoro sospesi tra subordinazione/parasubor-dinazione/autonomia, due sole forme di contratti di la-voro, subordinato e autonomo. In particolare, per quel che riguarda la subordinazione, introdurrei un unico contratto di lavoro, prevedendo per un periodo iniziale non inferiore a 18/24 mesi la possibilità delle parti di recedere liberamente dal rapporto. Decorso tale perio-do, il rapporto diventerebbe automaticamente a tempo indeterminato. Limiterei, invece, il ricorso alle assun-zioni a tempo determinato solo per esigenze sostitutive o per far fronte a picchi di produttività. Al di fuori di tali ipotesi, non consentirei la stipulazione di contratti a termine.Quanto al lavoro autonomo, gli da-rei maggiore spazio anche nell’ambito dell’impresa. Per ridurre ulterior-mente il tasso di disoccupazione, giovanile e non solo, la soluzione è qui davanti: l’im-presa del futuro più flessibile che mai, fondata su rapporti di lavoro autonomo certifi-cati. Liberi, questi ultimi, dal sistema

parassitario e soffocante delle contribuzioni c.d. sociali, sostituiti da polizze assicurative private; liberi dalla c.d. tutela sindacale. Il diritto vivente insegna che qualsiasi attività umana - da quella del professionista, ingegnere, avvocato, eccetera fino a quella dell’uomo delle pulizie - può essere data o in regime di autonomia o in regime di subordinazione. E allora perché non dar vita a que-sti rapporti sia pure caratterizzati dalla continuità della prestazione, da retribuzione fissa, da direttive e con-trolli sull’esecuzione della prestazione, dalla messa a disposizione da parte del datore di lavoro di uffici, scri-vanie, telefoni e segreterie, insomma con tutto l’apporto che l’organizzazione imprenditoriale può offrire? Il lavo-ratore vedrebbe rivalutata la propria professionalità e riceverebbe gratificazione dal proprio lavoro attraverso assunzione di responsabilità maggiori e attraverso una maggiore redditività della propria prestazione. Il datore di lavoro vedrebbe realizzata un’impresa flessibile fon-data su personale altamente motivato. Per incentivare la diffusione dei rapporti di lavoro autonomo si potrebbe pensare a maggiori compensi, così come all’assenza di vincoli di esclusiva nei confronti del datore da parte del lavoratore, libero di lavorare anche per altri, sia pure nel rispetto dei principi di correttezza, buona fede e ri-servatezza. L’ultimo passo riguarda la c.d. flessibilità in uscita: sul fronte dei licenziamenti individuali modificherei l’art. 18, sostituendo la reintegrazione “forzosa” con la “reinte-grazione per equivalente” e ciò nella misura già pre-vista dallo stesso art. 18 (o altra da concordare), con la sola esclusione del pagamento delle retribuzioni dalla data del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e con il solo limite della reintegrazione forzosa per i licenziamenti discriminatori; sul fronte dei licenziamenti collettivi, semplificherei la procedura, ri-ducendo le tempistiche e limitando il confronto con le organizzazioni sindacali ad unico momento finale, con la possibilità di ricorrere, in caso di mancato accordo, ad appositi organi territoriali la cui decisione sarebbe insindacabile.Infine, prevedrei incentivi e/o sgravi fiscali per le aziende in crisi che cedono i contratti di lavoro ad altre aziende nonché per quest’ultime che assumono i dipendenti.•

* Partner, Trifirò & Partners - Avvocati

IL PuNTo dI vISTa dISalvatoreTrifirò*

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Ritengo siano due in particolare i temi dai quali la riforma del diritto del lavoro non può più pre-scindere: la determinazione dei criteri di rappre-

sentatività e la soppressione della reintegrazione come unico rimedio al licenziamento ingiustificato, così come è previsto dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, en-trambi segnalati dall’AIDP.

