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La metacognizione e la motivazione Dr.ssa M.Luisa Boninelli Centro Studi Erickson Mantova, 7 Gennaio 2013

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La

metacognizione

e la motivazione Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Centro Studi Erickson

Mantova, 7 Gennaio 2013

Metacognizione

Il termine “metacognizione” può essere definito come l’insieme delle attività psichiche che sovrintendono il funzionamento cognitivo.

Per metacognizione si intendono tutte quelle idee, intuizioni etc. che riguardano una determinata area di funzionamento cognitivo e che possono essere considerate anche indipendenti dall’effettiva attività cognitiva.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Tre Livelli di metacognizione Si possono distinguere almeno tre livelli di

metacognizione (Cornoldi et al., 2001):

1. Atteggiamento metacognitivo generale: sfera emotiva, tendenza a riflettere sul funzionamento mentale o sull’uso appropriato di strategie etc.;

2. Conoscenze metacognitive specifiche: conoscenze specifiche legate ad una particolare attività cognitiva (ad es. la memoria) o all’apprendimento (dallo studio alla comprensione del testo).

3. Processi metacognitivi di controllo: operazioni con cui l’individuo effettivamente sovrintende alle esecuzioni dei propri processi cognitivi.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Metacognizione

- Compito

Prestazione

Processi di

controllo

Conoscenze specifiche di strategie

• Ripetizione

• Organizzazione

• Elaborazione verbale

• Abilità di riassumere

Strategie

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Le strategie scegliere le strategia più idonea al tipo di compito

orientarla agli scopi

sostituirla se inadeguata

Se’ Compito Strategie

Pianificazione Controllo Verifica

IL MODELLO TRICOMPONENZIALE Flavell (1981)

CONOSCENZE METACOGNITIVE

ESPERIENZE METACOGNITIVE

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Le conoscenze Metacognitive

sono rivolte a se stessi, al compito e alle strategie per risolverlo. In particolare, le conoscenze che riguardano se stessi possono essere:

Intra-individuali, ossia ognuno conosce l’ambito in cui può riuscire meglio;

interindividuali, ossia una persona sa di essere migliore delle altre nell’esecuzione di un compito;

universali, ossia sapere che per svolgere un certo tipo di compito sono necessarie determinate attività che consentano e rafforzino l’esecuzione.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Modello Metacognitivo

Uno dei modelli metacognitivi più recenti e importanti è quello di Borkowski e Muthukrishna (1994), che considera la metacognizione come un sistema complesso e multicomponenziale, in cui le componenti principali sono:

cognitiva

metacognitiva-strategica

motivazionale-attributiva

emotiva

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Analisi del Modello Metacognitivo

dal rigo centrale partano tutta una serie di conseguenze (rappresentate dalle frecce) che non solo riguardano l’ambito dell’apprendimento, ma che toccano anche la sfera del Sé e degli stati emotivi personali e motivazionali. Il rigo principale indica la situazione-tipo di uno studente che deve affrontare un compito:

compito —> viene affrontato attraverso l’uso di alcune strategie —> questo dà come effetto una prestazione, che può essere più o meno positiva —> quindi lo studente riceve un feedback dal contesto (solitamente l’insegnante).

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Analisi del Modello Metacognitivo

All’inizio della scuola secondaria di secondo grado l’alunno ha un bagaglio piuttosto limitato di strategie che conosce per affrontare un compito. Di solito queste strategie sono state apprese a partire dalla spiegazione di uno studente più grande o dall’insegnante.

