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La memoria abitata Architetture e sculture nel Cimitero della Villetta (1838-1940) * 71 Anna Còccioli Mastroviti “entro nel silenzio dei tuoi viali, tra i marmi che affiorano come rovine nel rigoglio verdissimo dell’erba” (L. Sciascia, 1952) Forme, tipologie, modelli per il cimitero Un percorso tra i viali e le gallerie del Cimitero della Villetta, oltre che sollecitare la me- moria, assume il carattere della promenade architettonica e artistica che produce un ef- fetto particolare. Il luogo tradizionalmente riservato al dolore e al cordoglio, appare un mondo singolare, abitato da una popolazione bronzea e marmorea. Architetti e scultori noti, artigiani della pietra e del bronzo, scalpellini e lapicidi, alcuni dei quali poco noti: so- no loro i creatori di questa città del silenzio che nelle lapidi, nei monumenti e nelle archi- tetture delle numerose edicole private esibisce la testimonianza di storie e di tempi diversi, di mutazioni sociali e artistiche. Pur non paragonabile alla Certosa di Bologna (1801) 1 , al cimitero di Verona 2 , al Vanti- niano (dal 1808) che Rodolfo Vantini progettò a Brescia 3 , al cimitero di Staglieno che esibi- sce la monumentalizzazione borghese del privato affidando anche alla scultura un ruolo sempre più importante, e al Cimitero Monumentale di Milano 4 , spettacolare museo della scultura moderna, il Cimitero della Villetta, il cui primo nucleo fu costruito – al termine di un lungo dibattito – su progetto dell’ingegnere Giuseppe Cocconcelli a partire dal 1819 5 , of- fre al suo interno un affascinante itinerario che si dispiega nel succedersi degli stili e nel va- riare del gusto. La commistione degli stili e l’esibizione di un insieme di esperienze storiciste da un lato lasciano trasparire la disponibilità del progettista verso il committente, dall’altro riflettono la vitalità della ricerca di quegli anni. Nell’ambito dell’edilizia funebre il progressi- vo prevalere, nell’Ottocento, della componente privata su quella pubblica anche all’in- terno dei cimiteri, ha significato una progressiva esibizione dei ricchi repertori stilistico-tipo- logici ora declinati nelle forme di adesione al nuovo, fra liberty, simbolismo e razionalismo, ora invece nelle forme della tradizione 6 . Dal punto di vista dell’articolazione e della distribuzione degli spazi, il complesso cimite- riale della Villetta da un lato recupera il modello medievale del Camposanto di Pisa, con chiostro coperto per le sepolture privilegiate ed ampia area aperta per i ceti poveri; dal- l’altro i modelli delle Certose extraurbane di Ferrara e di Bologna, strutturate in un cortile centrale circondato da un chiostro. Nel grande spazio coperto centrale la piccola bor- ghesia si conquista via via il diritto di individuazione post mortem. Il Verano a Roma e Sta- glieno a Genova sono gli esempi più interessanti e noti. Nel cimitero parmense, la cui solu- zione geometrica e regolare del disegno iniziale lo allinea alla tipologia che Daniele Don- ghi definirà, nel 1923, “monumentale su pianta architettonica”, distinguendolo dal “cimite- ro a parco o a campo” 7 , a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e soprattutto nei

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La memoria abitata Architetture e sculture nel Cimitero della Villetta

(1838-1940)*

71

Anna Còccioli Mastroviti

“entro nel silenzio dei tuoi viali, tra imarmi che affiorano come rovine nel

rigoglio verdissimo dell’erba” (L. Sciascia, 1952)

Forme, tipologie, modelli per il cimiteroUn percorso tra i viali e le gallerie del Cimitero della Villetta, oltre che sollecitare la me-

moria, assume il carattere della promenade architettonica e artistica che produce un ef-fetto particolare. Il luogo tradizionalmente riservato al dolore e al cordoglio, appare unmondo singolare, abitato da una popolazione bronzea e marmorea. Architetti e scultorinoti, artigiani della pietra e del bronzo, scalpellini e lapicidi, alcuni dei quali poco noti: so-no loro i creatori di questa città del silenzio che nelle lapidi, nei monumenti e nelle archi-tetture delle numerose edicole private esibisce la testimonianza di storie e di tempi diversi,di mutazioni sociali e artistiche.

Pur non paragonabile alla Certosa di Bologna (1801)1, al cimitero di Verona2, al Vanti-niano (dal 1808) che Rodolfo Vantini progettò a Brescia3, al cimitero di Staglieno che esibi-sce la monumentalizzazione borghese del privato affidando anche alla scultura un ruolosempre più importante, e al Cimitero Monumentale di Milano4, spettacolare museo dellascultura moderna, il Cimitero della Villetta, il cui primo nucleo fu costruito – al termine di unlungo dibattito – su progetto dell’ingegnere Giuseppe Cocconcelli a partire dal 18195, of-fre al suo interno un affascinante itinerario che si dispiega nel succedersi degli stili e nel va-riare del gusto. La commistione degli stili e l’esibizione di un insieme di esperienze storicisteda un lato lasciano trasparire la disponibilità del progettista verso il committente, dall’altroriflettono la vitalità della ricerca di quegli anni. Nell’ambito dell’edilizia funebre il progressi-vo prevalere, nell’Ottocento, della componente privata su quella pubblica anche all’in-terno dei cimiteri, ha significato una progressiva esibizione dei ricchi repertori stilistico-tipo-logici ora declinati nelle forme di adesione al nuovo, fra liberty, simbolismo e razionalismo,ora invece nelle forme della tradizione6.

Dal punto di vista dell’articolazione e della distribuzione degli spazi, il complesso cimite-riale della Villetta da un lato recupera il modello medievale del Camposanto di Pisa, conchiostro coperto per le sepolture privilegiate ed ampia area aperta per i ceti poveri; dal-l’altro i modelli delle Certose extraurbane di Ferrara e di Bologna, strutturate in un cortilecentrale circondato da un chiostro. Nel grande spazio coperto centrale la piccola bor-ghesia si conquista via via il diritto di individuazione post mortem. Il Verano a Roma e Sta-glieno a Genova sono gli esempi più interessanti e noti. Nel cimitero parmense, la cui solu-zione geometrica e regolare del disegno iniziale lo allinea alla tipologia che Daniele Don-ghi definirà, nel 1923, “monumentale su pianta architettonica”, distinguendolo dal “cimite-ro a parco o a campo”7, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e soprattutto nei

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primi tre decenni del nuovo secolo, le ar-chitetture monumentali – o più impropria-mente le cappelle, riproduzione simbolicain mortem dell’habitat dei vivi – erette nel-l’ottagono centrale, qualificano la formadi sepoltura privilegiata dalle classi emer-genti e dalla borghesia, che inizialmente siera orientata verso le sepolture individualiipogee lungo i 156 archi dell’ottagono.Cresce nel secondo Ottocento la “cittàdei morti”, la cui collocazione urbanisticaera stata attentamente studiata anche sul-la scorta dei suggerimenti offerti dalla coe-va letteratura architettonica: da Pierre Pat-te (1769)8 a Scipione Piattoli9 il cui Saggiointorno al luogo del seppellire (Modena,1774) è subito tradotto (1778) in francese,a Francesco Milizia (1781) che inserisce i ci-miteri tra gli “Edifici per la salute e per altribisogni pubblici” suggerendo “un ampiorecinto quadrato, o di qualunque altra fi-gura curva, o mistilinea, circondato inter-namente da portici…”10, e prevedendo didotarlo di cipressi, a Antoine Quatremèrede Quincy che individua nel Camposantodi Pisa il modello per questi séjours de lamort, luoghi in cui si dorme il sonno eter-no11. La letteratura architettonica e le nuo-ve tematiche culturali dibattute dagli illu-ministi nei circoli e in sede privata, fornisco-no più di uno spunto agli architetti impe-gnati nella definizione progettuale di orga-nismi cimiteriali che già sul volgere del Set-tecento si appalesa come area privilegia-ta di sperimentazione di nuovi temi proget-tuali per le mutate esigenze della città mo-derna. Alla base dell’esigenza specifica visono indilazionabili esigenze igieniche. Ra-gioni rivoluzionarie e giustificazioni sanitariesi intrecciano nel dibattito che, sollecitatodalla Francia, approda in territorio italianoove il decreto napoleonico stimola unaprogettazione radicalmente nuova.

