La Riforma Degli Enti Locali: le nuove Province nei territori non metropolitani

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Il disegno di riforma degli Enti Locali: le nuove nuove Province Province nei territori non metropolitani Consiglio Provinciale del Verbano-Cusio-Ossola 12 febbraio 2014 Analisi tecnica del disegno di legge “Delrio” Atto Senato n. 1212 (già Atto Camera n. 1542a) nel testo del 7 gennaio 2014

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Analisi tecnica del disegno di legge Delrio (A.S. 1212) per la riforma delle Province non metropolitane

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Il disegno di riforma degli Enti Locali: le nuovenuove ProvinceProvince nei territori non metropolitani

Consiglio Provinciale del Verbano-Cusio-Ossola

12 febbraio 2014

Analisi tecnica del disegno di legge “Delrio”

Atto Senato n. 1212 (già Atto Camera n. 1542a) nel testo del 7 gennaio 2014

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Genesi e iterFinalità generaliLa centralità dei Sindaci nel Governo LocaleLa nuova interpretazione della sussidiarietà L’intenzione del LegislatoreIl “carico” sulle Unioni di ComuniConseguenze

OutlookOutlook della riforma della riforma

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Struttura generale del disegno di legge «Delrio»

La riforma degli Enti Locali è il disegno di legge «Delrio», approvato dal Consiglio dei Ministri il 26/7/2013 e in prima lettura dalla Camera dei Deputati il 21/12/2013. E’ all’esame del Senato con procedura d’urgenza, come A.S. 1212

L’esigenza di una riforma organica degli Enti Locali ha origini lontane, fin dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001

La necessità di provvedere con una legge parlamentare è stata determinata anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 220/2013, che nel luglio del 2013 ha censurato di illegittimità il metodo utilizzato nel precedente disegno riformatore del Governo Monti.

Fin dal primo schema di disegno di legge, la riforma viene dichiarata come punto qualificante dell’azione del Governo dell’on. Enrico Letta.

Comunicato del Governo 26 luglio 2013

Sommario del testo approvato dalla Camera il 21 dicembre 2013

Sentenza Corte Cost. 220/2013

L'Atto Senato n. 1212 della XVII Legislatura

Le aree e le città metropolitane - Dossier Consiglio Regionale del Piemonte (2008)

Realizzare l’istituzione delle Città Metropolitane quali Enti di governo dell’area vasta a ordinamento differenziato, nelle principali conurbazioni italiane. ScopoScopo: rilanciare la competitività del sistema Paese puntando sulle potenzialità delle aree metropolitane;

Trasformare le Province in enti a rappresentatività democratica indiretta, in modo conforme al disegno di legge costituzionale volto alla eliminazione della parola “province” dalla Costituzione (A.C. 1543). ScopoScopo: superare la forma di governo prevista dal Testo Unico Enti Locali, privando di legittimazione diretta gli organi di indirizzo politico;

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Il discorso programmatico del Ministro Delrio al Senato (15 maggio 2013)

Aree e Città Metropolitane: la definizione del Ministero dell'Interno

Stabilizzare la forma di governo delle Unioni di Comuni e le regole per le fusioni di Comuni di minori dimensioni o per l’incorporazione da parte di Comuni più grandi. Scopo: superare gli interventi legislativi episodici ed eterogenei in materia di unioni di comuni (es. le “unioni speciali”), adeguandone la forma di governo ad esigenze di maggiore rappresentatività territoriale.

Tutto l’intervento riformatore è dominato dalla volontà di “ridurre la classe politica e i suoi costi” senza ridurre la capacità delle istituzioni locali di dare risposte ai livelli territoriali adeguati e coerenti con le necessità dei problemi del Paese (cit.: Relazione al ddl – 25/7/2013)

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Articolo di Franco Pizzetti sulle esigenze di modernizzazione del Paese (Astrid 11 novembre 2013)

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La riforma innova profondamente la logica degli interventi di decentramento del ventennio 1977-1997, poiché afferma la netta centralità dei SindaciSindaci come “classe politica di base del governo locale e quindi anche dell’ordinamento democratico”.

