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La Pasta tra storia e leggenda

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brevissima descrizione ad uso scolastico della storia della pasta

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La Pasta

tra storia e leggenda

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La pasta è un cibo spontaneo, legato alla scoperta e all'uso dei cereali, la cui coltivazione e diffusione avvenne quasi contemporaneamente fra tutti i popoli.

La pasta ha una storia molto antica che inizia 7000 anni fa, circa, quando l'uomo, abbandonata la vita nomade, impara a coltivare la terra, scopre il grano, vede che i chicchi si possono frantumare e se ne ricava farina, farina che si può lavorare, ne raffina la macinatura, la impasta con l'acqua, spiana l'impasto e lo cuoce sulla pietra rovente. Nasce la focaccia e il pane azzimo, senza lievito.

Dalla cottura del composto acqua e farina, sulle pietre, alla bollitura in acqua il passo è breve e naturale. Le più antiche testimonianze su formati di pasta cotti in acqua risalgono infatti a 3000 anni a.C. Grecia

La prima indicazione storica dell'esistenza di qualcosa di simile alla pasta

risale alla civiltà greca: la parola λαγανον era usata nel mondo greco per indicare una sfoglia larga e piatta di pasta tagliata a strisce2.

Aristofane, il commediografo greco della fine di V secolo a.C., in una sua commedia, accenna ad una pasta di frumento che ricorda gli attuali ravioli. Etruschi

Tra gli Etruschi la pasta era già un fatto quotidiano e, infatti, in una tomba di

Cerveteri, del IV secolo a.C., i rilievi in stucco riproducono l'interno di una casa: ai due pilastri centrali della cucina sono appesi, tra altri strumenti, la spianatoia, il matterello, la rotella dentata molto simile a quella ancora in uso per la preparazione dei ravioli.

Roma

Le lagane romane, di cui erano ghiotti personaggi famosi come Cicerone,

non erano identiche alle attuali lasagne e ai maccheroni, ma sicuramente molto simili visto che il più' antico libro di ricette romane, scritto da Apicio, raccomandava di utilizzare "le duttili lagane per racchiudervi timballi e pasticci".

Orazio (65 a. C. - 8 a.C.) descrive la propria frugale cena: “[...]quindi me ne ritorno a casa (la sera) per mangiare una scodella di porri, ceci e lagane”. La ricetta di base era: sottili strisce di farina e acqua, cotte in brodo grasso e condite con cacio, pepe, zafferano e cannella.

1 Il presente elaborato è stato compilato utilizzando essenzialmente documenti presenti in internet. Data la natura didattica (insegnamento dell’italiano a stranieri) del testo, preparato per essere utilizzato nei gruppi di conversazione (circa 40 persone), non ci si è preoccupati di indicarne le fonti che comunque corrispondono alle prime cinquanta voci presentate da Google alla ricerca “pasta storia”. Angelo Tresoldi. 2 Il dizionario OVI del CNR, fa derivare, però, il nome lasagne: dal latino *lasania, da lasanum 'pentola'.

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XII secolo

Nel 1154, un libro descrittivo del geografo arabo Al-Idrin menziona un "cibo

di farina in forma di fili" chiamato triyah che si confezionava a Palermo e veniva spedita, per nave, in abbondanti quantità, in tutto il mediterraneo. In Puglia le lasagne secche ancor oggi vengono chiamate "Tria".

Sembra siano stati proprio gli Arabi ad essiccare per primi le paste per destinarle a una lunga conservazione. Nacquero così dei cilindri di pasta, forati, per permettere una rapida essiccazione. Infatti, nel IX secolo, un libro di cucina di 'Ibn 'al Mibrad cita un piatto ancor oggi conosciuto in Siria e in Libano: si tratta della rista, cioè maccheroni essiccati conditi in vario modo. Marco Polo

La leggenda, quindi, che sia stato Marco Polo a portare la pasta dalla Cina

non è vera, già che Marco Polo nasce nel 1254. XIII secolo

Nel 1244, un medico bergamasco scrive una ricetta per curare una ferita

alla bocca e raccomanda di non mangiare né carne, né frutta, né cavoli, né pasta: "... et non debes comedare aliquo frutamine neque de carne bovina nec de sicca neque de pasta lissa nec de caulis..." (Roberto Lopez "Su e giù per la storia di Genova").