Il tema progettuale del séjour de la tran-quillité si carica di forti valenze simboliche.Se in Italia a Milano il pensiero modernoconcede spazio al dibattito su “Il Caffè”,prestigioso periodico diretto dai fratelli Verrinegli anni 1764-1765, a Modena ScipionePiattoli, medico e professore di storia eccle-siastica all’Università, documenta la neces-

sità di interdire le sepolture nelle chiese peruna molteplicità di ragioni di ordine igieni-co, pratico e culturale, che hanno originenella legislazione e nei trattati di igiene pub-blica. Non è casuale che negli stessi anniModena e Milano avessero avviato un di-battito con esponenti del giansenismo solle-citi nel denunciare elementi di superstizionepresenti in certe forme di culto12. Occorre ri-cordare il ruolo svolto nel panorama del di-battito teorico ottocentesco dal Traité d’ar-chitecture di Léonce Reynaud. Il testo, pub-blicato nel 1850, enuncia le regole per lacollocazione del cimitero che Reynaud pre-vede ornato di presenze arboree “toujoursvertes… bosquets d’arbustes en fluer dansla belle saison, … disposés le long les porti-ques et entre les petits murs d’inscriptions”13.Alla letteratura architettonica che tra XVIIIsecolo e primi decenni del XIX secolo ave-va fornito indicazioni e modelli tipologici perle attrezzature della città moderna, si sosti-tuirà, nella seconda metà dell’Ottocento,una pubblicistica periodica specializzatache si imporrà come strumento privilegiatoper diffondere le nuove idee, forme, model-li, particolari tecnici e costruttivi inerenti l’ar-chitettura funeraria. Soprattutto per quantoconcerne le forme e le tipologie delle cap-pelle e dei monumenti funerari privati, dive-nuti protagonisti all’interno dei grandi com-plessi cimiteriali, il cui modello è ormai am-piamente codificato.

Il tema dell’architettura funeraria, che inapertura dell’Ottocento si era innestato nelcontesto della pittura di paesaggio14, ed èdiscusso in sede teorica, ricorre con fre-quenza anche nei concorsi accademici: aBrera, all’Accademia di S. Luca a Roma15,all’Accademia di Parma16 e di Bologna. “Ungrandioso cimitero per grande capitale” è iltema del Concorso Clementino del 1835. Il“simbolo”, il “retorico” e l’allusivo”, annessial vasto repertorio dell’iconografia religiosa,o di quella laica, concedono ai progettistiuna vasta possibilità di citazione dalle piùdiverse culture architettoniche declinateora con ampio decorativismo, ora in solu-zioni di ideologizzato purismo.

L’architettura funeraria, diversa per tipo-logia e dimensione dall’architettura della

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città dei vivi, fa propri gli echi di quanto ac-cade oltre il recinto cimiteriale. Lo confer-ma una visita alle edicole erette nel campocentrale del Cimitero parmense. Nel cimite-ro si svolgono una gamma differenziata difunzioni: la cerimonia, il culto, la custodia,cui corrisponde la gradazione dei luoghi edelle forme. Si articolano percorsi e riparti-zioni che riflettono la gerarchia sociale, di-stinguendo motivazioni di merito, di censo,di stirpe e di ruolo. Si può individuare un filoconduttore nel succedersi temporale e nel-l’evoluzione di gusto e di stile, seguendo isingoli interventi, talora occasionali, talorasistematici, di protagonisti e attori meno notisulla scena dell’architettura a Parma tra Ot-to e Novecento.

Le testimonianze documentarie confer-mano come anche nel caso della città diParma l’editto napoleonico di S. Cloud(1804), emesso nello stesso anno in cui sor-ge il celebre cimitero di Père-Lachaise, maesteso sul territorio italiano nel 1806, abbiainnescato una serie di provvedimenti cheandavano ben oltre le disposizioni di poliziaurbana, verso la nobilitazione degli spazi disepoltura che, già oggetto dell’esercizio

progettuale e tecnico di architetti e di scul-tori, esigevano ora risposte concrete chetraducessero le idee dell’architettura fune-raria in architettura praticabile. Questospiega l’intensa attività progettuale sul te-ma cimiteriale e le numerose proposte e realizzazioni che coinvolgono centri co-me Genova17, Brescia18, Torino, Verona19, lastessa Parma, Modena20, Pavia21

i.Lo spoglio dei documenti, in particolare

la consultazione delle licenze di fabbriche apartire dagli anni sessanta dell’Ottocento,hanno offerto numerosi dati, in larga parteinediti che, se riordinati e riletti nelle tramedella storia, dimostrano come anche a Par-ma l’architettura cimiteriale sia un capitolocentrale della storia dell’architettura tra Ot-to e Novecento, e le due componenti, ar-chitettura e scultura, risultino pressoché in-scindibili. Dalla lettura dei documenti si evi-denziano le vicende dell’arte e dell’archi-tettura, lo svolgersi dell’iconografia e deisimboli. I sarcofagi, la statuaria e le targhemarmoree si allineano e si alternano nella ri-partizione delle pareti, le cappelle ricavatenegli archi e le edicole nel campo centralesi susseguono secondo un ordinamentoplanimetrico che crea l’ordinamento mo-numentale. Nella parata delle sepolture ilcommittente esibisce il proprio status. È lamonumentalizzazione borghese del privatoche si accentua nella seconda metà delXIX secolo22. La grande area ottagonacentrale si arricchisce di edifici “in miniatu-ra”, piccole architetture che coinvolgonoarchitetti, scultori e pittori chiamati a coniu-gare forme e simbologie. Sul volgere del-l’Ottocento e soprattutto nei primi quattrodecenni del secolo successivo le edicole e imonumenti isolati popolano, arricchendolo,l’ottagono, proiettando così le storie e levirtù dei singoli al di fuori delle gallerie. Leedicole si distribuiscono lungo l’asse viarioprincipale est-ovest, e nei viali interni al ci-mitero, e le singole architetture sembranocostituire una vera e propria antologia del-l’eclettismo degli stili. Una volontà espositivaparticolarmente evidente anche lungo gliarchi. Basti pensare alle lastre di ricercatafattura realizzate per le botole di accessoalle cripte degli archi 24, 71 e 94.

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Fig. 1 - G. Battista de Guber-natis, Paesaggio d'invenzionecon tomba dedicata al poe-ta Edoardo Calvo, 1804; im-magine tratta da Romantici-smo. Un nuovo sentimentodella natura, a cura di G. Belli,A. Ottani Cavina, et alii, Elec-ta, 1993, p. 288.

