LA PASSIONE DELLE TROIANE - · PDF file1 LA PASSIONE DELLE TROIANE uno spettacolo di Koreja...

7
1 LA PASSIONE DELLE TROIANE uno spettacolo di Koreja idea e progetto Salvatore Tramacere regia Antonio Pizzicato, Salvatore Tramacere con Maria Rosaria Ponzetta/Alessandra Crocco - Cassandra, Vito De Lorenzi – Percussioni, Fabrizio Saccomanno - Coro, Emanuela Gabrieli - Coro, Ninfa Giannuzzi - Andromaca, Riccardo Marconi – Chitarra, Silvia Ricciardelli - Ecuba, Admir Shkurtaj – Fisarmonica, Fabio Tinella - Astianatte elaborazione testi Angela De Gaetano, Antonio Pizzicato, Salvatore Tramacere musiche dal vivo di De Lorenzi, Gabrieli, Giannuzzi, Marconi, Pizzicato, Shkurtaj con il coordinamento musicale di Antonio Pizzicato assistenza alla regia Laura Scorrano scene, luci e visual: Luca Ruzza con Bruno Capezzuoli e Fabio Di Salvo consulenza/traduzione griko Gianni De Santis luci, fonica e tecnica Angelo Piccinni, Mario Daniele Si ringraziano Eliana Forcignanò e prof.Gino Pisanò, Kurumuny per la concessione delle immagini tratte da Stendalì di Cecilia Mangini Premio Speciale 2009 "REWARD FOR ARTISTIC ACHIEVEMENT" Festival Purgatorje, Tivat - Montenegro Una stanza. Un morto. La presenza di alcune donne in lacrime ne sanciscono il ricordo; la memoria di una mancanza riecheggia nei loro lamenti, e solo in essi ha ragione d'esistere. La presenza del coro alimenta la possibilità di ricreare atmosfere sonore e rimandi a luoghi vicini e lontani dove confluiscono sentimenti, voci, parole che si manifestano insieme alle azioni e alle immagini. Le musiche eseguite dal vivo e composte dagli stessi interpreti, assumono un ruolo di primo piano sulla scena al pari dei testi e delle azioni. Così musicisti, cantanti e attori divengono protagonisti di una rappresentazione che si pone tra il teatro e la musica, tra il concerto e lo spettacolo. Ed è straordinariamente inevitabile, alla fine, ritrovarsi ad un ritorno, all'essenza: l'umano dolore di una madre e l'innocenza sacrificata del figlio amato, una tragedia. Lo spettacolo intende coniugare le Troiane di Euripide con il tema della Passione di Cristo, scegliendo di dialogare con la tradizione grika del Salento. "Passiuna tu Christu" è un canto dell'area grika salentina. L'idea nasce dalla volontà di accostare il lamento delle donne di Troia, alle moroloja, ovvero i pianti che un tempo le donne facevano a pagamento per un morto del quale appena a volte conoscevano il nome. Euripide porta, ne LE TROIANE, molti elementi di innovazione soprattutto per effetto delle nuove soluzioni drammatiche attuate, orientate alla rottura con la tradizione, mediante l'inserimento di parti dialettiche che allentano la tensione drammatica e l'alternanza delle modalità narrative. La novità assoluta del teatro euripideo è comunque rappresentata dal realismo con il quale il drammaturgo tratteggia le dinamiche psicologiche dei suoi personaggi. Lo sgretolamento del tradizionale modello eroico porta alla ribalta del teatro euripideo la figura muliebre: Andromaca, Fedra e Medea sono le nuove figure tragiche di Euripide, il quale ne tratteggia sapientemente la tormentata sensibilità e le pulsioni irrazionali che si scontrano con il mondo della ragione e che ben si coniugano con le tradizioni salentine. Infatti profondamente umani sono i dolori che vengono descritti ne La Passione delle Troiane in cui la femminilità è l'elemento dominante: emergono, infatti, in primo piano, le figure di Andromaca, Ecuba, Cassandra che, pur costrette a sottomettersi a un destino crudele, non rinunciano tuttavia alla loro fierezza, non piegano il capo di fronte alla crudeltà dei greci e denunciano con parole frementi di sdegno gli orrori della guerra fra gli uomini. E ancora la morte, nella tragedia euripidea, del piccolo e innocente Astianatte, richiama alla mente la crocifissione dell'Innocente per antonomasia, Cristo, colui che, senza peccato, si è immolato per la salvezza del genere umano. Per questo, il pianto di Andromaca si fonde con quello della Vergine in un unico grande dolore che è quello di tutte le madri costrette dal destino a rinunciare ai propri figli. Il teatro di Euripide funge da vero e proprio laboratorio politico, non chiuso a se stesso, ma al contrario, affine ai mutamenti.

