La Questione Dell'Arte - Nigel Warburton
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Nigel Warburton LA QUESTIONE DELL’ARTE “Questo libro ruota attorno alla questione di cos’è l’arte e come può essere definita, esaminando parecchi dei più importanti tentativi filosofici che hanno tentato di rispondere alla questione dell’arte del xx secolo, arrivando alla conclusione che l’arte non è definibile e tuttavia se dobbiamo porci questa domanda (che cos’è l’arte?) è meglio concentrarsi su opere particolari e domandarsi perché esse sono importanti per noi.” I. capitolo Forma significante Il primo capitolo si apre con una teoria di Clive Bell su ciò che è l’arte, giustificandone all’interno del suo libro una seria considerazione della pittura di Cézanne (per Bell, Cézanne occupava il posto più alto nel cielo del post-‐impressionismo). Il libro di Bell è ben più di una tirata retorica in difesa di una scuola artistica all’avanguardia: esso contiene una teoria riguardo a che cosa sia l’arte visiva e un programma al modo di guardare i dipinti. Questa teoria può essere riassunta nella formula “ l’arte è forma significante”. Alcuni oggetti creati dalle mani dell’uomo, sono stati dotati di produrre un’emozione estetica in osservatori sensibili. Il potere di produrre un’emozione estetica è inerente alla forma significante, che è una combinazione di linee, forme e colori posti in certe relazioni tra loro. Non ogni forma possiede una forma significante ma se un oggetto ha forma significante è perché possiede queste relazioni. La rappresentazione e il suo valore artistico “ Per apprezzare un’opera d’arte non abbiamo bisogno di portare con noi nulla della vita, nessuna conoscenza delle sue idee e faccende, nessuna familiarità con le sue emozioni . “ La sola conoscenza che l’osservatore deve possedere è un senso della forma, del colore dello spazio tridimensionale. (la tridimensionalità è importante secondo Bell perché ci permette di conoscere lo spazio altrimenti saremmo di fronte a dipinti insignificanti , superfici piatte). Bell inoltre disprezza ciò che chiama << pittura descrittiva>> perché sostiene che un dipinto di questo genere si limita a comunicare informazioni suggerendo emozioni qualora ci fossero, piuttosto che fungere da oggetti di emozione. Non bisogna usare l’arte per essere condotti alle emozioni della vita. L’emozione estetica -‐ è una caratteristica dell’arte, ad esempio la bellezza di un’ala di farfalla o un fiore non è, secondo Bell, dello stesso genere della forma significante di un dipinto. Sono le combinazioni di linee e colori prodotti da mano umana possono sollevarci all’emozione estetica. L’artista cerca di vedere una sedia come pura forma priva di associazioni e di funzione, e ciò da origine ad un’emozione profonda e ispirata. La visione estetica della pura forma della sedia da parte dell’artista è la visione di un oggetto liberata da tutte le preoccupazioni quotidiane che mette a nudo l’oggetto come esso è in se stesso. L’emozione dell’artista nei confronti di questa visione viene allora espressa nel dipinto della sedia. Copie e contraffazione -‐ La persona che copia o contraffà non si trova nello stesso stato mentale dell’artista e quindi non è in grado di riprodurre perfettamente le linee, le forme e i colori. Buone copie sono possibili, ma per far ciò non è necessario vedere come un osservatore esperto, ma sentire come un artista. Non tutti sono in grado di apprezzare l’arte visiva. Coloro che non ne sono capaci non provano emozioni estetiche è come esser “ sordi ad un concerto “. Quindi per provare l’effetto della
