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9 RdT 36 (1995) 9-22JOSEPH RATZINGER

1 L�ALLEANZANEL NUOVO TESTAMENTO

Il piccolo libro, che costituisce il fondamento della fede cristiana,viene chiamato �Nuovo Testamento�. Questo libro però rimanda conti-nuamente ad un altro, chiamato semplicemente �la Scrittura� o �le Scrit-ture�, cioè alla Bibbia, che si è sviluppata nella storia del popolo ebraicofino a Cristo e che presso i cristiani si chiama �Antico Testamento�. L�in-sieme delle Scritture, sulle quali poggia la fede cristiana, appare cosìcome un �Testamento� di Dio agli uomini costituito in due momenti,come manifestazione della sua volontà al mondo. La parola �Testamen-to� non è stata imposta alle Scritture dall�esterno, ma ricavata dallemedesime: il titolo, che i cristiani danno ai due libri, non vuole solodescrivere il contenuto essenziale del libro, ma allo stesso tempo metterein luce il filo conduttore interno della Scrittura stessa ed esplicitare laparola fondamentale, che costituisce la chiave dell�insieme. Da questopunto di vista abbiamo in questa parola in qualche modo davanti a noi iltentativo di esprimere in modo sintetico l��essenza del Cristianesimo� inun�espressione ricavata dalla sua stessa fonte fondamentale.

Ma la parola latina �testamentum� è veramente scelta bene? Traducebene i termini soggiacenti del testo ebraico e greco, o conduce su di unafalsa pista? La problematica della traduzione emerge nel contrasto fra laversione della vetus latina e quella di san Girolamo. Mentre la prima tra-duce �Testamentum�, Girolamo si è deciso per �foedus� o �pactum�1.Come titolo del libro si è imposta la designazione �Testamento�, ma senoi parliamo di ciò che intendiamo dal punto di vista del contenuto,seguiamo Girolamo e parliamo di Antica e Nuova Alleanza, nella teolo-gia così come nella liturgia. Che cosa tuttavia è giusto? Di cosa parla inrealtà la Bibbia, quando usa questa parola? Sull�etimologia della parolaebraica berît non è stata raggiunta unanimità fra gli studiosi; il significatodella parola inteso dagli autori biblici può essere determinato solo apartire dal contesto. Un�importante indicazione per la comprensionedella parola resta il fatto che i traduttori greci della Bibbia ebraica in

JOSEPH CARD. RATZINGER

LA NUOVA ALLEANZASulla teologia dell�Alleanza

nel Nuovo Testamento

1 M. WEINFELD, «berît», in G. J. BOTTERWECK - H. RINGGREN (edd.), TheologischesWörterbuch zum Alten Testament, W. Kohlhammer, Stuttgart-Berlin-Köln 1970-89,I, 781-808; cf in particolare 785.

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2 Ib.3 Ciò emerge con evidenza dal lungo articolo di Weinfeld; si veda anche G. QUELL - J.BEHM, «Diathêkê», in ThWNT, II, 105-137.

267 dei 287 passi in cui compare la parola berît hanno tradotto condiathêkê, quindi non con la parola spondê oppure con synthêkê, che ingreco sarebbe l�equivalente di patto o alleanza2: a partire dalla loroconoscenza teologica del testo giunsero evidentemente alla conclusioneche dal punto di vista del contenuto non si trattava di una syn-thêkê - diun�intesa bilaterale -, ma di una dia-thêkê, di una disposizione, nellaquale non si uniscono due volontà, ma una volontà stabilisce un ordine.La ricerca esegetica è oggi - per quanto io possa vedere - unanimementedella convinzione che gli autori della Settanta hanno in tal modo intesocorrettamente il testo biblico3. Ciò che noi chiamiamo �Alleanza� non èinteso nella Bibbia come una relazione simmetrica di due partner, cheentrano in una relazione contrattuale accordandosi su impegni e sanzio-ni reciproci: questo concetto di un associarsi allo stesso livello è incom-patibile con l�immagine biblica di Dio. Essi presuppongono piuttosto chel�uomo da se stesso non sarebbe neppure in condizione di stabilire unarelazione con Dio, ancor meno potrebbe dargli qualcosa e ricevere da luiin cambio, o addirittura imporgli degli impegni come corrispondentealle stesse prestazioni assunte. Se si arriva ad una relazione fra Dio el�uomo, ciò può avvenire solo attraverso una libera disposizione di Dio,la cui sovranità resta però intatta. Si tratta dunque di una relazionetotalmente asimmetrica, perché Dio, nella relazione con la creatura, è eresta il totalmente altro: l��Alleanza� non è un contratto di reciprocità,ma un dono, un atto creativo dell�amore di Dio. Con questa ultimaespressione oltrepassiamo già la formulazione filologica della questione.Sebbene la struttura dell�alleanza riprenda quella dei trattati ittiti ed assi-ri, in cui il feudatario impone al vassallo la sua legge, l�alleanza di Diocon Israele è più di un trattato di vassallaggio: il re Dio non riceve nien-te dall�uomo, ma gli dà di fatto nel dono della sua legge la via della vita.

