La reviviscenza acquisita -...

94
Pierantonio Marone La reviviscenza acquisita . . . . Romanzo 1

Transcript of La reviviscenza acquisita -...

Pierantonio Marone

La reviviscenza acquisita . . . .

Romanzo

1

Personaggi

Arold il mago prestidigitatore Malinda l'anziana veggente Patricia la figlioccia Viviana la devota balia Darco il ladro Borgomastro Mikail Thourber il vivandiere Adrianovic Thourber il figlio falegname Aleksej Gregoric il principe di Niedzica Marija Romanoff, la principessa russa Mirto Gregoric lontano cugino Andrès il nipotino Marianna Domini duchessa norvegeseGiorg Davos capitano piroscafo VictorAdles giovane passeggera sulla naveGavò direttore di banca a Nizza

2

Rozparek - Overture

Il paesaggio al tramonto mostrava una triste malinconia, con il cielo plumbeo e pronto a piovere ai margini della grande foresta di Bieszczadzki in terre Cecoslovacchia, a cavallo dei confini con la Polonia e l'Ucraina.

Correva l'anno 1922 e Malinda l'anziana veggente, ritornava dal bosco, ai margini della foresta di alti abeti, aveva raccolto un po' di legna secca per ravvivare il fuoco nella sua modesta dacia, un po' mal messa e abbarbicata alla montagna, nella lunga catena montuosa dei Carpazi occidentali. Quando poco distante, presso il lago Orka, trovò quel piccolo fanciullo tutto solo e spaesato. Il vento che scendeva dai monti l'aveva rattrappito dal freddo. Era cosi minuto, con una semplice maglietta a mezza manica e un paio di calzoni corti sorretti da bretelle da uomo, era così malmesso e scalzo da supporre sprovvisto di sandali o altro. Doveva avere tre, quattro anni al massimo, immaginò Malinda sorpresa, ma non più di tanto. Pensando com'era capitato li da lei, tutto solo e spaesato, seduto sulla panca, e da dove era sbucato fuori, senza nessuno accanto a guardarlo? Malinda si avvicinò abbastanza pensierosa, nel guardarsi attorno e a domandarsi, dove potevano essere i suoi genitori, con quel tempaccio in arrivo, da averlo abbandonato quel minuto ragazzino dal viso triste. Seduto sulla sua vecchia panca, che sovente Malinda si sedeva a godersi il sole estivo, nei pochi momenti di riposo, sopratutto a riprendere fiato. Comunque al momento il piccoletto, sembrava non troppo spaventato al vederla arrivare accanto. Con le dita sulla bocca e il raggrinzire i piedini, e l'altra manina afferrarsi alle asse della vecchia panca fatiscente, erano gli unici suoi movimenti nascosti, nel guardarla in attesa di un rimprovero. Malinda, buttò a terra la fascina e si avvicinò tranquilla al fanciullo, nel provare a chiedergli da dove era sbucato fuori. Così lontano molti giorni di cammino dal primo villaggio? Oltretutto erano molto diffidenti e per nulla socievoli i contadini delle vallate lontane. Mentre si guardava ancora attorno preoccupata, scrutando il bosco alle sue spalle e la foresta buia e impenetrabile, in cerca dei genitori o famigliari che l'avevano lasciato solo e spaesato. Forse erano dei cacciatori forestieri, e avrebbero pensato che il

3

ragazzino era più sicuro lasciarlo lì ad aspettare il loro ritorno. Avendo visto poco lontano quella malconcia sua dacia, sotto lo spuntone di roccia della montagna e pertanto, avranno pensato che poteva essere un posto sicuro, se c'era una panca che veniva senz'altro usata dagli abitanti di quel posto sperduto. Per Malinda era tutto uno spremersi le meningi a immaginare chi aveva tanto coraggioso da entrare dentro alla foresta nera impenetrabile e tanto temuta da tutti. Per le tante fantasticherie raccontate, su quella foresta oscura e infida. Storie di maghi e briganti, streghe e fattucchiere ammagliatrici, dai tanti sortilegi malvagi e da tenersi ben lontani. Oltre ad essere infestata da branchi di lupi affamati, che spadroneggiavano indisturbati a catturare l'abbondante selvaggina racchiusa tra la fitta vegetazione, da spaventare chiunque si avventuri la dentro. Senza far più ritorno alle proprie case e spariti nel nulla, da aumentare la paura e suggestione ormai divenuta centenaria? Alla fine Malinda tralasciò i tanti quesiti e provò a chiedere con fare gentile al fanciullo, sebbene non è che le riusciva troppo bene, dopo anni di rabbia e soprusi ricevuti, e il suo cuore si era indurito, perdendo ogni emozione emotiva provata. Da quando si era allontanata per sopravvivere dai soprusi perpetrati dai vigliacchi paesani, che la additavano come una maledetta strega, che portava soltanto jella e il malocchio tra la gente del piccolo villaggio di Mikovà. Dove un tempo assai lontano, vi abitava ad aiutare la povera gente come ostetrica. Era un villaggio di poveri ignoranti che si lasciavano suggestionare dai più furbi del villaggio e dal vile borgomastro a controllare e a raccattare le tante tasse dei contadini attorno. Un subdolo faccendiere ruffiano, l'inviato di turno del barone usurpatore. L'anziana Malinda, dall'aspetto indefinito, dove non traspiravano ancora i suoi tanti anni sulle spalle, la si vedeva ancora agile e pronta a reagire e combattere con fermezza a chi, le si rivoltava contro. La durezza della vita l'aveva forgiata da diventare dura come la roccia ossidiana della montagna alle sue spalle. Che in un tempo assai lontano era ormai l'ampia conca un vulcano da millenni spento, o forse al momento dormiva per riprendersi poi, con più foga al suo risveglio, da far tremare la terra e ogni cosa attorno e punire gli stolti contadini che ne avevano preso possesso. < Ciao piccolo! Parli la mia lingua slava e cosa fai qui, così lontano dal primo villaggio?... Occorrono giorni di cammino e non per nulla simpatici i suoi abitanti invidiosi e ignoranti. I tuoi genitori sono qui attorno, magari a caccia di selvaggina e... Venite forse dall'Ucraina? > le domandò con fare gentile e incuriosita, intuendo che il piccolo capiva la sua lingua. Era ben

4

certa che capiva, mentre si sedeva con fare un po' stanca, alla fine della vecchia panca, senza spaventare il piccoletto, che la stava guardando con un mezzo magone, ma non era impaurito, sembrava solamente un po' smarrito. Da rimanere muto, ma attento alla donna. Malinda provò ad avvicinarsi un altro poco, con un vago sorriso da tempo dimenticato, capendo che il piccolo biondino non si ritraeva impaurito, rimanendo a guardarla con interesse. Notando per bene, che era un po' mal messo il piccoletto, nel chiedergli: < E' da molto che sei qui piccolo?.. Io mi chiamo nonna Malinda. E tu, com'è il tu nome... me lo dici? Così diventeremo amici... > espose la donna con un leggero sorriso raccattato nel suo dimenticatoio e da troppi anni, non ne faceva largo uso. < Arold!... La mamma, doveva andare via un momento, ma tornerà a prendermi? Siamo scappati da quel villaggio lontano!... Scappati via dai cattivi. Quelli la volevano picchiare! Abbiamo camminato per due giorni. Anche la notte a correre e scappare... > mostrando due dita: < La mamma mi ha detto, di aspettare qui, che la signora buona mi darà da mangiare... Poi tornerà a prendermi la mamma... Tu la conosci quella signora buona, che abita laggiù? > le domando il ragazzino, alzando il braccio e col ditino della mano, indicava con decisione la fatiscente dacia, poco lontana. < Certamente! Ma non vedo altri tuoi parenti o persone da queste parti e il tempo si fa brutto. Sei sicuro Arold, che devi aspettarla qui? > < La mamma mi ha detto che la signora mi aiuterà! Io devo fare solo il bravo e aspettare qui? Ma io non faccio niente! Sono qui da molto tempo e non arriva nessuno e ho fame e sete... un.. po' freddo!... > mugugnò. < Ho capito Arold. Va bene! Dai, salta giù e dammi la mano che ti porto in quella casa da quella signora e potrai mangiare qualcosa, per riempire il tuo pancino vuoto. Su piccolo Arold! Dammi la manina e seguimi... > afferrandosi alla sua mano e sgambettando al suo fianco. < Arold, che un bel nome nobile hai!.. Ti andrebbe bene un bel minestrone caldo di verdure, per riempire il tuo stomaco vuoto vuoto? > < Allora sei proprio tu, quella signora buona, che la mia mamma mi ha detto di aspettarla tranquillo?... Se, sei proprio tu, e ti chiami nonna Malinda, Allora mi aiuterai? Mentre aspettiamo la mamma che ritorni a prendermi. Io sarò bravo! Ma ho fame! Anche sete? > mugugnò. < Tranquillo piccolo Arold! Sento che sai discorrere molto bene. Comunque al momento, mi devi solo ascoltare e ti insegnerò ogni cosa. Così andremo d'accordo!... Dai andiamo a casa, che sta già piovendo... > lo incitò ad allungare il passo, i primi goccioloni gelati battevano sulle loro

5

teste e spalle. Il fanciullo stava aprendola bocca per bersi un po' di acqua piovana a dissetarsi e i piccoli piedini sbattevano nelle prime pozze di acqua tra l'erba alta del sentiero, da fargli fare una corsa e mettersi al riparo dallo scroscio d'acqua, arrivata di volata appena dopo. Loro avevano già varcato la porta di casa. < Ce l'abbiamo fatta appena in tempo Arold! > sbottò Malinda traendo un bel respiro, nel togliendosi la vecchia mantella. < Oh, che bel caldi qui dentro signora Malinda! > sbottò contento Arold, nello stringesi con le braccia a scaldarsi. Mentre dal fondo una voce giovane chiedeva: < Donna Malinda chi è arrivato con te? > < E' il piccolo Arold che ha molta fame!.. Lei è Patricia, la mia figlioccia e mi aiuta qui in casa. > le spiegò con un mezzo sorriso. < Ciao Patricia! La mamma verrà dopo a prendermi... > rispose deciso Arold, rinfrancandosi nel calore di quella casa affumicata. Illuminata dalla luce fioca della lanterna ad olio, appesa al soffitto. La giornata volgeva al termine e il buio stava giungendo velocemente assieme al temporale fuori. < Io ho già preparato il minestrone donna Malinda, come m'hai insegnato fare. E ho messo dei piatti in tavola con le pietanze... Anch'io ho fame, ma ti aspettavo per mangiare assieme... > espose Patricia sorridendo. < Dai, vieni Arold! Ci laviamo le mani e togliamo la maglia bagnata, con un'altra di Patricia e poi a tavola a mangiare il minestrone già belle che pronto. L'avevo messo sul fuoco sotto il camino da stamattina presto e Patricia controllava che non si consumi il brodo. Sediamoci a riempire la pancia. In verità ho fame anch'io! La camminata nel bosco ha raccogliere la legna mi ha fatto aumentare l'appetito... Peccato! Ho lasciato la fascina giù al lago, ormai sarà fradicia d'acqua... > commentò tagliandosi un pezzo di pane ancora caldo, che Patricia l'aveva al mattino presto impastato e fatto lievitare e appena un momento prima sfornato dal loro piccolo fornocasareccio, nel dire: < Vado una corsa io, a prendere la fascina, Malinda. >

6

< Tranquilla Patricia! Domano con il sole si asciugherà la fascina e poila porteremo nella legnaia. Certamente potremo andare tutti a raccogliere altra legna, l'inverno fa presto ad arrivare da queste parti... Dai mangiate ragazzi!... Allora piccolo Arold, ti piace il minestrone di verdure? > < E' troppo buono! Era da tempo che non mangiavo così bene... > mentre il suo capo faticava a restare alzato, cadeva dal sonno. Malinda se ne accorse nel chiedere: < Arold hai proprio tanto sonno? Piccoletto mio! > stupendosi da sola per le parole dette senza immaginare che era ancora capace di ammorbidirsi a fare dei complimenti al nuovo arrivato tra loro, ad allietare le due donne da molto tempo rimaste sole. Malinda aveva egualmente delle sporadiche visioni, di brutti presagi sul futuro di quel piccolo fanciullo senza colpe. Cose che al memento, era meglio evitare di spremersi la sua memoria, era troppo saturo di cose sgradevoli, dal suo ingrato passato e trascorso abbastanza malamente.... Per il piccolo Arold al momento la fame c'era e tanta, ma la stanchezza di aver camminato per giorni e giorni al passo della mamma spaventata, che appena dopo diverse cucchiaiate di minestrone caldo, si stava purtroppo addormentando sfinito e stanco. Da costringere Malinda a prenderselo in braccio e portarlo di sopra nel metterlo a letto, nella stanza disadorna di quella bicocca, fatta di vecchie tavole di legno del solaio. Era la sua dacia.

Arold si era addormentato stremato, con un po' di caldo in pancia e il calore della casa, da farlo raggomitolare subito tranquillo, senza frignare e

7

sistemato nell'accogliente letto che sapeva di pulito e la pace ritrovata. Malinda l'aveva coperto per bene, restando a guardarlo contenta, mentre accarezzava i corti capelli biondi. Da capire che era una benedizione quel figliolo piovuto dal cielo nella sua casa nascosta tra la lunga catena dei monti Vjkondè Karpaty, attorno alla grande foresta nera di Biezczadzki. Malinda l'aveva sempre saputo che un giorno assai lontano sarebbe giunta a lei una gradita sorpresa, ma anche carica di problemi? Quel figliolo avrebbe trovato e percepito l'amore sincero in quel posto, donato con grande affetto da povere donne avvizzite col duro lavoro dei campi per vivere. Pertanto abituate alle cattive situazioni da condizionare le loto vita. Malinda già prima nel toccare il fanciullo aveva percepito delle strane vibrazioni, sensazioni crude e funeste, da farla rabbrividire al sol pensiero che erano veramente accadute e veritiere le visioni, che le passavano davanti agli occhi e captate dalla sua memoria da chiaroveggente. Cose vere e appena accadute, un pericolo in arrivo da prendere seriamente la questione. Con un'espressione affannosa a dirsi: “Impossibile?” Purtroppo e da troppo tempo, c'erano degli sporchi individui alla ricerca nelle varie nazioni, il piccolo Arold. Persone cattive che volevano trovarlo ad ogni costo. Ma per cosa? Pensò al momento Malinda molto confusa e senza supporre la fine. Ma sbottò subito, stupita, alla visione successiva venuta ad affiorare di colpo e a mostrarle la verità nuda e cruda. Così vera e tremenda, nel capire che lo volevano veramente morto? Da trovarsi da sola a sussultare e spaventarsi alla visione veritiera e non immaginata... Oltre averla già visionata anni prima, nei suoi sogni da chiaroveggente, che tentava di scacciare via, nel pensare a brutti sogni fatti. Ed invece era la pura realtà che si sarebbe concepita se non si spostavano i personaggi sulla scacchiera, da cambiare il percorso voluta dagli assassini nella loro ricerca sfrenata. Poi quella brutta fine capitata alla vera madre? Quella povera madre disonorata e fustigata da avidi criminali. E quell'altra povera mamma adottiva, perita proprio in quel medesimo giorno, dopo avere lasciato il fanciullo in un posto sicuro e lo sperava veramente?... Mentre Malinda si rimproverava a pensare: Il perché quella donna non si era fermata anch'essa, si sarebbe salvata? Invece, senza poter far nulla a cambiare il destino? Ma chi era di preciso, quella fuggitiva donna adottiva. Malinda non riusciva a mettere a fuoco il suo viso, che si era infilata dentro nella grande foresta, con un preciso intento, nascondere il fanciullo da non essere ritrovato e ucciso da malvagi miscredenti? Forse quel figliolo era il frutto di un sopruso subito? O forse frapposto ad un amore

8

rovinato da qualcosa che non andava per la via indicata, da chissà chi? Ma in tutto quel trambusto capitato, era sorto un dilemma molto confuso, per l'anziana veggente. Comunque con amore Malinda, si sarebbe messa d'impegno e avrebbe allevato anche quel benedetto figliolo abbandonato e ricercato? Come l'ormai grandicella Patricia, lei rimasta solamente orfana e pertanto accolta con amore nella sua casa. Ripensando ai tanti sogni fatti e messi assieme alla rinfusa, da dover mettersi un momento a riordinare il tutto e a capirci per bene qualcosa per davvero? Malinda sapeva di ricordare qualcosa al caso, che talvolta li collocava in cose di sua immaginazione, ma che erano invece cose succedute ad altri e lei come veggente lì aveva percepite, sentite e ora era il momento di fare veramente ordine e capirci qualcosa per davvero?... Stava pensando Malinda, nel sistemare a letto il piccolo Arold stanco e stremato. Avendo notato quell'insignificante segno G sotto l'ascella destra, a forma di voglia. Assomigliava ad un marchio nobile? Che Malinda conosceva molto bene, in quel segno G indelebile che Arold lo portava dalla nascita e non qualcosa marchiato dopo, come gli animale. Capendo all'istante di chi era figlio quel benedetto figliolo ricercato. Arold era nientemeno che il figlio di un nobile principe, Aleksej Gregoric, nato nel 1896 a Varsavia e poi sparito nel nulla dal suo castello di Niedzica dove abitava? Un nobile giovane intraprendente, che a diciott'anni, si era unito alla nuova associazione culturale, Socol nata a Trieste nel lontano 1882 e da diffondersi in tutte le regione della Boemia, Moldavia, Slovenia. Entrando in quel gruppo di contestatori Socol. Non approvati ma sopportati dai vari governi Austroungarici, Polacchi e Russi. Da essere Aleksej poi, sconfinato in quel castello nelle sue terre molto lontane da Varsavia. Ricordava Malinda. Si trovavano oltre le grandi montagne innevate di High Tatras al nord della regione della Cecoslovacchia oltre i confini, in Polonia. Le voci che correvano a quel tempo, si diceva, che a ventuno anni si era fidanzato con la diciottenne principessa Marija Romanoff, la penultima figlia dello Zar di tutte le russe, Romanoff Nicola II. Pertanto Malinda incominciava a connettere e mettere assieme un po' tutto e a capire che quella povera madre, si era sacrificata per salvare suo figlio dalle grinfie dei giustizieri. Lei la principessa Marija Romanoff nata nel 1899 e morta nel 1918, assieme al principe Aleksej Gregoric, suo prossimo sposo. Si diceva che lei, era rimasta al castello in vacanza in attesa per partorire di nascosto, non essendo ancora sposata con il principe Aleksej. Per fortuna appena due giorni dopo il parto, venivano entrambi i principi

9

arrestati e deportati di nascosto a Ekatarinburg e fucilata assieme alla famiglia dello zar. Gli esecutori erano stati i bolscevichi nella rivoluzione russa dell'ottobre 1918. Ecco l'intrecci che rammentava Malinda e a capire chi è che cercavano ancora adesso dopo tutti quegli anni, e proprio lì, nei pressi di quella foresta impenetrabile di Biezczadzki. Che incuteva sempre paura ad entrarvi. Perciò, dopo quasi quattro anni dal massacro, qualcuno aveva saputo della nascita in segreto di quel figlio, dalla principessa Marija e Aleksej, concepito di nascosto? Pertanto la polizia segreta russa stava cercando ancora chi si spacciava da madre e trovare quel figlio? Senz'altro lei era la balia, che l'avrebbe allattato, altrimenti sarebbe morto il piccolo principe e poi fuggita via in una fuga disperata, per salvarlo dai bolscevichi alla ricerca ancora spietata per annientare definitivamente la discendenza sfortunata dei Romanoff e dei Gregoric. Cancellarli per sempre dalla faccia della terra. A quel punto Malinda sapeva più che bene di chi era figlio e cosa diventerà in avvenire quel piccoletto Arold? Sarà un principe messaggero del bene a sconfiggere il male, e saprà portare la pace e la giustizia in quelle regioni slave, da anni sempre in guerra fratricide. Ora più che mai Malinda era convinta di ciò che i suoi sogni veritieri le avevano da anni annunciata la riviviscenza di quel fanciullo arrivato fino a lei per essere allevato, cresciuto e istruito al meglio e per poter compiere un giorno la sua missione voluta dal destino. Ingrato prima, forse migliore dopo?... Pertanto un giorno e più avanti con gli anni, Malinda avrebbe svelato al piccolo Arold chi erano i suoi veri genitori e quel castello di Niedzica in Polonia gli avrebbe appartenuto di diritto come unico principe ereditario. Lui era il principe Arold Gregoric di Niedzica.

Intermission

10

Capitolo Primo

Era il giorno dieci ottobre del 1925 e il piccoletto Arold stava diventando grande, mentre imparava a leggere e scrivere sotto l'insegnamento di donna Malinda, provetta insegnante casalinga tutto fare. E in quel giorno del suo settimo compleanno, Malinda voleva fargli una piccola sorpresa e una festa casareccia con una bella torta, che Patricia la stava impastando e pertanto lo voleva per bene in ordine, con un vestito fatto su misura dalla mani sapiente di nonna Malinda. Da giorni a lavorare e sistemare per bene i calzoni e il maglione appena terminata coi ferri a maglia. Il tutto fatto di nascosto nella sua stanza linda, da fare una sorpresa al piccolo appena alzato e quel mattino lo chiamò nella sua stanza e mostrargli il maglione e calzoni da vestirlo per poi, festeggiare: < Un buon compleanno Arold! >

< Grazie nonna Malinda! > rispose commosso abbracciandola con affetto. Giù da basso nella loro cucina affumicata, Patricia stava decorando la torta da infornare, felice di partecipare a quella piccola festa famigliare.

11

Poi altri mesi e anni passavano in quel posto sperduto, ai margini di quella grande foresta impenetrabile, era la nomina assegnata dalla gente.Pertanto erano ormai arrivati all'anno del 1933, ed erano trascorsi 15 anni, da quel lontano giorno dall'arrivo improvviso di Arold, in quel posto di pace e quiete. Oltreché il tanto amore ricevuto dalle due donne e lui il giovincello ricambiava con affetto e devozione, oltre aiutarle nei lavori della loro piccola fattoria, da buon ragazzo non pretenzioso, l'umiltà era ben accettata di cuore. Sebbene talvolta spariva per ore a giocare nel bosco con gli animale selvatici: “Spiegando poi, che li trovava simpatici.” Arold, stava per compiere i suoi primi quattordici anni in autunno e si era per bene rinvigorito e pronto per affrontare il mondo malvagio tutt'attorno. Così gli era stato esposto dalla severa insegnate a diffidare di chiunque ed essere sempre pronto a difendersi al caso. Malinda non l'aveva ancora informato sulla sua probabile discendenza, forse uno di quei giorno le avrebbe spiegato ciò che sapeva e aveva visto nei suoi sogni veritieri. Ma al momento pensava da donna saggia: “Ogni cosa a suo tempo.” Il giovane Arold, con tenacia e volontà si era messo d'impegno a voler apprendere e conoscere tutto ciò che lo circondava. Cercando d'imparare le tante lezioni impostale dall'insegnante Malinda, che lo spronava al duro impegno e sacrificio nello studio. Inculcando in memoria ogni nozione ben spiegata, oltre a saper scrivere con grazia e leggere i pochi libri che aveva trovato in quella dacia, dai mille misteri nascosti. Arold non voleva indagare e approfondire sulle notti agitate di nonna Malinda. Capendo che aveva anch'essa tanti segreti da custodire in seno. Perciò Arold, desiderava apprendere e aspettare da Malinda, la sua buona maestra casareccia, si confidi. E non indagare come sapeva fare molto bene, a captare i segreti altrui. Gli bastava concentrarsi un po' e il gioco era fatto. Ma desiderava che Malinda si prodigasse avanti a istruirlo e gli insegni tutto ciò che lei stessa sapeva, da essere pronto un giorno ad affrontare il mondo all'esterno della grande foresta, che al momento li preservava al sicuro. E poi affrontare a testa alta da vero cavaliere saggio e istruito, come si dimostrava di apprendere più che bene e velocemente ogni compito dato, anche il più problematico. Arold non voleva sminuire la saggia Malinda, sebbene lui riusciva a leggergli il pensiero e poteva captare già prima ogni cosa immaginata. Ma non desisteva dimostrare le sue capacità sensoriali, sapendo che anche la donna sapeva intuire qualcosa. Erano ben coscienti di non stravaricarsi per sfoggiarsi in bravura. Pertanto Arold svolgeva velocemente i compiti senza difficoltà intellettiva e appena il giovane, si

