L’immagine inserita all’interno della copertina è stata ... · Le Certose: direttrici...

80
L’immagine inserita all’interno della copertina è stata realizzata grazie al contributo del progetto “Assistenza a P.A. e P.M.I. per la realizzazione e gestione del P.I. G.A.C. Certosa di Padula” Finito di stampare nel mese di settembre 2008 Grafiche ZACCARA - Lagonegro – 0973 41300

Transcript of L’immagine inserita all’interno della copertina è stata ... · Le Certose: direttrici...

L’immagine inserita all’interno della copertina è stata realizzata grazie al contributo del progetto “Assistenza a P.A. e P.M.I. per la realizzazione e gestione del P.I. G.A.C. Certosa di Padula” Finito di stampare nel mese di settembre 2008 Grafiche ZACCARA - Lagonegro – 0973 41300

Coordinamento scientifico - Emilio Becheri – Mercury S.r.l. Ambiti tematici - Gianpiero de la Feld – ENCO S.r.l. Linea grafica - Ugo Picarelli – Leader S.a.s. Responsabile di progetto – Pierluigi Picilli Testi a cura di Elisabetta Ventisette Supervisione Pierluigi Picilli

Responsabile PI G.A.C. “Certosa di Padula“ – Vincenzo Russo Responsabile Misura 2.3 – Nadia Murolo Direzione attività e Resp. del Procedimento – Michele Rienzo Coordinamento – Tiziana Medici

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 3

INDICE

Finalità e metodologia dello studio

I I monasteri scelti come unità di osservazione a ragione della loro matrice di attrattiva storica

1.1 La diffusione dei monasteri: l’ipotetico viaggio di un turista perseverante 11

1.2 Le fasi del declino 17

II Gli attributi distintivi delle certose 2.1 La diffusione in Europa 22 2.2 La geografia delle certose in Italia 24 2.3 Dall’Analecta Cartusiana all’individuazione del contesto

competitivo 25 2.4 La complessità tipologica delle certose italiane 26 2.5 L’analisi dei concorrenti nelle Province certosine delle Lombardiae 28 2.6 L’analisi dell’ambito competitivo per il turismo di medio raggio 30

III I monasteri come “attrazione” 3.1 I canali di distribuzione 40 3.2 Le criticità nella gestione 41 3.3 La pluralità degli edifici artistici di matrice religiosa 43 3.4 Da attrattiva turistica a turismo del patrimonio storico-locale 45

IV Tre casi critici di indirizzo strategico

4.1 Il turismo autentico di religiosi. La Certosa del Galluzzo 49 4.2 L’innovazione radicale di prodotto nella Certosa di Calci 55 4.3 Verso una visione per capacità di strutturazione sistemica. La

Kirkstall Abbey 58

V Considerazioni di sintesi

Bibliografia

Appendice

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 5

Finalità e metodologia dello studio La valorizzazione turistica del Vallo di Diano passa necessariamente anche attraverso lo valorizzazione delle potenzialità turistiche legate ai monasteri; la presente trattazione è realizzata con l’intento di delineare le migliori opportunità di valorizzazione turistica del territorio di cui la Certosa di San Lorenzo è considerata il fattore di maggior attrattiva. Lo studio cerca di affrontare il tema delle opportunità del mercato turistico delle certose secondo prospettive differenti, col fine di produrre una visione reale del macroambiente in cui è inserita la “certosa” intesa come risorsa locale, e, quindi, poter indirizzare le scelte di posizionamento (mercatistico) meglio sostenibile sia per la Certosa di per sé, quanto per il Vallo di Diano inteso come regione territoriale in cui la certosa stessa è radicata, e di cui è stata assunta come simbolo. L’indagine viene deliberatamente impostata ed affrontata secondo un approccio di carattere “esplorativo”, al fine di evitare soluzioni di lavoro immediate tanto semplicistiche, quanto fragili da sostenere nel lungo periodo. Ne discende un’analisi che vede la certosa di Padula assumere il ruolo di Cicerone nella scoperta di un mondo bisognoso e meritevole di valorizzazione strategica anche per gli altri monasteri diffusi in tutta Italia. Non a caso emerge da subito che la letteratura di matrice manageriale sul tema dei monasteri è incredibilmente scarsa, lasciando un vuoto teoretico che frammenta l’interpretazione sinergica del fenomeno monasteriale. Pertanto, a partire da un excursus sul percorso storico, e sulla situazione attuale dei monasteri, si inizia ad impostare una riflessione circa le potenzialità di “rivitalizzazione del ciclo di vita economico” di questa risorsa, al fine di salvaguardare la storia di un passato che accomuna nell’arte l’intera penisola, la declina in traduzioni forti di identità locali, e la responsabilizza nell’individuazione personalizzata di modalità attuali di preservazione e di gestione. Si noterà che la prospettiva dalla quale vengono visti i monasteri tende a prescindere dalla loro funzione d’uso originaria (l’ospitalità per i vari ordini monastici), perché ambisce a far emergere la funzione tecnica-economica di ruolo cardine nel presidio territoriale dei monumenti attraverso il potere simbolico e reale da essi stessi rappresentato per secoli. Tale potere solo in alcuni casi è bastato a preservare le comunità monastiche; più spesso ha decretato le sorti alterne, fino alla distruzione, dei monasteri; in altri casi, come per la

Finalità e metodologia dello studio 6

Certosa di Padula, i monasteri sono riusciti a salvarsi dai capricci della storia pur riportando gravi ferite quali la dispersione di moltissimi loro tesori (oltre, ovviamente, all’abbandono del più prezioso, ossia i monaci stessi). Ciononostante le comunità come il Vallo di Diano - che conservano almeno la struttura degli antichi monasteri continuano a guardarli con un orgoglio forte non solo di memoria storica, ma di aspettative per una nuova primavera, tanto che un monumento antico quanto la Certosa di Padula (risale al 1304) è stato eletto a novello simbolo di una comunità sostanzialmente moderna (la Comunità Montana Vallo di Diano è stata ufficialmente istituita nel 1975). Nel compendio dei molteplici punti di vista sul fenomeno “monasteri”, il filo conduttore della riflessione si prefigge di rimanere ancorato alle peculiarità di caso cui è finalizzata la trattazione, ossia alla Certosa di Padula, vista, in particolare, nella sua natura di “monastero storico”, nella sua specificità tipologica di “certosa”, tramandata nell’architettura ma non nella componente antropica religiosa dei monaci. A fronte di detta finalità, lo scopo di valorizzazione del monastero nel senso di attrattore turistico rispetto all’area locale in cui sorge viene affrontato con l’obiettivo di individuare e di scandire i rapporti di forza, le opportunità, ma anche le debolezze e le minacce che sussistono nell’ambiente mercatistico reale del turismo. La generalizzazione della tematica è assunta quale espediente tecnico attraverso cui si cerca di maturare quel distacco prospettico indispensabile al rigore della coscienza analitica. Infatti, le lodevoli ambizioni di rinascente gemmatura per i monasteri si scontrano col freno della nebulosità di una gestione deliberata non per tutti univoca, e quasi sospesa nei venti delle politiche localistiche, in cui è vischioso, per un analista esterno, evincere cardini di assoluta predominanza teoretica. Il percorso tracciato riguarda proprio un’indagine esplorativa sullo stato attuale della gestione dei monasteri, affiancando alle certose gli edifici monastici anche degli altri ordini di religiosi, complessivamente indicati nel seguito come “monasteri”. Questa scelta di ampio respiro è motivata in considerazione della finalità “turistica” che si cerca di perseguire, e che, dal punto di vista di un pubblico “medio” e non meglio specificabile in questa fase, troverebbe quantomeno azzardato restare ancorati ad un core di prodotto tanto specialistico quanto lo sono le certose in senso proprio. Con in mente i proponimenti sopra esposti, la trattazione dell’indagine esplorativa segue una metodologia multipla di analisi, nel tentativo di individuare il maggior numero di aspetti attraverso cui poter scegliere,

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 7

poi, le soluzioni più efficaci al caso specifico. A fronte della scarsità della letteratura prettamente aziendalista al riguardo, lo scopo di un approccio multiplo è quello di capire come la stessa tematica sia stata affrontata da stakeholders culturalmente e storicamente sensibili ad una prospettiva gestionale. In particolare, l’accurata analisi desk sulla letteratura esistente riguardo alle certose e ai monasteri (sostanzialmente di natura divulgativa, o storica e artistica) è accompagnata da un approfondimento sistematico sulle fonti che contengono quantomeno “cenni” di approccio gestionale. Segue una strutturazione dei percorsi di approfondimento diretta dal principio della coerenza col caso della certosa di Padula, che si prefigge di fuggire da sentieri semplicistici di analisi. Tant’è che sono condotte interviste ad interlocutori privilegiati (parroci esperti di turismo, i monaci della Certosa del Galluzzo, il personale di contatto della Kirkstall Abbey); gli approfondimenti sui casi di studio critici sono affrontati altresì con sopralluogo diretto. La ricerca è arricchita con una content analysis del materiale divulgativo (brochure, articoli promozionali, siti Internet) cui è stato possibile accedere sia tramite ricerca desk e sul posto, sia durante i colloqui con gli interlocutori privilegiati. Di grande aiuto è anche il materiale letterario a firma religiosa che ha affrontato in maniera diretta e indiretta la tematica dell’approccio turistico agli edifici con contenuti artistici e architettonici iconografici. Le considerazioni che ci si prefigge di conseguire con questa indagine esplorativa non hanno da essere, ovviamente, conclusive, ma si prefiggono l’obbiettivo di riuscire ad indirizzare la scelta motivata di successivi approfondimenti mirati. Le indicazioni che ci si accinge a produrre sono pertanto ritenute presupposto indispensabile per una impostazione teoretica solida su come la certosa di Padula possa contribuire alla valorizzazione attuale del Vallo di Diano nel suo essere una risorsa locale ritenuta rilevante per il turismo. Il capitolo che segue cerca di scandire la natura del prodotto turistico individuando nei monasteri l’unità di osservazione dell’indagine, e ha un timbro di carattere introduttivo-descrittivo. Lo studio dell’unità d’analisi (ossia delle certose) è invece affrontato nel capitolo terzo. Seguirà il tentativo di astrazione teoretica (capitolo 4), e, infine, nel capitolo 5, una declinazione pragmatica delle principali criticità di ordine strategico emerse nell’indagine.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 9

I I monasteri scelti come unità di osservazione a ragione della loro matrice di attrattiva storica

Il termine “monastero” deriva dal greco monastérion, che significa “cella per l’eremita”, e indica il luogo in cui vive una comunità di monaci. “Quest’ultimo termine (dal greco mònachos) deriva invece da mònos, “solo”, e indica la persona che ha scelto la vita religiosa ed è divenuto membro di una comunità monastica” (Sciontino, p. 106). Il fenomeno del monachesimo, animando luoghi di ricerca e di formazione spirituale, di meditazione e di preghiera, di operosità e di accoglienza, ha segnato la storia non solo della cristianità, ma dell’intera civiltà occidentale. Le due forme classiche di monachesimo sono quella cenobitica, e quella eremitica: gli uni si differenziano dagli altri in quanto praticano una vita comunitaria anziché solitaria. In Occidente questo fenomeno si sviluppò nel VI secolo, per opera di San Benedetto da Norcia che indicò la necessità di realizzare fra le mura monastiche un mondo autonomo, dotato delle strutture e dei servizi necessari per non dover dipendere dall’esterno. Altri monasteri sorsero sull’esempio di quello fondato da San Benedetto, come quelli dei Cluniacensi (da Cluny1), dei Certosini (la Grande Chartreuse2), e dei Cistercensi (dal nome dell’abbazia di Citeaux3). I monasteri non costituiscono un ordine religioso: ognuno di essi può essere una comunità a parte (come l’abbazia4), oppure fare parte di

1 L’ordine cluniacense, fondato nel 910 in Francia, infuse nuova vita al monachesimo. Nacque e si consolidò un nuovo metodo di organizzazione: ogni nuovo monastero che veniva fondato doveva rimanere strettamente collegato alla casa madre. Questi monasteri erano esenti da ogni controllo locale e unicamente responsabili davanti al Papa. Clouse, p. 260 2 L’ordine è stato fondato da San Bruno nel 1084. 3 L’ordine, fondato nel 1098 a Cîteaux come ramo di una comunità benedettina, intendeva tornare alla stretta osservanza della regola di San Benedetto, in contrapposizione alla decadenza che aveva investito Cluny. La regola dell’ordine sottolineava l’importanza del lavoro manuale anziché dello studio. I monaci dovevano essi stessi costruire i loro monasteri nei posti più deserti e rifiutare titoli onorifici, donazioni e protezione da personalità laiche. Clouse, p.267. 4 L'abbazia (detta anche abazia o badia a seconda se diretta da un abate o una badessa), è un particolare tipo di monastero, che per il diritto canonico è un ente autonomo. Ognuna di esse ha un proprio regolamento (denominato costituzione, una sorta di atto costitutivo), che regola e disciplina la comunità di religiosi. Il nome deriva dal tardo latino abbatia, ed indica appunto il complesso edilizio nel quale vive una comunità di religiosi retta da un abate o da una badessa. Il numero minimo di membri dell'abbazia è di dodici religiosi. In Italia, dopo il 1848, varie leggi dello Stato sancirono la perdita della personalità giuridica per alcune categorie di enti religiosi, tra cui le abbazie ed i priorati. In origine le abbazie erano completamente indipendenti le une dalle altre. Soltanto con la fondazione di Cluny iniziò un processo di centralizzazione. L’abate e la badessa locali, pur avendo piena autorità nell’abbazia possono dunque essere soggetti a un “primate”. Sciortino, p.186.

