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1 LA METODOLOGIA APPLICATA DALL’AGENZIA PIEMONTE LAVORO PER L’ATTUAZIONE DEL SIA Franca Pizzo e Giorgio Luigi Risso * SIA E POLITICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTA’: VERSO UNA GOVERNANCE MULTILIVELLO Paper per la X Conferenza ESPAnet Italia “Il Welfare e i perdenti della globalizzazione le politiche sociali di fronte a nuove e vecchie diseguaglianze” Forlì, 21-23 settembre 2017 * Franca Pizzo, Agenzia Piemonte Lavoro [email protected] * Giorgio Luigi Risso, PhD Università di Modena e Reggio Emilia, Agenzia Piemonte Lavoro [email protected]

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LA METODOLOGIA APPLICATA DALL’AGENZIA PIEMONTE LAVORO

PER L’ATTUAZIONE DEL SIA

Franca Pizzo e Giorgio Luigi Risso *

SIA E POLITICHE DI CONTRASTO ALLA POVERTA’: VERSO UNA GOVERNANCE MULTILIVELLO

Paper per la X Conferenza ESPAnet Italia

“Il Welfare e i perdenti della globalizzazione le politiche sociali di fronte a nuove

e vecchie diseguaglianze”

Forlì, 21-23 settembre 2017

* Franca Pizzo, Agenzia Piemonte Lavoro

[email protected]

* Giorgio Luigi Risso, PhD Università di Modena e Reggio Emilia, Agenzia Piemonte Lavoro

[email protected]

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1. INTRODUZIONE

L’articolo “La metodologia applicata dall’Agenzia Piemonte Lavoro per l’attuazione del SIA” si inquadra

nella sessione 1. dedicata al tema “SIA e politiche di contrasto alla povertà: verso una nuova governance

multilivello”. I contenuti presentano l’esperienza in corso di realizzazione in Regione Piemonte, con un

focus connesso alla rete dei servizi per l’impiego e le connessioni strette create con gli Enti Gestori delle

funzioni socio assistenziali.

La metodologia analizzata mette in atto la costituzione di una rete permanente con lo scopo di coordinare

le attività dei Servizi per promuovere una presa in carico dei nuclei familiari beneficiari del Sostegno

all’Inclusione Attiva (SIA). L’articolo pone in evidenza il forte legame tra le politiche sociali e le politiche

attive del lavoro, le azioni coordinate degli ambiti territoriali dove agiscono le Equipe Multidisciplinari e il

coinvolgimento delle diverse figure professionali destinate ad attivare un sistema coordinato di interventi

di inclusione sociale e lavorativa.

I Centri per l’Impiego (coordinati nella rete regionale dall’Agenzia Piemonte Lavoro, Ente strumentale

della Regione Piemonte) sono parte attiva per gli interventi di natura lavoristica che si realizzano

attraverso la presa in carico, la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato e la pianificazione del

percorso in accordo con le Linee guida nazionali e conseguentemente con il referente del caso e l’Equipe

Multidisciplinare. L’articolo illustra i servizi erogati dai Centro per l’Impiego funzionali al patto di servizio

e alla definizione del piano di azione; vengono posti in evidenza elementi di analisi di carattere qualitativo

e quantitativo analizzando i dati di gestione risultanti dal primo periodo di attuazione della misura.

L’articolo sviluppa l’analisi di alcuni elementi di contesto rispetto alla gestione delle misure in contrasto

alla povertà e terrà conto degli sviluppi in atto con la prossima misura del Reddito d’Inclusione (Re.I),

delle risorse previste dal Fondo per la lotta alla povertà e dalla quota relativa all’inclusione attiva al

lavoro. Altro elemento di contenuto è quello relativo agli aspetti connessi al monitoraggio delle azioni

poste in essere e agli elementi di valutazione critica dei risultati ottenuti.

2. LA PRESENTAZIONE DEL SIA

In Italia le misure a contrasto della povertà sono state caratterizzate da interventi frammentati, spesso di

misura sperimentale, di tipo assistenzialistico e rivolte a specifici target, non di stampo universalistico.

In assenza di una chiara misura nazionale, nel corso degli anni i Comuni (e tramite gli stessi Comuni, gli

Enti Gestori dei servizi socio assistenziali) e le Regioni si sono attivati in autonomia disciplinando in

maniera diversa la materia e finanziando specifici progetti ed interventi sul territorio. Gli ambiti di

intervento sono stati compresi nel quadro giuridico connesso con la Legge 328/2000 ”Legge quadro per la

realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” e la programmazione territoriale dei Piani

di Zona.

Nell’anno 2012 il Governo Monti interviene con una misura sperimentale a contrasto del disagio

economico grave, si tratta della cosiddetta Social Card che prende in prestito il nome da un precedente

intervento modificandone le caratteristiche. Questa risulta essere una misura rivolta alle famiglie di

disoccupati o precari con figli minori ed un valore di ISEE inferiore ai 3.000,00 euro, che prevede i primi

collegamenti a progetti di reinserimento sociale e lavorativo.

La sperimentazione della misura, dalla durata di un anno, vede il coinvolgimento di 12 comuni italiani

(Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia e Verona) con

oltre 250.000 abitanti e uno stanziamento pari a 50 milioni di euro.

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Gli ultimi tre Governi (Letta, Renzi e Gentiloni) trasformano la Social Card sperimentale nell’attuale SIA e,

con la Legge di stabilità 2016 (Legge 28/12/2015 n. 208), estendono l’applicazione del SIA su tutto il

territorio nazionale istituendo per la prima volta in Italia, un Fondo per la Lotta alla Povertà e

all’Esclusione Sociale nell’ambito del Piano Nazionale di contrasto alle povertà.

Il SIA diventa operativo a partire dal 2 settembre 2016 e la fascia di popolazione su cui intervenire viene

ampliata a partire dalla primavera del 2017.

E’ opportuno mettere in evidenza come questi interventi siano strettamente connessi alla strategia

europea EU 2020, che ha inserito la lotta alla povertà e all’esclusione sociale come misura prioritaria

finalizzata a garantire i vantaggi della crescita e dell’occupazione, anche attraverso interventi di sostegno

al reddito e all’aumento delle opportunità di accesso nel mercato del lavoro.

Nel Programma Operativo Nazionale (PON) l’inclusione rappresenta una novità assoluta nello scenario

delle politiche europee cofinanziate con il ciclo di programmazione 2014-2020; infatti, per la prima volta i

fondi strutturali intervengono a supporto delle politiche di inclusione sociale, in sinergia con l’obiettivo di

riduzione della povertà fissato da Europa 2020. Il Programma definisce tra i suoi obiettivi, il rispetto alla

strategia di lotta alla povertà formulata dal Governo italiano nei Piani Nazionali di Riforma, la riduzione

entro il 2020 di 2,2 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà o di esclusione sociale. Il PON

Inclusione si raccorda con i POR (Programmi Operativi Regionali), con il FEAD (Fondo di aiuti europei agli

indigenti) e con il PON Città metropolitane. E’ in questo quadro che si definisce e si sviluppa la misura del

SIA.

Come vedremo il SIA sarà nuovamente sottoposto ad un’ulteriore evoluzione tecnico legislativa con la

misura unica a contrasto delle povertà a vocazione universale c.d. Re.I, ovvero Reddito di inclusione, di

cui si rinvia l’approfondimento nell’ultimo paragrafo.

