La musica come missione - Coro Pacem in Terris musica come missio… · legato a quello di Ennio...

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La musicacomemissione

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Che importanza assume lacolonna sonora in un film?

Sono entrato quasi per caso nelmondo del cinema e ormai ho rea-lizzato già 24 partiture. Credo moltonella possibilità che la musica dafilm aggiunga qualcosa in più allapellicola stessa. Oggi va di modanon dare peso alla colonna sonora.Non so per quale ragione, è unmistero, non so se ciò avviene perdebolezza dei musicisti o dei regi-sti, ma la musica come la fotografia,i costumi, le scene aggiungono alfilm tantissimo, e non è semplice-mente un atteggiamento passivo...la musica è attiva, ti può far vedereciò che è nascosto, far sentire ciòche non si sente, fa percepire quel-la ricchezza in più, è un Plus vero.Sono anche molto aperto verso lenovità, anche dal punto di vista elet-tronico, senza sostituire natural-

mente l’orchestra. A mio avviso, chicompone musica da film deve fare ilmusicista, non è un “tappezziere”.Si sente subito quando un film è“tappezzato” o quando al contrarioè “musicato”.

Cosa rappresentano gli autoridel passato per quelli di oggi?

Un film “culto” per me èCarosello Napoletano con il com-mento di Gervasio, accademico diSanta Cecilia, che ha scritto questacolonna sonora mettendo insiemetutte le canzoni partenopee conun’orchestrazione e un arrangia-mento incredibili. Mi piacerebbetanto avere le partiture per poterlefare in concerto. Io credo che unodegli sforzi che dovrebbe fare unarivista come la vostra, o rassegnecome quelle di Loreto (vedi numero3 della nostra rivista), sia quello di

far riscoprire e dare vita ai musicistie alle colonne sonore del passato.Prendi la partitura di Miracolo aMilano di Cicognini o anche solo diPane, Amore e Fantasia, una com-media deliziosa! Tirare fuori questofarebbe bene ai musicisti di oggi...Alcuni della nostra generazionemancano di fantasia, tecnica oforza espressiva, anche se ci sonodegli ottimi musicisti. Chi vienedallo studio classico riesce adapprezzare anche ciò che è moder-no, ciò che è jazz o folk, ma al con-trario questo non è sempre possibi-le, bisognerebbe far crescere lamaturità musicale dei compositori,e il passato del glorioso cinema ita-liano lo può fare!

A proposito di compositori dicolonne sonore si parla spessodi “doppia vita”, in relazione a

Mons. Marco Frisina (romano, classe 1954) è noto al vasto pubblico per numerose colonne sonore di importantifiction televisive, soprattutto di argomento religioso.

Forse non tutti sanno del suo incarico di direttore dell’Ufficio Liturgico della Diocesi di Roma e della sua immen-sa produzione di musica e canti liturgici divenuti ormai repertorio tradizionale di cori e parrocchie in tutta Italia e nonsolo. Responsabile musicale dei grandi eventi giubilari del 2000 e di alcune giornate Mondiali della Gioventù, hacurato numerosi eventi alla presenza del compianto Papa Giovanni Paolo II, a cui ha dedicato diversi oratori e com-posizioni.

Biblista di fama nazionale, si divide tra la composizione e gli impegni pastorali, tra la direzione del Coro dellaDiocesi di Roma da lui fondato e altre compagini ed un costante impegno nella diffusione e formazione musicale,culturale e religiosa (è anche rettore della Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo).

Lo abbiamo incontrato più volte tra il suo ufficio in S. Giovanni in Laterano, lo studio personale e la sala di inci-sione, cercando di fare il punto sui primi 10 anni di eccezionale attività nel campo della musica per la fiction.

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Conversazione con

Marco Frisinadi Pietro Rustichelli

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formazione classica e lavoro nelcinema, ma forse mai come nelsuo caso l’accezione è appro-priata. Come vive la “dualità” trail sacerdozio e la composizione?

