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5° DARWIN DAY LA NATURA ADDOMESTICATA DOMESTICATED NATURE 12 - 17 febbraio 2008 ENTI ORGANIZZATORI MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE - MILANO ASSOCIAZIONE DIDATTICA MUSEALE - MILANO IN COLLABORAZIONE CON LICEO BARTOLOMEO ZUCCHI - MONZA CENTRO CULTURALE RICERCA - MONZA ORTO BOTANICO LORENZO ROTA - BERGAMO BIBLIOTECA CIVICA NANNI VALENTINI - ARCORE ASSOCIAZIONE NAZIONALE INSEGNANTI DI SCIENZE NATURALI RAFFAELLO CORTINA EDITORE CON IL CONTRIBUTO DI REGIONE LOMBARDIA COMUNE DI MILANO SANOFI-AVENTIS ENEL CON IL PATROCINIO DI PROVINCIA DI MILANO ASSOCIAZIONE NAZIONALE MUSEI SCIENTIFICI UNIONE GIORNALISTI ITALIANI SCIENTIFICI SOCIETÀ ITALIANA DI BIOLOGIA EVOLUZIONISTICA SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI FONDAZIONE CARLO ERBA FONDAZIONE UMBERTO VERONESI

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5° DARWIN DAY

LA NATURA ADDOMESTICATA DOMESTICATED NATURE

12 - 17 febbraio 2008

ENTI ORGANIZZATORI

MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE - MILANO

ASSOCIAZIONE DIDATTICA MUSEALE - MILANO

IN COLLABORAZIONE CON

LICEO BARTOLOMEO ZUCCHI - MONZA

CENTRO CULTURALE RICERCA - MONZA

ORTO BOTANICO LORENZO ROTA - BERGAMO

BIBLIOTECA CIVICA NANNI VALENTINI - ARCORE

ASSOCIAZIONE NAZIONALE INSEGNANTI DI SCIENZE NATURALI

RAFFAELLO CORTINA EDITORE

CON IL CONTRIBUTO DI

REGIONE LOMBARDIA

COMUNE DI MILANO

SANOFI-AVENTIS

ENEL

CON IL PATROCINIO DI

PROVINCIA DI MILANO

ASSOCIAZIONE NAZIONALE MUSEI SCIENTIFICI

UNIONE GIORNALISTI ITALIANI SCIENTIFICI

SOCIETÀ ITALIANA DI BIOLOGIA EVOLUZIONISTICA

SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI

FONDAZIONE CARLO ERBA

FONDAZIONE UMBERTO VERONESI

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Giunto alla sua quinta edizione il Darwin Day di Milano è diventato a pieno titolo un atteso appuntamento annuale della vita culturale della città e, grazie al coinvolgimento di un numero crescente di altre sedi in Lombardia, si consolida come la più importante iniziativa regionale dedicata all’evoluzione. Come ogni anno i protagonisti del dibattito evoluzionistico internazionale si confronteranno fra loro e con il pubblico. In vista delle celebrazioni del bicentenario darwiniano del 2009 la manifestazione come d’abitudine abbraccerà linguaggi diversi e sarà composta non soltanto dalle sessioni di convegno, ma anche da serate a tema, spettacoli, laboratori per bambini e per ragazzi. Lo stile divulgativo, misto agli approfondimenti, sarà calibrato per un pubblico curioso, non necessariamente di addetti ai lavori, con particolare attenzione agli studenti delle scuole superiori e agli universitari, nell’intento di coltivare l’interesse per la cultura scientifica in un paese dove ancora essa non sembra adeguatamente valorizzata.

“Quando osserviamo gli individui di una stessa varietà o sottovarietà di vegetali coltivati o di animali allevati dall’uomo fin dai tempi più remoti, la prima cosa che ci colpisce è il fatto che essi differiscono tra di loro molto più degli individui appartenenti a qualsiasi specie o varietà alla stato naturale”. Così inizia il primo capitolo dell’Origine delle specie di Charles Darwin che appunto si intitola “La variazione allo stato domestico”. L’addomesticamento, cioè l’incrocio selettivo di piante e animali da parte dell’uomo, è stato uno dei punti di partenza per le riflessioni del grande naturalista inglese, che capì le analogie esistenti fra la selezione artificiale praticata dagli allevatori e la selezione naturale operante allo stato selvatico. L’edizione 2008 è dedicata a questo tema affascinante degli studi evoluzionistici: capire in quali modi la specie umana, dall’invenzione dell’agricoltura fino agli organismi geneticamente modificati, ha imparato ad “addomesticare la natura” per i propri fini, modificandone gli equilibri e mescolando le carte del “naturale” e dell’“artificiale”. Un tema cruciale che connette l’evoluzione della vita con i grandi scenari dell’evoluzione della biosfera e coinvolge inevitabilmente la questione delicata dei rapporti fra la specie umana e l’ambiente.

Chi non potrà essere presente al compleanno di Darwin al Museo Civico di Storia Naturale, e nelle altre sedi cittadine e lombarde dove si terranno gli incontri, potrà seguirlo in diretta dalle pagine web di Pikaia (www.pikaia.eu), il portale italiano dedicato all’evoluzione. Dunque, pronta per essere protagonista, mentre ci avviciniamo sempre più al fatidico giro di boa dei due secoli, anche quest’anno Milano augura:

BUON COMPLEANNO, MR.DARWIN !

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Now well into its fifth edition Darwin Day in Milan has certainly become an eagerly awaited annual event of the cultural life of the city and thanks to the involvement of an increasing number of other locations in Lombardy, it is consolidated as the most important regional initiative dedicated to evolution. As in previous years the leading figures of the international evolutionary debate will confront each other and the general public. In view of the celebrations for Darwin's Bicentenary in 2009 the event will embrace diverse languages or topics and will consist not only of the conference sessions but will also include thematic evenings, shows and laboratory activities for children and young adults. The popular style at different levels will be tailored for an inquisitive audience, not necessarily experts in the field, and will be aimed especially at high school and university students in the hope of cultivating an interest in science in a country where it is still not sufficiently valued.

“When we look to the individuals of the same variety or sub-variety of our older cultivated plants and animals, one of the first points which strikes us, is, that they generally differ much more from each other, than do the individuals of any one species or variety in a state of nature”. Thus begins the first chapter of On the Origin of Species by Charles Darwin which in fact is entitled “Variation under domestication”. Domestication, or the selective crossbreeding of plants and animals by man, was one of the starting points for reflection of the great English naturalist who understood the existing analogies between the artificial selection practised by breeders and natural selection operating in the wild. Darwin Day 2008 is dedicated to this fascinating topic of evolutionary studies: understanding how the human species, from the invention of agriculture to genetically modified organisms, has learnt to "domesticate nature" for its own ends, by modifying the balance of nature and mingling the "natural" and "artificial" cards. A crucial theme which links the evolution of life with the great scenarios of the evolution of the biosphere and inevitably involves the delicate question of the relationship between the human species and the environment.