Nel 1279 il notaio Ugolino Scarpa, elencando ciò che il milite Ponzio Bastone lasciava in eredità, cita tra le altre cose, una "bariscella una plena de macaronis" (una bacinella piena di maccheroni). Le "abbuffate di lasagne con formaggio" sono una citazione comune negli scritti del XIII secolo.

Jacopone da Todi nomina la pasta in una delle sue invettive contro il Papa3 e Boccaccio, nel Decameron, ne fa un elogio convincente ed entusiasta. XV secolo

Nel libro "De arte Coquinaria per vermicelli e maccaroni siciliani", scritto da

Martino Corno, cuoco del Patriarca di Aquileia, nel 1467, vi è quella che si può considerare la prima ricetta di pasta simile a quelle attuali. XVI secolo

A partire dal Cinquecento la pasta valica i confini strettamente italiani per

conquistare il mondo. La troviamo prima di tutto in Francia, grazie a Caterina de' Medici e ai suoi cuochi che contribuirono a diffondere la cucina rinascimentale italiana. 3 “Chi guarda a maggioranza spesse volte si inganna. Granel di pepe vince per virtù la lasagna”.

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La poesia maccheronica Una prova della diffusione dei maccheroni in tutta Italia e del loro carattere

popolare è la poesia maccheronica. Questo genere letterario affermatosi tra il 1400 ed il 1500 nell'ambiente

universitario padovano, ebbe il suo massimo esponente in Teofilo Folengo, nato a Mantova nel 1491 e conosciuto con lo pseudonimo di Merlin Cocai.

L'originalità delle sue opere sta nell'uso di un linguaggio grossolano composto da un misto di parole latine e italiane con desinenze latine; definito maccheronico perché popolare e piuttosto pasticciato, in contrapposizione al forbito linguaggio accademico.

Da questo momento in poi l'aggettivo maccheronico starà ad indicare un'azione svolta in modo confusionario e facilone, poco ortodosso. XVI secolo

All’inizio del XVI secolo la produzione artigianale della pasta è così comune che, nel 1574, a Genova, nasce la Corporazione dei Pastai. Seguita tre anni dopo, a Savona, dalla "Regolazione dell'Arte dei Maestri Fidelari" ("Fidei" è infatti il nome della pasta nel dialetto locale, nome ancor oggi usato in Argentina, terra di emigrazione di molti liguri). La pasta era popolare dappertutto, ma non nella sua futura patria per eccellenza. A Napoli, infatti, in quell’epoca si mangiavano cavoli e la pasta era considerata un lusso. Nel 1509 un editto del Vicerè di Napoli ordina ai pastai “di non confezionare maccarune, trie, vermicelli, excepto in caso de necessità de’ malati”, quando “la farina saglie per guerra, carestie et altra indisposizione di stagione….” XVII secolo

Nel XVII secolo, a Napoli, la Pasta incontrò il pomodoro, giunto in Europa dopo la scoperta dell'America. Questo connubio fu una vera rivoluzione gastronomica, e fece rapidamente dimenticare le combinazioni agro-dolce e dolce-salato fino ad allora utilizzate in cucina4.

La Pasta così trattata non entrò però (ufficialmente) nelle mense "nobili e principesche d'Italia", perché veniva ancora mangiata con le mani.