Una cosa che bisogna capire èche per me musica e sacerdoziosono uniti in maniera molto stretta,lo sanno tutti quelli che eseguono imiei brani liturgici, i ragazzi dei mieidue cori e dell’orchestra, perché lamusica è per me il linguaggio concui l’uomo riesce ad esprimere lecose più profonde che ha nel cuore,si dice che “chi canta prega duevolte”. La musica ha il grande pote-re, come quello di Orfeo, di addolci-re il cuore degli uomini, di educarlo.Per un uomo che ha fatto dellaFede la propria vita non c’è tuttaquesta differenza. Pensate chepresso la Pontificia Università dellaSanta Croce, Facoltà diComunicazioni Sociali, tengo uncorso su “Musica e Comunicazionedella Fede” con una quarantina distudenti di tutto il mondo. E’ un per-corso molto interessante anche perme. Scoprire come la musica in sépossa aiutare l’umanità a crescere,come serva ad entrare in un’armo-nia superiore, cosmica, con Dio econ se stessi.. “Armonia”, questotermine greco davvero molto impor-tante! Per un prete è quindi unacosa normale, ricordiamoci che lamusica nasce sempre dal cuore, sicanta solo per amore, se stai benecon le persone che ti circondano,un innamorato canta, non dice lecose “in prosa”; quando riusciamo afare un atto d’amore la musica fun-ziona sempre, è quasi un mistero, equesto l’ho sperimentato continua-mente nella mia vita sacerdotale.Le note servono a creare questa“nostalgia del Paradiso” e a far sen-tire tutti i cuori uniti.

Come si è avvicinato alla musi-ca da film?

Quasi per sbaglio. Il mio primolavoro è stato la serie televisivadella Bibbia, con un certo genere dicinema a carattere religioso, ma nelmio curriculum ci sono interventianche su opere (Tristano e Isotta oMichele Strogoff) a carattere lette-rario e di una certa levatura. Quelloche mi ha colpito è come la musicasi sposi in modo “naturale” con leimmagini, di come si rafforzino avicenda. Certo è anche importanteil “tipo” di immagini; le arti sonotutte collegate. Un mio grandesogno è quello di scrivere unamusica per i grandi cicli pittorici ita-liani, solo musica e immagini: è un

progetto che ho in mente da tempo,ma devo trovare qualcuno cheabbia il coraggio di finanziare unatale idea. Dovrei trovare un registacapace di tirare fuori dalle opere deigrandi artisti il dramma che c’è die-tro, perché le immagini rappresen-tano la storia dell’uomo, le sue tra-gedie e i suoi problemi, e la musicagli da’ spessore e risalto.

E’ di evidente bellezza musica-le il suo commento per la fictiondi Papa Giovanni, come l’ha con-cepito?

Ho dovuto realizzare un temadolce e solenne insieme (come luistesso era). Nel finale c’è un lungoadagio di 7-8 minuti intitolato “Versoil Cielo” in cui l’anima “parte perandare” in un viaggio di serenità.Nella scena molto bella che GiorgioCapitani ha realizzato ho cercatocon la musica di far sentire questopassaggio dolce e intenso, finoall’esplosione sulla piazza affollata.Queste cose le può fare solo lamusica, le immagini possono fartivedere un “campo lungo”, ma cosaci metti dentro? La musica può con-dizionare in senso positivo la com-prensione di quella scena. Trovoche il mio lavoro aggiunga qualco-sa, e le parole “dona nobis pacemin terris” diventano l’esplicitazionedi tutta la vita di Papa Giovanni. Soche può sembrare un approccio unpo’ particolare e che forse un laiconon avrebbe fatto le stesse scelte,ma per me è stato normale e credoapprezzato da tutti.

A proposito di “approccio”, c’èdifferenza nell’affrontare le com-posizioni liturgiche (in cuicomunque incontriamo proble-matiche di tempistica e “pro-gramma”) e le colonne sonore?