Al sistema attuale in cui le funzioni amministrative interessano tretre livelli di indirizzo politico autonomamente espressi mediante elezioni democratiche, si sostituisce un sistema in cui la rappresentatività degli interessi locali resta solo al Comune e alla Regione

Sondaggio UPI (13 ottobre 2013) sulla percezione dei sindaci dei piccoli comuni in merito all'abolizione delle Province

Audizione dell'ANCI alla I Commissione Camera dei Deputati (6/11/2013)

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La nuova interpretazione della sussidiarietà

La riforma conferma anche l’indirizzo del D.L. 78/2010 che per primo aveva stabilito soglie minime demografiche di esercizio associato obbligatorio delle funzioni fondamentali comunali.

Nell’85% dei Comuni italiani la “centralità” di ruolo dei sindaci non si può quindi tradurre in autonomia di gestione dei servizi e delle funzioni, perché l’indirizzo politico deve essere raggiunto all’interno delle gestioni associate obbligatorie (unioni di comuni o convenzioni)

Mettendo nella stessa logica riformatrice le Province e le unioni di comuni si svela la competizione fra i due modelli politico-organizzativi, che era latente almeno dal 2010 e che procedevano con finalità differenti: La gestione integrata dei servizi comunali e

intercomunali (le Unioni di Comuni) La gestione dei servizi sovra-comunali e di area

vasta (le Province)

Il principio europeo di sussidiarietà verticale

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L’intenzione del legislatore

Il disegno di legge opera a Costituzione invariata, come già fece la riforma della fine degli anni ’90 (Bassanini).

Anche questa riforma opera dichiaratamente in funzione anticipatoria di una revisione della revisione della CostituzioneCostituzione volta a eliminare la parola “province” dalla Carta costituzionale (A.C. 1543).

La riforma fa quindi convergere in particolare in particolare sul modello politico-organizzativo delle unioni di comuni due finalità e due processi di riforma che finora, procedevano paralleli e con finalità differenti

Da un lato, la riorganizzazione delle funzioni comunali per mezzo delle Unioni; dall’altro, la riorganizzazione delle funzioni sovra comunali, prima svuotando e poi sopprimendo (con revisione costituzionale) le Province

Articolo di Franco Bassanini sulla competitività dell'Italia (Astrid 14 novembre 2013)

Articolo di Luciano Vandelli sul disegno di legge Delrio (Astrid 23 ottobre 2013)

Articolo di Gian Candido De Martin sul disegno di legge Delrio (Astrid 23 ottobre 2013)

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Il “carico” sulle unioni di comuni /1

Con la riforma si crea un corto-circuito fra le funzioni amministrative di prossimità e quelle cd. di area vasta

Il corto-circuito è tanto più problematico, quanto più è alto il tasso di frammentazione delle amministrazioni comunali, come accade in Piemonte, in Lombardia, e in poche altre regioni italiane che hanno più di 500 comuni, peraltro in maggioranza comuni piccoli o piccolissimi.

La presenza di città di medie dimensioni non soggette agli obblighi di gestione associata può essere un elemento di complicazione, se le unioni non vengono incentivate e premiate

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Il “carico” sulle unioni di comuni /2

Le unioni di comuni sono un modello politico-organizzativo che non è ancora assestato e collaudato nella maggior parte d’Italia, salvo alcune rilevanti eccezioni in Emilia-Romagna e in Toscana, dove però la frammentazione comunale è di molto inferiore a quella piemontese.

Basti pensare che la somma di tutti i Comuni delle due Regioni citate messe equivale a poco più della metà dei Comuni del Piemonte (Toscana 287; Emilia-Romagna 348; Piemonte 1206)

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Conseguenze /1 : la riorganizzazione in contemporanea di 2 livelli di governo

La classe politica dei Sindaci, che era già impegnata nella riorganizzazione del livello di governo comunale (almeno nei piccoli Comuni) si vede oggi responsabilizzata dell’onere di assorbire anche rilevanti funzioni di area vasta dentro il modello organizzativo delle Unioni di Comuni

Il nutrito florilegio di strumenti di cooperazione locale che si era affermato nell’arco di almeno vent’anni (consorzi, Ato, società, associazioni, fondazioni di partecipazione, etc…) viene nuovamente “stressato” dall’urgenza di autoriformarsi.

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Conseguenze /2:quale indirizzo politico ai servizi di area vasta?

