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La Natura secondo de Chirico a cura di Achille Bonito Oliva 9 aprile 11 luglio 2010 Lontana dalla classica retrospettiva, la mostra a cura di Achille Bonito Oliva, pone in evidenza lo sguardo sul naturale del grande maestro italiano e quell’iconografia investita da interferenze concettuali che ne trasformano le valenze realistiche in direzione di uno straniamento psicologico, misterioso e surreale, strettamente riconducibile all’etimo stesso di Metafisica (meta = oltre, physiká = ciò che è naturale). Nato nel 1888 a Volos, nel cuore della Grecia classica, da una nobile famiglia italiana, e formatosi a Monaco dove rimane suggestionato dalla pittura simbolista e dalla lettura di Nietzsche e Schopenhauer, Giorgio de Chirico dipinge L’enigma di un pomeriggio d’autunno a Firenze nel 1910 dando vita all’Arte metafisica, che svilupperà a Parigi e a Ferrara.L’artista dedica tutta la sua vita (morirà novantenne a Roma nel 1978) ad esplorare le possibilità poetiche di un’arte tesa a far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre un’occasione originale di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura. In de Chirico, infatti, l’idea di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata come nei paesaggi mitologici o esaltata come apparizione poetica nelle celebri “vite silenti”, sia quando è trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie dei manichini. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o come Caos, è di per sé indecifrabile e chiede al pittore una possibile soluzione all’enigma del suo apparire. A conclusione delle celebrazioni dechirichiane del 2008-2009, Palazzo delle Esposizioni si prepara a dedicare un importante omaggio al grande maestro italiano fondatore della Metafisica, movimento culturale tra i più significativi e fecondi di tutto il Novecento che proprio nel 2010 compie un secolo. Nato nel 1888 a Volos, nel cuore della Grecia classica, da una nobile famiglia italiana, e formatosi a Monaco dove rimane suggestionato dalla pittura simbolista e dalla lettura di Nietzsche e Schopenhauer, Giorgio de Chirico dipinge L’enigma di un pomeriggio d’autunno a Firenze nel 1910 dando vita all’Arte metafisica, che svilupperà a Parigi e a Ferrara. L’artista dedica tutta la sua vita (morirà novantenne a Roma nel 1978) ad esplorare le possibilità poetiche di un’arte tesa a far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre un’occasione originale di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura. In de Chirico, infatti, l’idea di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata come nei paesaggi mitologici o esaltata come apparizione poetica nelle celebri “vite silenti”, sia quando è trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie dei manichini. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o come Caos, è di per sé indecifrabile e chiede al pittore una possibile soluzione all’enigma del suo apparire. Curata da Achille Bonito Oliva, tra i più noti critici d’arte, la rassegna prenderà in esame circa 120 dipinti provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private, e si articolerà in sette sezioni tematiche distinte, distribuite in un itinerario ricco e suggestivo nelle gallerie ai lati della monumentale Rotonda di Palazzo delle Esposizioni.

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La Natura secondo de

Chirico

a cura di Achille Bonito Oliva 9 aprile – 11 luglio 2010

Lontana dalla classica retrospettiva, la mostra a cura di Achille Bonito

Oliva, pone in evidenza lo sguardo sul naturale del grande maestro

italiano e quell’iconografia investita da interferenze concettuali che ne

trasformano le valenze realistiche in direzione di uno straniamento

psicologico, misterioso e surreale, strettamente riconducibile all’etimo

stesso di Metafisica (meta = oltre, physiká = ciò che è naturale).

Nato nel 1888 a Volos, nel cuore della Grecia classica, da una nobile

famiglia italiana, e formatosi a Monaco dove rimane suggestionato

dalla pittura simbolista e dalla lettura di Nietzsche e Schopenhauer,

Giorgio de Chirico dipinge L’enigma di un pomeriggio d’autunno a

Firenze nel 1910 dando vita all’Arte metafisica, che svilupperà a

Parigi e a Ferrara.L’artista dedica tutta la sua vita (morirà novantenne

a Roma nel 1978) ad esplorare le possibilità poetiche di un’arte tesa a

far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera

produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino agli sviluppi

neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre un’occasione originale

di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura. In de

Chirico, infatti, l’idea di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata come nei paesaggi mitologici o esaltata come apparizione poetica nelle celebri “vite silenti”, sia quando è trasfigurata nell’allucinazione

urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie dei manichini. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o

come Caos, è di per sé indecifrabile e chiede al pittore una possibile soluzione all’enigma del suo apparire.

A conclusione delle celebrazioni dechirichiane del 2008-2009, Palazzo delle Esposizioni si prepara a dedicare un

importante omaggio al grande maestro italiano fondatore della Metafisica, movimento culturale tra i più significativi e

fecondi di tutto il Novecento che proprio nel 2010 compie un secolo.

Nato nel 1888 a Volos, nel cuore della Grecia classica, da una nobile famiglia italiana, e formatosi a Monaco dove

rimane suggestionato dalla pittura simbolista e dalla lettura di Nietzsche e Schopenhauer, Giorgio de Chirico dipinge

L’enigma di un pomeriggio d’autunno a Firenze nel 1910 dando vita all’Arte metafisica, che svilupperà a Parigi e a

Ferrara. L’artista dedica tutta la sua vita (morirà novantenne a Roma nel 1978) ad esplorare le possibilità poetiche di un’arte tesa a far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera produzione dell’artista, dagli esordi

simbolisti fino agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre un’occasione originale di avvicinarsi alla sua

arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura. In de Chirico, infatti, l’idea

di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata come nei paesaggi mitologici o esaltata come

apparizione poetica nelle

celebri “vite silenti”, sia

quando è trasfigurata

nell’allucinazione urbana delle

Piazze d’Italia o rinnegata

nelle algide geometrie dei

manichini. La Natura, intesa

come Cosmos ordinato o come Caos, è di per sé indecifrabile e

chiede al pittore una possibile

soluzione all’enigma del suo

apparire.

Curata da Achille Bonito Oliva,

tra i più noti critici d’arte, la

rassegna prenderà in esame

circa 120 dipinti provenienti

dalle più importanti collezioni

pubbliche e private, e si

articolerà in sette sezioni tematiche distinte, distribuite in

un itinerario ricco e suggestivo

nelle gallerie ai lati della monumentale Rotonda di Palazzo delle Esposizioni.

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Nel centenario della Metafisica ed in coda alle celebrazioni dechirichiane del 2008 - 2009, il Palazzo delle Esposizioni

di Roma dedica a Giorgio De Chirico una mostra dal titolo "La Natura secondo De Chirico".

L'esposizione non è la classica retrospettiva. Infatti l'intento di Achille Bonito Oliva, che ne è il curatore, è quello di

mettere a fuoco il rapporto dell'arte di de Chirico con la categoria fisica e filosofica del naturale. Un rapporto che, pur

risolto in modi di volta in volta diversi ed originali, sottende l'intera vicenda creativa del maestro, dagli esordi simbolisti fino alle regressioni neometafisiche degli ultimi anni.

In de Chirico, lo sguardo sul naturale non approda mai a soluzioni naturalistiche ma genera piuttosto un'incessante

attitudine interrogativa. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o come Caos, chiede infatti che le si risponda, che il

pittore suggerisca - attraverso l'evocazione poetica - una possibile soluzione all'enigma del suo apparire; ed è questo, in

fondo, l'inesausto compito che Giorgio de Chirico si assume per tutti i lunghi anni della sua storia d'artista.