Those who cannot attend Darwin’s birthday at the Civic Museum of Natural History of Milan, or the other meetings being held in various locations in the city and throughout Lombardy can follow the proceedings live on the website Pikaia ((www.pikaia.eu), the Italian telematic portal dedicated to evolution. Therefore, as we get ever closer to the fateful turning point after two-centuries, are you ready to take part as also this year Milan says:

HAPPY BIRTHDAY, MR. DARWIN!

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DOMESTICAZIONI IN SORDINA Enrico Banfi Museo civico di storia naturale di Milano Corso Venezia, 55 – 20121 Milano www.comune.milano.it/museostorianaturale Quello che oggi sappiamo sulla storia naturale e umana delle più importanti piante coltivate è il risultato di oltre un secolo di ricerca scientifica. È doveroso ricordare che fu Charles Darwin, con il suo importante contributo sulle variazioni nelle piante domestiche (1883), ad aprire ufficialmente questo campo di studi. Si tratta di una scienza finalizzata a indagare le relazioni interspecifiche che attraverso i millenni hanno formato homo agricola e le "sue" piante, forze che anche oggi, più o meno pianificate, interagiscono ampliando via via le relazioni tra la nostra specie e il mondo vegetale. Per motivi di interesse economico, le attenzioni in questo campo si sono concentrate sulle colture di base dell’alimentazione e dell’economia umana (cereali, piante oleifere, legumi, frutta ecc.), proiettando affascinanti scenari delle prime semine di materiale raccolto in natura e della nascita dell’agricoltura. Processi che, secondo il pensiero di J. R. Harlan, non rispecchiano un modello definito, ma un “non modello”, cioè concatenamenti di eventi determinati a ogni passo da specifiche opportunità, contingenze e necessità. Le piante selvatiche che hanno intrigato la nostra specie durante la sua stessa evoluzione sono numericamente incalcolabili se si pensa a tutti i processi locali di domesticazione, iniziati, continuati o interrotti a vario grado in tutto il mondo, dei quali oggi non si sa più nulla. Solo per il territorio italiano basterà ricordare i forasacchi (Bromus arvensis, B. secalinus), cereali d'epoca preistorica, oggi infestanti i campi di grano, orzo e segale, il macerone (Smyrnium olusatrum) e la pastinaca (Pastinaca sativa), precursori obsoleti del sedano e della carota, il raperonzolo (Campanula rapunculus) e tante altre specie di interesse alimentare, senza considerare quelle medicinali e quelle un tempo adibite ai più svariati usi agrosilvopastorali e domestici.

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FORGOTTEN DOMESTICATIONS Enrico Banfi What we know today about the natural and human history of the most important crops comes from more than a century of scientific research. It must be admitted that Charles Darwin, in his essay on the variation in cultivated plants (1883), was the pioneer of this scientific field, a branch investigating the interspecific relationship that led to the birth of homo agricola and “his” plants. This is a trend still active today that, through a more or less planned action of such interacting forces, amplyfies the bond between human species and the world of plants. For economic reasons, attention in this field was focused essentially on basic crops (cereals, oil plants, legumes, fruit trees etc.) proposing fascinating scenarios of the first sowings of seeds collected in the wild and of the birth of agriculture. This is a set of processes that, in agreement with J. R. Harlan, is a “non model” step by step determined by specific opportunities, occasions and necessities. Wild plants that intrigued man during his evolution are numerically incalculable with reference to the totality of started, continued, at various degrees abandoned local domestications all over the world, of which we have losed all trace today. Within the Italian territory, it is enough to mention field brome and ryebrome (Bromus arvensis, B. secalinus), prehistorically cultivated as cereals and now changed in weeds of wheat, barley and rye fields; the false celery (Smyrnium olusatrum) and the parsnip (Pastinaca sativa), already forgotten precursors of the true celery and the carrot respectively; the rampion (Campanula rapunculus) and many other semicultivated species of alimentary interest, without considering medicinal plants and a lot of different vegetable items employed in the past for multiple uses in farming and domestic economy.

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LA VARIAZIONE DARWINIANA NELL'ANTROPOCENE Marcello Buiatti Università di Firenze, Dipartimento di Biologia Animale e Genetica "Leo Pardi" Via Romana, 17 - 50125 Firenze L'intervento partirà da una analisi del concetto darwiniano di variazione e dal significato positivo che l'autore della "Origine" ne ha dato in tutta la sua opera. Seguirà una breve storia del dibattito in Genetica di popolazioni fra la visione di Fisher per il quale l’ evoluzione tende alla ottimizzazione ed alla omogeneizzazione e quella della linea di pensiero iniziata con S.Wright che invece riafferma l'importanza della variabilità in sé stessa come fonte di adattamento ai cambiamenti ambientali. Questo dibattito verrà reso attuale discutendo della antinomia variazione /ottimizzazione alla luce degli effetti della scelta di quest'ultima, in contraddizione con Darwin, sullo stato della diversità inter ed intraspecifica nell'Antropocene ( Crutzen) e cioé ai nostri tempi. In particolare si approfondirà la disamina degli effetti della estensione spesso forzosa della agricoltura industriale alle zone più ricche di diversità nelle agricolture e nelle culture, base necessaria della strategia di adattamento umana. Infine gli OGM verranno discussi in quanto emblema di questa trasformazione e punta di diamante della operazione di omogeneizzazione, per i loro effetti indiretti a livello ambientale, economico e sociale. Per questo, a dimostrazione della tendenza umana nell’Antropocene a rifugiarsi nella virtualità rimuovendo i problemi della vita reale, si confronteranno gli OGM dell'immaginario scientifico con quelli reali dei prodotti in commercio e del modello economico che ne é l'origine.

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DARWINIAN VARIATION IN THE ANTHROPOCENE Marcello Buiatti This presentation will begin with an analysis of the Darwinian concept of variation and the positive meaning that the author of the "Origin" gave to it in all of his works. This will be followed by a brief history of the debate in population Genetics between Fisher and his followers, for whom evolution tends to optimization and homogenization, and that of the line of thought started by S.Wright, who instead confirmed the importance of variability in itself as a source of adaptation to environmental changes. This debate will be brought up to date by discussing the antinomy variation/optimization in light of the effects of the choice of the latter, in contrast to Darwin, on the state of inter and intra-specific diversity in the Anthropocene ( Crutzen) and in the present day. In particular, a more in depth analysis will be done of the effects of the often forced extension of industrial agriculture to areas richer in diversity of agriculture and culture, a necessary basis for the strategy of human adaptation. Finally, the GMO will be discussed as a symbol of this transformation and as the tip of the iceberg of the homogenization operation, with regard to their indirect effects at an environmental, economic and social level. Concerning the latter, a demonstration will be given of the human tendency in the Anthropocene to hide in virtuality, removing the problems of real life, by comparing the GMO’s of the scientific imagery with the real GMO’s of commercial products and the economic model from which these originated.