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Il disegno della memoria: architetti, scultorie sculture per la città del silenzio

Nella dimensione museale del Cimiterotrovano spazio le novità e le sperimenta-zioni linguistiche riflesso di un dibattito cheha ampio riscontro nella coeva pubblicisti-ca. Non è possibile comprendere su unpercorso rettilineo lo sviluppo dell’arte figu-rativa cimiteriale, né tanto meno le ragionipiù intime dei fenomeni espressivi. La scul-tura non si è sviluppata nella direzione uni-voca dello sperimentalismo bensì in quelladi una tensione ideale tra tradizione e mo-dernità.

Il Cimitero della Villetta presenta carat-teri esemplari della cultura borghese italia-na dell’epoca. Le strutture funerarie priva-te afferiscono alle diverse forme tipologi-che della lapide, della stele, del monu-mento vero e proprio e dell’architettura, inlinea con la “fortuna” che queste tipologieconobbero nel corso dell’Ottocento, strut-ture imprescindibili dalle nuove configura-zioni urbane. Arredi pittorici e plastici assur-gono ben presto a specchio parallelo ecorrispondente della società del tempo: lamonumentalizzazione della morte non è diesclusiva pertinenza nobiliare, non è desti-nata alla celebrazione di plurisecolari glo-rie familiari, il monumento tombale, osten-sione della memoria, celebra il ruolo che ildefunto ha avuto in vita o che presume diavere avuto nella società.

Bandito ogni egalitarismo, agli esponentidelle classi alte si riserva il privilegio di unasepoltura negli spazi più aulici. In linea conquanto si era verificato a Modena, ove il di-battito sulle questioni cimiteriali dall’epocadi Francesco III d’Este è di grande interes-se23, trascorrendo da una concezione utili-taristica volta a relegare la morte in areeesterne alla città, ad episodi di esibito mo-numentalismo e decorativismo, anche aParma, nel secondo Ottocento, il Cimiterodella Villetta diventa frequentato luogo del-le memorie, raggiungibile da un lungo vialealberato, una “superba allea”24 che dal1862 lo collega alla città “dei vivi”, comeampiamente ci documentano le testimo-nianze iconografiche e d’archivio. Eloquen-te al proposito la tela di G. Carmignani25.

Un lungo viale alberato di accesso, or-togonale alla via Emilia, era previsto an-che nel primo progetto (poi non realizzato)per il cimitero di S. Cataldo a Modena(1850-76), che Cesare Costa aveva impo-stato sull’area del cimitero extraurbanovoluto da Francesco III d’Este26. Alberatoraccordo fra la “città dei vivi” e la “cittàdel silenzio”, il viale entra nei programmi diabbellimento urbano, sovente richiamatonei concorsi accademici inerenti la pro-gettazione del “sacro recinto”.

Dopo Giuseppe Cocconcelli, ingegnerecomunale progettista del primo nucleo delCimitero tra il 1819 e il 1821-23, Sante Berga-maschi è la figura chiave per l’architetturadel Cimitero di Parma nel secondo Otto-cento. Ingegnere capo del Comune, è re-sponsabile dell’ampliamento del cimiteroprogettato già nel 1872, e successivamenterealizzato. La necessità dell’ampliamentodella struttura cimiteriale si colloca in un pe-riodo di tempo significativo nel quale molticimiteri italiani sono soggetti a lavori di am-pliamento. Si pensi a Staglieno che, al culmi-ne dell’attività costruttiva nel 1892, vede lapubblicazione di un libro-guida.

Nell’ultimo ventennio del secolo, il Cimi-

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Fig. 2 - Stele di FrancescoCocchi.

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tero della Villetta è un grande cantiere. Al-l’ingegnere Bergamaschi si deve il disegnoa croce latina delle due gallerie impianta-te al centro dei lati nord e sud. Il cantiereparte con i lavori della galleria sud (1876-1884), seguiti da quelli per la galleria nord,su due livelli, realizzata tra il 1898 e il 1905con alcune varianti rispetto ai disegni inprecedenza (1880 e 1893) elaborati. Inquegli stessi decenni si intrapresero consi-stenti lavori di ampliamento anche al Cimi-tero di Piacenza, sorto su progetto di Lota-rio Tomba (1819-1821). Differendo ad altrasede l’analisi dei progetti stesi nei primi de-cenni dell’Ottocento per il Cimitero di Par-ma e di Piacenza, anche in relazione al-l’ambito accademico, e il confronto conle soluzioni messe a punto dagli architettidella Rivoluzione, Ledoux e Boullée, tornia-mo al Cimitero della Villetta. Il primo nu-cleo è definito entro la fine del XIX secolodall’ottagono centrale riferibile all’origina-rio progetto di Cocconcelli, e dalla ag-giunta delle due gallerie a nord e a sud,progettate unitariamente, ma realizzate intempi differenti ed espressive di un codicestile neoclassico – quello stesso che infor-

ma l’oratorio di S. Gregorio Magno proget-tato da Cocconcelli – la galleria sud, im-prontata a un gusto eclettico invece lagalleria nord. Sull’interessante figura e sul-l’opera di Sante Bergamaschi occorrerà infuturo indagare. Forse meglio note sono lepersonalità di Ottavio Morestori e di Mode-ranno Chiavelli, architetti rispettivamentecoinvolti nel progetto dell’ottagono dellagalleria sud e nel progetto, poi non realiz-zato, di un forno crematorio.

L’impianto del cimitero parmense si rifàall’“architettonica del recinto”, ossia allatipologia definita da lunghe teorie di porti-ci e di gallerie in linea con un impiantogeometrico che accomuna molte soluzio-ni cimiteriali di questi decenni in Italia27.Per tutto il corso dell’Ottocento non si regi-stra nel cimitero parmense la realizzazionedi interventi monumentali o fuori scala, e lesepolture qualitativamente emergenti so-no quelle poste all’interno degli archi del-l’ottagono. I monumenti più antichi, negliarchi, risalgono al 1836 e al 1846, rispettiva-mente delle famiglie Fulcini e Gramignola;nel campo, è la stele del 1838 nella qualeil profilo della defunta è inserito in un me-daglione ornato. Negli archi, la presenzadi apparati ornamentali risale alla secon-da metà dell’Ottocento. Si tratta di deco-razioni pittoriche eseguite fra il 1861 e il1880 e di inserti plastici conclusi entro la fi-ne dell’Ottocento, nell’ambito di un’am-pia campagna di lavori che ha comporta-to anche la messa in opera di rivestimentimarmorei per la parete di fondo degli ar-chi. Particolarmente interessanti risultanole sculture e le decorazioni degli archi 14,123, 71 del pittore Francesco Rivara per ilsepolcro del conte Pietro Crescini Malaspi-na28, 81, 152, 102 e 44, il cippo commemo-rativo (arco 87) di Paolo Toschi, direttoredella locale Accademia di Belle Arti29. Adun ancora anonimo pittore si deve l’appa-rato pittorico neoclassico messo a puntonell’arco 14 della famiglia Politi. Sconosciu-to resta anche l’ideatore della decorazio-ne dell’arco 123 della Confraternita del SS.Nome di Gesù al Monte Calvario, docu-mentato da un inedito disegno acquerel-lato (1862) raffigurante un paesaggio con

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Fig. 3 - Tomba dei contiCrescina Malaspina, 1864,arco 71.