E’ solo attraverso l’esperienza, le informazioni di ritorno (feedback) dell’insegnante e dai risultati, che l’alunno impara a verificare l’efficacia di ogni strategia in base al tipo di compito e al tipo di stile cognitivo che lui stesso possiede.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Analisi del Modello Metacognitivo

Attraverso l’esperienza l’allievo, acquisisce

sempre nuove strategie e una maggiore

flessibilità nel loro utilizzo. Tutto questo stimola

lo sviluppo di processi metacognitivi di

controllo grazie ai quali apprendere in

maniera efficiente, ottenendo un miglior

risultato senza uno spreco eccessivo di

energie.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Analisi del Modelllo Borkowski

e Muthukrishna

I processi di controllo influenzano le

conoscenze specifiche sulle strategie e,

indirettamente, le conoscenze di tipo

specifico legate all’ambito

dell’apprendimento. Tutto ciò ha effetti

sui propri stati emotivi e sugli stati

motivazionali (motivazione intrinseca o

estrinseca nei confronti di un compito) e

sul senso di autoefficacia.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Perché un approccio metacognitivo allo studio?

Una impostazione metacognitiva nello studio

può valorizzare la capacità di pensare (“learning

to think”), la capacità di apprendere (“learning

to learn”) e di sostenere la motivazione

all’apprendimento e la propria autorealizzazione

intellettuale.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Perché un approccio metacognitivo allo studio? Un approccio metacognitivo allo studio non si limita ad

insegnare delle nozioni nuove o diverse ma vuole insegnare allo studente come fare ad imparare delle nuove nozioni o delle nuove conoscenze, in maniera più strategica e funzionale.

Come?

rendendo lo studente più sensibile ai propri problemi di studio

insegnandogli a padroneggiare varie strategie di studio

insegnandogli un atteggiamento positivo e motivato verso lo studio

rendendolo consapevole del proprio stile cognitivo.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Lo scopo di un approccio

metacognitivo

Lo scopo di incoraggiare un atteggiamento

metacognitivo nello studente, quindi, è quello di

stimolare in lui un senso di maggior

consapevolezza delle proprie abilità e della loro

modificabilità, di conseguenza della possibilità di

migliorarle.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Lo scopo di un approccio

metacognitivo

Un approccio metacognitivo nei confronti dello studio aiuta il ragazzo ad avere un atteggiamento più consapevole nei confronti delle proprie abilità e dei propri successi e insuccessi.

Il successo scolastico, infatti, non deve essere inteso solo in termini di risultato di apprendimento ma anche e soprattutto come soddisfazione per i percorsi fatti e le tappe raggiunte, seppure intermedie o parziali. Allo stesso modo l’insuccesso scolastico non deve essere inteso come un fallimento irreparabile, dovuto alla sorte avversa o alle proprie immodificabili scarse abilità.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Scopo di un approccio

metacognitivo per lo sviluppo

di..

Un atteggiamento più consapevole

un processo intenzionale volto

all’apprendimento consapevole e motivato di

qualcosa che non si conosce.

Un atteggiamento metacognitivo inteso in questi

termini avrà certamente un’influenza positiva

sulla propria efficacia, percepita dallo studente

stesso.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Uno studente metacognitivo è

uno studente strategico, cioè che sperimenta

l’utilizzo costante e consapevole di adeguate

strategie di apprendimento: ottenendo buoni

risultati scolastici.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Uno studente metacognitivo

Affinché uno studente sia uno studente di successo sono necessarie molte componenti:

le abilità possedute,

le diverse conoscenze metacognitive,

le abilità di controllo, la conoscenza di strategie e il loro uso flessibile e

consapevole,

la consapevolezza metacognitiva dei processi mentali e la capacità di riferirli e controllarli.

Esiste però un’altra componente di fondamentale importanza: l’aspetto emotivo-motivazionale correlato all’apprendimento.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Motivazione La parola motivazione deriva dal latino “motus” che

significa movimento, quindi motivazione vuol dire

spinta, movimento verso un qualcosa, verso un

obiettivo.

Dr.ssa M. Luisa Boninelli

Motivazione Una più completa definizione di motivazione

potrebbe essere la seguente: “una configurazione organizzata di esperienze soggettive che consente di spiegare l’inizio, la direzione, l’intensità e la persistenza di un comportamento diretto a uno scopo” (De Beni et al., 2003, p. 217).