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LONTANO DALL’EDEN: LE SPECIE ALIENE Alan Burdick Science writer - New York http://www.aburdick.com/ Nell’odierno mondo globalizzato, animali e piante esotiche finiscono in luoghi dove la natura non li avrebbe mai messi. Burdick, autore del recente libro “Lontano dall’Eden”, effettua una ricognizione sulla linea del fronte dell’invasione ecologica - i suoi rischi ambientali, le intuizioni dei "biologi delle invasioni" su come funzionano gli ecosistemi, e cosa possono insegnarci le specie aliene sul nostro complicato e contraddittorio rapporto con la natura. Il fatto è che le specie aliene non vengono da Marte; non sono “altro”. Sono in gran parte nostre, prodotte da noi; gli esseri umani sono i principali artefici della loro diffusione. Alcuni organismi, come il serpente bruno arboricolo, sono viaggiatori accidentali, effetti collaterali dei nostri viaggi intorno al mondo. Ma molti altri, dal kudzu agli storni, per non menzionare le nostra erba da giardino e il nostro sistema alimentare, che è composto quasi interamente da specie aliene, arriva espressamente su nostro invito. Ci piacciono gli alieni. Potrebbe non piacerci quello che fanno quando sfuggono al nostro controllo. Ma solo apprezzando le specie aliene, riconoscendo le loro attrattive, che sono i motivi per cui in partenza li abbiamo presi nella nostra compagnia, possiamo iniziare a capire la vera natura della minaccia che esse pongono.

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OUT OF EDEN: ALIEN SPECIES Alan Burdick In today’s global world, exotic animals and plants are ending up in places nature never intended them to be. Burdick, author of the recent nonfiction book "Out of Eden," tours the front lines of ecological invasion—the environmental risks posed, the insights that “invasion biologists” have gleaned into how ecosystems work, and what alien species can teach us about our complicated, contradictory relationship to nature. The fact is, alien species do not come from Mars; they are not "other." They are very much of us, by us; humans are the main agent of their spread. Some organisms, like the brown tree snake, are accidental travelers, incidental to our own movements around the world. But many more — from kudzu to starlings, not to mention our lawn grasses and our food system, which is made up almost entirely of alien species — come expressly at our invitation. We like aliens. We may not like what they do when they escape our immediate control. But only by appreciating alien species — acknowledging their appeal, which is what draws them into our company in the first place — can we begin to understand the true nature of the threat they pose.

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QUANDO L’UOMO INCONTRÒ IL … LUPO: STORIA, MECCANISMI ED IMPLICAZIONI DELLA DOMESTICAZIONE DEL CANE Paolo Ciucci SAPIENZA - Università di Roma, Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma http://serverbau.bio.uniroma1.it/cgi-bin/home.pl Tra tutte le specie domestiche, il cane (Canis familiaris) occupa senza dubbio una posizione di particolare rilevanza. Sfruttando la nuova opportunità ecologica derivante dalla stretta associazione con l’uomo, il cane ha dimostrato un successo evolutivo stupefacente: dall’elevata diversificazione fenotipica delle 400 e più razze ad oggi esistenti, alla loro radicale integrazione nelle più svariate attività antropiche, il cane è anche diventato, eletto tra le specie domestiche, un insostituibile oggetto di affezione e fascinazione da parte dell’uomo. E’ per questo che lo studio delle origini ed evoluzione del cane assume particolare importanza, rappresentando inoltre momento di verifica di teorie evoluzionistiche e strumento di analisi dei relativi meccanismi. Konrad Lorenz, per interpretare la diversità di forme e comportamenti delle razze canine, ed ereditando le ipotesi avanzate nei precedenti due secoli, divulgò nel suo libro “E l’uomo incontrò il cane” l’idea di una origine polifiletica del cane, in base alla quale lupo e sciacallo venivano identificati entrambi come possibili progenitori. In seguito al graduale accumulo di evidenze comportamentali, biochimiche e morfologiche, lo stesso Lorenz dovette successivamente rettificare le sue conclusioni, ed oggi, con il recente affinamento e supporto dell’archeozoologia e della genetica molecolare, si può concludere che l’unico progenitore selvatico del cane sia proprio il lupo (Canis lupus). Ciò pone interessantissimi quesiti sui tempi, i luoghi e le modalità della sua domesticazione, nonché sui meccanismi della diversificazione delle razze canine, geneticamente più affini al lupo di quanto non lo siano tra loro i vari gruppi etnici di Homo sapiens. Verranno illustrati i risultati più recenti in questo campo e discussi i meccanismi attraverso i quali, a partire dalle prime associazioni tra uomo e lupi ‘socializzati’ nel tardo Pleistocene, si sia arrivati alla comparsa del cane domestico. Le implicazioni attuali di questo processo sono molteplici e riguardano profondamente il rapporto tra uomo e cane nelle sue diverse forme, rapporto peraltro in continua evoluzione.

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WOLF, MAN, DOG. MAN MEETS … WOLF: HISTORY, PATTERNS AND IMPLICATIONS OF DOG DOMESTICATION Paolo Ciucci Among other domestic species, the dog (Canis familiaris) plays a unique role in human societies. Taking advantage of the new ecological opportunity stemming from a close association with humans, dogs showed a remarkable evolutionary success: from the highly diversified 400 and more breeds, to their perfect functional integration into the most diversified human activities, dogs also became irreplaceable target of affection and fascination from our side. For these reasons, the study of dogs’ origin and evolution is particularly important, representing also a means to verify evolutionary theories and to study mechanisms involved. Konrad Lorenz, in order to account for the diversity found in dog breeds, and having inherited hypotheses formulated up to two centuries before, divulgated in his book “Man meets dog” the idea of a polyphiletic origin of the domestic dog, where the wolf and the golden jackal were both designated as the dogs’ wild ancestors. However, following further behavioural, morphological and biochemical evidences, Lorenz himself later reviewed his conclusions. Today, supported by recent archeozoological and molecular genetics findings, we can conclude that the only wild ancestor of the domestic dog is the grey wolf (Canis lupus). This conclusion leads to interesting questions regarding timing, geographic locality and patterns of dog domestication, notwithstanding the diversification of dog breeds that are genetically more similar to the wolf than all ethnic groups of H. sapiens among themselves. I will lecture on the most recent findings in this field and discuss the mechanisms through which, from the first, loose association between prehistoric humans and the first tamed wolves, we arrived at today domestic dogs. Our deeper knowledge on dog domestication has relevant and profound implications on the various forms of the dog-human relationship and its continuous evolution.