3. LE LINEE GUIDA NAZIONALI

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso la Direzione Generale per l’inclusione e le

politiche sociali ha presentato delle specifiche Linee guida per la predisposizione e l’attuazione dei

progetti di presa in carico del SIA. Sono delle Linee guida molto dettagliate con un’evidenza al

funzionamento del SIA ed alle specifiche sui progetti personalizzati ed alle relative fasi. Si evince una

posizione di governo della misura molto forte con un’attenzione precipua al processo e agli attori

finalizzata a rendere la misura efficace a livello nazionale.

In questo paragrafo si riprendono gli aspetti preminenti delle Linee guida nazionali precisando che un

dettaglio sui termini attuativi è rinviato alla sezione 6. sul ruolo dell’Agenzia Piemonte Lavoro e dei Centri

per l’Impiego piemontesi.

Nell’ambito del Piano nazionale di contrasto alla povertà, il SIA è il modello di riferimento esteso a livello

nazionale e prevede l’erogazione di un sussidio economico a nuclei familiari con minori ed in condizione di

povertà che, per aderire, devono condividere e sottoscrivere con le Equipe Multidisciplinari un progetto di

attivazione sociale e lavorativa. Si prevede una valutazione multidimensionale del bisogno del nucleo

familiare e la costruzione di un patto tra i servizi. Tale patto implica una presa in carico nell’ottica del

miglioramento del benessere della famiglia e la creazione di condizioni favorevoli all’uscita dalla

condizione di povertà. I beneficiari dovranno sottoscrivere un patto con il quale si impegneranno ad

adottare comportamenti virtuosi nell’ambito della ricerca attiva del lavoro, della partecipazione a progetti

di inclusione lavorativa, della frequenza scolastica dei figli minori e di adesione a percorsi specialistici.

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La presa in carico del nucleo familiare può prevedere l’attivazione di uno o più interventi personalizzati,

che possono essere di carattere valutativo, consulenziale, orientativo, di monitoraggio e di confronto

attivo tra gli operatori dei servizi pubblici e privati della rete che si è costituita grazie all’attività di

coinvolgimento territoriale svolto dall’Equipe Multidisciplinare.

Il modello teorico di riferimento tiene conto delle interazione tra persone e ambiente con un “approccio

ecologico”, i termini che prendono in considerazione l’atteggiamento proattivo, l’autoefficacia,

l’autodeterminazione, l’inclusione attiva sono collegati al concetto di resilienza inteso come capacità di

riorganizzare sé stessi, le proprie risorse e il proprio sistema di attribuzioni.

Uno degli elementi centrali di questa misura è quello di considerare la famiglia come un organismo nella

sua globalità, prevedendo una complessiva presa in carico delle difficoltà ed una piena condivisione degli

obiettivi proposti dall’Equipe Multidisciplinare in fase progettuale. E’ infatti essenziale che Il cambiamento

non sia imposto e che i progetti sostengano un approccio personalizzato ed una gradualità di interventi

che tengano conto dei bisogni e delle necessità rilevati.

Altro aspetto fondamentale di questo approccio è la costituzione di un’Equipe Multidisciplinare e

l’attivazione di interventi integrati. Il modello favorisce la funzionalità del sistema dei servizi sociali e si

basa sulla capacità dell’operatore di attivare le risorse dell’individuo e quelle presenti sul territorio. Quindi

si tratta della condivisione del progetto in tutti i suoi aspetti, della promozione e della partecipazione

della rete dei servizi tra cui i Centri per l’Impiego che rivestono un ruolo centrale nel favorire, attraverso

interventi personalizzati di orientamento, la collocazione nel mercato del lavoro anche attraverso

l’attivazione di percorsi formativi e di progetti di inserimento lavorativo.

Si prevedono due ipotesi di intervento: la presa in carico “leggera” o “integrata”. Nel primo caso si tratta

di nuclei familiari non ancora segnati da gravi difficoltà e multi problematicità, che necessitano di una

presa in carico preventiva che intervenga per evitare la trasformazione di situazioni contingenti in

cronicizzate o particolarmente complesse. La presa in carico “integrata” si attiva in presenza di particolari

fragilità e vede necessario un approccio psicologico, sociale e lavoristico attraverso il coinvolgimento nel

processo di progettazione e realizzazione di più servizi e professionisti.

Altro aspetto determinante nel processo è la predisposizione del progetto personalizzato da parte dei

Comuni (o Ambiti territoriali, Enti gestori dei servizi socio-assistenziali) che dovranno attivare un sistema

coordinato di interventi e servizi sociali. Gli Ambiti territoriali dovranno attivare accordi di collaborazione

di rete con le amministrazioni competenti in materia di servizi per l’impiego, tutela della salute e

istruzione/formazione e con soggetti privati attivi sugli interventi di contrasto alla povertà.

Le linee guida entrano nel dettaglio del processo specificando il ruolo dei servizi di Segretariato sociale

per l’accesso e il servizio professionale per la presa in carico fornendo indicazioni rispetto alle modalità di

coordinamento ed al modello organizzativo e sottolineano l’importanza di porre in essere accordi di

collaborazione in rete tra le diverse amministrazioni rinviando alle discipline regionali in materia.

Vengono presentate, rispetto all’attivazione dei progetti personalizzati, le fasi di costruzione del progetto

che si avviano con la fase di Pre-assessment (pre-analisi) che consenta di orientare gli operatori e le

famiglie nella decisione sul percorso da svolgere per la definizione del progetto di inclusione attiva e nel

conseguente coinvolgimento di altri attori dell’Equipe Multidisciplinare. L’Equipe Multidisciplinare (EM)

opera considerando il nucleo familiare in maniera globale e unitaria utilizzando le distinte competenze

specialistiche degli operatori. Ogni EM ha il compito di realizzare la micro-progettazione degli interventi e

delle azioni ed è responsabile della realizzazione operativa del programma per tutta la sua durata. Le

Linee guida definiscono la sua composizione con la presenza di un assistente sociale o altro operatore

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sociale individuato dai servizi sociali competenti, un operatore dei servizi per l’impiego e altre possibili

figura professionali stabilite nella fase di Pre-assessment sulla base dei bisogni rilevati. Viene identificato

un responsabile dell’EM e almeno un membro della famiglia come referente da coinvolgere nel processo di

definizione del progetto.

Questa fase si definisce attraverso l’Assessment (Quadro di Analisi) che deve fornire un quadro teorico di

riferimento ed essere uno strumento di supporto per gli operatori al fine di giungere a una comprensione

unitaria dei bisogni e delle potenzialità di ogni famiglia. L’Assessment deve raccogliere elementi utili a

definire un progetto in grado di valorizzare e attualizzare le competenze di tutti i componenti del nucleo,

identificando anche le risorse formali e informali della comunità in cui la famiglia vive.

La fase finale è quella della Progettazione che si concretizza con un programma personalizzato

d’interventi che individua l’insieme di azioni finalizzate al superamento delle condizioni di povertà,

all’inserimento lavorativo ed all’inclusione sociale dei componenti del nucleo familiare. Il programma

potrà prevedere un sistema coordinato di interventi a partire da azioni finalizzate all’inserimento

lavorativo, all’orientamento, a percorsi di formazione ma anche di attivazione sociale.

Altro aspetto determinate è la definizione della Governance di sistema suddiviso per funzioni in

corrispondenza con gli attori coinvolti (Comuni, Ambiti Territoriali o Enti gestori, Regioni, raccordi inter-

istituzionali e interprofessionali, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’INPS, le Poste Italiana) in

considerazione della struttura gestionale e di governance complessa.