forma significante bisogna essere un osservatore sensibile. Bell sostiene che in tutte le opere d’arte c’è una qualità senza la quale un’opera d’arte non può esistere. Che qualità è condivisa da tutti gli oggetti che provocano le nostre emozioni estetiche? = la forma significante. Una delle accuse più serie sollevate contro la teoria di Bell è quella di circolarità viziosa. Forma significante ed emozione estetica sono definite l’una nei termini dell’altra e quindi non si costituisce una spiegazione soddisfacente dell’arte. Bell inoltre sostiene che di fronte ad un’opera d’arte si può provare un’emozione estatica o entusiastica, e diversa da quella che si può provare dall’emozione del bello naturale, tuttavia le osservazioni risultano di scarsa utilità perché si ritorna nel solito circolo vizioso , dove il solo vero indicatore di che cosa sia un’emozione estetica può essere individuato nell’altro termine chiave della teoria, la forma significante. La teoria di Bell è quindi è priva di contenuto e anche se trovasse una risposta rimarrebbero comunque alcune difficoltà di fondo. Per esempio io potrei dire che i dipinti di tizio manifestano del tutto chiaramente una forma significante, un’altra dirà l’opposto di quanto ho detto io. Se pur essendo entrambi sinceri nel giudizio secondo Bell uno ha ragione e l’altro ha torto, non è possibile che contemporaneamente i dipinti di tizio siano dotati di un’emozione estetica. Non fornendo alcuna teoria decisionale lasciando coloro che non hanno un’opinione nell’incertezza. Bell e Cézanne Bell amava la pittura di Cézanne perché pensava che ciò che la rendesse grande fosse proprio il suo allontanamento dalla rappresentazione in direzione della forma pura. L’arte secondo Bell non aveva niente a che fare con la rappresentazione, se si ha rappresentazione questo è accidentale. In alcuni casi l’elemento rappresentativo è così centrale in un dipinto che sarebbe assurdo marginalizzarlo come un semplice pretesto per la creazione di strutture formali . John Berger ammette che l’unità compositiva contribuisca alla forza dell’immagine dal piano ma non solo, concorrono altri elementi .Bell si accontentava di trattare le opere come indipendenti dal contesto in cui si trovavano, ciò secondo Bell ci permetterebbe di concentrarci sugli aspetti formali mettendo da parte distrazioni di carattere psicologico. Decontestualizzare un’opera d’arte però è un ostacolo piuttosto che un aiuto alla nostra comprensione, può servire ad esercitare l’occhio ma l’apprezzamento dell’arte va oltre il semplice esercizio. Riassunto La teoria di Bell è una teoria estetica che si concentra esclusivamente sugli aspetti visivi delle opere d’arte: le intenzioni degli artisti, lo sfondo storico e così via sono irrilevanti. Ciò che fa di qualcosa un’opera d’arte è la sua capacità di produrre un certo effetto sull’osservatore sensibile per mezzo della sua apparenza.
II. capitolo ESPRESSIONE DI EMOZIONI Per Bell la grande arte rimane stabile e non nascosta perché i sentimenti che suscita sono indipendenti dal tempo e dallo spazio, l’arte secondo lui non è una categoria atemporale , ma una categoria che evolve come evolvono le società in cui le opere d’arte sono create. Collingwood non condivideva le concezioni di Bell sull’atemporalità dell’arte così fornisce un’analisi più complessa e sistematica dei generi di cose che sono ingenuamente chiamati arte dalle vere opere d’arte. Egli distinse la vera arte dall’artigianato. L’artigianato è un’attività che trasforma del materiale grezzo in un prodotto concepito precedentemente , esso sa cosa fare prima di farlo. La progettazione tuttavia non è una caratteristica necessaria, né distintiva, dell’attività artistica. Sebbene le opere d’arte siano eseguite tramite un’attività di tipo artigianale, l’arte non deve essere identificata con l’artigianato. Questo perché l’arte non è solo questione di tecnica, non si può insegnare come può essere insegnata un’abilità tecnica. Collingwood viene spesso criticato perché non riconosce il ruolo dell’artigianato nell’arte, difendendosi a questa accusa dice esplicitamente che le caratteristiche progettuali dell’artigianato possono essere presenti anche nelle opere d’arte, ma non è sempre