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MANGIARE È PERICOLOSO, NON FARLO ANCORA DI PIÙ Roberto Defez CNR - Napoli Istituto di Genetica e Biofisica "A. Buzzati Traverso" Via Pietro Castellino 111, 80131 Napoli www.salmone.org Una tra le maggiori mistificazioni nel dibattito sugli OGM è quella che gli scienziati italiani sarebbero divisi su tale tematica. In realtà non c’è nulla di più lontano dalla realtà. A scagliarsi contro gli OGM sono politici, organizzazioni agricole, aziende legate all’agricoltura biologica, esponenti della ristorazione di lusso, catene della grande distribuzione, ma solo pochissimi scienziati italiani, che spesso hanno una posizione cauta più che ostile. Queste posizioni dubbiose vengono fortemente strumentalizzate dalla politica come dai media per giustificare quella che è una vera e propria violazione della Costituzione Italiana (articolo 33) ossia il divieto di fatto di condurre esperimenti in pieno campo con OGM per tutta la Ricerca Pubblica italiana. Contro un simile divieto, unico tra i Paesi più sviluppati al mondo, la Scienza italiana si è schierata compatta. Esistono ben tre documenti pubblici redatti da 21 Società scientifiche italiane e dalle Accademie delle Scienze e dei Lincei a sostegno alla tecnologia degli OGM http://www.salmone.org/archives/category/ogm-la-comunita-scientifica-italiana. Ma oltre a tali documenti i singoli scienziati di più vasta notorietà e prestigio sostengono la validità degli OGM. Tra questi si possono citare: Garattini, Veronesi, Dulbecco, Rubbia, Levi-Montalcini, Margherita Hack, Edoardo Boncinelli, e tantissimi altri. Al contrario è difficile trovare un famoso scienziato contrario agli OGM. Le grandi catene della distribuzione del cibo hanno giocato molto sulla cautela dei consumatori lanciando linee di prodotti OGM-free come se questi contenessero una certificazione di salubrità per il consumo umano. In realtà si è trattato solo di una brillante scelta commerciale confezionata da grafici pubblicitari e non da medici nutrizionisti con cui è stato giustificato l’incremento dei prezzi di linee di prodotti di filiera. In realtà alcuni prodotti OGM-free dovrebbero costare meno e non di più di un prodotto contenente alcuni specifici tipi di derivati di piante ingegnerizzate. Alcuni hanno teorizzato la conversione dell’intera alimentazione italiana verso un modello a base di prodotti da agricoltura biologica trascurando le difficoltà di ordine economico, ambientale, saniatrio. Ma almeno una motivazione può servire da esempio per capire quanto una tale opzione non risponde ad una scelta condivisibile. Si sa bene che in agricoltura biologica non sono ammessi (quasi) prodotti di sintesi, tra cui anche i fertilizzanti. Ma lo stesso rifiuto dei fertilizzanti di sintesi ha portato l’agricoltura biologica verso un paradosso del tutto inaspettato per gli ignari consumatori. Il disciplinare Europeo dell’agricoltura biologica consente infatti di utilizzare una vasta gamma di farine animali come fertilizzanti tra queste troviamo le farine di carne, di sangue di zoccoli, di epiteli di pelli di corna e così via (http://guide.dada.net/fisica_applicata/interventi/2001/02/30064.shtml ). E’ difficile immaginare che un consumatore vegetariano di prodotti da agricoltura biologica sia informato di quale sia il nutrimento che ha consentito la crescita delle piante di cui si ciba. Sarebbe anzi il caso che, per rispetto dei consumatori, tali prodotti fossero etichettati e sconsigliati all’uso da parte di vegetariani stretti.

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EATING IS DANGEROUS, NOT EATING IS WORSE Prof. Roberto Defez A frequent misleading information in the debate on GMO is that the Italian scientists are divided on that subject. In reality nothing is farther from the truth. Those who come out against the GMO are the politicians, agricultural organizations, firms linked to organic farming, exponents of high class restaurants and large distribution chains, but only very few Italian scientists, who often take a cautious rather than hostile stance. These dubious positions are strongly orchestrated by politics and the media in order to justify what is a true violation of the Italian Constitution (article 33), that is the strict prohibition of conducting open field experiments with GMO for all Italian Public Research. The Italian scientists have put up a united front against such a ban, unique among the most developed countries of the world. Three public documents have been written by 21 Italian scientific societies and Academies of Science and Lincei in support of GMO technology http://www.salmone.org/archives/category/ogm-la-comunita-scientifica-italiana. Furthermore, apart from these documents, the more famous and prestigious individual scientists support the validity of GMO. Among these we can include: Garattini, Veronesi, Dulbecco, Rubbia, Levi-Montalcini, Margherita Hack, Edoardo Boncinelli, and many others. On the contrary it is difficult to find a famous scientist against GMO. The great food distribution chains have played on the cautious attitudes of the consumer by launching GMO-free products, as if these would contain a certification of salubrity for human consumption. In reality it is only a brilliant commercial choice packaged by graphic publicity and not by nutritionists, by which the increase in price of lines of traceable food products has been justified. In reality some GMO-free products should cost less or not more than a product containing some specific types of engineered plant derivatives. Some people have hypothesized the conversion of the entire Italian alimentation towards a model based on organic farming products ignoring the difficulties of an economic, environmental and sanitary nature. But at least a motivation may serve as an example in order to understand how such an option does not respond to a shared choice. It is well known that in organic farming synthetic products are not acceptable (almost), including also fertilizers. But the same rejection of synthetic fertilizers has brought organic farming towards a completely unexpected paradox for the unaware consumers. The European regulations of organic farming in fact allow the use of a large range of animal meal as fertilizers among which are included meals from meat, blood, hoof, epithelia of skin, horn etc. (http://guide.dada.net/fisica_applicata/interventi/2001/02/30064.shtml ). It is difficult to imagine that a vegetarian consumer of products from organic farming is informed about the nutrients that have allowed the growth of the plants that they eat. It would therefore be the case, with respect to the consumer, that such products be labelled and not be recommended for use by strict vegetarians.

