La personalità e i suoi disturbi

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Vittorio Lingiardi LA PERSONALITÀ E I SUOI DISTURBI Lezioni di psicopatologia dinamica

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Vittorio Lingiardi

LA PERSONALITÀE I SUOI DISTURBI

Lezioni di psicopatologia dinamica

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www.saggiatore.it

© Gruppo editoriale il Saggiatore S.p.A., Milano 2004 ________________________________________

La scheda bibliografica, a cura del Sistema Bibliotecario Brianza,è riportata nell’ultima pagina del libro

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Sommario

Note sugli autori 11

Nota dell’autore 13

Introduzione 15

PRIMA PARTE: LA PERSONALITÀ

1. Che cos’è la personalità? 25

2. Personalità, carattere, temperamento 32

3. Cenni sulle principali teorie della personalità 433.1. Teorie tipologiche 433.2. Teorie dei tratti, dei fattori e delle dimensioni della personalità 463.3. Teorie psicodinamiche 62

3.3.1. Modello strutturale freudiano 653.3.2. Sviluppi della psicoanalisi 693.3.3. Le prospettive relazionali 72

3.4. Teoria dell’attaccamento 743.5. Teorie cognitive e comportamentali 80

4. Sesso e genere 914.1. L’orientamento sessuale 934.2. Lo sviluppo dell’identità di genere 944.3. Psicoanalisi e omofobia 1014.4. Perversioni e parafilie 1074.5. Cenni sui Disturbi dell’identità di genere 110

5. Personalità e trauma 1175.1. Che cosa definiamo traumatico? 1205.2. Esperienze traumatiche infantili e personalità borderline 127

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5.3. Il Disturbo post-traumatico da stress 1305.4. Dissociazione e disturbi dissociativi 1365.5. I Disturbi dell’adattamento 139

6. Personalità e meccanismi di difesa 144

7. I test psicologici e l’esame pscodiagnostico (di Luigi Abbate e Brigitta Storace) 1607.1. Aspetti psicometrici: validità e attendibilità 1637.2. Questionari di personalità 1697.3. Metodo di Rorschach 1797.4. Test tematici 1837.5. Uso dei disegni nell’esame psicodiagnostico 1887.6. I test cognitivi 1907.7. Interpretazione, Report e Restituzione 202

SECONDA PARTE: ELEMENTI DI PSICHIATRIA DINAMICA

8. La schizofrenia e i disturbi psicotici (di Francesco Gazzillo 213e Vittorio Lingiardi)8.1. Sintomi e sindromi di naura psicotica 2148.2. Alcuni modelli psicoanalitici delle psicosi 219

8.2.1. Il modello freudiano 2208.2.2. Il modello junghiano 2228.2.3. Altri modelli: Melanie Klein, Herbert Rosenfeld, 2248.2.3. Donald Winnicott, John Bowlby, Wilfred Bion

9. I disturbi dell’umore (di Maria Grazia Manfredonia 236e Francesco Gazzillo)9.1. Sintomi e sindrome depressiva 2369.2. Sintomi e sindrome maniacale 2389.3. Classificazione dei disturbi dell’umore 2409.4. Clinica dei disturbi depressivi 243

9.4.1. Depressione maggiore ricorrente 2439.4.2. Distimia 244

9.5. Clinica dei disturbi bipolari 2459.6. Il disturbo depressivo di personalità 2479.7. Principi di terapia farmacologica dei disturbi dell’umore 249

9.7.1. Trattamento farmacologico acuto della depressione 2499.7.2. Trattamento farmacologico acuto della miania 2509.7.3. Fase di continuazione dei trattamenti farmacologici 2509.7.4. Trattamento farmacologico preventivo dei disturbi dell’umore 251

9.8. Alcuni modelli psicoanalitici della depressione e della mania 2529.8.1. Sigmund Freud e Karl Abraham: lutto, melanconia 2529.8.1. e sviluppo libidico9.8.2. Melanie Klein e il concetto di posizione depressiva 2549.8.3. Donald W. Winnicott e la “capacità di preoccuparsi” 2589.8.4. Wilfred Bion, Thomas Ogden e John Bowlby 260

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10. Ansia, fobie e attacchi di panico (di Francesco Gazzillo 263e Maria Grazia Manfredonia)10.1. Le sindromi d’ansia 266

10.1.1. L’attacco di panico 26610.1.2. L’ansia cronica 26810.1.3. Il Disturbo da attacchi di panico 26810.1.4. Fobie specifiche e fobia sociale 26910.1.5. Il Disturbo ossessivo-compulsivo 27110.1.6. Il Disturbo d’ansia generalizzato 27310.1.7. Cenni di terapia per i disturbi d’ansia 274

10.2. Elementi di comprensione psicodinamica dei disturbi d’ansia 27510.2.1. Per una classificazione delle nevrosi e delle situazioni 275

angoscianti prototipiche10.3. Cenni sulla psicodinamica dei disturbi d’ansia 278

10.3.1. L’isteria d’angoscia (Fobie) 28010.3.2. La nevrosi ossessiva (Disturbo ossessivo-compulsivo) 281

11. La personalità nei disturbi dell’alimentazione (di Laura Buonarrivo) 28711.1. Il profilo dei disturbi alimentari 28711.2. I fattori di rischio 28911.3. I quadri di comorbilità 29011.4. Gli aspetti psicodinamici 291