La mostra comprenderà circa cento dipinti articolati in sette sezioni da distribuire, in un percorso concettuale ricco e suggestivo, nelle sette sale ad aula situate ai lati della Rotonda, perno degli spazi espositivi di Palazzo delle Esposizioni.

In esposizione, fino all'11 luglio, circa 140 dipinti articolati in 7

sezioni (Natura del mito, Natura dell'ombra, Natura da camera,

Anti-natura, Natura delle cose, Natura aperta, Natura viva),

distribuite nelle 7 gallerie ad aula distribuite ai lati della

Rotonda, cuore degli spazi espositivi del Palazzo.

L'esposizione presenta una rassegna di opere provenienti da

musei d'arte contemporanea di tutto il mondo (Moma, Tate,

Muse'e d'Art Moderne de Paris, Osaka Museum of Modern Art,

Galleria nazionale di Arte Moderna, Mart-Museo d'Arte

Contemporanea di Trento e Rovereto) e da collezioni private,

integrandole con una serie di capolavori appartenenti alla

Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. Sono circa cento i dipinti esposti e sono divisi in sette diverse

sezioni:

1. Natura del mito

2. Natura dell’ombra

3. Natura da camera

4. Anti-natura

5. Natura delle cose

6. Natura aperta

7. Natura viva

A conclusione delle celebrazioni dechirichiane del 2008-2009 e in corrispondenza del centenario della Metafisica,

Palazzo delle Esposizioni si prepara a dedicare al grande maestro italiano una importante mostra curata da Achille

Bonito Oliva. Concepita come occasione di un nuovo slancio critico ed ermeneutico piuttosto che come una tradizionale

retrospettiva, la mostra è costruita su una base tematica e intende mettere a fuoco il rapporto dell’arte di de Chirico con

la categoria fisica e filosofica del naturale; un rapporto che – pur risolto in modi di volta in volta diversi ed originali -

sottende l’intera vicenda creativa del maestro, dagli esordi simbolisti fino alle regressioni neometafisiche degli ultimi anni. Nell’arte di de Chirico l’iconografia del naturale trascende se stessa, perennemente investita da interferenze

concettuali che ne trasformano le valenze realistiche in direzione di uno straniamento psicologico, misterioso e surreale,

strettamente riconducibile all’etimo stesso di Metafisica (meta = oltre, physiká = ciò che è naturale). Che sia ricondotta

a un’armonia primigenia (come nei paesaggi mitologici) o esaltata come apparizione poetica (nelle celebri “vite

silenti”), trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie plastiche dei

manichini e degli automi, l’Idea di Natura rimane per l’artista un riferimento poetico costante, anche quando

problematico, paradossale o, appunto, silente. In de Chirico, lo sguardo sul naturale non approda mai a soluzioni

naturalistiche ma genera piuttosto un’incessante attitudine interrogativa. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o

come Caos, chiede infatti che le si risponda, che il pittore suggerisca - attraverso l’evocazione poetica - una possibile

soluzione all’enigma del suo apparire; ed è questo, in fondo, l’inesausto compito che Giorgio de Chirico si assume per

tutti i lunghi anni della sua storia d’artista. La mostra comprenderà circa cento dipinti articolati in sette sezioni da distribuire, in un percorso concettuale ricco e suggestivo, nelle sette sale ad aula situate ai lati della Rotonda, perno

degli spazi espositivi di Palazzo delle Esposizioni.

Natura del mito "Il lontano e fresco soffio della mitologia, gl'immensi mascheroni delle divinità olimpiche che

guardano senza vedere di là dagli orizzonti e dalle costruzioni degli uomini, con quello sguardo dolcemente ed ineffabilmente losco, con lo sguardo di chi sa che non c'è nulla da sapere" Giorgio de Chirico

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In questa prima sezione, vengono accostati quei dipinti in cui la Natura, trasfigurata in chiave mitica, è intesa come

scenario di archetipi universali. Le figure evocate nei dipinti di questa sezione, siano mitologiche (I Centauri; Apollo;

Minerva; Esculapio; Orfeo; Arianna), bibliche (Il figliol prodigo) o storico-leggendarie (Lucrezia) sono trasformate in

simboli della cultura intesa come grande forza civilizzatrice, vittoriosa sul disordine apparente della natura.

Natura dell'ombra"Il paesaggio, chiuso nell'arcata del portico, come nel quadrato o nel rettangolo della finestra,

acquista maggiore valore metafisico, poiché si solidifica e viene isolato dallo spazio che lo circonda. L'architettura

completa la natura. Fu questo un progresso dell'intelletto umano nel campo delle scoperte metafisiche." Giorgio de

Chirico

Lo spazio urbano, nella pittura di de Chirico, è determinato - con uguale peso - tanto dai volumi architettonici

raffigurati, quanto dalle ombre rigide e irreali che presenze architettoniche esterne all'inquadratura proiettano sul suolo,

raffigurato come puro piano geometrico. L'artista si fa anticipatore di audaci sperimentazioni costruttive, straordinario

architetto di città allucinate e assurde. L'architettura inventata di de Chirico definisce anche uno spazio dell'assenza, un

luogo puramente mentale in cui la Natura è relegata in un 'altrove' metafisico che non si rivela mai.

Natura da camera "La mia camera è un bellissimo vascello ove posso fare viaggi avventurosi degni di un esploratore

testardo." Giorgio de Chirico

Anche lo spazio ovvio di una stanza offre nuove possibili visioni. In questa sezione appare quello speciale cortocircuito

che l'artista provoca nello sguardo dello spettatore, mescolando le carte tra lo spazio naturale e quello costruito.

Presenze inanimate ma famigliari della vita quotidiana, quali poltrone e armadi, sono dislocati sotto il cielo aperto in

scenari naturali mitici e primordiali dove sorgono come apparizioni dalle valenze quasi sacre. All'inverso, in altre

composizioni, rocce, alberi, corsi d'acqua vengono addomesticati ad absurdum dentro una stanza, generando vertigine

psicologica e senso di straniamento.

Anti-natura "Sopprimere completamente l'uomo quale guida o come

mezzo per esprimere dei simboli, delle sensazioni, dei pensieri, liberare la

pittura, una volta per tutte dall'antropomorfismo che soffoca la scultura.

Vedere ogni cosa, anche l'uomo, nella sua qualità di cosa. " Giorgio de

Chirico

Qui l'ambivalenza tra naturale e artificiale si sposta da strutture inanimate

alla figura umana. Prodotto di un mondo segnato dalla corsa tecnologica,

anche il corpo dell'uomo tende a diventare un oggetto dall'identità problematica, oscillante, un organismo intermedio, la cui ambiguità è

rivelata dall'artista attraverso i suoi celebri automi: manichini, pensatori,

archeologi ovvero entità anti-naturali che ci parlano del nostro modo di

essere al mondo, della nostra natura ibrida di macchine pensanti e

senzienti.

