La peer education. Lineamenti operativi 2011

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Roma 2011 Rosalia Giammetta [email protected] PreSaM Prevenzione e Salute Mentale Associazione Onlus, Roma

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Che cos'è la peer education? Come si progetta un intervento di peer education?

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Roma 2011

Rosalia Giammetta [email protected]

PreSaM Prevenzione e Salute Mentale Associazione Onlus, Roma

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Le idee di fondo

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La Peer Education è un pezzo di un puzzleLa Peer Education si colloca all’interno di una

strategia complessiva di intervento che prevede

una molteplicità di percorsi (di tipo culturale, educativo, sociale e socio-sanitario), in ambiti differenti (scuola, famiglia, comunità locale),l’integrazione con il lavoro svolto dalle agenzie presenti sul territorio, in una cornice di pensiero in cui è riconosciuto il contributo di tutti i partecipanti.

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L’articolazione dell’intervento

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La scelta di aderire al progetto deve essere consapevole!

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Alla fine si otterrà un gruppo eterogeneo, formato da non più di sedici ragazzi, provenienti da classi diverse nella misura di due o tre per classe se l’intervento avviene nel contesto scolastico, gruppo che va formato a funzionare come gruppo di lavoro e che approfondirà i temi del progetto.

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La scelta di aderire al progetto deve essere consapevole!

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Quali tecniche per la formazione?

La formazione dei peer educator sarà quanto più possibile attiva e radicata nell’esperienza e, a tal fine, il conduttore utilizzerà svariate tecniche:tecniche di icebreaking, utili soprattutto nei primi incontri del gruppo, quando va rotto il ghiaccio e facilitate la conoscenza e l’interazione tra i peer educator. Esempi: Inside outside circle;tecniche di trust building; mirano a costruire la fiducia, facendo sperimentare situazioni di vicinanza e di affidamento fisico. Esempi: Passeggiata della fiducia;

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Quali tecniche per la formazione?

tecniche di team building; mirano a costruire la squadra e a facilitare lo spirito di gruppo, lo sviluppo di una coesione tra i peer educator e tra conduttore e peer educator. Esempi: Nodo gordiano;giochi cooperativi, che richiedono una soluzione collettiva. Esempi: Broken circles;energiser, cioè attività stimolanti per risvegliare il gruppo quando sembra stanco o annoiato. Esempi: Andare al posto di;

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Quali tecniche per la formazione?

tecniche di discussione, per esplorare una data area e mettere in comune informazioni e capacità (TAT in acquario, fishbowl, Sei Cappelli per Pensare, brainstorming, brainwriting, analisi con i cinque perché, albero delle cause e delle conseguenze, supereroi); attività in sottogruppo, così da coinvolgere anche i peer educator che faticano a parlare davanti a molte persone: intervista a tre passi, Phillips 66;tecniche per valutare diverse alternative e decidere tra esse: analisi del campo di forze;role playing, in cui ai peer educator è chiesto di simulare una scena e di improvvisare su di essa.

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La formazione dei peer educator

Nella scelta di una tecnica piuttosto che un’altra, il conduttore valuterà le caratteristiche precipue delle persone che costituiscono il gruppo di peer educator, senza dimenticare che le tecniche sono soltanto un mezzo per organizzare l’attività del gruppo. Il conduttore considererà dunque:l’obiettivo;la maturità del gruppo;le sue dimensioni;lo spazio e il tempo disponibili;il più ampio contesto culturale.

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La formazione dei peer educatorTranne che per gli energiser, il conduttore farà sempre seguire alle attività una fase di condivisione e riflessione gruppali (debriefing), al fine di aprire un confronto critico e consentire una traduzione dell’esperienza in una transitoria “versione del mondo” (Goodman, 1978), e da qui l’individuazione di applicazioni e implicazioni più ampie di quell’esperienza.

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La formazione dei peer educatorTranne che per gli energiser, il conduttore farà sempre seguire alle attività una fase di condivisione e riflessione gruppali (debriefing), al fine di aprire un confronto critico e consentire una traduzione dell’esperienza in una transitoria “versione del mondo” (Goodman, 1978), e da qui l’individuazione di applicazioni e implicazioni più ampie di quell’esperienza.