Il primo tema è assai complesso, e trova la sua fonte nell’art. 39 della Costituzione, norma che, come si sa, non è mai stata attuata. Non possiamo in questa sede affrontare il perché ciò non sia avvenuto, ma è impor-tante ricordare il contenuto di tale importante disposi-zione, che, troppo spesso, si dimentica. In essa si pre-vede, dopo aver disposto il principio di libertà sindacale (che implica anche il diritto di ognuno di non aderire ad alcuna associazione sindacale), che i contratti collettivi, per avere efficacia erga omnes, cioè per tutti i datori di lavoro e per tutti i lavoratori, devono essere stipulati da una «rappresentanza unitaria» composta dalle orga-nizzazioni sindacali in proporzione ai propri iscritti. La norma, quindi, impone, in primo luogo che le organiz-zazioni sindacali certifichino la loro reale consistenza numerica, ed in secondo luogo che il contratto colletti-vo non sia stipulato direttamente da loro, ma, appunto, da un agente contrattuale che viene costituito tenuto conto della loro reale consistenza numerica. Lo stesso meccanismo vale per le organizzazioni datoriali. L’art. 8 della L. 148 del 2011, va in questa direzione (anche se bisognerebbe fare di più), mentre non pare risolutivo l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011. Il condi-visibile ricorso dell’a.i. ad un principio maggioritario (e non unanimistico) quale veicolo di estensione dell’ef-ficacia soggettiva dei contratti collettivi aziendali, non risolve infatti, (stante la sua natura privatistica e quindi la limitata efficacia soggettiva) il problema dell’efficacia verso tutti i lavoratori. I contratti aziendali restano non

opponibili agli iscritti ai sindacati non firmatari dell’a.i. e ai lavoratori non iscritti ad alcun sindacato.

Per quanto riguarda l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, è evidente che il confronto internazionale ci impone di sostituire la reintegrazione come unico rimedio esperi-bile contro un licenziamento ingiustificato, con il paga-mento di una somma a titolo di risarcimento del dan-no che deve essere determinata anche nel massimo. Per fare un recente esempio, la Spagna ha in questi giorni promulgato una profonda riforma del diritto del lavoro, che tra i tanti, tocca anche il tema della misura del risarcimento che viene limitato a 24 mesi, contro i 42 precedenti. Si potrebbe fare lo stesso, mantenendo l’attuale limite di sei mesi per le aziende con meno di 15 dipendenti e forse, introducendo un limite intermedio per le aziende con meno di 50.

In tema di contenzioso, ed in particolare per quanto ri-guarda il ricorso all’arbitrato, da una ricerca di qualche anno fa fatta dall’European Employment Lawyers As-sociation è emerso lo scarso utilizzo di tale strumen-to: in primo luogo perché costa troppo, motivo per cui si utilizza nelle controversie commerciali di altissimo valore. Inoltre, non è detto che duri meno e comun-que certamente è drammaticamente pericoloso per le aziende perché, di fatto, impedisce la possibilità di ri-correre in appello. Il problema del contenzioso del la-voro non si risolve né aumentando il ricorso all’arbitrato né modificando il codice di procedura civile. I problemi sono ben altri: il primo sta nel mal funzionamento di alcuni uffici giudiziari, come è dimostrato dal fatto che in molte sedi, invece, il processo funziona. Il secondo consiste nell’avere un corpo legislativo alquanto caoti-co. Il terzo, e forse più rilevante, nel fatto che nel nostro paese ogni giudice può scrivere la propria sentenza (ed anche stabilire le proprie regole processuali) senza sentirsi minimamente vincolato dalle precedenti deci-sioni della Corte di Cassazione e molto spesso neppu-re della Corte di Giustizia europea. Forse si dovrebbe cominciare da qui. •