Natura delle cose "Ma noi che conosciamo i segni dell'alfabeto

metafisico sappiamo quali gioie e quali dolori si racchiudono entro un

portico, l'angolo di una strada o ancora in una stanza, sulla superficie di

un tavolo, tra i fianchi di una scatola (...). La coscienza assoluta dello

spazio che deve occupare un oggetto in un quadro e dello spazio che

divide gli oggetti tra loro stabilisce una nuova astronomia delle cose"

Giorgio de Chirico

Le Duo, 1914-15 Olio su tela New York, The Museum of

Modern Art. Lascito James Thrall Soby, 1979

Proseguiamo con gli Interni Metafisici in una sorta di progressiva "discesa all'interno" entro scatole cinesi di stanze nelle stanze, quadri nei quadri, in una successione potenzialmente infinita che riflette gli enigmi delle cose e il mistero

dello spazio e del tempo. Elaborati assemblaggi geometrici assurgono al valore di totem contemporanei: trofei,

marchingegni, giocattoli di cui Giorgio de Chirico è mirabile inventore.

Natura aperta "Una volta (...) mi trovavo in una casa ove il pavimento era stato molto lucidato con la cera. Guardai

un signore che camminava davanti a me e le di cui gambe riflettevano nel pavimento. Ebbi l'impressione che egli

potesse affondare in quel pavimento, come in una piscina, che vi potesse muoversi e anche nuotare. Così immaginai

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delle strane piscine con uomini immersi in quella specie di acqua-parquet, che stavano fermi, e si muovevano, ed a

volte si fermavano per conversare con altri uomini che stavano fuori della piscina pavimento."

Giorgio de Chirico

"Natura aperta", ovvero squadernata nei suoi elementi primordiali. I materiali costitutivi della natura e le regole che li

governano sono smontati, riorganizzati e rifondati attraverso l'arte di de Chirico. Trasformando l'acqua in acqua-

parquet, i Bagni misteriosi pongono l'attenzione sul mistero dell'elemento fisico. Mentre il Sole sul cavalletto, 1973,

canta la misura dell'Universo e la metamorfosi dell'energia, La Surprise, 1914, rimodella gli elementi primari della

realtà: aria, fuoco, terra e acqua in una nuova 'ricetta' della materia del mondo.

Natura viva"Questo desiderio di essere vicino alla natura è evidentemente provocato nell'uomo da ricordi (...). Forse

questi ricordi risalgono a quei tempi oscuri in cui l'uomo, quasi animale, era più felice nella sua vita primitiva,

completamente legata alla natura. Oppure i suoi ricordi risalgono ancora più lontano e l'uomo rammenta oscuramente il Paradiso Terrestre, ch'egli ha perduto (...). O forse ancora il presentimento di un paradiso futuro spinge l'uomo verso

la natura (...) che si presenta allo spirito dell'uomo, a traverso presentimenti o ricordi, buona, bella, perfetta,

misericordiosa." Giorgio de Chirico

In quest'ultima sezione, viene affrontato un tema caro a de Chirico, quello dell'arte che 'vivifica' - in senso letterale - la

natura. Il genere pittorico tradizionalmente noto come "natura morta" viene ripreso e, nel mutare di nome in "vita

silente" si carica della vitalità primigenia della natura, che restituisce in quanto forza creatrice.

La vita interna dell'oggetto, la sua vita silente, magnificata dall'artista, si risveglia ed entrando in relazione dinamica con

il paesaggio in cui è inserita, diventa soglia tra mondo reale e mondo metafisico.

“Ogni volta che un artista si è proposto di mettersi in rapporto con il mondo non

per riprodurre fedelmente le sue

apparenze, ma per interpretarlo e

reinventarlo, eccedendo nella

razionalità fino a sfiorare il suo esatto

contrario, ha sempre assunto un

atteggiamento metafisico. De Chirico è

stato il primo a capirlo fino in fondo”.

Il commento di Vittorio Sgarbi

sull’opera di De Chirico, accompagna

idealmente chi lungo l’allestimento di sette sale – volte a risolvere i rapporti fra

natura, essere umano e mondo – vuole

visitare la mostra a Palazzo delle

Esposizioni, a Roma dal 9 aprile all’11

luglio, curata da Achille Bonito Oliva.

La Metafisica di De Chirico, infatti,

prescinde la realtà, la dimensione fisica e

temporale, ma anche quella onirica che

rifiuta come componente stessa della realtà. La Metafisica di De Chirico è reinvenzione della realtà, è realtà

immaginifica, ma sempre ancorata allo spazio e alle forme della Natura intesa come spazio umano. Per questo, il

movimento da lui fondato e che proprio quest’anno raggiunge il suo centenario, esprime il rapporto fra l’uomo del suo

tempo e contesto nel quale è immerso senza perdersi in una dimensione irreale. Gli spunti per la realizzazione delle opere vengono a De Chirico osservando

la realtà, cercandola. L’aneddoto

dell’uomo che cammina nel lucido

parquet riflettendo la sua immagine,

conduce De Chirico a una serie di tele

raffiguranti la scomposizione dell’uomo

scontornato per immergersi nella natura

dell’acqua trasfigurata, gelida fonte di

non vita.

Per questo, tutto in De Chirico è

enigmatico. Le raffigurazioni devono essere ricostruite e chi vuole cercare la

realtà nella sua trasformazione non ha

scampo per la comprensione. Questo è

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uno dei motivi per i quali De Chirico è il pittore della solitudine. La sua visione della realtà è intimista, ma allo stesso

tempo da condividere perché offre all’uomo del suo tempo, manichino e maschera, una visione pensata e ragionata del

mondo, vista da piazze di un’Italia trasformata, in una Natura che prende elementi dell’antica Grecia, della modernità di

un treno, della geometria di un palazzo tutto frullato insieme in una armonica visione di una contemporaneità senza

tempo.

Sebbene il suo linguaggio sia frutto di una possente impalcatura filosofico-simbolica, Giorgio De Chirico ha trovato moti tratti caratteristici della sua pittura nel rapporto con la natura. Una mostra che inaugura venerdì 9 aprile al Palazzo

delle Esposizioni di Roma, propone una riscoperta trasversale dell’opera del maestro, a partire proprio dallo slancio

vitale messo in campo dall’artista nell’affrontare la categoria fisica e filosofica del naturale.

La Natura secondo de Chirico, curata da Achille Bonito Oliva, propone circa 120 opere del maestro nato in Grecia da

una nobile famiglia italiana e cresciuto a

Monaco nel pieno della pittura simbolista

e del pensiero di Nietzsche e

Schopenhauer. La nascita della

Metafisica, nel 1910 a Firenze, conduce

De Chirico ad esplorare e rispettare il

mistero della vita, l’enigmaticità del

reale. “La Natura, intesa come Cosmos ordinato o come Caos, è di per sé

indecifrabile e chiede al pittore una

possibile soluzione all’enigma del suo

apparire”.

Concepita come occasione di un nuovo

slancio critico ed ermeneutico piuttosto

che come una tradizionale retrospettiva,

la mostra è costruita su una base tematica e intende mettere a fuoco il rapporto dell’arte di de Chirico con la categoria

fisica e filosofica del naturale; un rapporto che – pur risolto in modi di volta in volta diversi ed originali - sottende

l’intera vicenda creativa del maestro, dagli esordi simbolisti fino alle regressioni neometafisiche degli ultimi anni.

Nell’arte di de Chirico l’iconografia del naturale trascende se stessa, perennemente investita da interferenze concettuali che ne trasformano le valenze realistiche in direzione di uno straniamento psicologico, misterioso e surreale,

strettamente riconducibile all’etimo stesso di Metafisica (meta = oltre, physiká = ciò che è naturale).

Che sia ricondotta a un’armonia primigenia (come nei paesaggi mitologici) o esaltata come apparizione poetica (nelle

celebri “vite silenti”), trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie

plastiche dei manichini e degli automi, l’Idea di Natura rimane per l’artista un riferimento poetico costante, anche

quando problematico, paradossale o, appunto, silente.