così. E’ presente un elemento di progettazione nell’atto stesso della produzione e per quanto l’abilità tecnica sia necessaria, la sola abilità non è sufficiente a fare di una tela una vera opera d’arte. Cos’è arte per Collingwood? E’ chiaro che non è artigianato, non è cioè il prodotto di tecniche utilizzate per raggiungere fini prestabiliti. La vera arte è l’espressione immaginativa di emozioni, per espressione non si deve intendere un trapelare di emozioni all’esterno, non una sollecitazione, ma è il processo di chiarificazione di un sentimento iniziale vago che diventa chiaro attraverso la propria espressione. L’espressione riuscita di un’emozione permette all’osservatore o al pubblico di diventare consapevoli di quell’emozione, in quanto il processo di creazione artistica si concentra sulla natura di quella particolare emozione per la persona che ne ha esperienza e la esprime. Chi contempla un’opera d’arte secondo C. deve esprimere emozioni, proprio come fa l’artista, diventando così egli stesso un artista nel processo di apprezzare l’arte. L’arte ha la capacità di chiarire e individuare emozioni specifiche. Per C. non si può rispondere con l’osservazione alla domanda se qualcosa è arte o meno, la risposta dipende dalla considerazione dello stato mentale dell’artista Due generi di attività che egli relega nella categoria dell’arte : arte magica-‐ arte ricreativa Secondo C. sono entrambe forme d’artigianato e non vera arte. La magia è utile perché le emozioni che essa eccita hanno una funzione pratica nelle faccende di tutti i giorni. Esempio : una canzone patriottica è un’opera d’arte magica, poiché il suo scopo è quello di suscitare un particolare genere di sentimento patriottico, che può essere in seguito essere incanalato verso l’azione per la madrepatria. Quindi l’arte magica serve a uno scopo, “utilitaristica”. L’arte ricreativa, al contrario è “edonistica” perché non ha altro fine se non quello di produrre sensazioni piacevoli, essa è costruita con tutta l’abilità di un’opera di ingegneria allo scopo di produrre un effetto prestabilito. Arte di intrattenimento : ad esempio i film di Hitchcock secondo C. hanno una propria legittimità, cioè mirano a suscitare particolari emozioni, ma non è vera arte. C. pensa che l’arte di intrattenimento porta con sé gravi pericoli ed il suo predominio in una società è sintomo di decadenza morale.
Collingwood idealista : sostiene che un’opera d’arte può anche non essere reale, può essere anche una cosa immaginaria. Un tumulto, una flotta. Un’opera d’arte non ha bisogno di essere tangibile può anche esistere nella mente dell’artista. C. fu influenzato dal filosofo italiano Benedetto Croce. Sia croce che C. pensavano all’arte in termini di espressione e , in particolare, di una trasformazione particolare di sentimenti imprecisi in sentimenti precisi. Essi credevano che per un’opera il possesso di una forma esteriore non fosse essenziale al suo status di opera d’arte. Credevano anche che l’arte fosse un linguaggio, per linguaggio nel senso più ampio del termine, includendo ogni attività corporea attraverso cui esprimiamo emozioni. Riassunto : La sua teoria se da una parte accoglie troppe cose nel regno della vera arte, dall’altra esclude molte opere d’arte paradigmatiche. Un’applicazione rigorosa delle osservazioni sull’arte magica ad esempio sembrerebbe escludere la grande arte del Rinascimento visto che la funzione dell’arte religiosa è quella di evocare o rievocare certe emozioni che devono essere liberate nelle attività della vita quotidiana. La teoria di Collingwood, come quella di Bell, è per molti aspetti penetranti ma non risponde alla questione di cos’è l’arte. Il clamoroso fallimento di simili teorie generali sull’arte ha condotto i filosofi a dichiarare che l’intero progetto di cercare di definire l’arte è mal concepito perché l’arte è indefinibile, e cercare l’essenza costituisce un errore logico.