A questo punto emerge un problema. Il modello di alleanza anticote-stamentario dal punto di vista formale corrisponde strettamente almodello del trattato di vassallaggio con la sua struttura asimmetrica. Manondimeno la dinamica del concetto di Dio muta dall�interno l�essenzadel processo, il senso della disposizione sovrana. Quando infatti l�essen-za propria dell�evento viene considerata non più a partire dal contrattostatuale, ma viene descritta con l�immagine dell�amore sponsale, comeaccade presso i profeti - nel modo più commovente in Ezechiele 16,quando la celebrazione dell�alleanza si manifesta come una storia d�amo-re fra Dio ed il popolo eletto -, continua ancora a sussistere l�asimmetrianella sua antica forma? Certo anche il matrimonio non è visto nell�anti-co Oriente come comunione paritetica, ma patriarcalmente a partire dal-l�uomo come signore. Nondimeno la presentazione profetica dell�amore

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appassionato di Dio va al di là di ciò che è previsto nella semplice dispo-sizione giuridica dell�Oriente. Da una parte il concetto di Dio, in consi-derazione della sua infinita alterità, deve apparire come la sottolineaturapiù radicale dell�asimmetria, dall�altra la vera natura di questo Dio sem-bra di fatto creare un�inattesa bilateralità.

Qui si rende necessario un primo sguardo all�elaborazione filosoficadel tema dell�alleanza nella storia della teologia cristiana. All�alleanzacome immagine presa dalla sfera del diritto corrisponde filosoficamentela categoria di relazione. Partendo da un punto di vista totalmente diver-so e con segno quasi opposto era chiaro per il pensiero antico che larelazione fra Dio e l�uomo potesse essere solo asimmetrica. A partiredalla logica del pensiero metafisico nella filosofia greca si giunse allaconclusione che l�immutabile Dio non possa instaurare relazioni mutabi-li, che la relazione sia da ascrivere all�uomo mutabile. Nel rapporto per-tanto fra Dio e l�uomo si potrebbe parlare solo di una �relatio nonmutua�, di un rapportarsi senza reciprocità: l�uomo si relaziona a Dio,ma non Dio all�uomo. La logica sembra ineludibile. L�eternità esigeimmutabilità, l�immutabilità esclude relazioni situate o realizzantesi neltempo e rapportate al tempo. Ma il messaggio dell�alleanza non ci diceproprio il contrario? Prima di approfondire questi problemi emersi dal-l�analisi del significato delle parole berît e diathêkê, dobbiamo esaminarei più importanti testi sull�alleanza del Nuovo Testamento, che ci pongo-no di fronte ad un�ulteriore questione: Come si differenziano �Antica� e�Nuova� Alleanza? In cosa consiste l�unità, in cosa consiste la diversitàdel concetto di alleanza presente nei due Testamenti?

1.1 Alleanza e alleanze nell�apostolo Paolo

Naturalmente in questo contesto non posso tentare di presentare tuttal�ampiezza della teologia dell�alleanza neotestamentaria. Vorrei solo atitolo di esemplificazione analizzare un po� più da vicino alcuni testidelle Lettere paoline e il concetto di alleanza dei testi dell�ultima Cena.

In Paolo salta agli occhi innanzitutto la profonda diversità dell�Allean-za di Cristo rispetto a quella di Mosè, che per noi in genere designa sem-plicemente la differenza fra �antica� e �nuova� Alleanza. La più fortecontrapposizione dei due �Testamenti� la troviamo in Paolo in 2 Corinti3,4-18 ed in Galati 4,21-31. Mentre il termine di Nuova Alleanza derivadalla promessa profetica (Ger 31,31) e unisce così insieme le due partidella Bibbia, il termine �Antica Alleanza� appare solo in 2 Corinti 3,14;la Lettera agli Ebrei parla invece di prima alleanza (9,15) e chiama lanuova Alleanza - oltre a questa classica designazione - anche aiônios,cioè eterna (13,20), il che è stato ripreso nel racconto dell�istituzione delCanone romano della Messa nella successione di termini �nuova ed eter-na alleanza�. Nella seconda lettera ai Corinti Paolo mette l�alleanza diCristo e l�alleanza di Mosè in forte antitesi l�una con l�altra, come latransitoria e la permanente. La caratteristica dell�alleanza di Mosè appa-

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re dunque essere la sua transitorietà, che Paolo vede rappresentata nelletavole di pietra della legge. La pietra è espressione di ciò che perisce, echi rimane solo nell�ambito della legge di pietra, rimane nel regno dellamorte. Paolo qui ha certamente pensato alla promessa di Geremia,secondo cui la legge nella Nuova Alleanza sarà scritta nel cuore, comeanche alle parole di Ezechiele: il cuore di pietra sarà sostituito da uncuore di carne4. Se dapprima nel testo viene fortemente sottolineato ilcarattere di realtà passata dell�alleanza mosaica, la sua caducità, nellaconclusione emerge una nuova e mutata prospettiva. A chi rivolge la fac-cia al Signore viene tolto il velo dal cuore ed egli vede lo splendore inte-riore, la luce spirituale nella legge, e così la può leggere in modo corret-to. Il mutamento delle immagini, che in Paolo rileviamo qui come moltealtre volte, non rende del tutto chiaro il senso della sua espressione, manell�immagine del velo tolto appare in ogni caso modificata la presenta-zione della transitorietà della legge: dove cade il velo dal cuore, emergeciò che è autentico e perenne della legge; essa diventa Spirito e cosìdiventa identica alla nuova economia della vita nello Spirito.