In de Chirico, lo sguardo sul naturale non approda mai a soluzioni naturalistiche ma genera piuttosto un’incessante

attitudine interrogativa. La Natura, intesa come Cosmos ordinato o come Caos, chiede infatti che le si risponda, che il

pittore suggerisca - attraverso l’evocazione poetica - una

possibile soluzione all’enigma del suo apparire; ed è

questo, in fondo, l’inesausto compito che Giorgio de Chirico si assume per tutti i lunghi anni della sua storia

d’artista.

Il filosofo ed il poeta

De

Chirico

riesce

con

pochi

schizzi

a cogliere la stratificazione dell’ambiente circostante. Questi tratti

sono presenti fin dai primi lavori, eseguiti attorno al 1910 e ne

contraddistingueranno la carriera artistica.

Per l’artista il disegno è impronta del pensiero, un genere con

dignità pari se non superiore al dipinto, a questa arte divina è dedicata l’esposizione, la mostra, curata da Elena Pontiggia con

l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, si apre con uno

straordinario gruppo di disegni metafisici concessi per l’occasione

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dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e prosegue con tutti i più importanti lavori provenienti dalla

Fondazione Giorgio e Isa de Chirico: una raffinata collezione che comprende tra l’altro i Ritratti di Rissa, i Nudi antichi

(1926), il gruppo dei Gladiatori, Hebdomeros del 1928 e la

suggestiva serie dei Mobili nella valle e dei Bagni misteriosi

degli anni Trenta. Sono esposti inoltre, sempre dalla collezione della Fondazione

Giorgio e Isa de Chirico, i disegni realisti degli anni quaranta,

tra cui l’impressionante Autoritratto come Cristo sul Calvario

e l’inaspettata, affettuosa serie di schizzi coi cani di famiglia.

Le incisioni per L’Apocalisse del 1941 e le carte del periodo

neometafisico degli anni sessanta e settanta completano il

percorso espositivo, che si chiude con una sezione riservata ai

disegni (scene, costumi, figurini) per il teatro. Ad integrazione

della sezione teatrale sono anche presentati i bellissimi

costumi per Pulcinella del 1931 e Protée del 1938,

recentemente acquisiti dalla Fondazione e mai esposti prima. Museo Carlo Bilotti all’Aranciera di Villa Borghese fino al 19

aprile 2009.

Scriveva il critico francese Alain Jouffroy nel 1978, l’anno in

cui si spense, il 20 dicembre, ad oltre novant’anni, l’inventore

della pittura metafisica: “Giorgio de Chirico è oggi, a

novant’anni, il pittore glorioso più solitario e meno compreso

del mondo”. Ora, a più di trent’anni di distanza, Giorgio de Chirico è ancora, per molti versi, il pittore meno compreso

del mondo, ma è sempre più glorioso, glorioso e trionfante, trionfante su tutti coloro che lo avevano avversato in Italia e

fuori d’Italia sin dall’inizio della sua attività artistica. Ne è una riprova schiacciante la mostra che è stata inaugurata il 9

aprile, con il titolo “La Natura secondo de Chirico”, il quale fa notare nel suo scritto in catalogo (Federico Motta

Editore) che l’idea di Natura per l’inventore della pittura metafisica “va presa nel senso più lato possibile”. Divisa in sette zezioni, la mostra si dispiega dagli anni Dieci (la “Lotta dei Centauri” è del 1909), agli anni Trenta, per

ben 140 quadri, da “Le temple fatal” (1914) a “Le muse inquietanti”(1925), da “I bagni misteriosi”( 1935-36) a “Piazza

d’Italia con fontana”(1954), da “Interno metafisico con

paesaggio romantico”(1968) a “Spettacolo misterioso”

(1971).

Non mancano, ovviamente, le nature morte, che Giorgio e

Isa de Chirico preferivano chiamare “nature silenti”. Jean-

Paul Sartre diceva che Giacometti era l’unico pittore

moderno che avesse dipinto il vuoto, ma de Chirico aveva

dipinto non solo il vuoto, ma anche il silenzio, al quale aveva dedicato due quadri, “La torre del silenzio”(1937) e

“La Musa del silenzio”(1973). Negli ultimi due anni erano

state dedicate a de Chirico tre mostre, due di quadri a Roma

e Parigi e una di disegni a Roma, ma quella in corso al

Palazzo delle Esposizioni è la più imponente e la più

affascinante, fors’anche di quelle che gli erano state

organizzate nel passato, sia quando era in vita che dopo la

morte.

Questa mostra dimostra perentoriamente che de Chirico,

come non si stancava di dire, non aveva mai abbandonato la

pittura metafisica, con la quale all’inizio del secolo aveva conquistato Parigi, la capitale mondiale dell’arte. Segno di

contraddizione dell’epoca, esaltato e misconosciuto,

osannato e denigrato, acclamato e vilipeso, Giorgio de

Chirico era stato dato più volte per morto dai critici, come

diceva egli stesso, ma ogni volta era resuscitato più vivo e

vitale di prima.

Non c’è altro caso in tutta la storia dell’arte di un pittore che abbia scritto e detto ciò che pensava, ossia tutto il male

possibile, dei pittori moderni, delle istituzioni ufficiali, dei soprintendenti o dei direttori dei musei, dei critici, persino

dei critici che scrivevano bene di lui o che ne apprezzavano l’opera, e sia uscito non sono indenne ma vittorioso dal

turbine delle polemiche. E’ lunga la lista dei suoi “nemici”: Roberto Longhi, che nel 1919 gli aveva inflitto una stroncatura micidiale, che avrebbe stroncato la carriera di qualsiasi altro artista; Breton, Eluard, Aragon e compagni, i

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quali dopo averlo salutato come un artista nuovo e originale, nel

1926 avevano scritto su “Revolution Surrealiste”, in un numero

listato a lutto e una grande croce nera: “E’ deceduto Giorgio de

Chirico pittore surrealista”; coloro che in Italia, sull’esempio dei

necrofori francesi, lo avevano vivisezionato, facendolo oggetto d’una operazione di bassa macelleria critica: ottimo il de Chirico

prima del 1917, pessimo il de Chirico dei periodi successivi; Max

Ernst, che aveva trovato la propria strada dopo aver visto su “Valori

Plastici” la riproduzione di tele metafisiche di de Chirico, ma non

aveva esitato a descrivere il suo maestro ancora in piena forma

come “un vecchio debole, completamente asessuato, con guance

cadenti e il pallore di un uomo quasi morto”; Palma Bucarelli e

Giulio Carlo Argan, che lo consideravano un pittore reazionario” e

non gli avevano mai aperto l’accesso alla Galleria Nazionale d’Arte

Moderna, la prima bollata da de Chirico come “la Pentesilea di tutte

le croste e di tutti i crostoni”, il secondo da Marino Mazzacurati con il motto: “Mi piego ma non mi spiego”. Benché sindaco di Roma,

Giulio Carlo Argan si era astenuto dal partecipare ai funerali di

Giorgio de

Chirico, che la

critica

internazionale

considera oggi

uno dei massimi pittori, insieme a Picasso e Matisse, del ventesimo

secolo.