III. Capitolo SOMIGLIANZE DI FAMIGLIA Le inadeguatezze delle varie definizioni proposte fino a quel momento non derivavano tanto dalle qualità esclusive dell’arte , ma da un errore logico. Forse non esisteva la definizione corretta di arte e l’unica cosa da fare da parte dei filosofi dell’arte era quella di mettere in luce i complessi schemi di somiglianze tra ciò che chiamiamo arte. Wittgenstein disse che per alcuni termini il denominatore comune non poteva esserci facendo riferimento ad un esempio sulla parola gioco, il divertimento sembra essere una caratteristica comune a molti giochi, non a tutti i giochi si partecipa per divertirsi e sebbene sia una caratteristica non è necessaria di tutti i giochi. Alcuni giochi non sono per niente divertenti e tuttavia sarebbero pur sempre dei giochi (esempio giochi romani-‐ gladiatori). Anche le regole potrebbero essere delle condizioni necessarie perché un’attività costituisca un gioco, ma non può essere l’essenza di gioco. Se comprendiamo pienamente la parola gioco dovremmo essere in grado di specificare ciò che tutti i giochi hanno in comune. Tutti i giochi devono avere qualche elemento essenziale in comune , o altrimenti non avremmo giustificazioni per chiamarli giochi. Wittgenstein suggerì che, almeno per alcuni termini , l’assunzione di questo denominatore comune era sbagliata . Egli chiamò questi termini << termini basati su somiglianze di famiglia>>. Questa metafora delle somiglianze di famiglia mostra come possiamo usare sensatamente una parola come gioco anche se in pratica non siamo capaci di trovare un singolo denominatore comune a tutti i giochi e che possa servire a definirli. Secondo Wittgenstein i concetti basati sulle somiglianze di famiglia possono esser spiegati in modo adeguato per mezzo della presentazione di esempi. Tutto ciò può sembrare tangenziale rispetto alla domanda cos’è l’arte ? una domanda a cui Wittgenstein non ha fornito una risposta. I suoi “seguaci” hanno suggerito che il termine arte non può essere definito. Arte come gioco è un termine basato su somiglianze di famiglia, di conseguenza non esiste una singola essenza comune condivisa da tutte le opere d’arte, così che una definizione semplice non è possibile. Weitz sostiene che Bell cercava di definire ciò che non può essere definito. A sua volta formula una teoria inserendo dei concetti aperti e concetti chiusi . Arte è un concetto aperto che corrisponde alla nozione wittgensteiniana di termine basato su somiglianze di famiglia. Uno dei principali argomenti di Weitz contro la definizione dice che cercare di definire l’arte nel modo tradizionale ovvero chiudendo il concetto rende impossibili le condizioni stesse della creatività nelle arti. Non si può chiudere il concetto di arte perché impedirebbe ad opere come My Bed di Trecey Emin – 1999, Fountain di Duchamp di diventare opere d’arte solo perché sono oggetti reali e non hanno subito un’elaborazione sufficiente per giustificare il fatto di considerarle come artefatti dotati di significati complessi. Egli afferma che lo stesso carattere espansivo, avventuroso dell’arte , i suoi continui cambiamenti e nuove creazioni rendono logicamente impossibile assicurare un insieme di proprietà definitorie; riteneva che fosse sempre un errore cercare di specificare che cosa dovrebbe essere considerato arte e che i nuovi movimenti, forme d’arte richiederanno decisioni dai critici di professione. Status estetico-‐ Alfred Lessing “gli artisti devono produrre opere belle ed originali, quando riusciranno a raggiungere l’originalità, diciamo che le loro opere sono grandi, non solo perché le loro opere sono belle, ma anche perché hanno dischiuso, sia gli artisti che gli amanti dell’arte, orizzonti sconosciuti
ed inesplorati di bellezza”. Né le conclusioni di Weitz né quelle di Lessing sul valore della creatività e dell’originalità sono ovviamente vere come sembrano. Weitz non dimostra ma da per scontato che qualunque definizione dell’arte renderà impossibile la creatività. Non è vero che la chiusura del concetto crea problemi ma piuttosto è vero che tutte le teorie dell’arte hanno fornito definizioni restrittive. Il filoso Maurice Mandelbaum ha risposto alla tendenza anti-‐ essenzialista di Weitz riguardo alla definizione di arte osservando che, se dobbiamo prendere sul serio le dichiarazioni di Wittgenstein a proposito delle somiglianze di famiglia, allora dovremmo notare che ciò che i membri hanno in comune è una connessione genetica di tipo biologico. Mandelbaum sostiene che come c’è una caratteristica comune non esibita di una famiglia (genetica) analogamente potrebbe esserci una proprietà non esibita condivisa da tutti i giochi o da tutte le opere d’arte.