La forte antitesi fra le due Alleanze, l�Antica e la Nuova, che è svilup-pata in Paolo nel terzo capitolo della Seconda Lettera ai Corinti, da allo-ra ha sostanzialmente plasmato il pensiero cristiano, mentre poca atten-zione fu data alla sottile correlazione fra lettera e spirito, che si adombranella metafora del velo. Soprattutto però ci si è anche dimenticati che inaltri testi paolini il dramma della storia di Dio con gli uomini è presenta-to in modo molto più articolato. Nella lode di Israele, che Paolo ha trac-ciato nel nono capitolo della Lettera ai Romani, fra i doni di Dio al suopopolo appare anche questo: sue sono le �alleanze�. Secondo la tradi-zione sapienziale �Alleanza� appare qui al plurale5. E di fatto: l�AnticoTestamento conosce tre segni di alleanza - il sabato, l�arcobaleno, la cir-concisione; essi corrispondono a tre tappe dell�alleanza o a tre alleanze.L�Antico Testamento conosce l�alleanza con Noè, l�alleanza con Abramo,quella con Israele-Giacobbe, l�alleanza del Sinai, l�alleanza di Dio conDavide. Tutte queste alleanze hanno la loro caratteristica specifica, sullaquale dovremo ritornare nel seguito. Paolo sa pertanto che, a partiredalla storia della salvezza precristiana, la parola alleanza deve esserepensata e detta al plurale; tra le diverse alleanze ne ha scelte due in par-ticolare, confrontandole fra di loro e riferendole ciascuna a suo modoall�alleanza di Cristo: l�alleanza con Abramo e quella con Mosè. Egliconsidera l�alleanza di Abramo come quella vera, fondamentale e perma-nente; l�alleanza di Mosè invece per lui è �sopraggiunta� (Rm 5,20) 430anni dopo l�alleanza di Abramo (Gal 3,17), ma non poteva invalidarel�alleanza di Abramo, bensì solo essere una tappa intermedia nel piano di

4 Cf R. BULTMANN, Der zweite Brief an die Korinther, Vandenhoeck und Ruprecht,Göttingen 1976, 76.5 Rm 9,4. Cf H. SCHLIER, Der Römerbrief, Herder, Freiburg 1977, 287.

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Dio e una modalità della pedagogia di Dio nei confronti dell�umanità, icui singoli segmenti divengono caduchi, quando lo scopo della educazio-ne viene raggiunto. Gli itinerari vengono abbandonati, il senso rimane.L�alleanza di Mosè si inserisce nell�alleanza di Abramo, la legge diventauno strumento della promessa. Paolo ha così distinto molto fortementel�una dall�altra due forme dell�alleanza, che di fatto incontriamo nell�An-tico Testamento: l�alleanza, che è un ordinamento legislativo, e l�allean-za, che è essenzialmente promessa, dono dell�amicizia, che viene donatasenza condizioni6. Nel Pentateuco di fatto la parola berît ha spesso sem-plicemente lo stesso significato di legge e comandamento. Una berîtviene comandata; l�alleanza del Sinai appare essenzialmente in Esodo 24come �un�imposizione di leggi e di obblighi per il popolo�7. Una talealleanza può anche essere infranta; la storia d�Israele appare continua-mente nello stesso Antico Testamento come una storia dell�alleanzainfranta. L�alleanza con i patriarchi invece vige come eternamente valida.Mentre l�alleanza degli ordinamenti legislativi ha ripreso lo schema deltrattato di vassallaggio, l�alleanza della promessa ha come modello ladonazione regale8. Da questo punto di vista Paolo con la sua distinzionedi alleanza di Abramo e alleanza di Mosè ha interpretato in modo deltutto corretto il testo della Bibbia. Con questa distinzione tuttavia èanche superata la rigida contrapposizione di Antica e Nuova Alleanza edè espressa una unità carica di tensione che riguarda tutta la storia, nellaquale l�unica alleanza si realizza nelle alleanze. Se così stanno le cose,non si può in nessun modo contrapporre l�uno all�altro Antico e NuovoTestamento come due religioni diverse; nei confronti dell�umanità vi èsolamente una volontà di Dio, un solo agire storico di Dio nei confrontidegli uomini, che certamente si compie in interventi diversi ed in parteanche contrastanti, ma in verità coerenti.

1.2 Il concetto di alleanza nei testi dell�ultima cena

Con la correlazione fra molteplicità delle alleanze ed unità dell�al-leanza siamo giunti nel centro del nostro tema. Dobbiamo procederequi con particolare circospezione, perché vi sono implicate abitudini dipensiero, sia ebraiche che cristiane, profondamente radicate che devonoessere illuminate, in parte anche corrette, a partire dalle espressionibibliche originarie. Decisive per la determinazione corretta del concettoneotestamentario di alleanza sono le narrazioni dell�ultima cena. Esserappresentano per così dire il corrispettivo neotestamentario del rac-conto della stipulazione dell�alleanza del Sinai (Es 24) e fondano così laconvinzione cristiana della Nuova Alleanza, che fu conclusa in Cristo.

6 M. WEINFELD, cit., 799s.7 Ib., 784.8 Ib., 799.

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Non è necessario qui riferire le complicate discussioni esegetiche, sem-pre controverse nei loro risultati, sulla relazione fra testo ed evento, suldivenire del testo e sul suo reciproco rapporto cronologico, ma soloricercare cosa dicono i testi, così come sono, per i nostri problemi. Con-vergenza vi è sul fatto che i quattro racconti dell�istituzione (Mt 26,26-29; Mc 14,22-25; Lc 22,15-20; 1Cor 11,23-26) a partire dalla loro con-figurazione testuale e della teologia ivi espressa si possono dividere indue gruppi: la tradizione marciano-matteana e quella che troviamo inPaolo e Luca. La differenza fondamentale fra tali due tradizioni si trovanelle parole sul calice. In Matteo e Marco a proposito del contenuto delcalice viene detto: «questo è il mio sangue dell�alleanza, che è versatoper molti»; Matteo aggiunge inoltre: «in remissione dei peccati». InLuca e Paolo invece il contenuto del calice viene così espresso: «questocalice è la nuova alleanza nel mio sangue»; Luca aggiunge: «che è versa-to per voi». �Alleanza� e �sangue� sono correlati dal punto di vistagrammaticale in forma contrapposta. In Matteo-Marco il dono del cali-ce viene chiamato �sangue�, di cui poi si precisa essere �sangue dell�al-leanza�. In Paolo-Luca il calice è �la nuova alleanza�, della quale vienedetto che è fondata �nel mio sangue�. Come seconda differenza possia-mo rilevare che solo Luca e Paolo parlano della nuova alleanza. Cometerza differenza importante sarebbe da menzionare che solo Matteo eMarco hanno la parola �per molti�. Entrambi i filoni di tradizione siappoggiano su tradizioni di alleanza anticotestamentarie, scegliendo tut-tavia ciascuno un diverso approccio. Così nell�insieme delle parole del-l�ultima cena confluiscono, fondendosi in una nuova unità, tutte le ideeessenziali dell�alleanza.