Il passaggio all’elezione indiretta costringe a ripensare l’indirizzo politico da dare agli attuali servizi di area vasta. La centralità di ruolo dei Sindaci deve essere confermata da una rapida organizzazione delle Unioni di Comuni, che dovranno archiviare anche il modello cooperativo delle “convenzioni” (art. 30 TUEL), che peraltro era già ampiamente recessivo nell’ordinamento da diversi anni

L’alternativa alle Unioni di Comuni è l’attrazione dei servizi sovracomunali e di area vasta a una competenza gestionale delle Regioni, che però sarebbe impropria rispetto a una corretta applicazione del principio costituzionale di sussidiarietà verticale (cd. fenomeno del neo-centralismo regionale)

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Conseguenze /3 :effetti sulla perequazione ed economie di scala

La trasformazione delle tecnostrutture provinciali in “agenzie al servizio dei Comuni” (cit.) potrebbe determinare effetti di riduzione della perequazione territoriale e di sbilanciamento delle risorse a favore delle aree “forti” e a svantaggio dei territori lontani dai grandi centri urbani

La riduzione delle economie di scala nei servizi pubblici locali potrebbe determinare effetti di aumento dei costi di transazione, che al momento non sono compensati dalla mancata piena applicazione delle regole del federalismo fiscale previste dalla legge 42/2009

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Conseguenze /4 :le nuove tre dimensioni di scala per l’erogazione dei servizi

La riforma propone una ri-articolazione dei sistemi di erogazione dei servizi pubblici locali su tre diverse dimensioni di scala:

La dimensione “di prossimità” La dimensione “metropolitana” nelle 10 principali conurbazioni La dimensione “di area vasta” fuori dalle 10 principali

conurbazioni

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I servizi pubblici di prossimità

La dimensione “di prossimità” viene affidata di norma alla cura delle unioni di comuni e dei comuni singoli, ma solo se superiori a determinate soglie demografiche di pianura, collina e montagna.

Nei piccoli Comuni, il Sindaco resta il rappresentante diretto della comunità locale ma non ha più responsabilità autonoma nella gestione dei servizi pubblici locali.

Le politiche pubbliche vanno decise all’interno delle Unioni di Comuni, accettando una sostanziale cessione di sovranità politica e tecnica.

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La dimensione “metropolitana” viene affidata alla cura della Città Metropolitana, la quale in prima istanza viene prevista con un territorio pari all’intero territorio delle relative attuali Province

Se una parte del territorio non dovesse aderire alla Città Metropolitana, i servizi di area vasta saranno temporaneamente ripartiti fra due enti, fino alla soppressione costituzionale delle Province (A.C. 1543).

La dimensione metropolitana è quindi tutta da definire, sia nella fase transitoria e sia dopo l’eventuale soppressione delle Province. Nella definizione avrà un ruolo preponderante l’autonomia statutaria della Città Metropolitana.

I servizi pubblici metropolitani

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La dimensione di “area vasta” fuori dalle 10 grandi conurbazioni viene affidata in teoria alle Province e, in prospettiva futura, a Unioni di comuni competitive da costituire e strutturare nei territori non compresi nelle Città Metropolitane.

In via residuale, il governo di area vasta potrà essere attratto alla

competenza gestionale delle Regioni, mediante il processo di riallocazione delle funzioni oggi svolte dalle Province non metropolitane

Anche la dimensione di area vasta è quindi tutta da definire. Nella definizione avranno un ruolo preponderante le leggi regionali di decentramento.

I servizi pubblici di area vasta

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Ruolo istituzionale e finalità generali Le modifiche alla disciplina della revisione delle circoscrizioni provinciali Il favor per le Città Metropolitane…con qualche contraddizioneOrgani di GovernoFunzioni fondamentaliL’edilizia scolastica di secondo gradoMantenimento e riordino delle funzioni non fondamentali

Le Le nuovenuove Province Province

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Ruolo istituzionale e finalità generali

Alle Province viene confermato il ruolo di enti territoriali di area vasta, nei territori diversi o esclusi dalle aree metropolitane

Il disegno di legge contiene alcune disposizioni che innovano la procedura attuativa dell’art. 133 Cost., per la modifica delle circoscrizioni provinciali

Le disposizioni sono dichiaratamente volte a favorire l’adesione dei comuni (e anche delle Province) alle Città Metropolitane confinanti, così da ottenere un effetto di razionalizzazione e riduzione del numero degli enti di governo di area vasta

La medesima finalità era già perseguita (con altri mezzi) dal disegno di riforma del Governo Monti

