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LA PIANTA E IL FRUTTO Fiorino P. Marone E., 20015/2016 Appunti di Lezione 2015/2016

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LA PIANTA E IL FRUTTO

Fiorino P. Marone E., 20015/2016 Appunti di Lezione 2015/2016

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La formazione del frutto

• Le piante superiori si riproducono attraverso la

formazione di semi di varia struttura ma sempre

dotati di sostanze nutritive di riserva per garantire

un primo sviluppo dell’embrione. Talora i semi

sono accompagnati da tessuti che hanno scopo di

protezione o agiscono da attrattivi verso gli

animali attraverso i quali operano la diffusione.

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Ciclo di fruttificazione

• Genericamente si definisce ciclo di

fruttificazione la serie di cambiamenti che

portano un meristema al seme; per

l’alimentazione si utilizzano parti

specializzate del frutto, spesso migliorate

dall’attività dell’uomo.

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Monocotiledoni e dicotiledoni

• I cicli di fruttificazione ed i relativi prodotti

differiscono tra le specie monocotiledoni (es.

frumento: cariosside) e le specie dicotiledoni, delle

quali si utilizzano le strutture accessorie derivanti da

parti diverse del fiore, di varia consistenza (es. mela:

pomo), che necessitano di cure specifiche per la loro

conservazione. Nelle specie perenni esistono rapporti

di correlazione semi-pianta madre.

• I cicli di fruttificazione, a partire dal momento di

crescita e maturazione, sono diversi.

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Ciclo di fruttificazione in pomo (melo)

1) FASE DI INDUZIONE:

Nutrizione

Luce

Temperature

Correlazioni

2) PERIODO DI DIFFERENZIAZIONE:

Evoluzione del processo

3) FIORITURA:

4) IMPOLLINAZIONE:

5) ALLEGAGIONE:

6) ACCRESCIMENTO DEL FRUTTO:

7) MATURAZIONE:

8) RACCOLTA:

9) CONSERVAZIONE:

10) ALTERNANZA:

Meccanismi di incrocio

Durata

Intensità

Dimensioni

I diversi tipi di frutto

Diradamento

Respirazione dei diversi tipi di frutto

Regolazione (etilene)

Accumuli

Resistenza della polpa

Cambiamento di colore

Trasformazioni (amido, aromi)

Indici di maturazione

Maturazione e qualità

A mano

Meccanica

Temperature

CO2

Misure

Meccanismi

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Ciclo di fruttificazione in cariosside (frumento)

1) FASE DI INDUZIONE:

Nutrizione

Luce

Temperature

2) PERIODO DI DIFFERENZIAZIONE:

Evoluzione del processo

3) FIORITURA:

4) IMPOLLINAZIONE:

5) ALLEGAGIONE:

6) Accrescimento e maturazione della cariosside

7 ) RACCOLTA:

8) CONSERVAZIONE:

Meccanismi di incrocio

Maturazione lattea

Maturazione cerosa

Maturazione piena

Maturazione di morte

A mano

Meccanica

Umidità

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Le fasi comuni

• I meccanismi di induzione, le fasi di

differenziazione e le necessità di

impollinazione sono simili sia nelle

monocotiledoni sia nelle dicotiledoni, che

possono essere pertanto trattate

congiuntamente.

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Induzione antogena

Il meristema apicale vegetativo, replicandosi,

autonomamente o con l’influenza di fattori endogeni

(nutrizione, ormoni) od esogeni (fotoperiodo), si

modifica funzionalmente (induzione) e, nelle

successive replicazioni, modifica la propria struttura

(differenziazione), originando un fiore od una

infiorescenza.

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Il meristema apicale vegetativo (in alto) inizia ad

appiattirsi (al centro), e si evolve come primordio di un

asse fiorale, ad orceolo (in basso).

Figura tratta da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988

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Gemme miste

In una gemma mista di melo il fenomeno dà luogo ad una successione di

gemme ascellari vegetative e a fiore.

Figura da: Fundamentals of Temperate Zone Tree Fruit Production, Edited by J. Tromp,

A.D. Webster and S.J. Wertheim, Backhuys Publishers, The Netherlands, 2005

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Il controllo endogeno

nelle specie arboree

• I fattori endogeni che controllano la fioritura

sono generalmente legati a fattori nutrizionali

od ambientali; nelle piante perenni sono attivi

fenomeni di correlazione ormonali (frutti con

semi presenti sullo stesso asse competono per i

nutrienti ed inibiscono l’induzione delle

gemme in evoluzione).

