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La profezia che si autoavvera

21 marzo 2013

Dott.ssa Elisa Papa – albo n° 5343 del 3/3/2008

Associazione MeC Educational

www.meceducational.it

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La profezia che si autoavvera

Questo concetto è stato proposto per la prima

volta nel 1948 dal sociologo Robert K. Merton

(1910-2003) che descrive la profezia che si auto

avvera come “una supposizione che per il solo

fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare

l’avvenimento presunto, aspettato o predetto,

confermando in tal modo la propria veridicità”.

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L’idea alla base è che un’opinione, pur essendo falsa,

per il solo fatto di essere creduta vera porta la persona

a comportarsi in un modo che fa avverare l’aspettativa.

Rosenthal, nel 1974, mise in luce “l’effetto Pigmalione”.

Propose un esperimento all’interno di una scuola

elementare. Fingendo di aver somministrato un test alla

classe, informò le maestre del fatto che i bambini del

gruppo x erano risultati più predisposti allo studio e più

intelligenti rispetto a quelli del gruppo y.

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Il risultato finale fu il fatto che, a conclusione

dell’anno scolastico, i bambini del gruppo x

ottennero valutazioni più elevate da parte degli

insegnanti e questo portò l’autore a ipotizzare

che il loro atteggiamento, influenzato dalle

previsioni, avesse condotto alla realizzazione

della previsione stessa.

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Questo fenomeno è presente nella nostra vita di

tutti i giorni e ha diverse implicazioni.

Prima di tutto può portare a valutare e interpretare

in modo errato gli individui con cui entriamo a

contatto. Le prime impressioni che noi ci formiamo,

basate su caratteristiche fisiche, comportamentali,

sulla similarità dell’altro a me, sono inficiate da

queste profezie. In che modo?

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Le aspettative che abbiamo nei confronti

del soggetto porteranno l’individuo stesso

a comportarsi come noi ci attendiamo. Ad

esempio se sto parlando con una persona di cui

ho la forte opinione che sia molto timida,

probabilmente assumerò un atteggiamento tale

da farla comportare in modo che io abbia

conferma di ciò che penso.

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Il discorso, di conseguenza, si sposta a livello degli

stereotipi. Perché essi hanno la tendenza a

conservarsi e sono resistenti al cambiamento? In

generale ognuno di noi cerca di individuare nel

mondo solo informazioni che li confermano. Si

parla di errore di conferma (“vedo solo ciò che mi

aspetto di vedere”) che va a far aumentare le

conferme e sicurezze di cui ciascuno necessita.

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Si tratta di un circolo vizioso. Le aspettative della

persona A portano alla creazione di particolari

comportamenti di A stessa nei confronti di B i

quali però genereranno come conseguenza dei

comportamenti di B verso A che porteranno A a

confermare le proprie aspettative (esempio:

studente ritenuto mediocre – chi ben comincia è a

metà dell’opera)

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La profezia che si autoadempie esiste anche in relazione

a noi stessi e ai nostri pensieri: quando temiamo che

avvenga qualcosa di negativo o che non riusciremo a

superare una prova, ci comportiamo in modo che la

previsione si realizzi davvero (legge di Murphy).

Lo stesso avviene quando una persona teme di essere

considerata antipatica dagli altri e allo stesso tempo

mette in atto comportamenti di chiusura e di sottrazione

così da sembrare realmente sgradevole.

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Infine, rifacendosi all’esperimento di Rosenthal, è

importante sottolineare un altro fatto. I bambini

che alla fine dell’anno scolastico avevano ottenuto

i voti più alti continuarono anche dopo – alle

scuole superiori, all’università – ad ottenere

risultati estremamente positivi, anche da parte di

docenti che non avevano avuto alcun contatto con

gli insegnanti e con le pagelle precedenti.

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Probabilmente le nostre aspettative e il nostro

comportamento portano gli altri ad agire di

conseguenza nell’immediato ma fanno anche

sviluppare in loro la credenza di essere

veramente come noi li vediamo e questo si

tramuta nella fissazione di alcuni atteggiamenti

ritenuti come caratteristici della propria

persona.

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Quando l’aspettativa che viene trasmessa riguarda

una particolare abilità, questa può far aumentare la

propria idea di autoefficacia e la propria autostima.

Ma se l’idea che lasciamo passare è negativa, di

bassa autoefficacia e capacità? E’ un problema che

ci si deve porre quotidianamente nei contesti

educativi, studenti ed insegnanti potrebbero restare

imprigionati nella parte.