* Partner, Toffoletto De Luca Tamajo e Soci

IL PuNTo dI vISTa dIFranco Toffoletto*

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L’Italia non è più in grado di attrarre investimenti dall’estero. Questo è un dato di fatto evidente or-mai da alcuni anni. Negli ultimi anni, poi, la crisi

economica ha influito sempre più pesantemente su que-sto fattore le cui origini affondano anche in alcune rigidi-tà proprie del nostro diritto del lavoro che, via via, sono divenute difficoltà strutturali. È ormai ineludibile un intervento riformatore. Il tema a mio avviso non è (solo) “l’art. 18” e il connesso tema dei licenziamenti. A mio avviso, la sfida prioritaria è data dalla reale capa-cità di snellimento e rinnovamento del nostro diritto del lavoro, come ad esempio previsto da alcuni progetti di legge. Il diritto del lavoro deve perdere progressivamente la sua inderogabilità ed indeterminatezza a favore di una flessi-bilità contrattata in “sicurezza”.

Ma quale strada seguire?La funzione storica del nostro diritto del lavoro è sem-pre stata quella della tutela del lavoratore. Il diritto del lavoro, infatti, è nato con la precisa funzione di tutelare il contraente considerato “più debole” e di “riequilibrare” i rapporti di forza fra le parti del contratto.Su questi elementi di tutela è quindi nata tutta la legi-slazione che conosciamo, oggi cresciuta a dismisura. Ci troviamo davanti ad un sistema di regole a dir poco “alluvionale”, complicato e di difficile interpretazione, che tutela solo chi il lavoro ce l’ha ed è poco funzionale per coloro che sono alla ricerca di prima o nuova occupa-zione.Ora però le cose sono (anche drammaticamente) cam-biate. Da un lato al diritto del lavoro viene chiesto di “oc-cuparsi” sempre più di chi è senza lavoro (giovani, don-ne e disoccupati) e dall’altro - lo vediamo costantemente - al diritto del lavoro viene chiesto anche di “svecchiare”

il sistema produttivo, di superare le vischiosità ed i fre-ni che ancora esistono, diventando un elemento della “competizione” globale.L’inderogabilità delle norme da un lato e la loro inde-terminatezza e genericità dall’altro (si pensi a concetti come la giusta causa, giustificato motivo, equivalenza professionale etc.) sono a mio avviso, il problema princi-pale del nostro diritto del lavoro. Tali elementi, infatti, generano alla fine incertezza per le aziende circa le conseguenze delle decisioni assunte; elemento questo che come sappiamo, è il peggior ne-mico delle imprese anche nelle scelte di investimento da attuare nel Paese.

La mia proposta è semplice: sulla strada che era stata lanciata timidamente dal Collegato Lavoro al suo artico-lo 30, c. 3, nel lasciare alle parti la facoltà di “specificare” i concetti ed i casi di risoluzione del rapporto di lavoro a cui il Giudice del lavoro si sarebbe dovuto attenere in caso di contenzioso (norma questa mi pare non colta appieno nel suo forte significato innovativo anche dal-le aziende), andrebbe lasciato alle parti del rapporto di lavoro di determinare, anche solo in via sperimentale, ma autonoma, a certe condizioni (magari per il raggiun-gimento delle finalità già identificate dall’art. 8 del tan-to criticata D.L. n. 138/11) le “regole del gioco”, intese queste sia come “specificazione vincolante” delle norme generali troppo spesso lasciate alla interpretazione del Giudice (penso alla giusta causa, al giustificato motivo ma non solo, pensiamo alla definizione in via pattizia di un concetto di rendimento) sia alla “deroga” pattizia delle norme inderogabili previste dal nostro ordinamen-to (pensiamo a quanta sperimentazione e flessibilità in azienda si potrebbero ottenere, anche nell’interesse dei lavoratori, se a condizioni prefissate e “garantite” si po-tessero avviare delle sperimentazioni sui livelli superiori e sulle posizioni senza i vincoli fissati da tale norma).Solo così le parti - e le imprese – potranno far fronte alle mutevole esigenze del mercato e dell’organizzazione del lavoro. •

* Partner, LABLAW Studio Legale

IL PuNTo dI vISTa dILuca Failla*

A MILANO 3 GIORNATE CON FEDERMANAGER ACADEMY

Federmanager Academy, la nuova bu-siness school lanciata da Federmanager nazionale, propone SAILING, un insie-me di corsi molto approfonditi con rela-tori italiani e stranieri di eccellenza

(www.federmanageracademy.it, col catalogo SAILING in home page).

