LA PIENEZZA DEL NULLA

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    Hoseki Schinichi Hisamatsu:

    La pienezza del nulla(Sull'essenza del Buddismo Zen)

    Titolo originale Die Fulle des NichtsTrad. di Carlo Angelino-Hoseki Scinichi Hisamatsu: LA PIENEZZA DEL NULLA -Gli ideogrammi cinesi che si trovano nell'illustrazione a forma dirotolo di questa pagina, sonoesercizi calligrafici dell'autore che maestro dell'arte dello scrivere edello stile elevato e difficile adottatoin tale occasione, stile che presuppone una straordina-riaconcentrazione di pensiero. L'ideogramma

    della copertina, il cui originale di propriet del Prof. KoichiTsujimura - in cinese viene pronunciato:Wu; in giapponese: Mu; e significa "Nulla".-I due minuscoli ideo-grammi alla sua sinistra sono il monogrammadel maestro Hisamatsu, che ha firmato col suo nome da monaco:"Hoseki" . Il testo del rotolo va letto dall'alto verso il basso e da destraverso sinistra e significa nella traduzione del professore Koichi Tsu-jimura: "tutte le passioni e i desideri mondani sono scomparsi econtemporaneamente si anche svuotato completamente il senso

    della santit". Si tratta della frase iniziale dell'ottava figura della

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    celebre serie del Bue e del Mandriano "Zehn-Ochsen-Bilder" (DerOchs und sein Hirte, Neske, PfuIlingen,1958, pag. 41).

    PREFAZIONE

    Nel Buddismo si ricorre sovente alla metafora dell'onda. Un'onda noncade nell'acqua dall'esterno, ma proviene direttamente dall'acquasenza separarsene; scompare e torna all'acqua da cui ha tratto originee nell'acqua non lascia la minima traccia di s. Come onda, essa sisolleva dall'acqua e torna all'acqua; come acqua, essa il suo stessomovimento. L'acqua forma con l'onda un'unit e tuttavia l'acqua nonsorge e non tramonta col sorgere e tramontare dell'onda. L'onda chesorge e va, intesa come soggetto, simile al s quotidiano dell'uomo. Ilfatto che questo soggetto ritorni sempre di nuovo dall'onda all'acqua

    l'essenza del Nulla Zen.

    L'AUTOREShinichi Hisamatsu, nato nel 1889 nel villaggio di Nagara nella prefet-tura di Gifi - Giappone centrale - proviene da una antica famigliabuddista ortodossa della setta Jdo-Shin-sh, "la vera setta del puropaese". Per queste ragioni, dopo le scuole medie, ha frequentatoanche l'accademia buddista di questa setta. Ma, in relazione allostraordinario sviluppo della scienza, frequent il terzo ginnasio a

    Kyoto e dal 1912 l'universit imperiale della stessa citt in cuiinsegnavano filosofi rinomati come Kitar Nishida.Fin dalla giovinezza si era applicato alla dottrina del Buddismo-Zen.Profonda-mente deluso dalla filosofia delle universit e disperando delsenso stesso della propria vita, decise di entrare in un monastero Zenper essere iniziato alla vita Zen. Nel 1915, terminato il suo corso distudi superiori, su consiglio del suo maestro Nishida, si affid almaestro Zen Shozan Ikegami nel monastero di Myshin-ji - della settaZen-Buddista Rinzai - monastero che si trova nella stessa citt di

    Kyto. Dopo un esercizio di tre giorni ottenne il Satori, il granderisveglio.Nel 1928 inizi la sua attivit di insegnante nell'accademia buddistadella setta Rinzai, l'attuale Universit Hanazono, e nell'Universit diRyikoku, accademia buddistica della setta Jdo-Shin. Dal 1932insegn presso la facolt filosofica della Universit imperiale di Kyto,nel 1937 venne nominato professore straordinario e qui dal '43 al '49tenne la cattedra di buddismo e filosofia della religione. A differenza dimolti suoi colleghi condusse una vita tranquilla e senza clamori.

    Quando nel 1944 cominci a farsi evidente la sconfitta del Giapponenella seconda guerra mondiale, su iniziativa del prof. Hisamatsu fufondato un "semina-rio per chi studia la via" a cui egli si dedic con

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    tutto il suo impegno. Nel 1957/58 comp viaggi in America e inEuropa, tenne lezioni all'Universit di Harward e conobbe in storiciincontri Paul Tillich, Martin Buber, Gabriel Marcel, Rudolf Bultmann,Cari Gustav Jung e Martin Heidegger. Nello stesso anno (1958) il

    seminario da lui fondato venne trasformato nel F.A.S. Zen Institut,sigla che sta per "Se stesso senza forma-umanit tutta-storiametastorica". Grazie ai suoi studi fondamentali di filosofia dellareligione sul concetto di "Nulla dell'oriente asiatico" o "Nulla Zen" e sul"sentiero del soggetto assoluto", egli divenne un riformatore delBuddismo Zen in Giappone. Questo trattato il nucleo essenziale deisuoi scritti.

    Ci che qui intendo con l'espressione: "Nulla dell'Asia orientale" o

    "Nulla del Buddismo-Zen", il nulla caratteristico del mondo dellontano Oriente. Questo nulla ci che differenzia in modo essenzialela cultura dell'Asia orientale da quella dell'Occidente. il cuore delBuddismo e il nucleo essenziale dello Zen. anche il destarsi in medella verit (Satori) in cui hanno le loro radici la mia vita religiosa e ilmio pensiero filosofico. Anche se a pi riprese ho cercato di parlare ditale nulla, le mie asserzioni fino ad oggi, fino a questo scritto, sonorimaste allo stato di frammenti. Perci vorrei tentare ora, in modo deltutto nuovo, di chiarire - ripartendo da zero e in forma sistematica - il

    Nulla del Buddismo-Zen nella sua vivente pienezza, dicendo e ci chenon , e ci che propriamente .AI fine di evitare ogni possibile confusione con altre concezioni delNulla, quest'ultimo va innanzitutto analizzato e circoscritto comeconcetto. Non si pu evitare che il Nulla in ogni caso cosi costretto eimprigionato entro un linguaggio concettuale perda la sua verit evitalit effettiva e si riduca alla propria nuda ombra. una necessitineludibile cui esposta ogni chiarificazione concettuale del nulla.Ciononostante non sono mancati sin dai tempi pi remoti tentativi di

    presentare il nulla con gli strumenti del linguaggio concettuale. E ciper un verso va ascritto anzitutto al bisogno umano di una concezioneastratta e quindi all'interesse scientifico, per l'altro scaturisce dallaesigenza religiosa di aiutare coloro che cercano la verit; coloro chevogliono sperimentare immediatamente e toccare il "nulla" in sestesso, indicando loro uno scopo infallibile o una visione che li guidi.Mentre la maggioranza dei filosofi di oggi si occupa del nulla per farneun aspetto delle loro trattazioni, mossi da un interesse scientifico, imaestri Zen da sempre sono mossi in modo esclusivo dal bisogno di

    aiutare coloro che cercano la verit in mari nebbiosi. Per dare loro uncriterio sicuro e certo come una bussola, si sfor-zano di distinguere

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    questo "Nulla", che, nella sua vera essenza, si sottrae ad ognipossibilit di distinzione, e di renderlo cos accessibile all'intelletto.Vi perci una grande differenza fra chi si occupa del Nulla nelcontesto di una ricerca scientifica e il maestro Zen, tanto in relazione

    alla sfera dei loro interessi quanto in relazione ai fini delle loropresentazioni concettuali e scientifiche, differenza che non pu essereignorata. Ma poich questo Nulla in s impensabile deve venir quitrattato in forma concettuale e scientifica, una certa esattezzanell'arte della distinzione va indubbiamente auspicata e perseguita.Del resto, nato dalla necessit di aiutare coloro che cercano, questolavoro non potrebbe neppure raggiungere il suo scopo religioso, senzauna qualche precisione concettuale.

    1) L'INTERPRETAZIONE NEGATIVA DEL NULLA DEL BUDDISMO-ZEN

    innanzitutto importante chiarire che cosa il Nulla del Buddismo-Zen non . Infatti abitualmente con la parola nulla si intendono cosemolto diverse e di molteplici significati. Per rendere accessibile il Nulladel Buddismo-Zen perci necessario differenziarlo ponendolo aconfronto con altri modi di intendere il nulla. Potrei perci iniziare lamia trattazione con una considerazione introduttiva dei diversi aspettidel nulla e indicare le cinque differenziazioni che seguono:

    1. Il Nulla, come negazione della mera presenza.

    Si tratta del nulla quale inteso e compreso in asserzioni come: "iltavolo non c'" o "la gioia non esiste"; perci della negazione di unente o materiale o spirituale. Tale nulla nega in due sensi: tantol'esser-presente di un ente individuale come nei casi indicati, quantol'esser-presente di un qualsiasi ente in assoluto, come "non vi nulla"o "ogni cosa non (presente)".

    2. Il Nulla come negazione dell'asserzione, del giudizio.

    Si tratta in questo caso di constatazioni e affermazioni quali: "untavolo non una seggiola" o "la gioia non tristezza". Ci che vienenegato l'asserzione intorno a una cosa. Non si tratta come nel primocaso della negazione del tavolo in quanto tale, ma della negazione delpredicato che gli viene attribuito. Il nulla entra qui in gioco nelsignificato di "questo non quello". Anche qui vi una doppia nega-zione, nel caso speciale di giudizi riferiti a un singolo soggetto come

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    nell'asser-zione: "il tavolo non una seggiola"; e contemporaneamentenel caso del tutto generale di giudizi in cui il soggetto della frase indeterminato come: "ci non qualcosa d'altro" o "ci non nulla".

    In questi due ultimi casi di negazione totale si possono di nuovodistinguere due modi: la negazione che suona totale, ma non escludeun giudizio, come "questo tavolo non qualunque altro", e lanegazione che nega totalmente senza limita-zioni e perci nonconsente nessuna affermazione. Poich nell'affermazione: "la veritassoluta non qualcosa", si esprime non soltanto la negazione totaleche la verit assoluta non sia qualcosa, si afferma anche che essa nonautorizza nessun giudizio su di s.

    3. Il Nulla come idea.

    Questo nulla non afferma che "qualcosa di determinato non (pre-sente)", o che "siffatto qualcosa non questo o quello", ma indica ilnon-essere-presente in generale in opposizione all'essere-presente o ilNulla in opposizione all'Essere in generale. Si tratta del nulla comeidea logica del pensiero astraente che pu essere cos rappresentata:"il Nulla non l'Essere" o "dal Nulla non proviene nessun essere".

    4. Il Nulla come prodotto della immaginazione.

    In questo caso posso immaginare che qualcosa non sia anche se lasua realt innegabile; posso persino immaginare di essere morto enon essere pi in vita, anche se hic et nunc vivo senza alcunapossibilit di dubbio. Tale il nulla immaginato. Con un siffatto nullal'immaginazione pu riferirsi tanto a una determi-nata cosa opersona, come nel giudizio "questo tavolo non " o "io non sono",

    quanto anche a tutto ci che , come nella proposizione: "tutto ci che, non ".

    5. Il Nulla come assenza di coscienza.

    Si pu dire che per un uomo che giace in un sonno profondo, prigioniero di una sorta di totale impotenza o morto, determinatecose non sono, o tutte le cose non sono; anche nella veglia vi lapossibilit di questa assenza di coscienza. Esiste perci tutta una

    serie di fenomeni che possono caratterizzarsi con la parola nulla, mache sono essenzialmente e univocamente distinti dal Nulla del Buddi-smo-Zen.