IV. Capitolo CONTESTI ISTITUZIONALI The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living di Damien Hirst (1989) consiste in uno squalo tigre morto collocato in una grande vasca di vetro e acciaio, sospeso in una soluzione al cinque per cento di formaldeide. L’elemento principale dell’opera-‐ lo squalo-‐ non è stato alterato in modo visibile, ma è semplicemente un grosso animale morto. Ciononostante è stato accolto come un’opera d’arte importante. Come molte delle opere di Hirst quest’opera esamina alcuni aspetti della nostra relazione con la morte. Come può trattarsi di arte? Che cosa ha provocato il cambiamento dello status dello squalo? Il mistero è simile a quello a cui ha dato inizio Duchamp con Fountain ecc. La teoria istituzionale dell’arte ha la risposta a questo mistero, il mistero di come oggetti fabbricati da macchine, animali e perfino persone possano essere trasformati in opere d’arte. Questa teoria si sviluppa durante l’arte del XX sec. Come risposta alle nuove correnti e il suo principale sostenitore è il filosofo americano George Dickie . Ciò su cui la teoria pone l’accento non è l’aspetto di un’opera d’arte ma piuttosto il contesto : di com’è stata considerata e trattata da chiunque l’abbia creata e da coloro che l’hanno esposta e apprezzata. E’ una teoria che spiega che cosa le opere d’arte hanno in comune richiamando la nostra attenzione sulle loro proprietà non esibite, relazionali. Il fattore centrale per stabilire se un oggetto sia o non sa un’opera d’arte è la storia di come è stato considerato e trattato, piuttosto che qualcosa di visivamente osservabile. Un modo per caratterizzare questo genere di teoria è quello di descriverla come una teoria procedurale dell’arte, terminologia resa popolare dal filosofo Stephen Davies. Egli contrappone le definizioni procedurali a quelle funzionali: le prime spiegano perché qualcosa sia un’opera d’arte facendo riferimento a pratiche sociali che modificano il suo status, piuttosto che a caratteristiche intrinseche dell’opera in questione. Le definizioni funzionali dell’arte si concentrano invece sugli scopi a cui l’arte deve servire , come esprimere emozioni o suscitare un piacere estetico. In questo senso le teorie di Bell e Collingwood sono funzionali ;la teoria istituzionale dell’arte di Dickie è procedurale. Dickie sviluppo la teoria istituzionale dell’arte a partire dalle osservazioni di Danto . Danto era dell’idea che ciò che rende qualcosa un’opera d’arte può non essere osservabile suggerendo che è la teoria artistica che la introduce nel mondo dell’arte e che le impedisce di divenire un tutt’uno con l’oggetto reale che essa è ; è la teoria artistica con cui le scatole di Warhol sono associate che conferisce loro lo status di arte, non qualcosa che le distingua visivamente a quelle presenti in un magazzino o in supermercato. Anche 2 oggetti visivamente indistinguibili possono avere proprietà differenti che possono essere determinate dal contesto della loro prestazione. La visione non comprende solo l’immagine che si forma sulla retina Ciò CHE SI SA E SI CREDE INFLUENZA Ciò CHE SI VEDE. Se prendiamo in esame un dipinto di Van Gogh, che mostra alcuni uccelli in volo sopra un campo di mais e successivamente aggiungessimo la didascalia << questo è l’ultimo quadro di Van Gogh prima del suicidio>> l’immagine retinica del dipinto prima che si aggiungesse la didascalia è uguale a quest’ultimo. Sapere che Van Gogh commise il suicidio poco dopo aver completato il dipinto modifica il modo in cui questo ci appare. I corvi che volano sopra il campo di mais, per esempio, sembrano molto più minacciosi di quanto sarebbero apparsi prima. Se per Bell e Collingwood il valore dell’arte è sia morale sia estetico per Dickie la questione di che cosa sia l’arte può essere separata dalla questione di quale genere di cose dovremmo tenere in alta stima o desiderare di fare oggetto della nostra attenzione (può essere arte anche un qualcosa che non ha valore). Dickie è interessato solo all’aspetto