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il monte Calvario dietro il quale si scorgeun cielo cupo, approvato nell’ottobre del-lo stesso anno. La decorazione ideata nel1864 da Francesco Rivara per l’arco deiconti Malaspina si ispira a stilemi decoratividiffusi dalla cultura neogotica, proponen-do per l’ornato della volta, ancora oggiparzialmente visibile, motivi che bene si ar-monizzano con l’architettura archiacutadell’apparato tombale a parete. L’inge-gnere Evaristo Armani nel 1867 firma unprogetto di “dipintura dell’arco spezzato”tra gli archi 105 e 10730. Alla cultura neo-gotica si ispirano anche la tomba Carra,nell’arco 111, documentata dal bel dise-gno a inchiostro e acquerelli policromi (22marzo 1881)31, e la tomba dei conti Pallavi-cino Benassi. Segnalo i progetti per la tom-ba di Luigi Ceresini (1886)32 perché precor-ritrice di un linguaggio compositivo checomparirà qualche decennio dopo in al-cune cappelle del Cimitero Monumentaledi Milano con Ulisse Stacchini. Da un basa-mento quadrangolare si eleva una struttu-ra a ziggurat recante alla base l’effige deldefunto, ritratto di profilo entro grande cli-peo. La seconda versione, pure culminan-te nella croce, pur mantenendo inalteratal’idea dell’effige entro clipeo, vera e pro-pria citazione dalle imago clipeatae di im-periale memoria, affida il coronamento aduna struttura a tronco di piramide, su baseottagonale. Il volume tronco piramidalesarà utilizzato anche da Giuseppe Som-maruga per il cimitero di Bergamo33.

Particolarmente interessanti sono anchele decorazioni degli archi 14, 27 e dell’arcodi proprietà di Francesco Marinelli simulantesulla parete un’edicola neogotica entrouna quinta naturalistica. Al 1892 data il pro-getto per la lapide in memoria dello sceno-grafo Girolamo Magnani ideata da Gio-vanni Chierici34. L’edicola della famigliaFranzoni, nel campo, è costruita nel 1894 se-condo l’affermato modello dell’oratorio: unprospetto monocuspidato, scandito da pa-raste e, ai lati, urne velate da drappi, se-condo una tipologia di derivazione classicapresente anche all’interno del recinto par-mense. I disegni rinvenuti e le testimonianzedi progetto confermano l’attenzione oscil-

lante fra la riproposizione di stilemi neoclassi-ci e le ricercate eleganze liberty, in un esibi-to pluralismo degli stili. Se i caratteri dell’edi-ficio Cimitero sono quelli del neoclassicismopiù declarato, nei casi specifici delle tombemonumentali e dei monumenti funerari rea-lizzati nella seconda metà dell’Ottocento siregistra la declinazione degli stili: attardatoclassicismo, simbolismo, liberty e verismo. Lasocietà del secondo Ottocento guarda alcimitero come a un servizio, ma esige chein esso ci sia un rimando al proprio status so-ciale. La “città dei morti” diventa un “ritrat-to” della committenza, ma anche “singolar-mente vicina alla città dei vivi, al modelloda cui non si allontana”35. Cambiano i riferi-menti e il concetto della morte e la sua rap-presentazione assumono connotati diversi ri-spetto all’età neoclassica. Architetti e scul-tori sono interpreti delle mutate esigenzedella committenza alla quale riservano oraun tempio egizio, ora una chiesa gotica,ora un complesso plastico celebrante “lebuone virtù”, e lo “spazio dei sentimenti”36.

La scultura cimiteriale offre un osservato-76

Fig. 4 - Tomba Carra, arco 111.

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rio privilegiato dal punto di vista della storiadegli stili e del gusto, soprattutto perché sifonda su condizioni prestabilite: l’adesionea un tema di riferimento, quello della morte,e la coerenza con il luogo di destinazionedelle opere, il cimitero. L’insegnamento al-l’Accademia di belle arti di Parma contribuìalla formazione di scultori di buone capa-cità tecniche, ciò nonostante è difficile indi-viduare una koinè comune ai marmorinipresenti nel cimitero della Villetta e la scultu-ra tra Otto e Novecento lascia tracce moltoleggere. È più facile individuare una diso-mogeneità rispondente a differenti scelteartistiche, condotte da committenti diversiper cultura e per status sociale. Così anchenella inconsueta galleria d’arte del Cimiterodella Villetta convivono opere di scultori edarchitetti di fama nazionale ed interventi diartisti noti solo in ambito locale. Nel Cimiterodi Parma, in questo complesso strettamenteintessuto di valori architettonici, plastici, lascultura è profusa in forme diverse e in ma-teriali preziosi, eloquente dell’evoluzioneche sta attraversando in quegli anni.

La Villetta comincia a popolarsi di scul-ture dalla seconda metà dell’Ottocento.Bronzo, marmo e granito i materiali d’ele-zione. Non frequentissimo l’intervento pit-

torico, come completamento decorativo.A differenza di quanto si registra per esem-pio nel Cimitero della Certosa di Bologna,ove la peculiarità della decorazione è affi-data a tecniche e materiali tipici della tra-dizione locale: stucco, terracotta, affre-sco. Almeno in una prima fase, l’affresco èampiamente utilizzato, a Parma il decisivosopravvento della scultura sulla pitturasembra databile ad annum, già sulla metàdell’Ottocento. Alla base, è una ricerca dimonumentalità e di durevolezza che sisposta dai monumenti e dalle gallerie allecappelle e alle edicole di diversi stili e di-mensioni. La pluralità delle storie private èunificata in una condizione comune nono-stante la differente dignità degli spazi, de-gli inserti decorativi e architettonici. I mo-numenti degli anni 80-90 dell’Ottocentotendono a celebrare la sensibilità laicausando immagini liberamente ispirate allareligione. La figura di dolente, desunta dal-la tradizione classica, e ripresa in età neo-classica nei progetti di Canova, ritorna nelmonumento Parodi.

I preziosi marmi del monumento, che idisegni di progetto ci confermano essere diBaveno, Carrara, granito, e i decori in bron-zo dell’arca elaborati da scultori abilissimi,

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Fig. 5 - Ettore Leoni, Edicoladella famiglia Bormioli.

Fig. 6 - Ettore Leoni, edicoladella famiglia Medioli.

Fig. 7 - Ennio Mora, edicoladella famiglia Corazza.

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eternano la memoria del defunto. All’inter-no della documentazione iconografica rife-ribile al tardo XIX secolo, varrà la pena ri-cordare i disegni dell’architetto FrancescoRivara per la lapide di Caterina e TommasoSteiner (1861)37 e il disegno (1864) per il se-polcro, lungo il viale centrale dell’ottagono,di Emilia Bergonzi Fioruzzi38. Tra i monumentiarchitettonici e scultorei che precedonol’ampliamento e l’arricchimento novecen-teschi del cimitero, ricordo il monumentoneoclassico a Nicolò Paganini (1782-1840),che Sante Bergamaschi ideò nel 1878 per ilmusicista, vicino alla tomba di IdlebrandoPizzetti (1880-1968). Nel monumento a Pa-ganini, voluto dal figlio Achille, l’urna è col-locata entro un tempio dorico, sopraeleva-ta su tre gradini, ornata con i motivi dellefiaccole rovesciate, già nell’antichità roma-na simbolo della morte, e con l’aquila re-cante il violino, eloquente rimando all’atti-vità del defunto, ritratto a mezzo busto suuna base ornata da uno stemma araldico.