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    Il Nulla non si identifica con il nulla citato nel primo caso comenegazione dell'esser-presente, in quanto non nega n l'esser presentedi un singolo ente n dell'ente in generale. In realt nessuno vorr

    credere che il nulla che si esprime nella asserzione: "il tavolo non c'"o "la gioia non " rappresenti il Nulla specifico del Buddismo-Zen. Cinonostante il Nulla zen viene qualche volta frainteso come lanegazione della presenza di tutta la realt, tanto pi se riferito aespressioni quali "in tutti i tre mondi non vi nessun essere(Dharma)" o "tutto ci che , vuoto" o "nessuna cosa presente".Non a torto si possono in questi casi avvalorare tali false inter-pretazioni, in quanto espressioni come quelle citate, se prese allalettera, signifi-cano la negazione della presenza di tutto ci che . Ma

    siffatte espressioni affer-mano solo che nel Nulla dello Zen, oaltrimenti detto nel destarsi della verit, non vi nulla che possavenir affermato come essente. Tuttavia non si deve sulla base di taleindeterminata definizione dedurne la conclusione erronea che il Nulladello Zen significhi in assoluto la negazione dell'esser-presente. Sideve stare bene in guardia dal fare proprio questo fraintendimentototale che nel mondo

    del lontano Oriente stato rifiutato da tempi remotissimi come

    "nichilistico" o come l'erronea visione del "nulla nientificante" o del"nulla ostinatamente oggettivato" .Il sesto Patriarca del Buddismo Zen, Hui-neng, nel secondo capitolo,"Saggezza", della sua raccolta di domande e risposte, il T'an-ching,afferma: "Il cuore tanto ampio e tanto grande come il vuoto spazioceleste. senza confini e senza orli, non rotondo, n quadrato, ngrande n piccolo, non n verde, n giallo, rosso o bianco, non ha nun sotto n un sopra, non lungo n corto. Non conosce gioia ndolore, non dice n si n no, non possiede n il bene n il male, n

    l'inizio n la fine. O discepoli che ascoltate le mie prediche sul vuotonon appoggiatevi al vuoto, non cercate in esso un sostegno". Anchenella raccolta di prediche di Huang-po, "Ch'uan-hsin fa-yao", scritto:"La vera essenza reale uguale allo spazio vuoto del cielo; senzaforma e figura, senza direzione e senza luogo; tuttavia non un non-essere" .Il Nulla dello Zen non neppure identico con il nulla proprio dellanegazione del giudizio, come al secondo punto. Nessuno considerer ilnulla che si esprime nella proposizione "il tavolo non una seggiola"

    come il Nulla del Buddismo-Zen; ma forse un modo di esprimersigeneralizzante come: "ci non n questo n quello" o "ci non qualcosa d'altro" potrebbe far pensare che in questi casi si tratti del

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    Nulla dello Zen. L'asserzione "ci non qualcosaltro" pu essereriferita ad ogni soggetto come per esempio accade nella frase: "questotavolo non qual-cosaltro" o nella frase "quella sedia non qualcosa

    di altro". Poich il soggetto stesso, questo tavolo e quella sedia, giqualcosa di ben determinato, l'asserzione "non qualcosa di altro"significa soltanto che "ci non qualcosa di altro; esso se stesso", enon esclude la possibilit di una asserzione. Infatti un giudizio suqualcosa di ben determinato o delimitato deve in ogni caso esserepossibile. Applicato ad una definizione del concetto di "Dio", significatuttavia che Dio non qualcosa d'altro - e ci significa non solo che"Dio non qualcosa di diverso da Dio, Dio Dio", ma anche "Dioesclude ogni asserzione su di s". Che Dio non sia qualcosa di altro,

    non pu venir compreso come un'espressione negativa di una meraidentit tautologica nel senso della proposizione "il tavolo non qualcosa d'altro", ma ha unicamente e soltanto un significato: ilconcetto di Dio esclude ogni definizione. Anche nel Cristianesimo siafferma: "Dio non qualcosa di altro", "Dio non qualsiasi cosa", "Dio nulla" e ci va compreso nel senso cui sopra si accennato. Se ilgiudizio cade su qualcosa di relativamente determinato e finito, comenell'esempio del tavolo: "ci non qualcosa d'altro", allora si ha solouna tautologia, vale a dire: "questo tavolo nient'altro che questo

    tavolo", e tale tautologia, intesa come giudizio, di infimo valore. AIcontrario il giudizio: "Dio non qualsiasi cosa", se compreso comegiudizio su Dio che esclu-de ogni definizione, deve venir inteso come ilsupremo di tutti i possibili giudizi su Dio.

    Nel Ch'i-hsin-Iun, un commento buddistico, scritto: "L'essenza dellaverit non ha una forma, n priva di forma, n senza forma nsenza assenza di forma, n ha, n non ha formacontemporaneamente, n ha una forma uguale n una forma diversa,

    n infine ha una forma uguale e una diversa insieme".Questa proposizione afferma: "la verit assoluta non in ultimaanalisi qualcosa di altro e diverso, ma propriamente Nulla". Questonulla fondamentalmente e nient'altro che quel nulla che nellaterminologia cristiana si esprime nell'afferma-zione "Dio nulla". NelBuddismo il concetto di nulla, nel significato di cui sopra si detto,viene spesso usato per definire la natura del Buddha, della veritassoluta o del Nirvana. Ma questo nulla in s pur sempre il nullacome negazione del giudizio e non il Nulla dello Zen. Poich il Nulla

    del Buddismo-Zen esclude ogni asserzione e determinazioneconcettuale su di s, si pu anche dire di esso: "il Nulla dello Zen non qualcosa" o altrimenti: "il Nulla dello Zen Nulla". Tuttavia in

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    questa proposizione non vi lo stesso nulla presente nella negazionedell'as-serzione. Se identit si pone, non vi sarebbe nessun motivo dinominare in modo proprio e appropriato il Nulla-Zen.

    Il Nulla del Buddismo-Zen non neppure una mera idea come al terzopunto. Il nulla come idea non significa n il nulla nel senso del non-esserci, n il nulla come negazione dell'asserzione, ma il nulla ingenerale. Allo stesso modo l'essere come idea non n una semplicepresenza, n un'asserzione su una semplice presenza, ma l'Esserein s. Il nulla, com' inteso nell'espressione "essere e non-essere" o inquella "l'essere non non-essere, il non-essere non essere" n unnon-essere presente, n esprime un giudizio negativo su qualcosa, mamani-festa il non-essere in quanto tale, il nulla come idea.

    Ma siffatto non-essere si contrappone necessariamente all'essere.Essere non non-essere, non-essere non essere. Non si pu nellostesso tempo essere e non-essere qualcosa. Il non-essere o nulla, cosdefinito - al pari dell'essere - una delle categorie logicheindispensabili per la conoscenza delle cose o per un giudizio su diesse; e grazie a tali categorie a priori diviene determinabile l'essere onon essere di una cosa concreta. A siffatto nulla come idea va ascrittoil nulla dello spazio vuoto che Parmenide ha escluso in opposizioneall'essere che colma di s quello spazio o il nulla hegeliano che

    nell'unit con l'essere rende possibile il divenire. Ma anche in questocaso il Nulla dello Zen non viene ancora colto; infatti non un nullacome forma a priori, n un nulla inteso come alcunch che vienedeterminato negativamente da qualcosa di diverso. Il Nulla dello Zennon quell'aspetto del nulla che nell'espressione "essere e non-essere" si pone di contro all'essere, ma esclude del tutto unadefinizione che ricorre allo schema essere o non essere. La cosa puvenir espressa anche in questi termini: "la verit non appartiene nall'essere n al non-essere".

    Nel 21capitolo del Nirvana-Sutra (in cinese: Niech-pan-ching) scritto: "La natura del Buddha non n essere n non-essere". Anchenella seconda parte del Pai-lun si legge: "Tutto - essere come non-essere - nulla. Perci ogni dottrina buddistica (Dharma) insegna chenella nostra vera essenza, tutto - essere come non-essere - nulla".Anche nel Chao-Iun, raccolta di trattati cinesi sul Buddismo del Vsecolo, ci si richiama a nient'altro che al "nulla assoluto" che si trova

    al di l di essere e non-essere.Il Nulla dello Zen non neppure il nulla immaginato di cui si dettoal quarto punto. Noi siamo in grado di immaginare che il tavolo che si

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    sta di fronte hic et nunc, non ci sia. Se sciolgo le briglie della miaimmaginazione posso far sparire il tavolo nel mio pensiero, anche seeffettivamente si trova davanti ai miei occhi. Se ci si pu perci

    suggestionare nella rappresentazione che qualcosa c', allora anchepossibile che l'occhio possa vedere ci che in realt non c'; e inversa-mente, se si pu immaginare che qualcosa non sia, pu accadere chesi dilegui dal nostro sguardo ci che effettivamente esiste. A qualcunoappare infine che tutte le cose come tavoli, seggiole, pavimento, casa,terra, cielo, anima e corpo, che purtuttavia sono realta, non ci siano.Cos si pu sperimentare effettivamente nell'immaginazione una sortadi vuoto. Una cosa analoga accade quando nel corso di unaconcentrazione sull'immagine del Buddha, cio quando si indirizza la

    propria attenzione, con tutta la forza che si possiede, sulla figura diBuddha, alla fine accade che si vede il Buddha, davanti a noi cogliocchi ben aperti.Anche in questa visione del Buddha si pu sperimentare qualcosa diaffine al vuoto; si tratta tuttavia di un vuoto visto solo esteriormente.Parallelamente ai concetti "la visione del Buddha", o "l'adorazione delBuddha", si potrebbe anche parlare di visione e adorazione del nulla.Ma anche siffatto nulla esteriormente scorto e percepito resta a noiremoto dal Nulla del Buddismo-Zen, in quanto non si tratterebbe di

    niente altro che di un oggetto risultato di una finzione soggettiva. Dalpunto di vista del Nulla del Buddismo-Zen il vuoto cos esteriormentevisto e percepito tanto poco il vero vuoto quanto il Buddha scortonell'immaginazione il vero Buddha.Il Nulla dello Zen non un oggetto visto in virt di un atteggiamentopassivo, ma piuttosto il cuore stesso che vede. Tuttavia ci non siesaurisce neppure in un mero attivo vedere, ma piuttosto il soggettodel nulla attivo e passivo insieme e identico con l'oggetto.Nel Ch'uan-hsin fa-yao di Huang-po sta scritto: "L'uomo comune si

    aggrappa all'oggetto, colui che cerca predilige il cuore. Chi hadimenticato entrambi - cuore e oggetto - a questi si manifesta la veritassoluta".Anche Lin-chi dice: "In tale situazione si percepisce il fondamentooriginario dellaverit assoluta".Alla domanda di un monaco: "Dimmi come posso vedere la natura delBuddha?", Ta-chu rispose: "Il vedere stesso la natura del Buddha".

    Se "cuore" e "vedere'' vengono separati l'uno dall'altro e percidiventano un oggetto, non sono pi n il vero cuore, n il vero oggetto.