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"Sebbene la riuscita degli allievi nelle situazioni sociali e di rendimento sia legata a una

complessità di variabili personali (capacità mentali, competenze relazionali, standard di rendimento) e situazionali (condizioni socio-

organizzative della scuola, gruppi di appartenenza ecc.), le ricerche evidenziano nel comportamento dell'insegnante un fattore

fondamentale per il sereno inserimento scolastico e per la crescita armonica degli

allievi stessi" (Franta, Colasanti: "L'arte dell'incoraggiamento").

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Non esiste processo di

apprendimento senza relazione

rapporto privilegiato che si instaura

tra un docente e i suoi allievi.

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Creare un buon clima relazionale

Nel “clima scolastico” è indispensabile che vi sia

un’atmosfera di stima e di reale accettazione

interpersonale: l’insegnante in tal senso gioca un

ruolo decisivo. Quelli che sanno creare le situazioni

favorevoli per l’apprendimento sono caldi,

amichevoli, disponibili ad aiutare,

comunicativi ma, nello stesso tempo, ordinati,

in grado di motivare gli alunni, di controllarne

il comportamento. Sembra inoltre che il clima

democratico, per il dialogo e l’accettazione

reciproca, sia preferibile.

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Educareinsegnare in un clima di libertà significa

Essere adulti che hanno il controllo della

situazione

Essere una “porta” attraverso cui i ragazzi

diventano capaci di guardare il mondo

Essere adulti coerenti : “ciò che siamo e ciò che

facciamo sono in sintonia”

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Prerequisiti per creare un clima relazionale favorevole

INSEGNANTI • Conoscenza dei propri punti di forza e dei propri punti di debolezza

• Riconoscere e gestire le proprie emozioni

• Saper stare nell’attesa (fiducia nella crescita dell’individuo)

• Sentire di avere un “potere personale”

STUDENTI• Consapevolezza di avere dei propri punti di forza e dei propri punti di debolezza

• Saper tradurre in parole i propri vissuti

• Saper stare nell’attesa (fiducia nell’adulto)

• Saper comunicare un proprio punto di vista

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All'inizio dell'anno scolastico, gli insegnanti

dovrebbero favorire la formazione di un

gruppo classe coeso, in grado di lavorare

bene, evitando che gli studenti si disturbino

e disperdano energie. È importante, per il

rendimento scolastico e la crescita, che

l'alunno viva in classe la certezza affettiva di

far parte di un gruppo di lavoro didattico.

Ruolo dell’insegnante

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Creare appartenenza non deve apparire una perdita

di tempo o una parentesi temporanea. Si tratta di

far lavorare il gruppo nella logica della creatività

faticosa ma necessaria, occorre incanalare l’energia

emotiva e affettiva dei ragazzi dentro gli argini dei

compiti scolastici propriamente detti, creando una

sintonizzazione che favorisca lo star bene a scuola,

perché a scuola si impara.

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Non si parla di manipolazione degli altri, ma di

contenimento, ovvero della capacità di

comprendere, capire. Il docente si pone come

un interlocutore credibile, capace di accettare

l’atteggiamento a volte contestativo e

provocatorio degli allievi in modo abbastanza

forte da tenere loro testa.

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La relazione non va mai data per scontata ma costruita e

negoziata continuamente nel tempo

Gli insegnanti comprendono che per svolgere efficacemente la

loro azione educativa non basta conoscere la propria disciplina

ed i principi pedagogici e didattici cui sottende, ma è

necessario capire la complessa rete delle relazioni

all'interno delle quali vive l'allievo e come queste

possono condizionare i suoi ritmi di apprendimento. E'

necessario quindi porre attenzione a tutti i soggetti coinvolti nel

processo educativo: alunni, insegnanti e genitori.

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Relazione alunno - caregiver

Le relazioni con i genitori influenzano una vasta gamma di

competenze nel contesto della classe. Alcuni studi hanno

evidenziato che tale relazione è predittiva rispetto all’insorgere

dei problemi con i compagni, allo sviluppo di competenze nella

relazione con essi, ai risultati scolastici e all’adattamento in

classe.

L’adattamento scolastico e le abilità di base associate alla

risoluzione di un compito nascono e si sviluppano in un contesto

interattivo con adulti significativi.

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Timori della relazione educativa timori che riguardano le minacce, vere o

presunte, alla propria identità di educatore; le minacce al potere educativo che si ritiene

di dover esercitare; le paure che riguardano la realizzazione del

proprio progetto educativo; i sentimenti di responsabilità e di colpa

per il successo o il fallimento di tale progetto; l'ambito dei principi e dei valori che

sostengono le proprie condotte educative.