In particolare FMA segnala 3 giornate che si terranno in ALDAI e che costituiscono un percorso di altissimo livello per contenuti e relatori sul tema trasversale della STRATEGIA AZIENDALE.

5 marzo• - “Il nuovo impegno dei Risk Manager: costruire una strategia sostenibile per l’azienda”. Relatore Giovanni Basile, partner e socio fondatore di Teikos Consulting (Bolo-gna – Modena - Forlì).

14 marzo• - “L’evoluzione della Balanced Score Card e l’Execution Premium”. Relatore Cristiano Daolio, consu-lente di direzione e partner di Tantum Group, una società che ha un rapporto privilegiato con gli ideatori della Balanced

Scorecard, i professori della Harvard Business School Robert S. Kaplan e David P. Norton, con i quali collabora.

A • maggio 2012 la giornata su “Strategy Execution and Competitive Advantage”, organizzata con Tantum Group, attraverso una presenza eccezionale come ROBERT KA-PLAN, con l’obiettivo di fornire alle aziende, sulla base delle best practices e di casi di eccellenza a livello internazionale, una panoramica completa del ciclo di gestione della strategia.

Ora e luogo: 9,30-18,30. Sede ALDAI (via Larga 31, Milano, a pochi metri dalla fermata Missori Metro linea 3).

Info e iscrizioni (anche col conto formazione Fondirigenti o col vou-cher Fondo Dirigenti PMI): [email protected]; 06/44070231).

Agli iscritti AIDP è riservato lo sconto previsto per iscritti Federma-nager, 550€ + iva a giornata anziché 650€ + iva.

Per singoli o aziende è possibile un abbonamento a 6 o 10 giornate (2800€ + iva; 4500€ + iva), che danno diritto a recuperare una giornata che non si è potuto frequentare, o a cambiare i nominativi dei corsisti.

La riforma del mercato del lavoro8

Il contesto giuslavoristico necessita di idee in-novative e progressiste. Partendo da tali consi-derazioni, è auspicabile che gli esperti di diritto

del lavoro avanzino proposte di legge che per-mettano alla disciplina di evolversi ed adattarsi ai “nuovi” tempi. Credo che un’idea attuale sia certamente la flex-security, cioè la flessibilità del rapporto di lavoro, che garantisce uno stipendio certo a tutti coloro che, a vari livelli, stipulano un contratto di lavoro. La flexsecurity è uno strumento semplice ma effi-cace, perché è un modello di protezione della si-curezza economica e professionale dei lavoratori dipendenti, sulla base di accordi sindacali nelle aziende consenzienti. L’idea è quella di coniuga-relamigliorflessibilitàdellagestionedelrappor-to di lavoro (ad es. orario, mansioni, retribuzioni) con la miglior sicurezza dei lavoratori nel mercato del lavoro. Così facendo si renderà credibile ed affidabileilcontrattoatempoindeterminato.A mio avviso, di primaria importanza è anche un’adeguata normativa sul welfare aziendale, con riferimento a diversi ambiti tra i quali anche la ces-sione di beni al dipendente da parte del datore di lavoro “convenzionato” con un esercizio commer-ciale. L’operazione si fonda sugli artt. 51,100 dpr n. 971/86 che prevedono l’erogazione di beni in natu-ra entro un limite annuo di € 258,23 i quali non sono assoggettatiairelativionericontributiviefiscali.Si potrebbe migliorare anche l’apprendistato, an-ticipando l’intervento formativo nelle fasi scolasti-chee legando ilfinanziamentoa favoredell’im-presa una volta che l’azienda stessa proceda all’assunzione dello studente. In concreto, una forma di “do ut des”.Infine,unproblemaattualeèdatodallamanodo-pera “extracomunitaria”, per la quale, la mia idea è quella di costituire un apposito albo nel quale venganoiscrittispecificienti,abilitatidalloStato,per l’ingresso e la successiva collocazione dei la-voratori extracomunitari presso le proprie azien-de. In tal modo, ci sarebbe una governabilità del flussodiextracomunitariesi riuscirebbeadareuna risposta immediata agli imprenditori che cer-canospecificiprofiliprofessionali,oltrecheunasemplificazioneamministrativaedunrisparmiodioneri a carico dello Stato.Con riferimento al rito del processo del lavoro, già caratterizzato da una maggiore concentra-zione, speditezza e oralità, credo che le diverse modifiche e aggiustamenti avuti nel corso deglianni (il processo del lavoro è attivo dal lontano 1893) hanno già reso tale procedimento molto più snello rispetto al tradizionale processo civilistico. I dati ISTAT del 2007, infatti, confermano che un processo del lavoro, in Italia, dura mediamente non più di 949 giorni, un tempo piuttosto ragio-nevole, anche in rapporto a quanto accade negli altri Stati europei. •