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Figura da: Fundamentals of Temperate Zone Tree Fruit Production, Edited by J. Tromp,

A.D. Webster and S.J. Wertheim, Backhuys Publishers, The Netherlands, 2005 Appunti di Lezione 2015/2016

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Figura da: Fundamentals of Temperate Zone Tree Fruit Production, Edited by J. Tromp,

A.D. Webster and S.J. Wertheim, Backhuys Publishers, The Netherlands, 2005 Appunti di Lezione 2015/2016

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Sviluppo delle gemme a fiore:

differenziazione

• In una gemma laterale appena formata i

meccanismi di induzione iniziano a modificare

il destino del primordio; nelle specie da frutto

delle zone temperate assai precocemente (40-

60 dd dalla formazione) è evidente la

differenziazione morfologica. La schiusura

avverrà solo nella primavera successiva, dopo

il superamento del fabbisogno in freddo.

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L’IMPOLLINAZIONE

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E’ il trasporto del polline dall’antera che lo ha prodotto

alla superficie dello stigma che lo riceve.

Può essere operata dal vento (anemofila, es. olivo), da insetti

pronubi (entomofila, es. pesco), da uccelli (ornitofila, es.

feijoa) o da altri vettori quali l’acqua.

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Fiori maschili e femminili

Le piante superiori, rispetto alla fioritura possono essere:

• Dioiche, quando gli individui si presentano a sessi separati

(Kiwi, dattero)

• Dioiche monocline, quando sono presenti fiori maschili e fiori

femminili in parti diverse della pianta (palma da olio,

castagno).

• Ermafrodite quando le due funzioni sono riunite in una stessa

struttura (frumento, vite).

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Piante autogame e

piante eterogame

• Salvo rare eccezioni (partenocarpia), la

impollinazione è necessaria per la formazione

del frutto.

• Sono autogame od autocompatibili la piante i

cui fiori sono fecondabili anche dal proprio

polline, mentre sono eterogame od

autoincompatibili le piante che necessitano del

polline di un altro individuo della stessa

specie.

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Piante autogame e

piante eterogame

• Il fenomeno è controllato da geni che determinano

fattori di incompatibilità.

• La presenza degli stessi fattori nel polline e sui tessuti

dello stimma determina l’arresto della crescita del

budello pollinico e/o la morte del polline.

• Al contrario, alcune specie autogame si

autofecondano prima della schiusura stessa del fiore

(cleistogamia) (frumento, vite).

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Figura da: Fundamentals of Temperate Zone Tree Fruit Production, Edited by J. Tromp,

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Figura tratta da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 Appunti di Lezione 2015/2016

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da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988

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Allegagione è

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Crescita del frutto

• Con la formazione dell’embrione, anche allo stato

zigotico, stimoli ormonali determinano lo

sviluppo dell’ovario in frutto (allegagione).

L’assenza di fecondazione in genere determina

l’abscissione; lo stimolo dell’autoimpollinazione

può permettere la sopravvivenza dell’ovario che

non si evolve in frutto (pseudofrutto), rimanendo

di modeste dimensioni e privo di embrione che

controlli la crescita e la maturazione.

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Crescita del frutto

• Dopo l’allegagione, la crescita dei frutti avviene

prima per moltiplicazione (citochinesi) delle

cellule destinate a formare il frutto;

successivamente le stesse cellule aumentano di

volume (auxesi) per estensione del citoplasma con

l’accumulo delle sostanze di riserva.

• Durante la fine del secondo periodo iniziano i

processi di maturazione.

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Pomacee:

pero, melo

Drupacee:

Prunus, spp.

pesco, susino, albicocco

ciliegio, mandorlo

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Figura da: Fundamentals of Temperate Zone Tree Fruit Production, Edited by J. Tromp,

A.D. Webster and S.J. Wertheim, Backhuys Publishers, The Netherlands, 2005 Appunti di Lezione 2015/2016

Nelle Drupaceae la

lunghezza del ciclo di

maturazione è determinata

dall’intervallo di tempo

necessario per la crescita

dei tessuti interni (nucella,

tegumenti interni ed

embrione). Quanto più

rapida è questa fase, tanto

più precoce è la

maturazione.