I monasteri scelti come unità di osservazione 10

confederazioni, con alcune funzioni di coordinamento e di mutuo aiuto. Monastero non è neppure sinonimo di convento5. Quest’ultimo venne introdotto con l’avvento degli ordini mendicanti, i cui monaci sono chiamati “frati” e “suore”, cioè fratelli o sorelle. A differenza del monachesimo orientale ascetico, i monaci occidentali vivevano e vivono, un’esperienza religiosa che alternava alla preghiera e alla meditazione il lavoro nei campi, creando comunità economicamente autosufficienti e protette che, in caso di pericolo, offrivano valida difesa alle popolazioni minacciate. “Nei secoli dell’Alto Medioevo fino al Mille era inconcepibile fare dell’apostolato religioso senza curarsi anche delle necessità temporali, o compiere una predicazione d’ordine spirituale senza avere prima provvisto alle inderogabili esigenze materiali degli uomini; fu per questo che la Chiesa cattolica, senza venire meno ai suoi princìpi essenziali (cercare prima il Regno di Dio) si adattò alla mentalità collettiva e sanzionò le paci, chiese la fedeltà della parola data, organizzò tregue in nome del Cristo e dei Santi, volle che si rispettassero le persone e le cose altrui, si prese cura dei bisognosi con molteplici forme assistenziali. (...) Le incombenze assolte dagli ecclesiastici nell’Europa occidentale durante il Medioevo portarono tra l’altro ad un vertiginoso aumento dei beni delle chiese; legato ad esso fu ovviamente un accresciuto interesse dei sovrani e dei grandi feudatari per la scelta dei principali titolari dei principali istituti vescovili e monastici di ogni paese. (...)” (Tacchi Venturi, pp. 220-224). Parallelamente, quindi, al brulicare di piccole cellule monastiche spontanee negli spazi incolti dell’Europa dei secoli VI e VII, dove pullulavano piccoli gruppi monastici, ognuno dei quali lottava contro la boscaglia, il disordine di fiumi e torrenti, e la palude, cominciò a sostituirsi lentamente la costituzione di monasteri più grandi, per iniziativa di re e di signori locali. I nuovi monasteri cominciarono ad assumere anche la fisionomia d’importanti aziende, dotate di estese proprietà. Dalle “grangie” benedettine e cistercensi (vere e proprie fattorie medievali) partirono addirittura opere di bonifica e

5 Il convento è una struttura successiva all'abbazia, generalmente di dimensioni più modeste, meno complessa sul piano architettonico, ed ha funzioni quasi esclusivamente residenziali. Esso infatti non costituisce l'intero mondo dei propri residenti: gli ospiti (frati e suore) sono membri di ordini regolari (cioè dotati di una propria regola), ma non conducono la vita prevalentemente contemplativa dei monaci, e anzi sono spesso integrati nel clero. Ma soprattutto sono dediti alla vita attiva nel mondo, dove assumono ruoli e funzioni principalmente nei servizi (assistenza sociale e sanitaria, scuola). Il convento cioè, nato alla fine del Medioevo, quando erano ormai cadute le ragioni di autodifesa e di riorganizzazione dell'ordine sociale sorte nelle epoche barbariche, non ha più quella caratteristica di grande azienda agricola e di centro di una comunità rurale, che le abbazie avevano mutuato dalla villa romana, e non è neppure, in genere, il grande centro intellettuale e culturale che esse erano state. Esso tuttavia consente di ripristinare una qualche autonomia spirituale della comunità religiosa (composta di clero e di laici) dal mondo, a differenza della struttura fortemente incardinata nel potere temporale che le abbazie erano diventate nel tempo.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 11

messa a coltura delle campagne circostanti. I monasteri benedettini assolsero altresì un’importante funzione culturale, tant’è che Carlo Magno affidò loro il compito di organizzare un sistema regolare d’istruzione. Ed è proprio grazie ai monasteri che nel Medioevo si è tramandata altresì la cultura classica.

1.1 La diffusione dei monasteri: l’ipotetico viaggio di un turista perseverante

Per rendere attuale lo scenario monastico oggetto di osservazione è utile tracciare il contesto d’indagine, in modo da potervi tracciare le coordinate con cui orientare il proseguo del lavoro. L’informazione raccolta sui fulcri monasteriali più significativi attraverso una content analysis dei testi dedicati alla descrizione e alla celebrazione di monasteri e abbazie celebri (mancano fonti scientifiche di impostazione manageriale) consente di cogliere l’alto livello di competitività reale (come attrattiva culturale, umanistica e artistica) che esiste tra i più svariati monasteri sia nel confronto interno all’Italia, sia nel confronto con alcuni dei punti di riferimento storici e simbolici presenti all’estero. In un ipotetico viaggio che intenda ripercorrere le mete più significative del monachesimo, prima di procedere come viaggiatori alla scoperta delle ragioni di tappe più intime di contenuti, la prima tappa celebre da inserire in programma è certamente Subiaco, in provincia di Roma, perché è qui che fu concepito il monachesimo occidentale ad opera di San Benedetto. Benedetto, si fece eremita nella valle dell’Aniene, dove incontrò un monaco che, capendo le sue intenzioni, lo aiutò a scegliersi l’antro adatto per la sua clausura totale. Era il cosiddetto “Sacro Speco”, dove la solitudine e la bellezza austera del luogo suggestionano ancor oggi l’uomo. La distanza originariamente assai impervia tra il Sacro Speco e il monastero di Santa Scolastica (Scolastica, sorella di Benedetto, si era già decisa per la vita religiosa prima che il fratello lasciasse la natale Norcia) segnò l’ispirazione per il passaggio dalla dura esperienza eremitica di Benedetto – fondata sulle esperienze dei monaci del Medio Oriente - a quella cenobitica di dodici piccoli monasteri. Oggi all’interno del Sacro Speco le opere d’arte e di devozione realizzate nel corso dei secoli ornano chiese e cappelle sorte sulle grotte dove Benedetto si ritirava per meditare e per pregare. Nel monastero di Santa Scolastica si concentrano invece le attività aperte agli ospiti, in parte legate alla spiritualità (incontri, preghiere), in parte ad altre occupazioni (concerti, pittura, erboristeria, apicoltura, stampa); vi si possono ammirare anche i primi libri stampati d’Italia perché è proprio qui che, nel ‘400,

I monasteri scelti come unità di osservazione 12

venne fondata la prima tipografia italiana ad opera di alcuni frati fuggiti da Magonza (la città di Gutenberg, inventore della stampa). L’attuazione integrale dell’ideale cenobitico di Benedetto si ebbe però a Montecassino. L’abbazia di Montecassino, sempre nel Lazio, infatti, fu fondata dal Santo verso l’anno 529 e detiene ancor oggi le tombe di San Benedetto e di Santa Scolastica. E’ considerata il monastero più famoso della cristianità. “Per quattro volte distrutto nei secoli, per quattro volte esso è stato ricostruito, e domina oggi dall’alto di un possente sperone la dolcissima e industre vallata sottostante, a dare testimonianza della forza perenne dello spirito sulle dissennate distruzioni operate dagli uomini. (...) Qui, nel 529, giunse con pochi compagni, provenendo da Subiaco, Benedetto da Norcia (...) e il tempio di Apollo fu trasformato in oratorio (...); e iniziò quell’opera di preghiera e di assistenza alla popolazione civile che costituì un luminoso titolo di benemerenza storica, oltre che culturale, del monachesimo benedettino e meritò a Montecassino la definizione (...) di Atene medievale nella notte di molti secoli (...). Quando arrivano in fila i pullman turistici per la visita, e i gruppi dei gitanti si sparpagliano con le loro rispettive guide fra le scale, i chiostri e la chiesa (...), la stessa grandiosa basilica con la fastosa profusione dei suoi ori, dei suoi marmi, e degli affreschi (...) suggerisce uno stato d’animo più di stupita ammirazione che d’intimo raccoglimento. (...) E così (..) davanti alle tombe di san Benedetto e di santa Scolastica (...) quello stesso brivido ritorna e si fa emozione, stemperandosi in un più intenso e acuto invito alla riflessione e alla meditazione, allo stesso modo che nel silenzio della biblioteca, dotata di centocinquantamila volumi, e dell’archivio ricco di documenti di fondamentale importanza”. (Prisco, pp. 34-40). Nel museo allestito a sinistra della basilica, sono esposti inoltre molti cimeli paleografici, pitture e sculture, argenterie. Quella benedettina fu una rivoluzione perché pose il lavoro nel cuore stesso della dignità dell’uomo6. “San Benedetto inserì fra i capisaldi della sua fondazione la stabilità. In base ad essa il monaco non doveva lasciare il monastero, ma il monastero doveva offrirgli tutto ciò di cui aveva bisogno. Il monastero diventava così non solo una città di Dio (...), ma anche un manifesto (...) della stessa città civile (...). Il monastero autosufficiente doveva perciò avere magazzini dei viveri, cantine, orti da coltivare, ripostigli per gli attrezzi da lavoro, ma anche la biblioteca, la

6 Nell’antichità il lavoro era prerogativa degli schiavi, un segno d’avvilimento. Essere liberi significava non lavorare e quindi vivere delle fatiche degli altri. San Benedetto ha tradotto il lavoro non solo in regola di vita per le sue comunità monastiche (Ora et labora), ma in sistema di vita per i popoli attraverso la concezione del monastero autosufficiente Volpini, p.65.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 13

farmacia, giardini, camere per gli ospiti (...). Questo modello rappresentava forse il meglio che si potesse desiderare in secoli in cui l’agricoltura era la base della vita e la gran parte della gente era analfabeta e, se malata, non sapeva e non aveva di che curarsi” (Rocca, p. 66). Seguendo nell’ipotetico percorso di visita alla ricerca dell’eccezionalità dell’attualizzazione monastica nella declinazione degli ordini, piuttosto che attenersi al rigore della sorgente storiografica, allora si scoprono luoghi come l’abbazia di Novicella. Questa, in Alto Adige, è annoverata addirittura come ottava meraviglia del mondo7. Casa degli Agostiniani, nel 1142 era già in piedi come embrione dell’opera attuale. “Favorita dalla posizione geografica, lungo la strada che collega il Nord e il Sud dell’Europa, ha una vera vocazione per l’ospitalità e il soccorso ai viaggiatori e ai pellegrini, tendenza che si è attualizzata facendo di Novicella una centrale di studio della pastorale del turismo, [con ...] una grande sensibilità per i valori d’arte e cultura, i primi che colpiscono anche il non credente che venga a visitare questo luogo. Costruita come le grandi abbazie medievali, cioè come un complesso molto articolato e quasi autosufficiente, Novicella conserva ancor oggi la pianta basilare delle origini, che a sua volta si ispira al modello del castrum romano. (...) E’ il nucleo originario, costruito nella solidità dello stile romanico, che ancor oggi risulta ben riconoscibile nelle strutture della chiesa e del chiostro, oltre che nell’impianto di quell’edificio che si suol chiamare Castel Sant’Angelo. (...) L’età gotica e la paura dei Turchi, costringendo a erigere merli e, in cima, una lanterna-vedetta, hanno fatto di questo torrione romanico un pezzo di oreficeria, con nervature gotiche e tegole verdi (..) che ci portano, d’un balzo, nel paese delle fiabe” (Chiusano, pp.4-5; 8). Nella grande sala della biblioteca, che venne ridisegnata nel ‘700, “bianca verde e oro come una bomboniera rococò divenuta gigante” (Chiusano, p.7), vi sono conservati oltre 73.000 tra volumi e codici, vere opere d’arte, sopravvissute alle distruzioni dei secoli precedenti, che fanno immaginare il canto corale che da quelle pagine traeva spesso alimento e ispirazione. Ed in questi luoghi, “dove la viva realtà religiosa è scritta, letta, meditata, cantata, dipinta, scolpita, architettata” (Chiusano, p.9), vengono ospitati i laici per convegni e giornate di studio. Allorché e se la grandiosità dell’affermazione fenomenica diviene musa ispiratrice del percorso di visita, diventa difficile desistere dal raggiungere almeno il museo annesso alla Grande Chartreuse, in Francia.

7 Il pozzo detto “delle meraviglie” che sorge nel cortile dell’abbazia ha dipinte sulle arcatelle le sette meraviglie del mondo, più l’abbazia, ritenuta evidentemente dall’autore l’ottava.

I monasteri scelti come unità di osservazione 14

Nel 1084 Bruno, direttore della scuola di teologia della cattedrale di Reims, famoso per i suoi studi, il suo insegnamento, e per le sue denunce contro i potenti corrotti, nel clima arroventato della lotta per le investiture decise di abbandonare tutto e diventare eremita. Da questo carattere nacque uno dei più severi ordini claustrali, i Certosini, una comunità di eremiti stabiliti nel silenzio di un declivio del massiccio della Chartreuse che dette il nome al loro monastero: la Grande Chartreuse, appunto. “La compongono diversi edifici in stile Luigi XIV (..) e ha una succursale, la Correrie, la casa bassa, a tre chilometri e mezzo, dove fino al XVII secolo vivevano i monaci conversi, che si dedicavano ai lavori manuali e all’accoglienza dei visitatori, mentre i padri, dediti solo alla preghiera e allo studio, rimanevano segregati nel silenzio e nella solitudine totale di quella che era stata battezzata la casa alta. Questa divisione terminò alla fine del ‘600. Oggi la Correrie è stata trasformata in un museo che in parte ripropone, permettendo di conoscerne visibilmente le strutture e la storia, gli ambienti della Grande Chartreuse. Non si può invece visitare quest’ultima, difesa dalla cinta delle mura e dal grande deserto, che solo nel periodo estivo può essere violato da drappelli di turisti, ma che rimane intatto nei lunghi mesi invernali, quando la neve rende arduo l’accesso alla valle” (Bonante, p. 70-71). La lontananza dalle città e il vivere in luoghi solitari comporta, come conseguenza, di non poter usufruire regolarmente di elemosine e altre erogazioni, e quindi ha da sempre imposto l’autonomia economica (Rocca, p.74); i fratelli conversi (che complementano la preghiera e lo studio dei padri) svolgono quei lavori manuali che servono a sostenere la comunità (modellano splendidi prodotti in ferro battuto e in legno, distillano il celebre liquore delle caves de la Chartreuse, a Voiron, una cittadina a venti chilometri dal monastero). Chiamato poi in Italia dal pontefice Urbano II, San Bruno fondò una nuova certosa, a Santa Maria della Torre, in Calabria, per riprendere la vita eremitica senza allontanarsi troppo da Roma come richiesto da Papa in lotta contro l’imperatore e l’antipapa Clemente III. Proprio nella certosa di Serra San Bruno morì nel 1101. Gli splendori del passato, anche se hanno fatto Storia, da soli non bastano a preservare i simboli, i luoghi, e i monasteri, e quindi a saziare l’anelito del viaggio. L’abbazia di Cluny, di nuovo in Francia, con atto di fondazione risalente al 910, ne è un esempio. “Cluny ieri: la culla delle tendenze riformatrici monastiche del basso Medioevo. Ovvero, la seconda Roma, legata alla prima, sede papale, con uno speciale vincolo capace di preservarla a lungo da indebite ingerenze di signori feudali o di vescovi