12

sentirà pronto a superare con fermezza la temuta foresta impenetrabile, avrebbe imparato a viaggiare per il mondo esterno e vedere cosa offriva la vita al di fuori di quel posto incantato, oltre imparare altre cose nuove. Mentre al momento, all'interno della casa o nel bosco con gli animali si divertiva a far trucchetti, in special modo alla sorella Patricia, da stupirla sempre ogni volta che capitava, con qualcosa di nuova inventiva. Nel rispondere al ragazzo indispettita ma non arrabbiata: < Quel giorno che troverò un marito, guai a lui se si comporta a questo tuo modo. Capito. Bel furbetto! Sono una signora e devo essere rispettata e coccolata e non come fai tu, brigante che ti burli di una povera donna che lavora! > borbottava bonariamente, ma al tempo stessa era contentissima di quel fratellastro allegro e brioso, con l'argento vivo sempre in corpo. < Scusami Patricia! Non volevo farti arrabbiare... Eri talmente presa col filarello per la lana, che ho pensato di avvolgerti con il filo di lana. E non te ne sei nemmeno accorta di nulla... Scusa! > < Hai sempre la scusa buona! Ma dimmi un po' come hai fatto, se eri la seduto davanti?... Hai legato il mio gomitolo dall'alto ad una corda, per farlo volteggiare in aria e legarmi attorno?... E' come l'altra sera in stanza, che facevi volteggiare le lenzuola che sembrava ci fosse un fantasma, da farmi prendere una tal paura... Santa Maria! Che brigante sei davvero... > < Ti chiedo perdono! Non lo farò più, questi semplici trucchi da prestigiatore. Vorrà dire che proverò a sollevarti in alto. Ti piacerebbe vedere tutt'attorno dall'alto? > gli suggerì ridendo. < Ma sei matto! Farmi legare per il collo... Malinda aiutami tu? > Malinda indaffarata in cucina, se la rideva e capiva che quel ragazzo stava acquisendo dei poteri non per nulla naturali, anzi si dimostrava un bravo giocherellone, un po' burlone, da non rendersene conto di certi poteri sovrannaturali che aveva in corpo. Come un vero mago, ancora di più, che al momento assomigliava a un prestidigitatore in erba e Malinda se la sentiva dentro al petto, che quel ragazzo aveva addosso dei grandi poteri senza saperlo ancora bene, come gestirli e lei non voleva forzargli la mano. Al momento era ancora tutto un bel gioco, e si rivelava per bene in lui, la riviviscenza di qualche suo antenato assai lontano e potente... Un mago non da poco, doveva essere? Era ciò che Malinda andava sempre più immaginando, quasi con timore, per la potenza che Arold stava forgiando. Avendolo visto di nascosto che alzava col solo pensiero un grosso masso che ostruiva il passaggio del torrente e depositarlo al posto giusto, per far da diga e poter bagnare l'orto molto meglio del secchiello a mano. Una

13

piccola magia, che si divertiva a fare ogni tanto se occorreva migliorare. Molte volte Arold si arrampicava sulla vetta più alta dei monti attorno, ad osservare sopra le cime degli alti abeti ai margini della foresta e a scrutare l'orizzonte assai lontano. La curiosità l'invogliava ad esplorare una parte di quella foresta così impenetrabile da incutere un gran timore ad altri. Perciò un bel giorno aveva deciso con la scusa di far un po' di legna da ardere, andare a vedere e arrampicarsi sulla cima del monte ad est, cos'erano quei ruderi abbarbicato la sopra. Senz'altro un castello disgregato e perito un qualche battaglia anni addietro? Da dover fare molte miglia per arrivare alla montagna rocciosa, arrampicarsi e trovare poi, sopra i resti di un vecchio castello, distrutto dalle tante guerre passate da quelle parti e poi averlo abbandonato al proprio destino, sgretolandosi nell'incuria nel tempo che passava, ormai perenne senza fine. Da lassù tra le mura diroccate del castello, Arold si guardava attorno a curiosare felice di osservare altre cose, fin dove l'occhio gli permetteva di vedere altri luoghi lontani al momento. Pensando già al giorno che avrebbe decisi di andare oltre e seguire la sua via ben designata nella sua memoria, già da tempo. E quel fatto lo sapeva più che bene, sognandolo ad occhi aperti il percorso da fare senza indugio. Ma capiva che doveva aspettare ancora. Qualcosa dentro di lui gli suggeriva di attendere, non era il momento giusto per affrontare le insidie nascoste nel mondo esterno... Quando il grido di un aquila che volteggiava in cielo lo destò dai suoi persistenti pensieri un po' oscuri. Lei, dall'alto l'aquila, lo salutava con ampi giri circolari sopra la cima del monte, ad obbligare Arold a seguire le sue evoluzioni, con quel grido che sembrava di richiamo nel lanciargli contro, forse voleva salutarlo, immaginava lui incuriosito. Tutto gli era nuovo in quel posto mai visitato prima, sebbene aveva già visto volare in alto nel cielo le aquile, ma non come ora che sembrava l'avesse proprio con lui, in quelle grida sottili, che il ragazzotto solitario e straniero, lo percepiva più che bene. Arold era arrampicato la sulla rupe diroccata a curiosare attorno il paesaggio da goderselo con un ampio respiro. Mentre il rapace alla fine si era appoggiato sullo spuntone della torre più alta e lo guardava fisso con l'occhio severo. Poi, per caso tra le crepe delle mura Arold, gli sembrava avesse visto qualcosa che luccicava e si sforzò a farsi un varco tra le pietre, prendendo il pugnale che si portava alla cintola e provò ad aprire di più quel pertugio, dove il sole alto alto zenit illuminava dentro tra le crepa delle mura, e all'interno c'era nientemeno l'elsa di una spada che luccicava al raggio di

14

sole a picco sopra di lui. Arold con fatica, s'impegnava nel cercare di estrarla. Quella spada sembrava aggrappata alle mura ormai solidificata, bloccata tra quei massi centenari, da non lasciarsi estrarre. Ma la tenacia di Arold e la volontà di scoprire a chi appartenga quella possente spada, lo incuriosiva tanto. Pensando poi di portarsi a casa un trofeo del passato. Ci mise più forza da vincere la stretta presa di quelle mura che non volevano mollarla al nuovo straniero venuto da lontano e a curiosare in quel posto ormai dimenticato anche da Dio, gli sembrava di capire Arold. Comunque lui aveva deciso, se non usciva avrebbe sgretolato il muro in altre maniere... Ma l'istinto gli suggeriva altrimenti e alla fine, riuscì egualmente con forza ad estrarla dall'incastro centenario. Come d'incanto il metallo ossidato della lama, vibrò molto forte nell'aria, per lo sfregamento tra i duri massi del vecchio maniero diroccato, da suonare nell'aria con un grido di liberazione, era il sibilo lanciato attorno da far eco nella foresta accanto e l'ampia vallata sotto il monte ai suoi piedi, da lanciare un monto? Persino l'aquila si era spostata prima, per vedere meglio, il trafficare del biondo ragazzotto e vedere a cosa avesse trovato con tanta foga. Il rapace si era abbarbicato su una parte della torre diroccata e stava curiosando il giovane, nel guardare con attenzione l'accaduto e senza fuggire via poi, al suono lanciato nell'aria dalla spada, come un vibrato diapason musicale e creare attorno un'atmosfera strana al momento? Un silenzio tombale attorno, da far azzittire anche gli uccelli del bosco. Tutto poteva capitare con un giovane principiante mago a districarsi al meglio con la forza del suo pensiero. Anche gli animali attorno l'avevano intuito.

15

Arold per un momento si era fermato e guardava la grossa spada tra le suemani e l'aquila poco distante sembrava molto incuriosita, aspettando nel guardare Arold che sorrideva al risultato. Poi provò a dire al rapace irto sul muraglione, come si conviene ad un uccello reale: < Beh', cosa pensi mia bell'aquila imperiale! Come arma da mettermi e agganciarla al mio fianco, posso assomigliare ad un guerriero d'altri tempi? > sbottò muovendosi con la mano al fianco a sorreggere la grossa spada incrostata dagli anni alle intemperie. L'aquila allargò le ali, ma non prese il volo, lanciò un grido. Forse era di consenso che approvava la sua idea. Prontamente Asrold, provò a risponderle: < Grazie per l'approvazione amica mia ... Aspetta un momento? Ho qualcosa che ti può piacere... > prendendo dalla sua sacca a tracolla, un pezzo di tacchino affumicato e allungò la mano al rapace, che per un momento restò a fissarlo e piegare leggermente la testa dalle penne bianche striate e poi deciso volò verso di lui, rapido e deciso da afferrare il boccone dalle sue mani senza scorticarlo e ritornare sul muraglione a mangiarselo. Mentre Arold gli diceva: < Mi dispiace ma al momento avevo solo quel pezzo di tacchino. Se passi da casa vedrò di dartene dell'altra. Malinda è una brava cuoca. Forse la conosci? Non si è mai allontanata dalla dacia giù al lago. Adesso vado! Devo rientrare, non voglio che stiano in pensiero le mie donne. Sai si preoccupano subito se resto lontano molte ore. Sono il loro cucciolo. Ciao! Ci troviamo da un'altra parte. Giusto? > alzando il braccio a salutarla. E l'aquila si alzò in alto con un grido, forse era un suo modo a salutare un nuovo e sincero amico appena trovato. Arold aveva ripreso a scendere dal monte, la veccia mulattiera era sgretolata via da molto tempo. Perciò doveva fare acrobazie per arrivare giù nella piana dove scorre il fiume Orka. Fermandosi a bere dell'acqua sorgiva che zampillava fuori a cascata, dalla roccia viva del monte di fianco. Poi essendo sudato e impolverato a lottare con i mattoni del vecchio maniero, pensò ben di farsi un bagno e rinfrescarsi per bene. Perciò con decisione si spoglio e nudo si tuffò nella piccola pozza ai piedi dalla cascata, da lanciare un grido di piacere, nell'approfittare di quella piccola e gelida piscina naturale. < Che meraviglia! > urlò felice nello sguazzarsi nell'acqua fredda. Ma allo stesso tempo anche il grido del rapace amico, lo avvisò di un pericolo in arrivo... Dopo un buon momento, Arold si alzò al grido insistente dell'aquila, nell'uscire dall'acqua, che era abbastanza gelida, ma non capiva di qualcosa che era lì accanto e si accucciò ancora a bere nella mano un po' di acqua fresca, a dissetarsi, forse la polvere delle mura, su al castello gli avevano fatto venire l'arsura...

16

Perciò al grido insistente dell'aquila, Arold smise di bere e si girò sospettoso, ma senza spaventarsi. Un grosso orso bruno era arrivato dall'altra parte della cascata e si ergeva alto su due zampe a dimostrare chi comandava da quelle parti, ma non brontolava, e sembrava che non lo guardi, forse e perché il giovane era nudo a mollo nell'acqua, da stupirlo? Arold, con calma provò a dire al bestione di fronte, alto come una montagna: < Se aspetti un momento ti posso dare la mela che ho nella sacca... Ho solo quella, ma per un nuovo amico, posso rinunciare... Aspetta tranquillo, che la prendo dalla mia sacca. > facendo gesti accomodanti, senza spaventarlo o aver paura. Poi tirò fuori la mela, mentre l'orso annusava l'aria e lui veloce gliela lanciò dritta in bocca. L'orso grugni contento, poi restò ad aspettare a bocca aperta e prontamente Arold, provo a convincerlo, sperando che comprenda il suo parlare: < Mi dispiace amico! Ma avevo solo quella. Era la mia merenda... Adesso puoi tornare nella tua tana a riposare. L'inverso si avvicina ed è quasi il momento di andare in letargo... Giusto? > mentre l'orso si era abbassato e lo stava osservando in attesa? Arold non aveva pensato minimamente di adoperare la spada che provvisoriamente l'aveva appoggiata al ramo di un alberello, assieme alla sua cintura. Era più che sicuro che l'orso l'aveva compreso che non aveva altre mele da saziarlo ancora. Dondolando il bestione, si girò e si allontanò tranquillo. Arold provo a dire: < Ciao bell'orsetto! Ci vediamo ancora uno di questi giorni da queste parti! > mentre si rivestiva con quelle vecchie casacche che aveva trovato nel baule in solaio. Cose trovate per caso, nella sua vasta ricerca a conoscere e immaginare anni addietro, chi li

17

aveva indossati. Erano dei vecchi proprietari di quella dacia, cent'anni prima. Nel toccare gli indumenti li vedeva molto bene, gente tranquilla che curavano la campagna, l'orto e il frutteto, che ancora dava i suoi frutti e il poco bestiame di capre. Malinda la nuova proprietaria ne allevava ancora per aver del latte fresco appena munto. Il tutto avveniva in quel posto lontano da tutti. Capendo che tutto quel suo apprendimento, al momento lo stava acquisendo veramente per gioco, e forse immaginava al principio che tutti gli uomini avevano le sue stesse sensazioni primordiali? Sapendo altresì più che bene, che appena avrebbe varcato e lasciato alle spalle la grande foresta impenetrabile, sarebbe stata tutt'altra cosa, ma non più un gioco casareccio, ma la dura realtà da affrontare giorno dopo giorno? Arold nei suoi sogni da veggente in quella sua riviviscenza acquisita, aveva delle chiare visioni di posti e persone sconosciute da definire per bene qual'era la provenienza. Capendo in parte l'appartenenza, e da vicino così profondamente. Sentiva che c'era un vincolo stretto, e appena in casa nell'appoggiare la grossa spada sul muro dello scantinato, aveva captato qualcos'altro? Qualcosa che aveva già visionato, molto lontano da lui, oltre l'Oceano Atlantico. Tra le civiltà antiche degli Inca. Per un momento restò a pensare se erano cose sorte nel suo apprendimento dai pochi e vecchi libri trovati in quella dacia? Ma comprendeva che non centravano, nel rammentare che gli erano rimaste impressi le storie e i fatti avvenuti in quel lontano paese il Perù. E quel qualcosa gli diceva che quell'arma gli trasmetteva dei lontani segnali visivi, nei suoi sogni ad occhi aperti. Descrivevano visioni, su dei rotoli sacri Inca, trafugati e trasportati fin lì, nel vecchio continente da un lontano suo discendente, sconosciuto. Cose che avrebbe dovuto sapere e che si trovavano nascoste nelle segrete di un castello dei suoi antichi avi e mai supposto prima? Dovevano essere i primi proprietari di quel maniero oltre i monti a nord del paese. Da incuriosire Arold da scavare nella sua mente colme di cose ancora sconosciute, ma veritiere. Alla fine Arold, sforzandosi di vedere su una vecchia pergamena spagnola, riuscì a leggere quel nome del suo avo, trasferito in quella terra lontana oltre i grandi mari, fin laggiù in Perù. Sebastiàn Berzeviczy, che amava viaggiare e sposò una principessa Inca di nome Umida ed ebbero un figlio di nome Andrès. Era ciò che visionava molto bene Arold. Quel Andrès nato laggiù e sfuggiti agli spagnoli era tornati nel vecchio continente, portandosi un tesoro di rotoli antichi, che sprigionavano una particolare magia sacra, persa nei tempi lontani? Ma da rimanere latente in attesa di un successore che avrebbe riparato ai torti

18

fatti, e placare l'ira degli Dei Inca in attesa. Il tutto gli era stato spiegato in sogno da un saggio santone Inca, mai conosciuto e visto prima in altri sogno. Da rendere Arold abbastanza agitato per la prima volta, nell'apprendere quella lontana verità, che non era un sogno, ma la verità storica fin dal lontano 1563. dove quel Sebastiàn Berzeviczy fu trucidato dagli spagnoli per furto nella loro conquista in Perù. Perciò Arold si sarebbe impegnato a cercare quel castello e non quello tra i ruderi dove aveva trovato la spada. Quella era un'altra vecchia storia, era del 1400 e doveva appartenere al nonno di quel Sebastiàn, il nipote scampato agli spagnolo, era tornato a prendersi il castello a quei tempo sotto il dominio Ucraino, poi passato ai sovrani Polacchi e acquistato dai principi Gregoric, ultimi discendenti dei nobili Berzeviczy, spariti nel nulla? Si trovò a ripensare al tutto Arold con insistenza, ma al momento restia a svelarsi. Perciò in un bel giorno nei primi d'autunno, con il sole ancora caldo e per caso si trovano seduti sulla loro panca accanto al lago Orka a discorrere. Arold provò a chiedere a Malinda: < Penso che potresti dirmi come mi chiamo veramente e chi era quella madre che ho tanto aspettato che torni a prendermi, ma non è mai più ritornata, uccisa dai lupi e caduta in un precipizio. Questa visione veritiera lo per ben seguita? Ho capito che infide persone la inseguivano?... Giusto Malinda, e lei non era la mia vera madre, questa sensazione mi è più che sentita, è vera? > espose. < L'ho sempre saputo e immaginato, che sai leggere nei miei pensieri, ma per la corretta educazione, che ti sei imposto a mantenere il rispetto reciproco. Capendo che sei molto educato da non forzare il mio pensiero a trasmetterti ciò che vuoi sapere, della mia lunga storia travagliata.... > < Sì! Hai ragione Malinda... Ma penso sia giunto il momento di farmi partecipe dei tuoi tristi pensieri, presagi funesti del passato e presente, che ti premono sui tuoi sentimenti onesti. Questo lo capito più che bene! Ma penso che ho il diritto di sapere qualcosa in più sulla mia comparsa nella tua casa. Comunque non voglio trafugare niente nella tua memoria se non sei ancora pronta ad aprirti. Ho troppa stima della tua saggezza e onestà. Perciò gradirei che un giorno, tu, Malinda m'illustri sul mio passato? Io sovente ho delle visioni di cose capitate molto lontano oltre gli Oceani, forse sono dei lontani parenti, ma il tutto mi è confuso da sembrare soltanto un brutto sogno? Vedo più sovente un maniero poco distante da noi e delle persone all'interno spaventate, ma mi è difficile vedere i loro visi preoccupati a nascondersi. Da chi? Questo è un particola che non riesco entrarvi con la forza del mio pensiero. Molto strano questo fatto?

19

Talvolta quando mi reco nella foresta a curiosare e mi soffermo a pensare, su molte cose che ancora non so bene e veleggio con la fantasia sulle ali della mia amica aquila... Vedo ciò che lei vede! Ricordi Malinda, quando vi ho raccontato come l'ho conosciuta e mi ha fatto trovato quella vecchia spada tra le mura del castello, laggiù sulla montagna. Beh', pensando a lei, la bella amica aquila, mi trovò a sorvolare le alte montagne al nord della regione, con addosso una sensazione bellissima di poter volare in alto sulle sue ali e osservare il paesaggio sottostante miglia dopo miglia. Anzi sentirmi una cosa sola con l'amica aquila, e mi ha mostrato dei posti mai visti prima. Posti tanto famigliari, che ho sentito dentro di me, e mi appartenevano, o mi appartengono per davvero ancora? Dal nome della località che ho visto con gli occhi dell'aquila e la sua compagna che si era aggregata in volo e m'indicavano il nome scritto sul cartello fissato alla cinta murata del maniero:“Niedzica Castel”, quel castello dalle mura bianche, era la sotto di me. Comprendi Malinda? C'è un bel castello dall'altra parte delle alte montagne del High Tatras, e mi sono più che famigliare, dalla forte attrazione e tristezza assieme, da rimanere scioccato al vederlo scorrere sotto di me, mentre lo sorvolavamo in ampi giri a scrutare ogni anfratto di quelle mura centenarie, e mi sembravano abbandonate a se stesso... E' stata un cose indescrivibilmente bella a volare! Ma anche triste il forte dolore percepito assieme, oltre altri misteri attorno Comprendi mia buona nonna Malinda! > si spiegò Arold.

< Avevo già compreso che hai acquisito dei poteri speciali Arold. Anzi molto speciali! La reviviscenza ti sta accompagnando passo per passo

20

figliolo mio. Immagino che qualche lontano tuo discendente, aveva gli stessi tuoi grandi poteri, da trasmetterteli e da farne buon uso, nel tuo futuro. Sai leggere e scavare nel pensiero altrui e percepire in parte il futuro destino da affrontare. Oltre dimostrare di saper spostare gli oggetti, leggeri o pesanti, che non hanno peso per la tua memoria e potenza psichica, e che riesci a far tranquillamente, senza destare sospetti. Non sembra bello a dirsi, ma sei diventato veramente un potente mago, e che saprai gestire al meglio la tua forza e potenza. La riviviscenza ti sta accompagnando, insegnandoti a scoprire le brutture del mondo esterno e forse tentare di risolverle al meglio. > si spiegò con affetto al giovane apprendista mago, nel riprendere a dire: < Ma dovrai fare molta attenzione nel mondo che troverai al di fuori della foresta? Quando deciderai di uscire fuori da questo posto che ci ha preservati incolumi negli anni passati. Perciò Arold non farti sorprendere e far capire agli altri che hai delle e tante qualità sorprendenti. Ti prenderebbe per un folle pazzo da studiare e poi magari farti ammazzare se intuiscono la tua discendenza, oltre per la paura che incuterai, ad essere superiore a loro. La gente la fuori, non ammette che altri abbiano qualcosa di magico e benevole. Predisposto ad aiutare e far del bene ai tanti bisognosi nel mondo. Guai se ti scoprono... Guai, figliolo! > espose con fermezza Malinda avendo già provata sulla propri pelle le angherie degli ignoranti zoticoni che vivono oltre la grande foresta. Che per fortuna lì ha tenuti sempre lontani. < Temo che un giorno arriveranno fino a noi, ad ogni costo? Per l'avidità di strappare e possedere ogni cosa difficile da prendere apertamente. Supereranno la paura delle vecchie leggende raccontate, e tenteranno di scoprire l'ignoto mistero che racchiude questa 'impenetrabile foresta nera. Magari anche da decidere di raderla al suolo per sempre, se occorre per sradicare il male alla radice. Così diranno dopo i benpensanti stolti. Comprendi figliolo! > < Già concordo! La cattiveria umano non ha limiti... > rispose.

21

Capitolo Secondo

Rientrati in casa, Malinda stava tentando di spiegare al ragazzo, le vicissitudini dei suoi genitori, fin dove la sue veggenza la portava a scavare e apprendere le traversie avvenute negli anni passati e ciò che aveva saputa dalle tante storie raccontate dai vagabondi cantastorie. Perciò si mise d'impegno a spiegare al ragazzo la sua dinastia, quella più giusta, l'esposizione espressa: < Per quello che ho appreso e visto nei miei sogni ingrati. Tu sei il figlio della principessa Marija Romanoff, figlia dello zar Nicolaj II di Russia e tuo padre è il principe Aleksej Gregoric polacco, che viveva in quel castello di Niedzica che hai visto dall'alto. E quella mamma che ti ha portato qui da me, dovrebbe essere la tua balia che è fuggita portandoti in salvo dalla polizia bolscevica, sulle tue tracce. Qualche spia per pochi rubli russi, avrà parlato. Ma purtroppo la tua balia è perita, cadendo in quel canalone nella grande foresta, per sfuggire ai lupi che la rincorrevano affamati. E so che questa visione lai già vista nei tuoi sogni... Giusto! Ecco figliolo tutto quello che sapevo, te l'ho detto. D'ora in avanti toccherà a te saper giudicare e apprendere altre cose dalla tua nascita. > < Allora l'hai vista anche tu nei tuoi sogni, perire nel crepaccio la mia buona balia: Mi sembra di ricordare che si chiamasse Viviana e mi ha allattato da nutrirmi e sacrificarsi per me alla fine. Mi dispiace veramente, era così buona e amorevole. Mi sembra di averlo sempre saputo, che non era la mia vera madre, ma cosa vuoi, la chiamavo mamma, perché capivo che ne gioiva sentirselo dire, da farla felice nella misera storia capitata. > commentò Arold pensieroso, vedeva ancora davanti agli occhi l'immagine del suo sogno veritiero, la povera balia inseguita dai lupi e non si accorse del precipizio cadendo dentro e morire laggiù sul fondo rimasta nascosta. > < Questo è più che vero figliolo! Hai un cuore grande pieno d'amore. Adesso che mi ricordo, mi sembra di avere una foto che avevo rubato nella sede del partito, molti anni addietro e mi pare che nella foto, le prime che si facevano fare i regnanti, doveva esserci impressa la famiglia al completo dei Romanoff e tuo padre giovane, assieme a loro in una visita di cortesia tra i sovrani polacchi e lo zar russo... E penso che in quella occasione a conosciuto tua madre e si sono innamorati. Aspetta vado a cercarla, ricordo bene che nella fuga dal villaggio l'avevo messa tra dei libri. Non volevo

22

lasciarla, c'era qualcosa che mi diceva di tenerla che un giorno poteva servire a ricordare. Ed ecco che se la memoria non m'inganna, e proprio come ti ho detto. Adesso vado a cercarla e così potrai vedere tuo padre e tua madre giovincelli, dodici tredici anni avrebbero dovuto avere a quei tempi. Aspettate vado a frugare nella mia camera.... > mentre saliva le scale, Arold chiedeva incuriosito: < Veramente hai una fotografia dei miei genitori? > sbottò entusiasta. Nel riprendere a dire sull'agitato, alla sorella, ripensando alla brutta fine che avevano fatto i suoi cari genitori? Purtroppo mai conosciuti: < Se non mi salvava la buona balia, sarei finito in Russia e ucciso assieme ai miei... > sbottò arrabbiato, nel dire a Patricia che era rimasti lì accanto in silenzio a sentire tutta quella storia terrificante sui nobili e il suo fratellastro era un principe di sangue reale: < Allora d'ora in avanti dovrò chiamarti. Altezza!.. Fratellino? > provò a dire ridendo. Arold sorridendo rispose: < Non dirlo nemmeno per scherzo, sorella mia. Comunque hai perfettamente ragione Patricia! L'umanità è tanto ingrata al prodigio della vita umana, su chi si appresta a compiere i primi passi incerti. Un vero peccato! Ma tu sarai sempre la mia sorella maggiore. Ti prometto che non ti farò più nessun scherzo. Parola di tuo fratello Arold... Ti voglio bene sorellina... > mentre accendeva il lume ad olio di noce. Malinda ritornò con delle vecchie scartoffie e si mise a sfogliarle sul tavolo al lume della lampada ad olio. Alla fine trovò la vecchia foto e la mostrò al giovane, che era tutto emozionato, nel prenderla in mano, quasi a toccare una reliquia, mentre guardava la foto sbiadita dal tempo e Malinda

23

voleva indicare i vari componenti, ma aspettò che Arold lo chieda. < Questi a destra sono i miei genitori. Vero! > passando le dita sopra, quasi a volerli toccare veramente: < Non ti dispiace Malinda se la metto in camera, sulla mensola da poterli guardare. Avrei tanto voluto conoscerli? > stava chiedendo senza staccare gli occhi dalla vecchia fotografia. Malinda le rispondeva, nel dire: < Ma certamente! Mi dispiace che non me la sono rammentata prima, da tirarla fuori tra quelle vecchie carte, dell'acquisti di questa catapecchia dai vecchi proprietari, da tempo trapassati, e meno male che in municipio non sono rimaste altre carte che confermano l'esistenza di questa dacia situata oltre la stretta gola e la foresta nera. Altrimenti sarebbero già venuti fin qui a cercarmi per appendermi sulla forca già da tempo... Quei miserabili miscredenti, paesani di Mikovà... Credetemi! Ti raccomando ragazzo, quel giorno che oltrepasserai la grande foresta stai alla larga da quei villaggi ingrati... > commentò dura, sebbene ora erano altri tempo. Forse peggio...mah!? Pensava già al progresso che avanzava. Poi provò a dire per rompere quell'atmosfera triste: < Ragazzi sarà meglio andare a dormire. La pancia l'abbiamo ancora piena di polenta e domani avremo un sacco di lavoro da fare, oltre procurare altra legna e spaccare i grossi ceppi per il camino. Dai miei dolori reumatici si prevede un bell'inverno e pertanto dovremo prepararci in tempo ch'è meglio... > consigliò Malinda, mentre raccattando le sue scartoffie sulla tavola. Arold provò a chiedere, mentre Patricia stava già salendo le scale: < Posso chiederti una cosa Malinda, e sai bene che non voglio frugare nella tua memoria. Chi è il vivandiere misterioso che ti rifornisce, e ti porta la farina e altra roba... Oltre le notizie dal mondo esterno? > < Viene una volta al mese, su per il fiume e mi depone le vivande e dei ritagli di giornale per tenermi informata di quello che capita fuori. E io lo ripago con i miei risparmi di tanti anni di lavoro. Purtroppo stanno per esaurirsi, ma vedremo poi al momento della conta. E' un buon vecchio Mikail, che sa tenere la bocca chiusa e talvolta gli curo i suoi dolori reumatici con le mie erbe di campagna, che lo aiutano a tirare avanti. Ci si sente per due chiacchiere cordiali, ma non ho mai accennato di avere dei figli qui. Per lui sono la sola veggente medicamentosa. E questo basta che sappia, senza che pensi ad altro. E' una sicurezza per lui se tace... Beh', adesso a nanna figlioli... Buona notte ragazzi miei! > < Buona notte a te Nonna Malinda! > rispose Arold. Dandole un bacio sulla guancia. E lei prontamente, a rispondere sorpresa: < Come mai adesso mi chiami nonna. Sono proprio diventata di colpo vecchia? >

24

< Sono sicuro che fra cent'anni sarai sempre eguale. Tranquilla nonna Malinda! In fondo sei la nostra mamma per davvero... Ci vizi ad oltranza. E te ne siamo grati per i buoni insegnamenti che ci hai dato... Notte! > sparendo su per le scale, Patricia era già a letto nella sua camera, non era abituata a rimanere alzata fino a tardi, e già russava leggermente stanca. Arold depose la foto sul ripiano, con un saluto dal profondo del cuore e si buttò sul letto, era ancora frastornata, sconvolte e arrabbiato tutt'assieme.Restò sveglio parecchio tempo, poi crollò dalla stanchezza...