4. IL PROTOCOLLO REGIONALE E I PROTOCOLLI TERRITORIALI

La Regione Piemonte – Direzione Coesione Sociale e L'Agenzia Piemonte Lavoro in funzione del ruolo di

coordinamento dei Centri per l’Impiego della Regione Piemonte (L.R. n.23 del 29/10/2015 art. 16 e dalla

L.R. n. 26 del 22/12/2015 art. 57) hanno siglato un Protocollo d‘intesa per la costituzione di una RETE

REGIONALE PERMANENTE TRA I CENTRI PER L’IMPIEGO E I SERVIZI SOCIALI DEGLI ENTI GESTORI

DELLE FUNZIONI SOCIO ASSISTENZIALI della Regione Piemonte (approvato con D.D. n. 813 del

16/11/2016 della Direzione Coesione Sociale ), mirata alla collaborazione e cooperazione strutturata per la

gestione dei soggetti beneficiari del SIA. L’obiettivo principale del protocollo era la costituzione di una

Rete permanente tra i Servizi Sociali ed i Centri per l’Impiego (CPI) costituendo in tutti gli Ambiti

Territoriali un’Equipe Multidisciplinare di base ed un coordinamento regionale tra i due settori al fine di

consentire una governance di sviluppo e mantenimento di un sistema coordinato di interventi di

inclusione sociale e lavorativa.

Lo scopo della Rete è quello di coordinare le attività dei Servizi al fine di dare attuazione al SIA e

promuovere una presa in carico dei nuclei familiari con minori, in condizione di povertà, nell’ottica di un

miglioramento del benessere della famiglia e della predisposizione di interventi che possano favorire

l’uscita dalla povertà. Il fine della Rete permanente è quello di costituire in tutti gli Ambiti Territoriali

l’Equipe Multidisciplinare (EM) che, tenendo conto dei bisogni e delle potenzialità dei destinatari, può

coinvolgere altre figure professionali onde poter attivare un sistema coordinato di interventi di inclusione

sociale e lavorativa.

Il protocollo regionale sottolinea inoltre l’importanza di ampliare l’accordo attraverso la sottoscrizione di

Patti territoriali utili a non disperdere le diverse esperienze e ad allargare, laddove possibile, la platea

degli interlocutori e degli stakeholder. Il Piemonte si è strettamente attenuto alle linee guida nazionali

che, nella fase iniziale, suggerivano di ricercare ed adottare modalità di coordinamento, anche in

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riferimento alle prassi già in essere, che potevano costituire un utile riferimento per la definizione di un

modello omogeneo su scala regionale.

Nelle diverse realtà territoriali piemontesi vi erano, peraltro, consolidate forme di collaborazione in rete

fra servizi sociali e CPI in riferimento al lavoro sul collocamento mirato e fra servizi per l'impiego,

istituzioni scolastiche e formazione professionale. L'approccio multidisciplinare indicato nelle linee guida

prevedeva il coordinamento di tutte queste linee di collaborazione che spesso non dialogavano

direttamente.

A partire da gennaio 2017 in Piemonte, dove esistono 30 ambiti territoriali, sono stati siglati Patti

territoriali che, nella gran parte, hanno anche avuto la funzione di formalizzare alcune reti informali che

già collaboravano per alcuni progetti dedicati ad utenti svantaggiati o fragili. Gli accordi territoriali

consistono nella formalizzazione di modelli organizzativi partecipativi in cui ogni soggetto interviene

apportando il proprio contributo sulla base delle proprie funzioni e competenze. Il modello piemontese

prevede la costituzione di un gruppo di progettazione che, oltre agli attori istituzionali, coinvolge gli

stakeholder che si occupano del “sociale” e che sono in grado di mettere in campo risorse per supportare

le famiglie in difficoltà.

Tra gli obiettivi previsti si possono annoverare il:

• favorire l’accesso dei destinatari alle misure di inclusione attiva, secondo un approccio in rete;

• supportare il funzionamento dei Servizi nella presa in carico multidisciplinare;

• riequilibrare le disparità sul territorio, secondo un approccio di “Welfare di comunità e

prossimità”;

• rilevare i fabbisogni, monitorare e valutare gli interventi.

Alcuni Ambiti hanno proposto la costituzione di un “Polo” prevedendo in fase di progettazione PON risorse

utili per la costituzione di una Cabina di Regia e per costruire un raccordo attraverso il PATTO

TERRITORIALE. La volontà è quella di costruire un PATTO PER IL SOCIALE.

Le linee guida sottolineano l'importanza dell'approccio personalizzato al fine di graduare gli interventi

sulla base dei bisogni rilevati evitando di mettere in campo azioni complesse quando non siano

necessarie. Quando non sussistono le condizioni per un percorso finalizzato al lavoro, gli Ambiti si

prefiggono di dare priorità ad un eventuale percorsi terapeutici, a progetti di sostegno alla genitorialità e

di supporto alla conciliazione famiglia/lavoro, a lavori di pubblica utilità se il profilo di occupabilità è basso

a percorsi formativi di qualificazione, di supporto alla ricerca attiva e di definizione di percorsi di tirocinio

finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro.

5. LE ESPERIENZE CONSOLIDATE DI RETE

Elemento determinante per la realizzazione del SIA nelle sue linee organizzative è la componente

connessa all’Equipe Multidisciplinare, su questo aspetto, centrale per l’attuazione del progetto individuale,

si aprono alcune considerazioni rispetto ad esperienze positive realizzate nell’ambito territoriale della

Regione Piemonte. In tema di sinergie interistituzionali e rapporti di rete si possono esprimere diverse

esperienze positive realizzate su diversi ambiti, sia rispetto ad interventi in campo di politiche sociali che

di politiche del lavoro.

Rispetto agli interventi di natura sociale si segnalano le esperienze derivanti dall’applicazione della

L.328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” ed in

particolare la programmazione a livello locale di Piani di Zona. La realizzazione dei Piani di Zona ha

portato alla costituzione, per ogni contesto territoriale, di Gruppi di Lavoro finalizzati ad analizzare,

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approfondire e presentare delle proposte su determinate linee di intervento in tema di minori, giovani,

adulti, disabili e anziani. La composizione dei Gruppi di Lavoro, a guida degli Enti gestori dei servizi socio

assistenziali, è stata variegata a seconda del contesto locale e del tema in oggetto; la condivisione delle

scelte e delle politiche di intervento in questo caso ha permesso una forte partecipazione degli attori

presenti sul territorio a partire dalle parti sociali, i comuni, il Centri per l’Impiego e la componente legata

al mondo del terzo settore e dell’associazionismo. I risultati sono stati differenti a seconda dei contesti e

della composizione dei Gruppi di Lavoro, risulta in ogni caso evidente come il fattore rete e l’apertura al

confronto e alla collaborazione abbiano fornito elementi di contributo ai risultati delle programmazioni

proposte. Altro elemento istituzionale è la gestione associate delle politiche sociali, con la Legge

Regionale n.1/2004 in attuazione della Legge n.328/2000, la Regione Piemonte individua infatti nella

gestione associata, ed in particolare in quella consortile, la forma idonea a garantire l’efficacia e

l’efficienza degli interventi e dei servizi sociali di competenza dei Comuni.

In precedenza i servizi socio assistenziali, sulla base delle Leggi regionali n. 20 del 1982 e n. 65 del

1995, erano delegati alle Unità Socio Sanitarie Locali e successivamente alle Aziende Sanitarie Locali. La

scelta di gestire le funzioni socio-assistenziali mediante i Consorzi fu a suo tempo effettuata dalla maggior

parte dei Comuni piemontesi per riappropriarsi del ruolo di indirizzo e di controllo che consideravano

troppo debole nella delega al settore sanitario.