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 15

intriganti. Cluny: soprattutto un’oasi di preghiera. Preghiera personale, ma specialmente preghiera comunitaria. E insistita” (Chiara, p.77). Nella storia del monachesimo Cluny rappresenta la possibilità di equilibri diversi da quelli tradizionali, perché la Regola di San Benedetto, in quel momento adottata da molte comunità e sostenuta dall’appoggio imperiale, non bastava più per rispondere alle esigenze del tempo. Allora Cluny riuscì a scavalcare la struttura diocesana (secondo cui tutto ciò che avveniva nella diocesi avrebbe dovuto dipendere dal vescovo locale), e, richiamandosi invece direttamente al papa, rafforzò il movimento di centralizzazione della vita della Chiesa verso Roma, e mostrò al contempo come un ordinamento puramente locale non avesse la capacità di coordinare i suoi tantissimi monasteri e priorati sparsi in tutta Europa. Però mutò anche la base economica del monastero che, non producendo ciò di cui aveva bisogno per il proprio sostentamento, finiva per approvvigionarsi di tutto dall’esterno, accettando donazioni: un oggettivo punto di debolezza. Nel periodo in cui Cluny raggiungeva l’apice della sua potenza “l’area di influenza spazia dalla Vistola al Portogallo, dal Nord Italia alla Scozia. Nella casa-madre ci sono ben quattrocento monaci” (Chiara, p.79). Ma sul finire del ‘700, nell’epoca dei lumi e della rivoluzione francese, l’abbazia di Cluny è vista come uno dei principali simboli del cosiddetto “oscurantismo religioso”, e, nell’arco di vent’anni o poco più, “Cluny assiste ad una sistematica quanto oltraggiosa opera di distruzione. I picconi e le mine risparmiano a stento qualche edificio del complesso abbaziale, ma inghiottono i nove decimi dell’imponente basilica. Al posto della navata centrale, polverizzata, viene tracciata una strada. Sui ruderi, a sinistra sorge un albergo. A destra, in fondo, calpestando in parte transetto, coro e abside, ecco le stalle per la riproduzione della migliore razza equina d’Oltralpe. Cluny oggi: un paio di campanili, qualche torre, delle cappelle, dei palazzi sfiorati a est dal tgv, il treno superveloce che collega Lione a Parigi” (Chiara, p.77). Tornando su suolo italico alla ricerca di mete sopravvissute ai tempi, e cercando, nello specifico, quei monasteri rimasti radicati nell’ambiente insediato, ci si accorge che non sono affatto pochi quelli celebrati per la complicità della loro storia all’evolversi delle sorti dell’ambiente locale. L’intrecciarsi della presenza dei monaci alle vicissitudini dell’ambiente locale celebra, ad esempio, il monastero di Chiaravalle di Fiastra. “La storia di Fiastra non può prescindere dalla storia della valle, dove l’abbazia ebbe una posizione e un ruolo dominanti perché regolava la vita religiosa, civile e anche economica delle Marche, e non solo delle Marche, in quanto possedeva anche in altre regioni poderi e fattorie”

I monasteri scelti come unità di osservazione 16

(Valentini, p.89). La vita autonoma dell’abbazia durò 314 anni; nel 1773, “passò” alla famiglia Bandini, che provvide, di volta in volta, ai restauri, e che contribuì a farle riassumere, nei limiti del possibile, una funzione di promozione sociale, finché dal 1918 si avviò a divenire una fondazione agraria. “Oggi l’abbazia, che è sede permanente di una mostra che illustra la sua storia, è monumento nazionale. (...) La fondazione lavora perché si realizzi l’opera di formazione agricola e sociale della comunità locale. Ma l’abbazia sta diventando, sempre più spesso, anche sede di convegni storici; e se essa, come è speranza di tutti gli studiosi marchigiani, potrà tornare in possesso delle famose Carte fiastrensi8, diventerà un archivio di ricchezza incalcolabile. Intanto, dopo secoli, sono tornati tra le mura di Fiastra i Cistercensi” (Valentini, p. 90). Ancora, nell’ambito dei monasteri radicati nel loro ambiente locale, e annoverati altresì tra i “monumenti nazionali”, si trovano, tra gli altri, i seguenti. L’abbazia di Farfa, nel Lazio, in provincia di Rieti, memore della regola benedettina, occupata dai saraceni nell’898. Aderì alla riforma cluniacense agli albori dell’anno Mille quando diventò un piccolo Stato, con possedimenti dall’Adriatico al Tirreno. Carlo Magno aveva donato all’abbazia il privilegio di esenzione da qualsiasi potere civile ed episcopale, tanto che con lo scoppio della lotta per le investiture l’abbazia imperiale dovette patteggiare non per il papa, ma per l’imperatore. Quando poi, nel 1861 la legge Pepoli abolì i beni ecclesiastici, l’abbazia e il suo borgo passarono allo Stato, che li vendette a privati. Gli eredi dell’ultimo proprietario hanno infine ridato ai monaci il monastero e un po’ di terreno intorno. La biblioteca contiene 35.000 libri, conservando volumi dal pregio inestimabile (Zambonini, pp.66-70). L’abbazia di Grottaferrata, nel Lazio, sopravvisse alla soppressione dei monasteri al tempo della legge italiana per merito delle sue gloriose tradizioni storiche e culturali, e fu poi soggetta direttamente alla Santa Sede da quando, nel 1937, papa Pio IX le conferì il rango di abbazia territoriale. L’abbazia di Cava dei Tirreni, a Salerno. Nata in una grotta attorno al 1020, da lì un monaco proveniente da Cluny diede inizio ad un cenobio (centro di vita monastica in comune). Il periodo di maggior fulgore si ebbe col terzo abate, Pietro di Salerno, il quale tra i tanti meriti ebbe quello di inventare il contratto ventinovennale di lavoro, rinnovabile, trasformando il contadino da precario, in lavoratore stabile con la famiglia 8 L’abbazia di Santa Maria di Chiaravalle di Fiastra possiede, per la sua storia, ben 3.194 pergamene (note come Carte fiastrensi) ed è, quindi, tra le abbazie più ricche di documentazione.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 17

in terre definite, dandogli autonomia e sicurezza in cambio di un modesto canone. L’abbazia di Pomposa, nella diocesi di Comacchio (Ferrara), fu fondata nel VII sec., e oggi è costituita da un complesso di edifici rappresentanti uno dei più insigni monasteri benedettini del Medioevo, grande e potente, punto di riferimento di storia e cultura: chiesa, campanile, resti dei fabbricati conventuali. L’abbazia di san Galgano: benché oggi sfoggi “solo” i suoi imponenti ruderi, costituisce pur sempre uno dei complessi religiosi fra i più importanti dell’intero territorio senese. “La grande chiesa gotica, così come la vediamo oggi, ha per tetto il cielo e per pavimento un verdissimo prato” (Cattana, p.109). Nonostante si tratti di un rudere, anche solo per la sua maestosità meriterebbe di essere annoverata, com’è, tra i “monumenti nazionali”. Estremamente lungo sarebbe l’elenco anche dei soli monasteri celebri. Nella guida dedicata del Touring Club Italiano, ad esempio, vengono forniti almeno 25 sezioni di approfondimento per quanto riguarda monasteri, abbazie e certose, ai quali vanno aggiunte le pagine dedicate a conventi, santuari e basiliche. E del resto, eccelsa è altresì la testimonianza di quelli anche meno celebri, disseminati su tutto il territorio nazionale. Ne è un esempio l’abbazia di San Martino, a Viterbo, edificata dai cistercensi nel XIII secolo restaurando un monastero cadente insediato dai benedettini alle pendici del sistema vulcanico dei Cimini, e modellando la grande chiesa sulle linee della loro casa madre, Citeaux. Oggi San Martino al Cimino è considerato dagli storici il primo esempio di centro abitativo popolare costruito per intervento pubblico. Infatti, San Martino è un borgo sorto per volere di una nobildonna (Olimpia Pamphilij) attorno all’omonima abbazia. “Olimpia convocò architetti e urbanisti perché progettassero un paese da costruire intorno alla grande chiesa cistercense e al palazzo signorile, ricavato dal corpo centrale dell’antico monastero. E così fu, a partire dalla metà del Seicento (...). Quando tutto fu pronto, restava il problema degli abitanti; allora donna Olimpia concesse piena esenzione fiscale a chi fosse andato a vivere in quelle case, e il popolamento si realizzò in breve tempo” (Francini, p.45).

1.2 Le fasi del declino “Nel corso dei secoli XI e XII la fondazione di monasteri aveva rappresentato uno degli atti di pietà più degni di lode per la ricca nobiltà. Ma nel tardo Medioevo questo entusiasmo per simili fondazioni, per

I monasteri scelti come unità di osservazione 18

l’opera di riforma e per lo sviluppo di opere religiose andò spegnendosi. La costruzione di conventi rappresentava una rarità. Le donazioni spontanee divennero sempre più difficili da ottenere. Alcuni monasteri più grandi riuscirono a tirare avanti da soli grazie alle loro vaste proprietà terriere. (...) Tuttavia non mancavano persone che amavano offrire fondi per la costruzione di un rifugio per santi uomini. Ora essi preferivano dotare piccole case, rette dai canonici di Sant’Agostino, anziché dai monaci benedettini. I canonici si accontentavano di un piccolo terreno, lavorando in piccoli gruppi e sembravano contribuire allo sviluppo della nuova società cittadina in cui vivevano. Essi lavoravano nella società e con la società. I monaci invece voltavano le spalle a questo tipo di società, o così sembrava che facessero. Un altro modo in cui il pio uomo di Chiesa tentava di assicurarsi una possibilità di salvezza era quello di stabilire una fondazione privata di messe. Durante i secoli XIV e XV si assistette ad una vera proliferazione di queste fondazioni. (...) Queste fondazioni private rappresentavano una rottura con la mediazione istituzionale, ufficiale e remota da parte della Chiesa. Esse soddisfacevano il bisogno del fedele di un contatto diretto con il proprio prete al quale egli commissionava una serie, limitata o illimitata, di messe per la salvezza della propria anima. La religione era divenuta più personale, più individuale” (Finucane, pp.346-348). Il volgere dei tempi spesso decretò la distruzione definitiva di molti monasteri (le scorrerie dei saraceni erano state frequenti e violente), senza lasciare alcuna speranza di ricostruzione. I monasteri che riuscirono a sopravvivere dovettero comunque sopportare la razzia di opere d’arte decretata dall’arrivo di Napoleone, perché segnò uno strazio collettivo (di cui è memore anche la Certosa di Padula). Il senso di tale flagello è sintetizzato da un ordine impartito a Napoleone nel 1796. “Il Direttorio, cittadino generale, è persuaso che voi consideriate la gloria delle belle arti alla stessa stregua della gloria dell’esercito che comandate. L’Italia deve in gran parte a queste glorie le sue ricchezze e il suo lustro, ma è giunto il giorno in cui il loro regno deve passare alla Francia. Il Direttorio v’invita dunque a cercare, a raccogliere e a far trasportare a Parigi gli oggetti più preziosi di tale genere” (in Caocci, p. 367). Napoleone eseguì. Sempre la soppressione si accompagnò a devastazione di archivi e di biblioteche, alla dispersione e alla vendita di opere d’arte d’inestimabile valore. Altro scempio avvenne con l’abolizione dei beni ecclesiastici prima (con la Legge Pepoli del 1861), e con la soppressione di tutte le congregazioni religiose poco dopo (il decreto fu firmato nel 1866 da Vittorio Emanuele),

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 19

perché la gran parte dei monasteri venne lasciata a se stessa e, ovviamente, a risentire di questa vacanza di certezza nell’assetto proprietario furono soprattutto le strutture più piccole. Intervenne allora la legge n. 3096 del 1866 a dichiarare l’obbligo per lo Stato italiano appena formato di conservare alcuni siti monumentali ecclesiastici. Fu istituito il primo elenco di “monumenti italiani”, i quali furono esclusi sia da possibili vendite, sia dalla conversione ad altri usi. Si trattava, in particolare, delle abbazie di Montecassino, di Cava de’ Tirreni, della Certosa di San Martino alla Scala, del Duomo di Monreale, e della Certosa di Pavia. Con successivi provvedimenti legislativi fu stabilito che altri complessi monumentali avrebbero potuto aggiungersi alla lista per mezzo di un decreto regio. Attualmente gli immobili tutelati sono circa 60.000, di proprietà privata e pubblica. Parte dei beni, prevalentemente quella di origine ecclesiastica, è gestita dal Fondo Edifici di Culto9 (del Ministero dell’Interno), mentre un’altra parte è sotto la tutela della Direzione Generale per i Beni Architettonici e Paesaggistici (del Ministero per i Beni e le Attività Culturali). Questi, in estrema sintesi, i momenti più drammatici per la storia monastica, accompagnati dalle scorribande dei saraceni, e dalle ruberie di quanti razziavano le risorse delle comunità abusando dell’ospitalità dei monaci.