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    Si dovrebbe perci dire come P'ang Kung: "Si badi solo a liberarsi dellecose e a non considerare il nulla come una sostanza" .Il Nulla dello Zen non neppure il nulla sperimentato nell'assenza di

    coscienza di cui al quinto punto. Le condizioni del sonno, dellosvenimento e della morte non sono in s la stessa cosa, tuttavia siequivalgono se riferite all'assenza di coscien-za. Per noi in talicondizioni tutto come dissolto, non solo le cose della natura, ancheil nostro corpo e la nostra anima sembrano non esser pi presenti.Una condizione siffatta potrebbe chiamarsi la condizione del nulla. Maquesta condi-zione scaturisce solo dal fatto che venuta meno lanostra coscienza e noi non siamo pi in condizione di conoscere.Anche il nulla allora assente dalla nostra coscienza. Sotto questo

    aspetto vi una differenza rispetto al nulla immaginato al quartopunto. Nel nulla prodotto dalla facolt dell'immaginazione lacoscienza viene attivata ai fini propri della fantasia, e il nulla sta difronte come oggetto. Ma nel caso del nulla proprio dell'assenza dicoscienza, il nulla non pu in nessun caso diventare oggetto, poichla coscienza non attiva. Orbene, il Nulla del Buddismo-Zen non unnulla siffatto. una situazione di piena e compiuta chiarezza che consempre maggior evidenza e perspicuit viene conosciuta dalla nostracoscienza. Quantunque questa situazione venga riconosciuta da noi

    con la pi estrema evidenza, in essa il nulla non ci noto comeoggetto, ma colui che conosce e ci che viene conosciuto sono noti ase stessi come Una e medesima cosa. Il che significa che il Nulla delBuddismo Zen riconosce se stesso come il nulla in cui soggetto eoggetto sono inseparabilmente uniti. In questo senso si pu dire che ilNulla del Buddismo-Zen conosce se stesso, nel momento in cuil'uomo diviene cosciente di se stesso. Non pu esserci perci discorsoalcuno che riguardi il nulla in una situazione di assenza di coscienza.Se vi fosse, un nulla sperimentabile nell'assenza di coscienza, sarebbe

    per noi estremamente facile introdurci in esso grazie al sonno, allosvenimento o alla morte. In verit questo Nulla del Buddismo-Zenviene detto ora "non-cuore", ora "non-riflessione", ora "grande morte",ora "Nirvana", ma tutto ci non significa assenza di coscienza comenel sonno, nello svenimento e nella morte. Al contrario, la situazionedel "non-cuore" o della "non-riflessione", tanto chiara e luminosaquanto nessun'altra; libera da ogni offuscamento come unospecchio immacolato, come la chiara luna autunnale. In nessunasituazione si cos desti e coscienti come in quella del "non-cuore" e

    della "non-riflessione". Nessun attimo cos stracolmo di vita comequello in cui si entra nella "grande-morte".

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    Certo, Pai-chang Huai-hai afferma: "Purifica lo spirito da ogni dottrina(Dharma)"e Huang-po: "lo dimentico entrambi, l'io e il non-io".

    Ma ci non ha niente a che fare con l'assenza di spirito; al contrario, il grande risveglio, in cui non resta la pi piccola ombra di un'assenzadi coscienza. Anche se Pai-chang Huai-hai dice: "Il cuore come legnoe come pietra e in nessun modo si differenzia da essi" e Huang-po:"Interno ed esterno, corpo e anima, tutto ci va abbandonato"; o seDgen afferma: "Cuore e coscienza devono essere resi inattivi". Tuttequeste sentenze non devono significare che si debba annullare la

    coscienza per diventare come legno e pietra, n che si debbaabbandonare corpo e spirito e morire per far scomparire la coscienza.Bodhidharma insegnava a Hui-k'o, il secondo patriarca delBuddismo-Zen: "Solo chi si pone al di fuori del Karma, chi nell'intimo libero dalla sete e ha il cuore simile a un muro solitario, puimboccare il cammino della verit". Ma non intende con ci che sidebba annullare la coscienza, e cos Hui-K'o intese il senso delleparole del suo maestro e insegn lui stesso: che si deve serbaresempre la situazione di "estrema chiarezza" e "non-cuore".

    Nell'antica mistica europea si intende con il termine estasi, cheletteralmente significa "essere-fuori-di-s", una situazione di ispi-razione o invasamento divini, alla cui origine vi la possibilit di unannuncio oracolare inteso come una sorta di interpretazione dellavolont di Dio come conseguenza di uno stato di incoscien-za. Non sipu perci caratterizzare il Nulla dello Zen n come estasi n comeUnio mysticanel senso di un'esperienza mistica personale, poich nonsi tratta in questo caso di ispirazione o invasamento divini, ma di unasituazione di piena coscienza, vissuta in perfetta chiarezza e

    scaturente dal Samadhi, cio dallo spro-fondare; una situazione,quindi, in cui soggetto e oggetto sono inseparabilmente riuniti. IISamadhi del Nulla del Buddismo-Zen viene anche caratterizzato comelo sprofondare nel vuoto assoluto (il genuino Sunyata-Samadhi), comelo sprofonda-re nella verit assoluta (il Butha-Tathata-Samadhi),come lo sprofondare del Re (il Raja-Samadhi), come lo sprofondarenell'unica epifania (il Laksama-Samadhi) o sprofondare nell'una-unicaazione (l'I-hsing-Samadhi).In questa prima parte della mia trattazione ho esposto solo cinque

    distinti aspetti del "Nulla" e mi sono sforzato di dimostrare che essi inogni singolo caso non corrispondono al Nulla dello Zen. Tuttaviasussistono affinit cos forti che posso-no facilmente generare

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    fraintendimenti. Ma questo anche il motivo per cui le definizionisopra riferite, nonostante i difetti e le insufficienze che possono pre-sentare, vengono sempre nuovamente riprese e avanzate, quando si

    cerca di comprendere mediante il linguaggio ci che vieneimmediatamente visto e percepito nella profonda esperienza vissutadel nulla; infatti non vi altra possi-bilit di esprimere giudizi sulNulla Zen. Questo Nulla della vivente pienezza inequivocabilmentedistinto dal nulla della negazione della presenza, bench lo si possadire nel modo pi persuasivo con perifrasi come "qualcosa non presente" o "tutto ci che , Nulla".

    Anche se diverso dal nulla come negazione dell'asserzione, lo si pu

    esprimere tuttavia con "non n questo n quello" o anche con "non qualcosa d'altro" oppure " al di l di ogni modalit di giudizio enegazione". anche diverso dal nulla come idea, ma pu venirespresso per viam negationis con parole come nulla, vuoto, vacuit,nessuno, non. distinto anche dal nulla dell'immaginazione; ma lo sipu anche indicare con "lberarsi da ogni pensiero terreno ed entrarenel Samadhi del nulla" o "osservare il nulla". pur sempre diverso dalnulla inteso come assenza di coscienza, nonostante gli si possanoapplicare le espressioni non-pensare, non-essere, non-riflettere,

    "come legno e pietra", "grande Morte", Nirvana.Senza ricorrere a questi aspetti del concetto quotidiano di nulla, ilNulla dello Zen pu a mala pena essere detto in parole. Ma tutti itentativi di chiarificazione devono necessariamente fallire se non si sperimentato il Nulla Zen immediata-mente in se stesso. AncheHuang-po esprime ci, quando dice: "Questa verit naturale egenuina, non ha propriamente nessun nome. Tuttavia, poich l'uomo inconsapevole e prigioniero dell'illusione, molti Buddha compaionosulla terra e dnno a tale verit un nome provvisorio. Non dovete

    esporvi al rischio di affidarvi a nomi e parole e cos misconoscere laverit".Se si resta abbarbicati alle espressioni concettuali e si indaga solo lalettera, non si comprender mai il Nulla Zen neppure in tre millenni.Lo si pu solo afferrare in una propria esperienza immediata. Ognicosa porta in s il sapere della propria essenza, nonostantel'esperienza personale resti per il Nulla dello Zen una neces-sitessenzialmente condizionata. Nelle cose quotidiane che rappresentanopur sempre qualcosa di finito, di determinato, questo sapere della loro

    vera essenza come esperienza in s gi ci che va compreso etrasposto nel pensiero con-cettuale. II Nulla Zen per contro non lo sipu rendere visibile, n in alcun modo determinare. Percio lo si pu

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    sperimentare al di l di ogni comprensione e di ogni concetto. Inquesto senso si pu dire che l'esperienza del Nulla Zen si rifiuta, sinega a ogni possibile asserzione ed immediatamente il sapere della

    essenza che gli propria. Il fatto che la verit del fuoco o dell'acqua simanifesti immedia-tamente da se stessa e il fatto che la verit delloZen si mostri da s immediata-mente, questi due fatti, nonostantel'identit d'espressione, sono asserzioni che divergono profondamente.Se gli oggetti del conoscere sono cose come Fuoco e Acqua, la loroverit la si pu esprimere del tutto semplicemente con parole. Ma sesi tratta dello Zen, una formulazione concettuale del tutto esclusa.Perci l'affermazione che la verit si manifesta da se stessa valepropriamente solo in un mbito come lo Zen. E se si riconosciuto

    ci, diviene chiaro in che misura il sapere immediato della vera essen-za si differenzi da ogni pensiero concettuale. Si diviene intimi dellavera essenza in una visione immediata, se si rinuncia a volerlacomprendere con concetti. La frase di Leng-chia-ching: "Il Buddhaillumina senza parole", e la verit assoluta, indipendente da parole,del Ch'i-hsin-lun alludono a questa impossibilit di distinzioniconcettuali.

    2) LA CHIARIFICAZIONE POSITIVA DEL NULLA DEL BUDDISMO-ZEN

    Il "non-essere-qualcosa" o la compiuta indeterminabilit

    Se il Nulla dello Zen si differenzia essenzialmente dal mero "nullacome nega-zione di una semplice presenza", perch allora fin daitempi pi remoti viene espresso in modo tale da alimentare sempre dinuovo questa confusione e frain-tendimento, come se si trattasse diuna sola e medesima cosa? La ragione di ci consiste nel fatto che ilNulla dello Zen pu essere percepito nel migliore dei modi propriograzie a questo fra i diversi aspetti del modo consueto di concepire ilnulla. Decisivo a questo proposito il suo carattere di compiuta,piena indeterminabilit. Con questa parola si intende affermare chenel Nulla del Buddismo-Zen non vi qualcosa, che possa esserechiamato una realt presente. Se si dice che non vi nulla dipresente, non si intende dire ci solo in senso generale, "nulla " o"niente presente", ma si vuole affermare che nel Nulla dello Zen nonvi nulla, non vi alcunch.Ma il Nulla dello Zen non presenta uno spazio vuoto, privo di oggetti,che si trova al di l della mia persona, ma la mia condizione dinulla, il mio me stesso, che "nulla". Se nel Nulla Zen non vi nulla,pu necessariamente anche in me non esserci nulla. Orbene, seaffermo che in me non vi nulla, si potrebbe pensare che ci sia pur

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    qualcosa al di fuori di me. Ma questo "in me non vi nulla" non deveindurre, secondo l'uso linguistico consueto, a contrapporre a unmondo interno in cui non vi nulla un mondo esterno; significa

    piuttosto che in me non vi nulla poich per me non vi n uninterno n un esterno. "In me non vi nulla" non significa perci chenel mio interno, nel caso in cui si separi l'io in interno ed esterno, nonvi nulla - infatti l'io gi al di l di una distinzione siffatta - masignifica che in nessun luogo vi qualcosa. E ci in cui non vi qualcosa, sono io stesso. Il Nulla Zen il non esserci-qualcosa innessun luogo e ci l'io o, in termini rovesciati: l'io il non esserciqualcosa in nessun luogo. Ma se si parla di un non-esserci-qualcosain nessun luogo senza l'io, vi sarebbe allora solo uno spazio vuoto, o

    se si parla di un io senza un non-esserci-qualcosa in nessun luogo,questo io verrebbe ridotto a un fenomeno psichico o fisico; ma nl'uno n l'altro possono caratterizzare il Nulla Zen.L'uomo abitualmente circondato dalle cose pi diverse che ap-partengono al mondo interno o al mondo esterno. Percio impossibileaffermare che nulla presente. Nel mondo esterno vede colori eascolta voci, gioisce e soffre nel proprio intimo. Certamente collega isuoi pensieri a qualcosa, cos che si trova sempre alla fin fine di fronteo a un oggetto del mondo interno o a un oggetto del mondo esterno.