De Chirico fu indicato principalmente come artista metafisico, con la

sua intenzione di generare suggestioni irreali con l’accostamento di oggetti dissimili, in modo particolare di statue antiche greco-romane,

in uno spazio creato rompendo le comuni regole della prospettiva, con

colori moderni e con associazioni temporali senza alcun legame tra

loro. Questa mostra tende a descrivere l’attività di de Chirico anche

attraverso il disegno che non era per lui un’arte minore, anzi vedeva

in essa un carattere spirituale ed un mezzo per rappresentare qualcosa

oltre la realtà. La realtà infatti non ha, per de Chirico, contorni, e la

determinazione di essi attraverso le linee riesce a donarne l’essenza

spettrale non visibile ad occhio nudo. La linea dunque assume un

carattere mistico, assurgendo l’arte come espressione del divino.

L'enigma d'un pomeriggio d'autunno(FALSO DI BUTI)

La genesi della pittura

metafisica è individuabile nel

quadro di Giorgio de Chirico L'enigma di un pomeriggio

d'autunno del 1909-1910, citato

dal pittore stesso in un suo

manoscritto parigino del 1912.

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Piazza d'Italia con torre rossa, 1934 Olio su tela Rovereto, Mart -

Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

« ..., dirò ora come ho avuto la rivelazione di un

quadro che ho esposto quest'anno al Salon

d'Automne e che ha per titolo: L'enigma di un

pomeriggio d'autunno. Durante un chiaro

pomeriggio d'autunno ero seduto su una panca

in mezzo a Piazza Santa Croce a Firenze. Non

era certo la prima volta che vedevo questa

piazza. Ero appena uscito da una lunga e dolorosa malattia intestinale e mi trovavo in

uno stato di sensibilità quasi morbosa. La

natura intera, fino al marmo degli edifici e delle

fontane, mi sembrava convalescente. In mezzo

alla piazza si leva una statua che rappresenta

Dante avvolto in un lungo mantello, che stringe

la sua opera contro il suo corpo e inclina verso

terra la testa pensosa coronata d'alloro. La

statua è in marmo bianco, ma il tempo gli ha

dato una tinta grigia, molto piacevole a vedersi.

Il sole autunnale, tiepido e senza amore illuminava la statua e la facciata del tempio.

Ebbi allora la strana impressione di vedere tutte

quelle cose per la prima volta. E la

composizione del quadro apparve al mio

spirito; ed ogni volta che guardo questo quadro

rivivo quel momento. Momento che tuttavia è

un enigma per me, perché è inesplicabile.

Perciò mi piace chiamare enigma anche l'opera

che ne deriva. »

I bagni misteriosi II, 1935-36 Olio su tela

collezione privata (per cortesia della Galleria dello Scudo, Verona)

A Parigi i fratelli de Chirico entrano in contatto

con gli esponenti delle avanguardie artistiche

del novecento e con le loro opere del 1912,

1913 e 1914 contribuiscono ad anticipare la

crisi che avrebbe condotto all'enorme

cambiamento di clima intellettuale ed estetico

che prese corpo durante la prima guerra

mondiale.

I bagni misteriosi I, 1935 Olio su tela collezione privata (per cortesia della Galleria dello Scudo,

Verona)

Con il suo modo di dipingere De Chirico aprì la

strada a tutti quei movimenti che costituiscono la

parte più interessante e vitale dell’esperienza

artistica europea tra le due guerre, dal Dadaismo al

Surrealismo, dal Realismo Magico al

Neoromanticismo, dando un taglio netto alle

prospettive di ricerca ormai esaurite del Cubismo e

delle avanguardie formali. L’allestimento – a cura di Achille Bonito Oliva, tra i più noti critici d’arte

– presenta una rassegna di circa 140 dipinti

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provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private e

articolati in 7 sezioni (Natura del mito, Natura dell’ombra, Natura da

camera, Anti-natura, Natura delle cose, Natura aperta, Natura viva),

distribuite in un itinerario ricco e suggestivo nelle gallerie ai lati della

monumentale rotonda, cuore degli spazi espositivi del palazzo. Pur riflettendo l’intera produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino

agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre

un’occasione originale di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento

su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul mondo della Natura,

sia quando viene idealizzata (vedi i paesaggi mitologici) sia quando è

trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata

nelle algide geometrie dei manichini. “La Natura secondo de

Chirico“, piuttosto che una retrospettiva, vuole essere l’occasione per

un nuovo slancio critico, per una rilettura dell’opera di un grande

maestro del Novecento attraverso un tema centrale della sua poetica.

Per comprendere meglio questo artista non sarebbe male anche una visita alla sua Fondazione, che si trova sempre a Roma, e che nel

1998, a vent’anni dalla sua scomparsa, ha aperto l’abitazione romana

del pittore, in Piazza di Spagna, nel seicentesco Palazzotto dei

Borgognoni, come Casa Museo. (Nicole Montanari)

De Chirico esplora le possibilità poetiche di un’arte tesa a far emergere l’enigmaticità del reale. Pur riflettendo l’intera

produzione dell’artista, dagli esordi simbolisti fino agli sviluppi neometafisici degli ultimi anni, la mostra offre

un’occasione originale di avvicinarsi alla sua arte, ponendo l’accento su un tema specifico: lo sguardo del pittore sul

mondo della Natura. In de Chirico, infatti, l’idea di Natura rimane un riferimento costante, sia quando viene idealizzata

come nei paesaggi mitologici o esaltata come apparizione poetica nelle celebri “vite silenti”, sia quando è trasfigurata

nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie dei manichini. La Natura, intesa come

Cosmos ordinato o come Caos, è di per sé indecifrabile e chiede al pittore una possibile soluzione all’enigma del suo apparire.

Pictor Maximus. Così amava definirsi Giorgio de Chirico (1888-1978) uno dei massimi artisti italiani del ventesimo

secolo e appassionato sostenitore di un´arte che si collega idealmente con la tradizione dei maestri del nostro

Rinascimento, come Raffaello o Tiziano. Protagonisti di una pittura dalla quale scaturisce «quel senso di vibrazione e di

vita interna della materia pittorica - afferma De Chirico - che rende il quadro curioso e bello». Una vibrazione che il

pictor maximus riconosceva al suo maestro, il tedesco Arnold Böcklin primo modello per i capolavori metafisici del

giovane De Chirico. Tele legate ad un´idea dell´arte che non nasce dalle novità delle avanguardie o dall´energia rivoluzionaria dei futuristi, bensì dal silenzioso rispetto per i miti classici, celebrati nelle sale dei musei, dove si

custodiscono i segreti di un´arte senza tempo. Che viene tradita dagli impressionisti, giudicati da de Chirico «colpevoli

di usare cattivi colori e cattive tele, pennelli non lavati e tavolozze non raschiate».

Così, a trent´anni dalla sua morte, l´avventura dell´artista viene ricostruita grazie alla mostra de Chirico e il museo, che

si inaugura oggi alla Galleria Nazionale d´Arte Moderna (catalogo Electa). Promossa dalla GNAM in collaborazione

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con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico e curata da Mario Ursino, la

mostra riunisce un centinaio di opere (tra dipinti e disegni) che

documentano il rapporto tra il pittore e l´arte del passato, lungo un

itinerario suddiviso in sei sezioni. Un percorso complesso e sfaccettato,

che si apre con le opere legate alla mitologia classica, come Lotta dei centauri (1909), una tela giovanile ispirata direttamente ad un´opera di

Böcklin, o Gli archeologi (1927), seguita da un gruppo di opere più tarde.