Arold si alzò presto al mattino, e si portò fuori con un pezzo di pane in mano da sgranocchiare e poi deciso, si mise a tagliando e spaccando la legna, come sua abitudine fare, bastava dare gli ordini e i grossi ceppi si posizionavano per bene e la scure cadeva decisa a dividere il ceppo, a riempire la legnaia in automatismo per l'inverso in arrivo. Pensando che al pomeriggio sarebbe andato ai margini della foresta a raccogliere le castagne e riempire il sacco per bene. Poi nelle ore fredde invernali con la neve alta fuori, e avere delle belle caldarroste da mangiarle in compagnia era una vera cuccagna, quella prelibatezza del bosco. S'immaginò. Perciò al pomeriggio con addosso una vecchia tuta da minatore trovata nello scantinato tra le vecchie botti, di quella piccola dacia, mal messa, vista dall'esterno, ma all'interno riservava sempre tante grandi sorprese. In fondo era la casa dei maghi e non poteva essere diversamente... Arold si apprestava a incamminarsi, e Patricia voleva seguirlo, ma lui la sconsigliò dal farlo: < Dovremmo fare molte miglia per andare dove trovare le castagne migliori da raccattare. Te la senti di camminare? > < Va ben aspetterò di mangiarle appena le porti a casa. > rispose. < Ciao, farò presto! > rispose lui, allungando il passo, nello suo scarpinare con degli zoccoli di legno ai piedi, era arrivato dopo due buone ore alla meta voluta, da mettersi d'impegno. Mentre si concentrava, adoperando il pensiero per la raccolta voluta. Si era seduto a terra appoggiando la schiena ad un albero e nello schioccare le dita per dare l'inizio alla raccolta veloce delle tante castagne cadute a terra uscite dal riccio. Arold con una grossa castagna in mano, a soppesarla e immaginando poi cotta sulla brace, avrebbe prodotto un buon profumo e sapore in bocca da far venire l'acquolina dal piacere. Oltretutto se poteva usufruire di un servizio veloce a portata di dita e se lo si sapeva adoperare per bene, perché non farne uso e con meno fatica muscolare. Bastava spremersi un poco le meningi per arrivare allo scopo egualmente voluto.

25

Sapendo che per lui era un semplice gioco poterlo fare. Bastava uno schiocco di dita e il gioco era belle che fatto. Restando a guardare che entrino nel sacco una dietro l'altra, le belle castagne grosse senza riccio, per avere poi a casa un buon risultato sulla brace. Mentre aspettava che si riempiva il sacco, dalle castagne intelligenti a rincorrersi per entrare.

Anzi avrebbe riempito un altro sacco, che si era portato da casa all'occorrenza. Poi, trascorsa una mezzora, Arold controllò e fermò il riempimento dei sacchi, li legò per bene e se li caricò sulle spalle, dopo averli rimpiccioliti come due piccoli sacchettini da metterseli a cavalcioni sulla spalla e infine si rimise ai piedi gli zoccoli, avviandosi tranquillo verso casa. L'operazione castagne si era conclusa egregiamente. Più avanti nell'attraversare una parte della foresta, notò che poco distante c'era un crepaccio nascosto da cespugli, da rammentarsi che era il burrone dove molti anni prima era perita la sua balia, l'aveva vista in sogno quella brutta fine capitata alla donna che l'aveva allevato e salvato dall'intrighi di stato. Brutta fine le era capitata e lui rammentava di quell'albero accanto che evidenziava il posto. Appoggiò i sacchetti a terra e andò nel bosco a raccogliere dei fiori di crisantemi selvatici, da deporre in quel crepaccio profondo ed oscuro a ricordare con affetto l'amore che gli aveva dato, fino al proprio sacrificio. Rammentando che a quel tempo, lui tentava di ricambiare l'affetto dato, chiamandola mamma Viviana: < Peccato! > mormorò, restando ancora un momento, in raccoglimento doveroso.

26

Stava per riprendere i suoi sacchetti di castagne, quando qualcosa l'aveva insospettito alle sue spalle, dei piccoli rumori, che lo fecero voltare e trovarsi a pochi metri un bel branco di lupi affamati, che silenziosamente si erano avvicinati alla preda di turno. Ormai da anni abituati ad essere silenziosi, per un maggior successo a cogliere la preda di sorpresa, sentendosi i padrone della foresta indiscussa. Persino l'orso e altri animali se ne stava alla larga, erano troppo feroci quei lupi, comandati dal capo branco dominante, un lupo dal pelo irto e nero e lo sguardo infingardo. Arold non si perse d'animo, schioccò le dita e all'improvviso apparve un bel cervo adulto, la davanti tra lui e i lupi. Di colpo alla vista del cervo, avevano già la bava alla bocca a pregustarsi il bottino di carne saporita per saziarsi. Perciò di volata seguendo il capo branco con gli occhi infuocati dall'ingordigia assassina, si misero alla carica e con scatti decisi, tentavano di avventarsi sulle prede la davanti più che mai impaurita, ma pronta a fuggire via disperata. Arold schioccò ancora le dita e l'immagine del cervo spaventato, scattò deciso, nel saltare la siepe e il crepaccio nascosto dalle alte sterpaglie, inseguito dal branco famelici, ma silenziosi era la loro tattica usata da tempo. Mai farsi sentire e abbaiare o ululare, era veramente una buona tecnica usata. Ma non avevano capito e immaginato ch'era soltanto un miraggio quel bel cervo spaventato e il crepaccio era troppo grande da superare nel salto, che si trovarono sopra al vuoto a strapiombo di sotto, perciò senza riuscire ad arrivare dall'altro lato. Fu allora che si sentì il lugubre ululato di rabbia uscire dalle loro gole, mentre precipitavano nella profonda voragine e sfracellarsi sul fondo del crepaccio nascosto. Erano caduti dentro proprio tutti, all'infuori di un cucciolo che li seguiva ad apprendere la tecnica della sopravvivenza in quella grande foresta nera.

27

Il piccoletto lupacchiotto si era infilati nella siepe, non essendo ancora agile a saltare e fu un miracolo che si era salvato sul bordo del precipizio. Mentre il branco di otto grossi lupi erano volati fuori senza remissione con un lungo ululato di disperazione e rabbia, senza salvarsi più nessuno. Arold si avvicino al lupacciotto che gli ringhiava addosso, capendo che era la causa di tutto, poi dopo un momento, guardando il precipizio di sottosi mise a guaire disperato. Arold si accuccio al suo fianco e restò a guardarlo, mentre il lupacchiotto guaiva disperato, lui, gli allungò una mano e attese un buon momento, poi il piccoletto si avvicino strisciando sull'erba e alla fine annusò la mano del giovane, poi con timidezza provò a leccarla. Arold incominciò ad accarezzarlo con amorevole affetto e solo dopo un momento provò a dire: < Beh', allora mio bel lupacchiotto vieni con me o rimani qui tutto solo? I tuoi compagni e genitori sono periti tutti, laggiù in fondo al crepaccio. In verità erano un po' avidi, avendo tanta selvaggina abbondante qui nella foresta. Purtroppo è la durezza della vita che ti fa lottare continuamente per sopravvivere e prolificare al meglio se ci si riesce. > commentò prendendosi in spalla i suoi sacchi di castagne e incamminarsi nel bosco. Senza girarsi, senti che il piccolo lupetto lo stava seguendo ad una certa distanza, lo seguiva saltando tra i ciuffi d'erba alta. All'avvicinarsi alla casa il cucciolo incominciò a guaire sottovoce, da far voltare Arold a incoraggiarlo: < Coraggio siamo arrivati a casa. Potrai riposare e mangiare qualcosa di diverso dai pasti che hai fatto nel branco fino a ieri, immagino.... > rispose appoggiando i sacchi di castagne, tornati alla normale dimensione. Mentre il cucciolo si avvicino ai suoi piedi un po' spaesato, in attesa. Poi l'apertura della porta di casa lo spaventò da infilarsi tra le sue gambe e tentò di abbaiare, alla persona uscita fuori, che si stupì dal debole guaito, chiedendo: < Arold hai trovato un piccolo compagno? > da far accorrere anche Patricia a vedere cos'era capitato di nuovo, ad abbassarsi ad accarezzare il cucciolo un po' diffidente nel tentare di ringhiare, ma senza prepotenza e Patricia allungò la mano nel dare il pezzo di pane che aveva in mano e il cucciolo si avvicinò annusando ed infine se lo prese in bocca ritraendosi tra le gambe di Arold, per mangiarselo. Aveva molta fame. Arold si accucciò al suo fianco e aspetto che il lupetto si avvicini a guardarlo per bene in viso, poi si decise e appoggio il suo naso al giovane e infine leccarlo leggermente. Capendo che era accettato da quel branco di persone amorevoli. Arold provò a dire al lupetto: < Visto che sei rimasto orfano, qui ai trovato una nuova famiglia e se vorrai potrai restarci... > mentre il cucciolo sembrava capisca dal tono della voce del

28

giovane amico e tentò di guaire con piccoli ululati di approvazione. Arold rivoltosi, nel chiedere alle sue donne: < Che nome vorremmo dargli a questo lupetto orfano? Faceva parte dal branco che mi stava per attaccare, ma sono finiti dentro al crepaccio dove anni addietro è caduta la mia povera balia... Mi ero soffermato per deporre dei fiori nella voragine, quando otto lupi me li sono trovati alle spalle e per evitare complicazioni ho mostrato loro un bel cervo che di volata saltava la siepe oltre il baratro e loro ingordi hanno inseguito quell'immagine che ho creato, da finire dentro al precipizio tutti quanti. Lui il piccolo non sapendo ancora saltare, si era infilato tra la siepe da fermarsi sul bordo del baratro e pertanto gli ho domandato essendo rimasto solo, se voleva seguirmi? Vedendo poi che aveva deciso di seguirmi a distanza. Perciò ora farà parte del nostro branco umano. Vi andrebbe bene il nome di: Wolftel.... > < Non è poi male come nome. > rispose Malinda sorridendo, nel dire avanti: < E' il nome di quel contadino svizzero Guglielmo Tell, che con l'arco e la freccia infilò una mela sulla testa del figlio a dimostrare la sua bravura e sicurezza. > raccontò e Patricia incuriosita le domandava: < La Svizzera è un paese lontano da noi? > guardandoli. < Appena dietro quelle montagne. > l'indicò Arold. < Adesso vediamo come sistemare Wolftel e dargli qualcosa da mangiare... > guardandosi attorno e Malinda aveva preso una ciotola di terracotta e le mise dentro delle ossa e dei pezzi di carne affumicata. Erano i resti di un cinghiale che lottando con un rivale era precipitato dalla scarpata rompendosi una gamba, incastrata tra due massi e per tentare di liberarsi si stava mutilando da solo, ma alla fine si era dissanguato. Costringere Malinda a tentare di salvarlo, ma nulla da fare era ormai morto e pertanto alla fine, trascinarlo a casa da farsi una buona provvista di carne affumicata per l'inverno in arrivo. Wolftel si avvicino affamato, attratto dall'odore da mettersi d'impegno a mangiare il prelibato cibo e poi felice, dopo una buona bevuta di acqua, accucciarsi sazio accanto alla porta di casa e provare a dormire, si vedeva ch'era stanco, ma sazio del buon pranzo offerto da quelle buone persone. Loro in casa a cenare e discutere su come prepararsi per il brutto tempo in arrivo, sembrava che l'inverno quell'anno era molto in anticipo sui monti Vjkondè Karpaty orientali. Arold stava spiegando: < L'amica aquila mi ha comunicato, anzi mi ha fatto vedere nei suoi voli in un bel raggio d'azione del suo territorio di caccia. Dalla Russia sta giungendo una grossa bufera di gelo, e ha già superato i monti Urali con la neve già molto alta su tutte le montagne e si sta avvicinando a noi tra breve. Pertanto dovremo prepararci

29

al peggio. Domattina la temperatura scenderà e tra pochi giorni ci saranno le prime gelate e pertanto le castagne che ho portato casa le gusteremo al meglio, sia bollite che arrostite sulla brace. Che bellezza! > immaginò. Malinda provava a dire: < Ho già preparato qui dietro casa per fare un bel focolare e far arrostire un bel po' di castagne. Anzi domani prima che cambi il tempo proverò a farne un poco arrostite, e tu Patricia vai nell'orto a raccogliere l'ultima verdura da sistemarla nella nostra ghiacciaia naturale, per superare l'inverno, con una buona scorta di prodotti casarecci. > Al mattino dopo il cielo si stava piano piano annuvolando e Arold stava terminando di far tagliare la legna e accatastarla con ordine e diligenza nella loro legnaia in casa. Malinda si stava divertendo a fare una buona brace sulla griglia del focolare esterno dietro casa e preparare una bella padellata di saporite caldarroste, che emanavano attorno un buon profumo.

Patricia era arrivata dall'orto avendo già messo le verdure in casa e poi era ritornata a cogliere dei piccoli crisantemi per commemorare i tanti defunti sparsi per la nazione. Nel fare due chiacchiere, mentre aspettava di assaggiarne almeno una delle belle caldarroste che si stavano per bene abbrustolendo in padella e attorno il profumo si diffondeva invitante. Poi mentre incominciava a pelarne una e saggiarla, da gustare il buon sapore ancora bollente. < Che bontà! Donna Malinda... Arold a proprio fiuto da scovarle le migliori... > si confessò Patricia. Malinda intenta a farle rosolare bene senza che brucino, se la rideva contenta per quei due figli acquisiti dalla provvidenza: < Coraggio figlioli. L'inverno sarà assai duro quest'anno... >

30

Capitolo Terzo

Arold arrivò appena dopo seguito dal lupetto, che gli si metteva sempre tra le gambe, ancora un po' diffidente da tutto. Aveva portato un cesto con un sacco di tele iuta, per poter versare dentro le caldarroste e coprirle da potare in casa e gustarsele ancora belle calde, mentre fuori la pioggia gelata li stava investendo da farli rintanare e gustarsi le buone castagne. Wolftel, si era fermato sulla porta in attesa e Malinda provò a dire: < Beh', che fai? Non vieni dentro al caldo, assieme a noi. Tranquillo avrai le tue castagne d'assaggiare... Dai entra che chiudiamo fuori il freddo! >

Ai primi di dicembre si era abbattuta una bella bufera di neve sulla loro impervia zona, da costringerli a restare rintanati in casa al caldo del focolare. Fuori la neve aumentava abbastanza velocemente. Per due settimana a giorni alternati, aveva nevicato abbondantemente ed erano ormai arrivati quasi a natale, mentre fuori continuava a nevicare copiosamente, da vederla accumularsi spropositata. Mai come quell'anno avevano vista così tanta di neve, era arrivata quasi a due metro di altezza, da essere difficile ad uscire fuori casa e Arold faticava a dare ordini alle tante pale a spalare e ammucchiarla ai lati, da tenere pulita almeno davanti casa e la stalla. Meno male che la disadorna dacia era sotto lo spuntone di roccia della montagna, da salvarla dal troppo peso di neve sul tetto. Malinda già al mattino presto era uscita fuori e puliva la neve accumulata

31

nella notte e il lupetto la seguiva accompagnandola sempre molto attento. Mentre lei guardava in alto le vecchie travi del tetto, a reggere la tanta neve, da sfondarle per il l'eccessivo peso che si sarebbe accumulato altrimenti. Per fortuna un poco riparata dalla montagna dallo sferzare della tormenta, da costringerli ad essere ben preparati alla prima emergenza.Con quel tempaccio che perdurava, Malinda si prendeva cura a foraggiare la capretta e mungerla, da avere del latte fresco giornaliero, oltre le uova delle poche galline e due anatre, che erano racchiuse nel piccolo recinto dentro la stalla, da avere gli animali al riparo al gelo invernale. La capra si era abituata e non si lamentava avendo alla fine fatto amicizia con il lupetto, che ascoltava i consigli di Arold ad ubbidire e far amicizia. Pareva che comprenda il pensiero del giovane capo branco e alla fine si trovò felice di quella compagna capretta che non lo disdegnava a dormire accanto scaldandosi a vicenda. Anche le galline si erano abituate a vedersi guardate dal lupo, che alla fin fine aspirava un po' di fiducia, avendo una notte beccato una faina che tentava d'intrufolarsi dentro al pollaio per prendersi una gallina. Ma fu la faina a rimetterci le penne, Wolftel l'aveva bloccata al primo colpo e poi la depose ai piedi di Arold al mattino a mostrare il suo lavoro da buon guardiano notturno. Arold l'accarezzò e gli consigliò di mangiarsela tranquillamente era il suo primo bottino da vero lupo: < Bravo Wolftel! La faina che hai preso sarà la tua ricompensa. Saziati pure, ma qui fuori dalla stalla, non devi terrorizzare i tuoi compagni già spaventati dentro la stalla. Buon appetito! > consigliò e il lupetto pareva esserne d'accordo, da mettersi in un angolo a faticare per divorarsi la sua prima preda catturata da bravo cacciatore. Le donne in casa si davano da fare a risistemare le faccende casalinghe, pulire lucidare le vecchie pentole in rame, tra cucito e lavare la biancheria da far asciugare nell'ampia stanza a cucina. Mentre il fuoco nel camino ardeva giorno e notte a tener caldo la loro casa e nel preparare polpette e affumicare i prodotti da conservare per il lungo inverno, che perdurava. Alla sera Malinda raccontava cose vecchie e le novità che Mikail il vivandiere le aveva portato una volta al mese, assieme alle provviste di nascosto dai paesani, facendosi aiutare da proprio figlio ventenne Adrianovic a guidare la vecchia chiatta a motore. E l'ultima volta era passato all'inizio dell'autunno, la prossima alla fine primavera al disgelo del fiume Orka, così speravano che il tempo migliori dopo l'arrivo dell'anno nuovo, con buoni auspici per tutti in futuro.

32

Capitolo Quarto

Loro l'anno nuovo l'avevano festeggiato con una vecchia bottiglia di vino bianco che Arold aveva traslato da una cantina di una famiglia nel villaggi ai piedi del castello di Niedzica e aveva fatto una visita pastorale a scoprire qualcosa della sua discendenza non del tutto chiara. Ma nulla di fatto. Con ancora tanta neve fuori casa, loro si facevano tanto auguri reciproci, da far arrivare l'alba a festeggiare, e scoprire che era la prima giornata di sole e sembrava finalmente di buon auspicio, che persino l'aquila era passata sopra casa a salutarli col proprio grido amico. Lasciando cadere una bella lepre per regalo. Arold gli gridò dietro nel concentrarsi a ringraziarla mentalmente, del bel gesto d'amore provato, per gli abitanti di quella vecchia dacia, per mesi isolata. Perciò sembrava di buon auspicio l'inizio del nuovo anno e Arold avrebbe compiuto i suoi quindici anni, il prossimo mese di ottobre, da sentirsi già un po' più grande e pronto per affrontare i subdoli imprevisti che gli avrebbero riservava il futuro oscuro, sul percorso la davanti, voluto dal destino che lo precedeva sempre di un passo. Al momento sembrava a tutti quanti, di capire d'aver superato l'inverno e la primavera era in arrivo. Poi altri giorni ed erano arrivati finalmente alla fine di aprile in attesa dell'amico, e poi maggio, ma del vivandiere non si vedeva nemmeno l'ombra. < Qualcosa è andato storto? > provò a dire Patricia, sapendo delle facoltà sensoriali dei famigliari, che gli raccontino cosa sapevano di preciso e vedevano una parte del futuro. Malinda l'aveva già sognato mesi prima, ma sperava in meglio e nelle sue visioni notturne aveva capito che Mikail era a letto ammalato, pertanto avrebbero dovuto farne a meno di quelle provviste arrivate per anni in segreto. “Un vero peccato”. Commentò tra se dispiaciuta per la malattia oltre l'avanzata età del vivandiere fluviale... Arold intuendo la sua preoccupazione, le domandava vedendola pensierosa: < Il tuo messaggero è abbastanza ammalato, vero? Lo visto in visione nei giorni scorsi, abbastanza sofferente nella sua casa ai margini del fiume che si sta sgelando dal duro inverno passato. Ma non potrà più venire a rifornirci con i suoi viaggi e favori in segreto. > < Già hai ragione Arold! Dovremo d'ora in avanti arrangiarsi da noi.

33

Il povero Mikail coi suoi novant'anni ha già fatto molto per noi. Io spero sempre che possa tirare avanti ancora con la sua salute. Anche senza che si sforzi a portarci qualcosa di nascosto. Speriamo bene?... > commentò e prontamente Arold, provò a dire: < Hai ancora le tisana che gli preparavi con quelle erbe benefiche? Potrei fare un salto a portargliele! Almeno alleviare i suoi dolori... > si propose Arold tranquillo. < Ma come? Il suo villaggio è abbastanza lontano, lui impiegava due giorni per arrivare fin qui da noi? > domandò Malinda incuriosita. < L'aquila porterà il mio pensiero alla sua casa e così mi presenterò, a consegnargli le tue benefiche tisane e senz'altro si riprenderà un poco... > < Pensi di poterlo fare Arold? Traslare la tua persona fin laggiù... > < Non sono forse un mago! Tu me lai sempre detto che la chiaroveggenza mi è stata tramandata da qualche mio avo, mago dei maghi! Immagino che arrivino dal lontano Perù? Una grande riviviscenza acquisita, da proseguire il percorso iniziato alla mia nascita da piccolo mago imbranato!... Penso che è ora che mi appresti a mettere in opera la tua cultura e saggezza che mi hai insegnato con amore e devozione da buona chiaroveggente Nonna Malinda!.. Dovrò prenderne coscienza e uscire finalmente da questo posto incantato, che ci ha preservato per anni incolumi fino ad ora. E tu lo sai che sono pronto... > espose serio Arold. < Hai proprio deciso di intraprendere questo tuo lungo viaggio che ti porterà molto lontano da noi e ti frapponi alle guerre che gli uomini stolti si apprestano a rifare in continuazione. Ho già sognato che il tuo cammino sarà molto difficoltoso e ti condurrà molto lontano, oltre gli oceani immensi ai confini della terra. Non so bene ancora per cosa, ma so che non intendi appropriarti del castello di tuo padre in Polonia. Giusto? > < Tu Malinda leggi nel miei pensieri e lo sai bene che un giorno sono stato a visitare di persona il castello di Niedzica e per caso li ho incontrati,quei nobili conti senza un rublo intasca. Erano su un carro di fieno e stavano rientrando al castello. Arrivavano dalla campagna a raccogliere del fieno per gli animale. Tu lo sai bene come sovente faccio a farmi trasportare mentalmente dalla mia amica aquila e senza volerlo, li ho incontrati per strada che tornavano al castello, padre e figli solidali e la moglie era a casa al castello che li aspettava. Lucilla era in attesa di un altro figlio. Sono dei lontani cugini Gregoric del villaggio di Rezszòw, che avevano avuto la casa distrutta da sovversivi ucraini. Avevano perso tutto. Arrivando a prendere possesso momentaneo del maniero di Niedzica con molte difficoltà burocratiche come unici discendenti rimasti in vita.