Se pensiamo alle attività scolastiche, la motivazione allo studio ci spiega perché uno studente studia più di altro, perché insiste dopo un fallimento, come studia e così via.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Due tipi di motivazione nel

contesto scolastico

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Esempi di motivazione

intrinseca ed estrinseca

Esempi di motivazione intrinseca sono la

curiosità, l’interesse il desiderio di sentirsi

competente e realizzato in qualcosa.

Esempi di motivazione estrinseca invece

sono quei comportamenti spinti dal

desiderio di ricevere una ricompensa, una

lode, l’approvazione sociale etc.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Dal tipo di motivazione che

spinge un ragazzo a studiare

e ad impegnarsi, dipendono

gli obiettivi che lo studente

stesso si pone.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Obiettivi di prestazione e di padronanza

In primo luogo cerchiamo di definire il termine obiettivo di apprendimento. Con questo termini ci si riferisce alle mete che gli studenti si prefiggono di realizzare. Queste mete possono riguardare sia la quantità che la qualità dell’apprendimento: ad esempio il fatto di voler leggere un libro in un fine settimana è un obiettivo di apprendimento riferito alla quantità.

In riferimento alla qualità invece, ci sono diversi aspetti che possono entrare in gioco, come ad esempio il valore che si dà ad un compito, oppure la possibilità di mostrare o esibire le proprie conoscenze o competenze.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Obiettivi di prestazione )Gli studenti che sono spinti da motivazione

estrinseca, e quindi hanno come obiettivo del loro studio quello di mostrare le proprie conoscenze e di ottenere l’approvazione sociale, si pongono un obiettivo di prestazione. In altre parole, si ha un obiettivo di prestazione quando lo scopo è quello di dimostrare le proprie conoscenze e capacità al fine di ottenere un giudizio positivo e di evitare quello negativo. L’esempio più comune è quello degli studenti che si impegnano solo per ottenere un buon voto, per ricevere un premio, per “far contenti” i genitori.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Obiettivi di padronanza

Coloro invece che si pongono degli obiettivi di padronanza e quindi si impegnano per acquisire delle nuove competenze o delle nuove conoscenze.

Il lavoro di questi ragazzi è indipendente dal ricevere o meno una ricompensa o un giudizio sociale, ma è mosso da un interesse intrinseco.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Obiettivi per Padronanza Infatti coloro che si pongono degli

obiettivi di padronanza non temono il fallimento, poiché la loro prestazione non ha alcuna conseguenza da un punto di vista sociale, quindi non temono il giudizio negativo.

Piuttosto un fallimento o un esito negativo può venire interpretato come un insuccesso dovuto ad uno scarso impegno o ad una difficoltà tecnica (ad es. una cattiva strategia di studio) che ha impedito di riuscire bene nel compito. Il fallimento può essere vissuto un insegnamento per il futuro.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Obiettivi per prestazione Negli obiettivi di prestazione, invece, corrispondono una interpretazione dell’insuccesso come

un fallimento personale,

incapacità,

Uno studente con una motivazione estrinseca, e quindi con obiettivi di prestazione, teme il fallimento perché teme che questo implichi un giudizio negativo su di sé. Gli esiti negativi sono interpretati come una carenza di abilità, come la mancanza stabile di competenze per affrontare quella determinata situazione che ha avuto uno scarso risultato.

La paura del fallimento porta all’evitamento.

ABBANDONO

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Obiettivi e scelta delle difficoltà del compito

Dato che la motivazione è strettamente

legata anche all’immagine di sé di uno

studente, il tipo di motivazione e di

obiettivo di apprendimento avrà delle

conseguenze anche nei confronti

dell’atteggiamento generale verso lo

studio e anche verso la scelta dei compiti.