Nella sezione successiva de Chirico si cimenta nel copiare Michelangelo,

Tiziano e Guido Reni, ma anche Franz Hals, Fragonard e Watteau,

mentre più interessante risulta la parte dedicata alla grande pittura.

Aperta dall´intenso Ritratto della madre (1911), accompagnato dalla serie

degli autoritratti , si conclude con due nature morte ed alcune vedute

veneziane, tra le quali spicca il Capriccio Veneziano alla maniera di

Veronese (1951), mai esposto a Roma. Originali e inaspettate le tele

dedicate a Rubens, un altro maestro molto amato da de Chirico, mentre

nella ricca sezione delle opere su carta spiccano i disegni per le illustrazioni di Siepe a Nord Ovest, un testo di Massimo Bontempelli

pubblicato nel 1922 sulla rivista Valori Plastici. Come ha scritto

Maurizio Calvesi , «De Chirico è l´unico artista del Novecento che abbia

considerato il museo come luogo ispiratore della propria arte». Una

posizione originale che questa mostra rende in maniera precisa e puntuale

Giorgio de Chirico, Orfeo trovatore stanco, 1970,

olio su tela

Insieme a nomi come Carlo Carrà e Giorgio

Morandi, de Chirico ha dato vita a questo

stile che si inserisce tra i grandi movimenti di avanguardia italiani.

La corrente metafisica però non segue un

percorso comune, ma ogni artista la

reinterpreta secondo una scelta personale

che pone l’accento su soggetti che ritornano

in modo quasi ossessivo.

In de Chirico è chiarissimo l’amore per

l’arte classica che emerge nelle opere in

resti di colonne e capitelli, o in templi greci

e romani collocati in un’ ambientazione

immaginaria e priva di significato.

Altra caratteristica è la forte componente onirica di matrice surrealista che sembra

bloccare l’immagine sulla tela, in cui spazio

e tempo sono due concetti che non trovano

collocazione

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Giorgio de Chirico nasce il 10 luglio 1888 a Volos, in Grecia, da Gemma Cervetto, nobildonna genovese, ed Evaristo, ingegnere impegnato nella costruzione della linea ferroviaria Atene-Salonicco. Nel 1891 nasce il fratello Andrea, che

assumerà dal 1914 lo pseudonimo di Alberto Savinio per la sua attività di musicista, letterato e pittore. Trasferitosi con

la famiglia ad Atene nel 1899, dal 1903 al 1906, frequenta il corso di disegno della

sezione Belle Arti presso il Politecnico sotto la guida del professor Jacobidis, docente dell'Accademia di Monaco. Qui si esercita nella copia in bianco e nero di calchi di

sculture greche e romane. Interrompe gli studi a causa della morte del padre (1905) e

della conseguente decisione della madre di lasciare la Grecia. Alla fine dell'agosto del

1906 la famiglia de Chirico (madre, Giorgio e il fratello Andrea) e' in Italia

soggiornando a Firenze e, poi a Venezia e Milano, e visitando musei e gallerie d'arte.

In autunno si trasferiscono a Monaco di Baviera, dove il giovane Giorgio frequenta per

circa due anni l'Accademia di Belle Arti, formando la propria personalità d'artista sui

testi pittorici di Bocklin e Klinger e sugli scritti filosofici di Schopenhauer, Nietzsche e

Weininger. Nel 1908 trascorre quattro mesi in Italia, dove sono ritornati la madre ed il

fratello Andrea che segue studi musicali. Dipinge le sue prime tele sotto l'influenza di

Bocklin (ll Centauro ferito, La battaglia tra Opliti e Centauri, etc.). 1910. Andrea parte per Parigi, mentre Giorgio raggiunge la madre a Firenze, dove

rimane per circa un anno. Egli stesso ha scritto che allora il suo periodo bockliniano

era terminato, e iniziava a dipingere soggetti ove cercava di tradurre quel sentimento

misterioso e potente scoperto nei libri di Nietzsche: la malinconia delle belle giornate d'autunno, il pomeriggio nelle

città italiane. In effetti quadri come Enigma di un pomeriggio d'autunno, L'enigma dell'oracolo e, anche, il ritratto del

fratello, datato 1910, fondano le citazioni di Bocklin in un'atmosfera che prelude alle piu' tarde Piazze d'Italia.

1911. Raggiunge, con la madre, il fratello Andrea a Parigi, dove rimarrà fino al 1915. Durante il viaggio si fermano

qualche giorno a Torino, dove era la casa in cui si era manifestata la follia di Nietzsche, e l' ambiente architettonico

della città, come già quello di Monaco e quello di Firenze, esercita una profonda suggestione dell'immaginario di de

Chirico. Il 14 luglio arrivano a Parigi. Qui la sua pittura, che finora ha elaborato le suggestioni dei pittori tedeschi da lui

amati, si sviluppa in linguaggio autonomo. Dalla nostalgia dell'Italia e dal concetto di Stimmung ("L'atmosfera del

senso morale") nasceranno le ulteriori prove metafisiche. 1912. Su consiglio di Apollinaire e dietro segnalazione di Pierre Laprade, partecipa al Salon d'Automne esponendo tre

tele: una Piazza d'Italia, un Autoritratto e L'enigma dell'oracolo, che ottengono un buon successo di critica.

1913. All'inizio dell'anno e' presente con tre opere al Salon des Indipendants e poi, con quattro opere, nuovamente al

Salon d'Automne. Apollinaire parla dei "paesaggi metafisici" di de Chirico in articoli pubblicati in "Les Soirees de

Paris". Incontra Pi casso, Derain, Brancusi, Braque, Leger, e si immerge nello studio di Schopenhauer.

1914. Espone tre opere al Salon des Indipendents. Frequenta l'ambiente artistico e letterario dell'Ecole de Paris con il

fratello che e' musicista molto apprezzato, e viene riconosciuta l'assoluta originalità ella sua visione, immune da ogni

influsso del le tendenze artistiche dominanti. Dipinge il ritratto di Apollinaire, noto come L'homme-cible. Ardengo

Soffici scrive di lui su "Lacerba". Attraverso Apollinaire, conosce Paul Guillaume, giovane mercante che si interessa

della sua opera. Nell'abbondante produzione di questi anni de Chirico inventa ed elabora con straordinaria fantasia temi

di misteriosa magia poetica: visioni architettoniche, piazze d'Italia, statue solitarie, oggetti assurdamente avvicinate di inquietanti manichini. Realizza le sue prime nature morte.

1915. In estate viene richiamato in Italia per lo scoppio della guerra. Passa la visita a Firenze e viene destinato al 27

reggimento di fanteria di stanza a Ferrara. Riconosciuto il suo cattivo stato di salute, può svolgere un lavoro ausiliario e

continuare a dipingere.

1916-17. L'impressione prodotta dall'ambiente urbano ed architettonico della città di Ferrara e' fondamentale per lo

sviluppo della sua visione. Qui dipinge capolavori come Le muse inquietanti, Ettore e Andromaca, 11 Trovatore e una

serie di interni metafisici. L'influenza del suo mondo poetico è determinante per l'opera di Carlo Carrà, suo compagno

all'Ospedale militare dal gennaio alla primavera del 1917. Oltre a Savinio, pure soldato nella stessa città, partecipa a

frequenti discussioni artistiche anche Filippo de Pisis. Insieme danno vita alla breve stagione della "pittura metafisica".