Tipo borderline 293Tipo narcisista 293Tipo dipendente 294Tipo ossessivo-compulsivo 294

12. Cenni sull’abuso di sostanze (di Sandra Girosi) 29612.1. L’alcolismo 29612.2. Abuso e dipendenza da sostanze stupefacenti 298

13. Regolazione affettiva, alessitimia e disturbi psicosomatici 301(di Laura Buonarrivo)13.1. Alessitimia 30413.2. Somatizzazione 305

TERZA PARTE: I DISTURBI DELLA PERSONALITÀ

14. Aspetti generali di psicopatologia della personalità 31114.1. Cenni storici 31214.2. Disturbi di personalità, attaccamento e stile cognitivo 31614.3. L’area borderline 318

14.3.1. Il modello strutturale di Otto Kernberg 32514.3.2. Il modello bio-psico-sociale di Joel Paris 33214.3.3. Il modello di Peter Fonagy 335

14.4. Il destino diagnostico dell’isteria 338

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14.5. I disturbi del narcisismo (di Simona Falanga e Antonello Colli) 34614.5.1. Narcisismo e psicoanalisi 34814.5.2. Problemi diagnostici: il DSM 35114.5.3. Prospettive future 353

14.6. La dipendenza relazionale 35514.6.1. Cenni sulla personalità dipendente e la sua psicodinamica 35614.6.2. Problemi diagnostici: psicologia accademica e DSM 360

15. I sistemi internazionali di classificazione: DSM e ICD 36715.1. Il sistema ICD 36915.2. Il sistema DSM 37115.3. Inquadramento descrittivo dei principali strumenti di valutazione diagnostica 376

15.3.1. SCID-II 38115.4. Limiti del DSM e dei suoi strumenti 38415.5. La Shedler Westen Assessment Procedure-200 391

16. La classificazione dei disturbi della personalità 40116.1. Cluster A 401

16.1.1. Disturbo paranoide di personalità (PPD) 40116.1.2. Disturbo schizoide di personalità (SPD) 40516.1.3. Disturbo schizotipico di personalità (SZPD) 407

16.2. Cluster B 41016.2.1. Disturbo antisociale di personalità (ASPD) 41016.2.2. Disturbo borderline di personalità (BPD) 41416.2.3. Disturbo istrionico di personalità (HPD) 42316.2.4. Disturbo narcisistico di personalità (NDP) 426

16.3. Cluster C 43216.3.1. Disturbo evitante di personalità (APD) 43216.3.2. Disturbo dipendente di personalità (DPD) 43516.3.3. Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità (OCPD) 438

16.4. Disturbi di personalità non altrimenti specificati e disturbi 443di personalità proposti per ulteriori studi

17. Diagnosi di personalità e variabili culturali 447

18. Psicopatologia al cinema (di Francesca Ortu e Vittorio Lingiardi) 45718.1. Per un approfondimento cinematografico in psicopatologia: 461

piccola guida incompleta per temi

Appendice 465Glossario 467Indice degli autori citati 493Indice delle tabelle e delle figure 499

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Note sugli autori

VITTORIO LINGIARDI: psichiatra, psicoanalista. Professore di Psicopatologia (laureatriennale) e Valutazione Testologica e Diagnosi (laurea specialistica), Dipartimento diPsicologia Dinamica e Clinica, Facoltà di Psicologia1, Università La Sapienza, Roma.

LUIGI ABBATE: psicologo, membro dell’American Psychological Association e Fellow del-la Society for Personality Assessment.

LAURA BUONARRIVO: psicologa clinica. Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica,Facoltà di Psicologia 1, Università La Sapienza, Roma.

ANTONELLO COLLI: psicologo. Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Fa-coltà di Psicologia 1, Università La Sapienza, Roma.

SIMONA FALANGA: psicologa. Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Facoltàdi Psicologia 1, Università La Sapienza, Roma.

FRANCESCO GAZZILLO: psicologo. Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Fa-coltà di Psicologia 1, Università La Sapienza, Roma.

SANDRA GIROSI: psicologa. Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Facoltà diPsicologia 1, Università La Sapienza, Roma.

MARIA GRAZIA MANFREDONIA: psichiatra, dirigente 1° livello SPDC Desio, Milano.

FRANCESCA ORTU: psicologa clinica. Professore di Psicologia Dinamica, Dipartimento diPsicologia Dinamica e Clinica, Facoltà di Psicologia 1, Università La Sapienza, Roma.

BRIGITTA STARACE: Psicologa. Consulente per la psicodiagnostica del Centro di Consu-lenza Interdistrettuale Pierino e il Lupo, Roma.

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Nota dell’autore

Questo manuale è rivolto agli studenti della Facoltà di Psicologia, ma anche al let-tore curioso e affascinato dalla personalità umana e dalle sue espressioni, in par-ticolare quelle che, oggi, prendono il nome di disturbi della personalità. A qual-che anno dalla sua prima pubblicazione, senza tradirne il carattere introduttivo eorientativo, ho sentito il bisogno di arricchirlo di nuove informazioni e spunti diriflessione. Ho dedicato più spazio ad argomenti di area psicopatologica e dina-mica, indispensabili per un approccio più consapevole al tema in esame, che ri-mane comunque quello della personalità. Ho cercato di mantenere le indicazionibibliografiche a un livello essenziale, preferendo inserire una scelta di testi consi-gliati alla fine di ogni capitolo. Nel testo, i nomi degli autori sono spesso seguitida date tra parentesi, che servono a collocarli nel tempo (oppure a datare una lo-ro opera cui sto facendo riferimento) senza però rinviare necessariamente a unabibliografia citata. Nelle guide bibliografiche a fine capitolo ho cercato, quandopossibile, di privilegiare testi italiani o tradotti in lingua italiana. Alla fine del vo-lume troverete un glossario delle parole chiave e dei concetti principali presi inesame nei vari capitoli.