Rispetto alle politiche del lavoro e agli interventi di politica attiva realizzati dal sistema pubblico per

l’impiego attraverso la rete dei Centri per l’Impiego si sottolineano gli ampi spazi di collaborazione che a

livello locale sono diventate prassi consolidate. Partendo dagli interventi di promozione dell’occupazione,

dalla gestione dei servizi di incontro domanda e offerta ed in generale rispetto ai servizi rivolti alle

dinamiche del mercato del lavoro si sono creati nel corso degli anni dei rapporti di rete consolidati su

diversi ambiti lavoristici, sociali e collegati al sistema dell’istruzione e della formazione professionale.

E’ già stato anticipato l’ambito sociale nella programmazione dei Piani di Zona Locali, a questo si allineano

interventi ordinari in tema di progettazione su casi sociali, interventi di ricollocazione, azioni integrate

sull’assistenza familiare, interventi di orientamento e un forte raccordo sugli interventi in tema di

disabilità finalizzati all’inserimento lavorativo (ai sensi della Legge 68/99).

In questi ambiti si sono aperte collaborazioni dirette con i Comuni (sportello unico delle attività

produttive, uffici lavoro), il terzo settore, associazioni di categoria e i Servizi sanitari (Servizi

Tossicodipendenza-Alcologia e Centri di Salute Mentale). Le collaborazioni sono state connesse a specifici

interventi progettuali finanziati nell’ambito del sistema pubblico (FSE, fondi nazionali, regionali) e privato

(il sistema delle Fondazioni bancarie); è stato possibile attivare degli interventi comuni, con le diverse

competenze dei soggetti interessati, con la creazione di sportelli di mediazione, la costruzione di progetti

di inserimento lavorativo personalizzati, interventi di orientamento specialistico, servizi di

accompagnamento al lavoro e tutoraggio.

A livello di rapporti con le amministrazione comunali e con gli Enti gestori sono stati definiti dei protocolli

di intesa per interventi mirati, progetti condivisi sui cantieri di lavoro, su servizi specialistici di consulenza

e recruitment in caso di nuovi insediamenti produttivi; parallelamente sono stati realizzate delle

progettazione mirate con la partecipazione ai Tavoli di Crisi (con la presenza delle associazioni sindacali e

di categoria) finalizzati ad interventi di outplacement con attivazione di percorsi professionalizzanti.

Abbinando i due ambiti (lavoro e sociale), che risultano ora strettamente e formalmente connessi, è

possibile esprime alcune considerazioni rispetto alla sinergia e alla condivisione di risorse, professionalità

e politiche. E’ opportuno sottolineare la necessità di attuare una politica che sia fusione coerente delle

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logiche sociali, formative e occupazionali, che dovrà vedere lo sviluppo su ambiti territoriali, ambiti che si

trasformino in luoghi di elaborazione, realizzazione e sviluppo di sistemi coordinati di interventi e servizi.

In particolare in una logica di intervento aperto, rispetto allo sviluppo di modelli collaborativi e

partecipativi si potrà tenere conto:

- della capacità di lavorare insieme dei diversi soggetti pubblici e privati chiamati a concorrere alla

programmazione, realizzazione e valutazione degli interventi cofinanziati dal Fondo Sociale

Europeo e da altri fonti di finanziamento;

- della valutazione multidimensionale dei bisogni (dei beneficiari diretti ma anche un’analisi più

articolata verso il nucleo familiare nel suo complesso);

- della promozione di accordi di collaborazione in rete con le amministrazioni competenti sul

territorio in materia di politiche occupazionali attive e passive, tutela della salute e istruzione,

nonché con soggetti privati attivi nell’ambito degli interventi di contrasto alla povertà, con

particolare riferimento agli enti non profit;

- dell’attivazione di flussi informativi efficaci fra i diversi attori territoriali;

- della messa in atto di interventi e servizi per l’inclusione attiva, l’orientamento al lavoro,

l’assistenza educativa e formativa con l’integrazione in rete delle filiere amministrative;

- della promozione dell’innovazione sociale e della complementarietà delle risorse private e del

terzo settore rispetto all’azione pubblica, valorizzando le esperienze territoriali (e in questo senso

il ruolo che stanno acquisendo in misura sempre più significativa le Fondazioni bancarie).

6. IL RUOLO DELL’AGENZIA PIEMONTE LAVORO E IL SISTEMA DEI CENTRI PER L’IMPIEGO

Per rafforzare e dare sostanza a questo quadro attuativo, la Regione e l’Agenzia Piemonte Lavoro hanno

deciso di approvare un Vademecum per i Centri per l’Impiego (CPI) contenente indicazioni operative per

l’attuazione del SIA, nel rispetto delle norme e delle Linee Guida nazionali, a garanzia della coerenza e

uniformità del loro contributo sull’intero territorio regionale.

Questo paragrafo riprende i contenuti del Vademecum per illustrare con attenzione il ruolo dell’APL e dei

CPI nell’applicazione del SIA su ambiti lavoristici, tutto ciò in stretta connessione con il ruolo attribuito ai

CPI con il D.Lgs. 150/2015 e nel riconoscimento di un ruolo strategico nella gestione dell’attivazione di

politiche attive del lavoro.

Al fine di rendere maggiormente chiara la caratterizzazione del modello APL-CPI si riporta in sintesi,

attraverso una rappresentazione grafica, le principali fasi della filiera di attuazione del SIA definite dalle

Linee guida nazionali.

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Fig. 1 Il processo di funzionamento del SIA

Fig. 2 La presa in carico integrata

Nel dare attuazione al SIA sono state garantite le fasi definite a livello nazionale, quello che viene posto

in evidenza di seguito è il ruolo dei CPI nella partecipazione e nel contributo al lavoro dell’Equipe

Multidisciplinare e l’attivazione per la realizzazione dei percorsi lavoristici.

Riprendendo lo schema grafico e la singola descrizione delle sezioni si possono illustrare i contenuti nel

dettaglio partendo dalla fase di Pre-Assessment. Il Pre-Assessment (Pre-A) è la fase del primo contatto

con i nuclei destinatari del SIA che, attraverso una profilazione leggera, permette di inquadrare il bisogno

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del nucleo e di coinvolgere le competenze necessarie alla Presa in Carico e alla definizione del Progetto

Personalizzato.

Qualora il nucleo familiare (o alcuni suoi componenti) sia già conosciuto dai servizi sociali di accesso,

questa fase potrà svolgersi in back-office attraverso la raccolta della documentazione pertinente e la

condivisione della stessa con gli operatori dei CPI e di altri servizi territoriali che saranno coinvolti

nell’Equipe Multidisciplinare (EM) nominata nella fase di Pre-A. L’Equipe è costituita dai Comune/Ambito

territoriale (SSC)1 e per ogni Equipe avviene l’assegnazione del Responsabile del caso (RC). È possibile

prevedere già nella fase di Pre-A la presenza del CPI nella realizzazione di alcune attività con il SSC, tra

cui i colloqui con il nucleo, al fine di avviare fin da subito l’inquadramento multi-dimensionale del bisogno

dei componenti del nucleo destinatario. Nel caso il CPI non abbia però la disponibilità per garantire la

presenza di un proprio operatore in questa fase, potrà avvalersi di strumenti che gli permettano di

contribuire al lavoro del SSC anche a distanza, ad esempio schede di rilevazione delle esperienze

formative, professionali, dei vincoli e disponibilità dei componenti del nucleo.