9 Il F.E.C. è un organo dello Stato con personalità giuridica amministrato dal Ministero dell’Interno per mezzo della Direzione Centrale per l’Amministrazione del Fondo Edifici di Culto. Il patrimonio del F.E.C. è costituito da beni di varia natura, ma principalmente, come si intuisce dalla stessa denominazione, da edifici sacri, di cui il F.E.C., per dettato normativo, deve curare la conservazione, la manutenzione, la tutela e la valorizzazione, e dai beni mobili in esse contenuti i quali, a loro volta, in gran parte sono opere d’arte d’incommensurabile valore artistico. Tali edifici, circa 700, sono dislocati su tutto il territorio nazionale, e tra essi figurano famose abbazie (come l’Abbazia di Farfa), basiliche monumentali e chiese meno famose, tutte, comunque, pregevoli testimonianze delle esperienze culturali e artistiche succedutesi nel corso dei secoli in Italia. Il F.E.C. è il maggior proprietario di chiese e di beni artistici dopo lo Stato.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 21

II Gli attributi distintivi delle certose Come introdotto nel capitolo precedente, il primo monastero certosino fu istituito da San Bruno vicino all’attuale città di Grenoble, in Francia, nel 1804, in una zona montana e boschiva, nel cuore del massiccio che all'epoca si chiamava Cartusia, donde il nome italiano di “Certosa”, e francese di “Chartreuse”. La nascita dei certosini e la figura del loro fondatore si inseriscono nella rinnovata attrazione che l’ideale di vita eremitica esercita sulla spiritualità occidentale nel secolo XI, e in questo quadro l’ordine è stato prevalentemente studiato dagli esperti, cercando di distinguere al suo interno l’apporto di elementi sia eremitici sia cenobitici. Le certose (definizione che, per altro, è usata tardi dall’ordine per definire i propri enti) si presentano come centri in cui: si pratica in modo estremamente rigoroso la vita ascetica e contemplativa; ci si attiene alla stabilitas, accanitamente propagandata da San Bruno, in contrasto con l’eremitismo girovago e disordinato del periodo; si persegue l’isolamento, anche grazie alla creazione di una vasta fascia di desertum tendenzialmente disabitato intorno alle fondazioni; si vive la povertà, almeno a livello individuale. La regola certosina è ben più vicina a modelli arcaici (come quello di Pacomio), che alla Regola di san Benedetto. L’espansione delle certose è apparsa a tutti gli studiosi come molto più lenta e modesta rispetto a quella di altre esperienze coeve (primi fra tutti i cistercensi); la ragione è stata rintracciata sia nell’estrema severità della regola e, conseguentemente, delle condizioni di vita negli enti; sia nella relativamente tardiva organizzazione come ordine dotato di un capitolo generale e di consuetudini; sia nella personalità dei priori generali che hanno favorito un’interpretazione estremamente rigida dell’isolamento. Come per buona parte delle congregazioni religiose, tuttavia, anche quella certosina si è trasformata nel corso del basso medioevo verso un’osservanza delle norme meno rigida e più in sintonia con le contemporanee trasformazioni dell’intera societas christiana. Conseguentemente, nel corso del secolo XIV comparve una nuova ondata di fondazioni, non più strettamente confinate in aree impervie e isolate, ma a ridosso dei centri urbani, dotate di patrimoni rilevanti e di relazioni più intense con il “secolo”, sulle quali l’analisi storiografica è ancora in buona parte aperta.

Gli attributi distintivi delle certose 22

La caratteristica forse più distintiva della vita certosina, quindi, è l’unione di uomini solitari che vivono in una piccola comunità; e la comunità è piccola a motivo della loro scelta eremitica. Sebbene nella cosiddetta “famiglia certosina” si distinguano padri e conversi, entrambi cercano la solitudine. Infatti i conversi devono assistere la solitudine degli eremiti, quindi senza essere essi stessi solitari, però, al tempo stesso, la loro solitudine è a sua volta protetta dal fatto di vivere “nel deserto”. L’organizzazione del vivere tendenzialmente eremitica ha comportato delle specificità tipiche anche per quanto attiene alla configurazione architettonica dei monasteri. Questi sono strutturati attorno a due chiostri. Attorno al chiostro minore sono distribuiti tutti i locali comuni che, quindi, sono pochi e di dimensioni ridotte proprio perché la clausura limita drasticamente le occasioni di convivenza. Attorno al chiostro maggiore sono situate le singole dimore dei monaci, ognuna col proprio orticello. La caratteristica anacoreta (ossia di ritirarsi nel deserto per dedicarsi alla contemplazione e alla preghiera) era manifestata altresì dalla scelta insediativa dei monasteri certosini, che prediligeva la lontananza dell’edificio da aree popolate, in luoghi isolati. L’isolamento personale, interno ed esterno emerge, quindi, come attributo principe per esaltare le tipicità del monastero certosino, e, come tale, a giudizio di chi scrive meriterebbe di essere enfatizzato - anziché rimosso - quale elemento per valorizzare l’autenticità dell’attuale “attrazione” monastica. Il viaggio dalle zone facilmente accessibili a quelle più periferiche, dove si incontra il cuore dell’attrazione, andrebbe programmato come parte strutturale dell’esperienza complessiva offerta al visitatore. Le modalità di accesso alla Certosa rappresentano in tal senso scelte strategiche già di per sé critiche per enfatizzare la particolarità del monumento architettonico nella sua natura di “certosa”, ossia nell’accezione di matrice non solo religiosa, ma anche culturale e storica. E’ altresì da notare, invece, che la valorizzazione dell’attributo culturale di distacco fisico non permane, oggi, in tutte le certose, che, al contrario, cercano deliberatamente di rimuoverlo per agevolare l’accessibilità di visite al sito e incrementare le visite.

2.1 La diffusione in Europa L’ambito di diffusione delle certose spazia ben oltre i confini nazionali. Ciò significa che la medesima tipologia di “prodotto” è presente anche nei Paesi di origine della domanda turistica estera potenziale. Guardando la seguente Tavola 1, infatti, si contano all’estero ben 236 siti memori di

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 23

certose, per complessivi 282 siti se considerati anche i 46 presenti in Italia. Il Paese che ne è maggiormente provvisto è la Francia, che con i suoi ben 101 siti vanta più di 1/3 del patrimonio architettonico complessivo (ossia il 35,7%). Segue l’Italia, con 47 certose, ossia meno della metà di quelle francesi e il 16,6% di tutte quelle nazionali. Una presenza abbastanza significativa non manca neppure alla Germania (11,7%), e alla Spagna (7,8%).

Tab.1 - I siti delle certose nel Mondo, valori assoluti, anno 2004 Paese n. certose Francia 101 Italia 47 Germania 33 Spagna 22 Belgio 17 Inghilterra 11 Olanda 9 Svizzera 9 Repubblica Ceca 6 Polonia 5 Slovenia 4 Austria 3 Portogallo 2 Repubblica Slovacca 2 Svezia 2 Ungheria 2 Irlanda 1 Romania 1 Scozia 1 Russia 1 Asia: Corea 1 America: Argentina 1 Brasile 1 Stati Uniti 1 Totale 283

Fonte: elaborazione da dati Hogg (2004 a)

Attualmente nell’Ordine certosino ci sono 16 certose maschili in Europa, una in USA, una in Brasile, una recente fondazione in Argentina (1997) e una ancora più recente in Corea. Si contano pure 5 Certose femminili complessivamente in Italia, Spagna e Francia. Pertanto, se alle 283 totali, si sottraggono le 20 ad oggi abitate dai monaci certosini (perché tale ordine, data la caratteristica eremita, tende a non ammettere visitatori nei locali in cui sono presenti) permangono 263 siti memori di “certose”. Nonostante l’ordine certosino sia riuscito a raggiungere un’espansione meno numerosa rispetto agli altri ordini monastici, quindi, anche quello verso le certose è da considerare un turismo di breve o medio raggio.

Gli attributi distintivi delle certose 24

Ma, ovviamente, diventerebbe un turismo ancor meno attrattivo se comunicato senza promuovere le differenziazioni peculiari alle certose, che è comprensibile possano sfuggire alla percezione autonoma di un pubblico turistico “medio”.

2.2 La geografia delle certose in Italia I siti delle certose, in Italia, sono ben 47, come specificato nella declinazione per regione della Tabella 2 che segue. Al Nord Italia sono presenti ben 30 siti, ossia il 63,8% dell’intero patrimonio nazionale; il Centro Italia ne detiene più di 1/5 (ossia il 21,3%); mentre il Sud il 14,9%.

Tab.2 - Regioni per numero di certose, valori assoluti Regione n. certose Piemonte 13 Toscana 7 Liguria 5 Veneto 4 Lombardia 4 Campania 3 Emilia 3 Lazio 3 Basilicata 1 Calabria 1 Molise 1 Sicilia 1 Trentino Alto Adige 1 ITALIA 47

Fonte: elaborazione da dati Hogg (2004 a) e bibliografia, sitografia, Prof. Leoncini (2006)

La regione che ha conosciuto la diffusione maggiore è il Piemonte, perché detiene 1/4 del totale (13); segue la Toscana (con 7); poi Liguria, Veneto e Lombardia che assieme ne annoverano 13. La Campania, con 3 certose (a Napoli, a Capri, e a Padula), si posiziona al sesto posto, che però deve condividere con Emilia Romagna e Lazio. Le certose italiane attualmente con monaci certosini sono rimaste in 4: a Dego (presso Savona in Liguria, femminile); a Farneta (presso Lucca, in Toscana); a Vedana (presso Belluno, femminile, nel Veneto); a Serra San Bruno (presso Vibo Valentia, in Calabria). Quindi il patrimonio effettivamente visitabile delle certose sostanzialmente deve “scontare” queste ultime quattro (perché, lo si ripete, trattasi di ordine eremita). Nell’ Enciclopedia Bompani (Religione, alla voce “certosa”) le più famose tra le certose italiane sono individuate nelle seguenti: di Pavia; di Garegnano a Milano; del Galluzzo vicino a Firenze; di San Martino a Napoli; di San Giuseppe a Capri.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 25

La certosa di Pavia fu voluta da Gian Galeazzo Visconti che la fondò (1396) con il dichiarato intento di creare un degno mausoleo per sé e per la propria famiglia e un centro di cultura e d’arte di fama internazionale, che testimoniasse di fronte a tutti la ricchezza, la potenza, e il mecenatismo dei signori di Milano. Via via arricchita nel corso dei secoli, è diventare ricchissima di opere d’arte e a figura tra i più importanti monumenti rinascimentali della Lombardia. La certosa di Garegnano ha vantato da sempre famosi visitatori: da Petrarca, che definì questo luogo “amenissimo e saluberissimo”, a Lord Byron, affascinato dagli affreschi del Crespi “pittore che sa far parlare i morti”. Nel dopoguerra il borgo contadino nel quale era anticamente inserita la Certosa subì un radicale mutamento sociale e urbanistico, trasformandosi in una zona di aggregazione per piccole industrie periferiche. In questa rinnovata situazione che la colloca non più in aperta campagna, ma alla periferia milanese, la certosa ha ritrovato il suo antico splendore, e, con la complicità dello splendido ciclo di affreschi che ne impreziosisce l’interno, vanta l’appellativo di “Cappella Sistina di Milano”. Della certosa del Galluzzo, e di quelle di Napoli e di Capri si tornerà a parlare nei paragrafi a seguire.

2.3 Dall’Analecta Cartusiana all’individuazione del contesto competitivo

L’assenza di pubblicazioni scientifiche d’impronta manageriale riguardo ai monasteri da cui attingere una chiave di lettura teoretica per poi elaborare uno “studio di settore”, obbliga a forgiare l’indagine partendo dal livello più elementare dell’analisi, ossia dall’individuazione delle unità della stessa fattispecie di “certose”. L’individuazione dei siti ha comportato un lavoro di ricerca desk, attraverso il quale, infine, è stato possibile rinvenire le scarse fonti di carattere storiografico che riporta l’elenco completo delle certose esistite (Hogg, 2004.a), e che riportiamo in Appendice come Prospetto 2. Questa fase dell’indagine ha comportato un’attenta e minuziosa ricerca di materiale da discipline diverse, e la sua accurata elaborazione per estrarne in maniera prudente e corretta i contenuti utili all’economia del lavoro. L’obiettivo perseguito consiste nel cercare di individuare la cosiddetta “concorrenza orizzontale” del “settore” delle certose, ossia i “prodotti sostitutivi” (individuabili nei monasteri degli altri ordini); i “potenziali entranti nel settore” (ossia e certose ancora vissute dai certosini, e le certose abbandonate che

Gli attributi distintivi delle certose 26

potrebbero essere recuperate e rese competitive); la “rivalità concorrenziale interna” tra le certose visitabili già sul mercato. L’analisi condotta sul database attinto dall’Analecta cartusiana, pertanto, è affrontata - e va intesa – non a mero scopo narrativo-descrittivo, bensì perchè finalizzata a cogliere il “grado di concentrazione” dal lato dell’offerta nel mercato turistico delle certose. Il “grado di concentrazione”, in termini tecnici, si riferisce al “numero di concorrenti presenti in un settore e alle loro dimensioni relative” (Grant, p.72), e costituisce il presupposto per poi arrivare a misurare il “rapporto di concentrazione” (ossia la quota di mercato combinata dei soggetti-produttori leader). Pur rinviando inevitabilmente l’analisi della concorrenza per la certosa di Padula a auspicate pubblicazioni successive, è qui il caso di accennare che l’importanza dell’analisi dei concorrenti dipende dalla struttura del settore (ed è per questo che è importante procedere all’individuazione di questo attraverso il lavoro presentato in questo capitolo terzo). In un settore dove il prodotto non è differenziato la concorrenza di mercato è il risultato delle strategie e delle decisioni di un numero così elevato di attori che diviene irrilevante analizzare il comportamento delle singole imprese. Invece, in settori particolarmente concentrati o in cui vi è una notevole differenziazione di prodotto (come risulta essere per le certose), il comportamento di pochi rivali potrebbe essere visto come il fattore chiave da cui dipende l’ambito competitivo10 di un soggetto imprenditoriale. L’analisi dei “gruppi strategici” (con tale dizione si intendono i raggruppamenti delle certose – cercati nei paragrafi seguenti - per Province, per stato di conservazione, per promozione turistica), se considerata come uno strumento per ottenere una visione d’insieme dei tipi di certose che operano all’interno del settore, può contribuire alla comprensione della struttura, delle dinamiche competitive, dell’evoluzione del settore e della gestione strategica che lo caratterizza.

2.4 La complessità tipologica delle certose italiane Nella Tabella 3 a seguire è riportato l’elenco nominativo dei siti delle certose presenti in Italia. Sono altresì indicate la città, e le attuali province e regione di appartenenza. L’ordinamento è in ordine crescente rispetto all’anno di fondazione della certosa.

10 Il nucleo centrale di un’impresa, in termini ambientali è costituito dalla rete di relazioni d’affari (con concorrenti, fornitori e consumatori); tale contesto è definito “ambito competitivo dell’impresa”.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 27

L’anno di cessazione non indica necessariamente che il monastero non esiste più. Altresì, dove l’anno di cessazione non è indicato affatto, si tratta di monasteri ancora abitati dall’ordine certosino stesso. Se, invece, nella certosa ad oggi vivono ordini diversi dai certosini, l’anno di cessazione si riferisce alla data in cui questi hanno lì registrato la loro ultima presenza stabile. Come detto sopra, le certose di Dego e di Vedana sono oggi al femminile; quest’ultima è citata due volte quasi a marcare la distinzione tra il periodo di abitazione dei monaci (dalla fondazione al 1997), e quello ne hanno preso dimora le monache (dal 1997 ad oggi). I siti sono raggruppati secondo le “Province” in cui era anticamente organizzato il territorio dell’ordine certosino. Si distinguono, sostanzialmente, tre gruppi. Risultano quindi per la Provincia Lombardiae Propinquioris, per la Provincia Tusciae, e per la Provincia Lombardiae Remotioris (detta anche Sancti Brunonis) rispettivamente gruppi di 21, 15 e 10 certose. Resta comunque da considerare sé la certosa di Schnals perché, prossima all’Austria, è l’unica ad appartenere alla Provinciae Alemaniae Inferioris. Quest’ultima, nonostante sia stata distrutta da un incendio nel 1700, è stata sottoposta a un’opera di restauro che ha consentito di recuperare la struttura dell’insediamento avito, ed è ad oggi visitabile. Sulla base di questo elenco, è stato identificato lo stato attuale sia delle più famose, sia di quelle della “Provincia” Lombardiae Remotioris, anche detta di Sancti Brunonis, a cui appartiene la Certosa di Padula.