1918-19. Nell'inverno viene trasferito a Roma, dove alloggia con la madre al Park Hotel. Dipinge, fra l'altro, il doppio

ritratto suo e della madre. Frequenta i musei d'arte antica, in particolare quello di Villa Borghese, dove copia Lorenzo

Lotto, ed ha la grande rivelazione della grande pittura davanti a un quadro di Tiziano. Collabora alla rivista di Mario Broglio "Valori Plastici" con articoli di notevole interesse teorico. Frequenta i letterati e gli artisti facenti capo alla

rivista "La Ronda". Dopo aver partecipato con Carrà ad una mostra nelle sale del giornale "L'Epoca", organizza una

personale nella Galleria di via Condotti di proprietà dei fratelli Bragaglia con opere del periodo metafisico di Ferrara.

Per l'occasione scrive Noi metafisici e "Valori Plastici" pubblica un volume in cui sono riprodotte dodici sue opere

commentate da giudizi critici di illustri scrittori ed artisti, tra i quali Apollinaire, Blanche, Carra', Papini, Raynal e

Soffici. Andre' Breton recensisce entusiasticamente l a mostra sulle pagine di "Litterature" ed entra in contatto

epistolare con de Chirico.

1920-23. De Chirico divide il suo tempo tra Roma,Firenze e Milano. Collabora con la rivista "La Ronda", sulla quale

pubblica l'articolo intitolato Classicismo pittorico, in cui esprime la sua ammirazione per Ingres e si dichiara fedele al

disegno quale fondamento della grande arte classica. Nella sua pittura, infatti, si fa sempre piu' sentire una originale e

romantica interpretazione della classicità e un interesse per la tecnica degli antichi Maestri rinascimentali. Il pittore russo Nicola Locoff lo inizia ai segreti della tempera grassa verniciata. Nel 1922 scrive una significativa lettera a Breton

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sull'importanza del "mestiere" per un pittore e sui segreti della tecnica. Dipinge le serie delle Ville romane, dei figliol

prodigo, degli Argonauti e realizza una nuovo gruppo di nature morte. Rielabora, all'interno del nuovo spirito e della

nuova tecnica, motivi metafisici degli anni precedenti. Espone a Berlino in una mostra organizzata da "Valori Plastici".

Inoltre, nel 1921 tiene una personale a Milano , presso la Galleria Arte, suscitando scandalo; nel 1922 espone alla

Fiorentina Primaverile e cinquantacinque quadri a Parigi, da Paul Guillaume; nel 1923 alla Biennale romana, visitata da Paul Eluard che gli acquista diversi dipinti.

1924. Partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia e compie un breve viaggio a Parigi in occasione della messa

in scena al ThÈatre des Champs-ElysÈes del balletto La giara di Pirandello, con musiche di Alfredo Casella, di cui ha

realizzato scene e costumi. Conosce Raissa Gurievitch Krol, un'attrice russa del Teatro degli Undici fondato da

Pirandello, e la sposa durante l'anno.

1925. Si stabilisce con Ralssa, che studia archeologia, nella capitale francese, avendo firmato un contratto con la

galleria "L'effort moderne" di Leonce Rosenberg e lavorando assiduamente con il mercante Paul Guillaume. I

Surrealisti, che lo avevano eletto loro maestro, lo dichiarano morto nel 1918 e conducono un vero e proprio

ostruzionismo verso la sua recente produzione. Alcune sue opere metafisiche sono comunque presenti alla prima mostra

del gruppo surrealista alla galleria Pierre ed alcune sue composizioni poetiche del 191 1-13 vengono pubblicate nel n. 5

della "Revolution Surrealiste". 1926. Allestisce una personale con trenta dipinti alla Galleria Paul Guillaume di Parigi, presentato dal collezionista di

Filadelfia Albert C. Barnes, che acquisterà molte sue opere. La rottura con il gruppo surrealista sembra definitiva: de

Chirico avversa tutto quanto e' moderno e surrealista e sul n. 7 della "Revolution surrÈaliste" Breton lo definisce un

"genio sprecato". Incomincia ad esporre in Italia e all'estero con il gruppo del Novecento italiano, accumunandolo a

questa tendenza il "desiderio classico" insito nella sua pittura ("Pictor classicus sum").

1927. Altre mostre a Parigi, nuovamente da Paul Guillaume e alla Galleria Jeanne Bucher. Esce la monografia di Roger

Vitrac edita a Parigi da Gallimard. I temi degli Archeologi, dei Cavalli in riva al mare, dei Gladiatori, dei Mobili nella

valle, dei Bagni misteriosi, ampliano il suo repertorio poetico.

1928. Prima personale a Londra. Nella collana "Arte moderna" di Vanni Scheiwiler esce a Milano la monografia di

Roger Vitrac. Jean Cocteau pubblica Le MystËre Laic-Essai d'etude indirecte, dedicato alla pittura di de Chirico ed

illustrato da litografie dell'artista. Si tratta della prima analisi in chiave poetica della sua opera dopo quelle di

Apollinaire e di Breton. Intanto la polemica con i Surrealisti raggiunge il suo acme. Quando in febbraio de Chirico inaugura da Rosenberg una mostra di quadri recenti d'impronta classicheggiante, i Surrealisti allestiscono nella loro

galleria una esposizione intitolata Opere antiche di Giorgio de Chirico, con dipinti metafisici, in buona parte provenienti

dalla collezione personale di Breton. Per l'occasione Louis Aragon scrive nel relativo catalogo una ironica prefazione

dal titolo Le Feuilleton change d'Auteur. In marzo le due mostre vengono inaugurate a Bruxelles. Andre' Breton

pubblica Le Surrealisme et la peinture, esaltando le opere dechirichiane anteriori al 1918 e condannando quelle

successive. L'arte di de Chirico e' comunque riconosciuta dai massimi artisti dadaisti e surrealisti (Ernst, Tanguy,

Magritte, Dali, etc.) quale fonte delle loro ricerche e creazioni. Anche gli artisti tedeschi della "Nuova oggettività", del

"Realismo magico e del Bauhaus ne sono profondamente influenzati. Anche le opere piu' recenti cominciano comunque

ad ottenere favorevoli consensi critici e sono oggetti di studio da parte del critico George Waldemar. De Chirico

pubblica il Piccolo trattato di tecnica pittorica e realizza il frontespizio per la raccolta di poesie di Paul Eluard Defense

de Savoir. 1929-30. Pubblica in francese il suo romanzo Hebdomeros, le peintre et son genie chez l'ecrivain. A Montecarlo

realizza scenari e costumi per il balletto Le bal di Rietti, messo in scena da Serge Diaghilev. La crisi del 1929 crea una

situazione difficile per il mercato dell'arte e de Chirico decide di ritornare definitivamente in Italia, fissando la propria

dimora a Roma. E' con lui Isabella Pakszwer Far, che, mentre il suo matrimonio era in crisi, ha conosciuto a Parigi

proprio alla vigilia della partenza e che resterà al suo fianco per tutto il resto della vita. Intanto l'artista prosegue la

ricerca avviata sui valori plastici, il preziosismo cromatico e la qualità della materia pittorica. Partecipa a molte mostre

internazionali. Esce Calligrammes di Apollinaire illustrato da litografie di de Chirico.

1931-32. E' a Milano dove espone con successo alla Galleria Barbaroux. Espone anche a Praga, presentato da Carlo

Carrà, a Bruxelles ed in altri paesi europei. Partecipa alla Biennale di Venezia ed espone a Firenze nella Galleria di

Palazzo Ferroni, tenuta dall'antiquario Luigi Bellini.