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LA VIA AFRICANA ALLA DOMESTICAZIONE Savino Di Lernia SAPIENZA - Università di Roma, Dipartimento di Scienze Storiche, Archeologiche e Antropologiche dell'Antichità Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma [email protected] www.acacus.it Se è vero che il problema della domesticazione di specie animali e vegetali ha permeato l’opera di Darwin sin dalle sue prime riflessioni, l’archeologia preistorica si è da sempre confrontata con queste tematiche. La stessa scansione in età della più antica umanità su base ‘tecnologica’ – pietra, rame, ferro… – si sovrapponeva, in passato, ad una visione ‘evoluzionistica’ delle forme di sussistenza (dalla barbarie alle tribù). L’influente opera di K. Marx ed F. Engels ha fortemente contribuito a caratterizzare in misura ancor più marcata l’approccio ‘economico’ alle sicurezza alimentare, ispirando, negli anni ’70 del XX secolo, la scuola anglosassone di ‘Palaeoeconomy’. L’equazione animali/piante domestiche = produzione del cibo divenne l’assioma per definire, non più su esclusive basi tecnologiche (la ceramica, la pietra levigata), ma su basi anche ‘economiche’ l’avvento di una nuova era nella storia umana: il Neolitico. Ancora oggi, questo approccio è largamente seguito in Asia sud-occidentale (il Vicino Oriente, la Mezzaluna fertile, etc etc) e in Europa: in Africa, dove le traiettorie sociali e culturali dei gruppi umani dell’antichità furono diverse e per certi versi opposte, la prospettiva di analisi è assai diversa, e capace di ispirare nuove angolazioni teoriche e metodologiche. Domesticazione non solo come ‘produzione del cibo’, quindi, ma come appropriazione del paesaggio, del tempo, e di organizzazione sociale ed ideologica. Se questo approccio ha senso, la domesticazione della natura, come suggerisce Tim Ingold, precede, e di molto, quella degli animali, e delle piante: è un percorso lungo ed accidentato, punteggiato da fallimenti e successi, che molto può dirci sulle nostre origini, e sui meccanismi di differenziazione sociale, economica e culturale, che tanto segnano la nostra umanità.

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THE AFRICAN ROUTE TO DOMESTICATION Savino Di Lernia If it were true that the problem of the domestication of animal and plant species permeated Darwin's works even from his first studies, prehistoric archeology has always been faced with this subject. Even the idea of a ‘sequence’ in ages of the most ancient humanity on a technological basis - stone, copper, iron ... – overlapped the "evolutionary" perspective of patterns of subsistence (from the barbarians to the tribes). The influential work by K. Marx and F. Engels greatly contributed to the characterization, to a much more pronounced degree, of the "economic" approach to food security. This inspired, during the 1970's of the 20th century, the Anglosaxon School of ‘Palaeoeconomy’. The equation domestic animal/plant = food production became the axiom for defining, no longer on an exclusively technological basis (ceramics, polished stones), but also on an "economic" basis, the advent of a new era in the history of mankind: the Neolithic. Even today this approach is largely followed in southwest Asia (the Near East, the Fertile Crescent, etc.) and in Europe; in Africa, where social and cultural pathways of ancient human groups were different and in some ways divergent, analytical perspectives are somewhat diverse, and capable of inspiring new theoretical and methodological approaches. Thus, domestication not only as "food production", but as appropriation of the landscape, of time and of social and ideological organization. If this approach were correct, the domestication of Nature, as suggested by Tim Ingold, precedes, quite importantly, that of the animals, and the plants: it is a long and rough path, characterized by failures and successes, which can tell us much about our origins, and the mechanisms of social, economic and cultural differentiation which so strongly underline humankind.

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DARWIN E LA DOMESTICAZIONE: NUOVE EVIDENZE SULLE ORIGINI E LA DIFFUSIONE DELL’ALLEVAMENTO NEL MONDO Keith Dobney Durham University, Department of Archeology Durham, UK http://www.dur.ac.uk/archaeology/staff/?username=drk1kmd La storia umana negli ultimi 10000 anni è stata totalmente trasformata dalla domesticazione delle piante e degli animali. Non è esagerato dire che l’invenzione e la diffusione dell’allevamento nel mondo fu forse uno dei più importanti eventi nella storia umana, con conseguenze che furono così drastiche e di vasta portata da continuare a modellare la nostra stessa esistenza, oggi e nel futuro. Si tratta di una delle principali chiavi di lettura per capire la civilizzazione umana e, allo stesso tempo, fornisce un modello ideale per studiare i cambiamenti evolutivi. Charles Darwin fu uno dei primi studiosi a esplorare scientificamente le basi biologiche degli animali domestici e, nei suoi lavori pionieristici, notò che tutti gli animali domestici (a prescindere dalla specie) sono andati incontro a cambiamenti morfologici e fisiologici simili in rapporto alla loro controparte selvatica. Ma per quanto siano trascorsi decenni dalle importanti osservazioni di Darwin, archeologi e biologi hanno poche idee sul perché, dove o anche sul come abbia avuto luogo la domesticazione, e su quali furono le sue iniziali conseguenze per il genere umano. Nuove tecniche stanno finalmente permettendoci di studiare le ossa dei primi animali domestici e dei loro antenati selvatici, che sono comunemente dissotterrati da siti archeologici e che contengono importanti indizi per molte di queste domande ancora senza risposta. In questa presentazione riassumerò alcune delle più recenti evidenze genetiche e morfologiche per l'origine e la diffusione di particolari animali domestici e commensali dal Vicino Oriente in Europa, e dall'Estremo Oriente al pacifico.

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DARWIN AND DOMESTICATION: NEW EVIDENCE FOR THE ORIGINS AND SPREAD OF PREHISTORIC FARMING ACROSS THE WORLD Keith Dobney Human history over the past 10,000 years has been wholly transformed by the domestication of plants and animals. It is no exaggeration to say that the invention and spread of farming around the world was perhaps one of the most important events in human history, with consequences that were so drastic and far reaching that it continues to shape our own existence today and in the future. It is one of the principal keys to understanding human civilization and, at the same time, provides an ideal model to study evolutionary change. Charles Darwin was one of the first scholars to scientifically explore the biological basis for domestic animals, and in his pioneering work, noticed that virtually all domestic animals (regardless of species) had undergone similar morphological and physiological changes relative to their wild counterparts. However, despite decades of research since Darwin’s important observations, archaeologists and biologists still have little idea of why, where or even how domestication occurred, and what were its early consequences for humankind. New techniques are at last allowing us to study the bones of early domestic animals and their wild ancestors that are commonly dug up from archaeological sites which hold important clues to many of these unanswered questions. In this lecture I will summarise some of the most recent genetic and morphological evidence for the origins and spread of selected domestic and commensal animals from the Near East into Europe and from the Far East into the Pacific.