    L'io che vive nella dimensione quotidiana della vita perci l'io checostantemente in rapporto con oggetti. Un io siffatto non pu percisottrarsi al venir-determinato dall'esterno. Se vede colori, viene

    limitato dai colori; se sente voci, da voci; se pensa al male, dal male;se pensa al bene, dal bene. Cos in ogni caso determinato da unoggetto del mondo interno o del mondo esterno e di tale oggetto prigioniero. Osservato in modo superficiale, ci potrebbe risultareaffine alla condizione di uno sprofondare, a un Samadhi; ma

    lapparenza inganna; uno pseudo-Samadhi che si differenziafondamentalmente dal vero Samadhi. Come lo spirito, che "ancoralegato a piante e alberi", l'io in contatto internamente edesternamente con oggetti e muta con essi; nasce e muore - sorge etramonta. Se l'io ha un corpo, ha un cuore e di questi prigioniero,crede di morire con la morte del corpo, di andarsene col tacere delcuore. L'io che si lascia sedurre dalla ricchezza e dall'onore, divieneuguale ad essi; parimenti, l'io che prigioniero del Buddha ed diventato in tutto simile al Buddha - l'io che diventato prigioniero

    del nulla e simile al nulla - l'io, infine che prigioniero del fatto chenon vi nulla, e che diventato simile al non esserci nulla in nessunluogo - tutti questi sono modi dell'io in ceppi e non libero. lo spirito

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    "ancora legato a piante e alberi". Soltanto l'io che non conosce nessunoggetto, l'io come il non-esser-qualcosa, indipendente da tutto. l'ioche non determinabile dall'esterno. Se questo l'io in cui nulla , si

    potrebbe tuttavia pensare che in esso resti ancora la coscienza chenulla . Ma fintanto che vi ancora in me una coscienza che ha comecontenuto il nulla come oggetto, io non sono ancora realmente nellasituazione del nulla. Il nulla verace sono io stesso, e non il mondo deimiei oggetti. Nel momento in cui diviene oggetto, un essente e cos qualcosa che mi tiene prigioniero.Se anche solo la pi piccola ombra di oggettivitcolpisce il nulla comenon-esser-qualcosa, vi gi qualcosa. Solo se io sono realmente everacemente nulla, io sono pienamente liberato dai ceppi e

    illimitatamente libero e di nulla prigioniero. E poich per me non vi allora pi nessun interno ed esterno, da cui venir toccato einfluenzato, io sono una unica singola cosa. Il numero Uno un'u-nit, ma siccome ve ne sono molti cos esso non pu venir dettounico. Come unica singola cosa io devo perci essere uno, in cui nulla, e che si trovi al di l dell'interno e dell'esterno.Il sesto Patriarca del Buddismo Zen, Hui-nng afferma: "Il cuore ampio e grande come lo spazio vuoto del cielo; senza limiti e senzaconfini", oppure: "la tua vera natura come lo spazio vuoto del cielo, e

    se ti accade di scorgere il non-esser-qualcosa, questo pu essere dettoil vero, il giusto percepire".Nel Chng-tao-ko e nel Ch'uan-hsin fa-yao sta scritto: "il Nulla unapercezione chiara. il non-essere-qualcosa. Non un uomo n unBuddha".E questo l'io come il non-esser-qualcosa. Anche ci che il sestopatriarca Hui-nng caratterizza come "il retto cuore ", non significaaltro. "Retto" in questo caso non ha significato morale, ma vuoI direl'esser-eretto, il non esser vincolato a qualcosa di altro e diverso. Se il

    cuore prigioniero, non pu esser eretto, viene attratto ora versodestra ora verso sinistra. Un cuore che si lascia prendere e toccare dacolori e voci o falsit e malvagit, ma anche dal vero e

    dal bene, non pu esser detto un cuore retto. Solo un cuore che non in se stesso qualcosa, non pu esser sporcato. Solo un cuore che nonsi volge n dalla parte del bene n dalla parte del male un cuoreretto. Proprio perch anche una singola cosa, e non una pluralit dicose, si dice appunto che il cuore retto uno. Solo il cuore in cui non

    vi qualcosa pu - come afferma Lin-chi - penetrare nel mondo deicolori e tuttavia non ricevere da essi nessuno stimolo, entrare nelmondo delle voci e tuttavia non venirne sedotto; penetrare nel bene e

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    non esserne fuorviato, pu realmente sprofondare nel "Samadhi delnon essere-toccato dalle cose del mondo", "nel Samadhi della libertda tutto il fango" o "nel Samadhi del gioco che compie miracoli" .

    Quest'unico vero sprofondare essenzialmente distinto da altri modiin cui, prigionieri delle cose, ci si precipita nell'entusiasmo e nellaconfusio-ne. Certamente anche siffatti esercizi di meditazione sonogenuini, ma sono solo meditazioni individuali o "Samadhaya deifenomeni", poich non presuppongono le situazioni dell"in me non c'nessuna cosa" e si riferiscono a cose singole come colori e voci, al veroo al bene. Per contro un cuore quello che non nessuna cosa -poich rappresenta un unicum, senza interno e senza esterno, senzaconfini e senza limiti, al di l della dualit di soggetto e oggetto - nello

    "sprofondare dell'unicit, nello sprofondare dell'uno-unico fenomeno"o dell'una-unica azione. Questo il cuore nel Raja-Samadhi, nello"sprofondare dei Re". Le "forme di sprofondare dei vassalli", possonomanifestarsi sul fondamento del Samadhi regale. Se uno si faprigioniero delle cose, e da esse dipende o se al contrario si immergein esse in un vero oblio di s, ci avviene nella misura in cui ilSamadhi-regale costituisce o meno il tratto fondamentale. Percianche in Ch'i-hsin-lun il Samadhi dell'incommensurabilit sorge e sierige sulle fondamenta del Samadhi della verit assoluta.

    Nello stesso senso il sesto patriarca Hui-neng afferma: "Se tu vuoiraggiungere la Bodhi, l'originario sapere, devi penetrare nel Samadhidell'una-unica apparizione, dell'una-unica azione. Se in nessun modosi manifesta un'apparizione e tu ti attie-ni alla situazione, senza odioe amore, senza prendere e lasciare", non pensi al pro e al contro, alnascere e al trapassare e sei tranquillo, calmo, lieto e in pace, alloraci pu ben pretendere il nome di Samadhi dell'una-unicaapparizione. Se tu soprattutto e sempre, nell'andare e nello stare,sedere e riposare, hai il cuore del tutto puro e retto, se tu non devii

    dal sentiero di Buddha e raggiungi realmente il puro paese diBuddha, allora tu sei nel Samadhi dell'una-unica azione" .Anche Ma- Tzu afferma: "lo non ho mai in me la pi piccola fra lecose".L'io che egli intende, l'io che corrisponde al non-esser-qualcosa-in-alcun-Iuogo. Come anche si dice nel sesto capitolo del Tsung-ching-lu, "ci che non la pi piccola cosa" non paragonabile con "l'estesovuoto e concavo e con la dissolu-zione perfetta e con l'assenza disapere", ma con l'io in cui "non" vi "la pi picco-la cosa".

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    Nel Tokay-yawa di Takuan sta altres scritto: "Il confuciano fraintendeil vero nulla, lo rifiuta; infatti lo considera unicamente un non-qualcosa e non distingue ...Io chiamo vero nulla il fatto che non si

    serbi nulla nel proprio cuore. Ma il cuore un attore che rappresentaogni ruolo ... lo chiamo vero nulla il fatto che il cuore non possaesaurire s in nessun ruolo Il vero nulla di cui parlo ci che libero da ogni ruolo e da ogni compito". Il "vero nulla" di cui qui siparla nient'altro che il cuore che uguale al non-esser-qualcosa.

    IL VUOTO

    Il Nulla Zen ha da sempre il carattere del non-esser-qualcosa. Ma al

    tempo stesso gli proprio un altro tratto che si pu esprimere con laparola "vuoto". Perch si pu indicare il nulla del Buddismo-Zenanche con il concetto di vuoto?Per chiarire ci potrei innanzitutto rifarmi al significato della parolavuoto. Yung-ming dice nel sesto capitolo del suo Tshung-ching-lu, incui cita dal terzo capitolo della "disputa del grande veicolo delBuddismo" Shih-mo-ho-yen-lun, che al vuoto vengono attribuiti diecisignificati:-In primo luogo indisturbato. Cio, per esso nessun fenomeno,

    comunque sia la sua forma, costituisce un pericolo.-In secondo luogo onnipresente. Non vi nessun luogo che nonpossa raggiungere.-In terzo luogo privo di differenza, cio non conosce differenzaalcuna.-In quarto luogo ampio e aperto, cio non ha limiti.-In quinto luogo non appare. Cio non presenta nessuna mani-festazione conoscibile dai sensi.-In sesto luogo puro. Cio, incontaminato e senza macchia.

    -In settimo luogo stabile e immoto, cio non nasce n tramonta.-In ottavo luogo non ha essere. Cio, al di l di ogni misura.-In nono luogo vuoto senza esser vuoto. Cio non attaccato a sestesso.-In decimo luogo non possiede nulla. Cio non possiede e non puessere posseduto.In questa ricerca propedeutica forse potrei introdurre ancora altre epi ampie propriet, ma mi voglio accontentare di questi diecisignificati. Tutte queste caratteristiche del vuoto sono in egual modo

    proprie del Nulla Zen. Percio lo si paragonato al vuoto findall'antichit.

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    Cos sta scritto nel capitolo Yeh-tso-chieh del Wu-hsing-lun: "Il cuore puro come il vuoto. Riempie le dieci direzioni del mondo ed peresse sufficiente. Nessun monte, fiume, rupe, o muro sono per esso

    una minaccia e un pericolo. Innumerevoli mondi quanti sono igranelli di sabbia nel Gange sono dentro di lui". Ci dimostra che ''ilcuore", cio il Nulla dello Zen, corrisponde nel suo carattere al primo,al secondo e al sesto dei significati del vuoto-indisturbato,onnipresente, puro.

    Nel Hsueh-mai-lun sta scritto: "Il cuore non ha n forma, n corpo, n sottoposto al giuoco reciproco di causa ed effetto. Perci al pari delvuoto non lo si pu afferrare". Ci dimostra che il cuore viene

    caratterizzato anche dai tratti cinque e dieci del vuoto - privo diapparenza e senza possesso.Nel Ch'uan-hsin-fa-yao si afferma: "Il cuore non mai nato dall'inizioprivo di inizio e non conosce tramonto... simile al vuoto che senzalimitazione nello spazio e nel tempo e non pu essere pesato emisurato". E: "Il cuore immutabile, il suo interno immoto eimperturbabile come legno e pietra, il suo esterno illimitato eindisturbato come il vuoto".Anche nel Lng-chia-ching si legge: "Nel cuore non vi grandezza

    alcuna misurabile". Tutto ci dimostra che il cuore in ci che locaratterizza, corrisponde ai significati uno, quattro, sette e otto:indisturbato, aperto e ampio, immoto e duraturo, senza essere.Nel T'an-ching del sesto patriarca Hui-nng si trova: "Il cuore comeil vuoto e al pari di questo al di l di ogni possibilit di misura", e: "Ilcuore come il vuoto, esso non prigioniero di un'idea nichilistica" .E nel Hsin-hsin-ming si afferma: "Neppure un uno-unico viene tenutofermo". Tutto ci dimostra che il cuore, in ci che lo caratterizza,corrisponde al nono significato del vuoto: vuoto privo di vuoto.

    Sentenze come "presso i barbari esso assume la forma di apparizionepropria dei barbari, presso i cinesi quella propria dei cinesi" e "esso contro ogni scelta e distinzione" affermano che il cuore, in ci che locaratterizza corrisponde alla terza propriet del vuoto: privo didifferenza.Oltre queste dieci propriet si potrebbero forse attribuire al vuotoancora pi ampi attribuiti, come "unico" e "senza interno ed esterno".Unico, significa che il vuoto un Unicum; non c' due volte. Senzainterno ed esterno, significa che per il vuoto non vi un esser-fuori,

    solo un esser-dentro, che quest'ultimo tuttavia non va caratterizzatocome interno; infatti, senza un esser-fuori come polo opposto, essotrascende i concetti abituali di interno ed esterno.