La ricorrente preferenza accordata aun materiale lapideo o a particolari motivifigurativi, decorativi e architettonici è lega-ta all’esistenza di cataloghi cui facevanoriferimento gli artisti attivi in località eccen-triche e/o periferiche. In secondo luogo laconsapevolezza e la conoscenza di altrerealtà cimiteriali, divulgate dalle pubblica-zioni professionali illustrate sui cimiteri mo-numentali di Milano e di Genova favorival’aggiornamento degli stili e dei temi. Gra-zie alla diffusione di questa letteratura tec-nica destinata agli ingegneri e agli archi-tetti, artigiani del marmo, della pietra e de-coratori potevano disporre di un riccocampionario di stili e di modelli, di materialie di soluzioni iconografiche rimeditate e ri-proposte in sintonia con il luogo e con lacommittenza. Fra il 1881 e il 1885 “Ricordid’Architettura” pubblica dodici cappellegentilizie. Questi ed altri blasonati riferimentiuniti al repertorio del simbolismo funebre –sarcofago con face, torce capovolte, edi-cola, urna – ritornano nei monumenti e nel-le tombe Caprari Molinari, Scarabelli a Par-ma, Tedaldi (1880) e Sforza Fogliani (1887)nel Cimitero di Piacenza. Gli stilemi neogo-tici e neomedievali utilizzati nelle edicole

Bormioli, Medioli, Corazza sono eloquentetestimonianza della predilezione diffusa giànel secondo Ottocento per questo codicestile. Significativi di questa temperie di gu-sto sono il monumento sepolcrale della fa-miglia Piatti (1885-1890), e l’edicola checontiene il monumento alla memoria diCarlo Rossi (1898), entrambi nel CimiteroComunale di Piacenza39. Un’analoga incli-nazione allo stile neogotico emerge, all’in-circa negli stessi anni, nel Cimitero di Lodi40.

Nel Cimitero della Villetta, per qualità ericercatezza delle forme segnalo i sepolcriBulloni Serra realizzato dopo il 1861, OrtalliLaurent, Parodi, oggi Carra-Contestabili-Gardelli (1925). La qualità e il segno struttu-rale di ascendenza flaxmaniana dell’effigiefemminile posta di profilo, in ginocchio, allabase della grande edicola marmorea sullaquale compare il nome di Cleide GambaraBulloni Serra (1882- 1927), è un saggio nobi-lissimo della sensibilità e della padronanzadi mestiere dello scultore41. Nel delicato ri-lievo della donna si ravvisano assenza dipathos, echi di un purismo prezioso, memo-rie di un classicismo more romano e diBerthel Thorvaldsen, attivo in pieno regimenapoleonico42, mentre l’angelo a tutta fi-gura collocato al centro dell’edicola sopra-stante ha ritmi e cadenze liberty. Diverso ildiscorso per la statua del conte GiuseppeSerra (1855-1918), che fronteggia l’appara-to funebre parietale. La scultura, a tuttotondo, che ritrae il conte in posizione stan-

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Fig. 8 - Tomba Bulloni Serra,arco 102.

Figg. 9-10 - Part. della Tom-ba Bulloni Serra.

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te, è uscita dalla bottega di Antonio Leoni.Un linearismo morbido esibisce anche

la scultura in marmo di Carrara della tom-ba Rossi, sul viale centrale, senza tuttaviacedere all’intonazione capziosa e levigatadi tanta scultura déco di questi anni. L’arteitaliana del primo Novecento è intessuta diuna molteplicità di motivi ottocenteschi edi motivi nuovi, di residui neoclassici, ro-mantici, di accademismo celebrativo e diretorica monumentale.

Di grande significato è anche il disegnodi progetto per il sarcofago dei coniugi Pa-rodi (arcata 77) in cui il progettista si attar-da nella definizione di particolari decorativiquali le volute nei profili della base, le aqui-le agli angoli e gli acroteri, assemblandocitazioni neoromane e neorinascimentaliche non stridono con la figura femminilevelata, dolente e sontuosa, ancora oggi inomaggio al sarcofago. Se nell’Ottocento ilritratto del defunto è elemento rilevanteanche negli apparati funebri più modesti,nel Novecento l’imago clipeata di memo-ria classica scompare a favore di figurefemminili dai tratti evanescenti e sinuosi,consoni ai tratti del Liberty. Sono complessiplastici di raffinata eleganza e qualità ese-cutiva che riverberano, nella sapienzaoperativa dell’artefice, l’esigenza di auto-rappresentatività del committente. Sono ri-tratti del dolore privato. Tale tipologia di se-polcro era stilisticamente affine alla scultu-ra romantica veristico-descrittiva praticata

a fine secolo. Sulle tombe si raffigura ilcompianto dei vivi. Una tipologia cara algusto borghese che chiedeva agli scultoridi esprimere quello che è stato definito ilsenso della temporalità storica43, ossia la ri-costruzione minuziosa di ambienti. Il reali-smo descrittivo deve ribadire l’apparte-nenza del defunto e del committente auna classe sociale precisa, sovente richia-mata dalla presenza di oggetti che si riferi-vano alla professione esercitata in vita. È ilcaso della tomba di Donnino Pozzi (1894-1946), lungo il viale centrale, il cui corredoornamentale presenta gli strumenti del me-stiere: la tavolozza e i pennelli del pittore.

Il consistente ingresso della scultura inambito cimiteriale da un lato è legato alfatto che il cimitero è luogo deputato allaconservazione della memoria civile, dal-l’altro l’arricchimento scultoreo accomunail cimitero alle vie e alle piazze cittadine,ricche di una serie di busti, lapidi e monu-menti eretti per onorare uomini illustri. Si af-fianca all’attività dei grandi scultori quelladelle botteghe artigiane, organizzate perfare fronte alle nuove, numerose richiestedella committenza, talora volgarizzando illinguaggio aulico nella semplificazione del-l’artigianato artistico. A Parma, la ditta An-tonio Leoni lavora pietre e marmi, ed haper così dire il monopolio degli interventicostruttivi e decorativi nel Cimitero44. Alladitta Leoni si deve il disegno della tombaCloetta (1916)45 e la cappella di famiglia(1920), e Antonio Leoni continuerà a colla-borare con il figlio Ettore (1886-1968) inquesto specifico settore.

Nel Cimitero della Villetta la scultura èampiamente utilizzata sia a ornamento diuna tomba terragna (tomba Ferramola,tomba Lagazzi Rizzoli, tomba Visconti, tom-ba Bardiani Violi) sia di un’edicola architet-tonica (tomba Ortalli Laurent e Manzini)46

sia infine come stele (tomba dei conti Naz-zari Fulcini-Olivari). La molteplicità di questepresenze all’interno degli archi dell’ottago-no e nelle due gallerie non consente indi-cazioni privilegiate. Si può sottolineare co-me nella seconda metà dell’Ottocento e,segnatamente, dopo il 1880 ci sia stato an-che a Parma un vistoso aumento nel senso

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Fig. 11 - Sarcofago dei co-niugi Parodi.

Fig. 12 - part. del SarcofagoParodi.

Fig. 13 - Antonio (ed Ettore?)Leoni, Edicola Leoni, 1920.