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CHARLES DARWIN: LA SUA “CONFESSIONE DI UN DELITTO” Giulio Giorello Università di Milano, Dipartimento di Filosofia, Logica e Filosofia della Scienza Via Festa del Perdono 7, 20122 Milano “Ho letto pile di libri di orticoltura e agricoltura e non ho mai cessato di raccogliere fatti. Infine è giunto qualche barlume di luce e sono quasi convinto (in totale contrasto con la mia opinione iniziale) che le specie non sono (è come confessare di aver commesso un assassinio) immutabili”. Così Charles Robert Darwin scriveva l’11 gennaio 1844 a Joseph Dalton Hooker. Il delitto di Darwin consiste in primo luogo nell’aver liquidato la concezione della fissità delle specie – e in secondo luogo di aver sostituito alla teologia naturale la selezione naturale. Come vuole una vecchia storia, alla sua sepoltura, una vetrata di soggetto evoluzionistico fu sostituita a una che rappresentava invece la creazione, all’Abbazia di Westminster. Ma non meno importante è lo slittamento dalla metodologia strettamente empiristica del Novum Organum di Bacone alla metodologia che insiste sull’importanza della teoria nello spirito del Novum Organum Renovatum del grande filosofo e storico della scienza William Whewell. La lettera del 22 dicembre 1857 ad Alfred Russel Wallace è un vero e proprio manifesto sull’importanza che Darwin attribuisce a vere e proprie “concezioni speculative” per procedere nella ricerca e per estendere a Homo Sapiens la prospettiva dell’evoluzione.

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DARWIN’S “CONFESSION OF A MURDER” Giulio Giorello “I have read heaps of agricultural & horticultural books, & have never ceased collecting facts – at last gleams of light have come, & I’m almost convinced (quite contrary to opinion I starter with) that species are not (it is like confessing a murder) immutable”. So Charles Robert Darwin wrote to J.D. Hooker (11 January 1844). The so called “murder” is (first) killing the old idea that species don’t change in time, and (second) substituting natural selection for natural theology. As an old tale told, after Charles Darwin’s burial some people substituted an Evolutionary stained glass window for that depicting the Creation in Westminster Abbey. Moreover. Charles Robert Darwin has shifted from strict empiricism of Francis Bacon’s Novum Organum to the more sophisticated view maintained by William Whewell in his Novum Organum Renovatum. A true manifesto of this new attitude can be found in the celebrated letter of Charles Darwin to Alfred Russel Wallace (22 December 1857). In Darwin’s own terms: “I am a firm believer, that without speculation there is no good and original observation”. This is the case, mainly, in the ticklish problem of the Descent of Man.

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OGM E MICRORGANISMI BENEFICI DEL SUOLO Manuela Giovannetti Università di Pisa, Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, Via del Borghetto 80, 56124 Pisa [email protected] L'evoluzione di piante ed animali ha avuto luogo anche attraverso la formazione di associazioni permanenti tra organismi appartenenti a specie diverse, che riescono a crescere meglio, approvvigionarsi di nutrienti, tollerare stress ambientali, vivere al riparo da predatori, moltiplicarsi con successo, vivendo in simbiosi. Per dirlo con le parole di Darwin "la selezione naturale non è stato l'unico mezzo di modificazione delle specie”. Alcune tra le simbiosi più diffuse in natura riguardano le piante, che ospitano nelle loro radici batteri azotofissatori e funghi benefici, capaci di modificare la disponibilità, l'assorbimento e l'utilizzazione di nutrienti quali fosforo e azoto e di influenzare le interazioni trofiche negli agroecosistemi. In questo intervento verranno presi in considerazione alcuni casi studio che hanno mostrato effetti inattesi sui funghi simbionti da parte di piante transgeniche. Tali eventi vanno ad aggiungersi a quelli relativi alla diffusione di transgeni attraverso ibridazione con specie selvatiche affini, al rilascio delle tossine transgeniche da parte delle radici, al trasferimento orizzontale di geni ingegnerizzati dalle piante ai batteri del suolo, dimostrando la necessità di ulteriori studi sulla complessa rete di interazioni che regola il funzionamento degli ecosistemi.

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GMOS AND BENEFICIAL SOIL MOCROORGANISMS Manuela Giovannetti Plant and animal evolution took place also by the establishment of permanent associations between organisms belonging to different species, which are enabled to grow better, uptake nutrients, tolerate environmental stress, protect themselves against predators, and successfully reproduce, thanks to their symbiotic life style. To tell it with Darwin’s own words “natural selection is not the only means of species modification”. Some of the commonest symbioses in nature concern plants, which host in their roots nitrogen fixing bacteria and beneficial fungi, capable of modifying the availability, the uptake and the utilization of nutrients, such as phosphorus and nitrogen, and of affecting trophic interactions in agroecosystems. Here I will examine some case studies that showed unexpected effects of transgenic plants on symbiotic fungi. Such events - together with the diffusion of transgenes by hybridization with wild species, the release of transgenic toxins by roots, horizontal transgene transfer from plants to soil bacteria - show the need of further studies on the complex network of interactions controllino ecosystem functioning.

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LE QUATTRO DIMENSIONI DELLA DOMESTICAZIONE: IL RUOLO DELLA VARIAZIONE GENETICA, EPIGENETICA, COMPORTAMENTALE E SIMBOLICA NELLA STORIA EVOLUTIVA DELLE SPECIE DOMESTICATE Eva Jablonka Tel Aviv University, The Cohn Institute for the History and Philosophy of Science and Ideas http://www.tau.ac.il/humanities/cohn/ Darwin usò la domesticazione per illustrare il processo dell’evoluzione: nell’Origine delle Specie egli utilizzò la selezione artificiale sia come modello per la selezione naturale, sia come modello per la produzione di variazione ereditabile in condizioni naturali estreme, le stesse condizioni che favoriscono la formazione di nuove specie. Il modello di domesticazione di Darwin fu criticato nel corso della sua vita e successivamente, ma recenti studi stanno dimostrando che la domesticazione offre importanti indicazioni per lo studio dell’eredità e dell’evoluzione. In questa presentazione farò il punto sulla domesticazione come modello per la produzione di nuove variazioni ereditabili e di nuovi regimi selettivi. Discuterò gli studi che mostrano che nuove variazioni genetiche ed epigenetiche sorgono nelle stressanti condizioni della domesticazione; che incroci tra organismi geneticamente dissimili (quali differenti specie di piante) possono fornirci informazioni sull’importanza nell’evoluzione degli effetti dell’ibridazione; che la selezione di nuovi comportamenti è cruciale per l’evoluzione degli animali, e che la cultura umana, di cui è parte la domesticazione, è un importante fattore nell’evoluzione della specie domesticante (umane). La domesticazione può quindi illustrare la ricchezza e la natura multi-dimensionale dell’evoluzione biologica.

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THE FOUR DIMENSIONS OF DOMESTICATION: THE ROLE OF GENETIC, EPIGENETIC, BEHAVIORAL AND SYMBOLIC VARIATION IN THE EVOLUTIONARY HISTORY OF DOMESTICATED SPECIES Eva Jablonka Darwin used domestication to illustrate the process of evolution: in the Origin of Species he used artificial selection as a model for natural selection, as well as a model for the generation of heritable variation under extreme natural conditions, the very conditions that favor the formation of new species. Darwin’s domestication model was criticized during his own lifetime and afterwards, but recent studies are showing that domestication provides important insights for the study of heredity and evolution. In this lecture I focus on domestication as a model for the generation of new heritable variations and of new selective regimes. I discuss studies showing that new genetic and epigenetic variations arise under the stressful conditions of domestication; that crosses between genetically dissimilar organisms (such as different plant species) can inform us about the importance of the effects of hybridization in evolution; that selection for new behaviors is crucial for the evolution of animals, and that human culture, of which domestication is part, is an important factor in the evolution of the domesticating (human) species. Hence, domestication can illustrate the richness and the multi-dimensional nature of biological evolution.