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Principali tipi di frutti BACCA

Frutto carnoso, indeiscente, epicarpo sottile, mesocarpo carnoso, endocarpo membranoso avvolgente numerosi semi (es. actinidia, diospiro, ribes, vite, feijoa, mirtillo).

BALAUSTA

Grosso frutto bacciforme, globoso; epicarpo e mesocarpo coriacei; semi numerosi, traslucidi, angolari, allungati (melograno).

ESPERIDIO

Bacca particolare, tipico degli agrumi, pluriloculare. Epicarpo sottile e glandolare (flavedo); mesocarpo spugnoso ed asciutto, ricco di pectine (albedo): insieme costituiscono la buccia; endocarpo diviso in spicchi (segmenti) contenenti vescicole succose e semi. I segmenti sono disposti con simmetria raggiata intorno all’asse (colonna carpellare) del frutto.

da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 Appunti di Lezione 2015/2016

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DRUPA

Frutto indeiscente; epicarpo sottile, mesocarpo carnoso o cuoioso, endocarpo lignificato, per lo più monospermo (es. albicocco, ciliegio, mandorla, noce, olivo, pesco, pistacchio).

NUCULA O NOCE

Frutto secco, monocarpico, indeiscente, costituito da un involucro erbaceo o cuoioso (cupola), ora aperto e squamiforme, ora chiuso e aculeato, contenente uno o più acheni (es. nocciolo, castagno).

POMO

Falso frutto (pomacee), la cui polpa carnosa deriva dallo sviluppo del ricettacolo che avvolge i carpelli (5, duri e disposti a stella). I carpelli corrispondono alle logge seminali cartilaginee (torsolo) che di norma racchiudono i semi.

da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 Appunti di Lezione 2015/2016

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STROBILO

Falso frutto legnoso, ovato-rotondo, costituito da un asse circondato da squame embricate, serrate fino a maturità per proteggere i semi (es. pino domestico).

SILIQUA

Frutto secco, sottile, allungato, polispermo, con epicarpo cuoioso e mesocarpo spugnoso, articolato in logge contenenti i semi (carrubo).

SICONIO (infruttescenza)

Falso frutto piriforme, globoso, carnoso, tipico del fico; deriva dallo sviluppo del ricettacolo cavo degli ipoantodi, termina con un ostiolo, circondato da bratteole e contiene molti piccoli acheni immersi in una polpa gelatinosa, zuccherina, rossa o ambrata (sin. Cenanzio, anfanto).

da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988

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Figura tratta da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016

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LA MATURAZIONE

Per questo argomento vedere anche

la sezione delle dispense su “La qualità” e la

sezione delle dispense su “I cereali”

(Maturazione dei cereali)

Appunti di Lezione 2015/2016

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La maturazione rappresenta la fase finale dello sviluppo del frutto (mono e dicotiledoni)

con cambiamenti chimici e fisici del metabolismo e delle strutture. Le modifiche

determinano il cambiamento che rende il frutto idoneo alla dispersione dei semi, e sono,

almeno parzialmente, controllate dallo sviluppo dell'embrione.

Per le specie da frutto, accanto ad un continuo accumulo di sostanze attrattive e di riserva

(zuccheri, amido, olio), si registra generalmente un ammorbidimento dei tessuti della

polpa, un aumento del grado zuccherino, una diminuzione dell'acidità, il cambiamento di

colore nonché lo sviluppo di aromi.

Non va confusa con la senescenza, anche se il "rammollimento" della polpa e la caduta di

composti ad azione difensiva, antiossidanti, espongono i frutti ad attacchi parassitari o

danneggiamenti nelle manipolazioni.

E' una sindrome di fondamentale importanza per la definizione della qualità sia delle

materie prime, sia dei loro derivati trasformati.

LA MATURAZIONE

Appunti di Lezione 2015/2016

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MATURAZIONE SULLA PIANTA E

MATURAZIONE DEL FRUTTO STACCATO

DALLA PIANTA

Nei frutti aclimaterici dopo il distacco la respirazione non cambia ritmo, mentre si

bloccano i processi che caratterizzano il fenomeno.

Nei frutti climaterici il distacco provoca una accelerazione della fase climaterica,

tanto da poterla “creare” come in avocado, tanto più intensa quanto più la raccolta

è anticipata verso il minimo climaterico.