* Partner, Fava & Associati

Prima di entrare nel merito del documento AIDP sul mercato del lavoro vale la pena provare a inquadrare il problema partendo da dati oggettivi. Spesso infatti il di-

battito, specie se condotto da tecnici del diritto, prescinde da valutazioni oggettive per incartarsi su questioni di principio.L’art. 18 è esempio tipico. Davvero in Italia è più difficile licenziare che nel resto dei paesi concorrenti e le aziende, a differenza che nel resto dell’Europa, non assumono per paura della reintegrazione? L’Ocse pubblica un’interessan-te statistica denominata “Strictness of employment protec-tion” che stima in una scala da 0 a 6 la rigidità del sistema “in uscita”, (6 max rigidità http://www.oecd.org/home). In questaspecialeclassifical’Italiasicollocaconilsuo1.91perfettamente in linea con la media OCSE (1.94) e ben al di sotto di Francia (3.05), Belgio (2.2), Germania (2.12), Spa-gna (2.98) solo Usa e UK si pongono, fra i paesi più avan-zati, alla base della scala (0.21-0.75). Il dato dell’occupazione è oggi molto negativo: 44.1% di occupati (USA 63%, G 53%, UK 59%, FR 52%), ma guar-dando agli ultimi 20 anni (1990–2010) scopriamo che ben 13 volte si sono avute performance peggiori. Non solo, ma il numero di occupati non è sostanzialmente cambiato (+0.2%)nonostanteunraddoppiodellaflessibilitàdelmer-cato del lavoro. Il citato indice OCSE della rigidità è sceso da 3.57 a 1.89 e quello relativo ai soli contratti a termine è crollato dal 5.88 del 1990 all'1.88 uno dei più bassi in asso-luto (media Ocse 1.77, Fr. 3.63, Be 2.63, GE 1.25, Sp. 3.50, Danimarca 1.38).AnchelamiticaDanimarcanonèpoicosìflessibile(1.5),solo che il costo medio di un’ora di lavoro è di €. 30,7 men-tre da noi è di € 14,7 (www.eurispes.it 2007). Davvero pos-siamo permetterci la Flexsecurity spingendo il costo del lavoro a tali livelli?Unaltroproblemasembraesserequellodelcuneofiscale.Ma è poi vero? Se si guarda ad un lavoratore con moglie e 2 figli(idativarianoinragionedellesceltenazionalidisgravifiscaleasostegnoallafamiglia)siscoprecheseunitalianopaga il 35,1% (dati Eurispes su fonte Ocse 2006) tedeschi, danesi, francesi e spagnoli rispettivamente 36,2%, 29,5%, 42%, 33,6%. Solo in UK la differenza è sostanziale: 27,8%.Dall’insieme di questi dati sembrerebbe dunque che non sia-mo così lontani dall’Europa e che la riforma della legislazio-ne del lavoro non crei di per sé nuova occupazione, anche se ciò non toglie che vi siano storture sulle quali intervenire, attraverso alcuni semplici correttivi. Certezza attraverso un breve termine di decadenza (120-150 gg) dal licenziamento per l’inizio del giudizio e la possibilità di ricorrere ad arbitrati secondo diritto per accorciare i tempi, limite al risarcimen-to in caso di reintegra (15 mensilità) lasciandone la misura al giudice. Flessibilità con la liberalizzazione dei contratti interinali nell’ambito di una percentuale della forza lavoro, equità con l’abrogazione del contratto di associazione in partecipazione e il limite reddituale ai contratti autonomi con monocomittenza (min € 45.000?), ripristino dell’obbligo di parità di trattamento per i lavoratori in appalto rispetto ai lavoratori ordinari dell’impresa. Infinecertificazionede-gli iscritti delle organizzazioni sindacali tramite dati INPS e rappresentatività garantita a chi abbia un certo numero di iscritti sul piano nazionale o nell’impresa.•