classificatorio della questione dell’arte. Il primo requisito della definizione è che un’opera d’arte sia un artefatto. La proprietà di essere un artefatto e il conferimento dello status costituisce congiuntamente condizioni sufficienti perché qualcosa sia un’opera d’arte. Se entrambe le condizioni sono soddisfatte all’oggetto a cui lo status è stato conferito, è garantita la qualifica di opera d’arte. La nozione di artefatto di Dickie è abbastanza ampia da non escludere nessun oggetto o idea, poiché anche un pezzo di legno levigato dal mare e depositato sulla spiaggia, non alterato da mano umana, potrebbe diventare un artefatto essendo esposto in una galleria. Quindi la prima definizione non limita ciò che può diventare arte. La seconda condizione è necessaria perché qualcosa sia un’opera d’arte, si basa sulla nozione di conferimento di uno status di << candidato per l’apprezzamento>> è una formula piuttosto vaga e viene usata la parola candidato perché Dickie non sostiene l’idea che un oggetto o un evento debbano realmente essere apprezzati da tutti per costituire un’opera d’arte. E’ sufficiente che siano presentati come possibili oggetti di apprezzamento, ma quest’ultimo può anche non aver luogo. Non è la qualità a essere in discussione. Egli lascia il concetto di arte aperto così aperto che concede a tutti la possibilità di produrre un’opera d’arte, indipendentemente dal livello di abilità tecnica ,conoscenza delle pratiche artistiche, consapevolezza della scena artistica attuale o capacità visive. E inoltre non sembra ammettere che 1-‐l’outsider art sia arte a pieno diritto (cioè tutti coloro che operano per piacere, “autodidatti” ) perché non appartengono al mondo dell’arte capace di conferire lo status di opera d’arte. Ad esempio nel caso di Bellocq , un fotografo che scattò una serie di foto a delle prostitute, probabilmente intorno al 1912.Un blocco di negativi fu scoperto nella sua casa dopo la morte e sviluppate successivamente da un fotografo. Si discusse di Bellocq come di un genio naif, che aveva involontariamente raggiunto un nuovo approccio al nudo. La bellezza di queste foto dipende dal modo in cui le prostitute sono mostrate rilassate nelle loro stanze. Dickie spiega bene nella sua teoria cos’è successo nel caso di Bellocq, infatti le foto di quest’ultimo prendono lo status di found art .Dickie sostiene che il fotografo lavorava senza alcuna valenza artistica e molti elementi da noi oggi lodati erano accidentali più che voluti e prendono significato solo nell’arte modernista e post-‐impressionista. Fu il fotografo (affermato) che sviluppò le sue foto (appartenente al mondo dell’arte) e conferì lo status di candidato per l’ apprezzamento. In genere la teoria di Dickie viene criticata dagli amanti dell’arte perché banalizza l’arte e poi perché secondo le sue teorie tutto il mondo si ridurrebbe ad un’opera d’arte. L’unica via di uscita sembra essere quella di ammettere che possa aver luogo un de-‐conferimento dello status di arte oltre al conferimento. Ma anche questa soluzione porta con se un carico di assurdità. Si aprirebbe una guerra su ciò che arte e ciò che non è arte. Riconoscendo alcune inadeguatezze Dickie riformula la sua teoria in 5 definizioni:
1. un’opera d’arte è un artefatto di un genere creato per essere presentato a un pubblico appartenente al mondo dell’arte.
2. Un artista è una persona che partecipa con cognizione di causa alla produzione di opere d’arte
3. Un pubblico è un insieme di persone i cui membri sono in qualche misura preparati a comprendere un oggetto che venga loro presentato.
4. Il mondo dell’arte è la totalità di tutti i sistemi appartenenti al mondo dell’arte. 5. Un sistema appartenente al mondo dell’arte è una cornice per la presentazione di
un’opera d’arte a un pubblico appartenente al mondo dell’arte da parte di un artista. Questa teoria non risponde alla questione : cos’è l’arte?