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L’ANIMALE CHE DOMESTICÒ… SE STESSO Giorgio Manzi SAPIENZA - Università di Roma, Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma [email protected] http://serverbau.bio.uniroma1.it/cgi-bin/home.pl La provocazione appare evidente e sta già tutta nel titolo; quasi una sfida intellettuale o forse un gioco, un gioco di ruolo a sfondo bio-evoluzionistico. L’uomo, pur con tutte le sue peculiarità e il suo formidabile successo planetario (siamo alla soglia dei 6,5 miliardi di individui!), è un animale... un animale che possiamo facilmente attribuire al mondo delle scimmie. Questo è evidente, ma qui interviene puntuale la domanda: animale selvatico o animale domestico…? La risposta, qualunque risposta data di getto non ci soddisfa, anche perché nessuna delle due identità ci sembra accettabile fino in fondo. La specie Homo sapiens – o, meglio, altri Homo prima di noi – ha smesso da tempo i panni dell’animale selvatico, inteso come entità naturale inglobata a tutti gli effetti nel contesto ecologico, bersaglio della selezione naturale e basta. L’umanità vive piuttosto in un mondo artificiale creato dall’uomo stesso e, per molti versi, si è svincolata dalla pressione selettiva operata dall’ambiente. A conti fatti, non si può proprio dire che l’animale culturale sia da considerarsi selvatico (se mai lo è stato); allora, è forse domestico…? Neanche questa ipotesi di lavoro ci convince del tutto. Se da un lato è vero che l’uomo vive e prospera in un ambiente artificiale, grazie alle proprie risorse culturali e tecnologiche, di certo – a parte certi sconsiderati e orribili tentativi del passato (penso all’eugenetica, ad esempio) – non cerca di manipolare i propri simili o, almeno, qualcosa gli ha impedito e (fortunatamente) gli impedisce tuttora di farlo deliberatamente, se non per scopi terapeutici. Insomma, l’uomo non opera su se stesso attraverso la selezione artificiale, requisito essenziale (come lo stesso Darwin ci ha insegnato) per rendere fino in fondo un animale allo stato domestico. E allora, alla domanda – selvatico o domestico? – si potrebbe rispondere che l’uomo non è nessuno dei due. Ma se neanche la risposta salomonica ci soddisfa, proviamo a sottoporre la nostra specie a un test para-scientifico, armandoci di uno strumento di analisi da tempo familiare a zoologi e paleontologi: la cladistica. Proviamo cioè a vedere quali caratteri nell’uomo hanno lo stato (arcaico) che è proprio di un animale selvatico e quali quelli (derivati) di un animale domestico. Il test è in corso e dei risultati ne parleremo a Milano, ma già penso proprio che scopriremo, ancora una volta, che Darwin aveva ragione. Anche in questo.

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THE ANIMAL THAT DOMESTICATED… ITSELF Giorgio Manzi The provocation appears evident and everything is already there in the title; almost an intellectual challenge or perhaps a game, with roles played against a bio-evolutionary background. Humans, even with all their peculiarities and formidable planetary success (we are almost 6.5 billion individuals!), are animals... animals which we may easily attribute to the world of monkeys and apes. This is obvious, but here a timely question intervenes: wild animal or domestic animal …? The answer, any quick response is not satisfactory as neither of the identities seems completely acceptable. The species Homo sapiens – or, better still, other Homo prior to us – abandoned long ago the guise of a wild animal, understood as a natural entity incorporated to all effects within an ecological context: a target for natural selection and nothing else. Humanity lives rather in an artificial world created by humans themselves and, in some ways, has freed itself from the selective pressures of the environment. On balance, one cannot really say that the cultural animal is to be considered wild (if he ever has been); therefore, is he perhaps domestic…? Even this working hypothesis is not completely convincing. If on the one hand, it is true that humans live and prosper in an artificial environment, thanks to their own cultural and technological resources, certainly they do not try to manipulate themselves – apart from certain foolish and horrible past attempts (think of eugenics, for instance) – or, at least, something prevented and (fortunately) still prevents them from doing it deliberately, if not for therapeutic purposes. In brief, humans do not work on themselves through artificial selection, an essential requisite (as Darwin himself taught us) in order to completely domesticate an animal. Therefore, to the question – wild or domestic? – one could reply that humans, as a species, are neither of the two. However, if not even an impartial response is satisfactory, we can try to submit the subject to a para-scientific test, armed with a tool for analysis which has long been known to zoologists and paleontologists: cladistics. Thus, we will attempt to observe which characters in humans have the state which is truly of a wild animal (archaic) and which that of a domestic animal (derived). The test is in progress and we can discuss the results in Milan, however, I already think that we will discover, once again, that Darwin was right. Also in this.

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IL GENOMA DEGLI ANIMALI DOMESTICI CONSERVA LE TRACCE DELLE ANTICHE MIGRAZIONI UMANE Marco Pellecchia Università Cattolica del Sacro Cuore, Laboratorio di Genetica Animale, Istituto di Zootecnica Va Emilia Parmense 84, 29100 Piacenza Le moderne tecniche molecolari permettono di indagare a fondo il DNA - sia nucleare, sia mitocondriale - alla ricerca di quelle mutazioni utili a disegnare la filogeografia delle specie domestiche. Ne fornisco alcuni esempi che contribuiscono a gettare luce sulla storia dell’uomo. Utilizzando i marcatori nucleari AFLP è stato possibile ripercorrere gli eventi post-domesticazione della capra (Capra hircus), rappresentando sulla carta geografica del Vecchio Mondo gli spostamenti delle greggi al seguito dei loro pastori. Così, sulla base delle analisi genetiche, sono state ricostruite le rotte di migrazioni arcaiche, le quali rafforazano i dati forniti dalla ricerca archeologica e dalla genetica umana: ecco la via seguita dai primi allevatori neolitici durante la colonizzazione dell’Europa a partire dalla Mezzaluna fertile; l’espansione da est dei pastori nomadi Kurgan; i movimenti di antiche genti lungo le coste del Mediterraneo. Studiando il DNA mitocondriale, ereditato esclusivamente per via materna, è stata chiarita l’origine della civiltà etrusca, fiorita nell’Italia centrale durante il I millennio a.C. Il genoma dei bovini (Bos taurus) toscani di razza chianina, maremmana e calvana ha infatti dimostrato che mandrie del Vicino Oriente vennero trasferite via mare dai loro antichi allevatori, approdando in ultimo sulle coste tirreniche: una conferma genetica agli scritti di Erodoto e di più di altri 30 autori classici.