Transcript of LA PASSIONE DELLE TROIANE - · PDF file1 LA PASSIONE DELLE TROIANE uno spettacolo di Koreja...

1

LA PASSIONE DELLE TROIANE uno spettacolo di Koreja

idea e progetto Salvatore Tramacere

regia Antonio Pizzicato, Salvatore Tramacere

con Maria Rosaria Ponzetta/Alessandra Crocco - Cassandra, Vito De Lorenzi – Percussioni,

Fabrizio Saccomanno - Coro, Emanuela Gabrieli - Coro, Ninfa Giannuzzi - Andromaca,

Riccardo Marconi – Chitarra, Silvia Ricciardelli - Ecuba, Admir Shkurtaj – Fisarmonica,

Fabio Tinella - Astianatte

elaborazione testi Angela De Gaetano, Antonio Pizzicato, Salvatore Tramacere

musiche dal vivo di De Lorenzi, Gabrieli, Giannuzzi, Marconi, Pizzicato, Shkurtaj

con il coordinamento musicale di Antonio Pizzicato

assistenza alla regia Laura Scorrano

scene, luci e visual: Luca Ruzza con Bruno Capezzuoli e Fabio Di Salvo

consulenza/traduzione griko Gianni De Santis

luci, fonica e tecnica Angelo Piccinni, Mario Daniele

Si ringraziano Eliana Forcignanò e prof.Gino Pisanò,

Kurumuny per la concessione delle immagini tratte da Stendalì di Cecilia Mangini

Premio Speciale 2009 "REWARD FOR ARTISTIC ACHIEVEMENT"

Festival Purgatorje, Tivat - Montenegro

Una stanza. Un morto. La presenza di alcune donne in lacrime ne sanciscono il ricordo; la memoria di una mancanza riecheggia nei loro lamenti, e solo in essi ha ragione d'esistere. La presenza del coro alimenta la possibilità di ricreare atmosfere sonore e rimandi a luoghi vicini e lontani dove confluiscono sentimenti, voci, parole che si manifestano insieme alle azioni e alle immagini. Le musiche eseguite dal vivo e composte dagli stessi interpreti, assumono un ruolo di primo piano sulla scena al pari dei testi e delle azioni. Così musicisti, cantanti e attori divengono protagonisti di una rappresentazione che si pone tra il teatro e la musica, tra il concerto e lo spettacolo. Ed è straordinariamente inevitabile, alla fine, ritrovarsi ad un ritorno, all'essenza: l'umano dolore di una madre e l'innocenza sacrificata del figlio amato, una tragedia. Lo spettacolo intende coniugare le Troiane di Euripide con il tema della Passione di Cristo, scegliendo di dialogare con la tradizione grika del Salento. "Passiuna tu Christu" è un canto dell'area grika salentina. L'idea nasce dalla volontà di accostare il lamento delle donne di Troia, alle moroloja, ovvero i pianti che un tempo le donne facevano a pagamento per un morto del quale appena a volte conoscevano il nome. Euripide porta, ne LE TROIANE, molti elementi di innovazione soprattutto per effetto delle nuove soluzioni drammatiche attuate, orientate alla rottura con la tradizione, mediante l'inserimento di parti dialettiche che allentano la tensione drammatica e l'alternanza delle modalità narrative. La novità assoluta del teatro euripideo è comunque rappresentata dal realismo con il quale il drammaturgo tratteggia le dinamiche psicologiche dei suoi personaggi. Lo sgretolamento del tradizionale modello eroico porta alla ribalta del teatro euripideo la figura muliebre: Andromaca, Fedra e Medea sono le nuove figure tragiche di Euripide, il quale ne tratteggia sapientemente la tormentata sensibilità e le pulsioni irrazionali che si scontrano con il mondo della ragione e che ben si coniugano con le tradizioni salentine. Infatti profondamente umani sono i dolori che vengono descritti ne La Passione delle Troiane in cui la femminilità è l'elemento dominante: emergono, infatti, in primo piano, le figure di Andromaca, Ecuba, Cassandra che, pur costrette a sottomettersi a un destino crudele, non rinunciano tuttavia alla loro fierezza, non piegano il capo di fronte alla crudeltà dei greci e denunciano con parole frementi di sdegno gli orrori della guerra fra gli uomini. E ancora la morte, nella tragedia euripidea, del piccolo e innocente Astianatte, richiama alla mente la crocifissione dell'Innocente per antonomasia, Cristo, colui che, senza peccato, si è immolato per la salvezza del genere umano. Per questo, il pianto di Andromaca si fonde con quello della Vergine in un unico grande dolore che è quello di tutte le madri costrette dal destino a rinunciare ai propri figli. Il teatro di Euripide funge da vero e proprio laboratorio politico, non chiuso a se stesso, ma al contrario, affine ai mutamenti.