La sintetica ricostruzione della storia del concetto di personalità e delle relati-ve teorie (capitoli 1, 2, 3) non è in alcun modo sostitutiva delle articolate tratta-zioni disponibili e che raccomando al lettore (Hall, Lindzey, 1978; Reisman, 1991;Mischel, 1993; Lombardo, Pedone, 1995; Clarkin, Lenzenweger, 1996; Pervin,John, 1997; Dazzi, De Coro, 2001; Caprara, Gennaro, 2004). In via del tutto ge-nerale, si può comunque affermare che gli studi sulla personalità e la sua valuta-zione rientrano in tre grandi tradizioni: 1) quella psichiatrica, che si serve dei cri-teri del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders dell’American Psy-chiatric Association (DSM, nelle sue varie edizioni) o dell’International Classifica-tion of Diseases dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD, giunto alla deci-ma edizione) per classificare gli assetti psicopatologici della personalità in sindro-

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mi specifiche; 2) quella psicodinamica e psicoanalitica, che, per mezzo di narra-zioni e formulazioni cliniche, descrive i diversi aspetti del funzionamento cogniti-vo, emotivo-affettivo, comportamentale; 3) quella accademica psicometrica che,per valutare le dimensioni che meglio descrivono e differenziano gli individui, siserve di strumenti standardizzati, in forma di test o di questionari.*

Nel corso del volume faccio spesso riferimento ai criteri diagnostici del DSM(ho preso in considerazione l’ultima edizione, DSM-IV-TR, Text Revision, 2000). Purpresentando molti limiti ed essendo oggetto di alcune critiche sostanziali (vedi pa-ragrafo 15.4.), il DSM continua a rappresentare una sorta di “esperanto” della co-munità internazionale di chi opera nel campo della salute mentale: conoscerlo, neisuoi punti di forza e debolezza, è indispensabile. Il DSM è per definizione un si-stema in continuo aggiornamento e revisione (veicolando in questo modo l’ideache la diagnosi è un processo dinamico): in tempi brevi è prevista la sua quintaedizione. In questo volume mi limito però a fornire i principali elementi utili a uninquadramento diagnostico generale dei disturbi di personalità senza affrontarein modo troppo dettagliato le loro pur affascinanti vicissitudini nelle diverse edi-zioni del DSM.

Non ci stancheremo mai di ricordare che i sistemi di classificazione sono stru-menti di comunicazione e schemi di riferimento clinico indispensabili, ma al tem-po stesso riduttivi. Se questi manuali, e gli strumenti di valutazione a essi ispirati,rappresentano il versante “obiettivo” dell’indagine diagnostica, è solo nell’incon-tro con la soggettività del paziente, e dunque nella dimensione del colloquio, cheil clinico può ipotizzare un percorso diagnostico e terapeutico realmente adegua-to alle esigenze del singolo individuo.

* La famiglia dei test di personalità è molto vasta e in continua crescita, e costituisce un argomento specia-listico che in questo libro verrà affrontato, mantenendo il taglio introduttivo del manuale, nel settimo capitolo.Anche in questo caso si rimanda alla letteratura specialistica e ai manuali disponibili, corredati degli indispen-sabili approfondimenti metodologici e clinici (Boncori, 1996; Del Corno, Lang, 1997; Lis, 1998; Groth-Marnat,1999).

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Introduzione

... l’essere umano – l’oggetto del nostro studio – è come una nuvola che cam-bia continuamente forma e gli psicologi sono come la gente che ci vede del-le facce. Uno psicologo riconosce al margine superiore i contorni di un nasoe di un labbro e poi, miracolosamente, altre parti della nuvola si orientanorispetto ai contorni inizialmente riconosciuti finché si viene a delineare il pro-filo di un superuomo che guarda lontano davanti a sé. Un altro psicologo èattratto da una porzione inferiore della nuvola e vi scorge un orecchio, unnaso, un mento e allora a poco a poco la nuvola prende le sembianze di unEpimeteo con lo sguardo rivolto all’indietro. Così, per ciascun osservatore,ogni porzione della nuvola ha funzioni, nomi e valori diversi – fissati dall’i-niziale influenza percettiva. Per essere il fondatore di una scuola, dunque,basta vedere una faccia lungo un altro margine della nuvola...

HENRY A. MURRAY

La personalità intesa come una completa realizzazione della totalità della no-stra natura è un ideale irraggiungibile. Il fatto di essere irraggiungibile perònon è mai un’obiezione valida per un ideale, perché gli ideali non sono altroche guide e mai mete.