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TRACING THE ROUTES OF ANCIENT HUMAN MIGRATIONS IN DOMESTIC ANIMALS' GENOME Marco Pellecchia Modern molecular techniques allow to investigate in depth both nuclear and mitochondrial DNA, looking for mutations useful to reconstruct the phylogeography of domestic species. Here I show some examples, which shed light on the history of mankind. By using the AFLP nuclear markers, the events following goat (Capra hircus) domestication have been studied, plotting on the Old World geographic map the displacements of the herds driven by their shepherds. So, relying on genetic analyses, the archaic migration routes have been traced, thus strengthening archaeological and human genetic data: the route covered by the first Near Eastern breeders during the colonization of Europe; the expansion of Kurgan nomads from the East; and the ancient peoples’ movements along the Mediterranean Basin coasts. By studying the maternal inherited mitochondrial DNA, the origin of Etruscan civilization – that flourished in central Italy during the 1st millennium B.C - has been clarified. The genome of Tuscan bovines (Bos taurus) demonstrated that Near-Eastern flocks were translocated by their ancient breeders along a maritime route, settling down in the Tyrrhenian hinterland: a genetic evidence for the writings by Herodotus and by over thirty classic Authors.

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L’EVOLUZIONE CONTINUA: LE PIANTE DEL FUTURO Chiara Tonelli Università di Milano, Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie Via Celoria 26, 20133 Milano [email protected] Tutte le piante che oggi coltiviamo sono state geneticamente modificati dall’uomo in modo estensivo nel corso di una millenaria pratica agricola. Infatti, a partire da 10.000 anni fa, il processo di conversione di piante selvatiche in piante coltivate ha comportato la selezione di mutanti comparsi spontaneamente. Dal secolo scorso le piante coltivate sono state migliorate con l’applicazione delle conoscenze scientifiche: l’avvento della genetica ha consentito di mettere a punto piani di selezione basati su incroci, ibridazioni tra specie diverse, produzione di mutanti attraverso l’impiego di mutageni fisici o chimici al fine di aumentare i livelli di produttività e qualità dei prodotti ma ciò ha modificato profondamente il loro patrimonio genetico. Lo sviluppo dell’ingegneria genetica, che permette l’isolamento di un singolo gene, la valutazione della sua funzione ed il suo trasferimento a differenti varietà, costituisce la soluzione scientifica teoricamente ottimale da affiancare al miglioramento genetico classico per superare difficoltà non risolvibili attraverso le metodologie tradizionali. L’introduzione mirata di un singolo carattere utile consentirebbe di migliorare il genotipo di interesse, lasciando inalterate tutte le altre caratteristiche della pianta. L’idea che introdurre e modificare un gene in un organismo rappresenti in qualche modo un “oltraggio” alla natura ha generato ostilità e paura. Eppure, senza esserne consapevoli, noi mangiamo alimenti modificati geneticamente da sempre. Tutto ciò che ingeriamo contiene infatti DNA e proteine modificate. La Commissione Europea ha presentato i risultati di 15 anni di ricerche, che dimostrano che i prodotti delle colture OGM sviluppate fino a oggi non hanno mostrato alcun nuovo rischio per la salute umana o per l’ambiente. I controlli hanno dunque reso le piante OGM oggi coltivate addirittura più sicure di quelle tradizionali. Gli OGM contribuiscono a un’ agricoltura sostenibile e ad una migliore produzione alimentare. E’ infatti possibile ottenere piante migliorate da un punto di vista nutrizionale, piante resistenti alle malattie e che richiedono quindi meno pesticidi, piante che necessitano di minor quantità di fertilizzanti e tolleranti la siccità e la salinità dei suoli e piante utilizzabili per la decontaminazione dei suoli. Le biotecnologie offrono la possibilità di utilizzare le piante come fabbriche, versatili, economiche e rinnovabili, di praticamente qualsiasi cosa: oli, biocarburanti, resine, detergenti, plastiche biodegradabili, enzimi, farmaci, vaccini, ormoni, ecc. con il vantaggio di essere disponibili in quantità illimitata e costare poco. Nel 2003 il segretario dell’ONU parlando dell’impatto delle biotecnologie con particolare attenzione allo sviluppo sostenibile, alla sicurezza alimentare e alla salute disse: “Non è in discussione se le biotecnologie manterranno le loro promesse ma solo come le promesse delle biotecnologie verranno condivise”.

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EVOLUTION CONTINUES: THE PLANTS OF THE FUTURE Chiara Tonelli All the plants that we cultivate today have been extensively modified genetically by man over the course of a millennium of agricultural practise. Actually, starting from 10,000 years ago, the process of converting wild plants to cultivated plants involved the selection of mutants which appeared spontaneously. Since the last century the cultivated plants have been improved by the application of scientific knowledge : the advent of genetics allowed selection programs to be set up based on crossbreeding, hybridization between diverse species and the production of mutants through the use of physical and chemical mutagenics with the aim of increasing the levels of productivity and quality of the products however, this has profoundly modified their genetic patrimony. The development of genetic engineering, which allows the isolation of a single gene, the evaluation of its function and its transfer to different varieties, forms the best theoretic scientific solution to accompany the classic genetic improvement in order to surmount difficulties which could not be resolved using traditional methodologies. The specific introduction of a single useful character consents to the improvement of the genotype in question, leaving unaltered all the other characteristics of the plant. The idea that to introduce and modify a gene in an organism represents in some way an "insult" to nature has generated hostility and fear. And yet, even without being aware of it, we have always eaten genetically modified food. Everything that we ingest actually contains modified DNA and proteins. The European Commission have presented the results of 15 years of research which demonstrates that the products from GMO cultivation developed to date have not shown any new risk for human health or the environment. The controls have therefore made the GMO plants cultivated today even safer than the traditional ones. The GMO contribute to a sustainable agriculture and to a better food production. In reality it is possible to obtain improved plants from a nutritional point of view, plants resistant to disease and which thus require less pesticides, plants which need a smaller quantity of fertilizer and which are tollerant of drought and soil salinity and plants which may be utilized for decontaminating soil. Biotechnology offers the possibility of utilizing plants as factories of practically anything, versatile, economic and renewable: oil, biocarbons, resins, detergents, biodegradable plastics, enzymes, pharmaceuticals, vaccines, hormones etc. with the advantage that they are available in unlimited quantities and at a low cost. In 2003 the secretary of the UN speaking of the impact of biotechnology on food safety and health, with particular emphasis on sustainable development, stated: "the discussion is not whether biotechnology can keep its promises but only that the promises of biotechnology will be shared" .