2

TALTIBIO – In Griko

Andromaca canta Naome

ECUBA – Troia è caduta. Quello che tu puoi vedere, o straniero, non è più la fulgida città d’un tempo, ma un cumulo di rovine senza padre senza re. Tutto questo non è più Troia, né più NOI siamo i sovrani di troia. Cosa c’è che non debba piangere io, sventurata cui la patria è perita, i figli, lo sposo! O spose sventurate dei Troiani dalle bronzee lance e fanciulle, fanciulle destinate a nozze infelici: Troia andò in fumo, piangiamo. Donne orchestrano

CASSANDRA – Gli Achei vennero qua giù, alle rive di Scamandro, e non facevano che morire. Quegli Achei che, per un solo amore e una sola donna, come cani braccando Elena, diedero morte a gente senza numero. Privati non li aveva nessuno dei terreni o della patria alta di torri. E quanti di loro il Dio della guerra prendeva con sé non videro più i figli, né le loro spose composero i loro corpi in sudari, e così giacciono in questo suolo che è straniero. Per i Troiani, invece, c’era la morte per la patria, ch’è la gloria più bella. Sì, la guerra, bisogna che la fugga chi ha giudizio. Ma se la fa, corona splendida è morire per la patria da prodi. Per tutto questo tu non devi, madre, piangere su questa terra né sulle mie nozze. Tu, madre, stai, fra tante lacrime e piangi il morto padre mio e la diletta patria, ma io per queste nozze mie brucio un fuoco, e dia bagliore a te, Dea dei morti. Il piede per aria getto, su: la danza attacco come ai felici dì della prosperità del padre. Tu, madre, su, danza. Con festosi urrà cantate la sposa. Frasi in griko

Madre, cingi il mio capo di vittoria, esulta delle mie nozze. Sposerà me il famoso re degli Achei. Agamennone. Io sarò la Tua morte e abbatterò la Tua casa. Farò le vendette dei miei fratelli e di mio padre. Tristo, triste sepoltura non di giorno avrai, ma di notte, tu che credi, duce greco, di compiere cose grandi. Sangue di Cristo,

demonio, attaccami a questo

tanto lo devi legare

che di me non si deve scordare.

Io ti amo e ti rispetto

come il sangue mio.

3

Tu sei traditore.

Io ti attaccherò.