Il filosofo Jerrold Levinson : cerca di raggiungere l’obiettivo di racchiudere in una definizione ciò che costituisce un’opera d’arte , definendo l’arte in termini delle proprietà non esibite condivise da tutte le opere d’arte. Per Levinson arte non è un termine basato su somiglianze di famiglia privo di denominatore comune. Un oggetto è un’opera d’arte solo se è stato seriamente inteso per essere considerato come tale ;non si può trasformare ogni cosa in un’opera d’arte ; per renderla tale si deve avere un diritto di proprietà su di essa(la si deve possedere). 1-‐ Levinson a riguardo dell’outsider art disse che le intenzioni inconsce possono essere sufficienti per fare qualcosa di un’opera d’arte Ur-‐arte = ? pag.104 La classificazione su ciò che per noi è arte spesso deriva dalla relazione con l’arte precedente, incontriamo indubbiamente un problema nel momento in cui risaliamo alla prima arte in assoluto. Ci deve essere stato in qualche momento della preistoria la prima opera d’arte, ma ciò che l’ha resa tale non è sicuramente la relazione con l’arte precedente. Semplicemente non c’era arte precedente. Tutto ciò viene chiamata da Levinson Ur-‐arte.
V. Capitolo E allora ? L’ipotesi più plausibile è che il termine << arte >> sia indefinibile non solo al livello delle proprietà esibite, ma anche a quello delle proprietà relazionali non esibite. Mandelbau sostiene che molto probabilmente arte è un termine basato su somiglianze di famiglia che sfuggirà sempre ai tentativi di fissarlo in una definizione, si noti che questa conclusione è ancora più incerta di quella di Weitz. Egli pensava che cercare l’essenza dell’arte costituisse un errore logico. Secondo l’ipotesi di Nigel Warburton, arte è un concetto indefinibile poiché questa è l’ipotesi più plausibile in base ai dati a disposizione. Alcune opere d’arte non condividono alcuna caratteristica definitoria comune, ma sono piuttosto correlati da una rete di somiglianze sovrapposte e culturalmente significative. Possediamo schemi culturalmente determinati per giustificare l’estensione del concetto di arte per comprendere nuovi casi. Quando ci troviamo di fronte ad oggetti ansiosi come i readymades di Duchamp o come altre opere trattate nel libro (Brillo Box, My Bed) ci si pone subito la domanda , ma questa è arte ?aspettandosi che la risposta sia no… ma in realtà basterebbe avvicinarsi un po’ di più all’opera e cercare di comprenderla. I primi teorici dell’arte sono gli artisti, commercianti d’arte, proprietari di gallerie, il filosofo sopraggiunge in un secondo momento per cercare il valore a ciò che è accaduto. Un filosofo dice che un’opera è arte solo se ritiene che arte sia un termine neutro, privo di connessioni morali o comunque valutative. Per Bell e Collingwood era ovvio che l’arte avesse implicazioni morali. Per questi due pensatori trovare la risposta alla domanda << che cos’è l’arte>> era realmente importante perché entrambi capivano che ruolo centrale poteva svolgere l’arte in una vita degna d’esser vissuta. Conclusione : La questione dell’arte quand’è posta al livello generale di che cos’è l’arte? Probabilmente non ha risposta . Ma molto probabilmente dovremmo soffermarci a concentrarci e comprendere opere particolari per poi domandarsi perché esse sono arte e cosa le rende importanti o meno per noi. Non ho riassunto le ultime pagine (113 a 119) perché a mio avviso non hanno molta importanza. Considerazione personale : questo libro ruota attorno al concetto su cos’è l’arte, e cerca delle caratteristiche comuni per meglio comprender e definire , arrivando alla conclusione che non è possibile definire un concetto aperto. L’arte per noi è molto spesso ciò che abbiamo imparato ed ereditato da un libro di storia dell’arte nel corso degli anni, seguendo schemi vecchi se pur importantissimi per la nostra formazione che però a volte non ci permettono di comprendere forme nuove d’arte . A volte soprattutto per l’arte contemporanea, è complicato distinguere l’arte dalla non arte, perché ci troviamo sempre nella solita scatola nera dell’incertezza , con la solita domanda in testa : ma è arte questa? Il vero messaggio che ho trovato in questo libro sta nel fatto che specialmente nell’arte contemporanea il significato si nasconde molto spesso nel brutto, con questo non voglio dire che tutte le opere contemporanee sono delle opere d’arte perché ci troviamo davanti a questa domanda, né che tutte le opere brutte abbiano un vero significato sotto, ma quello che ci tengo a sottolineare è che l’arte contemporanea non si preoccupa dell’apparire ma piuttosto del suo messaggio facendo ragionare e impressionare (non sempre)lo spettatore.