Obiettivi e scelta delle difficoltà del compito

Motivazione

estrinseca

Compiti

semplici Paura di

commettere errori

Nuovi

contenuti

Perdita di occasioni

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Obiettivo per padronanza Motivazione

intrinseca

Compiti

sfidanti

Non è sicuro

di riuscire

Mette alla

prova le

proprie

competenze

Ricerca

della sfida

ottimale

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Riassumendo…

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

MOTIVAZIONE

INTRINSECA

MOTIVAZINE

ESTRINSECA

Legata agli

obiettivi di

padronanza

Atteggiamento

positivo

Legata agli

obiettivi di

prestazione

Atteggiamento

Negativo

Motivazione intrinseca

La motivazione intrinseca ha origine

all’interno dell’individuo, come dice la

parola stessa, e questo fa sì che il

soggetto si impegni ad affrontare un

compito per se stesso, senza finalità

esterna, poiché il raggiungimento dello

scopo è di per sè una grande

ricompensa.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Motivazione intrinseca

Secondo Berline (1971) la motivazione intrinseca origina da quella che lui definisce curiosità epistemica, ossia dal bisogno universale di conoscere e di apprendere, che si manifesta nell’ esplorazione dell’ambiente motivata dal solo desiderio di conoscere e di sapere. Se si pensa ad un ragazzomolto piccolo, verrà facilmente in mente la scena in cui egli scruta l’ambiente, i volti che gli stanno intorno, gli oggetti che vede per la prima volta. Questo comportamento di esplorazione è presente non solo nei neonati ma anche nel mondo animale e ha lo scopo non solo di conoscere, ma pure di padroneggiare e controllare l’ambiente circostante per sentirsi competente ed efficace. Questo bisogno è stato definito bisogno di competenza (effectance).

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Teoria della curiosità epistemica

La teoria della curiosità epistemica sottolinea inoltre l’importanza dell’ambiente e delle caratteristiche degli stimoli, come novità complessità, incongruenza, che favoriscono la curiosità. Se volessimo applicare questi concetti all’ambito scolastico dovremmo tener presente con attenzione anche le modalità con cui vengono presentati i materiali di studio, la tipologia dei testi e così via, per cercare di mantenere attivo un atteggiamento di curiosità epistemica.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Teoria della curiosità epistemica

Le esperienze di successo e insuccesso, nei tentativi di padronanza, e la presenza/assenza del mondo degli adulti rivestono un ruolo molto importante.

Se uno studente viene sostenuto nei suoi primi tentativi di esplorazione e di padronanza, egli tenderà a sviluppare un sistema di auto ricompensa che renderà superflua l’approvazione esterna e agevolerà lo sviluppo della motivazione intrinseca e di obiettivi di padronanza.

Tutto ciò farà sentire il ragazzo competente e gli farà interiorizzare una percezione di controllo personale che a sua volta permetterà l’aumento della motivazione alla competenza.

Dr.ssa M. Luisa Boninelli

Teoria della curiosità epistemica

Lo studente che invece non viene incoraggiato o che viene disapprovato nei tentativi di padronanza, svilupperà un bisogno di approvazione esterna che lo porterà a sentirsi dipendente dall’approvazione dell’adulto: gli obiettivi di prestazione saranno caratterizzati dal desiderio di mostrare le proprie abilità e dal timore di fallire e mostrarsi incapace.

Tutto ciò farà sentire il ragazzomeno competente e più soggetto ad ansia, per paura di fallire. Lo studente tenderà ad evitare situazioni in cui teme il fallimento, situazioni che non ritiene alla sua portata e così via (Harter, 1978).

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Tuttavia si può verificare anche il contrario, ossia che un processo di motivazione intrinseca diventi estrinseca. Un causa possibile è la presenza, a volte eccessiva, di gratificazioni o lodi, quando queste non sono necessarie.

Gli studi di Lepper, Greene e Nisbett (1973) e di Lepper e Greene (1975), condotti su bambini, hanno dimostrato che l’introduzione di un premio può ridurre una pre-esistente motivazione intrinseca. Infatti ragazzi cui veniva promesso un premio per attività che già svolgevano spontaneamente, come ad esempio disegnare, successivamente si rifiutavano di affrontare quelle stesse attività qualora il premio non venisse più dato.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Ruolo delle gratificazioni

le gratificazioni non hanno sempre la

funzione di incentivo: a volte rischiano di

produrre l’effetto opposto.