Io ti attaccherò…

Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e mettono in pratica le cose che vi sono scritte. Perché il tempo è vicino. Andate e versate sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio. Bende profetiche, via dal mio corpo, vi strappo! Finché sono ancora pura le do al vento. Madre, addio. Ti saluto, cara patria! Presto, voi, fratelli morti, padre che mi desti vita, mi vedrete. Frasi in griko

Andromaca canta Klama

Prima strofa Taltibio

Seconda strofa Andromaca

Coro canta finale di Klama

Coro canta Ninnia

ASTIANATTE – Nonna, quando morirai taglierò una ciocca di riccioli e la lascerò sulla tua lapide e poi guiderò alla tua tomba la processione dei miei amici. Nonna, sarà bellissimo. Andromaca canta Timmimmeno e le donne si aggiungono con il loro testo in Grico

CASSANDRA - Se sfàzune (Ti uccideranno): è deciso. Un balzo terribile, a rotta di collo, troncherà il tuo soffio di vita Se sfàzune: Uccideranno colui che era venuto al mondo per redimere e salvare questa stirpe di malvagi, per giustificare dinanzi a Dio il peccato il peccato che il primo uomo commise sulla terra. Se sfàzune: in testa avrai una corona di spine e il legno scabro della croce accoglierà le tue membra scarnite e una lancia ti trafiggerà il costato. Sé sfàzune: e io rimarrò a guardare, piangendo tutte le mie lacrime, morta anch’io, sono morta e porto morte.

ASTIANATTE - Quella sera si era fatta gran festa a Troia. Gli uomini, simili agli dei, si versavano calici di dolce ambrosia, le donne più giovani danzavano al suono di una musica che sembrava nascere dal loro cuore. Noi fanciulli giocavamo sicuri per la città. Eravamo tutti felici. Volevamo essere felici, dovevamo esserlo perché la guerra era finita e la nostra patria sarebbe finalmente tornata libera dall’assedio. Eppure, a me quel cavallo incuteva timore e una strana soggezione: forse – pensavo – è per la sua altezza. Si, così alto che per farlo entrare erano state diroccate le porte della città. Quella notte, come molti altri, fui destato dall’improvviso clamore che si levava come il lamento di una vittima sacrificale. Non capii subito cosa stesse accadendo, ma lessi il terrore negli occhi di mia madre. Testo griko Andromaca

Ella ricordava il padre mio brutalmente ucciso e tutti gli anni di questa guerra senza fine scorrevano nei suoi occhi. Vidi la città messa a ferro e fuoco.

4

Udii il fragore delle lance e degli scudi, le grida di poveri innocenti massacrati. Riconobbi i Greci. Parevano tutti uguali nella ferocia che marcava i loro volti: erano affamati di violenza, di morte. Non avevano aspetto umano i corpi blindati nelle pesanti armature, ma tanta era lo oro eccitazione che si muovevano leggeri, veloci come saette quasi non avessero nulla indosso. E ridevano, ridevano ogni volta che le loro armi trafiggevano il petto di un troiano, ogni volta che violentavano le nostre donne. Ridevano. Avevano l’aria di divertirsi molto. Ma perché i greci dovevano vincere sempre? Ma perché dovevano annientarci tutti per trionfare?

Le donne sgranano il rosario in Griko

CORO – Ekubi / i pìsca ijètti ECUBA – ti mas inghìzi ? / Cadmèa, Ftìadi, Tessàli? / ce plèa chòra ? CORO – mas ismìzzane antàma: pan mìa àzze ma’ èndese izz’àddon mèro.. ECUBA – is tìnon ìnghise, tìsi? Cammìa, plea àttes Troiàne ìche kalì’mmìra? CASSANDRA – Is tìnon’èndesa ivò, Kassandra, anìa’kkiatèra tu apollu? CORO – se jaddèzzane ja ton Agamènnon. ECUBA – na polemìsi ja tin ghinèca-tu spartanì? Ti pono! CORO – na meràsi to gràtti tu vasili min ghinèca-tu! ECUBA – anìa’kkiatèra tu Febu? Koràsi pu o Teò àtta krusà maddìa ìche jaddèzzonta min annorìsi to stefanòsi? CORO – agàpi j’in àian kiatèra itrìpise ton Agamènnon. ECUBA - Cassandra, ambèa macrà, kièccia-mu, ta Àia’kklitìa, àggalo ton’ Àion rùcho, tes zàchare Pu pèrni. ANDROMACA – ce ivò, Andròmaki, ghinèka tu Ettòrri, chiritò stradiòti, pu me ìnghise? CORO – se jàddezze o pedì tu Achìlli. ECUBA – ce pu me ‘nghìzi imèna, mìan ghèria pu pratì anàpota? CORO – se jaddèzzane j’òn Odissèo: chìrio tis Ìtaki. ECUBA – ohimmèna, jhù! Kortàliso /to kòkkalo spanò,/ce spàse me t’anìchia / ta crèata ta dicà-ssu./ Ohimmèna, jhù!/ Ce Tànato me pèrni/ sa chèrian’àntrepo/ pu àdeco iss’ alìzia / addàssi so milìsi/min glòssa-tu diplì / min màvvri-tu zzichì/ ce klàzzete ghinèke / i Troia meni chìra/Teè-mmu, ma ti s’òcama/ menghìzi chìru’mmìra.