Di quali tradizioni si tratta? Le parole sul calice di Matteo e Marcosono desunte immediatamente dal racconto della stipulazione dell�al-leanza del Sinai. Mosè asperge con il sangue del sacrificio dapprima l�al-tare, che rappresenta il Dio nascosto, poi il popolo dicendo: «questo è ilsangue dell�alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base ditutte queste parole» (Es 24,8). Istituzioni antichissime vengono quiriprese ed elevate ad un piano più alto. G. Quell ha definito così l�ideaarcaica di alleanza, come appare nelle storie dei patriarchi: �...stabilireun�alleanza significa tanto entrare in un�unione di sangue straniera comeintrodurre un socio nella propria unione e così entrare in comunionegiuridica con lui�. La parentela di sangue fittizia così creata �rende i par-tecipanti fratelli della stessa carne e delle stesse ossa�. �L�alleanza produ-ce una totalità, che è pace�9, �alôm. Il rito di sangue al Sinai significache, con questi uomini in cammino nel deserto, Dio fa la medesimacosa, che finora solo diverse tribù avevano fatto fra di loro: Egli entra inuna misteriosa parentela di sangue con gli uomini, così che ora egliappartiene a loro ed essi a lui. Questa parentela qui creata, che nasce ora

9 G. QUELL - J. BEHM, cit., 115s.

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paradossalmente fra Dio e l�uomo, dal punto di vista del contenuto ècaratterizzata dalla parola letta, dal libro dell�alleanza. Attraverso l�ap-propriazione di questa parola, la vita che viene da lui e che è con lui,nasce la parentela rappresentata cultualmente nel rituale del sangue.

Quando Gesù, porgendo il calice, dice ai discepoli: «Questo è il miosangue dell�alleanza», le parole del Sinai sono innalzate ad un incredibilerealismo e nello stesso tempo si dischiude una profondità prima inimma-ginabile. Ciò che qui accade è allo stesso tempo spiritualizzazione e for-tissimo realismo. Infatti la comunione di sangue sacramentale, che oradiviene possibilità, unisce i partecipanti con questo uomo Gesù in carneed ossa e così allo stesso tempo con il suo mistero divino, in una comu-nione estremamente concreta, che coinvolge anche la corporeità. CosìPaolo, con un paragone audace e drastico, ha descritto questa nuova�parentela di sangue� con Dio, che nasce dalla comunione con Cristo:«Non sapete che chi si unisce ad una prostituta, diventa con essa uncorpo solo? Infatti è detto: i due diverranno una sola carne [Gen 2,24].Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito» (1Cor 6,16). Inqueste parole diviene chiara anche la modalità totalmente diversa dellaparentela: la comunione sacramentale con Cristo e quindi con Dio sot-trae l�uomo al suo proprio mondo, materiale e transitorio e lo innalzainserendolo nell�essere di Dio, che l�apostolo descrive con la parolapneuma (Spirito). Il Dio, che è disceso, attira l�uomo nella sua realtàpropria e nuova. Parentela con Dio significa per la persona umana unlivello di esistenza nuovo e profondamente trasformato.

Ma come è possibile questa comunicazione agli uomini di ciò che èproprio di Gesù? Abbiamo visto che per l�alleanza del Sinai è nell�acco-glienza della parola, della legge di Dio che si realizza l�inserimento nelsuo modo di essere. Di ciò non si fa parola direttamente nei testi dell�ul-tima cena. Troviamo invece qui l�espressione: �che sarà sparso permolti�, che riecheggia Isaia 53, il carme del Servo di Yhwh. Così la tradi-zione profetica si unisce alla tradizione del Sinai e la interpreta. Gesùassume il destino degli altri come suo proprio, vive per loro e muore perloro. Possiamo qui tranquillamente con i Padri della Chiesa andare oltreciò che è offerto immediatamente dal testo, senza perderne il sensoprofondo. Nella morte di Cristo viene a compimento ciò che ha avutoinizio nell�incarnazione. Il Figlio ha assunto in se stesso l�essere umano elo riporta ora a Dio: �Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, uncorpo invece mi hai preparato... Ecco, io vengo� (Eb 10,5-7; Sal 40,7-9).A partire da questo consegnarsi a Dio il suo �sangue� ritorna ora agliuomini come sangue dell�alleanza. Il corpo è diventato parola e la parolacorpo nell�atto dell�amore, che è il vero e proprio modo di essere divinoed ora a partire dalla partecipazione al sacramento deve diventare ilmodo d�essere dell�uomo. Per la nostra questione sull�essenza dell�allean-za ciò è importante: l�ultima cena si autocomprende come stipulazionedi un�alleanza, e quindi nel prolungamento dell�alleanza del Sinai, chequi non appare annullata, ma rinnovata. Il rinnovamento dell�alleanza,

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che è stato fin dai primissimi tempi un elemento essenziale nella liturgiad�Israele10, raggiunge qui la più alta forma possibile. L�ultima cena sareb-be divenuta da questo momento un rinnovamento dell�alleanza nuova-mente adempiuto, nel quale ciò che finora era stato fatto regolarmentein modo rituale, sperimenta per la potenza di Gesù una profondità eduno spessore finora non prevedibili. Questo spiega anche perché tanto lalettera agli Ebrei come il vangelo di Giovanni (nella preghiera sacerdota-le di Gesù), andando oltre il tradizionale collegamento tra ultima cena ePasqua, mettano in connessione l�eucaristia con il giorno dell�espiazionee vedano la sua istituzione come il giorno dell�espiazione cosmica - unconcetto che riecheggia anche nella lettera ai Romani (3,24s)11.