Articolo di Gian Candido De Martin sul senso e le prospettive per le Province (Astrid 9 marzo 2012)

"Una grande riforma di sistema" - scheda di lettura a cura di Franco Pizzetti (30/01/2014)

"La revisione delle circoscrizioni provinciali nel D.L. 95/2012 (dichiarato incostituzionale)

L’attuale disciplina legislativa per la modifica delle circoscrizioni provinciali (art. 21, comma 3 del TUEL) /1

I Comuni esercitano l'iniziativa di cui all'articolo 133 Cost., tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi:

ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente;

ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entita' demografica, nonche' per le attivita' produttiv esistenti o possibili, da consentire una programmazione dell sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale culturale del territorio provinciale e regionale;

l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia;

L’attuale disciplina legislativa per la modifica delle circoscrizioni provinciali (art. 21, comma 3 del TUEL) /2

L'iniziativa dei comuni deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;

di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;

le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati.

La disciplina integrativa della Regione Piemonte

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Il “favor” per le Città Metropolitane…

I Comuni hanno facoltà di iniziativa (anche il Capoluogo di Provincia) per aderire a una Città Metropolitana limitrofa, con conseguente modifica della circoscrizione provinciale di riferimento

A carico delle Regioni interessate dalla procedura di modifica delle circoscrizioni provinciali viene posto l’obbligo di esprimere un parere entro 30 gg. dalla richiesta;

Il Governo ha potere di iniziativa per il raggiungimento di un’intesa con i Comuni entro i successivi 90 gg. dal parere negativo, totale o parziale della Regione

Anche nel caso di mancato raggiungimento dell’intesa, il Consiglio dei ministri può autonomamente proporre al Parlamento un disegno di legge per modificare le circoscrizioni provinciali e delle città metropolitane interessate

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…con qualche contraddizione

L’art. 2, comma 3 del disegno di legge favorisce l’adesione di nuovi comuni alla Città Metropolitana, con alcune disposizioni che limitano il potere consultivo della Regione nell’ambito del procedimento di cui all’art. 133, comma 1, Cost.: 30 gg. anziché 20 mesi di tempo per esprimere il parere, come

attualmente previsto dalla L.R. Piemonte n.1/1996 Possibilità di superare l’eventuale parere negativo o il mancato

raggiungimento dell’intesa

Ma l’art. 3 comma 9 contiene norme di ben maggior favore per i comuni che intendono uscire/non aderire alla Città Metropolitana, anche se tale decisione modifica la circoscrizione provinciale Assenza di qualsiasi parere della Regione Deroga ai criteri previsti dall’art. 21, comma 3 TUEL Delimitazione di una circoscrizione provinciale “provvisoria” fino alla

legge statale di riordino

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Le specificità nei territori montani /1

Specifiche funzioni fondamentali sono riconosciute alle province interamente montane E confinanti con Paesi esteri:

Cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata

Cura delle relazioni istituzionali con province (anche autonome) e altri enti territoriali montani, mediante convenzioni e accordi

Sono funzioni simili ad alcune di quelle attribuite alle Città Metropolitane, con in più la gestione di servizi in forma associata

La menzione dei “servizi associati” rimanda ma non è coordinata con le previsioni di cui al D.L. 78/2010 e s.m.i. in tema di unioni di comuni

Queste Province potrebbero entrare in competizione con le forme associative comunali e con il processo di trasformazione delle Comunità Montane

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Le specificità nei territori montani /2

D’intesa con le Regioni, le Province montane potranno prevedere la costituzione di zone omogenee, dotate di organismi di collegamento con gli organi provinciali

Viene introdotto l’obbligo per le Regioni di riconoscere a queste Province forme particolari di autonomia nelle materie di competenza legislativa concorrente ed esclusiva delle Regioni

La riforma salvaguarda comunque l’autonomia costituzionale delle Province a Statuto Speciale (Trento e Bolzano) e la Regione VdA.

Le Province di Sondrio e Belluno avranno tale statuto di specificità. Per la Provincia del VCO è in discussione la “montanità” di Verbania.