CORO – Dirò del carro a quattro ruote per il quale divenni preda degli Achei, quando lasciarono un cavallo dalle briglia dorate davanti alle porte della nostra città. “Sono finiti per noi i giorni dell’angoscia. Trasportate qui il cavallo di legno, offriamolo alla vergine figlia di Zeus”. Quale giovane o vecchio non uscì dalle case? Ma con canti di gioia accolsero il loro sterminio. E tutti i Troiani accorsero alle porte, ammirando stupiti il covo dei Greci, scavato nel legno di pino, come dono alla dea immortale. Lo trascinarono come un nero scafo sino al tempio di marmo. L’ombra della notte si stese sulla fatica e la gioia. Riecheggiavano il flauto libico e melodie frigie: le vergini sollevando a ritmo il piede nell’aria, intonarono felici le loro canzoni, nelle case la fiamma splendente del fuoco diffondeva il suo fioco bagliore. Io, nel tempio cantavo, danzavo, ed un grido cruento attraversò la città. E i bimbi ancora in fasce tendevano le braccia verso le madri stringendosi alle vesti. Un soldato saltò fuori dal cavallo e anche gli altri nascosti lo seguirono. La strage cominciò presso gli altari. E poi nelle case. Alle donne vennero mozzate le teste nei talami. Cordoglio alla nostra gente. Onore pei loro soldati. ANDROMACA – Testo in Griko

ECUBA – Un tempo intonavo canti di devozione agli dei. Ma dov’erano gli dei mentre Troia periva? Perché, interrogati, non risposero? Tutto mi ha strappato la guerra e io nulla potei contro di essa.

5

Non so che creder: sono solo una donna, una moglie, una madre affranta. Una donna da sola non può arrestare fragore di lance, urto di scudi né il rumore straziante di corpi esanimi caduti. Che può fare una donna, se non pregare in ginocchio dinanzi agli altari?

CASSANDRA – I due eserciti stavano accampati intorno alla città, coi guerrieri dalle armi splendenti. Zeus inviò Eris funesta, con in mano un segnale di guerra. La dea gettò un grido, alto, acuto, tremendo. Nel cuore degli Achei infuse un grande ardore di lottare e combattere senza respiro. Agamennone per prime intorno alle gambe pose le belle gambiere; poi mise intorno al petto la corazza. Sulla testa calzò l’elmo a due cimieri con quattro pennacchi e la coda equina, che ondeggiava paurosamente. Un tumulto tremendo suscitò allora il figlio di Crono e dall’alto del cielo versò una rugiada di sangue poiché molti forti guerrieri stava per gettare nell’Ade. Dall’altra parte i Troiani, sul rialzo della pianura, si stringevano intorno al grande Ettore che andava fra i primi, imbracciando lo scudo rotondo. E come i mietitori avanzavano gli uni incontro agli altri seguendo il solco nel campo, così Troiani ed Achei si scagliavano gli uni sugli altri, uccidevano e nessuno pensava alla fuga. I fanti uccidevano i fanti, i guerrieri sui carri uccidevano i loro avversari a colpi di lancia. Agamennone colpiva con l’asta acuta: non resistettero i pesanti elmi di bronzo, l’arma trapassò anche l’osso facendo schizzare le cervella. Incalzava, gridando, con le mani invincibili lorde di sangue. Cadevano le teste dei Troiani in fuga; e molti cavalli dalle teste superbe trascinavano i carri vuoti e sonanti nel campo.