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della grandiosità dei sepolcri. Nei decenniin cui il Simbolismo creava compiaciutemanifestazioni monumentali in linea con laripresa di una sorta di autocompiacimentodella classe imprenditoriale, si assiste allarealizzazione di una serie di tombe di di-mensioni importanti, ornate con statue agrandezza naturale. Ricordo i sepolcri Paro-di nell’arco, Ferramola nel campo lungo ilviale principale, Bulloni Serra nell’arco 102,Mancini nel campo allora detto della dina-mite, ossia il campo a destra dell’ingresso, ilfamedio di Cletofonte Campanini (1927) diGiuseppe Mancini (1881-1961). È un monu-mento alla musica arricchito dalle personifi-cazioni dell’Aurora e del Tramonto, nel qua-le si ravvisano riferimenti stilistici alle opere diLeonardo Bistolfi. Al medesimo scultore ca-salese (1859-1933) che trapassa dal floreali-smo descrittivo a un simbolismo di intona-zione spiritualista, sembra rifarsi Marzaroli neirilievi della tomba Stori (1911). Vi si scorgonogli echi secessionisti bistolfiani dell’EdicolaToscanini al cimitero Monumentale di Mila-no47. Uno scultore di interesse sulle cui ope-re occorrerà in futuro ritornare.

La semplificazione formale connotantei sepolcri Mauri Molinari, posto lungo il vialeprincipale, “via sacra” che conduce all’o-ratorio, Albertelli e Arisi, entrambi docu-mentati dai disegni del 191648, cede il po-

sto ad una maggiore ricercatezza compo-sitiva nei sepolcri Chiusi (1923), di cui siconserva il disegno dello scultore UrbanoFontana49, Violi Sandri e Talignani. In que-st’ultimo caso è lo stesso architetto ToninoTalignani che progetta la tomba (1924)per la propria famiglia50. Ritardi e anticipa-zione di gusto sembrano avere determina-to anche nel cimitero della Villetta la con-vivenza di edicole con soluzioni progettualie compositive molto diverse, soprattuttonei primi inquieti decenni del Novecento.

Le tombe e le edicole Bormioli (1924)Corazza (1925), Milza (1927) Grassi (1928),Molinari (1929), Medioli (1929), Chiari(1934), Tanzi (1939) e il vocabolario deglistili adottato dai rispettivi progettisti51 cheora inclinano al neomedioevo, ora al neo-bizantino, ora al neoromanico, riflettono lavolontà del committente di suggellare la fi-ne della propria esistenza terrena con unsegno imperituro che consegni ai posteri lamemoria di imprese, poteri, affetti. L’edico-la, vera e propria macchina funebre in pie-tra, è il corrispettivo dell’effimero catafalcoin legno e stucco cui dal Rinascimento atutto il Settecento era affidata, nel solenneofficio funebre, la celebrazione della me-moria di regnanti e di illustri personaggi. Lacomplessa architettura del catafalco cin-que e seicentesco, la cui composita arti-colazione formale e simbolica era funzio-nale a sottolineare il prestigio e l’autoritàdel defunto, e a perpetuarne la memoria,nel XIX e XX secolo si riproduce nella tra-sposizione litica della cappella di famiglia.

Responsabili della crescita della “cittàaltra”, la città dei morti, sono i più accredi-tati professionisti attivi sulla scena cittadina,alcuni dei quali in grado di operare sul dop-pio binario di tematiche progettuali peruna medesima committenza che chiedevaloro villini residenziali e architettura funera-ria. Come dire esigenze del quotidiano eattenzione a creare adeguate scenografiefunebri che perpetuassero la memoria del-la famiglia, o dello status. Ambizioni pubbli-che e private si coniugano in un rapportodialettico i cui protagonisti sono professioni-sti affermati chiamati ad esibire e traman-dare, attraverso la realizzazione del sepol-

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Fig. 14 - Tomba Visconti.

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cro, la distinzione della famiglia, la sua ap-partenenza a una determinata classe so-ciale. Lo spazio cimiteriale si frantuma nellesingole rappresentazioni. Ormai consolidatal’idea del cimitero come “attrezzatura” igie-nica urbana, le esigenze dei singoli determi-nano il progetto52. Eloquente e di indubbiaqualità progettuale è il cimitero di famigliache Giuseppe Crosa di Vergagni progettaper G. Battista Biaggi de Blasys, vicino allavilla che l’imprenditore ticinese aveva ac-quistato e ristrutturato a Croara, in val Treb-bia53. Si tratta di un piccolo cimitero intera-mente progettato in forme vezzosamenteneorococò, con una esibita cura del detta-glio che investe le architetture e gli ornati,come peraltro documentano i disegni dellaWolfsonian Foundation di Genova. Uno stileindubbiamente insolito, quanto meno perla destinazione, ma che si qualifica comel’episodio più coerente di un barocchettonel quale confluiscono elementi lombardi egenovesi. Nel Cimitero parmense, alle ele-ganze neorococò pare ispirarsi Ettore Leoninel progetto per l’edicola della famigliaTanzi (1939).

Il ruolo di architetti e scultori all’interno delCimitero della Villetta, vero e proprio cantie-re per l’attività plastica, con un’importanzae un coinvolgimento degli artisti che assu-mono dimensioni diverse, rilevanti e di presti-gio, si evidenzia con maggiore nitidezza nelprimo Novecento. Le famiglie patrizie e pos-

sidenti della città stipulano i primi contrattiper acquistare il diritto di superficie sulla qua-le erigere il proprio monumento, la cui tipolo-gia è ormai codificata da un lungo eserciziodi progetto dai maggiori architetti. Nella se-conda metà dell’Ottocento e ancor più neiprimi decenni del nuovo secolo dedicarsi al-l’architettura funeraria è prassi diffusa. Sipensi a Alessandro Marzaroli (1868-1951),scultore formatosi presso la locale Accade-mia di belle arti che nel disegno della tombadi Evaristo Tedeschi (1912) combina motivisimbolici classicheggianti, quali la corona dialloro, alla semplificazione stilistica preferitain ambito déco, mentre nella lapide com-missionata dalla Società di Mutuo Soccorsodei Barbieri a ricordo dei Caduti, da collo-carsi sul muro esterno della cappella Thovaz-zi (1920)54, abbandona il fluido tratteggiaredel discorso liberty che aveva caratterizzatoi disegni del 1919. Si pensi a Ettore Leoni(1886-1968), attivo per le famiglie Bormioli(1924), Romanini (1929), Chiari (1934), Tanzi(1939), a Camillo Uccelli (1874-1942), proget-tista delle edicole Milza (1927) e Molinari(1929), a Mario Vacca autore dell’edicolaMedioli (1929), a Ennio Mora (1885-1968),professionista largamente documentato alservizio di una committenza còlta, cui si de-vono, fra le altre, le tombe Scotti, Corazza,Pizzetti, Lagazzi, Mordacci, Rizzoli55.

Il significato della produzione funerariaall’interno dell’attività professionale di un

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Fig. 15 - Camillo Uccelli, edi-cola Milza (1927).

Fig. 16 - Camillo Uccelli, Edi-cola Molinari (1929).

Fig. 17 - Ettore Leoni, edico-la Tanzi (1939).

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architetto in questi anni è rilevante. Dedi-carsi anche alla progettazione funeraria èprassi diffusa tra i professionisti attivi a Par-ma cui si richiedono opere di alto valoresimbolico e rappresentativo, segno tangi-bile di imperitura memoria, segno visibile diaffetti e di glorie della famiglia.

* Sono grata a Marinella Pigozzi e a Michela Rossisempre disponibili interlocutrici. Grazie a Giancarlo Gonizzi.