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Il Presidente della Provincia, con funzioni di rappresentanza legale, presidenza delle assemblee, sovrintendenza al funzionamento degli uffici e all’esecuzione degli atti;e all’esecuzione degli atti;

Consiglio Provinciale, con funzioni di indirizzo e controllo, proposta nelle modifiche allo Statuto, potestà regolamentare, di pianificazione e programmazione, approvazione e adozione dei bilanci e di ogni altro atto sottoposto dal di ogni altro atto sottoposto dal Presidente della ProvinciaPresidente della Provincia

Assemblea dei Sindaci, con poteri di adozione dello Statuto, nonché funzioni propositive e consultive. Nelle modifiche statutarie e nell’approvazione dei bilanci, l’organo delibera “a doppia maggioranza” (1/3 dei comuni e 50%+1 della popolazione)

Gli organi di governo delle nuove Province

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L’elezione indiretta del Presidente della Provincia

Il Presidente della Provincia è eletto dai Sindaci e dai Consiglieri Comunali in carica al momento del voto. Può essere eletto Presidente della Provincia solo un Sindaco e non anche un Consigliere Comunale. (non identità del diritto di elettorato attivo e passivo)

Ulteriore limitazione al diritto di elettorato passivo è data dal vincolo che il Sindaco candidato Presidente non sia a scadenza di mandato prima di 18 mesi.

L’elezione avviene sulla base di candidature sottoscritte da almeno il 15% degli aventi diritto al voto. Il sistema elettorale è uninominale maggioritario, con voto ponderato.

Il Presidente della Provincia resta in carica anche in caso di cessazione dalla carica di sindaco, ove avvenga per fine mandato

Può nominare un vicepresidente tra i consiglieri provinciali e assegnare deleghe ad altri consiglieri

Lo Statuto può definire ulteriori modalità di esercizio della carica

La carica è gratuita per disposizione di legge, non derogabile dallo Statuto

Vicende della carica di Presidente della Provincia

L’elezione indiretta del Consiglio Provinciale /1

Il Consiglio Provinciale è composto dal Presidente della Provincia e da Sindaci e Consiglieri comunali: 16 componenti nelle province con popolazione

superiore a 700.000 ab; 12 componenti nelle province con popolazione da

300.000 a 700.000 ab; 10 componenti nelle province con popolazione inferiore

a 300.000 ab;

Viene eletto dai Sindaci e dai Consiglieri comunali in carica

(identità di elettorato attivo e passivo)

L’elezione indiretta del Consiglio Provinciale /2

L’elezione avviene sulla base di liste, composte da un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere, e non inferiore alla metà degli stessi

Il collegio elettorale è unico, pari al territorio della Provincia

Le liste devono essere sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al voto

Fino al 2017 non si deve rispettare la legge 215/2012 sulla parità di genere

L’elezione indiretta del Consiglio Provinciale /3

Il voto di ciascun elettore viene attribuito non alla lista, ma direttamente al candidato di ciascuna lista

I seggi vengono attribuiti ai candidati con la maggiore cifra individuale (sistema plurinominale maggioritario)

Il voto di ciascun elettore è ponderato secondo la fascia demografica del comune di appartenenza

Solo nel caso di seggi rimasti vacanti, subentra il candidato all’interno della stessa lista, il quale ha ottenuto la maggiore cifra individuale ponderata

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Le classi demografiche di ponderazione per l’elezione del Consiglio Provinciale

a) comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti;b) comuni con popolazione superiore a 3.000 e fino a 5.000 abitanti; c) comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 10.000

abitanti; d) comuni con popolazione superiore a 10.000 e fino a 30.000

abitanti; e) comuni con popolazione superiore a 30.000 e fino a 100.000

abitanti; f) comuni con popolazione superiore a 100.000 e fino a 250.000

abitanti; g) comuni con popolazione superiore a 250.000 e fino a 500.000

abitanti; h) comuni con popolazione superiore a 500.000 e fino a 1.000.000

abitanti; i) comuni con popolazione superiore a 1.000.000.