Dobbiamo adesso dare ancora brevemente uno sguardo alla tradizio-ne lucano-paolina delle parole sul calice. Qui, come vedemmo, vieneindicato come contenuto del calice �la nuova alleanza nel mio sangue�.In tal modo viene ripresa molto chiaramente la linea convergente di tra-dizione profetica presente in Ger 31,31-34, il cui punto di partenzadice: �essi hanno violato la mia alleanza� (31,32). Al posto dell�alleanzadel Sinai infranta Dio istituirà - così promette il profeta - una nuovaalleanza, che non potrà più venir infranta, perché non si colloca piùdavanti all�uomo come libro o come tavola di pietra, ma gli è iscritta nelcuore. L�alleanza condizionata, che dipendeva dalla fedeltà degli uominialla legge e fu così violata, viene sostituita dall�alleanza incondizionata,nella quale Dio vincola se stesso irrevocabilmente. È evidente che cimuoviamo qui nello stesso ambito di idee, che abbiamo trovato prece-dentemente nella seconda Lettera ai Corinti con la sua contrapposizionedelle due alleanze. Certamente nelle parole dell�ultima cena diventa piùchiaramente visibile il fatto che Antico e Nuovo Testamento non sonosemplicemente come due mondi separati e che l�idea dell�alleanza violatae dell�altra, nuova, creata da Dio, era invece presente nella fede di Israe-le stesso. Sotto il richiamo dei profeti, nella sospensione del culto deltempio durante le generazioni dell�esilio così come nelle sempre nuoveavversità che seguirono, Israele sapeva molto bene che più volte avevaviolato l�alleanza. Le tavole infrante ai piedi del Sinai erano la primaespressione drammatica dell�alleanza infranta; quando le tavole rinnova-te furono perse per sempre dopo l�esilio, divenne solo più evidente chela sventura di quell�ora aveva assunto forma permanente12. Israele sapeva

10 Mowinckel nella ricerca del �Sitz im Leben� del racconto dell�alleanza del Sinaiaveva perfino avanzato la tesi che esso rispecchiasse una festa annuale con teofania eproclamazione della legge. Cf M. WEINFELD, cit., 793s.11 Il legame fra Gv 17 e la Liturgia dello Yom Kippur è fortemente sottolineato da A.FEUILLET, Le sacerdoce du Christ et ses ministres, Éd. de Paris 1972, soprattutto 39-63. È importante anche H. GESE, «Die Sühne», in ID., Zur biblischen Theologie,Mohr, Tübingen 1977, 85-106, cf in particolare 105s.12 Cf al riguardo E. ZENGER (ed.), Der Neue Bund im Alten. Zur Bundestheologie derbeiden Testamente (QD 146), Herder, Freiburg 1993, in particolare i contributi di C.

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DOHMEN, �Der Sinaibund als Neuer Bund nach Ex 19-34� (ib., 51-83) e A. SCHENKER,�Der nie aufgehobene Bund� (ib., 85-11); E. ZENGER, Das Erste Testament. Die jüdi-sche Bibel und die Christen, Patmos, Düsseldorf 19944; si veda anche la recensione diH. SEEBASS e la risposta di E. ZENGER in Theol. Revue 90 (1994) 265-278. Come dicebene H. SCHLIER, cit., 340, �su ciascuno, che è uno �Israelítes�, si posa lo splendorepieno di speranza della salvezza e del ritorno escatologico...�.13 A me sembra che si intenda questo quando Eb 3,13 applica ai cristiani l��oggi� delSal 95 e il suo richiamo contro la durezza del cuore, che può condurre alla perditadella �terra del riposo�.

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anche che il rinnovamento dell�alleanza celebrato periodicamente nonpoteva restituire le tavole, che solo Dio era in potere di dare e di riempi-re con la sua scrittura. Ma sapeva anche che Dio non aveva annullato ilsuo amore per Israele; sapeva che Dio stesso rinnovava l�alleanza e chela promessa della nuova alleanza non era solo per il futuro, ma a partiredalla incrollabilità dell�amore di Dio portava sempre in sé già qualcosadi presente. Viceversa i Cristiani dovrebbero sapere che la definitivitàdella Nuova Alleanza, che per noi è indistruttibilmente fondata sullacarne e sul sangue del Cristo risorto, non rende irrilevante il loro com-portamento di violazione dell�alleanza. Il rinnovamento dell�alleanzanon è divenuto superfluo neanche nella Nuova Alleanza, ma è anzicaratteristico di essa. Il comando di ripetizione delle parole dell�ultimacena, che sono appunto espressione della stipulazione dell�alleanza,significa che la Nuova Alleanza si presenta continuamente nella suanovità davanti all�umanità, che essa rimane sempre nuova e come nuovaè sempre la stessa e unica alleanza13.