34

Perciò mi sono presentato come un povero viandante studioso e mi hanno accolto bene, dandomi da mangiare e raccontarmi che faticavano a tirare avanti la famiglia numerosa e il castello messo male. Poi quei sei figli gioiosi e un'altro in arrivo, mi hanno preso il cuore, che non sarei mai stato capace di detronizzarli da quel posto, che mi spetterebbe di diritto. Con un sacco di storie poi attorno, che sarebbero saltati fuori con la mia presenza inaspettata per molti? Pertanto avevo capito che loro, con tanta fatica e amore, stavano tentando di recuperarlo da anni nell'incuria e abbandono, tra saccheggi e quant'altro quel bel maniero. Capendo però che avevano un grosso problema, l'avrebbero dovuto abbandonarlo per forza allo stato, gli mancavano il danaro per le tante tasse arretrate e le spese da ristrutturarlo? Lo sai bene che la cattiveria umana non ha limiti a nulla, nell'accanirsi con cattiveria?... Perciò... > espose Arold risoluto, raccontando il suo viaggio nel traslarsi altrove. Impossibile per altri, ma non per lui, era un mago. < Beh', e allora? Vuoi che mi metta a leggerti nel pensiero per sapere la tua decisione che hai preso? > si trovò a dire Malinda un po' burbera. < Ho deciso che potevano restare al castello e ho chiesto al figlio maggiore Mirto, un giovane dal comportamento saggio, se mi faceva vedere le vecchie segreta nei sotterranei del castello. Per documentarmi sulle vecchie storie dei castelli polacchi. Mirto mi accompagnò giù nei sotterranei a curiosare. E gli suggerii di provare a scavare in una cella che gli avevo indicato, dove sulla parete a nord, c'era impressa nella pietra,

35

quella famosa lettera G, che mi porto sotto l'ascella. Spiegandogli di provare a scavare e magari avrebbe trovato i tesori dei suoi predecessori antenati? Gli dissi: < Proprio sotto alle lastre del pavimento in pietra, potrebbe esserci un bel tesoro da risollevare il vostro casato? Dovresti provare amico Mirto! > lo spronai a tentare. Il giovane Mirto Gregoric nel chiedermi, sorpreso: “Ma tu come fai a saperlo... Sei già stato qui?” aveva in parte compreso e capito chi ero, e gli indicavo qualcosa da trovare, per salvare il loro casato dallo sfacelo.Gli risposi che ero solamente Arold e volevo aiutarli. E al momento Mirto stava pensando e lo percepito, come procurarsi qualcosa per sollevale le grosse pietre della cella. Perciò, con decisione, l'avevo agevolato ad alzargli la pietra col pensiero e sotto vi era veramente il benedetto forziere dei nostri antenati, era veramente stracolmo di monete d'oro. E dentro c'erano anche due antichi astucci di pelle e all'interno erano arrotolate i sacri scritti Inca. Che lì rimpicciolii subito senza che se ne accorga da metterli in tasca, quei vecchi rotoli sacri. Lì dovrò riportarli ai suoi proprietari per sminuire la vendetta perpetua. Mentre Mirto stupefatto di quella scoperta mi ringraziava commosso e dirmi se ne volevo un poco di quella fortuna appena trovata, come ricompensa. Rispondendogli che non mi accorreva nulla, invece a loro serviva... Mirto rispose con un : “Grazie Arold! Mi ricorderò del tuo buon cuore e gesto...” rispose emozionato. Perciò me ne sono tornato via contento. Certo sarà rimasto male che gli sono sparito davanti, ma non volevo altri ringraziamenti e dare delle spiegazioni... Che pensino pure ai fantasmi, che gli hanno fatto trovare il tesoro degli antichi parenti. Il tesoro dei principi di quel casato trovato nel castello di Niedzica. L'ultimo residente, il principe Aleksej Gregoric, mio padre.> espose Arold commosso al ricordo. < L'ho sempre saputo che hai un grande cuore e animo benevolo. Bravo figliolo! Sarai senz'altro ricordato nei loro cuori con affetto... Solo ti raccomando ragazzo mio, fai sempre attenzione e non fidarti chi evita di guardarti dritto negli occhi. Hanno l'animo perverso e cattivo?... Diffida! > < Grazie per i consigli, mia buona nonna Malinda! > rispose ridendo Arold, divertito, ma felice di aver acquisito una buana e saggia madre. < Quando mi chiami nonna, vuol dire che c'è dell'altro, vero ragazzo mio? > commentò Malinda incuriosita. < Hai indovinato, mia buona madre! Sarà meglio che vai incontro al figlio del tuo amico Mikail il vivandiere. Sta risalendo il fiume Orka. >

36

Capitolo Quinto

Il giovane Adrianovic in maniche di camicia stava trafficando col motore, che talvolta per la grama benzina borbottava sovente, da impensierirlo. Ma Arold lo sapeva che sarebbe arrivato egualmente alla meta. Nel dire a Malinda pensierosa: < Intanto io andrò subito a far visita al padre rimasto solo in casa da portargli le tue tisane benefiche da rianimarlo un poco. >

Arold consigliava Malinda di preparare altri infuso benefici, da dare egualmente al figlio del vivandiere, da avere una buona scorta per il padre sofferente al ritorno a casa: < Vi serve qualcosa o posso andare? > chiese. < Tranquillo vai pure... Fai attenzione però... Ciao! > le consigliò. Arold uscendo fuori casa li salutò con la mano e dopo un momento era sparito dal vialetto in quella stretta gola tra le alte montagne, che li aveva protetti e nascosti per anni. Era una apertura stretta, ben mimetizzata e introvabile da scoprire, solo per caso poteva saltare fiori al momento. Arod mentre si allontanava, stava pensando che forse dall'alto con qualche primo aereo curioso, visto che incominciavano a svolazzare un po' dappertutto, magari avrebbero intravvisti un piccolo orto coltivato, da qualcuno che abitava da quelle parti, e non registrato al comune di residenza. Forse diventerà più avanti un problema, da prendere atto ad evitare altre rogne. Immaginava Arold in futuro, ma non troppo lontano.

37

Poi appena uscito fuori dalla stretta gola, aveva fatto un lungo fischio e dopo un momento ecco apparire in cielo la sua amica aquila. Lui si concentrò e appena dopo, Arold già volteggiava in alto nel cielo azzurro in direzione del villaggio di Coyotè sul fiume Ondava, appena dopo aver superato al bivio, che s'immetteva coll'affluente il fiume Orka, ormai completamente disgelato dal brutto inverno appena passato. Arold fra tutti i suoi pensieri aggrovigliati, si era trovato sulla sponda del fiume Ondava a pochi passi del villaggio di Coyotè. Era il 13 maggio del 1933. Il giovane si guardò attorno e si assestò per bene il giubbino, fece pochi passi e poi bussò alla porta. Vennero ad aprire due poliziotti militari dell'esercito austroungarico, che s'informarono cosa voleva e da dove veniva: < Chi cerchi ragazzo e da dove vieni? > Arold si rimproverò a non aver visionato prima l'abitazione e di getto rispose: < Vengo da Vranov, il farmacista mi ha mandato a portare la medicine che il signore Mikail le aveva ordinato l'altro mese. Posso entrare a consegnare i farmaci e farmi pagare il dovuto? > guardando dritto negli occhi i due militari, mentre con la mano la faceva scorrere davanti a saluto e quelli rispondevano in sincronismo a comando: < Deve portare le medicine al signor Thourber. Facciamolo passare. > avevano risposto come automi. Arold deciso si avvicinò al lettino del poveretto uomo, messo accanto dal figlio, alla grossa stufa di terracotta per tenerlo al caldo e provò a dire, seguito dai due militari incuriositi: < Buon giorno signor Mikail. Ecco le sue medicine le prenda che le faranno passare quella brutta bronchite che si è preso quest'inverno. Tranquillo, non si muova prendo io i soldi sul mobile. > scioccava le dite di nascosto e dei soldi erano apparsi per incanto, pertanto e velocemente Arold li prendeva, nel dire a voce alta contandoli per bene e mostrarli: < Benissimo signor Mikail. Sono giusti! > confermò.Mentre i militari pensavano che prima non c'erano dei soldi sul ripiano?Frattanto Arold proseguiva a dire all'ammalato: < La dottoressa Malinda le fa tanti auguri di una veloce guarigione, e l'aspetta a Vranov per bere un goccio di vodka assieme. La saluto signor Mikail! > poi rivoltosi ai militari nel chiedere tranquillo: < Ci sono anche qui al villaggio dei tafferugli? Nei dintorni di Vranov ci sono stati dei tumulti... Eh'! Il mondo cambia troppo in fretta... C'è da aver paura! > commentò, premendo sulla memoria dei due a spiegarsi perché erano lì. E loro tranquilli rispondevano: < Stiamo aspettando il figlio del signore, per chiedere delle informazioni e fare due chiacchiere... Puoi andare ragazzo! > indicandogli la porta. Arold aveva già letto nella loro mente al contrario. Erano lì per arrestarlo.

38

Mentre il vecchio Mikail lo richiamava indietro, tossendo fortemente, quella bronchite non ci voleva proprio: < Per cortesia ragazzo, puoi dire alla dottoressa, se può trattenere da lei in sospeso... > tossendo ancora forte, mentre gesticolava con la mano: < Per quel posto prenotato l'altro mese?.. Quella terapia con visita mensile da fare?... Da potermi riprendere nel frattempo, se non ci lasco le pene prima?... Ormai ci manca poco, di questo passo... Grazie ragazzo! > borbottò tossendo. Arold aveva già letto nel suo pensiero, ciò che intendeva dire e rispose a tranquillizzarlo: < Tranquillo signore! Appena si sentirà meglio potrà andare lei al comando comunale e chiederà al piantone l'uso del telefono statale e poter chiedere di telefonare alla dottoressa a Vranov per prendere un'altro appuntamento per una visita più approfondita... Anzi, di già che sono qui vuole che le prepari con dell'acqua calda dal bollitore un po' della medicina, appena portata dalla farmacia e gli allevierà quella brutta bronchite? > mentre notava il disappunto dei due militari e lui allora alzando la mano a dire a loro diffidenti: < Tranquilli! Gli preparo solamente l'infuso... > e loro rispondevano in sincronismo: < Gli prepara l'infuso. > restando fermi a guardarlo trafficare con la tazza. Appena preparato un po' dell'infuso di Malinda, Arold lo incoraggiava, aiutandolo a bere: < Coraggio signor Mikail! Beva un poco vedrà che starà meglio e poi si vesta che starà più al caldo vestito. Mi raccomando, si vesta?... > strizzando l'occhio. < Arrivederci! > uscendo tranquillo. Appena fuori casa e svoltato l'angolo, Arold trovo altri militari di ronda che lo fermavano a chiedergli con fermezza il permesso per circolare sulla strada: < Ragazzo, fermati e fammi vedere i tuoi documenti? Nessuno può circolare senza permesso... C'è il coprifuoco al villaggio! > espose a voce alta il capo pattuglia, un uomo piccolo e dallo sguardo torvo. Arold aveva già indagato, erano della polizia segreta vestita da militari e stavano controllando un po' tutti, purtroppo qualcosa di grosso era in ballo? Stava pensando Arold e si ricordò che un momento prima di bussare alla casa del vivandiere, all'angolo della via, aveva visto altri militari che controllavano i documenti ai passanti e lui aveva sbirciato quel foglio di carta da memorizzarlo. Perciò alla richiesta del lasciapassare rispose mostrando deciso l'identico documento tirato fuori dalla tasca: < Ecco il mio permesso di circolazione, signori militari. > quelli se lo guardarono per bene e poi lo riconsegnarono, con fare schivo, indicandogli con la mano di andare via alla svelta. Nel dirgli dietro: < Sarà meglio che rimani al tuo paese Vranov, qui circolano dei sovversivi e poco raccomandabili...

39

Muoversi!.. Alla svelta ragazzo, sparisci! > ordinò autoritario. Arold non gli garbava molto quei controlli su chiunque. Ma al momento doveva accettare quelle imposizioni, come si presentavano belle o brutte.Capendo che al momento la situazione non prometteva nulla di buono. C'era nell'aria un cambiamento, una svolta decisiva nella nazione e Arold l'aveva già visionata e sapeva già della svolta decisiva, ma purtroppo in peggio. Quello era il guaio, e Arold intravvedeva nuvoloni neri e venti di guerra sull'Europa. Non ancora ben definita le varie situazioni e molto aspro e tragico gli appariva il futuro di quelle nazioni agli inizi dei conflitti e dal destino funesto, ad esserne ancora sottomessi quei poveri popolani, indifesi e ignoranti alla mercede del più forte. Arold s'incamminò velocemente d'allontanarsi dal villaggio, non era un posto sicuro al momento, poi appena fuori del villaggio, sotto una grossa quercia, Arold si fermo a pensare un momento. Concentrandosi al voler comunicare mentalmente con la mente di nonna Melinda. Dopo un buon momento e sforzo mentale, riuscì nell'intento, ad allacciare le proprie memorie e a trasmettergli telepaticamente il messaggio voluto dell'anziano vivandiere. Spiegandole di trattenere decisamente il giovane Adrianovic, purtroppo non poteva ritornare a casa? L'aspettava la polizia segreta per arrestarlo. Quei furbastri, si erano camuffati con dei panni da militare a confondere le loro incursioni nelle cittadine e villaggi attorno ai danni di ignari cittadini inoffensivi, per sorprendere i pochi sovversivi rimasti o inventati di proposito. Spiegando a Malinda, che era il volere dell'amico Mikail e Arold tentava di trasmettere a Malinda la giusta immagine, sperando che il figlio si salvi a rimanere nascosto per un poco, finché la bufera attorno non si calmino. Sapendo più che bene che era impossibile, fermare la macchina tritatutto di guerra programmata e pronta all'avvio?

Malinda seduta sulla panca in attesa della chiatta, aveva appreso con sgomento la notizia, ed era ciò che già supponeva accada da un momento all'altro e l'avviso mandatole da Arold per telepatia le confermava la sua visione avuta e per fortuna arrivava appena in tempo. Il giovane Andriavic Thourber aveva appena attraccato la sua chiatta alla riva sotto le grandi querce secolari, da essere al riparo e nascosta da eventuali aerei in perlustrazione. Capendo che il mondo cambiava ormai troppo in fretta. Mentre il giovane molto schivo e riservato, non si era mai fatto vedere in passato da Malinda, ogni qualvolta arrivavano a portare le provviste

40

assieme al padre. Perciò in quel momento era costretto a dialogare con la signora della foresta nera. Nel dire con coraggio, mentre si metteva il giaccone in spalla: < Buon giorno donna Malinda! Mi manda mio padre Mikail, a portagli un po' di roba, purtroppo poca dato la situazione critica in zona? Oltretutto anche mio padre non sta bene con la salute e gradirebbe quelle sue miracolose tisane che lo rianimano un altro poco. Si è presa una bella bronchite, per non dire polmonite e il medico del villaggio, mi ha già diagnosticato che non serve mandarlo all'ospedale, mancano i medicinali e il posto per ricoverarlo? E' stato tutto requisito per i militari, così dicono dal comune e poi occorre delle buone conoscenze e pagare bene, per avere un posto letto all'ospedale in questo momento. Questa è la situazione donna Malinda! > espose un po' mogio il giovane. < Tranquillo! Tuo padre mi ha già avvisato della tua venuta... > < Come avvisata? Se è a letto con una quella brutta bronchite... > < Figliolo, devi sapere che è un vecchio sistema usato tra noi due. Gli mando un messaggio dalla mia aquila viaggiatrice e lui subito mi risponde. Comprendi Adrianovic... Mi ha pregato di trattenerti qui un po' di tempo. Perché al villaggio c'è la polizia militare che ti vuole arrestare... Dicono che stai coi partigiani slavi sobillatori?... Perciò se ritorni sei spacciato ti spediscono nei campi di concentramento e chissà dove? > < Non posso abbandonare mio padre solo e ammalato? > rispose. < Se torni l'abbandonerai per sempre e lo farai morire di crepacuore. > < Veramente le ha mandato questo messaggio di restare nascosto? > < Già, proprio cosi! Perciò adesso fissa per bene il tuo grosso barcone ai pali e vieni con me a casa. Abito con la mia figlioccia da sempre in questo posto, laggiù oltre quella gola tra le alte montagne... > A malincuore Adrianovic eseguì le istruzioni del padre e si caricò in spalla un sacco di farina e seguì donna Malinda con un altro piccolo sacco di creali, al suo nascondiglio, ai margini della grande foresta nera, temuta da tutti nella regione. Nel chiederle: < Ma è veramente vero, di quel che si dice che è infestata e maledetta quella foresta che s'intravvede laggiù. Mi pare che la chiamano, foresta nera di Bieszczadzki e chi vi entrava non ritornava più indietro... Spariscono per sempre? > chiese suggestionato. < In parte è anche vero. Ma, altri l'hanno ingrandita con la fantasia. > commentò sorridendo Malinda, nel spiegare avanti: < E' tutta la vita che abito qua vicino e non ho mai avuto dei fastidi. Sì, ci sono tanti lupi che spadroneggiano, e può darsi che qualcuno è incappato tra le loro fauci affamate ed è sparito... capisci?... Ecco, siamo arrivati. >

41

Appena arrivati davanti casa, una voce gentile li accolse alle loro spalle, era Patricia che usciva dalla stalla con le uova in mano, nel domandare allegra: < Già tornata donna Malinda... Allora abbiamo finalmente ospiti a pranzo oggi? Che bello! > commentò felice di qualche novità in più, oltre le birichinate del fratello che la stupiva continuamente con i suoi giochi. Mentre l'ospite aveva scaricato dalla spalla il sacco di farina e si sedeva al tavolo fuori casa, per guardare meglio la giovane così allegra, da stupirlo e lei che continuava a parlare. Nel riprendere a dire disinvolta: < Ben arrivato da queste parti. Sono Patricia, piacere! > allungandosi oltre il tavolo, mentre deponeva le uova nel cesto. Del dire ancora di getto al giovane per la confusone a camuffare l'arrossamento del suo visino e con la mano ingombra per salutarlo, sbottò decisa: < Ti andrebbe un uovo fresco da bere? > accompagnato dal sorriso. Mentre depositava l'uovo e stringeva la mano al giovane Adrianovic. Che ricambiava con un sorriso.

Il giovane Adrianovic, resto ancora un momento a guardarla sorpreso, non immaginava che una bella fanciulla abitasse in quel posto sperduto, poi si fece coraggio e la saluto contento: < Adrianovic. Scusa l'imbarazzo! Mi fa molto piacere conoscerti Patricia! > rispose contento ma disorientato. < Dai entriamo ragazzi a pranzare! Io ho fame la camminata mi ha fatto venire l'appetito. Anche tu avrai fame, Adrianovic? > le domando Malinda mentre si lavava le mani, invitandolo a fare altrettanto, poi anche Patricia si era unita a sciacquarsi le mani in compagnia, nel lavello con acqua corrente, che usciva dal tubo dalla montagna. Poi quel giovane lì a contatto di gomito, che vedeva per la prima volta gli era apparso subito

42

simpatico, per non pensare ad altro, sperando che ritorni ancora da quelle parti, da poter dialogare. Era la prima volta che vedeva un giovane arrivato dal di fuori da emozionarla. La buona Malinda si stava divertendo a leggere i vari pensieri dei due ragazzi, che non avevano occhi per altre cose e i loro troppi pensieri, si accavallavano vorticosamente in testa ai due, in una bella confusione... L'amore era già scoppiato in segreto e Malinda sperava vivamente che diventi una cosa seria. Da anni era preoccupata per quella figlioccia non maritata, ma come fare per mandarla oltre la foresta? E per caso ora aveva un altro giovane da far crescere, sperando che quella infatuazione della giovane Patricia gli calmi il subbuglio dentro al suo petto a voler tornare a casa a vedere suo padre, tenuto sotto controllo dalla polizia segreta? Pertanto Malinda sperava, e sarebbe stata contenta di quella bella accoppiata già evidenziata al primo incontro tra loro due a rimirarsi di continuo confusamente... Poi a tavola mentre mangiavano la fumante polenta con verdure cotte, Patricia domandò al giovane: < Come sta tuo padre. Spero meglio? > < Non per nulla bene. Il dottore mi ha detto che se non si riprende potrebbe subentrare una infezione polmonare e sarebbe poi grave? Ecco perché vorrei potergli stare vicino... Accidenti a tutti quanti, questi nuovi rivoluzionari! > sbottò con l'amaro in bocca. E Malinda provò a confortarlo nel spiegargli: < Speriamo che si riprenda presto tuo padre, il fisico è ancora forte. Comunque aspettiamo notizie, per poi dire l'ultima parola... > prendendosi ancora un po' di polenta con del latte di capra. Patricia essendo un po' confusa ed emozionata di avere al fianco quel bel giovane moro, e per dire qualcos'altro, chiese a Melinda: < Ma dov'è andato Arold, che non lo si vede? > da far incuriosire Adrianovic a sentire quel nome. E Malinda con tranquillità stava rispondendo: < Sta visionando il progredire dell'uomo nelle sue meditazioni e scoprire che è sempre di più ingrata la sua missione a tentare di salvare una piccola parte nel mondo attorno, non riconoscente. Gli sarà molto difficile il percorso intrapreso? > Adrianovic incuriosito le domandò : < Donna Malinda, mi scusi la curiosità, ma quel Arold di cui parlate è forse suo marito? > < Tranquillo, è l'altro mio figlioccio. Ha soltanto quindici anni tra pochi mesi. > rispose Malinda notando del respiro di sollievo, che si era fatto il giovane e aveva già pensato altrimenti, ma non esposto prima nella sua domanda, e dubitava che Arold fosse il marito di Patricia. Adrianovic si stava già prendendo una piccola cotta per Patricia, e alla sua risposta chiara aveva ripreso a respirare regolarmente, con un'altra cognizione sulla

43

fanciulla che l'aveva colpito nel cuore. Capendo altresì che anche la giovane aveva dei riguardi nei suoi confronti da dagli una certa speranza a chiederle forse un giorno se voleva essere la sua morosa. Malinda si stava divertendo per la prima volta dopo tante traversie passate nel suo passato travagliato a leggere i vari pensieri e a sorridere al futuro risultato, già più che scontato al meglio, sembrava al momento. Dopo aver pranzato Patricia andò con loro alla chiatta a prendere le altre poche provviste che aveva portato il giovane Adrianovic da Coyotè. Si erano presi un mezzo sacco di farina di granoturco per ciascuno e ritornarono a casa, chiacchierando animosamente. Mentre il giovane domandava di quel bel posto tranquillo attorno a loro. E quella casupola che s'intravvedeva tra gli alberi e sembrava abbandonata: < Ma non vi abita nessuno laggiù? > indicando la piccola casetta a ridosso del torrente rumoroso tra i massi a finiva la sua corsa nel laghetto del fiume Orka. Wolftel l'aveva già annusato prima e gli sembrava una persona fidata. Da rimanere però accanto a Malinda la padrona indiscussa del reame. Poi una volta scaricato le provviste in casa, Patricia decise di portarlo a visitare i dintorni, era cosi felice di aver per un giorno un bel giovane da guardarselo per bene prima che ritorni al suo villaggio. E magari doveva passare un altro mese prima che ritorni a trovarle. Nel dire: < Dai Adrianovic vieni che ti faccio vedere la nostra tenuta ai margini della foresta nera. E poi la casetta di caccia in disuso. Mi piace molto... > < Hai ragione! Sembra la casa delle fate... E' veramente un piccolo paradiso... la pace regna sovrana. E tu sei una brava guida. > rispondeva mentre se la guastava con gli occhi era bellissima, nel domandarle ancora incuriosito: < Patricia, non sei mai uscita da questo posto e,scusala mia curiosità, hai giù un fidanzato? > < In verità non ci ho mai pensato. E poi nessun altro è passato da queste parti. Qui mi sono trovata bene, aspettando che arrivino altri a farci visita. In verità la tua venuta e visita mi ha fatto molto piacere. Spero che ritorni ancora da queste parti? > rispose lei tranquilla. < Mi sa che dovrò restare qui al momento. La polizia mi cerca? > < Oh mio Dio! Rimani pure. Qui sei al sicuro... > rispose preoccupata. Di quei tempi oscuri tutto era possibile stava pensando Malinda, ed era ben conscia della situazione e felice che si affiatino quei giovani, forse si sarebbe fermato lì, come avrebbe voluto suo padre Mikail, e non tornare al villaggio da trovare la polizia pronta ad arrestarlo.