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Gli indici di ponderazione (simulazione del Consiglio Provinciale del VCO)

Fonte: elaborazione UPP su dati “Piemonte in Cifre”. NOTA BENE: L’elaborazione non tiene conto di eventuali composizioni dei consigli comunali antecedenti alla riduzione

operata dalla legge 148/2011

FASCE DEMOGRAFICHE

N. COMUNIPOPOLAZIONE

PER FASCIAPERCENTUALE

PER FASCIA

RIASSEGNAZIONE A SEGUITO RIDUZIONE A

35% DEL COMUNE

MAGGIORE

% RIDETERMINATA

PER FASCIA

N. SINDACI E CONSIGLIERI PER FASCIA

INDICE PONDERATO

DI VOTO

>30.000 - 100.000

1 30.332 18,926% 0 18,926% 25 757,040

>10.000 - 30.000

2 33.919 21,164% 0 21,164% 34 622,471

>5.000 - 10.000

2 14.528 9,065% 0 9,065% 22 436,591

>3.000 - 5.000

6 26.334 16,432% 0 16,432% 48 342,333

<3.000 66 55.151 34,413% 0 34,413% 462 74,487

TOTALI 77 160.264 100,000%   100,000% 591  

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Nelle Province ( e nelle Città Metropolitane) il potere esecutivo è sommariamente delineato tra le funzioni del Presidente della Provincia (e del Sindaco Metropolitano), sia per i compiti di supervisione e sia per i compiti di impulso che ha nei confronti del Consiglio Provinciale (o Metropolitano).

In entrambi gli enti, il disegno di legge determina un’ampia riserva di Statuto per la precisazione delle funzioni attinenti al potere esecutivo

Il potere esecutivo nelle nuove Province

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Le nuove funzioni fondamentali delle Province

Pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza

Pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

Programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale

Raccolta ed elaborazione dei dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali

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L’edilizia scolastica: una funzione fondamentale “facoltativa”

Il disegno di legge prevede che le Province possano (continuare a) gestire anche l’edilizia scolastica delle scuole di secondo grado.

La funzione è tuttavia soggetta a un’intesa con i Comuni e riguarda stricto jure la sola gestione dell’edilizia e non anche la titolarità del relativo patrimonio, che pertanto dovrebbe restare alle Province

La funzione è stata attribuita alle Province dalla legge dello Stato n. 23/1996. Ulteriori funzioni in materia sono state delegate alle Regioni e attribuite alle Province dal D.Lgs. 112/98.

Sulla funzione, la Regione Piemonte ha esercitato per due volte la potestà legislativa concorrente (L.R. 44/2000 e L.R. 28/2007)

La funzione delle Province deve essere coordinata con la funzione fondamentale dei Comuni di cui all’art. 14, comma 27 del D.L. 78/2010, inerente le scuole di primo grado

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Criticità applicative sull’edilizia scolastica /1

Non è chiaro a quale fra le tre forme tipiche di cooperazione fra pubbliche amministrazioni, attualmente presenti nell’ordinamento, si debba riferire l’intesa:

nell’ipotesi di un’attività da svolgere in collaborazione, si dovrebbe utilizzare l’accordo ai sensi dell’art. 15 della legge n. 241/90 ();

nell’ipotesi di un’attività da svolgere in coordinamento, si dovrebbe invece utilizzare la convenzione tra enti locali ai sensi dell’art. 30 del D.L.gs. 267/2000 ()

nell’ipotesi di un’attività che contempli il ricorso all’utilizzo di personale appartenente a un altro Ente Locale, si dovrebbe applicare la tipologia particolare di “convenzione di servizi” prevista dall’art. 14, comma 1 del CCNL 22/1/2004, che riflette l’istituto generale previsto per tutto il pubblico impiego dall’art. 30, comma 2- sexies del D.Lgs. 165/2001. Istituto, questo, il cui ricorso è stato peraltro subordinato alla stipulazione di una <<intesa>> fra le amministrazioni, per effetto dell’innovazione disposta dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, (art. 1, comma 413) , a decorrere dal 1° gennaio 2013

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Criticità applicative sull’edilizia scolastica /2

La funzione fondamentale dei comuni è soggetta agli obblighi di gestione associata, previsti dall’art. 14, comma 28, del D.L. 78/2010, conv. in L. 122/2010, per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti in pianura e 3.000 abitanti in collina e montagna.