2 RIFLESSIONI SISTEMATICHE

Dopo questo tentativo di desumere dalla teologia paolina dell�allean-za e dalle parole dell�ultima cena gli elementi fondamentali dell�ideaneotestamentaria di alleanza, dobbiamo in un�ultima parte chiarire - sin-tetizzando il tutto - quali risposte si danno ora ai due interrogativi prin-cipali, che si erano posti mentre analizzavamo i testi: come stanno inrapporto fra di loro le singole alleanze? In particolare: come si colloca laNuova Alleanza nei confronti delle alleanze che troviamo nella Bibbiad�Israele? E: come si presenta ora definitivamente la relazione fra testa-mento e alleanza, come rispondere alla questione sulla unilateralità ebilateralità dell�evento?

2.1 Unità dell�alleanza e pluralità delle alleanze

La tradizione cristiana a partire sia dalla teologia paolina che dalleparole dell�ultima cena ha in generale pensato secondo lo schema delle

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due alleanze, l�Antica e la Nuova Alleanza. Questa contrapposizione ècontrassegnata da una serie di antitesi. L�Antica Alleanza è particolare,legata alla discendenza �carnale� di Abramo. La Nuova Alleanza è uni-versale, rivolta a tutti i popoli. L�Antica Alleanza si basa su di un princi-pio di discendenza fisica, la Nuova invece su di una parentela spirituale,fondata nel sacramento e nella fede. L�Antica Alleanza è alleanza condi-zionata: perché si fonda sull�osservanza della legge e quindi è legataessenzialmente al comportamento dell�uomo, può essere infranta ed èstata infranta. Poiché il suo contenuto essenziale è la legge, essa sta sottola formula: se voi fate tutto questo... Questo �Se� inserisce la mutabilevolontà umana nell�essenza dell�alleanza stessa e la rende in tal modotransitoria. Viceversa l�alleanza siglata nell�ultima cena per la sua naturainterna appare nuova nel senso della promessa profetica: non è un con-tratto condizionato, ma dono dell�amicizia, che viene donato irrevoca-bilmente. Al posto della legge subentra la grazia. La riscoperta della teo-logia paolina nella Riforma ha sottolineato proprio questa accentuazionecon particolare enfasi: non opere, ma fede, non prestazione dell�uomo,ma libera disposizione della bontà di Dio. Essa quindi ha anche sottoli-neato con forza che non si tratta dell��alleanza�, ma del �testamento�, diuna pura disposizione di Dio14. La sottolineatura dell�efficacia esclusivadi Dio, e in generale le espressioni con solus (solus Deus, solus Christus)devono essere comprese in questo contesto.

Cosa dobbiamo dire in proposito alla luce di quanto finora osservato?A me sembra che due dati di fatto siano divenuti evidenti: essi completa-no l�unilateralità di queste antitesi e rendono visibile l�interiore unitàdella storia di Dio con l�umanità, così come essa è presentata nell�insie-me della Bibbia costituita da Antico e Nuovo Testamento. Innanzitutto sideve ricordare che l�alleanza fondamentale - quella con Abramo - mostradecisamente un orientamento universalistico e guarda anticipatamente aimolti, che devono essere dati ad Abramo in figli. Paolo ha certamentevisto bene quando rileva che l�alleanza di Abramo unisce in sé i due ele-menti dell�intenzionale universalità e del dono libero. Da questo puntodi vista la promessa fatta ad Abramo garantisce fin dall�inizio la conti-nuità interiore della storia della salvezza a partire dai Padri d�Israele finoal Cristo e alla Chiesa fatta di Giudei e Gentili. Per quel che riguardal�alleanza del Sinai, si deve fare ancora una distinzione. Essa è stretta-mente relativa al popolo d�Israele; essa dà a questo popolo un ordina-mento giuridico e cultuale (le due realtà sono inseparabili), che cometale non può essere semplicemente esteso a tutti i popoli. Poiché per essaquesto ordinamento giuridico è costitutivo, il �Se� della legge osservataappartiene alla sua essenza profonda ed in questo senso è condizionale,cioè anche: temporale, una tappa dei disegni di Dio, che ha il suotempo. Tutto questo Paolo lo ha evidenziato chiaramente, e nessun cri-

14 Così molto chiaramente nell�articolo del ThWNT di QUELL-BEHM. Cf anche l�artico-lo «Alleanza» (Bund) di HEMPEL-GOPPELT-JACOB-WIESNER, in RGG 1 (1957) 1512-1523.

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stiano può revocarlo; la storia stessa conferma questa visione. Ma conciò non è detto tutto sull�alleanza di Mosè e sull��Israele secondo lacarne�. Infatti la legge non è solo - come noi pensiamo in un�unilateraleaccentuazione delle antitesi paoline - un peso imposto. Nella visione delfedele anticotestamentario la legge stessa è la forma concreta della gra-zia. È grazia infatti conoscere la volontà di Dio. Conoscere la volontà diDio significa: conoscere se stessi; significa: comprendere il mondo;significa: sapere dove si va. Ciò significa che siamo liberati dall�oscuritàdi una nostra ricerca senza fine, che è giunta la luce senza della qualenon possiamo né vedere né camminare. �A nessun altro popolo tu haifatto conoscere la tua volontà�: per Israele, almeno nei suoi rappresen-tanti migliori, la legge è la manifestazione della verità, la manifestazionedel volto di Dio e quindi la possibilità di vivere rettamente. Infatti questaè la domanda di tutti noi: chi sono io? dove vado? cosa devo fare perchéla mia vita divenga giusta? L�inno alla parola di Dio, che troviamo nelSalmo 119 in sempre nuove variazioni, è espressione di questa gioia del-l�essere liberati, della gioia di conoscere la volontà di Dio, che è la nostraverità e quindi la nostra via, ciò cui tutti gli esseri umani anelano.