Cinema e liturgia sono “generi”diversi, ma il lavoro è lo stesso...Certo la liturgia è strettamentecanonica, con strutture vincolanti,ma una cosa che ha in comune colcinema è l’idea di partecipazione,quello che noi suoniamo e cantia-mo ci fa concentrare su ciò che nonsi può vedere, e la musica ci aiutain tal senso, anche se a livelli moltodiversi. Quindi nella liturgia il gran-de spettatore è proprio l’assem-blea, che non è passiva ma attiva.

Maestro, il suo nome è statolegato a quello di Ennio Morriconecon cui ha condiviso l’imponenteavventura del “Progetto Bibbia”,ma ora sembra essersi ritagliatouno spazio un po’ più suo.

E’ stata un’esperienza bellissi-ma: lui all’inizio ha garantito per me.Conosceva la mia musica, ma nes-suno mi aveva mai sentito all’operain questo genere. Lui fece le sigle,che sono state per me una sorta dipasspartout. Il primo film della miacarriera fu Abramo, il testa di seriedi un progetto imponente della Raie di Turner, ed Ennio fu estrema-mente corretto e non volle influen-zarmi. Se avesse voluto dare unocchio alle mie partiture sarei statopiù che contento, ma lui non lo hamai fatto, diceva “sei capace di scri-vere la tua musica, io faccio lesigle, tu fai il commento”. Però indi-rettamente mi ha aiutato tantissimo,da uomo d’esperienza qual è; io losento, come molti, una sorta dipadre artistico, da cui distaccarsicome ogni figlio, ma sempre daamare, rispettare e studiare.Veniamo entrambi dalla scuola diPetrassi, in un certo senso lui è ilpadre e Petrassi il nonno (ride...) edè ovvio che abbiamo tutto unmondo in comune. Gli sono gratoanche perché mi ha insegnato unapproccio “colto” al cinema: io nonho, grazie a lui, i soliti pregiudiziche spesso si hanno sulla musicada film, bensì la certezza che illavoro per il cinema non è di serieB, e che si può fare musica di seriaA anche in un film “qualsiasi”.

Ebbi subito una nomination inter-nazionale (non sapevo neanchecosa fossero i premi) per Abramo, el’anno dopo doppia nella stessaquintina per Giacobbe e Giuseppe.Vinsi col secondo e mi accorsi chela musica da film era sì faticosa, madava anche delle soddisfazioni, trenominations e un premio con i primitre film in due anni... Comunquecontinuo a non considerarlo un“mestiere”; rimane ancora unasorta di gran bel gioco, un mezzo inpiù per poter scoprire ulterioripotenzialità espressive dellamusica.

Lo stile di un compositoredipende anche, volente o nolen-te, dai gusti e dall’ascolto. Chegenere e che autori predilige?

Nel campo della musica da filmapprezzo certamente i grandi pro-fessionisti come Williams, che hasaputo coniugare la tecnica holly-woodiana ad un gusto anglosasso-ne, con la capacità di legare lamusica alle immagini in modo dav-vero efficace (anche se a volteforse troppo pedissequo). Apprezzomolto anche gli sperimentatori dinuove sonorità elettroniche, come

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Zimmer e gli autori della recenteproduzione hollywoodiana, anchese il mio amore va ovviamente per igrandi classici come Waxman eTiomkin, o alle grandi partiture diHerrmann, Korngold o ElmerBernstein e, su tutti, Miklos Rozsa,un vero gigante, mitteleuropeo finoin fondo, che riesce a “tradurre”Respighi e portarlo in America, cre-ando uno stile, come ha fatto con ifilm religiosi. Io ho cercato di nonpensare assolutamente a questi,“usando” il ’900, ma è imprescindi-bile non pensare agli anni ’50 e allaforza espressiva di Ben-Hur, conuna cura dell’orchestra e delcontrappunto che io amo e conside-ro “tutto”.