L’intesa dovrà quindi essere stipulata con il soggetto (o i soggetti) che saranno competenti per conto dei comuni alla gestione dell’edilizia scolastica di spettanza del livello comunale;

Si potrà quindi determinare una variabilità di intese (o se si vuole, una “gestione ad assetto variabile”) come quelle elencate di seguito: intesa Provincia/Comune singolo (se superiore a 5.000 abitanti) intesa Provincia/Unione di Comuni (se inferiore a 5.000 abitanti) intesa Provincia/Unione di Comuni montani (se inferiore a 3.000 abitanti

e in territorio montano) intesa Provincia/Convenzione tra Comuni (se inferiori a 5.000 abitanti in

pianura o 3.000 abitanti in montagna). Quest’ultima intesa sarebbe quindi stipulata con il Comune capofila della convenzione ex art. 30 TUEL

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Mantenimento e riordino delle funzioni non fondamentali

Le funzioni non qualificate come fondamentali dal disegno di legge dovrebbero essere in parte mantenute in quanto “esercitate ai sensi dell’art. 118 Cost.” (art. 11, comma 2, primo periodo)

Tuttavia, l’art. 17, comma 5 del disegno di legge impone allo Stato e alle Regioni (comma 7: entro tre mesi) di individuare le funzioni diverse da quelle strettamente fondamentali e assoggettarle a un processo di riordino

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Area delle funzioni soggette a possibile riordino /1

Potranno essere oggetto di riordino dallo Stato o dalla Regione le attuali funzioni delle Province in materia di:

difesa del suolo, tutela dell'ambiente e prevenzione delle

calamità gestione, tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed

energetiche; gestione attività estrattive protezione civile valorizzazione dei beni culturali autorizzazioni turistiche e gestione attività sportive protezione della flora e della fauna, parchi e riserve

naturali; valutazione impatto ambientale gestione informazioni cartografiche e territoriali

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Area delle funzioni soggette a possibile riordino /2

caccia e pesca nelle acque interne agricoltura e sviluppo montano e rurale organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello

provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore

servizi socio-assistenziali e sanitari, di igiene e profilassi; politiche per il lavoro compiti connessi alla formazione professionale attribuiti

dalla legislazione statale e regionale Programmazione delle attività produttive e concertazione

territoriale

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Prima elezione dei nuovi organi Eventuali criticità della prima elezione Modifiche allo Statuto e operatività definitiva

L’L’agendaagenda della riforma per della riforma per le nuove Provincele nuove Province

Prima elezione dei nuovi organi

L’assemblea dei sindaci per l’elezione del Presidente della Provincia e le elezioni del Consiglio Provinciale devono essere indette dal Presidente della Provincia uscente (o dal Commissario di Governo):

Entro 30 giorni dalla data delle elezioni comunali (25 maggio 2014) o dal ballottaggio (+15 gg.) per le Province che vanno a scadenza naturale di mandato nel 2014

Entro 30 giorni dalla scadenza per fine mandato o dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi, per le Province che vanno a scadenza naturale di mandato dopo il 2014 (Vercelli)

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Eventuali criticità della prima elezione

Il 25 giugno 2014 potrebbe non essere ancora disponibile dal Ministero dell’Interno l’anagrafe dei nuovi amministratori comunali.

Il disegno di legge non prevede di attendere la convalida degli eletti nei consigli comunali, prima di indire i comizi elettorali.

Nel caso di ballottaggio (+15 gg.), il 2 luglio 2014 non sarebbero più in carica gli attuali amministratori delle Province. Essi dovrebbero quindi convocare i comizi elettorali entro il 30 giugno 2014, oppure l’ente verrebbe commissariato per 2 giorni.

Il disegno di legge non fornisce un Regolamento per l’Ufficio Elettorale (autentica delle candidature, seggi elettorali/sezioni, convalida degli eletti, etc…)

Il disegno di legge non disciplina le modalità di ricorso per irregolarità delle operazioni di voto

Tutto il procedimento elettorale è a carico della Provincia

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Modifiche allo Statuto Provinciale e operatività definitiva

L’assemblea dei sindaci deve approvare le modifiche statutarie entro 6 mesi dall’elezione dei nuovi organi, a pena di commissariamento ai sensi dell’art. 8 della legge 131/2003

Fino al riordino delle funzioni non fondamentali, a opera delle leggi dello Stato e della Regione, le nuove Province continuano a esercitare le attuali funzioni

Il disegno di legge prevede delle norme di salvaguardia per i dipendenti provinciali nel caso di trasferimento delle funzioni ad altri enti (Comuni, Unioni di Comuni, Regione)

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Grazie per l’attenzione

Documento a cura di Marco Orlando

Contatti: Unione Province PiemontesiTel. 011.861.2279 – [email protected]