A partire di qui si deve comprendere ciò che Paolo, in Galati 6,2 -seguendo la speranza giudaico messianica - dice della Tôrâ (della legge)del Messia, della Tôrâ di Cristo: anche secondo Paolo il Messia, Cristo,non costituisce gli uomini senza legge e senza diritto. Caratteristico peril Messia, quale più grande Mosè, è piuttosto portare l�interpretazionedefinitiva della Tôrâ, nella quale la Tôrâ stessa viene rinnovata, perchéora la sua vera essenza appare nella sua purezza ed il suo carattere digrazia diviene realtà evidente. H. Schlier, nel suo commento alla letteraai Galati, dice in proposito: �La Tôrâ del Messia Gesù è di fatto una�interpretazione� della legge mosaica... una �interpretazione� per mezzodella croce del Messia Gesù�. La sua potenza �fa venire alla luce la leggenel suo contenuto essenziale, come parola di colui che l�ha adempiuta, equindi originaria, suscitatrice di vita�15. La Tôrâ del Messia è il Messiastesso, Gesù stesso. A lui si riferisce ora il comando �lui voi doveteascoltare�. Così la �legge� diviene universale, così essa è grazia, così edi-fica un popolo, che diventa popolo attraverso l�ascolto e la conversione.In questa Tôrâ, che è Gesù stesso, appare ora iscritta nella carne vival�essenza permanente delle tavole di pietra del Sinai: il duplice comanda-mento dell�amore, che trova la sua realizzazione nel sentire di Gesù (Fil2,5). Imitare lui, seguire lui, è pertanto osservanza della Tôrâ, che in luistesso si è adempiuta irrevocabilmente.

È vero che così l�alleanza del Sinai viene di fatto superata, ma nelmomento in cui la sua transitorietà viene abbandonata, appare la suavera definitività, viene portato alla luce ciò che in lei è definitivo. Perciò

15 H. SCHLIER, Der Brief an die Galater, Vandenhoeck und Ruprecht, Göttingen 1962,273.

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l�attesa della Nuova Alleanza, che emerge con crescente chiarezza nellastoria d�Israele, non è contro l�alleanza del Sinai, ma corrisponde alladinamica dell�attesa, che in essa stessa è inclusa. Legge e profeti, consi-derati a partire da Gesù, non si trovano reciprocamente in un contrasto,ma Mosè stesso - come lo presenta il Deuteronomio - è profeta ed ècompreso rettamente, solo se è compreso profeticamente.

2.2 �Testamento� e alleanza

La questione se si tratta di alleanza o di testamento, di un evento bila-terale o di una disposizione unilaterale, dipende strettamente dalla que-stione della differenza tra l�alleanza di Cristo e quella di Mosè. Nellastruttura fondamentale tutti i tipi di alleanza, che incontriamo nell�Anti-co come nel Nuovo Testamento, ci appaiono dapprima come asimmetri-ci - come disposizioni del Sovrano, non come contratto tra due partnercon eguali diritti. La legge è una disposizione, con la quale il re vincola ivassalli, anzi li costituisce come tali; la grazia è una disposizione, cheviene donata liberamente senza meriti precedenti. Questa idea dell�unila-teralità del testamento corrisponde senza dubbio alla concezione dellagrandezza e della sovranità di Dio; essa è anche certamente condizionataa partire da una struttura sociale. I dominatori dell�antico Oriente agi-scono solo unilateralmente, sovranamente; nessuno può stare con lorosullo stesso piano. Ma proprio questo retroterra sociologico dello sche-ma asimmetrico viene disfatto e rifiutato nella Bibbia; così anche l�im-magine di Dio acquista una nuova configurazione. Dio dispone, ma difatto esiste - praticamente sin dal principio - un autovincolamento diDio, a partire dal quale nasce qualcosa come una comunione paritetica.Agostino ha sottolineato in modo molto bello questo aspetto, quandodice: �Fedele è Dio, che si è fatto nostro debitore, non come se egliavesse ricevuto qualcosa da noi, ma in quanto egli ci ha promesso cosìtanto. Troppo poco era per lui la promessa; anche per iscritto egli vollevincolarsi, allorché in certo qual modo egli ci diede una redazionemanoscritta delle sue promesse...�16. Quando leggiamo i profeti, trovia-mo che questo non è inteso come atto semplicemente esterno, giuridica-mente posto, ma che la fede d�Israele riconosce in questo autovincolarsil�essenza di Dio, che è diversa da come si sarebbe dovuta rappresentare apartire dall�immagine del monarca orientale. �Quando Israele era giovi-netto io l�ho amato�, dice Dio in Osea a proposito della modalità delsuo autovincolamento al popolo. Da ciò si ricava che egli, anche se l�al-leanza venisse mai infranta, non può, proprio per la sua natura, lasciarlacadere. �Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri,Israele?... Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo fremedi compassione� (Os 11,1.8). Ciò che qui viene tratteggiato con brevi

16 En. in ps. 109, 1 CChr XL, 1601.

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cenni, compare in modo più sviluppato come una grande storia di vano,ma indistruttibile e quindi alla fin fine in realtà non vano, amore in Eze-chiele 16. Tutto il dramma della fedeltà tradita da parte del popolo ter-mina con le parole: �perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confu-sione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato tutto quello chehai fatto� (Ez 16,63).