* Partner, Lexellent

IL PuNTo dI vISTa dIGabriele Fava*

IL PuNTo dI vISTa dISergio Barozzi*

La riforma del mercato del lavoro9

andrea orlandini Presidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia

enrico cazzulani Past President AIDP Gruppo Regionale Lombardia

domenico Butera Vicepresidente AIDP GruppoRegionale Lombardia

Paolo Iacci Vicepresidente AIDP e Responsabile Editoria

contatti: Via Cornalia, 26 20124 MilanoTel. + 39 02.67178384 Fax. + 39 [email protected]

Sergio BarozziLexellent

Luca FaillaLABLAW Studio Legale

Gabriele FavaStudio Legale Fava & Associati

andrea orlandini Sisal

Franco ToffolettoToffoletto De Luca Tamajo e Soci

Salvatore Trifirò Trifirò & Partners - Avvocati

A cura diPaola de Gori

Coordinamento redazionaledaniela Tronconi

Per [email protected]

Grafica e Impaginazione HHd - Kreita.com

Informazioni utili

autori del numero

Newsletter

PROGETTI DI MODIFICA DEL DIRITTO DEL LAVORO E RELAZIONI SINDACALI

UN DIBATTITO TRA GLI OPERATORI

Lunedì5Marzo2012•Ore14.30-18.30•PressoPalazzinaANMIGSaloneValente•ViaFreguglia,14(altro ingresso Via S. Barnaba, 29)•Milano

Saluto:

Avv. Paolo Giuggioli, Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano

Introduzione:

Dr. Giorgio Mannacio, Centro Studi Domenico Napoletano Dr. Enrico Cazzulani, Past President AIDP Gruppo Regionale Lombardia

I Tavola rotonda ESAME DEI PROGETTI DI RIFORMA DEL DIRITTO DEL LAVORO

Avv. Sergio Barozzi, LexellentAvv. Giacinto Favalli, Studio Legale Trifirò & Partners

Avv. Alberto Guariso, Studio legale associato Guariso - NeriAvv. Giovanni Sozzi, Studio Legalilavoro

Avv. Andrea Stanchi, Studio Legale StanchiAvv. Franco Toffoletto, Studio Toffoletto De Luca Tamajo e Soci

II Tavola RotondaLE PRObLEMATIChE SINDACALI

Dr.ssa Laura Bruno, Sanofi AventisDr. Massimo Forbicini, Vodafone

Dr. Andrea Orlandini, Sisal - Presidente AIDP Gruppo Regionale LombardiaDr. Vincenzo Retus, Fiat Industrial Spa

Conclusioni

Dr. Enrico Cazzulani e Avv. Andrea Stanchi

Centro Nazionale Studi di Diritto del Lavoro Domenico Napoletano - Sezione di Milano

con il patrocinio dell'Ordine degli Avvocati di Milano

La riforma del mercato del lavoro10

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