ASTIANATTE - “Ti ucciderò o mi ucciderai”, disse Ettore andando incontro ad Achille. Ed egli con odio gli rispose: “Ettore, dannato, cosa dici. Lupi ed agnelli non parlano la stessa lingua.” Disse così, e dopo averla bilanciata scagliò l’asta dalla lunga ombra; ma il glorioso Ettore la vide arrivare e si piegò su se stesso: l’arma di bronzo gli volò sopra conficcandosi a terra. Ettore strinse la sua lancia, la alzò sul capo, e la scagliò. Colpì il figlio di Peleo in mezzo allo scudo, senza sbagliar; ma lo scudo respinse la lancia lontano. Ettore si irritò perché il colpo veloce era fuggito dalle sue mani; rimase lì, turbato: non aveva un’altra lancia. Estrasse la spada affilata, lunga e pesante, si raccolse su di sé e prese lo slancio, simile ad un’aquila che attraverso le nuvole punta sulla pianura per rapire un agnello. Achille si lanciò a sua volta con l’animo pieno di furia selvaggia. Tutto il corpo di Ettore era coperto dalle armi di bronzo. Ma la gola era scoperta. Quella è per la morte la via più breve: là Achille colpì con la lancia Ettore che gli si scagliava contro. La punta trapassò da parte a parte il collo delicato. Cadde nella polvere. E la morte lo avvolse. Achille si chinò a sfilargli le armi. Tutti gli Achei corsero a guardare da vicino. Ridevano e colpivano quel corpo esanime. Finché Achille non li fece smettere. Si chinò su Ettore e nella parte posteriore dei piedi forò i tendini, tra caviglia e tallone. Dal foro fece passare delle cinghie di cuoio e le annodò saldamente al suo carro, lasciando che la testa fosse trascinata per terra. Frustò i cavalli e quelli presero il volo. Il corpo di Ettore sollevò una nuvola nera di polvere e sangue. Tutti intorno i Troiani si abbandonarono al pianto e ai lamenti. Era come se la città intera, l’alta città di Troia bruciasse dalle fondamenta. Andromaca canta Ti ne koder.

CASSANDRA/CORO – Ecuba, madre mia, sono molte oramai le disgrazie patite al punto che sento il tuo cuore divenuto un pesante macigno incapace di provare ancora sentimenti. Hai perduto tutto, tutto ti ha strappato la guerra e ti affligge la condotta degli dei. Dimmi quale sofferenza si abbatte ancora su questo povero capo prostrato dal lutto.

TALTIBIO - Sposa di Ettore, colui che fu il più valente tra i Troiani, non odiarmi: vorrei tanto non doverti riferire queste notizie.

6

I Greci hanno deciso che tuo figlio dovrà morire Lo lanceranno dalle mura di Troia. Ecco, ora lo sai. Non deve crescere il figlio di un eroe… Lascia che sia così, e ti mostrerai saggia: non opporti, tollera il dolore con dignità, e non illuderti di essere forte, perché non lo sei. Nessuno può darti aiuto: la tua città e il tuo sposo sono cenere, tu sei prigioniera, Per questo non scagliare invettive contro gli Achei. Se l’esercito si risentirà per le tue parole, tuo figlio rimarrà insepolto, senza un degno compianto. Rassegnandoti silenziosa alla sorte, donerai invece una tomba al suo corpicino.