L’Agenzia Piemonte Lavoro, per garantire coerenza e uniformità nella rilevazione delle informazioni,

fornirà un modello condiviso ad uso di tutti i CPI. Le principali attività del Pre-A, in coerenza con quanto

previsto dalle Linee Guida nazionali sono rappresentate dal seguente schema:

PRE-ASSESSMENT

Raccolta e analisi documentazione e Colloquio/i di Pre-Assessment

Obiettivi Individuare il bisogno del nucleo, definire la costituzione dell’EM e della Presa in Carico integrata

Attività

1) Raccolta della documentazione pertinente sul nucleo in possesso dei servizi

2) Convocazione e gestione colloquio/i con il nucleo e somministrazione dello strumento di Pre-A

3) Valutazione dei bisogni/caratteristiche peculiari del nucleo

4) Costituzione equipe multidisciplinare (EM) e assegnazione al responsabile del caso (RC)

5) Chiusura del Pre-A e consegna del “quadro di pre-analisi”

Referente attività e altri soggetti coinvolti

SSC eventualmente in compresenza di altri operatori, CPI e servizi territoriali.

La fase di Pre-A si conclude con l’avvio del percorso di Assessment. Per i casi in cui la fase di Pre-A possa

essere considerata esaustiva, in quanto il nucleo non presenta delle caratteristiche complesse e i bisogni

rilevati appaiono chiari e ben definiti, l’EM può procedere direttamente alla fase di Progettazione.

La sezione seguente è l’Assessment, che si concretizza con la fase di analisi approfondita delle

caratteristiche e dei bisogni del nucleo, in continuità con la scheda prodotta durante il Pre-A. Viene

condotta dall’EM e di altri servizi territoriali pertinenti con le esigenze del caso emerse durante il Pre-

Assessment. La fase di Assessment non si esaurisce col colloquio ma prevede momenti di consultazione

inter-servizi per predisporre le ipotesi di Progettazione Personalizzata e sarà un processo che seguirà

1 Dicitura adottata dalle Linee Guida nazionali si fa riferimento agli Enti Gestori delle Funzioni Socio-Assistenziali.

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l’intero percorso di attivazione. Oltre allo strumento specifico per l’ASS, può essere utile somministrare

altre schede di valutazione (già in uso presso i servizi) per inquadrare al meglio le caratteristiche del

nucleo (in presenza di disabilità gravi, problemi di dipendenza, abbandono scolastico, ecc.) che esplorino

le dimensioni rilevanti per i nuclei familiari, al fine di raggiungere un benessere di lungo periodo, che

sono:

− i bisogni della famiglia e dei suoi componenti, con particolare riferimento al benessere dei minori

nella sfera dell’istruzione, della salute e della socialità;

− le risorse funzionali dei componenti che possono essere attivate per soddisfare tali bisogni;

− i fattori ambientali che possono influenzare e sostenere questo percorso;

− la valutazione dell’occupabilità in particolare per i casi in cui si riscontri prioritariamente la

necessità di attivazione lavorativa, al fine di favorire la loro emersione dalla condizione di

povertà.

In questa fase il CPI ha il ruolo di sostenere l’EM nel valutare il grado di occupabilità delle persone e ha

l’opportunità di utilizzare strumenti di valutazione in uso nei servizi per l’impiego o messi a disposizione a

livello nazionale (nelle Linee Guida si fa riferimento al Profilo Professionale di Occupabilità, ex art. 20

d.lgs. n. 150/2015). Segue lo schema riepilogativo della fase di Assessment.

ASSESSMENT

Analisi del caso e Colloquio/i di Assessment

Obiettivi Valutare le potenzialità del nucleo, le sue peculiarità, e definire la programmazione della successiva fase di Progettazione Personalizzata

Attività

1) Individuazione di elementi di pertinenza dalla documentazione in possesso, per orientare il/i colloquio/i di ASS

2) Contatto con servizi specialistici nell’ipotesi di un loro coinvolgimento attivo in EM e condivisione informazioni sul caso

3) Convocazione a colloquio e somministrazione dello strumento di ASS e eventuale altra strumentazione definita con i servizi specialistici

4) Somministrazione del Profilo Personale di Occupabilità o di uno strumento analogo in uso ai CPI

5) Valutazione in Equipe dei bisogni/caratteristiche peculiari del nucleo

6) Calendarizzazione della fase di Progettazione Personalizzata

7) Eventuali integrazioni successive del “Quadro di Analisi”

Referente attività e altri soggetti coinvolti

RC in raccordo con EM e gli operatori in essa coinvolti, CPI e servizi territoriali

La fase di Assessment si conclude con l’avvio del percorso di Progettazione Personalizzata. La definizione

di un Progetto Personalizzato (PP) d’interventi dirige il nucleo e l’EM verso un percorso di superamento

della condizione di povertà e di tutela del benessere del nucleo e la sua adesione e sottoscrizione del PP

diventa la prima condizionalità per il godimento del beneficio economico.

Il RC può individuare un referente del nucleo familiare e coinvolgerlo nella stesura del PP che al suo

interno dovrà prevedere azioni rivolte a tutti i singoli componenti in base alle loro caratteristiche e

peculiarità.

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Quindi, nonostante possano essere avviate “micro-progettazioni” riferite a singoli componenti, il PP sarà

unico per il nucleo preso in carico.

L’impegno previsto dal PP richiede di svolgere determinate attività, fra cui:

− mantenere i contatti con i servizi, indicativamente 2 volte a settimana, in funzione del

monitoraggio dello svolgimento delle azioni previste dal PP;

− partecipare a iniziative di formazione o riqualificazione professionale, di politica attiva, di

preparazione ai colloqui di lavoro, redazione del curriculum, ecc.;

− occuparsi a tempo pieno alla ricerca attiva di lavoro;

− accettare offerte di lavoro congrue;

− aderire a progetti di integrazione sociale e lavorativa;

− vigilare l’impegno scolastico dei minori;

− attuare comportamenti di tutela della salute, di prevenzione e cura.

Le Linee Guida per la progettazione personalizzata prevedono:

PROGETTAZIONE PERSONALIZZATA

Definizione e strutturazione del PP

Obiettivi Programmare le azioni che compongono il progetto personalizzato e avviare le attività ivi previste a favore del nucleo.

Attività

1. Definizione delle priorità per il nucleo e/o i singoli componenti 2. Ricerca degli interventi da attivare in base ai bisogni del nucleo (interventi sulla

famiglia e sui singoli componenti) 3. Definizione delle modalità di adesione agli interventi da parte del nucleo e di

registrazione delle attività svolte 4. Per ogni singolo intervento previsto, l’EM deve assegnare un operatore di

riferimento, nonostante il RC rimanga il coordinatore del PP 5. Indicazione nel PP dei servizi competenti e degli operatori coinvolti, le prestazioni

erogabili e le reciproche responsabilità (servizi e nucleo), le tempistiche di esecuzione del PP, nonché elencazione degli attori privati coinvolti (specialmente enti non-profit) e loro ruolo

6. Adesione al PP e sottoscrizione da parte del nucleo Referente attività e altri soggetti coinvolti

RC in raccordo con EM e gli operatori in essa coinvolti, CPI e servizi territoriali e altri eventuali attori che parteciperanno alla realizzazione degli interventi

L’EM deve garantire di attivarsi essa stessa per migliorare le condizioni di benessere del nucleo mettendo

in atto altri interventi personalizzati di consulenza, orientamento, monitoraggio, attivazione di prestazioni

sociali e interventi in rete con altri servizi pubblici e privati del territorio, (sostegno all’alloggio, educativa

domiciliare, sostegno a spese ordinarie etc.).