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    Ma allora esprime di nuovo inequivocabilmente la sua opinione:"Buddha, cio l'essenza del Dharma, pu venir descritto e compresocon la parola vuoto. Ma solo un modo di esprimersi per immagini, se

    si dice che l'essenza del Dharma vuoto o che l'essenza del vuoto identica al Dharma"; o: "L'essenza del Buddha per natura inattiva,quieta; e non pu venir suddivisa nelle singole forme fenomeniche. Ilconcetto di vuoto utilizzabile solo in senso metaforico".Da tutte queste parole si evince senza possibilit di equivoco che laparola vuoto viene costantemente usata solo per rendere ed esprimereil Dharma con una im-magine sensibile; e che quest'ultimo sidifferenzia fondamentalmente dal pantei-smo che semplicementeidentifica Dio con l'intero universo spaziale. E ancora una volta

    occorre affermare: il Nulla del Buddismo-Zen non identico al vuoto;tuttavia il suo carattere ci consente di usare per pi rispetti il vuotocome metafora.Prendendo le mosse dalla definizione di vuoto cui si prece-dentemente fatto cenno, potrei ora chiarire in modo pi esatto ilcarattere del nulla. Anche se il Nulla Zen non pu possedere nessunaqualit, sono tuttavia costretto a servirmi a titolo provvisorio diespressioni comprensibili per l'intelletto.1. Che il nulla del Buddismo-Zen sia indisturbato significa che al pari

    del vuoto non pu venir minacciato o impedito, forzato da nessunofenomeno

    interno o esterno. Da ci risultano la sua intoccabilit e libert. Ilnulla contenuto in ogni cosa e non v' nulla che possa minacciarlo.Anche nel fatto che tutto contenuto nel suo interno, e che tuttaviain quest'ultimo non sono riconoscibili n tracce n segni, simile alvuoto.

    2. Il fatto che tale nulla sia onnipresente, significa che simile al vuotosi estende, sulla totalit dei fenomeni fisici e psichici senzariferimento a lontananza e vici-nanza, grandezza e piccolezza, pro-fondit e superficie, grossolanit e finezza, chiarezza e oscurit. Inantitesi al vuoto che si riferisce solo a ci che fisico, il Nulla Zencomprende anche l'intero universo psichico. In questo senso si puaffermare che qualcosa di veramente onnipresente.3. Che questo nulla sia privo di differenza, significa che non conoscenessuna opzione e distinzione, e da niente vien toccato. Allo stesso

    modo accoglie il puro e l'impuro, tratta alla pari ci che elevato e ciche prigioniero della bassezza, va incontro al bene e al male,considera uguali il vero e il falso, acconsente che sacro e profano

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    coesistano insieme, non prende nulla e non rifiuta nulla, esattamentecome il vuoto.4. Il fatto che tale nulla sia ampio e aperto, significa che esso uno e

    medesimo e non conosce nulla di diverso e di esterno. Poich non puvenir costretto da niente di altro e diverso, illimitato eindeterminabile. Non solo possiede al pari del vuoto l'assenza di limitiin senso spaziale, ma anche l'infinitudine temporale. Si pu cos direche tanto l'illimitatezza spaziale quanto l'infinitudine temporalescaturiscono dalla originaria assenza di limitazioni del nulla nellospazio e nel tempo. Poich di Buddha si dice che infinito e illimitato,allora si pu anche dire: il vero Buddha non nient'altro che il Nulladello Zen.

    5. Che questo nulla sia privo di fenomeni significa che non simanifesta n come una forma fisica nello spazio n come unaimmagine psichica nel tempo, mentre al contrario, secondo il modo dipensare abituale, ci che fisico ha una forma, a differenza di ci che psichico. Ma, considerato a partire dall'a-fenomenicit del Nulla delBuddismo-Zen, anche ci che psichico deve avere una forma. Non sipu perci dire che ci che abitualmente detto il cuore - la psiche -non abbia nessuna forma. Al di fuori del Nulla del Buddismo-Zen nonvi nulla che si possa dire veramente a-fenomenico.

    6. Che siffatto nulla sia puro, significa che esso non n alcunch difisico, n alcunch di psichico e con ci che esso ininfluenzabile, chenon ha in s nulla di sporco e osceno, che non pu venir insudiciato ocorrotto da niente. Ci che abi-tualmente si chiama purit, non puessere caratterizzata come la purit vera e assoluta, poich ognicosddetta purit pur sempre qualcosa di determinato. Gi il "venirdeterminato" in quanto tale significa "venir sporcato e corrotto". Ciche viene determinato con un attributo, gi in s sporco, anche senon sporcato da nient'altro. Anche un Buddha considerato

    come qualcosa di determinato gi in s una impurit. Non vi nessuna cosa che sia in verit pura. Solo il Nulla dello Zen cheesclude ogni possibilit di essere determinato, ci che veramentepuro e intatto. La vera purificazione di me stesso ha luogo quando ilmio lo non pi nulla di fisico e di psichico e trascende ogni deter-minabilit.7. Che tale nulla sia eterno e immoto, significa che esso non sot-toposto n al divenire n al passare, poich non ha n inizio n fine,

    non sorge e non tramonta. Percio non conosce movimento in quantoin esso scompaiono tutte le direzioni come destra, sinistra, alto, bassoe non pu muoversi in nessuna di esse. L'assenza di moto paragonata

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    col movimento una mera condizione momentanea destinata apassare e non pu perci venir confrontata con la vera Immobilit.Questa ultima una realt una e unica che esclude ogni possibilit di

    movimento. Poich l'assenza di moto non si estende nello spazio e neltempo e contiene in s entrambi, non Vera Immobilit. Soloquest'ultima assoluta pace e quiete del cuore. Finch l'io vive inmodo abituale con un corpo e con un cuore non in condizione diraggiungere la vera Immobilit.8. Il fatto che tale nulla sia vuoto d'essere, significa che esso non puessere pesato secondo il peso n misurato secondo lo spazio e che nonpossiede alcun valore, determinabile da concetti normativi come verite bellezza. In senso assoluto trascende ogni possibilit di misura e di

    stima.9. Che questo nulla sia vuoto senza essere vuoto, significa che il NullaZen s un Nulla, ma non tale da essere contrapposto all'essere,sebbene, aldil di essere e non-essere, non ha perci n il caratteredell'essere, n del non-essere. Esso rifiuta ogni definizione e nonabita, come nulla soggettivo, n nell'essere, n nel non-essere. Sefosse rimasto in se stesso, attaccato a se stesso, esso starebbe dicontro a un Essere e non sarebbe perci il Nulla Zen. Da quest'ultimotratto del Nulla del Buddismo-Zen si pu anche dedurre con chiarezza

    che un vero Buddha non pu abitare nel Nirvana; infatti un Nirvana,rappresentabile come un luogo, come una dimora, significa la pacespirituale dei beati contro la inquietudine del mondo; ma ci non ilvero Nirvana.10. Che questo nulla non possiede niente, significa che ad esso, inquanto - un non-esser-qualcosa - non appartiene n alcunch di altroe diverso, n esso stesso, significa che esattamente non gli appartienenulla. Da ci consegue che un vero Buddha, non possedendo, nonpu essere oggetto di possesso; e che, assolutamente povero, senza

    bisogno alcuno e senza ambizione alcuna.

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    IL CUORE

    Poich il Nulla del Buddismo-Zen in pi di un aspetto molto simileal vuoto o allo spazio infinitamente vuoto, si cercato di chiarire la

    sua essenza ponendolo a confronto con le qualit caratteristiche delvuoto. Ma fondamentalmente non pu essere ricondotto al vuoto,poich in quest'ultimo non compresa una delle carat-teristicheessenziali del Nulla Zen: la sua natura di cuore. E infatti il Nulla Zenpossiede un tratto peculiare che noi chiamiamo abitualmente "cuore".Questo concetto di cuore non pu essere esaurientemente posto aconfronto con il vuoto o con lo spazio infinitamente vuoto. Oltre agliuomini, cos si dice, anche le pi evolute specie animali hanno uncuore, ed persino possibile riconoscere un embrione di cuore nelle

    pi piccole forme di vita. Il vuoto al contrario, non possiede cuorealcuno e neppure niente che potrebbe in qualche modo chiamarsivita, mentre anche il microbo ha una vita. Da questo punto di vista ilvuoto non pu essere ritenuto un appropriato termine di paragone peril Nulla Zen. In relazione alla vita il microbo sarebbe un termine diconfronto pi adeguato. Infatti il Nulla Zen non privo di vita, come ilvuoto, ma al contrario una realt total-mente vivente. Non solo vivente, ma ha anche cuore ed grazie a ci cosciente di s. Perci ilcuore soddisfa tutte le condizioni per un confronto con il Nulla Zen. Si

    afferma nel Buddismo-Zen: "Occhio e tesoro della vera legge, Nirvana,cuore miracoloso", oppure "con il dito che accenna al proprio cuore sidiventa Buddha in vista della propria natura", oppure "immediatatrasmissione da cuore a cuore", oppure "il cuore retto il luogodell'esercizio", oppure "il proprio cuore Buddha", o "il cuore ci chesi chiama Buddha", oppure "al di fuori del cuore non c' verit",oppure "cuore-puro", "cuore-incomprensibile", "cuore-Dharma","cuore-natura", "cuore-origine", "cuore-situazione", "cuore-essenza".Tutte queste espressioni indicano la natura di cuore del Nulla Zen.

    Non solo nella versione Zen, ma anche nel Buddismo in generale, ci sirif al vuoto per indicare il vero Buddha, ma vi sono anche

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    espressioni come essenza del cuore ed essenza dell'auto-coscienza.Ci significa che la natura del Buddha ha il carattere del cuore.Anche se ha tali caratteristiche, tuttavia il Nulla Zen non pu essere

    posto a con-fronto con ci che noi abitualmente diciamo cuore-anima-psiche; questo aspetto del nulla in relazione al suo significato paragonabile a quello del vuoto. Infatti il cuore cos inteso possiede -al pari del vuoto - le propriet che pi sopra sono state attribuite alvuoto stesso: indisturbato, onnipresente, privo di differenza, apertoe ampio, privo di fenomeni, puro, immoto, senza essere, vuoto senzavuoto, privo di possesso, Uno-unico, e senza un interno e un esterno.Poich ci che abitualmente chiamiamo cuore, non possiede

    queste caratteristiche del vuoto, si dice da sempre per differenziarlo: ilcuore del nulla il vuoto. Il che significa: "un vero Buddha comelegno e pietra, non-cuore, non-riflessione, libero da ogni vaghezza",oppure "senza idee del bene e del male", oppure "in condizione di non-pensare e non-ponderare", oppure "arrestare la funzione dellacoscienza", oppure "una vera essenza libera del sapere, un veroesser-desti non-esser-desti", oppure "vera natura non-divenire enon-passare, senza nascita e senza morte". Ma tutto ci non signifi-ca di non aver cuore, non aver coscienza di s, non aver vita al pari

    del legno e della pietra. Significa al contrario che il cuore nellaaccezione abituale - quello che noi abbiamo -, al pari del nostroconoscere quotidiano e del nostro vivere consueto, non il vero cuore,non la vera conoscenza, non la vera vita; infatti il vero cuore, lavera conoscenza e la vera vita hanno tutti il carattere del vuoto. Unvero Buddha non senza cuore, ma ha il cuore del non-cuore e delnon-pensiero; non non-desto, ma possiede l'esser desto del non-esser-desto, il risveglio del non-risveglio; non privo di io, ma ha l'iodel non-io; non senza vita, ma ha la vita che non conosce n

    nascita, n morte.Il nostro cuore abituale sovraccarico di impedimenti e minacce, limitato nel suo spazio vitale, distingue e classifica, appare, lo si toccae lo si sporca, sottost al divenire e al passare, conosce la misura,pu essere afferrato, ha un interno e un esterno e molte altre coseancora. Cos, si pu diventare Buddha dopo che si messo in ordineil proprio cuore e lo si ricondotto all'unico vero cuore che simile alvuoto del Nulla Zen. Lo sprofondare-zen, in cui corpo e anima cadonouniti, non nient'altro che la realizzazione di un cuore veramente

    vuoto. "Il cuore Buddha. Il cuore forma il Buddha. Si deve sapereche il Buddha non nient'altro che il cuore, che al di fuori del cuorenon vi nessun altro Buddha", cos come lo descrive il Wu-liang-

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    shou-ching, qui il cuore simile al vuoto. Di tale natura il cuore, dicui ci rende consapevoli il Nulla del Buddismo-Zen.