Nel caso dei frutti climaterici staccati dalla pianta si devono prendere in

considerazione 2 elementi che influenzeranno la qualità finale del prodotto:

1) Il mancato apporto metabolico nel rapporto pianta/frutto/seme;

2) Variazione (accelerazione) della intensità e velocità dei processi legati alla

maturazione. Appunti di Lezione 2015/2016

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MATURAZIONE E RESPIRAZIONE

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Nella figura sono rappresentate le due

tipologie di respirazione; sopra, la tipologia

di respirazione “climaterica”, nella quale

sono distinguibili un “minimo

climaterico” (m), che rappresenta il punto

in cui il frutto cambia il ritmo respiratorio,

ed un “massimo climaterico” (M), oltre il

quale la respirazione torna nuovamente a

cadere.

Il minimo climaterico indica uno stato

fisiologico solo oltre il quale la raccolta

(distacco del frutto) può essere effettuata,

ed il frutto può continuare ad evolversi.

La zona del massimo climaterico

rappresenta la fase dell’evoluzione durante

la quale i frutti acquistano i migliori

requisiti per il consumo; pochi frutti, come

i cachi veri, raggiungono le migliori

caratteristiche per il consumo molto dopo il

superamento di questa fase.

Figura da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988

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L’intervallo tra minimo climaterico e massimo climaterico è caratteristico per molte

specie di frutti: nel mango il processo si evolve in appena 7-10 giorni, in alcune varietà di

melo anche per 120-140 giorni.

Controllano la velocità del processo la temperatura e la disponibilità di ossigeno, e

questi due fattori sono utilizzati, da soli o in combinazione, per rallentare la velocità del

processo, e quindi allargare il periodo utile per la commercializzazione.

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Figura da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016

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Figura da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016

I frutti climaterici sono caratterizzati dalla

presenza e formazione naturale

dell’ormone etilene durante i processi di

maturazione; ordinariamente il picco di

emissione di etilene precede il minimo

climaterico, ed i frutti sottoposti a

trattamenti esogeni di etilene possono

accelerare i processi respiratori e, di

conseguenza, l’evoluzione della

maturazione.

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I PROCESSI DI

MATURAZIONE

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Appunti di Lezione 2015/2016

Con i processi di maturazione, vengono

attivati gruppi enzimatici che permettono i

cambiamenti di gusto e compattezza che

rendono un frutto commestibile.

Nella figura cellulasi e poligalatturonasi

determinano l’ammorbidimento della polpa

agendo sulle strutture delle pareti cellulari,

degradando la cellulosa e aumentando le

pectine solubili.

Le invertasi trasformano i polisaccaridi in

zuccheri semplici.

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Figura tratta da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016

La velocità ed i tempi di azione dei diversi

gruppi enzimatici sono caratteristici di ogni

singola specie e possono essere misurati

attraverso i cambiamenti dei rapporti di

alcuni costituenti del succo o della polpa

che risultano complementari, o derivati

durante l’arco di maturazione del frutto.

Così, in alto, la velocità di conversione

dell’amido i zuccheri è molto elevata in

banana; al contrario, il processo si sviluppa

lentamente in melo.

Nei frutti aclimaterici la velocità della

maturazione può essere misurata attraverso

i cambiamenti dei rapporti tra due

costituenti dei frutti, generalmente presenti:

l’acidità ed il grado zuccherino (vite,

agrumi). Nell’esempio sono indicate le

variazioni tra questi due gruppi di sostanze

(acidi e zuccheri) in arancia, caratterizzata

da un arco di maturazione lungo.

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Tra i più vistosi effetti della maturazione il

cambiamento di colore è determinato dal

gioco tra tre famiglie di molecole

pigmentate: a) clorofille, b) carotenoidi e

caroteni, c) antociani, flavoni e

xantofille.

In genere la maturazione è caratterizzata da

una caduta delle clorofille (colore verde),

che può far emergere colori presenti

nell’epicarpo ma mascherati come i

carotenoidi in banana. In specie come il

melo, si ha una neoformazione di pigmenti

(xantofille), che precede l’inizio della

caduta della clorofilla, e che emerge solo a

maturazione completa, quando le clorofille

sono praticamente sparite nei tessuti

dell’epidermide.

Infine, anche nei frutti aclimaterici, come

le arance, la colorazione gialla è

determinata dalla caduta delle clorofille

che fanno emergere il colore dei

carotenoidi presenti nel flavedo del frutto.