CARL G. JUNG

«L’amore e la morte» scrive Marcel Proust «hanno come punto comune quello d’in-durci a interrogare più profondamente, nel timore che la sua realtà ci sfugga, il mi-stero della personalità», che un altro grande “psicologo”, Wolfgang Goethe, defi-nisce “il più grande bene umano”. Come ha scritto KARL JASPERS (1883-1969) nelsuo fondamentale volume di Psicopatologia generale, dai romanzi, da alcuni gran-di romanzi russi in particolare, scaturiscono ragioni e occasioni di conoscenza del-l’anima più profonde e radicali di quelle che nascono dai testi di psichiatria. Se ilmistero della personalità è stato raccontato dalle letterature di tutto il mondo mol-to prima di diventare il principale oggetto di studio della moderna psicologia, èperò a questa che ci dobbiamo rivolgere se vogliamo riferirci a un sapere sistema-tico. Il viaggio nel mondo delle classificazioni psicologiche e psicopatologiche chestiamo per affrontare non deve tuttavia farci dimenticare che quelli che presente-remo altro non sono che modelli descrittivi e/o esplicativi. Figli del loro tempo,molti di essi passeranno di moda. Verranno confutati, trasformati, riabilitati e for-se, un giorno, dimenticati: «Le teorie scientifiche» ha scritto il matematico HenriPoincaré «sono come gli imperi: il loro domani è incerto».

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Una spiegazione esauriente del mistero della personalità rappresenta un com-pito ideale, come ideali sono i concetti di “libera e compiuta realizzazione dellapersonalità” e di “assoluta normalità psichica”. Forse Christopher Bollas (2001)coglie nel segno quando scrive che il termine “normale”, applicato all’essere uma-no, significa «ampiamente combattuto, o temporaneamente malato in così tantimodi che il Sé ha la libertà di articolare il proprio modo di essere e di relazio-narsi».

SIGMUND FREUD (1856-1939), spiegando per quale motivo lo studio della “pa-tologia” può fornire informazioni utili anche alla comprensione della “normalità”,racconta il segreto della personalità con un esempio: «Se gettiamo per terra un cri-stallo, questo si frantuma, ma non in modo arbitrario; si spacca secondo le sue li-nee di sfaldatura in pezzi i cui contorni, benché invisibili, erano tuttavia determi-nati in precedenza dalla struttura del cristallo». La personalità è un insieme di ca-ratteristiche non casuali, il cui modo di integrarsi, e quindi anche di rompersi, ri-sponde a percorsi spesso misteriosi, ma che possiamo provare a descrivere e a ri-condurre a modelli più generali.

Nelle relazioni sociali che quotidianamente viviamo, è esperienza comune ten-tare di capire la personalità degli individui con cui entriamo in contatto. Le no-stre deduzioni, tuttavia, il più delle volte scaturiscono dalla semplice osservazio-ne di caratteristiche manifeste, per esempio il modo di vestirsi, il comportamen-to, il tono della voce, lo sguardo ecc. Confrontando questi elementi con modelliimpliciti e con informazioni ricavate dalla nostra esperienza, e attribuendo un par-ticolare significato ad alcuni di essi, finiamo per definire la persona, per esempio,“gradevole” o “sgradevole”, oppure possiamo essere più precisi e dire che è “ti-mida” o “allegra” o persino che “non ha personalità”. È evidente che con questedescrizioni veicoliamo anche un giudizio; giudizio che, in una valutazione obiet-tiva, non avrebbe luogo. Se però ci chiedessero di definire precisamente quel cheintendiamo con “personalità”, la maggior parte di noi non saprebbe da dove co-minciare; e se tentassimo una definizione è improbabile che finiremmo per adot-tare tutti la stessa. Eppure, il fatto che nel linguaggio di tutti i giorni facciamo ri-ferimento a qualcosa che chiamiamo “personalità”, vuol dire che in qualche mo-do condividiamo un’idea del significato generale del termine.

Il termine personalità è usato in psicologia, e anche nel linguaggio quotidiano,per indicare quell’insieme di caratteristiche che rende le persone l’una diversa dal-l’altra, ma anche che ci permette di riconoscerle per affinità. Tali caratteristiche,oltre a differire da un individuo all’altro, sono relativamente stabili: per esempio,quando di una persona si dice che è timida, ci si aspetta che sia spesso, se non sem-pre, timida.

La complessità della personalità umana è talmente evidente da far sembrare

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approssimativo ogni tentativo di descriverla, arrivando magari a identificare stilidi personalità caratteristici o personalità “tipiche”. Il pericolo della classificazionedelle personalità è infatti quello di cercare di adattare delle generalizzazioni o del-le astrazioni ai casi irripetibili dell’esperienza umana, creando categorie che ri-schiano di funzionare come il mitico letto di Procuste, la cui misura obbligatoriafaceva sì che chi era troppo corto venisse tirato e chi troppo lungo amputato. D’al-tra parte, non possiamo negare che gli esseri umani, pur nella variabilità dei con-testi culturali, hanno modi caratteristici di affrontare gli eventi, i problemi e le re-lazioni. Alcuni tratti del nostro modo di pensare, di fare esperienza e di compor-tarci tendono infatti a riproporsi e a rimanere relativamente stabili di fronte a sti-moli diversi: ecco di nuovo il concetto di personalità, o meglio di stile di perso-nalità.