44

Capitolo Sesto

Frattanto alla periferia del villaggio di Coyotè, il giovane Arold aveva preso la sua decisione, nel tornare indietro e all'avvicinarsi al villaggio, si premunì ad escogitare un diversivo, concentrandosi sul da farsi. Poi schioccò le dita e all'improvviso apparvero sulla strada sterrata un gruppo di cavalli selvatici che uscivano dal bosco di abeti ed entravano nel villaggio correndo all'impazzata sulla via principale, da creare del panico tra la gente spaventata e i militari sorpresi a pensare da dove venivano quei cavalli al galoppo e dov'erano chi li accompagnava? Persino i due falsi agenti della polizia segreta in casa di Mikail erano usciti fuori a vedere cosa succede in strada, dove regnava dello scompiglio mai visto prima dall'ora. Roba da non credere tanti cavalli al galoppo.

Arold ne approfittò del trambusto ed entrò di soppiatto in casa, trovando Mikail che si era alzato dal letto per vedere che diavolo succedeva a guardare fuori dalla finestra, dal baccano e le urla delle donne in strada spaventate dai cavalli, e a loro volta spaventati dalla confusione e grida della gente capitati in mezzo ai cavalli impazziti così all'improvviso, da

45

non saper per bene da che parte scappare e come mettersi in salvo? Arold appena entrato in casa, con decisione spiegò velocemente al vecchio Mikail la sua idea da fare: < Presto signor Mikail, andiamo da Malinda! > prendendolo sotto braccio, era abbastanza confuso, ma deciso a seguirlo da uscire fuori dalla porta posteriore proprio sul fiume Ondina e salire sulla sua barca lì sotto casa. Arold, l'aiutò a sedere e coprirlo con una coperta presa in casa e via a remare per allontanarsi dal posto, per fortuna in quel tratto vi era una debole corrente sul fiume, altrimenti li avrebbe sospinti più a valle. Arold non voleva adoperare i suoi trucchi di magia al momento, poi appena dopo un po' al largo, Mikail insegnò al ragazzo a mettere in moto il vecchio motore, recuperata da suo figlio di una vecchia auto Zavod russa del 1920 e appena avviato avrebbero risalito il fiume, senza farsi scorgere. La gente del villaggio era tutta intenta a vedere quei cavalli che correvano per le vie del paese a creare solo confusione, avanti e indietro. Così aveva stabilito Arold nell'immagine illusoria sulla gente. Appena avviato il motore, seguendo le istruzioni di Mikail, si avviarono contro corrente, più avanti Arold doveva deviare sull'altro ramo dell'affluente fiume Orka. Mentre si ricordò dei cavalli e mentalmente pensò di farli uscire dal villaggio e sparire via così di colpo e Zag! L'illusione era sparita via in un baleno. Loro procedevano senza forzare troppo, ad evitare il troppo rumore del motore attiri l'attenzione, rasentando la riva da essere un po' nascosti dai contadini nella campagna attorno a lavorare. Purtroppo il rumore della barca lì avrebbe attirati a guardare, ma Arold sempre pronto creava dei diversivi a mostrare ben altro ai poveri contadini intenti al raccolto. Un bel temporale in arrivo, capitato proprio così all'improvviso. Per Arold tutto diventava così semplice con la sua magia, da non mostrarla apertamente. L'anziano Mikail, sebbene sofferente, si era rinvigorito in quella fuga non immaginata prima, ma aveva capito che quel ragazzo, il garzone del farmacista era un messaggero divino dell'amica Malinda. Perciò vada come vuole il destino, era contento di raggiungere il proprio figlio e l'amica nella loro casa, nascosti nella grande foresta nera di Bieszczadzki. Poi poteva anche lasciarci le penne, se Dio lo voleva lassù al suo fianco. Almeno poter abbracciare il proprio figlio ancora una volta. Nel chiedere tra i colpi di tosse, al giovane intento a governare la sua barca: < Ma chi sei veramente ragazzo, e come fai a conoscere donna Malinda? E' lei che ti ha mandato da me... vero? Non l'immaginavo proprio succeda questa rappresaglia in casa mia?... > fermandosi la tosse lo bloccava malamente.

46

< Sono Arold, il figlio di Malinda, signor Mikail! Tra poco arriviamo, ma prima dobbiamo salutare quei contadini che ci osservano dalla riva... > alzando il bracci nel rispondere al saluto e quelli come a comando salutavano contenti al loro passaggio, neanche se fossero stati delle alte personalità. Altri contadini più lontani, erano alle prese nell'ammucchiare il fieno in fretta, quel brutto tempo in arrivo, capitato così all'improvviso.

Comunque la navigazione procedeva più che bene, al momento non avevano avuto difficoltà, man mano che si inoltravano sull'altro ramo dell'affluente il fiume Orka. Arold presa una bottiglia in casa e l'aveva riempita dell'infuso di Malinda e sebbene ormai freddo poteva dissetare l'arsura febbrile del vecchio vivandiere, che brontolava, ma ubbidiva all'insistenza del giovane lupo di fiume: < Ragazzo mio, non ti affannare per un vecchio rompiscatole. La tua idea di fuga è stata una bella cosa. Ma se la polizia militare si mette sulle nostre tracce, non è che possiamo correre a piedi. Io ti sono d'intralcio ragazzo. Speriamo che nessuno avvisi che sul fiume c'è una barca gialla a motore che risale il fiume? Comprendi ragazzo mio! > borbottò sul burbero, ma contento di quel ragazzo. < Stia tranquillo signor Mikail! Al momento dietro non abbiamo

47

nessuno e se poi capiterà qualcos'altro vedremo come risolvere. Adesso stia coperto, l'umidità non è molto salubre... > rispose Arold tranquillo.

Poi più avanti, Arold captò il rumore di un aereo e con decisione si portò contro la riva nascondendosi sotto dei grovigli di piante dai lungi rami che cadevano in acqua. Nel dire: < Forse quell'aereo cerca noi? O magari stanno perlustrando il fiume per un normale controllo. Comunque appena in tempo, ad evitare quel caccia militare intento a perlustrare il fiume con intenzioni non chiare. E sta ritornare indietro a ricontrollare nuovamente il fiume... > commentava Arold tranquillo, mentre osservava le evoluzioni del caccia, sul fiume che scorreva tranquillo, verso valle.

< Senz'altro sarà in cerca di eventuali imbarcazioni, sfuggite ai controlli. E quanto sembra nulla di fatto, per l'aviazione austriaca. > spiegava Arold mentre con la mano aveva pregato l'albero di allungare i suoi rami a nasconderli meglio. < Peccato che dall'altro lato del fiume c'è una barca azzurra legata alla riva, da essere vista per bene. Dall'aereo... > Mikail si era talmente incuriosito dalla tranquillità del giovane barcaiolo improvvisato, pensando che era veramente figlio di quella santa donna di Malinda. Purtroppo buona parte della gente ignorante dei dintorni la menzionavano malamente, e per anni l'avevano maledetta e ingiuriata come una vecchia strega. Capendo ch'era identico a lei quel ragazzo Arold, dalle idee molto chiare e deciso, senza pensare ad altro?... Stava

48

mugugnando tra se, un po' stanco Mikail, certamente con quella bella bronchite, non era il momento per fare quel viaggio umido sul fiume, ma alla fin fine cosa importava, se alla fine poter vedere suo figlio sano e salvo altrove, meglio lontano da casa ormai messa senz'altro a soqquadro dalla polizia segreta investigativa. Quel benedetto figliolo lo volevano morto, sebbene non si era mai associato ad altri scalmanati rivoluzionari. Mai fatto nulla come sovversivo, solo sgobbare sulla loro barca e aiutare un po' tutti nei dintorni come falegname. Ma c'erano sempre gli invidiosi che si arruffianavano a mandare contenti sulla forca molta brava gente onesta, commentava tra se Mikail e Arold leggeva nel suo pensiero e approvava il suo commento, da persona anziana ma saggia e non rincitrullito per niente. Mentre navigavano con decisione da guadagnare altre miglia. Poi verso sera erano finalmente giunti a destinazione e Arold, non potendo farlo camminare fino a casa e nemmeno tenerlo sospeso a mezz'aria per il breve percorso, senza farsi scoprire che era un principiante mago. Perciò, si ingegnò ad inventare un mezzo carro da far salire sopra l'anziano Mikail e portarlo finalmente a casa. Il vecchio lupo di fiume era debole, ma non di comprendonio, e non ancora rintronato, a capire che senz'altro c'era lo zampino di Malinda e il ragazzo aveva appreso e sapeva far bene il prestigiatore. Mikail era rimasto stupito dal ragazzo, vedendolo schioccare le dite e vedere apparine un piccolo Risciò cinese, da dietro il boschetto di acacie. Non disse nulla e vi sali sopra da farsi trasportare dal ragazzo fin dentro la gola e per la prima volta vedeva la casa dell'amica Malinda. Il loro arrivo fu segnalato dall'abbaiare di Wolftel, e farli uscire da casa e trovare le bella sorpresa. Il lupetto era corso incontro ad Arold facendogli festa. Erano rimasti stupiti tutti quanti. Persino Malinda capiva che Arold era una vera fortuna averlo come figlio. Riusciva sempre a sorprenderla. Mentre abbracci e baci nel conoscersi tutti quanti felici, della buona riuscita. Mikail provò a dire tossendo: < Malinda hai veramente un bravo ragazzo. Grazie giovanotto che m'hai aiutato a rivedere mio figlio ancora una volta. Grazie, grazie! > espose commosso. < Tutto bene signor Mikail! Ha perso la casa ma ha ritrovato suo figlio. Altrimenti sareste stati divisi per sempre e un bel campo di lavoro per suo figlio, senza un ritorno a casa. Era il piano della polizia segreta. Ma stavolta è andata a male l'operazione arrestare i sovversivi slavi e rinchiuderli nel campo di lavoro per il momento?... > < Veramente Arold pensi che lo scopo era quello. Tutti in galera? >

49

< Certamente! Si mette proprio male nelle nazioni in fermento. Un vero peccato e si avranno migliaia di morti in futuro, per lo sghiribizzo di molti a voler comandare un po' tutto e tutti. Peccato! > rispose serio Arold. Malinda interveniva a dare ordini: < Dai Mikail entriamo in casa che faremo preparare dai ragazzi un posto dove potrete stare al caldo da guarire presto. Abbiamo bisogno di mani forti, qui nella nostra dacia. > < Sai una cosa donna Malinda. Da quando ci conosciamo, saranno più di cinquantanni e non ho mai visitato la tua casa. E' veramente bella e accogliente. Complimenti! Da quando è mancata la mia povera Ida, lui era appena nato e ho faticato molto, ma me la sono tirato su come voleva la mia Ida, cercandogli d'insegnare il meglio e farlo andare a scuola. Devo dire che è diventato un bravo lavoratore e ne vado fiero. > espose contento e il figlio che brontolava nel dire: < Pà non esagerare! Se si vuole mangiare bisogna lavorare. Non si può far diversamente... Io ho sempre cercato di seguire i tuoi consigli, oltre il falegname il trasportatore con la zattera. > Patricia li interrompeva nel dire: < Dobbiamo preparagli un bel letto comodo. Arold dov'è andato donna Malinda? > chiedeva Patricia. < E' Andato a prendere un po' di pesci al torrente. Arriva subito! >

Appena mezzora dopo Arold ritornava con dei pesci cascati nella rete da soli. Per lui era tutto così semplice. Bastava uno schiocco e belle che a posto e al ritorno, Malinda si mise subito a prepararlo da farli cuocere alla brace, accompagnata dalla polenta che era già sul fuoco. Una cena veloce per l'occasione di avere degli ospiti di riguardo. Patricia presa nei preparativi lo chiamò: < Mi aiuteresti Arold a portare

50

giù quell'altro letto, il terzo nella tua camera, così papà Mikail potrà riposare qui di sotto al caldo e Adrianovic potrà dormire nella tua camera... Vi sta bene? > e prontamente Malinda interveniva sorridendo: < Cara figliola, finalmente ti sei decisa a prendere un po' le redini di casa. Mi fa molto piacere che non ti sei racchiusa a riccio. Finalmente potrò riposare un poco, ora che abbiamo una donna a dirigere la baracca. Brava! > si complimentò Malinda. < Pensate che sto sbagliando? > domandava Patricia. < Tranquilla va tutto bene! > rispose Arold, capendo che era impossibile fare dei sotterfugi, poi cosa c'era di male se faceva lavorare il cervello a smuovere ogni cosa? Perciò deciso schioccò le dita e di colpo il letto dal di sopra stava scendendo dalle scale, da sembrare che c'erano degli uomini che lo trasportavano da basso. Da far restare gli ospiti a bocca aperta per la sua tranquillità espansiva. Mikail provò a dire incuriosito, ma non stupito: < Sei tu che hai fatto correre quei bei cavalli per tutto il villaggio, a spaventare la gente. Vero, giovanotto? > < Mi viene cosi facile fare. Lo trovo divertente talvolta ha far lavorare il cervello. Ecco tutto qui la mia magia. Malinda mi ha sempre detto che sono un mago. Pertanto cerco di farne buon uso. > rispose divertito. < Accidenti! Che bello poterlo fare... > commentò Adrianovic. Patricia stava già preparando il letto, mentre gli altri parlavano e alla fine, consigliò: < Papà Mikail deve mangiare qualcosa e poi a letto a riposare.> < Grazie figliola, che il cielo ti aiuti! Hai perfettamente ragione. Sono veramente stanco e questa brutta tosse che mi perseguita. Accidenti! > < Bene, adesso tutti a tavola la cena è pronta! > ordinò Malinda soddisfatta del risultato. Pensando che il padreterno dava talvolta un buon occhio, anche dalla loro parte. Era già tardi quando decisero che era ora di andare a letto, dopo quella buona cena con polenta e pesce alla griglia e del vino che avevano pigiato in autunno, si sentivano tutti sazi. Oltre il tanto ciaccolare fatto, poi ognuno nelle proprie tane a riposare le ossa dal trambusto duro della giornata trascorsa, abbastanza movimentata per ciascuno. Arold s'infilò nel suo letto, dopo aver dato al giovane un vecchio pigiama felpato che Malinda gli aveva fatto, pensando alla crescita. Lui non l'aveva mai adoperato: < Prova a metterti questo pigiama. Io non lo mai usato. > Il ragazzone Adrianovic provò ad infilarselo per quella notte, ma con fatica. Poi a letto tentava di provare a dormire, si sentiva un po' stretto, rispondendo: < Grazie per il pigiama! E grazie per tutto quello che hai

51

fatto. Sei un amico sincero... > rispose il giovanotto. < Non ci tieni che diventi tuo cognato? Ho notato come guardi mia sorella Patricia, che a sua volta gli piaci veramente. Perciò hai in futuro un cognato solidale. Notte fratellone! > rispose sorridendo Arold. < Comprendo che è difficile tenere dei segreti con uno che legge nel profondo dei pensieri d'altri... E' la verità mi è piaciuta subito tua sorella. E mi sembra di essere ricambiato. In verità mi è tutto difficile, oltretutto non ho mai frequentato una ragazza a Coyotè... Tu mi capisci? Ma è la prima volta che mi confido con qualcuno che mi da la possibilità di essere me stesso. Grazie di tutto e scusa ancora. Faccio fatica a raccapezzarmi... Buona notte Arold! > infilandosi sotto la coperta e appena dopo, la stanchezza lo avvolse e si addormentò subito di colpo. Arold resto ancora sveglio a pensare al suo futuro, ora che lì in casa avevano altre braccia e pertanto poteva allontanarsi senza problemi di aiuto e quella loro tana era ancora ben sicura e nascosta al momento. Ma solo al momento? Quello era in guaio in futuro... mandando un saluto ai suoi genitori sulla fotografi appoggiata sulla mensola.

Arold si svegliò presto quel mattino, tutti stavano ancora dormendo e lui sgusciò fuori senza farsi sentire, aveva un compito da fare. Poi appena fuori casa, Wolftel gli si avvicinò nel guardarlo e lui si accucciò accarezzandolo con affetto, nel dargli degli ordini: < Mio buon Woftel, io devo fare un bella camminata nella foresta e desidero che tu faccia una buona guardia. Lo sai che ci tengo a tutti voi qui e perciò mi raccomando non lasciarti ingannare dai lupi che abitano al nord, non sono tuoi parenti e sono pronti a sbranarti. Hanno sempre avuto un vecchio rancore con il branco dei tuoi parenti. Perciò diffida. Rimarrò fuori un paio di giorni. Ciao! > Wolftel lo seguì per un poco poi si fermò dando un piccolo guaito e ritornò indietro, aveva un compito da eseguire. Fare la guardia. Arold si era inoltrato nella foresti camminando velocemente, senza magia al momento. Ma più avanti ne approfittò di un bel cervo facendosi trasportare con celerità verso il punto designato, da ringraziarlo mentre smontava dalla sua groppa. Il suo sogno fatto la notte, l'aveva turbato e pertanto doveva provvedere subito a fermare l'invasione distruttrice. Finalmente verso mezzogiorno era arrivato dall'altro lato della foresta nera. Fermandosi sulla cima di una mezza montagna ad osservare lontano giù nella piana che costeggiava i grandi abeti secolari della foresta e ad un certo punto scopri un gruppo di operai provenienti dalla Ucraina pronti a

52

disboscare la grande foresta. Pertanto era un pericolo che si perdano per sempre le vecchie credenze sulla maledizione di quella grande foresta nera. A quel punto Arold s'inventò centinaia di lupi che ai margini della foresta

ringhiavano al poveri lavoratori pronti a tagliare gli alberi. Perciò un po' tutti spaventati, capivano che appena tentavano di dare con lo scure sull'albero davanti, i lupi avanzavano minacciosi. Da far accorrere il direttore dei lavori e il padrone della segheria, a vedere cosa capitava con quei lupi affamati e pronti ad azzannare. Perciò con dei guardiani armati di fucile si misero a sparare sui lupi che non risentivano delle pallottole che fischiavano addosso e nessun lupo cadeva, nemmeno scalfirli, anzi si avvicinavano sempre più minacciosi. Da dare l'impressione che quei lupi erano stregati, non morivano per niente, nemmeno uno era ferito, dalle tante fucilate che gli scaricavano contro. Da spaventarli a retrocedere verso il campo. Poi Arold pensò ben di far uscire dal sottobosco un vento gelido che li scaraventava a terra e aumentare la paura della maledizione incombente. Ma appena il direttore costringeva gli operai ad insistere a voler entrare nella foresta per tagliare gli alberi, il tutto ricominciava. Capendo che le maledizione antica persisteva ed era meglio lasciarla tranquilla quella maledetta foresta. Vedendo quelle centinaia di lupi che ringhiavano, ma non si avvicinavano al campo, restavano a guardia della foresta maledetta. La proteggevano con impegno. Da farli desistere di prendersi quegli abeti secolari, poi persino i contadini attorno li scongiuravano da lasciar perdere per il bene di tutti, da lasciare che la maledizione rimanga racchiusa la dentro. Arold sperava che rinuncino dal disboscare la foresta, e che rimanga ancora un po di anni tranquilla e la gente credulona, pensino pure alle vecchie credenze che

53

infestava la foresta stregata. In quella foresta nera per chi vi entrava, sparivano le poche persone che si erano infilate dentro e mai più ritornate indietro. Persino un prete pope ortodosso, era arrivato il giorno successivo per dare una benedizione e sperare che la maledizione scompaia, ma si era dovuto arrendere, appena tentava di avvicinarsi i lupi lo circondavano minacciosi, pronti a sbranarlo, vedendo poi, che i colpi di fucile non li spaventavano senza vederne morto almeno uno. La paura stava facendo effetto a tutti, da rinunciare definitivamente, visto che non avevano avuto danni o feriti tra i boscaioli. Pertanto dopo due giorni caricarono la proprie cose sui carri e ripiegare da dove erano venuti. Non era proprio il caso, d'insistere per un po' di legna... c'erano altri boschi poco lontano e abbondanti, oltretutto senza vecchie e nefaste maledizioni da sciogliere. Arold dopo aver visto il ripiegamento dei boscaioli, fece scomparire quell'esercito di lupi e il silenzio ritornò nella foresta. Poco lontane c'era un gruppetti di lupi, ma quelli veri, un branco di lupi dal pelo bianco, che erano rimasti a guardare dalla collinetta dov'erano assediati. Quasi a godersi il trambusto creato dai tanto colleghi che non avevano mai visto e poi sparire via nella foresta all'improvviso, da rimanere soltanto quel biondo ragazzo a raccoglieva la sua mercanzia e s'apprestava d'andare via.

Salutandoli con la mano cordialmente: < Ci vediamo amici! > era contento di aver risolto un problema ai danni di quella foresta centenaria. Mentre più avanti in uno spiazzo si mise a raccogliere dei mirtilli per mangiarne un poco. In quei due giorni di vedetta, aveva solamente

54

mangiato una pagnotta di pane che si era portato da casa e quei mirtilli gli andavano più che bene al momento. Oltre riempire la sacca a tracolla, da portare a casa un po' di frutta, la raccolta di stagione. Prima che arrivasse a casa Wolftel l'aveva già sentito e stava già abbaiando e ululando il suo rientro, correndogli incontro felice del suo ritorno. I famigliari erano corsi fuori a vederlo ritornare, sapendo già da Malinda dov'era andato a finire. In una missione importante nella foresta nera di Bieszczadzki, per salvare la propria esistenza centenaria. Arold arrivò seguito da Wolftel tra le sue gambe, felice del suo ritorno e salutò tutti in attesa di una piccola spiegazione e la sorella Patricia le chiedeva curiosa di sapere: < Beh', allora fratellino dove sei stato, eravamo in pensiero. Due giorni senza notizie? > domandava trepidante di nuove. < C'erano dei problemi dall'altra parte della foresta di Bieszczadzki, oltre il confine nella parte dell'Ucraina. Dei boscaioli volevano abbattere un po' di secolari abeti e pertanto, se incominciano a farsi strada tra pochi anni arriverebbero fin qui da noi. Ecco tutto qui! > rispose mentre si sedeva a tavola, per cenare assieme, era arrivato allora giusta, con la fame che aveva in corpo. Mentre loro lo stavano guardando ad aspettare che prosegua il suo racconto, nel chiedere: < Beh', e allora cosa hai fatto per fermarli. Senz'altro avrai messo in atto qualche tuo trucco, vero? > Arold si stava già riempiendo la bocca del bel minestrone caldo, con la fame che teneva e alla fine provò a dire qualcosa: < Niente di speciale. Ho mostrato un centinaio di lupi affamati e quelli, facendosi forza si misero a sparargli contro, ma nessun lupo cadeva a terra colpiti, ringhiavano da spaventarli, ma non li assalivano. Da far capire che erano lupi stregati, come le vecchie leggende che venivano raccontate dagli anziani del posto e pertanto dopo due giorni anno abbandonato l'impresa... Ed eccomi a casa affamato... > rispose sorridendo e Malinda che chiedeva: < Ma, nessuno si è fatto male, vero? > trovandosi apprensiva. < Tranquilla Malinda. Lo sai bene che bisogna preservare questo nostro nascondiglio. Pertanto talvolta bisogna inventare stratagemmi. Solo spaventarli fa più effetto che rispondere con dei morti o feriti, da aizzare la diatriba tra contendenti. Mi comprendete! > espose. Adianovic provò a parlare: < Arold, temi che un giorno possono arrivare fin qui i militare stranieri a prendere possesso della terra d'altri? > < Mi dispiace dirlo e non per allarmarvi, ma ho già visionato il nostro futuro ed è molto triste il percorso intrapreso dai politici e politicanti che comandano le varie nazioni e presto entreranno in conflitto tra loro a

55

scapito degli ignari sudditi. L'ingordigia di comandare non è mai morta. C'è solo da augurarsi che non trovino interesse in questa parte del paese e la grande foresta secolare rimanga a guardare. Purtroppo saranno anni duri in avvenire?... Intanto cerchiamo di goderci questi anni di libertà che ci offre la vita... > terminando di mangiare, nel dire: < Adesso vado a dormire sono abbastanza stanco... Notte a tutti! > salendo le scale tranquillo. < Buona notte figliolo! > gli augurò Malinda un po' preoccupata dalle spiegazioni di Arold. Mentre Mikail gli chiedeva. < Pensi donna Malinda che quel tuo ragazzo preveda il futuro così funesto? > < Già! Purtroppo non sbaglia mai... Lui è veramente un buon mago e la reviviscenza di un suo antenato gli ha trasmesso delle facoltà ataviche di chiaroveggenza paranormale, eccelse. Il ragazzo sa usare la saggezza, l'amore incondizionato per gli altri e la purezza disinteressata, nella consapevolezza della scienza e di un'intelligenza cosmica. Oltre a leggere nella mente degli altri, riesce a spostare ogni cosa con il solo pensiero e mostrare cose che sembrano trucchi da prestidigitatore. Invece sono vere proprietà di forza mentale. Lui riesce a traslarsi altrove con l'aiuto della sua amica aquila. Cose impossibili alle normali persone. Come hai ben visto è venuto a prenderti, traslato sulle ali dell'aquila. Solo che dovrà fare attenzione, a non mostrarsi per quello che riesce a fare? Potrebbe diventare una persona interessante da studiare e da essere schiavizzato per sempre. Questo è il guaio che temo? > espose Malinda preoccupata. < Già hai proprio ragione Malinda! C'è chi spenderebbe una fortuna per averlo... > rispose Mikail, ripresosi un po' dalla sua brutta bronchite. Nei giorni successivi il giovane Arold, passava le giornate a girovagare per la foresta. Raccattando frutti e quant'altro, da portare a casa. Ascoltare i suoni prodotti dalla foresta e il cinguettio degli uccelli a rallegrare la vita grama al di fuori di quel bel posto, al momento dimenticato dall'uomo.