Coro canta Aremu Rindineddhra

ANDROMACA - Morire? Dovrà proprio morire questo caro mio dolce? Mio bene, stai tranquillo mio bene, che adesso arriva la tua mamma! Vieni qui, sul cuore della mamma, fuggi, nasconditi… Chi lo conosce pari a me il mio dolore? Io l’ho avuto nel ventre ingrossato, l’ho nutrito, ho morso le labbra per non gridare dal dolore nel partorirlo, dato il latte alla mammella, sofferto quando è stato male e le notti in piedi a ninnarlo quando piangeva per i suoi primi denti. E quella promessa: quando si adempirà l’ “annuncio”: “Tuo figlio sarà grande e il suo regno non avrà fine”. L’ultima donna al mondo mi sono scoperta, l’ultima donna al mondo… Una madre come le altre volevo essere. Escogitate piani tremendi voi Greci per uccidere un bimbo che non ha colpa di nulla! Come ti combineranno questi assassini, macellai: maledetti, porci rognosi! Cosa vi aveva fatto? Ma mi cadrete nelle mani: uno ad uno! Me la pagherete, anche se dovessi venirvi a cercare in capo al mondo. Animali, bestie disgraziati!

CASSANDRA - Il sole dietro la luna Si pose per non vedere E il mezzo giorno divenne Notte sulla terra Addolorata stava la madre Accanto alla croce Mentre pendeva da quella Il figlio amato. Quando morì, vide lei Il figlio suo solo Cui l’anima usciva Da quella dolce bocca. Fammi sentir le piaghe Sostenere la croce E con quel santo sangue Dolce fammi la bocca. ASTIANATTE - Alla fine ci hanno fatto prigionieri: siamo il loro bottino di guerra. Hanno violentato le donne e Mi uccideranno. Mi uccideranno per scongiurare il pericolo che la stirpe di Ettore si rinnovi. Io non so nulla della guerra, io non ho mai impugnato un’arma e non voglio, non voglio farlo. Se questo significa diventare uomo allora io preferisco morire adesso.

7

ECUBA – Figlio mio, a me tocca il compito doloroso di accompagnare la tua sepoltura. Un bambino Un innocente Ma l’innocenza è la lancia più temibile, come la verità, per questo gli uomini la fuggono o tentano di annientarla. Le tue mani, quanto è tenera la loro somiglianza con quelle paterne! Qui giacciono disarticolate. Anche tu sei chiusa per sempre, boccuccia cara, che nei tuoi balbettii mi mentivi, quando dicevi sfiorandomi le vesti: «Nonna, taglierò una grande ciocca di riccioli, e guiderò alla tua tomba la processione dei miei amici». E ora non tu me, ma io seppellisco il tuo giovane corpo: io che sono una vecchia ormai priva di patria e di figli. Sono state inutili, ohimè, le mie effusioni, le cure, le veglie. Quale epitaffio potrebbe scrivere un poeta sulla tua tomba? “Gli Achei un giorno uccisero questo fanciullo perché lo temevano”. Greci, voi date più peso alle armi che al cuore: cosa temevate da questo fanciullo per tramare contro di lui una morte tanto orribile? Un bambino, un innocente… E adesso che la città è distrutta e i Troiani annientati, avete paura di nu piccinnu. Antropiastu. Antropiastu. Antropiastu-te-sta. Frasi in griko

ASTIANATTE - Vedo sulle alte mura di Ilio fiaccole accese. Nei solidi palazzi si riversa l’orda di fuoco e di armi assassine. La città è avvolta dalle fiamme, Troia è distrutta. Svanisce nel fumo che si leva in cielo: così la lancia disfa questa terra. Non esiste più l’infelice Troia. Non esiste più l’infelice Troia. Non esiste più l’infelice Troia.

ECUBA - Figlio, figlio mio che sventura, che sventura la tua sorte. Tu lo sapevi che il tuo destino era segnato. Tu sei morto per redimere gli uomini Ma a cosa è servito La loro malvagità continua ad imperare, chi ti ha ucciso ignora persino il peccato che giustifica la necessità della guerra. Ma quale necessità, quale peccato potrà mai giustificare la guerra. Figlio, figlio mio rispondimi. Sono vecchia, stanca Basta con bambini morti innocenti. Abbiate pietà di me.

Andromaca canta O Ios.

Immagine e gesti Stendalì. Buio.