Infine l’EM potrà prevedere l’attivazione e il supporto all’accesso, per uno o più componenti del nucleo, a

interventi di inclusione sociale, di natura formativa e lavoristica, che possono afferire alle seguenti

tipologie:

a) interventi di inclusione sociale (PASS, borse per tirocini di inclusione, progetti di pubblica

utilità, cantieri, etc.), la cui attivazione è di pertinenza dell’Equipe Multidisciplinare che

supporta la persona nell'accesso ai servizi e misure a loro dedicate, in raccordo con il CPI e gli

altri servizi coinvolti;

b) percorsi di istruzione e formazione professionali (recupero obbligo formativo, diploma e

qualifica anche in apprendistato), la cui attivazione è di pertinenza dell’Equipe

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Multidisciplinare che supporta la persona nell'accesso ai servizi e misure a loro dedicate, in

raccordo con il CPI e gli atri servizi coinvolti;

c) servizi di orientamento professionale e accompagnamento al lavoro, la cui attivazione è di

pertinenza del CPI, in raccordo con l’EM, che supporta la persona nell'accesso ai servizi e

misure al loro dedicate.

Le informazioni sul Progetto Personalizzato devono essere inviate dai Comuni all’INPS secondo le regole

contenute nelle Linee guida nazionali nonché le modalità di monitoraggio dei progetti.

Nel caso in cui nel Progetto Personalizzato l’EM abbia valutato opportuno indirizzare uno o più componenti

del nucleo familiare verso interventi di natura lavoristica, il Centro per l’impiego ne garantisce l’accesso a

servizi e alle misure disponibili. Il CPI procede alla presa in carico della persona e la sottoscrizione del

Patto di Servizio Personalizzato (ex art. 20 d.lgs. n. 150/2015) e pianifica il percorso che verrà realizzato,

in coerenza con quanto indicato dalle Linee guida nazionali e in raccordo con l’RC e l’EM. In base alla

valutazione dell’occupabilità e alla disponibilità della persona a seguire i percorsi proposti, il CPI realizza

in linea generale i servizi previsti nell’art. 18 del d.lgs. 150/2015 e attiva le misure di politica attiva del

lavoro eventualmente finanziate. Il CPI dovrà erogare i servizi di orientamento di base funzionali alla

firma del Patto di servizio e alla definizione del piano di azioni che si concorderà di realizzare.

Il CPI potrà erogare a seconda dell’occupabilità della persona:

− servizi di orientamento specialistico, ricerca attiva, accompagnamento al lavoro, promozione dei

tirocini e incrocio D/O;

− informazione e invio a servizi dedicati all’autoimpiego, alla formazione e sulle misure incentivanti

etc.;

− servizi di politica attiva del lavoro realizzati dai CPI a valere su programmi nazionali e regionali

(GGN, POR, FRD);

− informazione e invio o attivazione dei servizi a valere sulla programmazione nazionale e regionale

realizzati dagli operatori pubblici/privati accreditati ai servizi per il lavoro.

I servizi che il CPI potrà realizzare sono esemplificati e descritti nella tabella che segue, con indicazione

delle sue modalità di erogazione.

PERCORSO DI ATTIVAZIONE DEI SERVIZI DI POLITICA ATTIVA DEL LAVORO

Presa in carico e

orientamento di 1° livello

[attività obbligatoria]

Colloquio di orientamento per l’aggiornamento della scheda anagrafico-

professionale, l’accertamento dello stato occupazionale, firma del Patto di servizio

personalizzato e pianificazione dei servizi che verranno realizzati.

Nel caso di persona con disabilità certificate ai sensi della legge 68/99 vi sarà anche

la presa in carico del collocamento mirato o il possibile invio verso percorsi di

certificazione.

Orientamento di 2° livello e

ricerca attiva del lavoro

Eventuale, deciso in base alla valutazione effettuata nella presa in carico, successivo

colloquio e/o incontro di gruppo per l’approfondimento sull’occupabilità della

persona, la definizione dell’obiettivo professionale, il supporto nella ricerca attiva del

lavoro.

Attivazione di tirocini e pre-

selezione

Eventuale, deciso in base alla valutazioni sopra effettuate, redazione del Curriculum

Vitae, promozione del tirocinio e inserimento nei servizi di preselezione sulle

vacancy delle imprese

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Accesso alle misure

lavoristiche finanziate sulla

programmazione nazionale e

regionale

Nel caso di persone in possesso dei requisiti e disponibili ad essere inseriti nei

percorsi finanziati: informazione e invio, o supporto nell’accesso, ai percorsi di

orientamento, ricerca attiva e accompagnamento al lavoro finanziati dal:

− Buono servizi Laboratori per Disoccupati da meno di 6 mesi

− Buono servizi lavoro per Disoccupati da più di 6 mesi

− Buono servizi lavoro per lo Svantaggio

− Garanzia Giovani Nazionale e Disabili

− Percorsi per la disabilità a valere sul Fondo Regionale Disabili

Referente attività e altri

soggetti coinvolti CPI in raccordo con RC e EM e servizi territoriali coinvolti

L’Agenzia Piemonte Lavoro nel suo ruolo di raccordo e coordinamento definisce le modalità di

registrazione delle attività erogate che saranno tracciate nel Sistema Informativo Lavoro (SILP). Altro

elemento utile ai fini dell’attuazione del SIA da parte della rete dei servizi coinvolti è la formulazione di

uno schema di sintesi che raccoglie i principali atti della programmazione regionale che finanziano misure

lavoristiche e formative a supporto dell’inclusione nel mercato del lavoro delle persone.

Misure

lavoristiche e

formative

Link alla documentazione di riferimento

Progetti Pubblica

Utilità (PPU) dei

Comuni per

l’inserimento in

tirocinio di

soggetti

particolarmente

svantaggiati

DGR pubblicata:

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2016/41/siste/00000095.htm

In corso di approvazione i Bandi di finanziamento delle azioni

Pagina regionale:

http://www.regione.piemonte.it/lavoro/operatori/politiche.htm

Cantieri di Lavoro

presso i Comuni di

disoccupati di

lunga durata o

sottoposti a

misure restrittive

della libertà

personale

Pagina regionale:

http://www.regione.piemonte.it/lavoro/politiche/cantieri.htm

Pagina dell’Agenzia Piemonte Lavoro:

http://agenziapiemontelavoro.it/index.php?option=com_content&view=article&id=294&Itemid=1

98

Consultare le pagine dedicate dell’Area Metropolitana

Direttiva

pluriennale sulla

FP finalizzata alla

lotta contro la

disoccupazione

Mercato del

Lavoro.

Programmazione

attività formative

a.f. 2016/2017

Catalogo Regionale (x i tre ambiti territoriali):

http://www.regione.piemonte.it/formazione/direttive/anno_16_17.htm

Catalogo Area Metropolitana di Torino:

http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/ifp/formazione/mercato-del-lavoro

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Direttiva OI/DD:

programmazione

attività formative

relative a obbligo

di istruzione e

diritto/dovere a.f.