56

Oltre provare a dialogare coi daini e cerbiatti, molto felici della sua presenza, da tenere lontani i lupi del nord, non troppo socievoli, che tentavano di marcare il proprio territorio allargandolo il proprio dominio in tutta la foresta nera molto animata da molti animali. Arold un giorno si era fermato sulla dorsale della montagna Hills all'Est, e a godersi un po' di sole caldo, da invogliarlo a spogliarsi nel sentire il calore dei raggi solari sulla sua pelle troppo bianca... Ma ad un certo punto, qualcosa l'aveva destato e per caso stava avendo un'inaspettata visita, di un altro orso bruno mai incontrato prima attorno. Lo stava inquadrò diversamente e sembrava non troppo socievole dal modo infido che lo rimirava a distanza. Arold a quel punto capì che doveva escogitare qualcos'altro e si ricordò che quel giorno, aveva tre mele nella sacca da sperare di soddisfare il nuovo amico orso. Era un po' restio e diffidente quell'orso, ma al profumo delle mele si lasciò sedurre e si avvicino a prendersi la mela senza troppe pretese, o era la voce di Arold

che era convincente da accettare la compagnia di un giovane estraneo che lo invogliava: < Dai amico, vieni e non fare lo schizzinoso. Prenditi la mela che hai la bava alla bocca a volerla mangiare. > gli consigliò Arold, e a quelle parole l'oso bruno dal colore più scuro, si acquietò ad avvicinarsi e prendere la mela profumata. Arold gli le lanciava in bocca e l'orso grugniva dal piacere. Perciò una dopo l'altra se li mangiò tutte, da capire poi che erano finite, avvicinandosi da mettere persino il muso nella sacca a controllare se era veramente vuota. Poi deciso grugnì di disappunto e trotterellando se ne andò via com'era venuto, nemmeno uno sguardo o un saluto a ringraziarlo per le mele mangiate.

57

Capitolo Settimo

Finalmente era arrivato l'atteso giorno del compleanno di Arod, il 10 ottobre del 1934, da dare un senso positivo ai suoi 16 anni, da sentirsi una persona adulta e avere una visione ben diversa dal mondo che l'avrebbe circondato in avvenire. Le sue visioni glie lo confermavano, da essere aspre e dure. Perciò tutti assieme nella piccola dacia, si diedero da fare a preparare dolci casarecci e un buon pranzo, per festeggiare l'evento con l'affetto dei famigliari. Patricia aveva fatto una grossa torta coi frutti di bosco che profumava in tutta la casa e infine seduti attorno alla tavola con un paio di vecchia bottiglia di vino per brindare. < Buon compleanno Arold! > gli auguravano tutti. Quelle bottiglie li aveva trafugate Arold, di passaggio dalle cantine del borgomastro Darco, il balivo di Mikovà. Uno sporco trafficante tutto fare, che tartassava i poveri paesani, per consegnare il ricavato delle estorsioni sotto forma di tasse, al colonnello Masaryk il barone di turno che comandava il distretto della vasta zona del territorio boschivo confinante con l'Ucraina. Era stato assegnata dal partito federale austroungarico, situata oltre la grande foresta nera di Bieszczadzki. < Noi per fortuna siamo esenti dalle tasse... Al comune di Mikovà non esistiamo per niente... > Raccontava Arold, proseguendo a dire, che: < Con uno schiocco di dita avevo aperto le stalle e far uscire il bestiame a notte fonda, da far accorrere la servitù e i militari a protezione del barone, e dalla cantina avevo preso un po' di bottiglie. Ecco da dove arriva questo vino. > si spiegò, bevendoci sopra, mentre la festa casareccia si protraeva fino a tardi, con dei piccoli giochi di prestigio che Arold sapeva mostrare con semplicità e far divertire i famigliari in allegria. Poi fattosi tardi, tutti a dormire contenti della bella serata con tanto di spettacolo finale.Patricia e Adianovic erano rimasti ancora un poco a rimirarsi per bene... approfittando come scusa, del rimanente dolce da ultimare...

Poi altri mesi erano volati via velocemente e finalmente nella primavera successiva i due giovani avevano deciso di convolare a nozze, informando i parenti delle loro intenzioni serie. L'amore li aveva rapito da non riuscire a star lontano nemmeno un momento. Perciò in una simpatica riunione famigliare, s'erano accordati di fare quel benedetto matrimonio casareccio.

58

Perciò tutti assieme, nel preparare e inventarsi i preparativi da festeggiare quell'evento mai capitato prima in quel posto sperduto tra le montagne. Faceva un certo effetto immaginarselo, sebbene umile e modesto l'impegno provato. Arold aveva preparato la piccola casetta poco distante, un tempo serviva come capanno per la caccia ma un po' trascurata negli anni, nessuno di loro amava cacciare. Era nascosta dai grossi abeti che la circondavano a protezione. Fatta apposta per trascorrere un po' di giorni di vacanza in santa pace, con la sola musica del torrente che gorgogliava abbastanza rumorosamente davanti l'entrata della casetta delle fate.

Avrebbe servito per accogliere i due piccioncini innamorati. Patricia e Adianovic, che avevano deciso di convolare finalmente a nozze lì, in famiglia. Si sarebbero sistemati in quel cantuccio isolato nel bosco, da avere una discreta riservatezza nella loro modesta luna di miele in campagna. Immersi nella natura, tra le alte conifere del bosco attorno... da sembrare proprio la casetta dai racconti delle fiabe antiche. La sera prima, Malinda con l'aiuto di Arold stavano riuscendo a far felici due persone innamorate, nel dagli un'apparenza veritiera e vestirli a festa per l'evento da ricordare in futuro e poter un giorno dire ai propri figli che avevano fatto un matrimonio da favola nella semplicità voluta dal destino e dal posto, ad averli fatti incontrare e innamorare.... Purtroppo non avrebbero potuto avere la benedizione di un prete. Lo sposo era uno dei ricercati dalla polizia austroungarica. Ma sopratutto

59

l'importante era volersi bene. Perciò i due giovani innamorati, si erano uniti con la benedizione di tutti loro e Arold gli aveva regalato gli anelli recuperati chissà dove? Ma l'importante servivano per suggellare il loro modesto matrimonio campagnolo. Con gli auguri più cari e affettuosi dei genitori attorno a festeggiare tutti assieme il lieto evento capitato in quel posto di pace tra i verdi abeti più che centenari... Contenti di vederli finalmente felici e di amarsi con affetto nella modesta loro povertà trovata. La breve cerimonia veniva accompagnata dal breve discorso di Arold, che augurava una grande felicità spropositata ai due innamorati: < Noi tutti qui presenti, vi auguriamo una lunga e felicità vita matrimoniale e che possiate avere tanti figli e allieteranno la vostra lunga vita terrena. Auguri fratelli! Evviva gli sposi! > Suggellato poi, da un lungo bacio degli sposi, al cospetto dei famigliari che approvavano contenti la loro felice unione impiantata nel loro amato bosco centenario.

Patricia era felice e raggiante d'amore per il giovane marito, poi il bel vestito bianco che Malinda gli aveva fatto di nascosto, la sorprese tanto, tradita dalle lacrime della sposa, da renderla ancora più felice e veritiera il legame d'amore per il giovane Adianovic, che si pronunciava con serietà voluta: < Vuoi Patricia essere la mia sposa? > e lei che rispondeva felicemente radiosa: < Si lo voglio. E tu Aduanovic mi vuoi come tua moglie? > Lui stracolmo di felicità rispondeva: < Certo che lo voglio amore mio! > E Malinda che diceva con serietà: < Adesso siete legati nel sacro vincolo del matrimonio tra voi due. L'amore nato dal cuore, vi accompagni per sempre. Tanti Auguri, figlioli! > augurò tra le lacrime e Papà Mikail, nel dire a sua volta: < Questo è il più bel regalo che potevate farmi ragazzi miei. Auguri di cuore! > alzando il calice a brindare.

60

Riuscirono a festeggiare fino a tarda notte, poi piano piano gli sposi si allontanarono per recarsi nell'alcova ben preparata prima da Arold e Malinda, da rifornire la casetta di caccia con vivande e cibo per trascorrere un po' di giorni ad amoreggiare liberamente, senza problemi di sorta. Arrivati presso la casetta un turbinio di fuochi d'artificio li accolse, come un buon auspicio augurale... Arold li aveva mentalmente preceduti, ad allietarli come ultimo regalo di quella giornata regale delle loro nozze. Cosa strana, ma Arold, non aveva usato magie quel giorno, solo il segreto degli anelli che il padre Mikail gli aveva consegnato, era il suo anello matrimoniale e della povera moglie Ida. Consegnato in segreto, sapendo che il figlio non voleva che se ne privi del proprio anello matrimoniale. Perciò era il suo regalo di nozze del cuore, al figlio e nuora.

Quell'inverno fu più mite, da agevolare le loro convivenze con il clima esterno, sistemando molte cse un casa e nella stalla. Arold e Adianovic ogni tanto tornavano a vedere la chiatte e la barca coperte di neve e ricontrollare gli ormeggi, che sembravano reggere. Accompagnati dal fedele Wolftel che talvolta gli capitava di rincorreva qualche lepre bianca invernale, ma non la prendeva, era solo un gioco per sgranchirsi le zampe, avendo già mangiato per bene a casa. Le donne in casa, avevano ripreso la vita quotidiana a preparare pranzi e cene, lavare e stirare con il ferro a carbonella e a rammendare calze e calzoni da strappi a lavorare sodo, e via discorrendo con cose nuove. Poi allietare tutti con dolci alla domenica a ricordare il passare dei giorni. Malinda sapeva perfettamente come scorreva il tempo e i giorni, le settimane, visionando il calendario nella sua fervida mente da veggente.Arold aveva aiutato il cognato a sistemare meglio la propria stanza matrimoniale, essendo un bravo falegname, da farla accogliente. Ed arrivare ormai a dicembre con un buon manto di neve attorno casa. Avevano passato le festività di natale e poi capodanno, a festeggiare e augurarsi reciprocamente tanto bene. Da immettendosi nell'anno nuovo al meglio e da lasciare i vecchi problemi al passato e raccattare quelli nuovi in arrivo con un buon auspicio. Mentre i mesi scorrevano via, assieme alla neve che si scioglieva ai primi raggi di sole primaverile. Da sembrare tutt'altra cosa al vede rifiorire la natura nel susseguirsi nelle stagioni. Alla fine era già trascorso un anno dal giorno del loro matrimonio, quando

61

dalla camere di sopra, Arold sentiva giungere il vagito del primo nipotino nato da quella bella unione d'amore e accordo. Da dare un senso alla nuova vita che prendeva forma giorno dopo giorno. Ma anche un doppio lavori ai giovani genitori che stravedevano per quel loro primogenito da inorgoglirli da tanta felicità sgorgata dai loro cuori innamorati e ritrovata lì, tra le loro braccia da semplici genitori alle prime confusioni nel temere di sbagliare.

Arold era contendo di prendersi in braccio quel piccolo fardello di nipotino, che i genitori l'avevano voluto chiamare il loro piccolo, Andrès. Nonna Malinda non stava più nella pelle, già in quella notte che Patricia aveva partorito e lei Malinda a rammentare il suo lavoro di ostetrica, aveva pianto dalla gioia. Quella nascita era il principio della continuazione nella loro piccola comunità ai confini con la grande foresta di Bieszczadzki. Anche il nonno Mikail stravedeva per il piccolo nipotino che sembrava giudizioso a piangere soltanto per la pappa, ma poi era sempre sorridente e felice con chiunque. Persino Wolftel ne aveva preso coscienza da riservagli una cura e custodia particolare, da afferrare un giorno: Erano fuori casa a discorrere e il piccolo Andrès era nella sua culla a godersi anche lui il sole caldo. Quando una gazza ladra tentò ti rubargli un vecchio anello luccicante appeso al parasole da far ombra. E Wolftel era intervenuto rapidamente da bloccare l'uccello, prendendolo al volo in bocca, ma senza ucciderlo e portarlo a Malinda come prova d'aver preso il ladro.

62

Capitolo Ottavo

I mesi scorrevano via veloci ed erano arrivati all'anno 1934, e Arold ormai sedicenne, era giunto il momento di prendere il volo. In casa ormai avevano delle braccia in più e potevano farcela e lui poteva portare a termine la sua missione, rimasta in sospeso da centinaia di anni, tirando fuori i famosi rotoli sacri, trafugati anni addietro, dall'atavico discendente Sebastàn Berzeviczy, nel lontano Perù. Dall'altra parte dell'Oceano Atlantico, sulle sponde dell'Oceano Pacifico, dove aveva trovato poi la morte, per mano degli spagnoli conquistatori. Arold quei rotoli sacri li aveva avvolti e rimpiccioliti, da inserirli in un piccolo medaglione, che assomigliava ad un piccolo souvenir di vetro di Murano. Era così insignificante, da non dover destare sospetti e da sembrare proprio ad un piccolo monile da appendere al collo, qualcosa da non attirare l'attenzione, in qualcosa d'importante. Immaginando che avrebbe potuto contenere nulla nel trasparente vetro colorato.

Perciò dopo aver fatto i preparativi di poche cose da mettere nella sua piccola sacca da viaggio e un breve discorso di saluto ai suoi famigliari, sulla sua decisione di partire. Così avrebbe finalmente intrapreso quel lungo viaggio quasi all'avventura, ma lui aveva uno scopo ben preciso da compiere in quel paese difficile da raggiungere, con dei venti di guerra in movimento lì, sul vecchio continente. Rassicurando i parenti che sarebbe ritornato un giorno e non li avrebbe mai dimenticati: < Non temete ritornerò presto. Ma voi al tempo stesso state all'erta. Non dovete abbassare la guardia. Oltretutto sperando che a qualcuno non venga l'idea di entrare nella grande foresta per nascondersi o impiantare un covo di sovversivi e brigantaggio. Mi raccomando! Nonna Malinda saprà intuire il pericolo da che parte potrebbe arrivare... Non intendo fare l'uccellaccio del malaugurio... Ma non si sa mai come il vento gira? Un salutone grosso a tutti. Vi voglio bene! Ciao! >

63

< Torna presto figliolo! Sarai sempre nei nostri cuori. Buon viaggio! > risposero tutto con caldi abbracci di un amore sincero. Un bacio al nipotino e poi via. Appena fuori casa fischiò e la sua amica aquila era già in alto in cielo a volteggiare lanciando il suo grido di saluto a volerlo aiutare. Arold chiuse gli occhi a pensare e appena dopo si trovava dove aveva pensato un momento prima per dare un saluto alla grande foresta e tutti i suoi abitanti. Mentre l'aquila scompariva dalla vista con un grido di saluto e appena dopo si trovò su un alto spuntone di roccia a dare un saluto alla sua valle di sotto. Augurando ai suoi tanti amici e animali, di stare allerta, si avvicinavano tempi molto balordi e sperare che tutti riescano in futuro a superare la grande bufera bellica pronta a sconvolgere l'Europa. L'amica aquila gli aveva suggerito che erano di passaggio le cicogne da quelle parti e se voleva poteva chiedere un passaggio. L'aquila non poteva allontanarsi troppo dal suo nido, avevano due piccoli aquilotti da allevare e tirare grandi. Ad ognuno i propri problemi da occuparsi in avvenire.

Perciò Arold, più che deciso riprese il suo viaggio a volare e seguire la rotta migratoria delle cicogne, che si ripeteva da anni da quelle parti. Traslato in quelle sensazioni crescenti di sovvertimento dell'equilibrio naturale. I geni delle sue cellule somatiche evidenziate nella citologia dell'ectoplasma a essere trasportato altrove, dove la magia è una forza operante da portato fino giù in nella nazione Italia.

64

Nell'attraversare le Alpi Giulie, le cicogne s'inoltravano nella val Canal, e seguendo le correnti ascensionali sul fiume Tagliamento, verso la pianura Padana e arrivare finalmente nel grande parco reale di Racconigi dove le cicogne ritornavano ai loro nidi lasciati la stagione passata e pronti a nidificare con la compagna e far crescere le giovani cicogne appena nate.

Arold alla fine del viaggio si riprese e schioccò le dite e si trovò nel grande parco del palazzo reale, nel castello di Racconigi dove scorre il fiume Maira e fornisce l'acqua al laghetto del grande giardino, con fontane

zampillanti, ad abbellire l'antico maniero reale. Situato ad una quarantina di km. dalla grande città di Torino in Piemonte. Tutte cose che Arold aveva già visionato mentalmente per bene anni prima, e a scoprire per davvero di trovarsi in un'altra nazione. Al momento governata da un sovrano un po' succube dei gerarchi del partito fascista, ormai al comando della nazione da dieci anni. Ma al momento non erano ancora entrato in guerra, e il tutto macerava sotto sotto, e pronti ad allagare l'impero italiano come avevano fatto anni prima nel continente africano. Arold si ravvede per bene la sua ubicazione, da mettersi in ordine e decide di fare una passeggiata fin dentro l'abitato del borgo di Racconigi, attorno al castello reale, nel mettendosi a dialogare con un contadino del posto, stupendosi di comprendere e parlare per bene l'italiano. Alla fine del breve dialogo, nel chiedere informazioni, l'uomo gli consigliava dove trovare una

65

trattoria per cenare e mangiare qualcosa di buono, data la tarda ora. Arold, seguendo l'indicazione entrò nella trattoria e l'oste lo sistemò ad un tavolo con altri commensali per cenare in compagnia. Gente alla buona ai quali piaceva dialogare, da capire che il locale avevano veramente una buona cucina, fornita dalla cuoca la moglie dell'oste, dal giudicare dei commensali di buona compagnia e il discorrere piacevole dei clienti del locale, erano tutti contenti del servizio avuto come sempre e a poco prezzo in lire italiane da pagare all'oste un simpatico pacioccone... Arold nel discorrere tra commensali che gli chiedevano da che parte dell'Europa veniva: < Vengo dalla dalla Slovackia e sono diretto in Francia. La direzione scolastica di Nizza mi ha richiesto come studente universitario della scienza biogenetica a Bratislava, a collaborare per scambi culturali tra i nostri paese... > rispose Arold mettendoli in difficoltà per il suo discorrere forbito. Perciò, per allietare gli amici nel cenare assieme improvvisò qualcosa da allietarli un poco. Pensò ben di fare dei piccoli giochetti di prestigio per ringraziarli della calda accoglienza in quella trattoria. Facendosi vedere che tirava fuori dalla sua sacca, tanti soldi, proprio lire italiane. Da stupire e incuriosire un po' tutti, da dar da pensare che quel giovane straniero avesse tanto danaro in quella sacca, e adoperare qualche biglietto da mille lire per accendere per gioco un fuocherello allusivo tra le dita e poi ricompariva intatto, da infilarlo nella tasca della giacca. Da far restare un po' tutti sorpresi e stupiti alla trovata magica improvvisata del giovane straniero che si mostrava disinvolto.

66

Alla fine aveva trovato un posto per dormire in quella trattoria, dove l'oste così ospitale, gli spiegava che dal paese passava il treno diretto a Cuneo e se voleva poteva proseguire con il treno fino in Francia a Nizza. Appena inaugurata pochi anni prima la galleria del Col di Tenda. Perciò al mattino avrebbe preso quel treno delle ore otto che proseguiva fino al confine di stato, per trasbordare poi, sul treno francese per la città di Nizza situata sulla Costa Azzurra francese... Nella notte sentì aprirsi la porta della stanza lentamente, capendo che qualcuno voleva fargli visita e quei soldi sventolati prima in sala avevano suscitato l'interesse di qualche povero ladro d'albergo. Arold restò in attesa a vedere cosa volevano quelle due perone che stavano per entrare nella sua stanza. Poi visto che cercavano la sua sacca, Arlod schioccò le dita e la luce elettrica al centro stanza si accese da sola, illuminando l'intrusione dei due ladri: < Posso aiutarvi signori? > domandò tranquillo ai due grandi e grossi uomini, che all'accensione della luce erano rimasti sorpresi, ma subito, uno tirò fuori velocemente dalla tasca un coltellaccio, pronto a reagire. Arold non si scompose nel dire ai due ladri imbranati: < Vai in giro ha spaventare la gente con una vipera in mano! > vedendo l'altro che si guardava la mano che stringeva una grossa vipera che si dimenava tra la mano stretta. Da farla cadere di getto e preso dal panico si misero a fuggire di volata fuori, nel fare un gran baccano e far accorrere l'oste a vedere cos'era capitato e Arold l'avvisava dell'accaduto: < Erano due ladri che aveva tra le mani quel coltello a terra e si è spaventato appena ho acceso la luce. Scappando via di corsa, assieme al compare. Sono quei due seduti al tavolo di fondo. Erano quei signori che pretendevano un servizio migliore al loro tavolo. Ricorda?.. Arrivati da Torino e come loro abitudine fanno dei furterelli qua e la! Poi tornano in città a spassarsela a spese del malcapitato di turno. Bazzicano in quel: “Bar Rosalba” di fianco alla stazione dei treni di Porta Nuova a Torino. Se andate là, all'ora di pranzo li troverete... Da quello che dicevano tra loro i briganti, a raccontarsi le prodezze e a fare i gradassi. Nel raccontare che i carabinieri non riescono mai a prenderli... Dicendo che sono dei caramba imbranati! > < Ho già sentito in giro da colleghi, che ci sono dei truffatori ladri in giro?.. Ma come fa ha sapere tutte queste cose? > domandò incuriosito. Arold non si scompose più di tanto nel spiegare, sotto voce: < L'altro giorno ero di passaggio a Torino e per caso lì ho sentiti quei due furbastri ladruncoli da strapazzo... Eh', bisogna sempre tenere gli occhi aperti. > < Già, ha ragione! Allora lei saprebbe riconoscerli? Nessuno riesce a

67

prenderli, poi mi sa che fanno parte di quei gruppi di squadristi fascisti. Intoccabili!... > rispose l'oste sotto voce scrollando il capo. Mentre Arold gli chiedeva: < A un foglio di carta? Le faccio il ritratto dei due furbetti notturni. Così quando ripasseranno di qui saprà come regolarsi... > mentre già disegnava sul notes che l'oste teneva in tasca e appena dopo mostrava i visi per ben chiari dei due ladri: < Ecco i suoi topi d'albergo! > consegnando il notes, da stupire l'oste, che borbottava: < Lo farò presente ai carabinieri del posto. Grazie! Ah, li chiamano i caramba? >

Alle otto del mattino Arold era alla stazione di Racconigi, dopo aver acquistato i biglietti suddivisi, uno fino al confine e l'altro per la Francia. Appena dopo, il treno a vapore era in arrivo da Torino, ed entrava in stazione sbuffando. Il capo treno aprendo lo sportello gridava: < Stazione di Racconigi!... Il treno è in partenza per Savigliano, Centallo, Cuneo, Borgo San Dalmazio, Limone Piemonte, Col di Tenda, al confine di stato! Per la Francia si cambia treno!.. > Arold era salito sopra e si era affacciato dal finestrino, per vedere lo svolgimento delle singole operazioni. Il capotreno salutando il capostazione di Racconigi avvisava nuovamente i passeggeri di affrettarsi: < Signori in carrozza. si parte! > mettendo il piede sul predellino e il capostazione fischiava la partenza, alzando la paletta verde. Il macchinista faceva slittare le ruote, dando più vapore agli stantuffi della locomotiva per avviare il convoglio, con un bel fischio di saluto. Arold era veramente incuriosito, guardando fuori dal finestrino, assieme ad altri passeggeri curiosi a guardare anche loro il procedimento, mentre il convoglio prendeva velocità sulla strada ferrata. La locomotiva sbuffando vapore da ogni parte e sfrecciava a 40 km. all'ora, immersa nella

68

campagna aperta piemontese, verso la prossima fermata tra una buona mezzora di percorso. Intanto stava passando il controllore a forare i vari biglietti di viaggio. Ad Arold forò solo un biglietto, l'altro, era per l'obliteratore francese dall'altra parte del confine di stato. Durante il viaggio Arold ne approfittò per dormire, i passeggeri al suo fianco erano gente tranquilla che rientrava a casa dalla città di Torino. Nei turni di lavoro alle industrie belliche della Fiat, a costruire mezzi militari. Arold capiva che tutti gli stati del vecchio continente si apprestavano a far senz'altro guerre e conquistare territori nuovi da allargare gli imperi in espansione. Non capendo che si stavano avviando ad una grossa catastrofe mondiale. “Un vero peccato!” commentò tra se Arold dispiaciuto. Poi senza accorgersene, dopo le tante fermate erano arrivati finalmente alla frontiera e a quel punto Arold si concentrò a vedere quali documenti mostravano i passeggeri che andavano all'estero. Perciò Arold memorizzò per bene qui documenti da farsene una su misura a memoria. Uno come passaporto italiano e un duplicato, evidenziato come passaporto francese in caso d'evenienza. Dovendo poi varcare l'Oceano Atlantico e a capire in quale paese era il più adatto, il documento italiano o francese? Da socializzare al momento senza problemi. Immaginando che dal porto di Nizza avrebbe trovato una nave in partenza per le Americhe. Era una sua vecchia convinzione visionata. Quello era il suo primo pensiero, non aveva tempo per visitare le tante città che avrebbe incontrato nel suo lungo viaggio. Al momento gli occorreva una nave passeggeri per attraversare l'Oceano Atlantico oltre il Canale di Panama, da pochi anni aperto. Al confine nel trasbordarsi sul treno francese i controlli doganali erano un po' più severi, nel chiedere ai passeggeri il motivo della loro entrata in Francia. Arold si era messo in fila agli altri viaggiatori in attesa da mostrare i propri documenti, la maggiore di loro mostravano il permesso di lavoro settimanale in quel paese. Perciò Arold pensò ben di mostrarsi come studente francese che rientrava a casa da Torino, dove aveva partecipato a dei congressi universitari impostate tra nazioni confinanti. Mostrando il documento che comprovava la sua provenienza, come figlio ventenne di un noto ministro francese che abitava a Nizza. Era un nome sentito in treno da cittadini francesi che nominavano l'illustre personaggio, che sapeva indirizzare bene i propri cittadini al progresso in espansione. Da far sorprendere il funzionario doganale, nel dire: < Lei è Arold Dupont, il figlio dell'illustre ministro monsieur Santè Dupont, al ministero doganale a Nizza... Buon viaggio monsieur Dupont! > rispose educatamente.