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Elementi che rendono complesso il rapporto

insegnanti-genitori Distorsione o fraintendimento comunicativo (talvolta i genitori leggono le annotazioni degli insegnanti come

segnali di loro incapacità – gli insegnanti si sentono spesso accusati e giudicati)

Difficoltà nel trovare spazi e tempi di confronto (i genitori spesso non rispettano i tempi di colloquio stabiliti e talvolta

gli insegnanti sono poco elastici perché oberati da altri compiti burocratici)

Confusione di ruoli (spesso alcuni genitori si rivolgono direttamente al dirigente per

lamentele su un singolo insegnante)

Paura di sentirsi giudicati Mancanza di accordo tra colleghi

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La famiglia si aspetta dagli insegnanti…..

Preparazione professionale e competenza

Ascolto partecipe

Garanzia del successo formativo

Gestione efficace delle dinamiche relazionali della

classe

Pretesa di molteplici ruoli (medico, psicologo….)

Piena disponibilità e comprensione

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Gli insegnanti si aspettano dalla famiglia

……. Collaborazione discreta

Sincerità

Non giustificare e non sostituirsi al figlio

Rispetto del proprio ruolo professionale

Fiducia nel proprio operato

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Proposte per una

comunicazione efficace Incontro preliminare (tra genitori e insegnanti) nel passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria per acquisire maggiori informazioni sul vissuto degli alunni e per creare alleanza educativa.

Favorire le opportunità di dialogo e di relazione soprattutto il primo anno;

Supporto e supervisione da parte di esperti (psicologo, sociologo…).

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Valorizzare il ruolo del rappresentante come tramite in entrambi i sensi di comunicazione (genitori- insegnanti / insegnanti- genitori).

Disponibilità reciproca (genitori e insegnanti) a frequentare corsi di formazione/aggiornamento sul temi di interesse reciproco e sulla comunicazione.

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Burn out degli insegnanti

La sindrome del burn-out colpisce di solito le persone la cui attività lavorativa ha le caratteristiche di una "relazione di aiuto", come medici, insegnanti, psicologi, assistenti sociali…in cui è presente quindi anche un forte investimento personale.

Il lavoro riveste un'importanza tale nella vita di relazione che porta l'individuo a non "staccare" mentalmente e a favorire un maggior coinvolgimento emotivo.

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Il rischio di patologia psichiatrica negli insegnanti rispetto

alle altre categorie a rischio (impiegati, operatori,

personale sanitario) è indipendente da età e sesso.

Inoltre è correlato ed è maggiore in alcuni livelli

d’insegnamento:

- materna: 45,5%

- elementare: 51,9%

-media: 52,2%

- superiore: 46,0%

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Manifestazioni più evidenti

- affaticamento fisico ed emotivo

- atteggiamento distaccato e apatico nei

rapporti interpersonali

- sentimento di frustrazione per mancata

realizzazione delle proprie aspettative

- perdita della capacità di controllo

nell'attribuire la giusta dimensione

all'esperienza lavorativa

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Quattro fasi o tappe del burn-out – Meazzini

Prima fase: - entusiasmo per il lavoro- impegno sul lavoro- livello elevato di prestazione- atteggiamenti costruttivi- cura della propria persona

Seconda fase: - affaticamento fisico e mentale- frustrazione e delusione- abbassamento della motivazione- decrescente importanza data al lavoro- primi sintomi di stress

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• Terza fase: - isolamento dai colleghi- rabbia ed ostilità- atteggiamento negativo- abbassamento dell'autostima- intensi sintomi di stress

• Quarta fase: - cinismo e disfattismo- assenteismo cronico- drastico abbassamento della prestazione- sintomi depressivi- sintomi di stress molto gravi

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Che fare? L'intervento da fare, oltre naturalmente ad un sostegno specifico

sull'insegnante di tipo psicologico, sarebbe quello di

ridimensionare le aspettative degli insegnanti stessi,

riconducendole ad un piano più vicino alla realtà, concentrandosi

sugli aspetti positivi del lavoro e coltivando interessi esterni

all'insegnamento. L'invito è a non focalizzare solamente

l'attenzione su aspetti problematici e soprattutto lavorare in

compagnia per non sentirsi soli e per condividere le difficoltà.

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"Se c’è qualcosa che desideriamo

cambiare nel bambino, dovremmo

prima esaminarlo bene e vedere se

non è qualcosa che faremmo meglio

a cambiare in noi stessi."

(Carl Gustav Jung).

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Insegnare è imparare due volte. Joseph Joubert