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MATURAZIONE FISIOLOGICA

L’ABSCISSIONE

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MATURAZIONE DI RACCOLTA

E’ lo stadio in cui il frutto presenta le caratteristiche ottimali per il tipo

di produzione cui è destinato (uva da vino, olive da olio) e/o la miglior

resistenza a trasporti e manipolazioni per la conservazione e

commercializzazione del prodotto fresco (mele, pomodori da mensa).

MATURAZIONE DI CONSUMO

E’ la fase in cui il prodotto ha raggiunto i massimi requisiti gustativi ed

organolettici (mela intorno al massimo climaterico, cachi alla fine del

periodo climaterico quasi senescente).

MATURAZIONE FISIOLOGICA

E’ il completamento della evoluzione dell’embrione che, ordinariamente,

determina la fase finale della maturazione (abscissione naturale del

frutto dalla pianta) Appunti di Lezione 2015/2016

IN SINTESI:

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MATURAZIONE DI RACCOLTA

MATURAZIONE DI CONSUMO

MATURAZIONE FISIOLOGICA

Gli Indici

Appunti di Lezione 2015/2016

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Figura tratta da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 Appunti di Lezione 2015/2016

Per determinare il momento ottimale di distacco dei frutti

dalla pianta ci si avvale della misura di alcuni parametri che

caratterizzano l’evoluzione dei singoli processi (es.

resistenza al distacco presa come indice indiretto della

maturazione fisiologica, colore dell’epidermide e

compattezza della polpa per la maturazione di raccolta) o

quantità di specifici prodotti (es. grado zuccherino, resa in

olio) o, infine, della variazioni dei rapporti tra gruppi di

molecole (es. rapporto zuccheri/acidi negli agrumi).

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Figure tratte da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 Appunti di Lezione 2015/2016

Il dinamometro serve per misurare

la resistenza dinamometrica al

distacco dei frutti.

I rifrattometri servono per misurare

la concentrazione di zuccheri

riduttori nei succhi cellulari, i

densimetri per misurare la

concentrazione di zuccheri (e altri

composti solubili) nei succhi ricavati

da grandi partite di frutti campionati.

Il penetrometro serve a misurare la

compattezza della polpa espressa

come kg/cm2 di puntale

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Figura tratta da: Sansavini e Ranalli, Manuale di Ortofrutticoltura, Edagricole, 2012 Appunti di Lezione 2015/2016

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Figura tratta da: Baldini, Arboricoltura generale, Clueb, Bologna, 1988 Appunti di Lezione 2015/2016

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Figura tratta da: Sansavini e Ranalli, Manuale di Ortofrutticoltura, Edagricole, 2012 Appunti di Lezione 2015/2016

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Figura tratta da: Sansavini e Ranalli, Manuale di Ortofrutticoltura, Edagricole, 2012 Appunti di Lezione 2015/2016

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Figura da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016

I frutti, anche staccati dalla pianta,

continuano a respirare, con intensità

che dipendono dalla specie, dalla

temperatura dell’ambiente e dal tenore

di ossigeno.

Come conseguenza della respirazione,

ogni frutto sviluppa un CALORE

METABOLICO proporzionale

all’intensità della respirazione.

Questo determina un rilevante aumento

delle temperature quando i frutti

staccati vengono ammassati, con

conseguente deterioramento delle

caratteristiche dei frutti medesimi, e

richiede un accurato controllo delle

temperature di conservazione, che

possono essere modificate proprio dalla

quantità dei frutti presenti.

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Figura da: Fabbri, Produzioni vegetali, Calderini, 2001 Appunti di Lezione 2015/2016

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Cenni di conservazione dei frutti

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Figura tratta da: Sansavini e Ranalli, Manuale di Ortofrutticoltura, Edagricole, 2012 Appunti di Lezione 2015/2016

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Figura da: Fundamentals of Temperate Zone Tree Fruit Production, Edited by J. Tromp,

A.D. Webster and S.J. Wertheim, Backhuys Publishers, The Netherlands, 2005 Appunti di Lezione 2015/2016

La scelta dell’epoca ottimale

di raccolta determina le

qualità finali del frutto dopo

un definito periodo di

conservazione.

Nell’esempio, frutti raccolti

troppo precocemente non

raggiungono mai buone

caratteristiche qualitative,

mentre frutti raccolti troppo

tardi “perdono” di qualità

durante la conservazione

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Figura tratta da: Sansavini e Ranalli, Manuale di Ortofrutticoltura, Edagricole, 2012 Appunti di Lezione 2015/2016