69

Arold ringraziò per il cordiale saluto e prese posto nello scomparto che gli assegnava il capotreno francese. Essendo stato segnalato come una personalità di riguardo. Perciò in quell'ultima tratta di percorso fino alla città di Nizza, era stato sistemato nel vagone di prima classe e tutto stava procedendo più che bene. Dal controllore a bordo aveva saputo che al porto sarebbe partita in giornata la motonave “Victor”, per l'America del Sud, diretta in Perù attraversando il Canale di Panama, dopo 19 giorni di navigazione, se tutto andava bene. Commentava da persona informata. Arold lo ringrazio per l'informazione, capendo che le sue antecedenti visioni si avveravano puntuali, per un giovane universitario ventenne. Appena uscito dalla stazione ferroviaria di Nizza, Arold notò a lato della stazione, delle bancarelle che vendevano vestiti usati, roba senz'altro buttata e lo colpì un vestito da uomo, immaginò adatto per cerimonia e vedendo la taglia se la prese per pochi franchi francesi rimasti in tasca, poi di corsa nei bagni della stazione a cambiarsi da sembrare un poco il figlio del noto industriale Dupont. Guardandosi allo specchio. Poi si affrettò deciso a procurarsi dei soldi veri per il viaggio, nella banca li vicina alla stazione. Non voleva adoperare la sua magia. Non era giusto. E appena all'interno venne a sapere che il direttore dell'agenzia era il cognato del ministro Dupont. “Accidenti!” sbottò Arold alla notizia, proprio mentre il direttore Gavò entrava in banca, salutato da tutti. Arod,

70

deciso si avvicinò, con il gesto della mano a seguire il suo volere, mentre con indifferenza gli domandava, guardato da tutti i dirigenti e clienti in banca stupiti: < Carissimo dottor Gavò, da quanto tempo che non ci vediamo! > nel stringere la mano Arold scavava nella mente dell'altro a scoprire la lunga parentela attorno. Adesso anche la sua: < Devo fare un grosso prelievo per conto di papà da Parigi. Mi puoi agevolare, avrei premura. Grazie! > e l'altro imbambolato faceva segna al capo settore di procedere, entrare nel suo ufficio seguito dal fido tirapiedi e Arold grattandosi la testa lo ringraziava. Poi allo sportello mostro un assegno inventato del ministro Dupont da prelevare in contanti. Prima di uscire dalla banca Arold salutò con la mano tutti a smemorizzare ciò che aveva imposto prima e uscì nel dirigersi velocemente al porto, prendendo una carrozzella. Il cocchiere si stupi dopo, vedendo il suo passeggero appena sceso dalla carrozza; gli pagò la sua corse, mentre si era avvicinato al cavallo nel parlargli all'orecchio da farlo nitrire contento. Poi salutò il cocchiere rimasto stupito del dialogo appena visto fare, tra il giovane foresto e il suo cavallo tonto e testardo, che rispondeva ai sussurri esposti da estranei.... < Roba da matti, Parbleu!! > sbottò imbambolato. Arold facendosi strada tra gente ammassata a guardare il piroscafo che si apprestava a partire tra poche ore. Mentre i viaggiatori pronti all'imbarco erano in attesa e i marinai indaffarati nei preparativi, oltre i tanti facchini che caricavano i bagagli dei nobili passeggeri messi infila trepidanti, in procinto di salire sul piroscafo “Victor”, che all'imbrunire avrebbe salpato l'ancora dal porto di Nizza per la lunga traversata oceanica. L'unica preoccupazione nella traversata di sperare di non imbattersi in qualche tifone, avvicinandosi al continente americano. Purtroppo da quelle parti era il periodo climatico balordo. Quello poteva essere il guaio esposto.... Arold al momento non sapeva ancora bene, come salirci sopra. Senza usare la sua magia. Voleva passare inosservato al momento e figurare in normale giovane passeggero. Perciò e in che modo presentarsi a bordo per quel lungo viaggio da intraprendere con tante persone di vario ceto? Lui al momento stava usando il nome di quel ministro Dupont e pertanto doveva in qualche modo escogitare uno stratagemma valido e associato? Da accoppiarlo al noto personaggio, poi si ricordò premendosi la memoria a visionare l'illustre persona, captata nella stretta di mano con il direttore di banca Gavò. Capendo il ministro a Nizza, quello zio acquisito, a Parigi aveva un fratello a capo di una industria di confetture. “Ecco!” Sbottò tra se Arold. Aveva trovato la soluzione giusta per salire sopra al piroscafo.

71

Capitolo Nono

E proprio lì sulla banchina, in procinto di salire a bordo del piroscafo di lusso, c'era un gruppo di industriali e commercianti francesi che partivano per le Americhe. Proveniente da diverse parti delle regioni francese e allo stesso tempo, avrebbero fatto una piacevole vacanza. Poi a destinazione promuovere i propri prodotti nazionali francesi, nel sperare a dei buoni risultati e guadagni, che probabilmente potranno realizzare oltre Oceano. Pertanto era proprio il caso voluto di aggregarsi alla loro comitiva, con una piccola magia da tappare i buchi al caso di intoppi... Perciò Arold si presentò come figlio ventenne, del notò industriale Andrè Dupont, delle industrie pelati e affini, fratello del ministro Santé Dupont dislocato al ministero doganale a Nizza. Seguendo la fila Arold arrivo sulla passerella e l'ufficiale addetto, e il commissario di bordo erano predisposti a riceveva i passeggeri a bordo. Il tenente domandava al passeggero il proprio nome, da assegnargli il numero della propria cabina a bordo: < Monsieaur il suo nome per cortesia!? > guardando il giovane vestito modestamente bene. < Arold Dupont. Tenente! Dovrebbe esserci una prenotazione inviata telegraficamente da Parigi. Direttamente dall'industria Dupont... > < Verifichiamo subito monsieaur. Non ha bagaglio? > guardandogli dietro ma non cerano facchini con valige e altro al seguito? < Ieri l'auto che mi seguiva sulla routie le Tourbie si è rovesciata nel canalone andando perso il mio bagaglio... Senza feriti per fortuna... Non Importa! So che ha bordo avete una boutique per i viaggiatori. Perciò mi rifarò un altro guardaroba nuovo. Grazie per l'interessamento Tenente. > mentre l'altro controllava in quale cabina era stato sistemato e non trovandola lo guardò sorpreso, nel spiegarsi: < Ma non risulta una sua prenotazione a bordo monsieaur Dupont? > mentre sfogliava la lista passeggeri, un po' in difficoltà, mostrandola al commissario di bordo, e a sua volta sorpreso, nel rispondere: < Qui non risulta. Nessuna prenotazione e assegnazione mosieaur? > concordarono i due ufficiali. < Accidenti! Immaginavo? Le solite cavolate fatte da Parigi, l'ufficio stampa della azienda Dupont. Dubitavo che tutto andasse bene? Avranno

72

fatto altri pasticci coi cablogrammi inviati?... Veramente non avete una mia prenotazione per il congresso agricoltori in Perù?.. Accidenti! L'avevo spiegato a mio padre, di non fare come sempre, le solite cose in ritardo! Ecco poi, cosa succede? Pazienza, ridiscendo tenente! Non voglio complicarvi la vita. La mia è sempre complicata. Per degli stupidi disguido del personale dei nostri uffici. Mi sa che hanno scambiato, con una prenotazione per il traghetto otre la Manica, in'Inghilterra? C'era in procinto un'altra conferenza al quale partecipare. E quelli hanno fatto un gran pasticcio!... Grazie e scusate per l'intoppo... > si spiegò Arold girandosi per scendere dalla nave. Ma subito trattenuto nel dire all'ospite di riguardo, che non protestava come tanti altri, che di solito davano in escandescenza: < Monsieur Dupont! Aspetti e vediamo di trovarle un'altra sistemazione. Se si adatta di avere una cabina ai piani inferiori?... In prima classe siamo al completo e nessuno a rinunciato... > espose l'ufficiale un po' in difficoltà. Avremmo la cabina n° 13, anzi la 12 adesso. Non troppo gradita per il numero. Ma preferisco informarla prima, del numero cambiato.... Le può andare bene Monsieur Dupont? > < Perfetto tenente. Mi fareste un gran favore monsieur commissario. Vi ringrazio per avermi trovarmi un'altra sistemazione. Grazie! Purtroppo dovrei arrivare in Perù per partecipare ad un congresso aziendale impostante. E' da ieri, che ho avuto una delle tante giornatacce da scordare!... Prima la vettura finita nel canalone e per fortuna senza feriti, del mio personale al seguito. Adesso le prenotazioni non fatta?... Insomma un po' di tutto ho avuto addosso. Accidenti che scalogna! Speriamo che il resto del viaggio vada meglio? Grazie ancora Tenente! > lo confortò dandogli una lauta mancia di nascosto. Il commissario si era già prima dedicato ad altri passeggeri ansiosi di sistemarsi a bordo. Arold con quei prelievi fatti alla banca mentre veniva al porto, e presi dal conto del ministro Dupont. Che dovrebbe essere lo zio ministro. Arold aveva letto sulla sua distinta che aveva un grosso conto di franchi francesi in banca. Perciò un po' di franchi francesi per il viaggio non poteva non avere in tasca il nuovo nipote acquisito. Oltretutto il ministro divenuto parente al momento, e da quel che aveva letto nel pensiero dell'impiegato di banca al ritiro dei contanti, che era un ministro abbastanza scroccone e derubava persino e suoi dipendenti. Perciò per un nipote sconosciuto poteva spendere un po' dei suoi franchi francesi. Era un'opera caritatevole. Arold era finalmente a bordo, da restare sul ponte a guardare la partenza.

73

Più tardi si ritirò nella sua cabina a riposare, avendo chiesto di cenare in cabina, aveva da studiare sui suoi preparativi in America. Così aveva fatto capire al commissario di bordo, di riprendersi dal trambusto subito, oltre l'incidente dell'auto dell'azienda Dupont distrutta sulla routie le Tourbie. Arold più tardi a letto si concentrò a provare se riusciva a connettersi mentalmente con Malinda a casa in Slovakia... Ma gli era impossibile fare la sua forza psichica non riusciva e superare un'infinità di ostacoli, altre la grande catena montuosa delle Alpi... Perciò rinunciò a sforzarsi, erano inutile insistere e sperare che la buona Malinda vegli sulla famiglia. Il secondo giorno di viaggio lo trascorse buona parte nella boutique a bordo e tentare di dare lustro alla sua famiglia blasonata e farsi un discreto guardaroba. Poi con i tanti franche tra le mani, da far gola a molti e spesi abbastanza bene al momento. Perciò restava il ben accetto a bordo, da essere coccolato come un giovane studente, affascinante nella sua tenerà età visiva, da sembrare più grande dei suoi 20 anni annunciati. Già dal primo giorno tutti tentavano di sapere qualcosa su di lui e della sua famiglia a Parigi e Arold da bravo ragazzo, sapeva per bene districarsi. Leggendo nei vari pensieri le loro vicissitudini e domande curiose da chiedergli con false moine. Ma non immaginavano che Arold aveva in mano altre carte da poterle intoppare le scaltre giovani della boutique già al mattino, al primo tentativi di scavare nella sua vita da giovane rampollo parigino. Con un'infinità di parole, gli aveva raccontare un sacco di storie, che si avvicinavano alla verità, avendole prima visionate a quei parenti imprestati e pertanto senza sputtanare nessuno, riusciva a giostrarsi un po' tutti sulla nave, persino il comandante della nave il captano Ennio Davos, la sera successiva alla festa delle presentazioni all'inizio del viaggio,

74

l'aveva voluto al suo tavolo per conoscersi: < Felice di fare la sua conoscenza giovane Dupont! > stringendosi le mani e Arold stava per rispondere tranquillo, aveva già letto nella mente dell'altro cosa voleva sapere. Nel chiedergli della zia Guendaline, sorella di suo padre se si era già maritata, era una sua vecchia fiamma e prontamente Arold rispondeva sorridendo: < Contraccambio il piacere comandante!... Lei comandante, non doveva sposare mia zia Guendaline anni addietro? Ogni tanto la menziona... > < Ah', vedo che è al corrente, di quella vecchia storia!... Poi non si è fatto nulla. > rispose cambiando subito discorso: < Ma lei così giovane, in Perù, cosa dovrà fare, se non sono indiscreto? > tentando di tergiversare. < Niente di speciale, Sono stato invitato dai rettori dell'università di laggiù a fare una visita di piacere e vedere se la nostra industria inscatolati, può avere degli sbocchi in quella parte del mondo. Ecco tutto qui! > rispose schioccando le dita sotto il tavolo, per cambiare l'atmosfera al loro tavolo e per caso una giovane signorina poco distante si era alzata dal proprio tavolo, seduta assieme ai genitori e si era avvicinata ad invitarlo a ballare: < Signor Dupont, ballerebbe con me? Per essere sincera... Devo scontare un pegno, con le signorine a bordo... Solo un gioco! > < Non ci sono problemi signorina Adles. > rispose Arold chiamandola per nome da stupirla e pensare come faceva se non si erano mai incontrati in giornata? Arold alzandosi dal tavolo con classe, nel suo vestito nuovo color panna, da farlo sembrare più grande e interessante. Nel dire Arold mentre raggiungevano la pista: < I suoi genitori non la lasciano ballare con gli uomini più grandi? > sapendo già cosa avrebbero risposto, ma la idea pensata della giovane era ben altra. Il pegno da fare alla gara impostata tra le ragazze già dopo le prime presentazioni tra loro le donne, fatte al primo giorno di viaggio a commentare sul biondo giovanotto parigino, che attirava l'attenzione di tutte a bordo e poi non vedendolo nella serata erano tutte d'accordo a pensare ch'era già finito in quale cabina e a letto. Perciò in quella seconda giornata, avevano discusso tutte assieme sul ponte, mentre si prendevano il sole del Mediterraneo. Molto ore prima con altre viaggiatrici, anch'esse interessate per rompere la monotonia del viaggio. Altrimenti dovevano anche loro mettersi come gli uomini a giocare a bridge. Anche le giovani del corpo di ballo sulla nave, erano tutti disposte e interessate ad accasarsi, magari con un giovane pieno di soldi. Oltre ad un nuovo diversivo per il lungo viaggio da compiere e gareggiare tra loro, propense e desiderose di portarsi il bel giovane rampollo, pieno di franchi

75

francesi a letto. L'utile col dilettevole assieme era il loro motto, da proporre per far passare le giornate in viaggio. Le attempate signore per bene, erano anch'esse disposte a trastullarsi il vispo giovane parigino, se possibile senza che i mariti intenti a giocare poker, non se ne accorgano di qualcosa di nuovo a bordo. Insomma era tutto un cumulo di bugie. La presenza di Arold sprigionava al suo passaggio qualcosa di magico che le eccitava un po' tutte. Se lo scrutavano per bene, mentre iniziava a danzare con classe da stupirle tutte quante, con le insignificanti movenze. Arod si stava divertendo a leggere le varie menti di ognuno, bastava che si concentri ed il gioco era fatto, da stupirsi da solo, nel capire che bastava essere un po' belloccio e poi avere molti soldi in tasca ed il gioco delle avventure amorose era fatto. Tutte le signore i signorine erano ben disposte a tutto, magari poi farsi sposare e sfruttare l'occasione a rimanere in cinta e dire poi, che è stato uno sbaglio di una notte di follia. Arold si stava meravigliando su certe cose, mai immaginate prima. Non avrebbe mai pensato e supposto prima che potessero succedere. Purtroppo al momento lui aveva altre visioni della vita e la sua al momento era piena di cose strane e impensabili da esporre. Mentre conversava con la sua ballerina che tentava ogni mossa provocante, con la scusa della rumba suonata al momento e pronta per accaparrarsi al meglio il partner ballerino.

In verità Arold non ci aveva mai pensato fino a un momento prima, era sempre stato troppo preso ad aiutare il prossimo, che aveva lasciato in

76

disparte l'idea di farsi una famiglia, come la sorella Patrica. Che al nominarla gli sarebbe piaciuto sapere come se la cavavano nella loro foresta piena di pace e quiete e sapere come il nipotino cresceva?.. Ma la sua telepatia si smorzava per la troppa distanza, comunque sperava al meglio. Sapendo che Malinda sapeva districarsi senza problemi. Da arrivare alla fine del ballo, giudicato dai presenti, un fenomeno dal come portava la ballerina in evoluzioni in quel tango latino, e lui tranquillo, tra aneddoti raccontati per distrarre la ballerina che insisteva con moine provocanti a sapere qualcos'altro. Ma nulla da fare lui le raccontava altre storie inventate al momento, che sembravano veramente vere. Poi gli orchestrali smisero di suonare per una pausa e lui la riaccompagno al proprio tavolo, con un cordiale saluto ai genitori della signorina Adles. Loro già speranzosi di avere magari un genero nell'industria: < Grazie Adles per il piacevole ballo. Arrivederci! > da dimostrare che era terminata la prima prova e la gara tra le colleghe forse l'aveva vinta? Ma al momento Arold non era interessato alle loro storie a far passare il tempo a bordo della motonave Victor. Le presentazioni erano finite per quel secondo giorno di viaggio. Arold passo poi dal bar a bersi un po' di acqua e si portò sul ponte di poppa a godersi la serata a sedersi su uno sdraio a rimirare il mare.Più tardi nella sua cabina a riposare se ci riusciva, col rumore dei vicini. Fin dal primo giorno si era concentrato su quei personaggi a bordo, incontrati per caso tra i tavoli del salone ristorante e aveva captato per caso nello sforarsi la mano al braccio, qualcosa non chiaro, pertanto voleva rivedere un po' tutto. Quelli avevano la cabina proprio di fianco alla sua.

77

Capitolo Decimo

Era notte fonda quando sentì altri rumori strani provenire dalla cabina di fianco e l'istinto lo impegnò ad ascoltare i loro discorsi. Parlavano in tedesco e stavano dicendo al riguardando dei loro piani di lavoro, così sembrava, oltre trafficare con qualcos'altro, dal rumore in sottofondo?.. Dai discorsi tecnici dovevano essere degli ingegneri, mormorando nel dire che a Vienna avevano già discusso il lavoro da svolgere su alle imprese di costruzione a Panama. Immaginando che andassero a fare dei lavori importanti in America. Perciò Arold pensò ben di lasciar perdere e riprendere a dormire, erano ormai le tre di notte. Lui aveva l'orologio biologico in testa da sapere sempre l'ora giusta. Era stata soltanto una futile immaginazione, che gli avevano trasmesso quelli al suo passaggio tra i tavoli su al ristorante, ed uno per caso nel discorrere a parlare agitato, l'aveva toccato, ed era per quello che gli sembrava di aver captato qualcos'altro al tocco di mani, proprio per caso... “mah?” sbottò tra se. Nei giorni successivi Arold aveva cambiato il turno per pranzare, si era messo a tavola nel secondo turno, dopo i signori della prima classe e si era messo lì al tavolo accanto ai due tizi germanici, vista l'occasione, se per caso poteva captare qualcosa per acquietarlo dal subbuglio imprecisato.

Mentre sull'altro fianco dei ritardatari del primo turno si erano sistemati a mangiare, e nel discorrere persino con il cameriere che li assecondava un

78

po' su tutto. Dando delle spiegazioni sui cibi appena portati in tavola... Poi la comitiva si era accorta di Arold, seduto poco distante, da stupirli che un cliente facoltoso, della sua portata pranzava con i passeggeri di basso livello. Strano? Si erano troppo incuriositi, da girarsi e domandargli da bravi ficcanaso: < Buon pranzo monsieur Dupont! Come mai ha cambiato turno qui al ristorante? Prima la stavano cercando... > < Per la stessa cosa che state facendo voi adesso. Al vostro posto avrei aspettato questa sera per cenare nel turno dei signori, e saltare il pranzo. Col pericolo che vi rimanga sullo stomaco il cibo freddo, dopo gli altri del primo turno... Ci sentiamo! > rispose deciso, lasciando la tavola, lui aveva già pranzato e ascoltato ciò che interessava sapere. Lasciando quelli a bocca aperta, se rispondere o tacere, col pericolo che quel Dupont abbia delle conoscenze in alto e potrebbe causare delle ritorsioni in futuro? Borbottando tra loro, nel dire una giovane più decisa: < Te l'avevo detto di tenere la bocca chiusa e quello te la tappata per bene. Spera solamente che non... lasciamo perdere, la cretinata l'abbiamo fatta tutti assieme per oggi! Che stupidi fare i furbi! > sbottò la giovane incavolata per la figuraccia. Arold si trovò a sorridere ad ascoltare e leggere i loro pensieri invidiosi e stolti. Arrivato alla propria cabina e decidendo di andare a farsi un bagno per rinfrescarsi, nelle docce comuni per uomini e le donne dall'altro lato. Era già un lusso avere le docce in seconda classe. Quello era il settore della povera gente. Ben lontana dalla seconda classe di lusso, come veniva descritta sui dépliant della nave, appena varata nei cantieri a Trieste 1920 per un armatore francese pieno di franchi francesi... Due settimane di navigazione erano già trascorse ed erano in pieno Oceano, il mare era calmo, leggermente ventilato. Tutt'attorno non si vedevano nuvole e sembrava che tutto a bordo proceda per il meglio. Il comandante aveva indetto una festa serale per allietare i passeggeri dall'ozio giornaliero, oltre a prendersi il sole e abbrustolire la pelle chiara sui ponti affollati dai signori a spasso per i mondo. Pertanto tutti a mettersi in ordine con tanto di smoking per l'occasione. Dopo aver terminato il cenone a festeggiare una buona parte del percorso già fatto e tutti a prepararsi per il ballo a premiare la coppia migliore a scendere in pista. Molte signorine a bordo volevano gareggiare da essere accompagnate dal giovane Dupont, avendolo visto ballare quell'unica sera con la signorina Adlès, che spasimava per il bel giovane ventenne. Ma al momento Arold Dupont non era presente, era rimasto in coperta a

79

visionare il mare attorno, in quella calma un po' troppa prolungata. Che all'intuizione del giovane non prometteva nulla di buono? Le sue sensazioni erano allerta a presagire un bel tornato in arrivo, al più tardi l'indomani. Nel pensava come avvisare il comandante a deviare un poco la rotta a Sud, sud Ovest. Scostandosi dal passaggio del tornado in arrivo. Lui lo sentiva sibilare molto lontano ancora. Avendo però già compreso che il comandante non avrebbe mai accettato di cambiare leggermente la rotta impostata prima e poi più avanti riprenderla. Tutt'attorno era calmo e non annunciava nulla di preoccupante, la radio di bordo dava delle vaghe segnalazioni verso il Nod America. Pertanto nulla faceva presagire il peggio, a quella sua idea più che provata. Arold pensò bene di far mostrare tutti i vari strumenti, sestante compreso, e la bussola in sala comando, a mostrare che il percorso era sbagliato, erano usciti un po' fuori rotta? Si stavano spostandosi di venti gradi più a Nord. Da riprendere con una sgridata l'ufficiale al comando, che non teneva gli occhi sugli strumenti e pertanto virare a Sud Ovest di 25, gradi da riprendere il percorso giusto. Anche i telegrafisti di bordo ricevevano l'avviso di una perturbazione in arrivo verso la loro rotta. Da fare molta attenzione? Perciò seguendo quegli strumenti che gli indicavano la via giusta e seguire scrupolosamente la rotta cambiata. All'alba si erano accorti del tornado, che si trovava a circa sessanta miglia più a Nord, traendo una nuova rotta più a Sud di una decina di miglia marine, da allontanarsi maggiormente dalla colonna marina che si alzava minacciosa in mare aperto. Ma lontana dal piroscafo. Per fortuna non procedeva diritto sulla loro rotta, si stava spostando diagonalmente. Spiegava il comandante: < Siamo contenti di averla superata di pochi gradi, ma essenziali. Poi senza subire danni. > perciò tutti contenti nel vedere dal ponte passeggiata, l'alta colonna minacciosa, ma molto lontano da loro.