    IL SE-STESSO

    Si pu perci caratterizzare il Nulla dello Zen come cuore. Tuttavianon un cuore che mi sta davanti come oggetto, ma un cuore che diventato soggetto in me. Senza dubbio io sono questo cuore. Ed essonon una realt visibile, ma un cuore che vede, il che significa: vedeattivamente, ma non visibile passiva-mente. Vedere attivamente nonsignifica in questo contesto vedere con il senso della vista, ma attivitcome soggetto di ogni funzione corporea e spirituale. Il vedere delcuore attivo nel senso che tutte queste funzioni possono essere viste

    grazie a tale cuore. perci attivo come soggetto unitario di ognifunzione. Si potrebbe pensare che il cuore attivo solo all'internodella dualit passivo-attivo. Ma poich una siffatta attivit del cuorenon significa un esser diretto verso un oggetto, ma Essere soggettivo,non separabile dalla passivit. Perci in un cuore siffatto non vi differenza

    alcuna fra attivo e passivo. Sarebbe frainteso, se venisse compresocome una attivit distinta da una passivit e pensato come un oggetto

    in modo oggettivistico. un Esserci soggettivo che non possiede al-cuna attivit riferita a un oggetto.Il cuore di cui qui si parla, non perci il cuore nella accezioneabituale, ma il cuore che al tempo stesso Buddha. Questo cuore-Buddha viene sovente inteso come un oggetto trascendente, e posto inrapporto con noi come oggettivazione di cio-che--altro-e-diverso, deltotalmente altro. Se realmente potesse essere per-cepito come oggettodella nostra sensibilit, del nostro sentire, sarebbe qualcosa diassolutamente normale, ma anche Buddha, quando diventa oggetto

    della fede, della volont e della ragione, non pu non esserecaratterizzato come una oggetti-vazione del totalmente altro. In questicasi noi non siamo Buddha, ma stiamo di fronte a Buddha. Ma l'ioche si pone di fronte a Buddha, non il soggettivo se-stesso.Nonostante quest'ultima verit, tanto nella religione quanto nellameta-fisica, Dio o Buddha vengono sovente considerati in modooggettivistico come il totalmente altro. Come il Dio nella religionecristiana, anche Buddha molto di frequente nel Buddismo Mahayanaviene visto come l'altro, l'oggetto che ci sta di fronte e che ci

    trascende. Poich nella prospettiva delle religioni fondate sulla fede,Dio o Buddha guidano in un certo senso il singolo uomo e l'uomo lisegue e si d loro, si deve da ci inferire che in tali casi Dio e Buddha

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    non sono solo compresi come l'altro che sta di fronte, ma che oltre adessere ci, sono anche il mio proprio soggetto. Quando nella Bibbiasta scritto: "lo vivo, e tuttavia non vivo, sibbene il Cristo vive in me" o

    la Setta Jdo-Shin esige che non si operi seguendo le proprie normema si faccia affidamento solo al Buddha-Amitabha, allora in questicasi si possono definire Cristo e Amitabha come l'altro, e al tempostesso come il soggetto; quel soggetto che dona all'uomo la vera vita.Ma il Buddha-cuore di cui qui parlo, non il soggetto di quell'Altro eDiverso che mi sta di fronte e mi trascende, ma un soggetto nel qualeun siffatto Altro al tempo stesso il mio proprio me-tesso. Non neppure il soggetto come lo intende ingenuamente l'uma-nesimomoderno, ma il soggetto in cui l'altro al tempo stesso il proprio se-

    medesimo. Il Buddha-cuore non pu essere qualcosa, che l'io deveseguire incon-dizionatamente, a cui si offre, si abbandona, in cuiripone la propria fiducia. In questo caso il Buddha sarebbe il soggettotrascendente che guida e conduce gli uomini, dall'interno versol'esterno. Ma Buddha non neppure un soggetto che mi sovrasta e miguida, piuttosto un soggetto che il mio proprio me-stesso.Nel primo caso Buddha sarebbe certamente un soggetto oggettivo edifficilmente caratterizzabile come puro soggetto. Nel secondo caso, alcontrario, sarebbe un soggetto soggettivo, cio un puro soggetto

    assoluto. Soprattutto su queste basi si afferma che nel Buddismo Zenl'ipseit del Buddha in quanto si dice: "Buddha il mio proprio cuore, ipseit, la natura dell'esser-se-stesso" o anche "non si deve cercaredi conoscere Buddha, ma innanzitutto morire alla grande morte".Nel libro Shb-ghen-z, nel capitolo 'Nascita e morte', si trovano leseguenti parole di Dgen: "Quanto prima uno lascia liberi corpo eanima e li dimentica, li offre a Buddha, quanto prima si dedica a ciche proviene dalla parte del Buddha, tanto pi rapidamente pusenza sforzo liberare corpo e anima dalla vita e dalla morte e

    diventare Buddha".Se si intendono queste parole come testimonianza di una salvezzaoperata da una forza esterna, e cos li intende la setta Jdo-Shin, e sesi considera Buddha come un soggetto oggettivato, si resta avvinti auna interpretazione superficiale che non penetra nel vero contenutodelle parole di Dgen. Questa interpretazione e presentazione delBuddha come oggetto soggettivo, come soggetto assoluto, un aspettoparticolare del Buddismo Zen e al tempo stesso un tratto essenzialeche lo differenzia dalle altre sette. Non si esagera nel dire che il motivo

    essenziale che ha determinato la comparsa dello Zen nel corso dellastoria del Buddismo, va cercato nel fatto che lo Zen ha intimamentecompreso e affermato il carattere di Cuore e di Ipseit del Buddha.

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    prigionieri della tendenza all'og-gettivazione e sono perci al di fuoridel vero cuore, e quindi nessuno di essi un vero Buddha.Che il vero Buddha non sia un mero se-stesso, n un' Alterit, n

    Uno-che-si--posto-di-fronte, che egli non sia un soggetto oggettivo,ma solo soggettivo, e perci un soggetto assoluto, tutto ci chiaro edevidente se si afferma il carattere di Ipseit del Nulla del BuddismoZen.

    LIBERT E IMPERTURBABILIT

    Il Nulla del Buddismo Zen soggetto soggettivo; e ci significa inquesto contesto soggetto imperturbabile. Ma poich vi sono molti

    modi di imperturbabilit e libert, ci dobbiamo chiedere quale siaquello caratteristico del Nulla Zen.Nel Buddismo Zen si afferma sovente: "Se vuoi andare, va'; se vuoifermarti, fermati"; o: "Se hai fame, mangia; se sei sazio, non ti restache dormire".Se si prendono queste espressioni alla lettera, le si pu comprenderecome affermazioni di libert assoluta, come se fosse possibile faretutto ci che si vuole. Animali e bambini cercano di fare tutto ci chevogliono, mangiare tutto ci che vogliono mangiare, e si irritano se

    questo loro impedito. Infatti animali e bambini esigononaturalmente la loro libert. Ma, con il crescere dell'et, scemasempre pi nei bambini questo stimolo, questa tendenza alla libert.Infine viene per gli uomini un momento in cui cominciano a porreostacoli alla libert. Si trattengono da ci che non devono fare, anchese lo farebbero molto volentieri, e cominciano a portare a termine consollecitudine ci che devono fare anche se non ne hanno desiderio evolont alcuna. Cos fanno liberamente ci che devono fare e trala-sciano liberamente ci che non devono. Alla libert che i bambini

    cercano di otte-nere, gli adulti contrappongono una libert sottopostaalla critica e al controllo.E nell'imporre a se stessi questa cosiddetta libert, affermano la lorodiversit rispetto ad animali e bambini. Questa capacit e facolt disottoporre alla critica e al controllo la propria libert quellacaratteristica di animali e bambini - ci che fa l'uomo un'essenzarazionale. Ci che i bambini vogliono

    la libert sensibile; ci che vogliono gli adulti la libert fondata

    sulla ragione. Questa libert razionale ci che Kant chiama liberoarbitrio, e che caratterizza come "santa" quando poi raggiunge laperfezione. Anche quando Confucio dice "io ubbidisco alla volont del

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    mio cuore e tuttavia non trasgredisco la legge", si ha la libert razio-nale. Questa libert fondata sulla ragione la vera libert dell'uomo evolere tale libert ci che rende uomini gli uomini. Virt e moralit

    dell'uomo hanno lo scopo di realizzare questa libert razionale. Ilproblema che noi poniamo in questa sede se questa libert razionaleconcorda con ci che si intende per libert nel dominio dellaSpiritualit.Il concetto religioso di libert significa un rifiuto della ragione umana,il suo supe-ramento e trascendimento. Nel Cristianesimo si affermache causa della cacciata dell'uomo dal paradiso fu la conquista dellaragione umana. Anche nel Buddismo la ragione umana, nella formaspecifica dell'intelletto che opera distinzioni, con-siderata l'origine di

    tutti gli errori. Poich la ragione produce differenze, non riesce mai atrascendere e a superare la dualit. Non vi ragione umana che noncon-trapponga giustizia e ingiustizia, bene e male, sacro e profano,mondo e Buddha, essere e non-essere. L'autentico compito dellareligione consiste tuttavia nel procedere oltre siffatte differenze enell'affrancarsi da esse. Soprattutto laddove la giustizia consideratasolo come giustizia, l'ingiustizia come ingiustizia, il bene come bene, ilmale come male, la colpa come colpa, non sussiste nessun motivo diperdonare la colpa e liberare un uomo malvagio dalla condizione del

    male come accade nel Cristianesimo e nella setta Jdo-Shin delBuddismo.La salvezza dai peccati deve aver luogo su un piano che trascende ildualismo di bene e male. Innnanzitutto nello Zen non si devediscriminare il bene dal male e perci non si deve separare il sacro dalprofano, il mondo da Buddha. Persino la legge sacra (Dharma) einnanzitutto il suo opposto, il non-Dharma, devono essere superate.La religione cristiana e la setta del Buddismo Jodo-Shin trascendonol'antitesi bene-male, ma Dio e uomo, Buddha e mondo, vengono

    tenuti radical-mente distinti, e Dio e Buddha vengono in ogni casocontrapposti rispettivamente all'uomo e al mondo come realttrascendenti. Poich per contro, considerare Buddha in modooggettivistico e trascendente al di fuori del mondo, nello Zen avvertito come un vincolo, che limita la libert, si cerca dioltrepassare anche il Buddha e la sua dottrina solitamente considera-ti come traguardi finali. Perci Lin-chi afferma che, se si incontra unBuddha, lo si deve uccidere; se si incontra un anziano maestro, lo sideve uccidere.

    Anche nella scrittura incisa nella parete di smeraldo, nel Pi-yen-Iu(Bi-yn-Iu) si afferma: "Non fermarti e non dimorare dove abita ilBuddha; infatti, se ti ci stabili-sci, ti nascono corna sul capo, cio

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    divieni un dmone; corri via in fretta laddove non abita il Buddha,perch, se non corri via, cresceranno piante alte tre metri (i tuoipeccati)".