2016/2017

Catalogo Regionale (x i tre ambiti territoriali):

http://www.regione.piemonte.it/formazione/direttive/anno_16_17.htm

Catalogo Area Metropolitana di Torino:

http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/ifp/formazione/obbligo

Catalogo

dell’Offerta

formativa per

l’apprendistato

professionalizzant

e

Catalogo Regionale:

http://www.sistemapiemonte.it/conscat/ricercaSediAction.do

Offerta formativa

per

l’apprendistato

per la qualifica e il

diploma

Pagina regionale:

http://www.regione.piemonte.it/apprendistato/index.htm

Bandi:

http://www.regione.piemonte.it/apprendistato/bandiModulistica.htm

Sostegno alla

Creazione

d’Impresa

In corso di approvazione le proposte progettuali per la realizzazione dei Servizi ex ante ed ex post

a sostegno della creazione d’impresa e del lavoro autonomo

http://www.regione.piemonte.it/lavoro/imprendi/imprendi/serviziSostegno.htm

Buono servizi

Laboratori per

orientamento

specialistico per

disoccupati da

meno di 6 mesi

http://www.regione.piemonte.it/lavoro/operatori/politiche.htm

Buono servizi

lavoro per

orientamento e

accompagnament

o al lavoro per

disoccupati da più

di 6 mesi

http://www.regione.piemonte.it/lavoro/operatori/politiche.htm

Buono servizi

lavoro per

orientamento e

accompagnament

o al lavoro per

persone in

condizione di

particolare

svantaggio

http://www.regione.piemonte.it/lavoro/operatori/politiche.htm

Garanzia Giovani

Nazionale http://www.regione.piemonte.it/garanziagiovani/

Garanzia Giovani

Disabili http://www.regione.piemonte.it/lavoro/politiche/disabili.htm

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Interventi a valere

sul Fondo

Regionale Disabili

DGR pubblicata:

http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2016/45/siste/00000097.htm

In corso di approvazione i Bandi di finanziamento delle azioni

Fondo regionale di

garanzia per il

microcredito a

“soggetti non

bancabili”

http://www.regione.piemonte.it/lavoro/imprendi/imprendi/fondom.htm

La sintesi di questa illustrazione vuole essere un evidenza dell’intervento attuato a livello regionale

attraverso il coordinamento di APL con un ruolo attivo della rete dei CPI. Se la logica del SIA è un

intervento nei confronti del nucleo familiare, una collaborazione forte e significativa tra i servizi, con una

componente centrale data dall’Equipe Multidisciplinare risulta oltremodo significativo il suolo dei servizi

per il lavoro finalizzato al superamento delle condizioni di povertà.

7. LE PRIME EVIDENZE EMPIRICHE SULL’AVVIO DELLA MISURA IN REGIONE PIEMONTE

Il presente paragrafo illustra gli aspetti relativi all’analisi dei dati nel primo periodo di gestione del SIA (i

dati sono stati raccolti dagli Enti gestori dei servizi socio assistenziali al 31/12/2016), si presentano le

prime valutazioni sui dati di contesto, sulle caratteristiche delle domande presentate, dei relativi

richiedenti e gli esiti delle istruttorie delle domande.

Ai fini della sperimentazione della misura, la Regione Piemonte ha individuato 30 Ambiti territoriali per

l’implementazione del Sostegno all’inclusione attiva:

Torino (896.773 abitanti) Val Susa-Val Sangone (120.775 abitanti)

Asti (206.974 abitanti) Alba (105.852 abitanti)

Ivrea (190.339 abitanti) Novara (104.452 abitanti)

Vercelli (173.309 abitanti) Chieri (103.543 abitanti)

Biella-Cossato (172.635 abitanti) To Area metropolitana Sud (97.319 abitanti)

Verbano Cusio Ossola (171.390 abitanti) Novara area Sud (90.253 abitanti)

Cuneo Nord (170.459 abitanti) To area metropolitana nord (87.781 abitanti)

Cuneo Sud-Ovest (162.656 abitanti) Cuneo Sud Est (87.205 abitanti)

Novara area Nord (155.068 abitanti) Settimo Torinese (85.473 abitanti)

Alessandria-Valenza (154.671 abitanti) Casale M.to (83.771 abitanti)

TO Area metropolitana centro (145.201abitanti) Moncalieri (76.939 abitanti)

Pinerolese (135.615 abitanti) Nichelino (76.714 abitanti)

Novi Ligure-Tortona (135.055 abitanti) Acqui Terme-Ovada (70.576 abitanti)

Ciriè-Lanzo (122.679 abitanti) Bra (66.013 abitanti)

Chivasso-San Mauro T.se (121.893 abitanti) Carmagnola (53.111 abitanti)

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17

Le domande presentate

Al 31/12/2016 le domande di accesso al SIA presentate in Regione Piemonte sono state 7.778.

Le domande, sulla base della suddivisione per provincie e per nazionalità, sono così suddivise:

AL13%

AT7%

BI2%

CN12%

NO11%

TO49%

VCO2%

VC4%

SIA - Domande presentate per provincia

Cittadini italiani47%Cittadini stranieri

53%

SIA - Domande presentate per nazionalità

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L'ambito territoriale che presenta il maggior numero di domande presentate, parametrato alla

popolazione, è quello del Comune di Novara, seguito dall'area di Alessandria-Valenza e della Provincia di

Asti.

AMBITO TERRITORIALE POPOLAZIONE DOMANDE PRESENTATE %

NOVARA 104.452 490 0,47 ALESSANDRIA - VALENZA 154.671 461 0,30 ASTI NORD/SUD/CENTRO 206.947 516 0,25 NOVI LIGURE - TORTONA 135.055 321 0,24 TORINO 896.773 2015 0,22 CARMAGNOLA 53.111 110 0,21 CUNEO NORD 170.459 348 0,20 VERCELLI 173.309 329 0,19 NOVARA AREA SUD 90.253 171 0,19 PINEROLESE 135.615 252 0,19 BRA 66.013 122 0,18 CASALE M.TO 83.771 151 0,18 TO AREA METROPOLITANA CENTRO 145.201 259 0,18 NICHELINO 76.714 131 0,17 SETTIMO TORINESE 85.473 125 0,15 ACQUI TERME- OVADA 70.576 100 0,14 CUNEO SUD EST 87.205 123 0,14 NOVARA AREA NORD 155.068 216 0,14 CHIERI 103.543 135 0,13 IVREA 190.339 234 0,12 MONCALIERI 76.939 89 0,12 CUNEO SUD OVEST 162.656 188 0,12 CHIVASSO - SAN MAURO TORINESE 121.893 137 0,11 ALBA 105.852 117 0,11 TO AREA METROPOLITANA NORD 87.781 94 0,11 BIELLA/COSSATO 172.635 168 0,10 VCO 171.390 145 0,08 VAL SUSA-VAL SANGONE 120.775 101 0,08 TO AREA METROPOLITANA SUD 97.319 76 0,08 CIRIE' LANZO 122.679 54 0,04

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Gli esiti delle domande

Al 31/12/2016 le domande accolte in Regione Piemonte sono state 2.433, pari al 31,3% di quelle

presentate.

Le domande accolte sono così suddivise:

AL12%

AT7% BI

4%

CN10%

NO11%

TO50%

VCO1%

VC5%

SIA - Domande accolte per provincia

Rispetto ai termini della nazionalità si evince una quota parimenti distribuita:

Cittadini italiani50%

Cittadini stranieri50%

SIA - Domande accolte per nazionalità

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L'ambito territoriale che presenta la maggior percentuale di domande accolte sul totale di quelle

presentate è l'Area metropolitana Torino Nord (Pianezza), seguita dalla Provincia di Biella e dall'area

Ciriè-Lanzo.