Antecedentemente a tutti questi testi si colloca la misteriosa storiadella stipulazione dell�alleanza con Abramo, nel corso della quale secon-do l�uso orientale il patriarca divise a metà gli animali del sacrificio. Icontraenti dell�alleanza usualmente passano in mezzo agli animali squar-tati a metà, ciò che significa una automaledizione condizionata: come aquesti animali deve capitarmi, se io infrango l�alleanza. In una visioneAbramo vede come un forno fumante ed una fiaccola ardente - entrambiimmagini della teofania - passare in mezzo agli animali squartati. Diosigla l�alleanza, rendendosi garante egli stesso della fedeltà con un ine-quivocabile simbolo di morte. Può dunque Dio morire? punire se stesso?L�interpretazione cristiana doveva vedere in questo testo un segno miste-rioso e prima non facilmente interpretabile della croce di Cristo, nellaquale Dio con la morte del suo Figlio si fa garante dell�indistruttibilitàdell�alleanza e si consegna così radicalmente all�umanità (Gen 15,12-21).L�amore per la creatura appartiene all�essenza di Dio, e da questa essenzaderiva quell�autovincolamento, che arriva fino alla croce. Così secondola visione della Bibbia proprio dall�assolutezza dell�agire di Dio nasceora una vera bilateralità; il testamento diventa alleanza. I Padri dellaChiesa hanno descritto questa nuova bilateralità, che emerge dalla fedein Cristo come colui che adempie le promesse, nella coppia concettualeIncarnazione di Dio e Divinizzazione dell�uomo. L�autovincolamento diDio va oltre quindi il dono della Scrittura come espressione di promessavincolante, fino al punto che Dio si lega nella sua propria esistenza allacreatura uomo, assumendo la natura umana. Questo significa per altroverso che il sogno originario dell�umanità trova adempimento e l�uomodiventa �come Dio�: in questo scambio delle nature, che costituisce lafigura cristologica fondamentale, l�assolutezza dell�alleanza divina èdivenuta definitiva bilateralità.

2.3 L�immagine di Dio e dell�uomo nell�idea di alleanza

La cristologia appare così come la sintesi della teologia dell�alleanzadel Nuovo Testamento, che si fonda sempre sull�unità dell�intera Bibbia.Questa concentrazione cristologica conduce però necessariamente oltreuna semplice interpretazione dei testi biblici; si apre qui il problema del-l�essenza dell�uomo e di Dio; diventa necessaria la fatica di una com-prensione all�interno di un pensiero organico. Ciò significa: la teologiadeve interrogarsi su di una filosofia ad essa adeguata. Svolgere questonon attiene qui al mio compito. Vorrei solo ancora ritornare molto bre-vemente alla categoria, che avevamo già incontrato come corrisponden-

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te filosofico al tema dell�alleanza: la �relatio�. Infatti interrogarsi sull�al-leanza significa appunto chiedersi se e quale relazione di conseguenzapossa darsi fra Dio e l�uomo. Avevamo rilevato che secondo un�anticaconcezione l�uomo può relazionarsi con Dio nella conoscenza e nell�a-more, mentre invece una relazione dell�eterno Dio con l�uomo tempora-le era considerata come contraddittoria e quindi impossibile. Il monotei-smo filosofico del mondo antico aveva aperto l�accesso alla fede biblicain Dio ed al suo monoteismo religioso, che sembrava rendere nuova-mente possibile l�armonia perduta fra ragione e religione. I Padri, chepartivano da questa corrispondenza fra filosofia e rivelazione biblica,dovevano però ora vedere che l�unico Dio della Bibbia era esprimibilenella sua identità essenzialmente per mezzo di due predicati: creazione erivelazione, creazione e redenzione. Entrambi però sono concetti rela-zionali. Il Dio biblico è dunque un Dio-in-relazione, ed in questo senso,proprio a partire dall�essenziale della sua identità, opposto al Dio filoso-fico in sé chiuso. Non è qui il caso di seguire il complicato processo deldibattito culturale, nel quale si dovette cercare di rafforzare l�armoniatra ragione e religione, che era nata dalla concezione dell�unicità di Dio,ma ora era praticamente di nuovo in questione. Soltanto questo vorreidire, nel contesto del mio tema: in questo dibattito è stata coniata unacategoria filosofica totalmente nuova, che per noi rappresenta il concet-to fondamentale dell�analogia fra Dio e l�uomo, il centro del pensierofilosofico: il concetto di persona17. Una categoria già esistente, quelladella relazione, fu modificata nel suo significato in modo fondamentale.Nella tavola aristotelica delle categorie la relazione sta nel gruppo degliaccidenti, che rinviano alla sostanza ed a questa sono ordinati; in Diopertanto non vi sono accidenti. Con la dottrina cristiana della Trinità la�relatio� esce dallo schema sostanza-accidenti. Dio stesso viene ora defi-nito come struttura relazionale trinitaria, come �relatio subsistens�18. Sedell�uomo si dice che egli è immagine di Dio, allora questo significa cheegli è l�essenza fondata sulla relazione; che egli attraverso tutte le suerelazioni ed in esse cerca quella relazione, che è il fondamento della suaesistenza. Allora l�alleanza sarebbe la risposta alla somiglianza dell�uomocon Dio; in essa risplenderebbe chi e che cosa noi stessi siamo e chi èDio; per lui, che è totalmente relazione, l�alleanza non sarebbe quindiqualcosa che sta esternamente nella storia lontano dalla sua essenza, mala manifestazione di ciò che è lui stesso, �lo splendore del suo volto�.

17 Questo appare molto chiaramente in C. SCHÖNBORN, L�icône du Christ. Fonde-ments théologiques, Éd. Universitaires, Fribourg 1976, 30-45.18 Anche se tutta la portata del processo non è ancora evidente, la rifusione delle cate-gorie tradizionali appare molto chiaramente in sant�Agostino, De Trin. V, V 6 (PL 42,914): �Quamobrem nihil in eo (= in Deo) per accidens dicitur, quia nihil ei accidit;nec tamen omne quod dicitur, secundum substantiam dicitur... hoc non secundumsubstantiam dicitur, sed secundum relativum; quod tamen relativum non est accidens,quia non est mutabile�.