1 A.M. Matteucci, Monumenti funebri di età Napo-leonica alla Certosa di Bologna, in “Psicon”, II, 4, 1975,pp. 71-78; A.M. Matteucci, Scenografia e architetturanell’opera di Pelagio Palagi. Decorazioni di tombe nelcimitero della Certosa di Bologna, in Pelagio Palagi ar-tista e collezionista, cat. mostra, Bologna 1976, pp. 130ss.; La Certosa di Bologna. Immortalità della memoria,Bologna, Compositori, 1998.

2 M. Basso, C. Bertoni, Il Cimitero di Verona: archi-tettura e scultura tra Neoclassicismo ed Eclettismo, inGli spazi della memoria. Architettura dei cimiteri monu-mentali europei, a cura di M. Felicori, Roma, Sassellaeditrore, 2005, pp. 171-185.

3 V. Terraroli, Il Vantiniano. La scultura monumentale aBrescia tra Ottocento e Novecento, Brescia, Grafo, 1990.

4 A. Acuto, Architettura del cimitero in Lombardia,in “Hinterland”, 29-30, 1984, pp. 24-39; Il Monumentaledi Milano, a cura di M. Pietrantoni, Milano, Electa 1992.

5 A. Còccioli Mastroviti, Architettura e territorio nel-l’Emilia occidentale, in Gli architetti del pubblico aReggio Emilia dal Bolognini ai Marchelli. Architettura eurbanistica lungo la via Emilia (1770-1870), cat. mostradi Reggio Emilia, a cura di M. Pigozzi, Bologna, Grafis1990, pp. 195-236; G. Gonizzi, I luoghi della storia II, Cittàdi Castello, Tipolitografia Petruzzi, 2001, pp. 30-43; M.Pizzo, Un museo per la morte. Il Cimitero di Piacenza,Piacenza, Tipleco, 2004, in part. 9-13.

6 Arte y arquitectura funeraria, Milano, Electa,2000; P. Albisinni, Il disegno della memoria, Roma, Kap-pa, 1994; O. Selvafolta, Identità pubblica e identità pri-vata nei cimiteri dell’Ottocento, in R. Pavoni (a curadi), Sette racconti ottocenteschi. Percorsi tea arte estoria nel XIX secolo, Museo Bagatti Valsecchi, Skira, Mi-lano 1997; P. Marconi, Culto della memoria o culto del-la tradizione?, in Architettura, Monumento, Memoria,Venezia, Arsenale, 1986 e il bel saggio di O. Selvafolta,L’architettura dei cimiteri tra Francia e Italia (1750-1900): modelli, esperienze, realizzazioni, in Gli spazi dellamemoria, cit., pp. 15-50.

7 D. Donghi, Manuale dell’architetto, vol.II Torino,Utet, 1923, Sezione I, IV Cimiteri, pp. 348-432, pp. 410 ss.Particolarmente interessanti le tipologie dei cimiteri diChiavari e di Lavagna, sulle quali si intrattiene l’autore;ma cfr. anche P. Carbonara, Architettura pratica, Torino,Utet, 1958, vol. III, tomo II, sez. 8, Cimiteri e monumenti fu-nerari. Per i cimiteri liguri e per la lunga interrelazionecreatasi fra scultura e architettura funeraria cfr. F. Sborgi,Il cimitero e i rapporti fra l’architettura e la scultura nelXIX secolo, in Gli spazi della memoria, cit., pp. 51-68.

8 P. Patte, Mèmoires sur les objets les plus impor-tants de l’architecture, Paris 1769.

9 S. Piattoli, Saggio intorno al luogo del seppellire,Modena, 1774, tradotto da F. Vicq d’Azyr, Essai sur lelieux et les gadangers des sépoltures. Traduit de l’italien(de Scipion Piattoli): pubblie avec quelques change-ments…, Paris 1778. Cfr. al proposito L. Camerlengo, Icimiteri: i casi di Vicenza, Verona, Padova, in Il Venetoe l’Austria. Vita e cultura artistica nelle città venete1814-1846, cat. mostra a cura di S. Marinelli, G. Mazza-riol, F. Mazzocca, Milano, Electa, 1989, pp. 408-409; L.Bertolaccini, Città e cimiteri dall’eredità medievale allacodificazione ottocentesca, Roma, Kappa, 2004.

10 F. Milizia, Principj di architettura civile, Finale 1781,rist. anstatica dell’ed. 1847, Milano, Mazzotta, 1972, pp.331-333.

11 A.C. Quatremère de Quincy, Dictionnaire histori-que d’architecture…, Paris 1832, tard. it. Dizionario stori-co di Architettura…, Mantova, Negretti, 2 voll., 1842-1844, vol.I, ad vocem Cimiteri, pp. 422-424; ma si vedaanche A. C. Quatremère de Quincy, Dizionario storicodi architettura, a cura di V. Farinati, G. Teyssot, Venezia,Marsilio, 1992 e il bel saggio di M. Dezzi Bardeschi, L’ar-chitettura dei morti, dai Giacobini all’Unità. Considera-zioni lungo la via Emilia, in Gli architetti del pubblico aReggio Emilia dal Bolognini ai Marchelli, cit., pp. 263-268.

12 La Lombardia delle riforme, Milano, Electa, 1987,in part. il saggio di G. Ricci, Milano. La regola e la città,pp. 183 ss.; ma si veda anche F.Venturi, Settecento rifor-matore,Torino, Einaudi, 1976.

13 L. Reynaud, Traité d’architecture contenent desnotions générales sur les principes de la construction etsur l’historie de l’art, Paris 1850. - 18658, pp. 324-325; sul-la presenza della natura nei nuovi progetti di cimiterocfr. L. Latini, Cimiteri e giardini. Città e paesaggi funerarid’Occidente, Firenze, Alinea, 1994.

14 Penso alla Veduta di Firenze con la tomba di Giu-seppe Sabatelli, dipinto da A. Morghen (1843) e al tonoelegiaco del Paesaggio di invenzione con tomba dedi-cata al poeta Edoardo Calvo dipinto da G. de Guber-natis nel 1804, recentemente discussi in L’Ottocento inItalia. Le arti sorelle. Il Romanticismo 1815-1848, a curadi C. Sisi, Milano, Electa, 2006.

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Fig. 18 - Alessandro Mar-zaroli, dettaglio EdicolaManzini.

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15 P. Marconi, A.Cipriani, E. Valeriani, I disegni di ar-chitettura dell’Archivio storico dell’Accademia di SanLuca, 2 voll. Roma, De Luca, 1974.

16 B. Adorni, I concorsi di architettura dell’accade-mia parmense, in L’arte a Parma dai Farnese ai Borbo-ne, cat. mostra di Parma, Bologna, Alfa, 1979, pp. 220-223; C. Mambriani, I disegni dell’Accademia di Parma,in “Il disegno di architettura”, novembre 1993, n. 8, pp.48-53 e, in precedenza, Concorsi dell’Accademia realedi belle arti di Parma dal 1757 al 1796, a cura di M. Pel-legri, Parma 1988.

17 F. Sborgi, Il Cimitero monumentale di Staglieno aGenova, in Arte y Arquitectura Funeraria, Milano, Elec-ta 2003, ed ora anche Genova, 2004

18 V. Terraroli, Il Vantiniano, cit.19 M. Basso, C. Bretoni, Il Cimitero di Verona: architettu-

ra e scultura tra Neoclassicismo ed Eclettismo, in Gli spazidella memoria. Architettura dei cimiteri monumentali eu-ropei, a cura di M. Felicori, Roma, Ssssella, 2005, pp. 171.