I miei ascolti preferiti rimangonocomunque i grandi del ‘900 storico:Bartok, Stravinsky (idolo di tutti glistudenti di composizione),Prokofiev, Penderecki e Ligeti,l’avanguardia degli anni ’70 checoincidevano con i miei anni diformazione.

Io mi diverto a utilizzare e a cita-re diversi linguaggi, il cinema haaiutato molto a “smitizzare” i com-partimenti stagni della storia: inPapa Giovanni ho inserito il “Plaisird’amour” dell’Abate Martini in stiledi quartetto shubertiano, poi “Verso

il cielo” che può ricordare i grandiadagi di Mahler o Barber, o il temaportante così liturgico e romantico acontrasto con momenti a voltemolto atonali. Su Abramo ci sonopassaggi per otto violoncelli earpa... essendo la mia prima voltanon avevo nessuna limitazione oinibizione, pensavo “è il primo eforse l’ultimo”. Avevo scritto “Ilcanto della promessa” di 3’40” e ilregista Sargent mi disse “ho unbuco di 3’40” e non so cosa metter-ci”: il brano era perfetto, formalmen-te e musicalmente compiuto, ed èdiventato uno dei preferiti dal pub-blico, insieme allo “Shemà Israel” diMosè. Ho potuto fare cose cheforse ad altri colleghi non sono maistate permesse.

Questo dipende anche dallecaratteristiche del regista e dalrapporto con lui...

Non è sempre facile. Ho lavoratocon americani, inglesi e italiani. Gliamericani vedono la musica moltolegata al montaggio, ma con loro hoavuto la libertà di fare quello chevolevo. Abramo, Mosè e Giuseppe,come dicevo, sono state grandisoddisfazioni. Con Peter Hall suGiacobbe ho avuto un rapportodiverso, essendo lui inglese, molto

europeo e teatrale. Ricordo che milamentai perché nel mix finale lamusica era bassa, e lui mi fece unbiglietto molto bello chiedendoscusa di questo, dicendosi dispia-ciuto perché aveva apprezzatomolto la mia musica di grande sen-sibilità “cosa rara nei musicisti” miscrisse (ride). Oppure NicholasRoeg per Sansone e Dalila, un arti-sta folle, che mi stravolse tutta lamusica e me la trovai nel film com-pletamente diversa, mi arrabbiai unpo’... Con gli italiani è stato più faci-le, anche se a volte sono stati piùesigenti, poiché vogliono delle coseprecise che hanno in mente.

Su Papa Giovanni ho lavoratocon Giorgio Capitani, una personaamabilissima con cui si riesce acostruire insieme. Le uniche difficol-tà le ho avute effettivamente con gliamericani, ma una volta che ci si ècapiti è poi tutto girato per il meglio;ma certo non dev’essere facileneanche per loro, con un musicistaprete che ha le sue idee sui temisacri...

Di recente si è trovato a lavora-re quasi contemporaneamente suprogetti diversi per ambientazionestorica e metodologia di lavoro.Da San Pietro ad Edda CianoMussolini fino a Callas & Onassis,dall’epica agiografica (sulla scia disuoi lavori precedenti) a storie diun più recente passato. Qualisono state le differenze di approc-cio e di lavorazione?