In questo modo le varie attività proposte potranno legarsi in modo significativo alla realtà quotidiana, alla stessa vita dei peer educator, e tradursi in apprendimento personale e originale, trasformativo (Gardner, 1991).

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La formazione si radica nell’apprendimento esperienziale (Le Boterf, 2000)

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La formazione si radica nell’apprendimento esperienziale (Le Boterf, 2000)

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La formazione si radica nell’apprendimento esperienziale (Le Boterf, 2000)

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La formazione si radica nell’apprendimento esperienziale (Le Boterf, 2000)

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La formazione dei peer educator

Formare i peer educator è cosa ben lontana dal trasmettere delle informazioni a dei ricevitori che passivamente le accolgono.

Diversamente, significa favorire la creazione di uno spazio di dialogo in cui il gruppo stesso diventi una agorà (Bauman, 1999), un luogo a metà tra la sfera pubblica e la sfera personale, in cui negoziare e rinegoziare il significato, scambiare pensieri, progettare il cambiamento, “sviluppare dei legami e […] comporre la vita in modo da produrre qualcosa di diverso dal disastro” (Benasayag, Schmit, 2003, p. 63).

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La formazione dei peer educator

Proprio perchè l’apprendimento richiede la costruzione di un significato per le esperienze (Bruner, 1990), la formazione si limita allora a creare le condizioni per l’apprendimento, lasciando la responsabilità di quest’ultimo ai peer educator stessi.

Da questo punto di vista, la formazione dei peer educator è una autoformazione e la stessa Peer Education si radica nel ritenere gli adolescenti capaci di abitare il loro mondo in qualità di soggetti attivi e non di semplici spettatori.

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Ideazione, progettazione, realizzazione

L’esperienza di formazione è per i peer educator un momento preparatorio in cui hanno l’opportunità di costruire le conoscenze e le abilità affettive, relazionali e comunicative di cui si serviranno poi per raggiungere i loro pari destinatari del progetto. Ragazzi e ragazze attingeranno a tale esperienza, al sapere locale relativo alla loro comunità e alle caratteristiche specifiche dei destinatari che la abitano: utilizzando gli strumenti di comunicazione che riterranno più idonei, si occuperanno di ideare, progettare e realizzare iniziative, connesse con i temi di salute che ispirano il progetto e con gli obiettivi di quest’ultimo, ad hoc per i loro pari.

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Ideazione, progettazione, realizzazione

In tal modo, i giovani imparano l’uno dall’altro, come avviene nella vita di tutti i giorni (Shiner, 1999), imparano da qualcuno che si pone le loro stesse domande e sta affrontando gli stessi problemi, con cui condividono interessi e linguaggio, uno che sa cosa significa essere un adolescente oggi, una persona credibile, di cui ci si può fidare.

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Ideazione, progettazione, realizzazione

La Peer Education fa appunto leva sul ruolo centrale svolto dai coetanei, soprattutto in questo periodo della vita, nella costruzione e nella modifica delle categorie di pensiero e dello stile di vita: è infatti principalmente ai coetanei che l’adolescente si rivolge per cercare informazioni e scambiare consigli, condividere preoccupazioni e confrontarsi.

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La valutazione di processoLa valutazione di processo si riferisce ad una raccolta di dati che mira a capire cosa sta davvero accadendo e se l’intervento è realizzato nel modo in cui era stato pianificato. La valutazione di processo andrà intrapresa nel corso dell’intervento stesso e fornirà informazioni utili per migliorarlo in tempo reale.

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La valutazione di impattoLa valutazione di impatto mirerà a rilevare se, nell’immediato, gli obiettivi sono stati raggiunti, cioè se l’intervento può considerarsi efficace. Essa si riferisce a cambiamenti quantificabili nelle conoscenze, negli atteggiamenti, nelle abilità, nel comportamento, sia nei peer educator che nei destinatari.

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Hannah Arendt, La crisi dell’istruzione, 1961

L’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo dei giovani. Nell’educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balìa di se stessi, tanto da non strappargli di mano la loro occasione d’intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa d’imprevedibile per noi; e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti. www.presam.it

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Grazie per l’attenzione!

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G. Di Cesare, R. Giammetta (2011), L’adolescenza come risorsa. Una guida operativa alla peer education, Carocci