1933. Realizza scene e costumi per I puritani di Bellini al Maggio Musicale fiorentino ed esegue un grande murale con

la tecnica della tempera all'uovo (in seguito distrutto) per la Triennale di Milano. Espone a Genova con Francesco Messina.

1934. Rientra a Parigi ed esegue le litografie per Mythologie di Jean Cocteau. Tristan Tzara ed i Surrealisti tentano una

lettura in chiave psicanalitica del dipinto L'enigma di una giornata e la pubblicano sul n. della rivista "Le Surrealisme au

service de la Revolution".

1935-45. Dopo che la Quadriennale romana gli aveva dedicato una sala, si reca a New York dove rimane per diciotto

mesi, ospite di Barnes a Merion, nei pressi di Filadelfia. In ottobre presenta una serie di opere datate 1908-1918 presso

la galleria di Pierre Matisse ed ottiene un buon successo di pubblico e critica. Prende po parte alla mostra del Museo of

Modern Art di New York dedicata all'Arte fantastica, Dada e Surrealismo. Nel giugno del 1936 muore sua madre. Dal

1939, anno in cui lavora per il Covent Garden di Londra, al 1942, quando le sue opere presenti nella sala personale della

Biennale veneziana vengono definite "barocche", vive prevalentemente a Milano. Allestisce mostre a Torino, Milano e

Firenze. Dipinge ormai tele naturaliste ed esegue numerosi ritratti . S'interessa alla scultura in terracotta e traduce nella terza dimensione i suoi personaggi preferiti: Ettore e Andromaca, Archeologi, etc. Illustra l'Apocalisse e si ritrae per la

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prima volta con un costume d'epoca alludendo alla continuita' con la tradizione. Nel marzo del 1941 allestisce la sua

prima esposizione di sculture alla galleria Barbaroux di Milano. Trascorre gli anni della guerra tra Milano, Firenze e

Roma, dove poi si stabilisce di nuovo in maniera definitiva. 1945. Esce in italiano l'autobiografia Memorie della mia

vita, cui fa seguito il libro scritto con Isabella Commedia dell'Arte Moderna. La stessa Isabella cambia il titolo dei

dipinti di de Chirico da Natura morta a Vita silente. Nel secondo dopoguerra si fanno pi? frequenti gli impegni dechirichiani con il teatro lirico: collabora con il Teatro Comunale di Firenze, I'Opera di Roma e il Teatro alla Scala di

Milano; s'intensifica in questo periodo anche l'attività grafica dedicata all'illustrazione.

1946-47. Scoppia uno scandalo: I'artista dichiara falsi i dipinti degli anni '20 e '30 facenti parte della retrospettiva

organizzata preso la gallleria Allard di Parigi. Disegna le scene per il balletto Don Giovanni di Strauss. 1948. La mostra

sulla pittura metafisica allestita alla Biennale di Venezia suscita una forte reazione polemica da parte dell'artista, che

contesta la scelta delle opere e fa causa alla Biennale. E' profondamente infastidito dallo spaventoso numero di opere

false e, soprattutto, dall'atteggiamento della cultura artistica internazionale che tende a "beatificare" il momento

metafisico ai danni dell'ulteriore svolgimento del lavoro, proseguendo cosÏ nella posizione inaugurata dai surrealisti.

1949. Mostra personale di oltre cento quadri alla Royal Society of British Artists di Londra, della quale e' stato eletto

membro nell'anno precedente. Contemporaneamente, la London Gallery espone deliberatamente solo sue opere

metafisiche. Le opere dell'esposizione alla Royal Society saranno in seguito presentate a Venezia in contrapposizione con quelle selezionate per la rassegna organizzata dalla Biennale. Continua a dipingere contemporaneamente opere di

atmosfera metafisica e di impianto tradizionale. Italo Faldi pubblica 11 primo de Chirico, che Carlo Ludovico

Ragghianti recensisce con un importante articolo.

1950. Ancora arrabbiato, de Chirico organizza con la Societý Canottieri Bucintoro di Roma una rassegna di pittori

realisti in chiave anti-Biennale. 1952-54. Muore il fratello Andrea (Alberto Savinio). D'ora in avanti de Chirico porterà

una cravatta nera in segno di lutto. Organizza a Venezia una serie di mostre personali che sono qualificate come

manifestazioni contro la modernità.

Nel 1953 Isabella termina il primo studio sull'opera di de Chirico.

1955-60. Mostra del suo periodo metafisico al Museum of Modern Art di New York. Ritorna periodicamente ai suoi

temi metafisici, pur continuando a dipingere nature morte, paesaggi, ritratti ed interni in costante opposizione con le

tendenze dell'arte contemporanea. Partecipa alla Quadriennale di Roma. Viene pubblicata l'importante monografia di

James Thrall Soby. 1961. Espone alla Galleria La Barcaccia di Roma, presentato da Fortunato Bellonzi.

1964-65. Mostra a Torino alla Galleria Gissi con opere del periodo 1920-30, presentata da Luigi Carluccio. S'interessa

nuovamente di scenografia e comincia a dedicarsi alla pratica della scultura in bronzo che coltiverà per tutta la seconda

metà degli anni '60. I temi trattati appartengono al repertorio mitologico. Piu' tardi queste sculture verranno realizzate

anche argentate e dorate e de Chirico le trasformerà in gioielli. Illustra I promessi sposi di Alessandro Manzoni. La sua

opera comincia ad essere apprezzata nella sua globalità.

1968. Mostra alla Galleria Jolas di Milano di opere composte su nuovi temi metafisici. Escono due monografie di

Isabella Far. Si dedica in particolare alla litografia e illustra la traduzione di Salvatore Quasimodo di brani dell'Iliade.

1969-1971. Esce il catalogo della sua opera grafica. Per l'occasione la Galleria La Medusa di Roma inaugura una

rassegna della sua produzione grafica recente. Disegna le illustrazioni per Auf der Galerie di Franz Kafka. Viene

allestita la sua prima grande antologica presso le sale di Palazzo Reale a Milano. Si tratta di 180 opere, fra dipinti, disegni e sculture, datate fra 1909 e 1970. Presso il Palazzo dei Diamanti di Ferrara si apre la mostra I de Chirico di de

Chirico, trasferita l'anno seguente a New York. Viene pubblicato il primo volume del catalogo generale dei suoi dipinti.

1974. Crea le illustrazioni del suo romanzo Hebdomeros. Prende avvio la mostra itinerante De Chirico presenta de

Chirico, che verrà ospitata presso i piu' importanti musei giapponesi.

1975. Viene nominato Accademico di Francia ed espone al Museo Marmottan.

1976. Ottiene la Croce di Grande Ufficiale delle Repubblica Federale Tedesca. Mostre a Bruxelles, Londra e New York.

1977. Inventa delle nuove illustrazioni per l'Apocalisse, da realizzarsi, questa volta, con la tecnica della litografia a

colori. Mentre la riabilitazione dal punto di vista critico si può dire totale, l'ultimo periodo della sua vita risulta turbato

da una serie di questioni giudiziarie che egli stesso aveva intentato per cercare di arginare il fenomeno dei falsi.

1978. Esposizione di disegni a Roma, l'ultima con l'artista vivente. In occasione dei suoi 90 anni, la galleria Artcurial di

Parigi organizza una rassegna intitolata De Chirico di de Chirico diversa di quella di Ferrara e New York. Muore a

Roma il 20 novembre al termine di una lunga malattia.

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