    Solo in tal modo si pu compiere e realizzare l'interna evoluzioneverso la vera libert che non pu perci essere incatenata eminacciata n dall'uomo n dal Buddha. Questa la libert e laimperturbabilit del Nulla Zen. Nel Buddismo si pu svilupparecompiutamente la vera liberazione proveniente da tale impertur-babilit e libert. Qui sta la differenza con le teorie salvifiche delCristianesimo e delle altre religioni. Considerata dall'esterno, ladottrina salvifica cristiana sembra esser molto simile a quelle della

    setta Jdo-Shin; ma la dottrina salvifica buddista della setta Jdo-Shin si differenzia da quelle cristiane in quanto in ultima analisiaffonda le sue radici nella libert e imperturbabilit del Nulla Zen.Potrei chiamare tale libert l'imperturbabilit assolutamentesoggettiva. Nello Zen la si raggiunge mediante la contemplazione dellapropria natura. In questo senso la contempla-zione essa stessa ilsoggetto libero imperturbabile.Il sesto patriarca Hui-nng afferma: "Chi ha contemplato anche unasola volta la propria natura, pu stare, se lo vuole, e non stare, se non

    lo vuole; pu andare e venire indisturbato; non vi per luiprostrazione o minaccia alcuna. Egli agisce in corrispondenza ai fatti,risponde come la domanda lo esige. Incorre in mutamenti e tuttavianon abbandona la propria natura. Cos raggiunge il Samadhi dell'im-perturbabilit e della libert e il Samadhi del gioco che opera miracoli.Questa l si chiama contemplazione della propria natura".Da ci risultano chiare l'imperturbabilit e la libert fondate nelcontemplare la propria natura. Hui-nng dice anche: "I pensieriscaturiscono dalla verit assoluta, dalla natura pi intima. Anche se i

    suoi sei sensi hanno quattro funzioni: vedere, udire, sentire, econoscere, essa tuttavia non influenzata dai diecimila fenomeni delmondo. La vera natura sempre libera".Contemplare la natura pi intima non in tutto ma tutto: infatti tutto e insieme non tutto. Ci non significa nient'altro che:negazione assoluta affermazione assoluta, e affermazione assoluta negazione assoluta. "Quando non si prende dimora in nulla di ci cheappare, si rivela il cuore". Il che non significa semplice-mente che nonsi ha una dimora, ma che non si ha tale dimora e tuttavia contem-

    poraneamente si rivela il cuore. Neppure significa semplicemente cheil cuore si rivela, ma che il cuore si rivela e nello stesso tempo nonrisiede in nessun luogo.

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    Lin-chi dice: "Penetrare nel mondo dei colori e tuttavia non sentirsistimolato da essi, penetrare nell'universo della voce e tuttavia nonvenir toccato da quella, penetrare nel gusto e tuttavia non esserne at-

    tratto, penetrare nei profumi e tuttavia non esserne inebriato, pe-netrare nel mondo dominato dal tatto e tuttavia non restarviattaccato, penetrare nel mondo del Dharma e tuttavia non restarviprigioniero - questo il comportamento di quegli uomini che hannoriconosciuto che i sei fenomeni colore, suono, profumo, gusto, tatto eDharma, sono soltanto realt esteriori. impossibile che uomini di talfatto non attaccati a nulla possano restare imprigionati in qualcosa".Cos Lin-

    chi indica a tali uomini il vero soggetto assolutamente libero eimperturbabile. Egli afferma inoltre:"La dottrina dei Buddha non hautilit alcuna. Non nient'altro che le faccende di tutti i giorni: fare ipropri bisogni e orinare, vestirsi e mangiare e, se si stanchi,coricarsi e dormire".La stessa cosa affermano le parole che seguono, gi citate: "se vuoiandare, allora va'; se vuoi fermarti, siediti", o "Se hai fame, mangia; sesei stanco, coricati e dormi". Tutto ci, applicato nello spirito delloZen, non significa semplicemente libero arbitrio, ma libert e

    imperturbabilit, affrancate da se stesse, indipendenti da tutto e nonattaccate pi a nulla.

    LA FORZA CREATIVA

    Quando si afferma che l'uomo si differenzia dalle altre specie animaliin quanto crea per s strumenti, si mette in rilievo la creativit comeun segno caratteristico per eccellenza dell'uomo. Fin dai suoi inizi lacultura umana si fonda sulla capacit creativa dell'uomo e questa si

    sviluppa col progresso dell'umanit in una misura che non conoscelimiti. Il progresso della scienza nell'ultimo secolo una provasufficiente della sua grandezza. La forza creativa dell'uomo pu essereben detta gigantesca e tuttavia, contemplata da un altro punto divista, del tutto insigni-ficante. L'uomo pu estrarre dalle piante fibre,trasformarle in fili di cotone e con ci produrre abiti, ma non pucreare le piante. Non pu neanche una sola volta produrre unmicrorganismo cellulare. Di fronte alla creazione nella sua totalitdeve confessare la sua completa impotenza. L'uomo pu solo

    trasformare una cosa in un'altra, ma non pu creare niente dioriginario. Anche ci che egli produce contiene pur sempre un nucleoche non in condizioni di produrre. La forza creativa dell'uomo non

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    pu perci essere assolutamente originaria. Nel Cristianesimo con-siderata assoluta la forza creativa di Dio. Cos si dice: Dio cre dalnulla cielo e terra, piante e uomini, e il mondo intero. Prima della

    creazione non vi era nulla, e solo ci che venne creato dal nulla, puessere considerato vera creazione.In questo senso possiamo considerare il Dio del Cristianesimo come ilperfetto ideale del creatore. Scoto Eriugena ripartisce la natura inquattro categorie: ci che crea e ci che non creato; ci che creatoe crea; ci che creato e non crea; ci che non crea e non creato. Inquesto senso l'uomo creato e creatore, ma Dio creatore e non-creato. Chi creato e crea un creatore, ma poich egli stesso statoprodotto non pu essere il creatore perfetto. Solo in un creatore non-

    creato la capacit di creare pu essere considerata come originaria eassoluta. Colui che crea non essendo creato perci il creatoreperfetto; ma ci per noi indimostrabile. Conseguentemente si trattadi una immagine ideale, di una idealizzazione della creazione umana,che dovrebbe venir dimostrata; in caso contrario resta una puraipotesi o un atto di fede. Come pura immagine ideale, o Ideale, non

    niente di pi che una totale finzione chiamata creazione e nonpossiede nessuna forza effettivamente creativa. Un mero atto di fede

    non pu essere una prova della sua realizzabilit. L'idea di uncreatore pu sorgere, ma deve restare tale, poich non possiedepossibilit alcuna di realizzazione creativa.Nel Buddismo detto correntemente: "Tutto ci che , proviene dalsolo unico cuore. Non un mero ideale, o una pura e semplice fede,ma la vera testimonianza dell'unico cuore". La realt, come noi lasperimentiamo giorno dopo giorno, non , come afferma Kant,totalmente indipendente dal nostro cuore, ed esistente al di fuori diesso secondo le nostre abituali rappresentazioni, ma scaturita dal

    nostro stesso cuore. Se perci sostituiamo ci che chiamiamo mondoesterno con l'espressione "tutto ci che ", affermiamo in realt, chetutto ci che , stato creato dal nostro cuore, o che tutto ci che ,viene prodotto dall'unico cuore. Tuttavia il cuore-che-tutto-producedel Buddismo la kantiana "coscienza in generale" e quest'ultima non niente altro che il cuore che si raccoglie a partire da ci che vieneaffermato dalla kantiana "cosa in s" in virt della sua categoria"coscienza in generale". Cos un cuore come uno specchio cheriflette immuta-bilmente tutte le cose che dall'esterno vengono a lui.

    Ci che si specchia nello specchio, non va perci tenuto distinto daesso, finch non muta se stesso mediante il rispecchiarsi stesso.

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    Quando si ha uno specchio, allinizio non vi nulla che dall'esterno sirispecchia in esso, non pu esserci neppure un'immagine riflessa.Infatti dall'interno dello specchio non pu provenire nessuna

    immagine. Ma nel Buddismo ci che si manifesta nello specchio nonproviene dall'esterno, ma scaturisce dal suo interno. Scaturisce dallospecchio stesso, si specchia nuovamente in esso e compare cosfenomenicamente allesterno; scompare dall'interno dello specchio enel passar via non lascia in lui nessuna traccia di s. Nel Buddismo ilcuore di cui si dice nel motto "tutto ci che , prodotto dall'unicocuore", simile allo specchio. Ci che si specchia non proviene maidall'esterno, e perci anche questo "cuore" totalmente diverso dallakantiana "coscienza in generale". Ma uno specchio, dal cui interno

    scaturisce l'immagine specchiata, non pu in nessun modo esserereale; perci per il cuore di Buddha l'immagine dello specchio soloun pretesto. Cos nel Buddismo si ricorre sovente alla metaforadell'onda che pi appropriata, pi adatta come immagine sensibiledella forza creativa del cuore. Un'onda non cade nell'acquadall'esterno, ma proviene dalla stessa acqua senza separarsene;scompare e torna all'acqua da cui ha tratto origine e non lascianell'acqua la minima traccia di s. Come onda, essa si sollevadall'acqua e torna all'acqua; come acqua, essa il movimento

    dell'acqua. L'acqua forma con l'onda un'unit, e tuttavia l'acqua nonsorge e non tramonta col sorgere e tramontare dell'onda, n si alza esi abbassa. Come onda (l'acqua) sorge e tramonta e come acqua nonsorge e non tramonta. Cos l'acqua forma mille e diecimila onde e tut-tavia resta in s costante e immutata. L'unico cuore, da cui tuttoviene prodotto, simile all'acqua.Il sesto patriarca Hui-neng afferma: "La natura vera nella suaessenza immota e pu produrre tuttavia diecimila cose" e :"Tutte lediecimila cose non sono separate dalla vera e propria natura".

    Nel Yui-ma-Ky sta scritto: "Sull'originario fondamento della vera epropria natura che non ha dimora, sorgono tutte le cose".Queste sentenze ci rendono avvertiti della natura vera di questocuore. Il Nulla Zen questo cuore, che pu essere presentato inun'immagine, con l'acqua intesa come sostanza che non muta. Laforza creatrice del nulla trova la sua metafora, nel significato piampio, nel rapporto necessario dell'onda con l'acqua da cui proviene.L'onda che sorge e passa, intesa come soggetto, simile al se stessoordinario e quotidiano dell'uomo. Il fatto che questo soggetto sempre

    di nuovo ritorni dall'onda all'acqua, l'essenza del Nulla Zen.

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    3). ANNOTAZIONI SU NOMI E TITOLI E SU ALCUNI CONCETTI ESSENZIALIDEL BUDDISMO COMPRESI NEL TESTO(Nella disposizione si segue l'alfabeto latino; vi sono indicate leopere cinesi citate dall'autore nel testo con il loro nome cinese,integrate da necessari riferimenti alle versioni e lezionisanscrite e giapponesi).

    Buddha-Amitabha- cin.: O-mi-t'o-fo; giapp.: Amida-butsu (abbr.anche Amida)."Il Buddha dell'incommensurabile splendore luminoso". Secondo laleggenda il pio monarco Dharmakara, un re indiano che avevaabbandonato il suo trono, aspirava a raggiungere l'essenza delBuddha. Ma egli aveva fatto voto di voler ricevere per la prima volta laperfetta illuminazione, quando come Buddha avesse governato in unmondo ultraterreno, in cui tutti coloro che credevano in lui sarebbe-rorinati, per raggiungere ivi la perenne santit sotto la sua guida: le suepromesse si compirono e sorse cos il paradiso Sukhavati, il "paesedella felicit", in cinese anche: Hsi-T'ien, il "paradiso occidentale";nello Zen la "Terra pura"; cinese: Ching-t'u; giapp.: Jodo (cfr. Jodo-Shin-sh). .