80

Arold si sarebbe premurato dopo a riposizionare gli strumenti di controllo da riprendere la nave sulla rotta giusta, verso il continente americano e far la modifica, proprio mentre era al comando il comandante a sostituire i suoi subalterni per troppe ore in plancia. Da stupirsi poi nel riguardare gli strumento, da ore nelle sue mani. Da risistemare velocemente la rotta, tentando di camuffare con una scusa blanda: < Timoniere 20 gradi a dritta! Avremo un mare più calmo da quel lato. > mentre guardava col binocolo l'orizzonte e il timoniere gli faceva presente: < Mi sembra abbastanza calmo il mare davanti? > e il comandante ribatteva: < Figliolo è una finta calma. Da anni navigo in queste acque e li conosco bene... vai tranquillo! > Pertanto il comandante dopo lo scampato pericolo del giorno prima, d'imbattersi nell'uragano di quel genere, e avrebbe potuto creare dei seri problemi alla sua nave, sebbene aveva una buona struttura robusta, ma era meglio non provarci. Perciò organizzò un'altra serata danzante per dare sfogo al movimento, da uscire fuori dalla solita routine di quei giorni lunghi da far passare, con quei pochi svaghi a divertirsi a bordo.

Arold fece la sua comparizione, abbastanza tardi, prima era stato impegnato nella stazione radio di bordo a tentare di parlare con Parigi, alla sede centrale Dupont e affini. Ma era stato tutto inutile, la comunicazione si interrompeva continuamente, per sua volontà a schioccare le dita al momento giusto, nel dire al marconista in difficoltà: < Ecco ci siamo! Accidenti è caduta ancora la linea... Peccato? Grazie sottocapo! > tornando finalmente nel salone delle feste, ed era molto attesa la sua presenza.

81

Pronto per affrontare la ridda di quelle donne vogliose e insoddisfatte, pertanto bastava la sua presenza per rianimarle un poco. Arold si fece coraggio da accontentare finalmente le giovani signorine a fare qualche ballo con ognuna di loro. Erano tutte quante speranzose di poterlo abbracciare e volteggiare sulla pista, da sentirsi contro il corpo, caldo e atletico del giovane rampollo, di un ricco milionario, oltretutto?.. D'altronde la buona nonna Malinda, l'aveva sempre detto che le giovani l'avrebbero rincorso volentieri, appena diventava più grande con gli anni. Da attirare le donne come le api sul fiore. Al ripensare a quelle parole, nel capire aveva ragione Malinda. Per fortuna che era un mago da trovare sempre qualcosa per sviare l'attenzione altrove. Ma al momento era lui che aveva altre aspirazioni e vedute ben diverse dal mondo che lo circondava. Aveva una missione importante da svolgere prima. Poi in verità non aveva ancora incontrato la persona giusta da fargli perdere il lume della ragione. Ma era poi vera quella vecchia diceria o proverbio? Ripensando al tutto. La serata l'aveva trascorsa discretamente bene a lasciarsi coccolare delle tante signore e lui furbescamente cercava sempre un pretesto appropriato e ben congegnato per districarsi al momento giusto, ed essere amico con tutte senza concedere nulla di preciso a nessuna. Soltanto ad un certo punto, offrire del rinfresco a tutti i presenti, nel salone a sue spese, a dimostrare che come figlio di un milionario parigino non era quel tirchio che poteva sembrare essere. Poi si mire al piano e provare ad accontentarli.Da terminare la serata, mettendosi a suonare al pianoforte immaginando di

82

essere un piccolo Betoven e far scorrere le sue mani sulla tastiera del pianoforte da coinvolgerli un po' tutti passeggeri rimasti ad ascoltarlo e applaudirlo esageratamente. Lui era un ricco sfondata, da tenerlo presente.Poi con ognuna delle persone accanto e con tante belle parole, a dire che si sarebbero ritrovati poi all'indomani, sul ponte di poppa a prendersi il sole.

E in quella occasione erano tutte la ad aspettare che il biondo giovane si tolga l'accappatoio e mostrarsi in calzoncini per prendersi il sole del mattino. Ma si trovarono tutte stupite che il milionario era già la sul ponte di poppa al sorgere del sole a leggersi un libro e si sorseggiava una bibita. Da trovarlo che sonnecchiava al caldo sole alle dieci del mattino. E tutte quante sorprese, mentre salivano in coperta, se lo gustavano con gli occhi di desiderio recondito, a non saper chi faceva la prima mossa a parlagli.

Mentre molte donne e giovani signorine si mettevano in prendisole da mostrarsi al giovane rampollo e sperare in un suo invito al proprio tavolo, oltre e magari anche in cabina a tubare, se era possibile con le tante voglie che serpeggiavano sui loro corpi assolate ed eccitanti a gareggiare tra loro. Arold che si fingeva distratto a leggere Pasternak in quella sonnolenza addosso, invece stava ascoltando i loro discorsi abbastanza infuocati a commentare sul suo fisico ben prestane, da non sembrare così giovane dalla corporatura ben messa, da eccitarle tutte quante maggiormente.

83

Capitolo Undicesimo

Con estrema lentezza tentavano di far passare i giorni a bordo, aiutati dal personale di bordo per assistere i passeggeri e dare il maggior conforto. Poi finalmente il sedicesimo giorno di viaggio, dal ponte passeggeri, avevano avvistato la terra e stavano per avvicinarsi a Panama nell'America centrale. Agli ordini del comandante gli ufficiali in coperta, posizionando la nave, in attesa del rimorchiatore che l'accompagni sul canale assegnato, ed entrare finalmente nel canale di Panama e sperare di poterlo superare velocemente. Per la traversata si compiere a rilento, dovevano usufruire delle sue geniali cataratte e una dopo l'altra, passare dall'altro lato nell'Oceano Pacifico, e il tutto comportava una buona giornata di lavoro, degli addetti ai bacini e trattori sulle sponde per trainare la grande nave francese. Alle cinque del mattino del il piroscafo stava segnalando alla marina portuale di Panama il proprio arrivo e pronti al pagamento del pedaggio per passare nel nuovo: “National Canal de Panama”. Il comandante Davos stava osservando lo svolgendo delle operazioni ad entrare nelle chiuse per superar il dislivello del tracciato da percorrere nel canale e entrare poi, nei diversi bacini di spostamento, tra una vasca ed un'altra, fino alla fine del percorso in una buona giornata da trascorrere...

84

Dopo dodici ore di lavoro, erano riusciti ad attraversare il canale ed entrare nell'Oceano Pacifico, da riprendere il percorso verso la meta. Arold al mattino presto, si era alzato e dall'oblò stava guardando lo svolgimento del passaggio nel canale di Panama. Un buon servizio di traversata, da accorciare molto il percorsi e nell'evitare di circumnavigare attorno alla Terra De Fuoco, in fondo all'America del Sud, poco distante dal continente Antartide e con il freddo e il mare sempre burrascoso, anche in piena estate. Stava pensando Arold, sulle notizie già lette e visionate tempi addietro, in quelle grande biblioteche nelle grandi città in Europa, lui viaggiava sovente con la mente, portato in giro dall'aquila amica.

Quando notò che i vicini di cabina erano in fermento con i preparativi, mentre discutevano in tedesco, con un po' di parole in francese: < Dai muoviti, schnell! Dobbiamo scendere dalla nave e sistemare i pacchi... Pensi che nessuno si accorgerà del melograno giocattolo? Sei sicuro che il filo regge per sganciare la sicura fissata al cancello del lager dynamit? > < Certo che funzionerà. tranquillo! > rispose quello. < Mah? E' il certo, non è che mi convince troppo... Speriamo bene! Dai andiamo! > uscendo dalla loro cabina e portarsi due zaini in spalla del tipo militari austriaci e le valigie personali: < Hai preso tutto? > Quei personaggi schivi, dovevano sbarcare a Panama, avevano un accordo di lavoro in un'impresa che costruiva una diga più a monte, per servire i

85

bacini sottostanti per il travaso dell'acqua. Così avevano spiegato al comandante. Quei due ingegneri tedeschi, abbastanza riservati e quasi sempre chiusi nella loro cabina. Ma non avevano dato problemi a bordo.

Arold si fermò senza uscire dalla propria cabina e cercò di captare ciò che rispondeva l'altro in danese: < Vedrai che funziona tutto! Abbiamo avuto due settimane per preparare il cestino dei finti melograni con la carica... Dai, non fare il menagramo!... Comunque dal cablogramma ricevuto ieri dagli amici, avvisavano che arriveranno quasi assieme oggi. Lasceremo poi i pacchi al tizio locale che verrà a prenderci e noi poi, prenderemo la via del ritorno con una carretta del mare carica di carbone. Così evitiamo controlli dopo... Hai preso tutto, passami quel giaccone mio. Danke? > concluse sbattendo la porta e via per il corridoio deserto. Arold aprì l'oblò e fece un fischio, un gabbiano aveva raccolto il suo richiamo e incominciò a volteggiare sopra la nave in attesa. Quei due ingegneri giunti a terra, presentavano i loro documenti alla dogana portuale e spiegare all'ufficiale dei controlli, che erano i due ingegneri richiesti dalla Germania per il lavoro su alla diga. Così sembravano, e infine dirigersi fuori dall'area doganale e salire su di un mezzo di trasporto, che li aspettava, era un autocarro che trasportava del materiale di costruzione. Mentre il gabbiano seguiva con larghi giri il mezzo, che si arrampicava su per la strada sterrata che si inoltrava verso la montagna dove era in costruzione una diga per il contenimento delle acque, proveniente da una cascata poco distante e avrebbe regolato il

86

flusso dell'acqua nel canale per i bacini di travaso al canale di Panama. Alla fine, appena il camion si era fermati e quelli erano scesi incontrando altri operai e un tecnico dell'impresa. Ad un altro individuo avevano consegnato i due zaini e loro andare nella garitta comando a bere un goccio in compagnia. Arold seguiva col l'occhio del gabbiano, l'altro individuo con gli zaini e alla fine lo vide deporre uno zaino, contro il muraglione di contenimento già costruito prima e ci frugò dentro, da coprirlo dopo. Poi con l'altro zaino andò più giù, per entrare in un tunnel. A quel punto Arold si materializzò lì accanto, travestito da tecnico specializzato a vedere per bene e sentire cosa dicevano e seguire l'individuo che parlava con un capo sezione del settore lavori e poi scendeva nell'altro tunnel attiguo sotto la diga. Arold lo seguiva scendeva a sua volta mentre con una distinta su una tavoletta e un lapis in mano, controllava le opere già concluse. Incontrando diversi operai che lo salutavano come uno dei tanti capi divisione a controllare l'operato dei lavori. Alla fine arrivo ad una svolta del tunnel abbastanza buio, c'era qualche luce ogni tanto con dei fili messi alla rinfusa e il tizio, stava depositando il secondo zaino e controllò dentro da prendere il melograno e appenderlo sull'inferriata del cancello che bloccava una grotta buia, e sul muro un cartello scritto in spagnolo: Atenciòn Exploivo. E quello vi legò per bene per il gancetto il melograno colorato e se ne tornò via. Arold si nascose al suo passaggio e poi andò a vedere e constatò il problema che sarebbe nato poi... Il primo che passava di la incuriosito e si prendeva quel melograno ben colorato e invitante, da strapparlo via dalla sicura e un secondo dopo provocherebbe un bel botto e il deposito della dinamite, sarebbe saltava in aria facendo cadere il muro della diga esterna e avrebbe fatto scattare l'altra sicura del secondo melograno. A distruggere l'opera appena eretta. Con la caduta di enorme massi, acqua e detriti che andrebbero giù e cadrebbero, assieme all'acqua già nel deposito bacino, che servirebbe al riempimento dei canali e provocare un sacco di vittime innocenti. E il tutto quel bel giochetto al melograno, sorta per ripicca ad una competizione di appalti ai lavori di milioni di dollari come guadagno. E in tutta la trafila Arold l'aveva letta nella mente dei due ingegneri che per soldi non badavano a quanti morti avrebbero provocavano con la loro trovata al melograno. Sapendo che soltanto a tarda sera sarebbe passato il guardiano a controllare tutto e quel bel melograno colorato avrebbe attirato la sua attenzione, ma fatale. Comunque alla fine, di morti ce ne sarebbero stati tanti, tra quei poveri e ignari operai sottopagati, quelli del turno di

87

notte a scavare come forsennati nei grandi canaloni nella montagna. Arold si prese tra le mani con cura, il melograno e lo zaino e ritornò fuori, incontrando nuovamente il tizio che l'aveva appena depositato un attimo prima? Da capire subito il tizio, che era stato seguito dalla polizia, travestito da tecnico e poi vedendo che Arold stava per togliere la sicura dal melograno, si inginocchiò a piangere, capendo la brutta fine non immaginata. Mentre le guardie del complesso in costruzione, si stavano avvicinando a capire qualcosa e Arold obbligò il tizio a spiegarsi alle guardie per bene, prima che tolga la sicura. Qual'era il piano impiantato dai due tedeschi che si stavano giù imbarcando sulla nave carica di carbone ed era all'ultima cataratta, e loro pronti a salirci sopra. Arold consegnò lo zaino e indico dove avevano messo l'altro con la dinamite, pronto a saltare in simultanea. Arold si spiegò velocemente all'ufficiale della policia, che era abbastanza sveglio da capire per bene la spiegazione dettagliata: < Sarà meglio che fermi quei due tedeschi che si stanno imbarcando di nascosto sulla nave carica di carbone. Buon lavoro agente! > si spiegà Arold, lui doveva rientrare a bordo il piroscafo “Victor” stava per lasciare già il canale di Panama. L'ufficiale voleva trattenerlo, ma di colpo lo straniero era sparito? Restava solo in alto il volteggiare un grosso gabbiano, che gracchiava in continuazione in cielo. Lo straniero era veramente sparito? Forse in mezzo a quella marea di operai locali e indigeni, con tanti altri mercenari che si adattavano a far di tutto, per pochi soldi di paga. Da spendere poi alla sera nei bordelli nati a bizzeffe da quelle parti. Era tutto un business madornale che girava sempre attorno ai soldi impegnati dei padroni americani, per un alto guadagno ricavato dopo.

Arold si era ripreso da volo col gabbiano, trovandosi sul ponte di prua sulla “Victor”, che stava lasciando il canale di Panama e riprendeva a navigare nell'Oceano Pacifico verso Sud in direzione Lima in Perù....

Qualcuno del personale di bordo, un ufficiale in plancia l'aveva visto e lo chiamò, chiamando anche il comandante. Perché tutti a bordo, pensavano ch'era sceso e non era più ritornato a bordo del piroscafo ormai in navigazione: < Ehi, là! Monsieaur Dupont... Eravamo tutti preoccupati. Invece lei è qui a prua a prendersi il sole e il vento in faccia... Eh', la gioventù come si diverte! > espose sorridendo. Anche il comandante si era affacciato, essendo preoccupato a cosa dire poi ai parenti a Parigi in Francia? Nel trarre un grosso respiro di sollievo,

88

vedendo Arold salite in plancia a spiegare la sua spiegazione a prua. Arold tranquillo, chiedeva sul preoccupato: < Comandante mi cercava? > < Eravamo tutti preoccupati monsieaur Dupont! Non la vedevano più, in tutto la giornata. Nemmeno nella sua cabina, sparito per tutto il giorno? Meno male che alla fine è resuscitato? Benissimo, va tutto bene!... Vorrà dire che stasera faremo una festicciola per aver superato trequarti del viaggio senza altri problemi in navigazione... Mi sento più tranquillo. Lei parteciperà al veglione, vero? Monsieaur Dupont! Non può mancare è l'attrazione delle signore a bordo... Non se l'abbia a male, se mi permetto di dirlo. E' giovane e bello e tutte le donne lo vorrebbero come marito!... Almeno in questo viaggio la sua presenza a creato un po' d'interesse...Va ben, pensiamo ai lavori adesso... Allora a questa sera. Ci contiamo! > Arold sorrise, ma non rispose e contro voglia aveva deciso che si sarebbe presentato alla serata di gala, nel salone principale della nave. Doveva tenere un certo decoro alla famiglia che gli aveva prestato il nome.

Arols si presentò molto prima nel salone, aspettando di vedere chi è che arrivava in anticipo per accaparrarselo. Mentre stava indovinando quale mademoiselle arrivava a contattarlo per avere il primo ballo della serata? Già immaginata dopo, senza interesse particolare al momento da parte sua.

Dopo che i passeggeri avevano fatto la consueta passeggiata sul ponte a mostrare i propri abbigliamenti, confezionati dalle alte sartoria di lussa

89

francesi, nei bellissimi vestiti da sera da sfoggiare ad ogni festa a bordo e ogni volta a dimostrare il grado e il prestigio della propria posizione sociale, nell'alta società francese in ascesa. Le signore e mariti facevano finta di non notare il biondo milionario nel salone ch'era in attesa delle tante signorine a bordo, da poter scegliere chi si sarebbe portato in cabina più tardi? Le malelingue non mancavano mai in ogni viaggio, mentre discutendo tranquille, nel passeggiare dialogando col cavaliere al fianco, ma anche lo facevano per essere notate col nuovo vestito da sera. Mentre l'orchestra iniziava a suonare, per un richiamo alla festa serale. Poi erano bastate che alcune coppie impazienti, si mettessero in pista, che tutti si diedero da fare a seguire l'esempio. L'orchestra aveva già prima iniziato a suonare dei lenti per invogliare le copie di signori e consorte a portarsi in pista. In attesa d'aumentare il ritmo di prammatica, per la gioventù che attardava a venire, forse aspettando che molte copie di anziani passeggeri, si ritirino nelle proprie cabine stanchi di ballare. Poi piano piano si stava affollando il salone centrale delle feste e l'orchestra aveva capito che le giovani copie e signorine avevano già dato segno di gradire le rumbe e tanghi da ballare con foga e stile e mostrare la propria bravura, per allietare la serata che procedeva quanto sembrava molto bene. Le mademoiselle delle boutique di bordo si davano da fare a invogliare i giovani passeggeri e ufficiale fuori servizio a ballare con loro, in disinvolte mosse provocanti, tra rumba e samba, da far sorridere le attempate coppie danarose a provare anche loro qualche mossa. Arold da parte sua si prodigò ad accontentare un po' tutte, nel danzare ogni musica suonata, sembrava proprio un ballerino provetto, da invogliare le giovani a chiedergli dove aveva imparato a balla a quel modo così sciolto e impeccabile: < Monsieaur Arold, balla così divinamente! Ma dove ha imparato così bene... ha frequentato una scuola di danza? > < Dalle simpatiche ballerine del Operà de Paris. E' ovvio mademoiselle! Comunque vedo che mi segue alla perfezione. E' molto brava a ballare... Purtroppo ho promesso ad altre passeggere di ballare. Perciò per non fare intorti, un po' per ciascuna questa bella serata. Comunque, tra giorni arriveremo a Lima e laggiù ho altri impegni da sbrogliare. Tranquilla ci rivedremo al ritorno e riprenderemo a ballare nuovamente assieme... D'accordo mademoiselle Joly! > confidò sul dispiaciuto. < Ma più tardi è ancora impegnato? Potremmo passare la notte nella mia cabina, a chiacchierare, è ovvio... > rispose lei strofinandosi contro. < Non le prometto nulla mademoiselle... Peccato la rumba è finita, la

90

riaccompagno dal suo cavaliere che è impaziente di riaverla... > Per tutta la serata fino a tardi, Arold si diede da fare ad accontentare un po' tutte le signore e signorine. Contente nel farsi un ballo con il giovane rampollo dell'alta società francese, in quell'exploit del momento, che il biondo giovane non disdegnava nulla ed accontentava un po' tutte, senza concedere un bel niente a nessuna.

Erano arrivati alle due di notte, quando la gente stanca si ritirava e anche l'orchestra aveva riposto gli strumenti. Arold si era seduto nuovamente al pianoforte e riprovava la sensazione dell'altra volta a battere sui tasti del pianoforte ad immaginare come i tanti musicisti e compositore, riuscissero a intrecciare le varie note che produceva lo strumento tra le mani, nel dare un senso e delle sensazioni piacevoli, all'orecchio in ascolto. Nel seguire il ritmo che le sue dita che scorrevano sui tasti del pianoforte. Arold Ci stava prendendo gusto, da stupirsi da solo che sapeva dare un sensazione nuova alla melodia, e riusciva a trarre fuori qualcosa di diverso nel pensare e con le dita improntate sulla tastiera nel muoverle con guizzi ad esserne veloci e compositive ha modificare l'atmosfera appiattita. Da far avvicina i pochi ritardatari ad ascoltare quella musica divina e avvolgente, che il giovane esponeva con tranquillità, in quel ritmo stupefacente che le sue mani sapevano comporrere senza problemi, da esperto compositore nato proprio al momento, non ci aveva mai pensato prima. < Suona divinamente monsieaur Dupont! E' strepitosa la sua musica? > commentava un noto industriale di Lione. Seguito nell'elogiare la sua bravura da altri e altre donne accorse a sentire qualcosa di magico che il biondo giovane sapeva stupirli sempre di più in ogni momento e occasione: < Bravissimo monsieur! Veramente meravigliosa la musica esposta... Ma chi è il bravo compositore? E' sorprendente! Non l'abbiamo mai sentita suonare da altre parti... Strepitosa! > commentarono stupiti. < Ci sto provando a strimpellare qualcosa. A Parigi in certi nightclub, ci divertiamo tra ragazzi a suonare qualcosa per far passare le serate... > Mentre la signoria Adlès decisa, ci riprovava, non poteva lasciarselo sfuggire un'altra volta. si sedeva accanto, tanto per non perdere l'occasione, e far finta di suonare qualcosa assieme. Visto che in quella serata aveva fatto soltanto un ballo al principio della festa, con il biondo giovane milionario e pertanto sperava sempre. Magari poter arrivare fino alla sua cabina ed essere invitata dentro a parlare, soltanto quello, era ovvio. Mentre provava a chiedergli, disinvolta: < Sai suonare: “La vie en rose” o

91

l'altra: “La chanson des vieux amamts”, o quell'altra ancora: “L'Ame des poètes”. Sono molto conosciute in Francia?... sono le canzoni degli anni trenta. > guardandolo con un caldo sorriso da coinvolgerlo e con la speranza in cuore. Di poter far breccia nel cuore del giovane milionario. > Arold ricambio il sorriso senza voltarsi e componendo ad occhi chiusi una delle canzoni chieste. Da stupirli maggiormente tutti mentre la intonava leggermente sotto voce. Cose inimmaginabile. In fondo, lui, era un semplice mago, pieno d'inventiva e risorse. Per lui era un bel gioco.

Alla fine del suo concerto, li salutò e capì che la giovane Adlès si era attaccata al suo braccio con risate spaiate, a camuffare la sua recondita idea, da poter arrivare al suo scopo finale. Arold senza problemi l'accompagnò alla sua cabina, trovando i genitori che stavano rientrando, da ringraziare il giovane per averla riaccompagnata. E prontamente Adlés provò a dire: < Ma non dovevi farmi vedere quelle tue foto della gara che hai vinto per scommessa, cavalcando un poni, all'ippodromo parigino? > < Non penso sia l'ora giusta. Poi da basso in seconda classe ci sono solo uomini e non è giusto portare una giovane signorina alle due di notte. Domani lo saprebbero tutti sulla la nave. Giusto madame è per il bene di vostra figlia a evitare pettegolezzi. Buona notte a domani! Ci vediamo sul

92

ponte di poppa, come sempre... > andando via tranquillo. E sentiva che la madre mentre entravano nella propria cabina confermava: < Meno male che è giovane giudizioso ed educato che pensa alla tu reputazione figliola. Quello si che è un partito da non lasciarselo sfuggire... Ah', solo le madri capiscono quale sia il partito da prendere... Dai andiamo tutti a letto che è tardi. Domani ci penseremo come lanciare il l'amo e catturare il pesce! >

L'ultima settimana Arold la passò abbastanza in disparte dalla confusione dei viaggiatori, che continuavano con le feste a far passare le giornate. Arold aveva avuto diverse visite che venivano a bussare alla sua porta con scuse diverse, ma per tentare di coinvolgerlo. Poi, con la scusa che aveva una bella voce e sapeva suonare divinamente. Da lasciarsi coinvolgere almeno nell'ultima sera a bordo.... All'indomani il piroscafo, avrebbero attraccato a Lima la capitale di quella nazione così antica, il Perù. Arold si era presentato nel salone delle feste e tutti quanto, dopo aver sentito i racconti di chi era presente le altre serate ad ascoltarlo a suonare e cantare con grazia. Il giovane rampollo aveva cantato e suonato meravigliosamente, da incantare i ritardatari quell'altra volta. Perciò pretendevano che provi ancora una volta, a dare un pizzico della sua bravura, anche agli altri che se ne erano andati via prima quell'altra sera al veglione di gala. Arold li guardò per bene, tutti quanti in silenzio ad aspettare che si pronunci. Lui sorridendo e alla fine per farli contenti un po' tutti, si mise al pianoforte e provò a memorizzare qualcos'altro, nel dire: < Ballate di Chopin. > mentre le sue dita scivolavano via fluide sui tasti del pianoforte e trarre fuori quella rinomata melodia del bravo compositore Chopin. Da entusiasmare i passeggeri, nell'immaginabile dimostrazione di quel giovane dalle mille risorse. Arold poi provò a dire per accontentarli ancora una volta e lasciarlo poi tranquillo: < Proverò a cantare una canzone in voga: “L'Ame des poètes”. E poi, mi dispiace ma vi lasciò. Purtroppo ho altri progetti importanti da preparate per domani all'arrivo in Perù. Grazie per l'attenzione signori! > suonando e cantando veramente bene, da ricevere tanti applausi scroscianti prolungati. Li aveva sbalorditi proprio tutti a bearsi della bella musica. Poi, mentre si alzava e salutava tutti con un inchino: < Grazie! > lasciandoli un po' dispiaciuti ma egualmente soddisfatti per la bella serata.

93

Termina, la prima parte del romanzo la Reviviscenza acquisita....

Muggia lì 28/05/2016 Pierantonio Marone

94