In quest’epoca esiste una gran confusione sui vari tipi di pasta che vengono etichettati normalmente come maccheroni finché, i napoletani, divenuti i maggiori consumatori di questo alimento, si appropriarono del termine e lo usarono quasi esclusivamente per identificare paste lunghe trafilate. 4 Per dare un’idea di come si preparava un piatto di pasta prima dei pomodori, ecco una ricetta del XIV secolo riportata dal Dizionario Ovi/CNR: Se vuoli fare torta in morteruolo o in testi di quaresima, per xij persone, fae ij fogli di lasagne grandi; e togli xxxvj fichi grassi i migliori che tu puoi avere, e togli xxxvj noce, e meça libra d'uve passe, e meçça libra di mandorle, e due once di pignocchi mondi, e sei pere ruggine mature, e sei mele mature, e meça oncia di gengiove sodo e meça oncia di cennamo sodo e meço quarro di garofani e iiij once di çucchero, e fa' fare iiij once di spetie fini. E togli le lasagne, e lesale; e traile fuori e falle scolare dell'acqua, e mettile a sofrigere nella padella in olio poco, e mettivi spetie e sale.

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XVIII secolo

Nel 1787, Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”, definisce i maccheroni come una «pasta delicata, fatta di farina fina, fortemente lavorata, bollita e trafilata in certe forme».

Descrive anche l'attività dei maccheronari napoletani che, agli angoli di quasi tutte le grandi via, «con le loro casserole piene di olio bollente sono occupati, particolarmente nei giorni di magro», a preparare maccheroni, con «uno smercio incredibile», tanto che «migliaia di persone portano via il loro pranzo e la loro cena in un pezzettino di carta». XIX secolo

Agli inizi dell'Ottocento le prime fotografie mostrano i maccheronari napoletani, agli angoli delle strade, intenti a cuocere in enormi pentoloni la pasta e a servirla, cosparsa di formaggio grattugiato ed insaporita di pepe, ai viandanti che mangiano su un banco, e con le mani.

Da questo momento in poi i maccheroni, intesi come pasta lunga, tonda e piena, cominceranno ad essere chiamati spaghetti.

All’inizio del secolo, nel 1833, Gennaro Spadaccini, ingegnere5 del re di Napoli Ferdinando II, ebbe la geniale idea di utilizzare una forchetta con 4 punte corte per mangiare la pasta che entrò definitivamente nelle corti di tutt'Italia.

Nel 1806 un giornale inglese scrive: ”I maccheroni di Napoli si riconoscono facilmente. Non sono avvolti a matassa come quelli di Genova. Sono assolutamente diritti e solo ad una estremità hanno una curva, perché non appena sono usciti dalla pressa, vengono appesi a dei bastoni per farli essiccare. Il foro che li attraversa da un capo all'altro è perfettamente eseguito. [...] Ciò che più li distingue è il loro colore giallo dorato. Il loro impasto è granulare e guardato contro luce presenta una particolare trasparenza propria dei veri maccheroni di Napoli». La pasta, ieri e oggi

In Italia la pasta secca è tradizionalmente, ed ora anche per legge, confezionata con il prodotto della macinazione del grano duro (Triiticum durum), la semola. Mentre l'altra specie di frumento, il grano tenero (Triticum vulgare), viene usato per la farina, quindi per la confezione casalinga della pasta all'uovo, del pane ecc. Il primo cresce nei terreni assolati e rudi del Sud Italia, quello tenero preferisce il clima più umido e tranquillo della Pianura Padana. Ecco quindi, per inciso, l'origine della differenza dei consumi tra pasta secca al Sud e pasta all'uovo al Nord.

5 In realtà, Spadaccini era stato chiamato dal re per risolvere il problema dell’impasto iniziale della pasta. Re Ferdinando II era infatti ghiotto di pasta, ma non sopportava sapere che acqua e farina, a Napoli (chissà perché), venivano impastate com i piedi (quanto puliti si può immaginare) degli operai. Spadaccini creò uma macchina che copiava il camminare ritmato (si dice fosse um ballo) degli operai, ma la macchina non prese piede...