Quando una costellazione di tratti della personalità è troppo rigida e disadat-tiva rispetto all’ambiente e alla cultura dell’individuo, al punto da compromette-re seriamente il suo funzionamento sociale, lavorativo e relazionale e da produr-re, nel soggetto e in chi gli sta intorno, una grave sofferenza o un marcato disagio,le probabilità che si configuri un disturbo di personalità sono molte. I disturbi del-la personalità possono dunque essere considerati esagerazioni o distorsioni deglistili di personalità e dei tratti sottostanti. Essi non sono una manifestazione se-condaria di un altro disturbo mentale, per esempio la depressione, la schizofrenia,i disturbi d’ansia; possono coesistere con altri disturbi mentali, ma esprimono unacondizione patologica autonomadella personalità. L’Organizzazione Mondiale del-la Sanità definisce un disturbo della personalità come un grave disturbo della co-stituzione caratteriologica e delle tendenze comportamentali dell’individuo quasisempre associato a conflitti sociali e personali.

La categoria dei disturbi di personalità ha ricevuto, negli ultimi decenni, unacrescente attenzione e oggi è oggetto di studi e ricerche sempre più sofisticati. Lostudio epidemiologico e il trattamento dei disturbi di personalità hanno mostratoche essi rappresentano una condizione certo variegata nelle sue manifestazioni cli-niche, ma piuttosto comune. La loro frequenza nella popolazione generale adultaè stimata attorno al 10-15% e aumenta notevolmente negli ambiti clinici (ospe-dalieri e ambulatoriali).

I problemi psicologici e le difficoltà di adattamento di una persona non sonoper forza il risultato di una personalità disturbata. Possono per esempio scaturireda un conflitto psichico sperimentato consciamente o da circostanze particolari eimmodificabili della vita. Solo quando l’intero “funzionamento” dell’individuo ècondizionato da certe caratteristiche estreme e pervasive si può parlare di distur-bo della personalità.

Lo studio di questi disturbi può contribuire significativamente alla salute men-

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tale pubblica e al benessere sociale. Nella loro espressione più drammatica, essisono spesso alla base di problemi come i comportamenti criminali, la violenza ses-suale, l’abuso e il maltrattamento dei minori. Un disturbo di personalità, inoltre,fa frequentemente da sfondo a episodi di suicidio, a gravi problemi relazionali in-tra ed extra-familiari, alla dipendenza dall’alcol o da altre sostanze, a situazioni didisperato ritiro sociale e solitudine, a comportamenti pericolosamente impulsivi eantisociali ecc.

Ma quando gli stili di personalità diventano disturbi? In questo libro cerche-remo di capirlo, spiegando che cos’è la personalità, illustrando come vengono clas-sificati i suoi disturbi e descrivendo i principali modelli teorici di riferimento.

Il manuale si compone di tre parti: nella prima espongo il concetto di personalitàe le principali teorie di riferimento, per poi introdurre argomenti quali la forma-zione dell’identità di genere, il ruolo delle esperienze traumatiche nella genesi deidisturbi di personalità, il funzionamento dei meccanismi di difesa e alcuni dei prin-cipali test di valutazione della personalità. Nella seconda illustro, in chiave clini-co-diagnostica, le caratteristiche di alcuni disturbi psichiatrici che influenzano inmodo significativo l’espressione della personalità. Nella terza parte, finalmente,descrivo i singoli disturbi di personalità e la loro classificazione.

Nel PRIMO e nel SECONDO capitolo introduco il concetto di personalità e ne riper-corro la storia a partire dagli autori dell’antichità. Vengono illustrate le diverse de-finizioni dei termini carattere, temperamento, personalità, identità: costrutti il cuisignificato va messo in relazione al contesto teorico di riferimento.

Nel TERZO capitolo descrivo le principali teorie della personalità. La storia diqueste teorie ripercorre le tappe non solo della psicologia, ma anche del pensierofilosofico fin dalle origini: una rassegna completa è dunque un’impresa impossi-bile. Per ragioni espositive, ricorro a una classificazione di massima, in cui distin-guo quattro raggruppamenti principali: 1) teorie tipologiche; 2) teorie dei tratti,dei fattori, delle dimensioni; 3) teorie dinamiche; 4) teorie cognitivo-comporta-mentali. Un paragrafo a parte è dedicato al concetto di attaccamento, la cui qua-lità incide profondamente sullo sviluppo della personalità.

Nel QUARTO capitolo introduco i concetti di sesso, orientamento sessuale, ge-nere e identità di genere in rapporto al processo di sviluppo della personalità.

Nel QUINTO capitolo considero il ruolo svolto da esperienze traumatiche in-fantili nello sviluppo della personalità e, come dimostrato da numerose ricerche,nella patogenesi dei disturbi di personalità, in particolare di area borderline.

Il SESTO capitolo è dedicato ai meccanismi di difesa. Il SETTIMO capitolo è una rassegna, curata da due specialisti del settore, di infor-

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mazioni e concetti base necessari per comprendere la complessa realtà, psicome-trica e clinica, dei test per la valutazione della personalità.

Nei capitoli OTTAVO, NONO e DECIMO vengono illustrate sinteticamente le piùrilevanti caratteristiche descrittive, eziologiche, patogenetiche e dinamiche deiprincipali disturbi psichiatrici, con l’intento di fornire al lettore gli strumenti dibase per comprendere i concetti di psicosi, depressione e mania, ansia e fobia.