Tab.3 - Le Certose d’Italia. Ordinamento per anno di fondazione Nome Città Prov. Regione a. fond. a. cess. Provincia XIV Lombardiae Propinquioris: Casotto Cuneo CN Piemonte 1171 1802 Pesio Cuneo CN Piemonte 1173 1802 Losa Susa TO Piemonte 1191 1200 Monte Benedetto Susa TO Piemonte 1200 1498 Buonluogo Torino TO Piemonte 1229 1304 Parma Parma PR Emilia 1285 1769 Rivarolo Genova GE Liguria 1297 1798 Monbracco Torino TO Piemonte 1310 1642 Albenga Savona SV Liguria 1315 1799 Guregnano Milano MI Lombardia 1349 1779 Asti Asti Asti Piemonte 1387 1801 Pavia Pavia PV Lombardia 1396 1946 Mantova Mantova MN Lombardia 1408 1782 Savona Savona SV Liguria 1480 1806 Banda Torino TO Piemonte 1498 1598 Brescia Brescia BS Lombardia 1504 1510 Avigliana Torino TO Piemonte 1598 1630

Gli attributi distintivi delle certose 28

(segue) Tab.3 - Le Certose d’Italia. Ordinamento per anno di fondazione Nome Città Prov. Regione a. fond. a. cess. Collegno Torino TO Piemonte 1642 1855 Riva di Pinerolo Pinerolo TO Piemonte 1903 1998 Giaveno Torino TO Piemonte 1904 1994 Dego Savona SV Liguria 1994 - Provincia XV Tusciae: Maggiano Siena SI Toscana 1314 1785 Bologna Bologna BO Emilia 1334 1804 Farneta Lucca LU Toscana 1338 - Galluzzo Firenze FI Toscana 1341 1957 Pontignano Siena SI Toscana 1343 1785 Belriguardo Siena SI Toscana 1345 1636 Montello Treviso TV Veneto 1353 1810 Calci Pisa PI Toscana 1367 1969 La Gorgona Livorno LI Toscana 1373 1425 Venezia Venezia VE Veneto 1422 1810 Padova Padova PD Veneto 1449 1769 Ferrara Ferrara FE Emilia 1452 1801 Vedana Belluno BL Veneto 1455 1977 Vedana Belluno BL Veneto 1977 - La Cervara Genova GE Liguria 1901 1936 Provincia XVI Lombardiae Remotioris - Sancti Brunonis: Serra San Bruno Vibo Valentia VV Calabria 1090 - Trisulti Frosinone FR Lazio 1208 1946 Padula Salerno SA Campania 1304 1866 Napoli Napoli NA Campania 1339 1929 Guglionesi Campo-basso CB Molise 1338 1420 Catania Catania CT Sicilia 1364 1381 Santa Croce in Urbe Roma Roma Lazio 1370 1561 Capri Capri NA Campania 1370 1808 Chiaromonte Potenza PZ Basilicata 1392 1806 Santa Maria degli Angeli Roma Roma Lazio 1561 1884 Provincia XII Alemaniae Inferioris: Schnals Bolzano BZ Trentino Alto Adige 1325 1782

2.5 L’analisi dei concorrenti nelle Province certosine delle Lombardiae

Oltre alle celeberrime già richiamate Certose di Garegnano e di Pavia (par.2.4), nella Provincia Lombardiae Propinquioris si trovano altre certose celebri, come ad esempio la Certosa di Parma, celebrata nell’omonimo libro di Stendhal11.

11 Anche i luoghi meno celebri meriterebbero di essere tenuti sotto osservazione, perché possono costituire casi di studio importanti se letti in parallelo al caso della certosa di Padula (alla quale in particolare, come dichiarato, è finalizzato questo studio). Ad esempio un comunicato stampa rinvenuto nel sito Internet ufficiale della provincia di Savona, e datato 21/12/2006, si legge che il Comune di Toirano “intende realizzare la rivitalizzazione del sito in cui sorge il complesso della Certosa. L’intervento consiste nel recupero totale della struttura e nella riqualificazione delle aree circostanti; il recupero di quest’area, oggi abbandonata, favorirà l’implementazione dei flussi turistici sia nel centro storico che verso le grotte. Inoltre verranno perseguiti obiettivi di bonifica, reinsediamento e valorizzazione di una zona ad elevata valenza storica, culturale e paesaggistica.” http://www.provincia.savona.it/Comunicazione/comunicati_singolo.asp?c=816

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 29

A motivo della diffusione delle certose su tutto il territorio nazionale, e richiamando il fine dell’indagine (individuare direttrici di carattere strategico per la certosa di Padula), riteniamo opportuno, in questa sede, scandire l’analisi per le certose della Provincia Tusciae. Tale decisione è dovuta sia all’ipotesi che quello delle certose sia un turismo di breve-medio raggio, e pertanto una catchment area estesa fino a Genova e Venezia copra un’estensione più che sufficiente all’analisi della concorrenza. Invece la lettura delle certose della Provincia Sancti Brunonis è rinviata perché si intende trovarle spazio in pubblicazioni successive a motivo della prossimità al Vallo di Diano (vicinanza intesa dal punto di vista turistico) dei soggetti concorrenti ivi ubicati. La consapevolezza, altresì, che in tale area si trovino luoghi di indiscusso pregio turistico rafforza il convincimento che l’ambito concorrenziale di “breve raggio” meriti un’attenzione analitica precipua di approfondimento. Già è stata citata, ad esempio, la certosa di Serra San Bruno (par.1.1), in Calabria. Poiché è il luogo dove nel 1101 finì i suoi giorni san Bruno di Colonia, il fondatore dei Certosini, esercita sul grande pubblico turistico un potere attrattivo notevole, che, non potendo essere assecondato in virtù della regola che impone la solitudine ai certosini tutt’oggi presenti, deve riuscire ad esercitare un’opera delicata, che potremmo definire di “demarkerting”12. “Qualche visitatore isolato sarà senz’altro ben accetto, ma l’arrivo di gite sociali in pullman sconvolgerebbe esistenza e abitudini che si avviano a essere millenarie” (Radius, p.146). Per soddisfare la curiosità dei visitatori, però, è stato costruito un museo che riproduce i luoghi della clausura, dalla cella con il cubiculum agli stalli del coro con i grandi antifonari. La certosa di Santa Maria degli Angeli, a Roma, fu particolarmente cara ai Pontefici, perché quella casa "rappresentava l'Ordine presso il Capo della cristianità”. L’intero Convento, con gli opportuni adattamenti, è stato sede del Museo Nazionale Romano e della Soprintendenza alle Antichità di Roma fino agli anni ’90. Nel 2000 tutto il Convento è stato ristrutturato. Altrettanto famose sono la certosa di San Martino a Napoli, e la certosa di Capri, le più vicine a Padula. Tale prossimità impone, a parere di chi scrive, un lavoro attento anche al fine di pensare a una strutturazione a

12 Ai curiosi che ancora bussano chiedendo di oltrepassare il portone della certosa, il priore racconta questa storia. Un giorno un monaco rispose a uno che voleva venire da lui: “Se vieni, ti aprirò. Ma se apro a te aprirò a tutti, allora non rimarrò più in questo luogo”. Udendo ciò il visitatore pensò: “Se andandoci lo caccio, non ci vado più”.

Gli attributi distintivi delle certose 30

network delle certose della Provincia Sancti Brunonis, tale da produrre sinergie forti di differenziazione e di confronto comparativo sia tra i siti meglio preservati, sia tra quelli rimasti mere rovine (come la certosa di Chiaromonte). Tale idea attinge dall’esperienza inglese. Infatti, per cercare di sopperire alle tematiche organizzative e gestionali afferenti il turismo, la Diocesi di Lincoln fu la prima in Inghilterra ad avanzare l’idea di un coordinamento delle chiese attraverso un network (Church Tourism Network, CTN) per condividere le best practices e aiutare le chiese a fare l’uso migliore possibile del loro potenziale di attrattiva. “The Church Tourism Network Wales has since come up with the idea of hub and cluster churches as a way of persuading people to venture futher afield; initially the likely hub churches have been identified as St. John the Baptist in Cardiff, Llandaff Cathedral, St. Illtud’s in Lliìantwit Major, Ewemmy Priory and Margam Abbey”.(Yale, 2nd ed., p. 4-12).

2.6 L’analisi dell’ambito competitivo per il turismo di medio raggio

L’approfondimento sulle certose della Provincia Tusciae è possibile grazie all’individuazione dell’unica fonte che affronti una ricerca organica sulle certose di un’intera area estesa (la Provincia Tusciae, appunto) offrendo un’informazione minuziosa e soprattutto fruibile per una lettura in parallelo delle specifiche unità censite. Usando una metodologia di content analysis sul testo storiografico del Leoncini, le certose vengono presentate di seguito nei tratti essenziali della loro storia (momento di costituzione, e di dismissione), perseguendo lo specifico obiettivo di cogliere la loro funzione d’uso “attualizzata” (ovviamente al 1989, anno a cui risale la pubblicazione del Leoncini). Infine, viene elaborato un quadro riassuntivo comparativo e sinottico che puntualizza nella funzione d’uso lo stato di conservazione delle singole certose (Prospetto 1). Certosa di Maggiano. Tra le varie disposizioni testamentarie il nobile senese Riccardo Petroni, Cardinale Diacono stabilì (1314) che nella città di Siena o nei suoi contorni venissero, dalle proprie sostanze, fondati e dotati quattro monasteri: uno per i certosini (che fu la certosa di Maggiano); uno per i cistercensi (che fu la Badia a Quarto, un miglio e mezzo a nord di Siena); uno per le clarisse (che fu il monasteo di Santa Chiara, anch’esso presso Maggiano); uno per le domenicane (che fu lo spedale di S. Caterina). Della fondazione della certosa si interessò assiduamente in prima persona Bindo Petroni, cugino dello stesso cardinale e principale esecutore testamentario delle sue volontà. Sarà lo

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 31

stesso che, in seguito, fonderà la certosa di Pontignano, pur essa nelle vicinanze di Siena. La soppressione della certosa di Maggiano avvenne nel 1782 per disposizione del granduca di Toscana Pietro Leopoldo. Gli edifici monasteriali furono alienati a privati, salvo la chiesa e pochi locali annessi. Sia la chiesa che gli edifici monasteriali sono rimasti quasi intatti, salvo le celle dei monaci che insieme alle gallerie del chiostro maggiore furono atterrate, forse all’inizio del XIX secolo, per far posto al giardino della villa a cui era stata ridotta la certosa; ed anche del piccolo chiostro buona parte è andata perduta. Attualmente la certosa di Maggiano è in parte riservata alla parrocchia, che dipende direttamente dal Vescovo di Siena, in parte trasformata in “residence”. La conservazione degli edifici è molto ben curata. Certosa di Bologna. La certosa sorge nell’immediata periferia della città. All’inizio del sec. XIX l’intero monastero è stato trasformato in cimitero monumentale del Comune di Bologna. Il celebre giureconsulto e glossatore delle Decretali dello Studio di Bologna Giovanni d’Andrea, non avendo i mezzi necessari a impegnarsi da solo nella fondazione di un monastero, indusse l’ecclesiastico Francesco di Alberto del Sero, di origine parmense ma dimorante a Bologna, a fare una prima donazione all’ordine certosino di beni immobili, al fine di fondare una certosa presso questa città (1333). I lavori per la costruzione del monastero ben poco avrebbero potuto progredire se non vi fosse stato il concorso di numerosi benefattori, che contribuirono chi all’erezione di una cella, chi di una parte di chiostri, chi della sala capitolare o del refettorio, chi di una cappella. Il monastero venne definitivamente soppresso nel 1797 quando, incamerata dallo Stato, la certosa fu messa a disposizione del senato della città che nel 1800 stabilì di destinarla a pubblico cimitero. Soltanto la chiesa ed alcune cappelle furono conservate nella loro integrità, anche se ne vennero asportate le più importanti opere d’arte. I chiostri, le celle, la sala capitolare, il refettorio e tanti altri edifici furono conservati solo nell’ossatura fondamentale, e destinati a luogo di sepoltura. Al nucleo antico furono aggiunti molti altri spazi destinati ad accogliere i sepolcri, articolati in cortili, gallerie, cappelle, sale, cosicché il cimitero non solo assunse notevoli proporzioni, ma divenne anche monumento altamente significativo di arte funeraria, che tutt’oggi conserva importanti opere d’architettura e di scultura dall’inizio dell’Ottocento ai giorni nostri. Certosa di Lucca. Sorge tra campi e boschi al fondo di una vallata che si apre verso l’ampia valle del Serchio, alle pendici del Monte Quiesa, circa