Indubbiamente, il 2005 è stato unanno particolarmente ricco di pelli-cole impegnative e nello stessotempo molto diverse tra loro. Eddae San Pietro sono stati due grandifilm di diverso carattere storico econcettualmente distantissimi. Daun lato le atmosfere anni ’30 e ‘40di Edda Ciano Mussolini, sono stateuna sfida interessante perché vole-vo, d’accordo con il regista, caratte-

Il 2005 è stato un anno di super-lavoro per Mons. Frisina, foriero di risultati alterni: un SanPietro “troppo televisivo”, Callas & Onassis chiuso in fretta e furia, un disco di brani sacri perl’Avvento (senza dimenticare gli impegni liturgici per l’insediamento del nuovo Pontefice) e infi-ne questa degna coproduzione sulla vita dell’amatissimo Karol Wojtyla, con cast internazionalecapeggiato da un notevole Jon Voight. Don Marco ha più volte confessato a chi scrive di sentir-si quasi in imbarazzo a dover musicare episodi in cui molto spesso “lui c’era” ed era toccato nelvivo dalla storia di un Papa molto amato e a cui è stato molto vicino.

Ne risulta l’opera certamente più convincente (evidentemente più sentita) della sua produzio-ne più recente, con un temone un po’ scontato ma spontaneo (che attraversa, variato, tutto ildisco) e diverse pagine di pregevole scrittura (gli oscuri colori per il dramma del nazismo e ladeportazione o le grandiose aperture orchestrali di alcuni momenti topici della straordinariavicenda umana di Papa Giovanni Paolo II), oltre ad una simpatica danza popolare polacca. Perchi poi - come il sottoscritto - era a Tor Vergata nel 2000 è commovente la scelta di commenta-re le scene relative al Giubileo (“Giovane coi giovani”) con la versione orchestrale di quel “JesusChrist, you are my life” composto da Frisina stesso come inno delle Giornate Mondiali dellaGioventù ed ormai entrato di diritto nel repertorio musicale della Chiesa universale. PR

Marco FrisinaGiovanni Paolo II (2005)LuxVide / Pesi&MisureAPM/CD11421 brani – Durata: 44’31”

Ben Kingsley davanti al Mar Rosso in Mosè

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rizzare la protagonista come unaeroina romantica e tragica. Madevo confessare di essermi moltodivertito nell’inventare dei falsi temianni ’30, con quel sapore particola-re sempre così importante in unfilm. San Pietro (recensione a pag.33, NdR) è invece stata un’impresamolto faticosa, ma nello stessotempo esaltante. Ho scritto 150minuti di musica per grande orche-stra, con cori, scene di massa,Circo, Incendio di Roma e tutto ilresto, alla maniera dei “filmoni” anni’50. E’ stato interessante perchédovevo da una parte venire incon-tro alle esigenze drammatiche dellastoria e nel contempo non cederealla tentazione “wagneriana”. I mesidi settembre e ottobre sono statiinvece particolarmente faticosi. PerCallas e Onassis di GiorgioCapitani avevo tempi praticamenteinesistenti e l’anticipo della messain onda televisiva aveva sovrappo-sto questo con un altro film, partico-larmente impegnativo come è statoGiovanni Paolo II di John KentHarrison. Sono sopravvissutoanche perché il mio cuore era dauna parte entusiasta per l’opportu-nità di far rivivere il mondodell’Opera con Callas e soprattuttodi rendere omaggio al Papa che hasegnato la mia e la nostra storia inmodo così profondo e duraturo.

La composizione di GiovanniPaolo II deve essere stataun’esperienza molto particolareed intima. per lei che “c’era” ed èstato, in molte occasioni, il verocompositore ufficiale per gli even-ti presieduti dal grande Pontefice.Cosa ci dice di questo lavoro?

In Callas c’era di tutto, dallaGrecia all’Opera, dagli anni ’60 aldramma intimo e struggente di unastoria tragica e dolorosa. Mentre, adifferenza di San Pietro, più epico escultoreo, ho scelto per Giovanni

Paolo II, l’intimità e la profonditàdella fede, tenera e forte, espressain un tema che è dolce e epicoinsieme a cui ho dato il titolo diOpen the door. La versione com-pleta del tema appare solo sul CD ecomprende due cori, uno latino checanta le parole della preghiera“Totus tuus”, l’altro inglese checanta le parole “Open the door…”che si intrecciano insieme, l’unocon un tema dolce, l’altro con untema forte ed epico: le due anime diWoytila. Per me scrivere questocommento è stato ripercorrere tantimomenti vissuti con lui e al suoservizio, un onore che è durato per27 anni.