L’UNDICESIMO e il DODICESIMO capitolo sono dedicati rispettivamente ai di-sturbi del comportamento alimentare e da abuso di sostanze; lo scopo principaledi questi capitoli è quello di delineare in che modo queste condizioni psicopato-logiche influenzino l’espressione della personalità e al tempo stesso siano il risul-tato di un suo disturbo.

Il TREDICESIMO capitolo chiude la breve sezione “psichiatrica” del manuale, conun inquadramento delle nozioni più recenti in tema di regolazione affettiva, di-sturbi psicosomatici e alessitimia.

Il QUATTORDICESIMO capitolo apre la terza parte del manuale. Viene tracciatoun breve excursus storico del concetto di disturbo della personalità, che per mol-to tempo ha occupato una posizione ancillare nell’ambito della nosografia psi-chiatrica. Solo in tempi relativamente recenti i disturbi della personalità hanno as-sunto dignità di valide entità diagnostiche (con specifici indicatori psicologici, so-ciali e biologici). Oltre al modello bio-psico-sociale proposto da Joel Paris, vieneillustrato il modello strutturale di Otto Kernberg, la cui classificazione delle treprincipali organizzazioni di personalità (nevrotica, borderline, psicotica), è con-nessa a criteri di gravità. Secondo Kernberg, l’organizzazione borderline di per-sonalità include vari disturbi che il DSM classifica invece separatamente. Un altromodello presentato in questo capitolo è quello proposto da Peter Fonagy, basatosul tentativo di comprendere i disturbi della personalità rifacendosi alle vicissitu-dini dell’attaccamento e all’efficienza della funzione riflessiva. Specifici ap-profondimenti verranno infine dedicati agli ambiti diagnostici dell’isteria, del nar-cisismo e della dipendenza relazionale.

Nel QUINDICESIMO capitolo presento le due principali classificazioni interna-zionali dei disturbi di personalità: il DSM e l’ICD. Verranno quindi descritte la Struc-tured Clinical Interview for DSM-Axis II (SCID-II), un’intervista semistrutturata chepermette di fare diagnosi di disturbo di personalità secondo il DSM, e la Shedler-Westen Assessment Procedure-200 (SWAP-200). Quest’ultima procedura, da pocointrodotta in Italia (Westen, Shedler, Lingiardi, 2003), permette a clinici e ricer-catori di fare diagnosi qualitative e quantitative, categoriali e dimensionali di stilie disturbi della personalità.

Nel SEDICESIMO capitolo presento la classificazione dei disturbi di personalitàproposta dal DSM-IV in tre cluster: A, B, C. Per ciascun disturbo vengono illustra-

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ti profilo diagnostico e aspetti psicodinamici. Ogni presentazione è seguita da unavignetta clinica.

Dal momento che i concetti stessi di personalità e disturbo di personalità pos-sono variare da cultura a cultura, nel DICIASSETTESIMO capitolo discuto l’impor-tanza del contesto culturale nello studio della personalità.

Il capitolo DICIOTTESIMO, che chiude il manuale, è una piccola guida a uno stu-dio della psicopatologia che si serve del cinema come ausilio didattico privilegia-to, capace di farci osservatori partecipi di un’esperienza emotiva e narrativa me-diata da uno “schermo”.

Ringraziamenti

Senza le domande e le osservazioni degli studenti e dei tirocinanti della Facoltà diPsicologia 1 dell’Università La Sapienza di Roma non avrei saputo come ampliare eriorganizzare il testo originario. Per avermi dato questa motivazione li ringrazio. Gra-zie in particolare a Francesco Gazzillo, Francesco De Bei, Viviana Massaro e Anna-lisa Tanzilli per il loro contribuito alla realizzazione di questa nuova edizione.

Guida bibliografica

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Introduzione 21

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Page 19: La personalità e i suoi disturbi

PRIMA PARTE

La personalità

Il carattere è il destino.

ERACLITO

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1. Che cos’è la personalità?

Personalità deriva dal latino persona, cioè maschera. Si tratta della maschera indos-sata dagli attori che, interpretando i loro personaggi in grandi anfiteatri e dovendofarsi sentire da tutto il pubblico, parlavano da una piccola apertura a imbuto attra-verso (per-) la quale potevano diffondere meglio il suono (sona) della propria vo-ce. Etimologicamente, dunque, la personalità sarebbe un’amplificazione delle ca-ratteristiche individuali del personaggio rappresentato dall’attore, in modo che ilpubblico sapesse quali atteggiamenti e comportamenti aspettarsi da lui. Nello stoi-cismo tardo, il termine persona passa a qualificare l’individuo umano in quantoavente un ruolo nel mondo, assegnatogli dal destino.

Il riferimento alla maschera implica ciò che appare di un determinato sogget-to: questo significato è in parte rimasto nell’uso corrente del termine, talora conuna connotazione negativa oppure con un’allusione all’impatto “carismatico” dicaratteristiche che spesso hanno più a che fare con le capacità di adattamento e diaffermazione sociale (“un uomo senza personalità”, “una personalità spiccata”,“all’inaugurazione erano presenti le più importanti personalità del mondo dellospettacolo...”). Con il tempo, il concetto di personalità ha perso la sua connota-zione di apparenza per rappresentare non tanto la maschera, quanto la personareale con le sue più profonde caratteristiche. In linea generale, oggi, con il termi-ne personalità, si indica una modalità strutturata di pensiero, sentimento e com-portamento che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggettoe che risulta da fattori temperamentali, dello sviluppo e dell’esperienza sociale.