Questo non vuol dire comunque che non

bisogna più gratificare gli alunni , anche

perchè nella maggioranza dei casi le lodi

hanno degli effetti molto positivi e sono

molto apprezzate.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Ruolo delle gratificazioni Una questione importante da porci è quindi quella di

cercare di capire le caratteristiche di una gratificazione che sia efficace e non controproducente.

Da alcune ricerche è emerso che una gratificazione efficace dovrebbe essere (O'Leary e O' Leary, 1977; Schloss e Smith, 1994):

1. specifica 2. credibile 3. espressa in maniera contingente all’esecuzione del

compito 4. relativa al comportamento e non alla persona

5. informativa, in modo da dare anche dei suggerimenti per un eventuale miglioramento.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Ruolo delle gratificazioni

Ad esempio, quando diciamo “Bravo!” ad un

studente, stiamo dando una gratificazione

generica che premia più lo studente in sé

piuttosto che il comportamento positivo che

deve essere premiato. Non è raro infatti

vedere l’espressione stupita di uno studente

quando viene lodato in maniera impropria,

poiché non ne capisce il motivo.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Ruolo delle gratificazioni

Una lode efficace invece deve essere specifica e contingente ad una situazione precisa appena accaduta, ad esempio: “Sei stato bravo!

Ti sei concentrato tanto e sei riuscito a risolvere l’espressione senza commettere errori!”.

In questo modo non solo si loda il comportamento specifico che si ritiene responsabile del successo, ma si dà implicitamente il suggerimento strategico secondo cui è necessario concentrarsi, porre molta attenzione per non sbagliare le espressioni.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Ruolo delle gratificazioni

Sempre gli stessi autori, che hanno studiato quali sono le caratteristiche delle gratificazioni efficaci, danno indicazioni sul modo in cui utilizzare gli incentivi senza demotivare i ragazzi.

In particolare, suggeriscono di non stimolare la competizione, ma fare riferimento a standard esterni, premiare l’impegno, piuttosto che le abilità, offrire incentivi interessanti e rendere coinvolgenti i compiti proposti.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Ruolo efficace delle lodi

LODI

CONTROLLANTI

LODI

INFORMATIVE

PER CONTROLLARE

IL

COMPORTAMENTO

DEL RAGAZZO

PER CONTROLLARE

IL

COMPORTAMENTO

DEL RAGAZZO

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Una distinzione simile è stata proposta anche dalla Dweck (2000), la quale ha individuato tre tipi di lode:

1. orientata al sé: la lode si focalizza sulle abilità possedute rispetto a quel dato tipo di compito (“Bravo!”, “Sei proprio intelligente!”)

2. orientata al risultato: la lode riguarda principalmente il risultato (“L’esercizio è stato svolto correttamente!”)

3. orientata alle strategie: la lode aspira al miglioramento rispetto a situazioni precedenti (“Hai applicato la regola corretta!” “Si vede che questa volta ti sei impegnato!”).

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Analizziamo il tipo di lode: (“Bravo!”,

“Sei proprio intelligente!”)

Come si potrà intuire, il primo tipo di lode

tende a demotivare, poiché esprime un

giudizio sulle abilità, competenze e

conoscenze possedute dall’individuo, e

non sulle capacità, che possono essere

migliorate. E’ come se si volesse dire: “Sei

bravo, quindi è inutile che ti impegni

tanto, perché tanto riesci lo stesso,

perché sei bravo”.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Analizziamo il tipo di lode: (“L’esercizio

è stato svolto correttamente!”)

Il secondo tipo, invece, è alquanto neutro

perché non considera né le abilità,

eventualmente possedute, né l’impegno

esercitato.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Analizziamo il tipo di lode:

(“Hai applicato la regola corretta!” “Si vede

che questa volta ti sei impegnato!”).