Gli attributi distintivi delle certose 32

a km 7 a ovest di Lucca. La località prende il nome di Farneta, donde la certosa stessa viene comunemente indicata come “certosa di Farneta”. Il ricco mercante lucchese Gardo di Bartolomeo Aldibrandi il 17 settembre 1329 fece testamento in Venezia, donde allora dimorava, disponendo tra l’altro che entro due anni dopo la sua morte, venisse edificato in Lucca o nel suo contado un monastero dell’ordine certosino. Nel 1806 tutti gli ordini religiosi dello Stato lucchese furono soppressi e ai certosini di Farneta fu ordinato di abbandonare il monastero. Entrato questo nel demanio statale, fu alienato a privati nell’anno seguente. Rimasto pressoché intatto nelle strutture e in buona parte degli arredi, esso si trovava in vendita quando nel 1903 i certosini della Grande Chartreuse dovettero abbandonare la casa madre dell’ordine in seguito alla nuova soppressione degli ordini religiosi in Francia, e la certosa fu acquistata per trasferirvi la comunità in esilio (1903). Passati i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale – deposizione e fucilazione di numerosi suoi monaci che avevano accolto e nascosto le truppe d’occupazione tedesche – nella certosa di Farneta si riprese la regolare vita monastica. Al piano superiore è sistemata la notevole biblioteca. Certosa di Firenze. Per le sue bellezze artistiche e per il sito pittoresco, la certosa di Firenze divenne sempre più la meta di turisti che turbavano grandemente la solitudine monastica e lo svolgimento della vita regolare. Fu però solo nel 1956 che il capitolo generale dell’ordine decise di chiudere definitivamente questa antica certosa. Ai certosini si sono sostituiti dal 1958 i cistercensi della congregazione di Casamari, preservando così in quella certosa la pratica della vita monastica. Certosa di Belriguardo. Nel 1340 fu redatto il testamento del mercante Niccolò del fu Cino di Ugone, donde il cognome Cinughi che ne derivò alla famiglia senese, ritenuta discendente della fiorentina famiglia de’ Pazzi. Disponeva che venisse fondata una certosa nei casamenti da lui posseduti. Ma nonostante si succedessero donazioni e acquisti non sembra che gli edifici abbiano mai raggiunto una configurazione “regolare”; finché, durante la guerra tra Firenze e Siena del 1554-55, la certosa non rimase praticamente distrutta. Dal punto di vista istituzionale essa continuò tuttavia la sua esistenza. Nel 1618 il capitolo generale dell’ordine prese la decisione di riformarla in luogo diverso dal primo, sebbene non distante. I lavori ebbero inizio e proseguirono per oltre un decennio, ma poi, vista l’inutilità degli sforzi, nel 1635 Belriguardo, con tutte le sue proprietà, fu unita alla certosa di Pontignano. A quell’unione si opposero i Cinughi, dando luogo a una vera e propria causa con Pontignano, ma alla fine l’unione venne sancita. Trasformata in semplice

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 33

grangia, la certosa di Belriguardo subì la sorte della certosa di Pontignano, venendo incamerata dallo Stato nel 1784. Acquistata dal Collegio Tolomei di Siena, fu da questo rivenduta nel 1821 ai Pozzessi che a lungo ne tennero il possesso. Nel luogo della primitiva certosa si trova oggi una casa colonica molto semplice, di origine certamente molto antica, ma assai manomessa e rimaneggiata; niente lascia supporre che essa sia stata in tempi antichi la sede di una certosa. Al contrario, nel luogo in cui fu iniziata la riedificazione della nuova certosa nel 1618, sulla cima di una dolce collina, si trova un fabbricato che, nonostante il suo fondamentale aspetto di villa signorile, permette di riconoscervi le tracce dell’antica certosa. Certosa di Pontignano. Bindo di Bindo di Falcone della nobile famiglia de’ Petroni di Siena, cugino del Cardinale Riccardo Petroni, secondo le disposizioni testamentarie del quale aveva curato la fondazione della certosa di Maggiano negli anni compresi tra il 1314 e il 1318, volle lui stesso destinare la maggior parte delle sue sostanze all’erezione di un nuovo monastero certosino in prossimità della città di Siena. Nel 1635 fu riunita a Pontignano la certosa di Belriguardo, ridotta ormai a semplice grangia, con le sue proprietà, il che portò ad un miglioramento delle finanze del monastero. Nel 1782 Pontignano accolse i certosini espulsi da Maggiano. Ma due anni più tardi essa fu a sua volta soppressa per motu proprio dal granduca Pietro Leopoldo, e i monaci dovettero trasferirsi nella certosa di Pisa. Il monastero, tuttavia, fu concesso ai Camaldolesi espulsi da Montecelso, i quali praticarono ancora vita monastica a Pontignano sino alla definitiva soppressione del 1810. nella chiesa della ex-certosa fu allora trasferita la parrocchia di San Martino a Cellole, che tuttora vi ha la propria sede, mentre i fabbricati monasteriali furono venduti a privati. Nel 1946 la certosa fu acquistata dal professor Mario Bracci, e nel 1959 dai suoi eredi fu ceduta all’Università di Siena che vi ha stabilito un collegio universitario. Certosa di Montello. Quando nel 1768 la Serenissima decretò la soppressione di tutti i piccoli monasteri e conventi esistenti entro i suoi domini, la certosa del Montello, che contava allora evidentemente più di dieci religiosi di coro, poté mantenersi, ed accolse anzi alcuni monaci provenienti dalle soppresse certose dio Padova e di Verdana. Però nel 1810, a seguito della legge generale di soppressione di tutti gli istituti religiosi negli Stati sottoposti alla Francia imperiale, anche la certosa di Montello fu secolarizzata, nonostante che solo pochi anni innanzi lo stesso Napoleone avesse ivi trascorso tre giorni mostrandosi benevolo

Gli attributi distintivi delle certose 34

verso i monaci. Il monastero venne incamerato dallo Stato e nel 1812 posto all’asta; acquistato da privati, fu completamente demolito e raso al suolo, essendone venduti tutti i materiali, tanto che sul luogo scomparvero presto anche le tracce della sua esistenza. Gli stessi resti mortali dei certosini furono esumati dall’antico cimitero da parte del parroco di Giavera, per impedirne la profanazione; essi furono portati nel cimitero parrocchiale dove nel 1854 fu eretta una cappella in loro memoria. Nel luogo in cui essa sorgeva non vi sono oggi che prati e campi e una casa colonica costruita soltanto agli inizi del secolo. L’unico ricordo della vita religiosa che un tempo si praticò è ancora oggi la Valle delle Tre Fonti, che si apre come una piccola voragine in mezzo ai prati. Il luogo è comunque in stato d’abbandono. Certosa di Pisa. La certosa è situata in una vallata a circa mezzo chilometro fuori dal paese di Calci, e dista da Pisa circa km 10. il 16 marzo 1366 il mercante pisano Pietro del fu Mirante della Vergine dettava il proprio testamento, con il quale, dopo aver disposto diversi legati a beneficio di istituzioni religiose e privati cittadini, nominava il prete Nino di Puccetto, pure residente in Pisa, suo erede universale. Nel testamento non viene fatto alcun cenno alla volontà di Pietro di Mirante di fondare una nuova certosa. Risulta dunque che il seguente aprile 1366 il detto prete Nino abbia scritto una lettera al priore della Grande Chartreuse, nella quale riferiva essere fermo desiderio del defunto Pietro di Mirante fondare una certosa nelle vicinanze di Pisa, desiderio che lui stesso si sarebbe impegnato a realizzare. Il luogo che egli proponeva era situato presso il villaggio di Calci e volgarmente era denominato Valle Buia. Il seguente 14 maggio il capitolo generale avrebbe dato l’assenso per l’erezione della nuova certosa. La certosa subì le ripercussioni che la Rivoluzione e il dominio napoleonico ebbero per tutta Europa. In seguito ad una convenzione con l’Università degli Studi di Pisa una parte dei locali è oggi adibita a Museo di Storia Naturale. Certosa di Gorgona. L’isola della Gorgona dista circa km 40 dalla costa a occidente di Livorno. Nella vallata principale, su un pianoro detto Piano dei Morti, si trovano gli edifici monastici, prima dei benedettini, poi dei certosini. Le sorti della certosa di Gorgona furono realmente precarie: alle ripetute incursioni dei pirati saraceni si aggiunsero i danni nel patrimonio a seguito della guerra tra Firenze e Pisa. Dopo l’unità d’Italia, nel 1869 venne stabilita sull’isola una colonia penale che vi ha sede tuttora. Nulla o quasi nulla rimane dei più antichi insediamenti monastici (che probabilmente non furono mai condotti in

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 35

maniera organica in forma di certosa). Restano in parte talune delle fabbriche fatte costruire dai monaci agli inizi del XVIII secolo, a carattere prevalentemente agricolo. Certosa di Venezia. Il monastero della certosa, ora completamente distrutto, occupava l’isola di S. Andrea del Lido, detta anche Isola della Certosa, una delle isole della laguna situata ad est della città, a breve distanza dalle isole di S. Elena e di S. Pietro. Il decreto napoleonico del 23 aprile 1810 soppresse definitivamente la certosa di Venezia. L’isola fu consegnata alla marina militare e nel giro di pochi anni chiesa e monastero furono completamente abbattuti; in loro luogo furono costruiti casermette e depositi di munizioni. La destinazione ad uso militare si è mantenuta fino al 1968. L’isola della certosa è attualmente deserta. Nel comune di Venezia si discute se e come adibire l’isola a parco pubblico o ad altri servizi. Certosa di Padova. La certosa, ricostruita dopo che la prima sede rimase distrutta dalla guerra del 1509, si trova a breve distanza dal paese di Vigodanzere, ed è nota anche col nome di Villa Zigno. Sembra che il numero dei monaci sia stato sempre inferiore alla decina, ragion per cui fu soppressa allorché, nel 1768, la repubblica di Venezia decretò la soppressione di tutti i monasteri e conventi con meno di 12 religiosi. Il monastero e i suoi possessi furono incamerati dalla Serenissima e venduti a privati. Fin dalla fine del Settecento la certosa diventa proprietà dei conti de Zigno, i quali tuttora la posseggono. Essi la ridussero a villa con annessa fattoria, senza però alterare sensibilmente l’aspetto di quanto di essa sussisteva. Da oltre un decennio vari movimenti culturali hanno sollecitato un totale recupero del monumento, stimolando in tal senso l’opinione pubblica e le autorità. Certosa di Ferrara. Nel 1796 le truppe di Napoleone entrarono in Ferrara. La certosa fu completamente soppressa e secolarizzata nel 1801. per merito soprattutto del conte Girolamo Cicognara, che intendeva salvare il monastero e la sua chiesa da una totale distruzione, la certosa fu destinata nel 1811 a pubblico camposanto comunale. Questo veniva inaugurato il 3 gennaio 1813. Certosa di Vedana. Nel 1903 la certosa di Vedana ospitò i certosini che, a causa delle soppressioni, dovettero abbandonare la Svizzera ed il Belgio. Nel 1956 si trasferirono a Vedana la maggior parte dei monaci della certosa di Firenze, che in tale anno veniva definitivamente chiusa. anche al momento della chiusura della Certosa di Calci, nel 1969, alcuni monaci si trasferirono a Vedana. Tuttavia circa dieci anni più tardi il capitolo generale decideva di chiudere anche la Certosa di Vedana quale

Gli attributi distintivi delle certose 36

certosa maschile, per stabilirvi una comunità di monache certosine viventi in stretta clausura, che vi si sono stabilite tra il 1979 e il 1980. Certosa La Cervara. L'edificio fu costruito nel 1361 su idea del cappellano genovese Ottone Lanfranco dopo il consenso espresso dai monaci Certosini, proprietari del terreno, nel marzo del 1360. In pochi anni fu eretto il monastero intitolato a San Girolamo. In seno alla politica innovatrice del pontefice Eugenio IV, che introduceva nelle chiese e nei conventi strategici, ordini a lui favorevoli, anche in relazione alla diffusione dell'Umanesimo rinascimentale, vennero posti a dirigere la Cervara i monaci Benedettini di Cassino dell'ordine monastico (dal saio nero). Iniziarono così i passaggi a diverse proprietà. Dal 1901 al 1937 fu affidato ai Certosini francesi e dichiarata nel 1912 monumento nazionale italiano. L’abbazia appartiene oggi a privati e - dopo un lungo e accurato restauro durato otto anni, condotti con la supervisione della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria – oggi è un’organizzazione che offre servizi di organizzazione di ogni tipo di evento privato o di altro tipo (colazioni di lavoro, serate di gala, nozze, ecc.). Sull'area occupata nel XIV secolo dall'orto dei monaci sorge ora uno splendido giardino all'italiana, di gusto rinascimentale.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 37

Adi

bita

a lo

cale

per

eve

nti e

cel

ebra

zion

i priv

ate,

anc

he d

i car

atte

re

cultu

rale

Dio

cesi

diG

enov

a-

priv

ata

Ligu

riaG

ELa

Cer

vara

Ha

ospi

tato

i c

erto

sini

di

Fire

nze,

e a

nche

que

lli d

i C

alci

. Po

i fe

mm

inile

Dio

cesi

diB

ellu

noC

artu

sia

Sanc

tiM

arci

de

Ved

ana

trasf

orm

ata

al fe

mm

inile

Ven

eto

BL

Ved

ana

Per

mer

ito

del

cont

e G

irola

mo

Cic

ogna

rafu

tra

sfor

mat

a in

ca

mpo

sant

o pe

r pre

seva

rlada

lla se

cola

rizza

zion

e [c

irca

1811

].D

ioce

sidi

Ferr

ara

Car

tusi

aS.

Chr

isto

phor

ici

mite

roco

mun

ale

Emili

aFE

Ferr

ara

Ven

duta

a p

rivat

i (co

nti d

e Zi

gno)

, che

la te

ngon

o co

me

villa

Dio

cesi

diPa

dova

Cer

tusa

S. H

iero

nim

ietS

. Ber

nard

i; C

erto

sa d

i Vig

odar

zere

(mod

erna

mem

ente

)Pr

oprie

tàde

i Con

ti de

Zig

noV

enet

oPD

Pado

va

Adi

bita

a p

arco

urb

ano

da u

n’or

gani

zzaz

ione

di v

olon

taria

to so

cial

e e

ambi

enta

le. V

isita

bile

.C

artu

sia

S. A

ndre

a de

Litt

ore

Parc

o pu

bblic

oV

enet

oV

EV

enez

ia

Isol

a di

Liv

orno

, prim

a de

i ben

edet

tini.

Nel

177

7 il

prio

re la

ven

dette

al

Gra

nduc

a, p

oi p

enite

nzia

rio.