Il termine personalità viene utilizzato, spesso con diverse sfumature di significa-to, in ogni registro del linguaggio: nel linguaggio parlato, in quello letterario e in quel-lo scientifico-accademico. Gordon Allport (1897-1967), uno dei padri dei modernistudi psicologici sulla personalità, ha contato più di cinquanta definizioni diverse. Peril filosofo e psichiatra tedesco Karl Jaspers (1883-1969) «nessun concetto viene impie-gato con significati tanto diversi e variabili come quello di personalità o carattere».

Page 22: La personalità e i suoi disturbi

Carattere, temperamento, costituzione, tipo, disposizione, tratto, non sono con-cetti univoci, ma, scrivono Caprara e Gennaro (1999), «costrutti ipotetici che as-sumono senso in particolari teorie, mentre possono restare del tutto estranei adaltre. La stessa nozione di personalità è un costrutto ipotetico che ha significati eimplicazioni diverse nelle differenti teorie. Con essa si designa un tessuto di pro-blemi più che una realtà di fatto».

Una tentazione della psichiatria è stata per molti anni quella di descrivere lapersonalità come una categoria diagnostica chiusa e piuttosto statica. Oggi, no-nostante l’impiego di definizioni che puntano alla massima condivisibilità e il ri-conoscimento delle basi biologiche del temperamento, si tende a studiare il con-cetto di personalità anche in relazione alle sue possibilità trasformative di frontea eventi esterni specifici, al modo in cui il soggetto li affronta, alle diverse fasi del-la vita o ai percorsi della relazione terapeutica.

Durante i primi anni di vita, il bambino mostra una vasta gamma di compor-tamenti; anche se orientati dalla disposizione costituzionale, i modi con cui unbambino piccolo entra in contatto con l’ambiente, manifesta i propri bisogni oesprime gli affetti, sono piuttosto imprevedibili e mutevoli. Con il passare del tem-po, e grazie all’influenza esercitata dalle risposte ambientali, tali modi diventanosempre più strutturati, specifici e selettivi. Si può dire quindi che 1) lo sviluppopsico-biologico, 2) il contesto psico-affettivo e 3) l’ambiente socio-culturale concor-rono a formare una serie di tratti profondamente impressi e tendenzialmente sta-bili. Tali caratteristiche contengono e informano la personalità del bambino, cioèi suoi modi più o meno integrati e abituali di “funzionamento” psicologico e com-portamentale. Emergendo dalla complessa storia personale, tali tratti andranno acostituire lo stile individuale. La personalità non è una miscela casuale di pensie-ri, sentimenti, comportamenti e stili percettivi, bensì una trama, magari silenzio-sa o enigmatica, internamente organizzata.

Allport ha definito la personalità come l’organizzazione dinamica di quei si-stemi psicofisici che determinano l’adattamento specifico del soggetto all’ambiente.Hans Eysenck (1916-1997) considera la personalità come la somma totale deglischemi di comportamento effettivi o potenziali dell’organismo, così come sono de-terminati dall’ereditarietà e dall’ambiente. Per Theodor Millon (1995) la perso-nalità è il risultato delle modalità comportamentali che si sviluppano, in rispostaalle sfide dell’esistenza, durante i primi sei anni di vita circa: «la varietà iniziale deidiversi comportamenti del bambino gradualmente viene a restringersi facendosipiù selettiva fino a che si cristallizza in modalità preferenziali di relazionarsi aglialtri e di affrontare il mondo».

La personalità, i cui tratti emergono da una matrice di predisposizioni eredi-tate biologicamente e di fattori appresi dall’esperienza, andrebbe dunque vista co-

26 La personalità e i suoi disturbi

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me un modello complesso di caratteristiche psicologiche e comportamentali chesi esprimono, più o meno automaticamente, in quasi tutti gli aspetti del funziona-mento individuale. L’esistenza di diversi approcci teorici e clinici mostra le diver-se possibilità di lettura della personalità, ma anche una loro possibile integrazio-ne (vedi tabella 1.1.).

Approfondiremo in seguito i modelli teorici da cui si sono sviluppate le variedefinizioni di personalità. Per adesso ci limitiamo alla definizione proposta dal-l’Organizzazione Mondiale della Sanità (1992):

Con personalità si intende una modalità strutturata di pensiero, sentimento e com-portamento che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggetto eche risulta da fattori costituzionali, dello sviluppo e dell’esperienza sociale.

Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV) dell’American Psy-chiatric Association definisce i tratti della personalità come

modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e dise stessi, che si manifestano in un ampio spettro di contesti sociali e personali. So-lo quando tali tratti sono rigidi e non adattativi e causano una significativa com-promissione del funzionamento sociale o lavorativo, oppure una sofferenza sog-gettiva, essi costituiscono i disturbi di personalità.

Come vedremo nel prossimo capitolo, i tratti della personalità, anche se notevol-mente influenzati dalle variazioni temperamentali, sono un costrutto diverso daquello di temperamento. Mentre quest’ultimo si riferisce a caratteristiche presen-ti fin dalla nascita, i tratti della personalità sono considerati una miscela di tem-peramento ed esperienza. I tratti di personalità si organizzano in modi più o me-no costanti e formano tipi o stili di personalità (Shapiro, 1965).