20 M. Bulgarelli, La riforma delle sepolture nobiliari aModena, in “Studi storici”, 1990, n. 4, pp. 999-1015; M.Bulgarelli, L’affare delle sepolture a Modena nella se-conda metà del XVIII secolo. Questioni mediche, am-ministrative, tecniche, architettoniche, militari, in “StoriaUrbana”, XIV, 51, 1990.

21 S. Zatti, La città del silenzio. Scultura e pittura nelCimitero Monumentale di Pavia, Pavia, Cardano, 1996

22 Cfr. le belle pagine di E. Valeriani, Il luogo dellamorte tra memoria e immaginario, in “Hinterland”, 29-30, I-II, 1984, pp. 40-48.

23 A. Còccioli Mastroviti, L’Accademia Atestina el’architettura a Modena nell’età della Restaurazione, inLa cultura architettonica nell’età della restaurazione, acura di G. Ricci, G. D’Amia, Atti del Convegno (Milano,ottobre 2001), Milano 2002, pp. 225-239.

24 Una “superba allea fiancheggiata di cipressi e, atratti, di statue…” è ricordata a proposito del progettodi collegamento del Cimitero Monumentale di Milanocon la città. La cit. è tratta da Sullo stile dei cimiteri, in“Giornale dell’Ingegnere Architetto ed Agronomo”,vol. III, n. 80, giugno 1856, p. 648.

25 R. Tossi, Carmignani padre e figlio, Cinisello Balsa-mo, A. Pizzi, 1980, p. 142.

26 A. Còccioli Mastroviti, L’Accademia Atestina el’architettura a Modena nell’età della Restaurazione, inLa cultura architettonica nell’età della restaurazione,cit., pp. 225-239; ma sul contesto modenese cfr. ancheM. Bulgarelli, L’affare delle sepolture a Modena nellaseconda metà del XVIII secolo. Questioni mediche,amministrative, tecniche, architettoniche, militari, in“Storia urbana”, 1990, n. 51, pp. 3-13.

27 O. Selvafolta, “Il giardino e il recinto”: il Père-La-chaise e l’architettura dei cimiteri italiani dell’Ottocen-to, in Il disegno e le architetture della città eclettica, acura di L. Mozzoni, S.Santini, atti del IV Convegno di Ar-chitettura dell’Eclettismo (Jesi 2002), Liguori, Napoli2004, pp. 351-378.

28 ASC, Licenze di fabbriche, b. 2/1861.29 Per lo stato di conservazione dei materiali impie-

gati cfr. il saggio di M. Rossi in questo volume.30 ASC, Licenze di fabbriche, b.2/1867, il disegno a

inchiostro, è firmato e datato in basso a sinistra Parma,7 luglio 1867.

31 ASC, Licenze di fabbriche, b. 5/1881.32 ASC, Culto, b.788.33 D. Riva, Architettura cimiteriale 1897-1912, in E. Bai-

rati, D. Riva (a cura di), Il Liberty in Italia, Bari, Laterza, 1985.

34 ASC, Licenze di fabbrica, b. 7/1890-1795, la richie-sta di approvazione del disegno è datata 17 marzo1892.

35 A. Restucci, Città e architettura nell’Ottocento, inStoria dell’Arte Italiana. Dal Cinquecento all’Ottocen-to. II. Settecento e Ottocento, Torino, Einaudi, 1982, pp.723-790, in part. pp. 756-760.

36 Sulla committenza borghese dei monumenti fu-nerari cfr. R. Bossaglia, Il liberty in Italia. Storia e fortunadel liberty italiano, Firenze 1974.

37 ASC, Licenze di fabbrica, b.1/1861.38 ASC, Culto, b. 7639 M. Pizzo, Un Museo per la morte. Il Cimitero di Pia-

cenza, Piacenza, Tipleco, 2004.40 M. Cantinotti, Il Cimitero “Vittoria” di Lodi scultura

funeraria 1880-1940, in “Archivio Stoico Lodigiano”, a.CXVII,-CXVIII/1998-1999, Lodi 2000, pp. 67-120.

41 ASC, Culto, 1908, b. 1629 e Licenze di fabbri-che,1861, b.1. La tomba Bulloni Serra è nell’arco 102.Per la cultura neoclassica e gli echi di Flaxman, sempreopportuno R. Rosenblum,Transformations in Late Eigh-teenth Century Art, Princeton University Press 1967, an-che nella trad. it.di M. Sanfilippo, Trasformazioni nell’ar-te. Iconografia e stile tra Neoclassicismo e Romantici-smo, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1984.

42 Berthel Thorvaldsen, cat. mostra di Roma, a curadi E. di Majo, B. Jornaes, S. Susinno, Roma, De Luca,1990; F. Mazzocca, Il primato della scultura: Canova eThorvaldesen, in Maestà di Roma da Napoleopne all’U-nità d’Italia, cat. mostra di Roma, progetto di S. Susin-no, Milano, Electa, 2003, pp. 99-103.

43 F. Sborgi, Staglieno e la scultura funeraria ligure traOttocento e Novecento, Torino, Artema, 1997, in part.p. 134.

44 ASC, Licenze di fabbriche, b.29/1916. La dittaaveva succursali a Viadana, Brescello e Gualtieri. AParma il laboratorio-studio di scultura aveva sede in viaFonderie,49; gli uffici in via Garibaldi,39. Alla ditta Leonisi deve anche il progetto per la tomba Gabbi “in mar-mo e pietra” come recita l’iscrizione sul disegno del1919.

45 ASC, Licenze di fabbriche, b.29/1916, la doman-da inoltrata al Sindaco di Parma dalla ditta Leoni è indata 15 gennaio 1916.

46 ASC, Licenze di fabbriche, b.63, 1929, allegate al-la licenza le foto dei bozzetti dello scultore.

47 R. Bossaglia, Percorso della scultura tra Ottocentoe Novecento, in Il Monumentale di Milano, cit., pp. 171-183; La Gipsoteca Leonardo Bistolfi, a cura di G. Mazza,Comune di Casale Monferrato, 2001.

48 ASC, Culto, 1916. Il progetto della tomba Arisi sideve alla ditta di Antonio Leoni.

49 ASC, Culto, 1923.50 ASC, Culto, 1924.51 G. Capelli, Gli architetti del primo Novecento a

Parma, Parma, Battei, 1975; B. Zilocchi, M. Iotti, Gli annidel Liberty, Parma, Battei, 1993.

52 Si vedano i piani di ampliamento dei cimiteri diTorino (1866), Genova (1867) e Roma (1872) che modi-ficano gli originari disegni frammentandosi in una mol-teplicità di linguaggi.

53 A.M. Matteucci, Neorococò nei territori già deiducati farnesiani, in Tradizioni e regionalismi. Aspettidell’Eclettismo in Italia, Atti del 2° Convegno di architet-tura (Jesi, 1999), a cura di L. Mozzoni, S. Santini, Napoli,Liguori, 2000, pp. 307-335.

54 ASC, Licenze di fabbriche, b.33/1020.55 ASC, Licenze di fabbriche. Lo studio sulle edicole

di queste famiglie è ancora in corso.

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Restituzione manuale del rilievodei prospetti:Cappelle Peracchi, studenteE. Ceci Neva; Cappella Bacigalupi-Cremonini,studenti C. Ferrarini, S. Mariotti,L. Monica, F. Petrolini;Cappella Romanini-Medioli, stu-denti C. Galli, A. Mariotti, C.Contini, L. Inzali.