Il terzo tipo invece è quello più efficace, poiché

è motivante. In questo tipo di gratificazione si fa

un apprezzamento di quanto fatto, dello sforzo,

dell’impegno che il ragazzoha messo nello

svolgere l’attività. In questo modo si sostiene il

desiderio di fare ancora di più in futuro, e di

ricercare nuove strategie e compiti più difficili e

nuovi in cui cimentarsi.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Riassumendo… Queste distinzioni fra lodi di diverso tipo proposte da Stipek

(1996) e Dweck (2000) mettono in luce come il processo motivazionale non sia relazionato con il tipo di lode in sè, ma dall’interpretazione che un individuo può darne. Il modo in cui una persona interpreta un evento, in particolare una gratificazione, dipende a sua volta da altre variabili quali le proprie credenze, la propria immagine di sè, gli obiettivi, il proprio stile attributivo, insomma tutta quella serie di elementi emotivi motivazionali che si solito si usano per interpretare gli eventi. (Pazzaglia, Moè, Friso, Rizzato, 2002 “Empowerment cognitivo e prevenzione dell’insuccesso, p. 43).

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Teoria dell’autodeterminazione

Non sempre la motivazione è legata ad una gratificazione esterna. É un’esperienza comune quella di provare soddisfazione quando abbiamo la possibilità di scegliere di realizzare qualcosa in assoluta liberà, senza alcun vincolo, ad esempio poter comprare qualcosa, fare una corsa o situazioni simili. Questo senso di soddisfazione è dato dalla possibilità di poter scegliere personalmente le attività da svolgere. Deci e Ryan (1985) hanno studiato questo tipo di motivazione e hanno proposto la teoria dell’autodeterminazione. L

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Teoria dell’autodeterminazione

L’autodeterminazione consiste nella libera scelta, svincolata da bisogni o forze esterne, di condurre un’azione.

Il prototipo di un comportamento autodeterminato è l’azione intrinsecamente motivata che implica curiosità, spontaneità, interesse.

In pratica, l’impegno per l’attività scelta, nel caso del comportamento autodeterminato, è assolutamente svincolato da incentivi esterni, da obiettivi o esiti, ma dipende dal desiderio di svolgere quella particolare attività per le caratteristiche proprie che la caratterizzano.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Teoria dell’autodeterminazione

Se un individuo vive una situazione come libera scelta, mantiene o accresce la motivazione per quella attività, se invece questa viene percepita come imposta dall’esterno la persona si sentirà meno motivata. Alla base di un comportamento autodeterminato vi è quindi il bisogno di sentirsi artefice delle proprie azioni e di scegliere liberamente il tipo di compito da svolgere e le modalità in cui svolgerlo.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Teoria

dell’autodeterminazione in

ambito scolastico.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Vogliamo mantenere vivo il piacere della lettura neglii studenti dobbiamo cercare di trasmettere questo piacere, senza far loro percepire la lettura come un obbligo, un compito scolastico al quale sono costretti.

Quindi è importante lasciare che lo studente sia libero di scegliere il libro che lo interessa di più, in base ai criteri che ritiene più opportuni, come il titolo, l’argomento, o addirittura la copertina.

Approvare le scelte dello studente e stimolarlo ad avere un comportamento attivo e di ricerca nei confronti del libro è sicuramente un atteggiamento appropriato e incoraggiante.

Infine, proporre continuamente verifiche scritte, riassunti, commenti, analisti del testo, rischia di appesantire il processo spontaneo di lettura di un libro e di avvicinarlo ad un “qualsiasi” compito scolastico.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Sempre secondo Deci e Ryan (1985), per essere

autodeterminati bisogna soddisfare tre tipi di bisogni

psicologici innati:

il senso di competenza, ossia la percezione di controllo e di capacità di azione sull’ambiente;

l’autonomia, cioè la possibilità di scegliere tra diverse attività e la possibilità di scegliere anche la modalità di svolgerla;

la relazione, che si riferisce al bisogno innato di mantenere relazioni sociali.

l’autodeterminazione si riferisce non solo all’avere la possibilità di fare ciò che si desidera, ma anche al sentirsi competenti e accettati per le scelte compiute.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

UN CASO COMUNE……un apprendista fuori legge

Consideriamo il seguente caso.