Un disturbo della personalità viene diagnosticato solo quando lo stile della per-sonalità di un individuo interferisce con il suo funzionamento affettivo, lavorati-vo e relazionale. L’assunto di base di una concezione dimensionale è che vi sia unarelazione continua tra stili e disturbi di personalità, dove i disturbi rappresentanol’estremo di un continuum. In questa prospettiva, i disturbi della personalità sonovisti come esagerazioni o distorsioni di tratti sottostanti, al punto che il compor-tamento che ne consegue diventa rigido e disadattivo (tabella 1.4.). I disturbi del-la personalità possono anche essere considerati come costruzioni categoriali (laclassificazione sull’Asse II del DSM ne è un esempio, vedi capitolo 8). Sarà allorain base a una decisione diagnostica che un soggetto verrà collocato al di qua o aldi là di soglie definite da specifici criteri.

Che cos’è la personalità? 27

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Tabella 1.2.Alcuni princìpi per concettualizzare la personalità e i suoi disturbi secondo Theodor Millon.

1 La personalità consiste di unità multiformi organizzate su livelli multipli.

2 La personalità si sviluppa lungo un continuum. Non c’è una divisione netta tra nor-malità e patologia.

3 I criteri con cui valutare la patologia della personalità devono essere logicamentecoordinati all’interno di un modello.

4 I disturbi di personalità non sono malattie.

5 I disturbi di personalità sono sistemi funzionali e strutturali differenziati internamente,e non entità internamente omogenee.

6 I disturbi di personalità sono sistemi dinamici e non entità statiche e inanimate.

7 I disturbi di personalità possono essere valutati, ma non diagnosticati in modo de-finitivo.

8 I disturbi di personalità richiedono modalità di intervento terapeutico specifiche, pia-nificate e integrate.

Che cos’è la personalità? 29

Tabella 1.3.Alcuni princìpi per concettualizzare i tratti e i disturbi della personalità secondo il modello bio-psico-sociale di Joel Paris.

1 I disturbi di personalità rappresentano amplificazioni patologiche dei tratti.

2 L’amplificazione dei tratti in disturbi è mediata da fattori biologici, sociali e psicolo-gici.

3 I tratti di personalità sono fortemente influenzati dai fattori genetici.

4 I tratti di personalità possono essere più o meno adattivi a seconda del contesto so-ciale.

5 I disturbi di personalità si sviluppano più facilmente quando vi è discordanza fra trat-ti di personalità e aspettative sociali.

Page 26: La personalità e i suoi disturbi

30 La personalità e i suoi disturbi

Perfezionismo

Laboriosità

Progettualità

Moralità

Coscienziosità

Inibizioneemotiva

Sono orgoglioso diciò che faccio.

Credo nell’etica dellavoro.

Mi piace conside-rare le mie possibi-lità di scelta primadi iniziare a farequalcosa.

Mi piace fare la co-sa giusta.

Mi piace prenderei miei tempi e farele cose bene.

Conosco il mio ca-rattere e so di nonessere facile al-l’entusiasmo.

Devo dedicarmi al-le cose fino a quan-do non son fatteproprio bene.

Raramente facciouna pausa per ri-posarmi o dedicar-mi alla mia fami-glia.

Prima di decidere,devo analizzaretutte le alternative.

A volte sono intol-lerante verso lepersone che han-no meno parametrimorali di me.

A volte penso chegli altri mi disap-proverebbero setrovassero ancheun piccolo errore inun mio lavoro.

È molto raro che miemozioni.

Devo dedicarmi al-le cose fino a quan-do non sono per-fette, anche sevanno già bene perlo scopo per cui leho fatte.

Non posso soppor-tare i lavori lasciatiin sospeso.Non miprendo mai una va-canza.

Prendo in conside-razione così tantealternative che poifaccio davvero fati-ca a decidermi.

Sono disgustatodal lassismo e dal-l ’ incompetenzache vedo in tuttiquelli che mi cir-condano.

Non riesco a smet-tere di lavorare finoa quando non sonosicuro che gli altrisaranno soddisfattidel lavoro che hofatto.

Non mi emoziono enon riesco mai a la-sciarmi andare.

Niente è mai fattobene abbastanza equindi non finiscomai i lavori che in-traprendo.

Se lascio del lavo-ro in sospeso miprende il panico.Lavoro talmentefino a tardi che disolito mi fermo adormire in ufficio.

Mi perdo nel tenta-tivo di prevederetutte le possibilità ei dettagli, e così rin-vio tutto e non de-cido niente.

Penso che chiun-que devia dai mieistandard moralidebba essere pu-nito.

Controllo e ricon-trollo il mio lavorofino a che non so-no assolutamentesicuro che nessu-no vi può trovareun errore.

Non capisco a co-sa servano le emo-zioni. Non ho maitratto alcun piace-re dalla vita.

Tabella 1.4.Diversi livelli di pervasività e rigidità di alcuni tratti della personalità nell’area ossessivo-com-pulsiva (dal livello dell’adattamento al grave disturbo) (modificata da Millon, Davis, 2000).

Adattamento Livello subclinico Disturbo Grave disturbo

Page 27: La personalità e i suoi disturbi

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Che cos’è la personalità? 31