AMBITO TERRITORIALE DOMANDE PRESENTATE

DOMANDE ACCOLTE %

TO AREA METROPOLITANA NORD 94 58 61,7 BIELLA/COSSATO 168 96 57,1 CIRIE'LANZO 54 29 53,7 CHIVASSO - SAN MAURO TORINESE 137 60 43,8 SETTIMO TORINESE 125 54 43,2 NOVARA AREA NORD 216 91 42,1 CARMAGNOLA 110 46 41,8 CASALE M.TO 151 62 41,1 TO AREA METROPOLITANA SUD 76 31 40,8 TO AREA METROPOLITANA CENTRO 259 104 40,2 IVREA 234 92 39,3 CUNEO SUD OVEST 188 73 38,8 ACQUI TERME- OVADA 100 37 37,0 PINEROLESE 252 92 36,5 NICHELINO 131 47 35,9 VERCELLI 329 114 34,7 ASTI NORD/SUD/CENTRO 516 173 33,5 NOVARA 490 147 30,0 CHIERI 135 40 29,6 CUNEO SUD EST 123 34 27,6 TORINO 2015 539 26,7 ALBA 117 30 25,6 CUNEO NORD 348 89 25,6 ALESSANDRIA - VALENZA 461 108 23,4 NOVI LIGURE - TORTONA 321 75 23,4 MONCALIERI 89 20 22,5 VCO 145 32 22,1 BRA 122 24 19,7 VAL SUSA-VAL SANGONE 101 15 14,9 NOVARA AREA SUD 171 21 12,3

E' in corso in tutto il Piemonte l'attivazione delle carte di credito sulle domande accolte. Attualmente il

numero di carte attive è pari a 992 (pari al 40,8% delle domande accolte). Tale dato risulta essere però

parziale: 7 dei 30 ambiti territoriali non hanno ancora disponibili i dati definitivi.

I cittadini italiani presentano un tasso di accoglimento maggiore (pari al 34%) rispetto ai cittadini

stranieri (30%).

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Domande accolte

34%Domande respinte

66%

Le domande dei cittadini italiani

Domande accolte

30%Domande respinte

70%

Le domande dei cittadini stranieri

La principale causa del respingimento delle domande è rappresentata dal mancato raggiungimento del

punteggio minimo (73%). Altre cause di respingimento sono l'assenza di requisiti di accesso verificata in

fase di controllo preliminare, il superamento delle soglie ISEE o l'incompatibilità con altre forme di

sostegni al reddito.

Questi dati rispecchiano i primi risultati (settembre – dicembre 2016) dell’attivazione della misura a livello

nazionale, nel corso del 2017 oltre ad essere stata prevista un’estensione in termini di partecipazione alla

misura (in considerazione di una maggiore apertura della misura), bisogna tener conto dell’avviamento a

livello locale dei rapporti di rete, dell’EM con le annesse collaborazioni con i servizi per l’impiego.

I dati di gestione del 2017 potranno sicuramente fornire degli stimoli interessanti di riflessione sui risultati

della misura in vista della prossima applicazione del ReI.

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8. LE PROSPETTIVE FUTURE E IL REDDITO DI INCLUSIONE

L’esperienza sperimentale del SIA, la sua successiva attuazione a livello nazionale sono state

prodromiche ad un ulteriore misura: il 9 giugno 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto

legislativo in materia di contrasto della povertà, riordino di natura assistenziale e rafforzamento del

sistema degli interventi e dei servizi sociali (legge 15 marzo 2017 n.33).

Il decreto introduce per la prima volta in Italia, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il Reddito di Inclusione

(Re.I.). Il Re.I. rappresenta una misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione

sociale con una dotazione finanziaria per il primo anno di circa due miliardi di euro. Si tratta di una

misura in prospettiva universalistica rivolta ai poveri assoluti che, in una prima fase, ammetterà i nuclei

familiari con figli minorenni o disabili e le donne in stato di gravidanza (attuali beneficiari del SIA) ed i

disoccupati ultra cinquantacinquenni (attuali destinatari dell’ASDI).

Il Re.I. si presenta quindi come una misura a vocazione universale condizionata all’adesione di un

progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa finalizzato all’affrancamento

dalla condizione di povertà. Viene riconosciuto ai nuclei familiari che rispondono a determinati requisiti

relativi alla situazione economica, in particolare il termine di riferimento è l’ISEE (Indicatore Socio

Economico Equivalente) con un valore non superiore a 6.000,00 euro ed un valore di patrimonio

immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20.000,00 euro. Un elemento connesso ai

termini di attivazione della persona è la compatibilità con lo svolgimento di un’attività lavorativa anche se

non consente la fruizione contestuale, da parte di qualsiasi componente del nucleo familiare, della Naspi o

di altro ammortizzatore sociale. Nella sua formulazione il Re.I. è articolato in due componenti:

- la prima che consiste in un beneficio economico su dodici mensilità, con un importo mensile di circa 190

euro per una persona sola, fino a quasi 490 euro per un nucleo con 5 o più componenti;

- la seconda è una componente di servizi alla persona indentificata, in seguito ad una valutazione del

bisogno del nucleo familiare che dovrà tenere conto della situazione lavorativa, del profilo di occupabilità,

del livello di educazione, d’istruzione e di formazione, della condizione abitativa e delle reti familiari, di

prossimità e sociali della persona. Questi elementi saranno la base per la costruzione di un “progetto

personalizzato” volto al superamento della condizione di povertà. Il progetto dovrà contenere gli obiettivi

da raggiungere nel percorso diretto all’inserimento o reinserimento lavorativo ed all’inclusione sociale, i

sostegni necessari e gli specifici interventi verso il nucleo familiare.

Se in fase di analisi preliminare emerge che la situazione di povertà è prioritariamente connessa alla

mancanze del lavoro, il progetto viene integrato con il Patto di servizio o dal Programma di ricerca

intensiva di occupazione (in riferimento a quanto previsto nel D.Lgs 150/2015). Il Re.I. sarà concesso per

un periodo continuativo non superiore a 18 mesi e sarà necessario che trascorrano almeno 6 mesi

dall’ultima erogazione prima di procedere con una nuova richiesta. Il beneficio economico sarà connesso

agli impegni ed alle attività da svolgere come condizione necessaria alla sua attribuzione. Si affianca al

Re.I. lo strumento della dichiarazione ISEE “precompilata” che rappresenta un’importante innovazione del

sistema caratterizzato dall’accesso a tutte le prestazioni sociali agevolate.

Il decreto disciplina anche possibili fasi di espansione del Re.I. sia nei termini di incremento del beneficio

che di graduale ampliamento della platea dei beneficiari. La condizione è connessa con la presenza di

maggiori risorse, di risparmi strutturali e di collegamento con il Piano nazionale per la lotta alla povertà e

all’esclusione sociale.

Partendo dal presupposto che i servizi maggiormente coinvolti nella gestione di tale misura, ovvero

Servizi Sociali e Centri per l’Impiego, soffrono in maniera ormai cronica di carenza di risorse umane ed

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economiche, si ritiene che l’esperienza piemontese possa essere considerata in maniera positiva, non

tanto per quanto riguarda il numero dei destinatari presi in carico che, come si evince dall’evoluzione

normativa, ha avuto bisogno di alcuni accorgimenti e di alcune modifiche per poter iniziare a dare alcuni

esiti positivi, bensì rispetto alla nuova organizzazione dei servizi pubblici che, seppur già provenienti da

alcune esperienze comuni, si muovevano in maniera difforme e necessitavano di una governance che

definisse alcune modalità e procedure utili per poter offrire alla propria utenza servizi e supporti non

difformi sul territorio regionale.

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