    Bodhidharma - cin.: P'u-t'i Ta-mo; giapp.: Bo-dai Daruma (abbr.

    Daruma)Secondo la tradizione, Bodhidharma nacque da un re dell'India delSud e giunse nel 520 d.C. in Cina. considerato il fondatore delparticolare buddismo meditativo ovvero Buddismo Dhyana (cin.:Buddismo-ch'an, giapp. Buddismo-Zen) e in ragione di ci, 28patriarca dell'India e primo patriarca della Cina. Secondo la leggendapratic la medita-zione, dopo aver superato i sessant'anni, fissandoun muro nel convento Shao-lin del Nord della Cina per

    nove anni. Per non dormire si tagli le palpebre. Per questo fino adoggi stato rappresentato come il santo con lo sguardo che incuteterrore.

    Ch'an-yuan-chu- ch'uan-chi -Raccolta di spiegazioni sulle origini e fonti del Buddismo Zen dovutaal quinto Patriarca della Setta Hua-yen - (giapp. Kegon), di nomeTsung-mi (o anche chiamato Kuei-gng Ch'an-Shih). Visse nel norddella Cina dal 780 all'840 sotto la dinastia T'ang.

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    Chao-Lun- giapp.: Jo-ron.Trattati sul Buddismo Mahayana, composti dal prete cinese Sng-Chao (giapp.So-Jo). Visse dal 384 al 414 e fu discepolo del famoso

    Kumarajiva di Kucha nell'Asia Centrale.

    Chng-Tao-Ko- giapp.: Sho-do-ka"Canto dell'esperienza del sentiero" di Yung-Chia Hsuan-chiao (giapp.Yo-Ka Gen-gaku) della citt Yung-chia nel sud-est della Cina, vissedal 665 al 713.

    Ch'i-hsin-lun (Titolo completo Ta-ch'ng Ch'i-hsin-lun).- giapp.:Ki-shin-ron

    Commento all'Introduzione al Buddismo Mahayana di Asva-ghosa,celebre poeta dell'India centrale che visse intorno al 100 d.C.; titolooriginale: Mahayanasraddhopade-sastra. Il testo venne tradotto incinese una prima volta sotto la dina-stia Liang (502-56) e pi tardisottola dinastia T'ang (618-906).

    Ch 'uan-hsin-fa-yao - giapp.: Den-shin ho-yo.Raccolta di prediche che contiene l'essenziale delle dottrine delHuang-po Hsi-yn.

    Dharma- cinese: Fa - giappon.: HoQuesta parola sanscrita rinvia a un verbo che significa "tenere","mantenere", "custodire". Tale verbo si separa a sua volta in dueconcetti, in ci che contenuto e in ci che contiene. Il contenuto l'Essente e il contenente ci che contiene l'Essente (cfr. il concettooccid.le di Logos).

    Do-gen (Nome completo Do-gen Ki-gen; nome familiare Kuga)

    Fondatore della setta Soto del Buddismo Zen in Giappone, originariodi Kyoto, visse dal 1200 al 1253. Dal 1223 al 1227 studi Chan inCina e fond nel 1244 in Giappone nella prefettura Fukui, l'odiernoEihei-ji, come sede abituale della Setta Soto-Zen. autore del Sho-bogen-zo.

    Hseh-mai-lunQuest'opera deve essere stata composta da Bodhidharma, il primopatriarca della tradizione Zen Cinese, anche se ci non pu essere

    provato scientificamente. Di essenziale contiene l'affermazione "Sideve giungere fino all'intuizione della propria autentica natura".

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    Hsin-Hsin-ming - giapp.: Shin-jin-meiUn'opera del terzo patriarca della tradizione Zen-cinese, Sng-ts'an(giapp. So-san), che mor nel 606. - W. Gundert traduce il titolo di

    questo scritto: "Scritto scolpito del cuore fedele".

    Huang-po Hsi-yn - giapp.: O-baku Ki-unPatriarca Zen vissuto nella Cina meridionale sotto la dinastia T'ang.Mor nell'850 ed considerato lautore del Ch'uan-hsin fa-yao.

    Hui-K'o - nome completo: Erh-tsu Hui-K'o; - giapp.: Ni-so E-Ka.Secondo patriarca, dopo Bodhidharma, della tradizione cinese Chan,visse dal 487 al 593. Nel 520 si rec a Ch'ang-an nel cuore della Cina

    settentrionale. Venne accettato da Bodhi-dharma come discepolo eseguace dopo che si fu tagliato un braccio per dimostrare la propriamotivazione.

    Hui-nng - nome completo: Liu-tsu Hui-nng oppure: Ta-chienHui-nng giapp. Roku-so E-no oppure Dai-Kan-E-noIl sesto patriarca (Liu-tsu oppure Roku-so. La designazione diventata in questo caso nome proprio) della tradizione Chan cineseritenuto l'autentico fondatore del Buddismo Zen cinese. Visse dal 658

    al 715, fu attivo nel nord della provincia cinese meridionaleKuangtung ed ebbe numerosi discepoli. autore del T'an ching.

    Jodo-Shin-shu"La vera setta della Pura Terra" fu fondata nel 1224 dal monacogiapponese Shinran Shonin. In Giappone si indica solitamente lasetta con la abbreviazione Shin-Sh "la vera setta".

    Karma - Termine popolare per Karman - cin.: Yen-yin - giapp.:

    Go-inL'attivit dell'uomo che grava con la sua forza sulle spalle di chi se nefa promotore e conduce all'anulus aeternitatis (la concatenazione)dellepossibili rinascite.

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    K'ung-(fu)-tzu, latinizzato: Confucio - giapp.: KschiIl celebre filosofo cinese nato nel 551 a.C. nello Stato Lu (Shantung).Funzionario dello stato, venne mandato in esilio e ivi svolse con zelo

    particolare la sua attivit di insegnante. Mor nel 478 a.C. nella suapatria. La citazione nel testo proviene dal secondo capitolo dei suoi"colloqui" Lun-yi (giap. Ron-go).

    Lng-chia-chin - giapp.: Ry-ga-KySi tratta del Lankavatara-Sutra che il Buddha predic sul montedellisola Lanka nell'India meridionale (oggi:Ceylon).

    Lin-chi - nome completo: Lin-chi I-hsan- giapp. Rin-zai Gi-gen

    Fondatore della setta cinese Lin-chi del Buddismo Chan (giapp. Zen-Rinzai), fu discepolo di Huang-po Hsi-yn e vis-se dall'854 nelmonastero Lin-chi a Hopei (Cina del Nord). Mor nell'867. La suadottrina venne introdotta in Giappone dal sacerdote giapponese Eisaiall'inizio del 13 sec.

    Mahayana - cinese: Ta-chng ; giappon.: Dai-jL'espressione sanscrita ha il significato di "grande veicolo" in antitesia Hinayana, "piccolo veicolo". Sono le due correnti fondamentali del

    buddismo indiano. Il fine ultimo del Maha-yana non consiste solo nelsalvare il singolo Io come nel Hinayana, ma, al di l e al di sopra dici, nella salvezza di ogni creatura. Il Mahayana sorse fra il primo e ilsecondo secolo d.C. Si diffuse nell'Asia centrale, in Cina, Corea eGiappone.

    Ma-tzu - nome completo: Ma-tzu Tao-i; giapp.: Ba-so D-ichiPatriarca del Chan cinese dell'ottava generazione che visse nel suddella Cina dal 709 al 788 sotto la dinastia T'ang.

    Nieh-p'an-ching -nome completo: Ta-po Nieh-p'an-ching; giapp.:Dai-hatsu Ne-han-ky; - Con questo titolo si intende ilMahaparinirvana-Sutra che secondo la tradizione del BuddismoMahayana contiene le ultime istruzioni del Buddha.A parte alcuni frammenti in sanscrito, rimasto solo nella versionecinese.

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    Nirvana cinese: Nieh-p'an; giappon.: Ne-hanSignificato della parola sanscrita: "estinzione". la situa-zionespirituale in cui tutte le passioni dell'uomo giungono all'estinzione

    totale. In tale condizione dello spirito si contempla la vuotezzadell'essere.

    Pai-chang Huai-hai - giapp.: Hyaku-j E-kaiPatriarca Chan cinese e discepolo di Ma-tzu Tao-i; visse dal 720all'814 nel sud della Cina sotto la dinastia T'ang.

    Pai-Iun - giapp.: Hyaku-ronSi tratta dell'opera fondamentale Sata-'sastra di Aryadeva,

    quindicesimo patriarca della tradizione indiana che visse nel suddell'India nel III secolo (abbr.: Deva; giapp. Daiba).

    P'ang Kung- conosciuto anche come P'ang Ch-shih -giapp.: HKoji Un noto laico zen del periodo T'ang che era in realt un dottoconfuciano. Sotto la guida del grande maestro di allora Ma-tsu (giap.Ba-so) ha raggiunto il Satori e ricevuto il sigillo dello spirito diBuddha. Si conserva una raccolta in tre volumi dei suoi discorsi.

    Patriarca cinese: Tsu-shih Fondatore di una setta o scuola buddistica o successore ufficiale dellostesso.

    Pi-yen-Iu (Bi-yn-Iu) - giappon.: Heki-gan-roku"Iscrizione della parete rocciosa di smeraldo" (Raccolta della RocciaBl) composta dal maestro cinese Yan-wu fra il 1111 e il 1115, com-parsa a stampa per la prima volta nel 1300. stata tradotta in

    tedesco e commentata da Wilhelm Gundert. I volumi 1-3 sonocomparsi nel 1960, 1967 e 1973; il terzo volume, lasciato postumo daltraduttore, presso l'edi-tore Carl Hanser, Monaco. Nei tre volumi sonocontenuti 68 dei cento esempi di cui si compone l'opera.

    Rinzai vedi: Lin-chi

    Samadhi - cinese: San-mei; giappon.: San-maioppure cinese: San-mo-ti; giappon.: San-ma-ji;

    La parola sanscrita significa "unione". Con questo concetto sintendeuna condizione spirituale in cui il cuore si con-centra esclusivamentesu un punto e grazie a ci raggiunge la quiete perfetta.

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    Satori - cin.: Wu giapp.: MuIl risvegliarsi alla natura propria dell'uomo. - La traduzione"illuminazione" non corretta in relazione alla interpretazione

    "giapponese" del concetto.

    Scotus Eriugena Johannes -Filosofo e teologo irlandese che nell'845 dall'Irlanda venne in Franciaalla corte di Carlo il Calvo e ivi mori neIl'877. Oppositore delladottrina ufficiale della chiesa, attese alla prima traduzione latina delleopere del pseudo-mistico Dionigi l'Aeropagita. La sua opera originaleDe Divinatione naturaevenne messa all'indice della chiesa nel 1210.Tuttavia a lui si deve la diffusione in occidente del lessico della

    mistica neo-platonica.

    Shih-mo-ho-yen-Iu - giapp.: Shaku ma-ka-en ron- Commento del (Ta-ch'eng) Ch'i-ssin-lun che viene attribuito algrande filosofo del buddismo Mahayana Nagarjuna, il quale vissenell'India del Sud intorno al 300 d.c. La versione cinese venne portatain Giappone nell'ottavo secolo.

    Sho-bo gen-zo (giapp)

    "Occhio e tesoro della vera legge", una delle opere fonda-mentali diDo-gen.

    Ta-chu- nome completo: Ta-chu Hui-Hai - giappon.: Dai-shu (Dai-ju) E-KaiUn discepolo del grande maestro Ma-tsu. Autore del "Trattato per ilraggiungimento del subitaneo risveglio" (trad. in inglese di JohnBlofeld - The Path to sudden Atteinment-, London 1948).

    Ta