Dio

cesi

diPi

saC

artu

sia

Gor

gona

eR

ovin

eTo

scan

aLI

La G

orgo

na

cost

ruita

da

un p

rete

su

ered

itàdi

un

mer

cant

e. N

el 1

969

gli e

dific

i to

rnar

ono

in d

iretta

cus

todi

a de

llo S

tato

Ita

liano

; co

nven

zion

e co

n l'U

nive

rsità

di P

isa

per M

useo

di s

toria

nat

ural

e

Dio

cesi

diPi

saC

artu

sia

Val

lisG

ratio

sae

Mus

eopa

rzia

lmen

teTo

scan

aPI

Cal

ciA

cqui

stat

o da

priv

ati a

ll'as

ta, f

u co

mpl

etam

ente

raso

al s

uolo

Dio

cesi

diTr

evis

oC

artu

sia

S. M

aria

eet

S. H

irony

mid

e M

onte

llo; C

artu

sia

Mon

telli

Prat

ie c

ampi

Ven

eto

TVM

onte

llo

Nel

luo

go d

ella

prim

itiva

cer

tosa

si

trova

ogg

i un

a ca

sa c

olon

ica

mol

to se

mpl

ice;

nel

luog

o in

cui

fu in

izia

ta la

ried

ifica

zion

e (1

618)

si

trova

una

vill

a si

gnor

ile c

on tr

acce

del

l’ant

ica

certo

sa

Dio

cesi

diSi

ena

Car

tusi

aPu

rific

atio

nisB

eata

eM

aria

ede

Bel

rigua

rdo

Solo

trac

ceTo

scan

aSI

Bel

rigua

rdo

Ced

uta

da p

rivat

i all’

Uni

vers

itàdi

Sie

naD

ioce

sidi

Sien

aC

artu

sia

S. P

etri

de P

ontig

nano

; Car

tusi

aPo

ntig

nani

Col

legi

oun

iver

sita

rioTo

scan

aSI

Pont

igna

no

Per

le b

elle

zze

artis

tiche

e p

er i

l si

to p

ittor

esco

èm

eta

di t

uris

ti. I

re

stau

ri so

no st

ati e

segu

iti d

i con

certo

con

le S

porti

nten

denz

eD

ioce

sidi

Fire

nze

Car

tusi

aS.

Lau

rent

iide

Mon

te S

anct

o; C

artu

sia

Flor

entia

eV

isita

bile

; cis

terc

ensi

Tosc

ana

FIG

allu

zzo

Al

pian

o su

perio

re d

ispo

ne d

i un

a no

tevo

le b

iblio

teca

. D

a no

n co

nfon

dere

con

l’A

bbaz

ia d

i Fa

rnet

a, d

i or

dine

ben

edet

tino,

e c

he

cons

ente

anc

he il

sogg

iorn

o de

i vis

itato

ri

Dio

cesi

diLu

cca

Cer

tosa

San

ctiS

pirit

us; C

artu

sia

Luce

nsis

Cer

tosi

ni; n

on v

isita

bile

Tosc

ana

LUFa

rnet

a

E’m

onum

ento

di a

rte fu

nera

ria, c

on im

porta

nti o

pere

d’a

rchi

tettu

ra e

di

scul

tura

.D

ioce

sidi

Bol

ogna

Car

tusi

aSa

ncti

Hie

roni

mid

e C

asar

a; C

artu

sia

Bon

onia

eC

imite

rode

l Com

une

Emili

aB

OB

olog

naIn

par

te ri

serv

ata

alla

par

rocc

hia,

in p

arte

“re

side

nce”

Dio

cesi

diSi

ena

Car

tusi

aan

ctae

Mar

iae

de M

aggi

ano;

Car

tusi

aM

aggi

ani

Priv

ata

e pa

rroc

chia

leTo

scan

aSI

Mag

gian

oO

ggi

Situ

azio

neD

enom

inaz

ione

Stat

oat

tual

eR

egio

nePr

ov.

Nom

e

Adi

bita

a lo

cale

per

eve

nti e

cel

ebra

zion

i priv

ate,

anc

he d

i car

atte

re

cultu

rale

Dio

cesi

diG

enov

a-

priv

ata

Ligu

riaG

ELa

Cer

vara

Ha

ospi

tato

i c

erto

sini

di

Fire

nze,

e a

nche

que

lli d

i C

alci

. Po

i fe

mm

inile

Dio

cesi

diB

ellu

noC

artu

sia

Sanc

tiM

arci

de

Ved

ana

trasf

orm

ata

al fe

mm

inile

Ven

eto

BL

Ved

ana

Per

mer

ito

del

cont

e G

irola

mo

Cic

ogna

rafu

tra

sfor

mat

a in

ca

mpo

sant

o pe

r pre

seva

rlada

lla se

cola

rizza

zion

e [c

irca

1811

].D

ioce

sidi

Ferr

ara

Car

tusi

aS.

Chr

isto

phor

ici

mite

roco

mun

ale

Emili

aFE

Ferr

ara

Ven

duta

a p

rivat

i (co

nti d

e Zi

gno)

, che

la te

ngon

o co

me

villa

Dio

cesi

diPa

dova

Cer

tusa

S. H

iero

nim

ietS

. Ber

nard

i; C

erto

sa d

i Vig

odar

zere

(mod

erna

mem

ente

)Pr

oprie

tàde

i Con

ti de

Zig

noV

enet

oPD

Pado

va

Adi

bita

a p

arco

urb

ano

da u

n’or

gani

zzaz

ione

di v

olon

taria

to so

cial

e e

ambi

enta

le. V

isita

bile

.C

artu

sia

S. A

ndre

a de

Litt

ore

Parc

o pu

bblic

oV

enet

oV

EV

enez

ia

Isol

a di

Liv

orno

, prim

a de

i ben

edet

tini.

Nel

177

7 il

prio

re la

ven

dette

al

Gra

nduc

a, p

oi p

enite

nzia

rio.

Dio

cesi

diPi

saC

artu

sia

Gor

gona

eR

ovin

eTo

scan

aLI

La G

orgo

na

cost

ruita

da

un p

rete

su

ered

itàdi

un

mer

cant

e. N

el 1

969

gli e

dific

i to

rnar

ono

in d

iretta

cus

todi

a de

llo S

tato

Ita

liano

; co

nven

zion

e co

n l'U

nive

rsità

di P

isa

per M

useo

di s

toria

nat

ural

e

Dio

cesi

diPi

saC

artu

sia

Val

lisG

ratio

sae

Mus

eopa

rzia

lmen

teTo

scan

aPI

Cal

ciA

cqui

stat

o da

priv

ati a

ll'as

ta, f

u co

mpl

etam

ente

raso

al s

uolo

Dio

cesi

diTr

evis

oC

artu

sia

S. M

aria

eet

S. H

irony

mid

e M

onte

llo; C

artu

sia

Mon

telli

Prat

ie c

ampi

Ven

eto

TVM

onte

llo

Nel

luo

go d

ella

prim

itiva

cer

tosa

si

trova

ogg

i un

a ca

sa c

olon

ica

mol

to se

mpl

ice;

nel

luog

o in

cui

fu in

izia

ta la

ried

ifica

zion

e (1

618)

si

trova

una

vill

a si

gnor

ile c

on tr

acce

del

l’ant

ica

certo

sa

Dio

cesi

diSi

ena

Car

tusi

aPu

rific

atio

nisB

eata

eM

aria

ede

Bel

rigua

rdo

Solo

trac

ceTo

scan

aSI

Bel

rigua

rdo

Ced

uta

da p

rivat

i all’

Uni

vers

itàdi

Sie

naD

ioce

sidi

Sien

aC

artu

sia

S. P

etri

de P

ontig

nano

; Car

tusi

aPo

ntig

nani

Col

legi

oun

iver

sita

rioTo

scan

aSI

Pont

igna

no

Per

le b

elle

zze

artis

tiche

e p

er i

l si

to p

ittor

esco

èm

eta

di t

uris

ti. I

re

stau

ri so

no st

ati e

segu

iti d

i con

certo

con

le S

porti

nten

denz

eD

ioce

sidi

Fire

nze

Car

tusi

aS.

Lau

rent

iide

Mon

te S

anct

o; C

artu

sia

Flor

entia

eV

isita

bile

; cis

terc

ensi

Tosc

ana

FIG

allu

zzo

Al

pian

o su

perio

re d

ispo

ne d

i un

a no

tevo

le b

iblio

teca

. D

a no

n co

nfon

dere

con

l’A

bbaz

ia d

i Fa

rnet

a, d

i or

dine

ben

edet

tino,

e c

he

cons

ente

anc

he il

sogg

iorn

o de

i vis

itato

ri

Dio

cesi

diLu

cca

Cer

tosa

San

ctiS

pirit

us; C

artu

sia

Luce

nsis

Cer

tosi

ni; n

on v

isita

bile

Tosc

ana

LUFa

rnet

a

E’m

onum

ento

di a

rte fu

nera

ria, c

on im

porta

nti o

pere

d’a

rchi

tettu

ra e

di

scul

tura

.D

ioce

sidi

Bol

ogna

Car

tusi

aSa

ncti

Hie

roni

mid

e C

asar

a; C

artu

sia

Bon

onia

eC

imite

rode

l Com

une

Emili

aB

OB

olog

naIn

par

te ri

serv

ata

alla

par

rocc

hia,

in p

arte

“re

side

nce”

Dio

cesi

diSi

ena

Car

tusi

aan

ctae

Mar

iae

de M

aggi

ano;

Car

tusi

aM

aggi

ani

Priv

ata

e pa

rroc

chia

leTo

scan

aSI

Mag

gian

oO

ggi

Situ

azio

neD

enom

inaz

ione

Stat

oat

tual

eR

egio

nePr

ov.

Nom

e

Prospetto 1 - Schema sinottico delle certose della Provincia Tusciae

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 39

III I monasteri come “attrazione” I complessi monumentali che per secoli hanno accolto la vita dei monaci, sono tutt’oggi pietre miliari che segnano la storia dei luoghi e delle comunità cresciute attorno ad essi. L’anima religiosa che ha dato origine agli edifici religiosi in genere ha teso ad impreziosirli con segni d’arte che ne facessero dei momenti di fidelizzazione del pubblico di fedeli, e di conversione per i non credenti. Pertanto, per quanto radicati nell’ambiente locale che hanno contribuito a plasmare con la loro presenza e con il loro operare, hanno continuato a costituire delle vere e proprie “attrazioni” il pubblico. Gli edifici religiosi in genere, e non solo le certose e i monasteri, hanno esercitato una funzione importante per calamitare le folle. Parlando agli artisti Paolo VI (1987-1978) definendo il legame tra la Chiesa e l’arte il rapporto millenario che sussiste tra il popolo di Dio e pittori, scultori, architetti, dicendo: “da lungo tempo la Chiesa ha fatto alleanza con voi. Voi avete edificato e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua liturgia. Voi l’avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere sensibile il mondo invisibile” (Mazza, p.35). E, infatti, l’arte ha avuto così tanta importanza per la storia della Chiesa da riuscire ad interessare anche i non fedeli perché non si fonda semplicemente sull’esperienza estetica, ma ha bisogno di incontrare intelligenza e volontà; “ha bisogno della percezione sensibile, della fascinazione, ma altresì della verità che non va scambiata per prodotto culturale desueto e datato ma appartenente al patrimonio perenne dell’uomo, sempre attuale e sempre ricco di senso. (...) La virtù apre alla bellezza e la bellezza disvela la verità, in una sorta di circuito ermeneutico che necessariamente tiene, se corrette si stabiliscono le correlazioni tra le due entità. E va anche aggiunto che lo svelamento del significato non pregiudica l’eventualità di un giudizio personale. Anzi ne rafforza la consistenza e la fondatezza se ben attrezzato di ragionevolezza argomentativa al di là di insinuazioni e interferenze ideologiche” (Mazza, pp.67-68). E altrettanto potere emana dall’imponenza degli edifici sacri che riflettono il prestigio della Chiesa della loro epoca. Il monastero non ha la stessa genesi di un convento, perché rappresenta come l’espressione celebrativa di una vita per gli altri espressione di in una cultura di amore e di solidarietà rivoluzionaria per i tempi in cui fu edificato. Questo potere dell’arte ecclesiastica, per quanto

I monasteri come “attrazione” 40

spogliato dell’originaria “strategia di conversione” al momento della dipartita dei monaci, mantiene pur sempre un enorme forza attrattiva per chi riesca a condurvi lo sguardo e l’anima di lettura. Di ciò sono consapevoli non solo gli uomini di Chiesa (che ancora a bassa voce, purtroppo, parlano di “pastorale del turismo”), ma anche alcuni operatori turistici che poco o niente hanno a che fare con la Chiesa. In entrambi i casi non deve sfuggire la funzione di “attrattore della domanda” esercitata dai monasteri e dalle certose in particolare. Tale attrazione può essere gestita a livelli diversi: da momento di visita, a tappa di un’escursione, a una vera e propria destinazione del viaggio turistico.

3.1 I canali di distribuzione L’attrattiva dei monasteri non è sfuggita agli operatori turistici (tour operator), che hanno iniziato a darne una lettura applicativa entro delle compagini strutturate d’offerta. Prontamente, gli operatori più accorti hanno provato ad ampliare il core religioso del prodotto monastico con un complemento tangibile di attributi artistici e culturali in senso lato, riuscendo a trovare nella selezione dei monasteri meglio preservati e nella coerenza dell’offerta complessiva le potenzialità per la creazione di segmenti nuovi di domanda e per la penetrazione dei segmenti di mercato già presidiati. “Così il viaggiare diventa veicolo per una formazione culturale in ogni suo aspetto, nel senso che è prevedibile anche quello spirituale” spiega il presidente di un Tour Operator13. Anche il Touring Club Italiano ha prodotto un’opera specificamente dedicata ad abbazie e monasteri, in cui, nella primissima pagina lo introduce come “documentazione di una presenza tra le più significative e belle sia del paesaggio storico sia del patrimonio turistico del nostro Paese. Conventi e abbazie, eremi e certose e monasteri piacciono, infatti, ai turisti proprio per la quieta misura del loro rapporto col paesaggio. E piace la religiosità di cui sono espressione”. Ovviamente la funzione turistica dei monasteri non sfugge neppure alla Chiesa (nelle vesti della Commissione Ecclesiale per la Pastorale del Tempo Libero, Turismo e Sport), poiché fin dal Medioevo i monasteri hanno costituito il tessuto dell’ospitalità ai viandanti prima ancora che nascessero le strutture alberghiere e i centri ricettivi di vario tipo, e l’Italia risulta ad oggi punteggiata da abbazie e conventi in ogni suo dove.

13 Giovanni Sesana, Presidente Brevivet, nella Presentazione del catalogo 2007 che comprende anche viaggi in pullman da 1 a 4 giorni verso alcune delle più famose abbazie e certose italiane (pp. 1, 112-114).