Un aneddoto sulla sua arte nelcomporre musica da film?

Beh, ce ne sarebbero tanti... Adesempio io non dovevo fare lemusiche di Giuseppe, era già statafatta e non era andata. Avevo altriimpegni, mi diedero solo quindicigiorni per comporla. Ero, ovviamen-te, tra l’arrabbiato e il disperato;ricordo che scrivevo tutto il giorno ealla sera tardi veniva DonatoSalone (l’anziano copista diCinecittà, una sorta di padre spiri-tuale di tutta la musica da film italia-na, da Rustichelli a Morricone a

Piovani...) a prendere le partituremanoscritte “calde calde”, altrimen-ti non avremmo fatto in tempo. Iovisionavo una scena dopo l’altra escrivevo, e così via, senza compu-ter (siamo ancora nel 1994) concronometro e matita, per circa 75“M” della durata totale di 110 minutidi musica, una cosa infinita. E concaparbietà scrissi tutta musicanuova, senza fare doppioni, eraquasi una sfida con me stesso, con-segnandola in 13 giorni, poi andaialla prima di Giacobbe a Londra eal ritorno entrai in studio a registra-re. Alla fine quella che mi era costa-ta più pena e più rabbia è stataquella che mi ha dato i premi e lesoddisfazioni.

Per Fatima invece mi incontraicon la cantante portoghese Misiache interpretava la canzone in stileFado dei titoli. Per riconoscersi leanticipai per telefono che ero vesti-to da prete, e le chiesi come fossevestita lei, e mi rispose da vera arti-sta di fado “tutta di nero”.All’albergo di Lisbona incontro que-sta ragazza pallida, capelli neri acaschetto, in abito nero e intantoche chiacchieravamo sentivamo glialtri italiani (ignari della mia nazio-nalità) nella hall ridacchiare dicen-do: “Hai visto? Il prete e la preta!”.

A bilancio dei primi dieci anni di musiche per la televisione, la Lux Vide (con la nuova eti-chetta Pesi&Misure) pubblica una straordinaria selezione dei temi più efficaci delle produzionibiblico-agiografiche a cui il Maestro Frisina ha prestato il proprio talento. Appare chiaro comeil compositore romano non abbia timore di utilizzare formule orecchiabili, forte anche di unafelicità di ispirazione che riesce da un lato a risultare familiare ed immediata, da un altro ad evi-tare la banalità e a non nasconderla in una sovrabbondanza di orpelli (come ad altri capita):prova ne siano gli eccellenti ed inediti arrangiamenti cameristici dei temi di Maria Maddalena,Don Bosco, “Sara” (da Abramo) e “Zippora” (da Mosè) affidati a pianoforte e violoncello (sem-pre bravi Gilda Buttà e Luca Pincini) in cui le lunghe melodie di Frisina risplendono di luce pro-pria. Non mancano comunque le parentesi epiche (la potente “Shemà” da Mosè) o di sentitapartecipazione (da Giuda o Apocalisse). Decisamente toccanti e di assoluto spessore - nonchében al di sopra dello standard televisivo odierno - i giustamente premiati lavori per Giuseppe eAbramo (meravigliosa la promessa biblica di “Come le stelle del cielo”) e l’emozionante“Pacem in terris” per coro e orchestra da Papa Giovanni. Un disco semplicemente toccante,che non sostituisce il valore dei CD completi (alcuni davvero necessari) ma testimonianza diuna maestria tecnica al servizio di qualcosa di superiore. PR

Marco FrisinaVerso la gioia (2005)LuxVide / Pesi&MisureAPM/CD11114 brani - Durata: 52’08”

Mons. Marco Frisina dirige alla presenza di Papa Giovanni Paolo II