Roberto è un studente di prima superiore con una famiglia di condizione socioculturale media, ma senza particolari problemi. Il ragazzo ha sempre incontrato grosse difficoltà scolastiche. Nell’apprendimento della lettura ha sempre palesato notevoli incertezze, per cui i suoi attuali livelli di abilità di lettura sono simili a quelli di un ragazzodi prima media. Ma questi problemi sono

comparativamente ‘leggeri’ rispetto a quelli che incontra in quasi tutte le altre aree scolastiche. In matematica commette continuamente errori gravi, anche in compiti di grande semplicità. Sembra incapace di costruire un ragionamento lineare che gli consenta di risolvere un problema o di costruire un discorso, soprattutto se scritto. Quando è interrogato sui contenuti proposti al suo studio è capace solo di fornire risposte vaghe e poco coordinate.

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

I miseri esiti scolastici del ragazzo, già palesati a conclusione del percorso della scuola secondaria di primo grado

e dimostratisi progressivamente sempre più preoccupanti, hanno portato alla richiesta dell’insegnante di

sostegno e alla ricerca di un aiuto presso dei servizi sociosanitari.

L’assegnazione dell’insegnante di sostegno ha costituito un implicito riconoscimento della

condizione di “handicap” di Roberto.

Ma è vero che Roberto è un alunno con disabilità ?

La prima impressione che Roberto offre e’ quella di un ragazzo simpatico, sorridente,

con uno sguardo vivace, che però perde facilmente il filo dei ragionamenti e incontra

difficoltà a organizzarsi.

Questa impressione non corrisponde a quella offerta tipicamente da ragazzi con disturbo

della personalità o con ritardo mentale, mentre offre eventualmente qualche indicatore

associato al disturbo d’attenzione (che però non appare a tal punto presente da

giustificare una diagnosi in questo senso).

Si procede ad un esame clinico che non evidenzia alcun indicatore neurologico particolare

e che, soprattutto, mette in luce un livello intellettivo generale ‘normale’ (il QI ottenuto

da Roberto, di 90, è vicino al QI medio di 100 e ben lontano dal QI di 70 che dovrebbe

costituire il criterio sotto il quale è consentita una diagnosi di ritardo mentale).

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Dr.ssa M.Luisa Boninelli

Quando viene discusso il caso di Roberto fra gli operatori interessati, vi e’ una certa sorpresa nel conoscere il QI che egli ha ottenuto. Ci si domanda come Robert possa ottenere delle prestazioni scolastiche così basse, pur avendo delle potenzialità intellettive discrete. Si nota inoltre che la diagnosi conseguente per Roberto (quella di ‘disturbo

specifico di apprendimento’) viene spesso associata al caso di ragazzi intelligenti e con difficoltà scolastiche, ove tuttavia queste difficoltà riguardano solo specifiche aree di apprendimento (per esempio lettura, calcolo, ecc.) e non si generalizzano – come nel caso in questione - a tutte o quasi le aree scolastiche. Viene spiegato agli operatori che quest’ultima concezione nasce dal fatto che i disturbi altamente specifici sono quelli che più colpiscono l’attenzione e sono

occasione di più frequente citazione, ma non corrispondono affatto alla maggioranza dei disturbi specifici di apprendimento. Infatti, un disturbo può essere specifico perché altamente selettivo, ma anche perché non interessa le funzioni intellettive di base. In seguito al riesame del caso, gli operatori sono costretti a modificare il loro atteggiamento e gli stessi obiettivi educativi.