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 41

Ancora, innumerevoli sono i siti Internet che comunicano informazioni sulle singole strutture, mentre trattano come una gamma di prodotti proposti in un’unica pagina elettronica quelle che offrono anche il soggiorno. E’ interessante notare che, nei casi summenzionati di “distribuzione del prodotto monastico” non si nota una differenziazione di comunicazione tra “certose” e monasteri di altri ordini, dando riscontro all’impostazione del presente lavoro nell’adottare quale unità di osservazione l’intero insieme dei monasteri, che solo in seconda istanza può permettersi di essere declinata nel considerare come unità d’analisi le certose. L’ampia e capillare diffusione degli edifici monastici è pervasiva non solo dell’Italia, ma anche oltre confine. In Francia il patrimonio monastico viene usato spesso persino nelle brochure di ampia divulgazione che raccontano i luoghi ai turisti; è questo il caso, ad esempio, del monastero di Lérins a Cannes, sull’isola di St. Honorat, perché i monaci di Lérins sono responsabili di proteggere le persone di Cannes, ma anche perché a Cannes si vendono i prodotti dei monaci (tra cui il famoso liquore Lérina), e perché è possibile soggiornare nell’hotel annesso al monastero (Moreaux, pp.21-22).

3.2 Le criticità nella gestione Il progressivo distacco di devozione diretta tra benefattori privati ed edifici religiosi soprattutto di minori dimensioni (cfr. par.precedenti) ha fatto emergere la consapevolezza, di inequivocabile riscontro empirico, che essi richiedono una sorgente finanziaria, costantemente attiva di erogazioni per poter essere conservati. La tematica generale (fonte finanziaria attiva) è stata declinata in elementi specifici di criticità di gestione, che è possibile specificare nelle seguenti tematiche.

• Individuazione del target. E’ difficile computare esattamente quanti sono i visitatori degli edifici, e, quindi, organizzare una programmazione efficiente, perché l’ingresso è generalmente gratuito, o comunque, se a offerta, non viene registrato.

• Accessibilità. I monasteri sono spesso difficili da raggiungere senza mezzi di trasporto privato, appunto perché venivano costruiti per rappresentare isole nel deserto; la lontananza dalle zone più centrali delle destinazioni turistiche principali disincentiva gli operatori ad includere i monasteri nei programmi organizzati, obbligandoli a rivolgersi a segmenti specifici di domanda con programmi focalizzati.

I monasteri come “attrazione” 42

• Demarketing. Gli ordini monastici contemplativi non vogliono i turisti, come si evince dalle chiare parole di un monaco ortodosso: “Chi vista l’Athos14 da turista rimane deluso. Non c’è nulla di affascinante in un uomo che taglia legna o lavora in una vigna, appartato, silenzioso, oscuro, senza alcun apparente contato con il mondo. (...) I turisti (..) per ogni comunità rappresentano un pericolo, al punto che la Chiesa greca ha introdotto nelle preghiere litaniche anche quest’invocazione: Libera, o Signore, dai turisti i santi monasteri, affinché restino luoghi di pace e di vita nascosta per il mondo” (Sciortino, 2000, pp. 92-93). Al contempo i monasteri abitati da monaci che accettano le visite a carattere religioso costruiscono come delle barriere emotive per i segmenti di domanda turistica interessati ad arte e cultura, ma che non vogliono essere coinvolti in concentrazioni spirituali di alcun tipo.

• Funzione d’uso. Un ulteriore aspetto da considerare è proprio l’attuale funzione d’uso dei monasteri, perché il pubblico di fedeli trova più attuale frequentare chiese più vicine e accessibili, anziché raggiungere monumenti religiosi che, data la loro magnificenza, ispirano oggi meno “confidenza” nella fidelizzazione all’uso abituale.

Alla luce delle suddette tematiche si capisce che, senza sovvenzioni mirate alla loro specifica natura di monumenti, diventa molto ardua la sopravvivenza di un cospicuo numero di edifici religiosi. Infatti, solo alcuni hanno trovato assetti proprietari stabili che li proteggono dal disuso; e analoga criticità si riscontra non solo in Italia, ma anche all’estero.

14 La Repubblica di Monte Athos pur appartenendo formalmente al territorio dello stato greco, è in realtà una “entità teocratica indipendente” tanto che per entrarvi è necessario uno speciale permesso di soggiorno, il Dhiamonitirion, che permette di visitare Monte Athos per 4 giorni. Si può comunque richiedere in loco un'estensione per altri 2-3 giorni. E’ abitata da circa 1500 monaci ortodossi distribuiti in 20 monasteri principali o laure, oltre a 12 Skiti (comunità di monaci singoli sorte intorno a chiese) e a circa 250 Celle, o eremi isolati. Tutte le Skiti o le Celle sono autonome per quel che riguarda la loro vita interna, ma ricadono sotto la giurisdizione di uno dei 20 monasteri principali per quel che riguarda i problemi generali della vita monastica e i problemi amministrativi. Il traghetto proveniente dalla città greca di Uranopoli, l'unico mezzo per arrivare in questa repubblica, arriva al porto di Dafni, da dove una corriera porta alla minuscola capitale. Per spostarsi tra i vari monasteri occorre fare affidamento sulle poche corriere, sui mezzi degli stessi monasteri, che all'occorrenza trasportano i visitatori, sui battelli che collegano i monasteri o le skiti sulla costa e, soprattutto, sulle proprie gambe. I sentieri, specie nella parte sud, sono spesso impervi e scoscesi, inadatti a chi soffre di vertigini. Vi è un secondo battello, più piccolo, che collega i monasteri della costa est partendo dal porto di Ierissos. Viaggia solo in caso di bel tempo e quindi i collegamenti non sono sempre garantiti e sicuramente mai nella stagione invernale.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 43

3.3 La pluralità degli edifici artistici di matrice religiosa Nel 1969 la chiesa Anglicana ha giudicato addirittura ridondanti (redundant) 1.636 chiese o parti di chiese; i possibili rimedi sono stati individuati nei seguenti:

• demolizione per il 22% di esse (357 chiese); • conversione in uso alternativo per il 56% (tra il 1969 e il 2001

sono state 904 le chiese adibite a musei, a centri d’arte, di recitazione o di musica, peraltro non senza dare adito a polemiche e opposizioni);

• alle chiese di interesse storico, archeologico o architettonico (22%) si è cercato di trovare un nuovo assetto proprietario che consentisse di preservarle.

L’organo ufficiale che si occupa della conservazione delle chiese non più adibite a funzioni religiose nel Regno Unito, il Churches Conservation Trust, dal 1969 - anno della sua costituzione – ha tutelato più di 340 chiese. Il proposito originario era quello di preservare le chiese nell’interesse della nazione e della Chiesa d’Inghilterra (“in the interests of the nation and the Church of England”), ma nel 1983, col National Heritage Act, fu aggiunto il bisogno di promuovere il godimento pubblico di esse (“to promote the public’s enjoiment of them”). Considerati gli scarsi finanziamenti disponibili, l’ampliamento di finalità fu probabilmente inevitabile (Yale, pp.4_14-17). La destinazione a uso alternativo permette alle chiese di poter essere visitate quantomeno dai turisti, com’è esemplificato dal Prospetto che segue.

Prospetto 2 - Tipologia di riutilizzo delle chiese ridondanti in Inghilterra Chiesa Adibita a: Christchurch, Downside, Somerset Abitazione privata All Saints, Oxford Biblioteca del Lincoln College St. Mary Castlegate, York Heritage centre (centro di promozione

dell’ambiente locale) St. George’s, Brandon Hill, Bristol Sala per concerti Holy Trinity, Ship St, Brighton Museo di storia locale United Reformed Church, Lightcliffe, Halifax Emporio di oggetti d’arte Headingley Hill United Reformed Chapel, Leeds Uffici di pianificazione per gli spazi aperti St Saviour, Highbury Centro per l’arte creativa Idle Old Chapel, Bradford Scuola di dizione, danza e recitazione Holy Trinity, Richmond Museo reggimentale Holy Trinity, Wareham Centro d’informazione turistica St Mark, Byker Centro ricreativo per bambini e ristorante St Peter’s, Wickham Bishop Laboratorio per il vetro colorato

Fonte: Yale, 2nd edition, pp.4-17

La situazione è forse altrettanto problematica in Italia, dove una miriade di edifici di natura religiosa punteggia e scandisce l’ambiente,

I monasteri come “attrazione” 44

caratterizzando l’intero territorio. Il patrimonio di cattedrali15, duomi16, basiliche17, santuari, chiese è enorme ed estremamente diffuso sull’intero Paese. Solo nella provincia di Napoli, capoluogo della Campania in cui si trova Padula, si trovano almeno 16 basiliche18. Una delle più celebri è la basilica di San Lorenzo Maggiore19, che nel corso della sua storia – anche architettonica – ha intrecciato le sorti dei monasteri perché – per rimanere in tema - assegnata ai frati francescani. Se i monasteri si posizionano in maniera indifferenziata nel settore degli edifici religiosi, accrescerne la visibilità come attrazione nell’universo delle eccelse realtà monumentali ecclesiastiche diventa un’impresa non poco impegnativa. L’ambiente competitivo di un monastero, inteso come “attrazione turistica”, risulta, evidentemente, fitto, e di livello qualitativo estremamente alto. Solo nicchie di domanda straordinariamente specializzate possono detenere le conoscenze culturali tali da districarsi nella pluralità di offerta artistica degli edifici religiosi. La pluralità di edifici storici di natura religiosa suggerisce di cercare per la Certosa di Padula una prospettiva di posizionamento sul mercato che

15 Una cattedrale è una chiesa cristiana, spesso di notevoli dimensioni, che è la sede del vescovo diocesano. 16 In età medievale, la cattedrale veniva spesso denominata con il termine “Domus Dei”, da cui Duomo, poiché rappresentava la principale “Casa di Dio” nella Diocesi. Con la nascita dei Comuni, molte città vollero edificare il loro “duomo” per motivi di prestigio, pur appartenendo alla medesima Diocesi. 17 Le basiliche sono chiese di particolare antichità; nel tempo il titolo di basilica acquisì un significato onorifico, e ad alcune chiese venne conferito uno speciale titolo d'onore per la loro importanza storica e religiosa, equiparandole nel titolo alle basiliche maggiori di Roma. 18 Basiliche di Napoli: San Paolo Maggiore; Santa Maria della Sanità; Santissima Annunziata Maggiore; San Pietro ad Aram; Santa Restituta; San Francesco di Paola; Incoronata Madre del Buon Consiglio; Battistero di San Giovanni; Spirito Santo; Santa Maria della Pazienza o Cesarea; Santa Chiara; San Lorenzo Maggiore; San Gennaro Extra Moenia; Gesù Vecchio; Carmine Maggiore; Santa Maria della Neve. 19 La basilica di San Lorenzo Maggiore è una delle più antiche di Napoli. Si trova nel centro antico della città, nella zona in cui sorgeva l'agorà greca. Risale al XII secolo e conserva l'interno gotico. Giovanni Boccaccio la defini "grazioso e bel tempio" e si dice che fu qui che egli incontrò Fiammetta nel 1334, mentre nel 1346 Francesco Petrarca dimorò nel convento annesso. Nel 1235 il papa Gregorio IX ratificò la concessione di una chiesa dedicata a san Lorenzo da erigere in città. All'epoca, è documentata la presenza di almeno altre cinque chiese dedicate al santo, e la chiesa del Foro (di epoca paleocristiana) fu assegnata ai frati francescani come edificio su cui sarebbe stata costruito il nuovo tempio. Carlo I d'Angiò a partire dal 1270, quindi non molto tempo dopo la sua vittoria su Manfredi, iniziò a sovvenzionare la ricostruzione della basilica e del convento, in una mescolanza di stile gotico francese e francescano. Ad architetti francesi di deve l'abside, ritenuta unica nel suo genere in Italia ed esempio classico di gotico francese. Nel passaggio dall'abside alla zona del transetto e della navata si andò affermando invece uno stile maggiormente improntato al gotico italiano, segno del mutamento dei progettisti e delle maestranze con il passare degli anni. Numerosi i rimaneggiamenti che la basilica ebbe nei secoli seguenti, dovuti anche ai danni dei terremoti che colpirono la città. Al convento si accede dal lato destro della basilica. Sulla facciata vi furono posti nel XIX secolo gli stemmi della città e dei sedili cittadini (parlamenti rappresentativi con funzioni amministrative, giuridiche e giudiziari, che riunivano i delegati dei vari rioni a partire dal XIII secolo e per oltre cinque secoli) che, nella Sala capitolare del convento appunto costituivano assemblea. La sala, lunga 40 metri e ricoperta di volte a vole, secondo alcuni di impronta sveva, fu affrescata da Luigi Rodriguez (1608) che vi raffigurò, tra l'altro L'albero francescano (papi, santi, cardinali, dottori appartenenti all'ordine religioso).

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 45

consenta una differenziazione rilevante di agevole e immediata comprensione per il pubblico turistico.

3.4 Da attrattiva turistica a turismo del patrimonio storico-locale

L’ampia e capillare diffusione degli edifici monastici è pervasiva non solo dell’Italia, ma, come si è detto ampiamente, anche oltre confine. Pertanto non si tratta di risorse esclusive di per sé; diventano esclusive se lette oltre l’aspetto più superficiale del loro essere edifici monastici – per quanto spettacolari e tipici – per essere interpretati nelle motivazioni che ne hanno sancito il radicamento nell’ambiente locale, fino, in non pochi casi, a permetterne la rinascita dopo le devastazioni. Questo approccio di radicamento locale dischiude l’interpretazione del processo che li legittima nel senso storico, denso di poteri e di significati, e, quindi, permette di cogliere le interrelazioni reali nel con Distaccandosi dall’etichetta di “attrazione” per assumere il ruolo di elemento cardine nella costruzione dell’identità del territorio, i monasteri si inseriscono nella più ampia e forse per questo non meno difficile “competitività tra patrimoni ambientali”. Nel primo caso (monastero come attrazione) spicca un’identità autonoma dal contesto che la ingloba, che vuole essere promossa di per sé); nel secondo caso (monastero quale patrimonio ambientale) emerge l’essenza di una struttura che compone di senso storico un ambiente esterno col quale non teme di interagire e fors’anche di sovvertire nelle ambiziose prospettive di sviluppo in visibilità e popolarità. Pertanto per l’assetto imprenditoriale delle certose cui, per definizione, è demandata la responsabilità di deliberare il sentiero strategico di sviluppo, si propone di considerare se sia di fatto più opportuno posizionarsi sul mercato in un contesto di competizione tra attrattive, oppure di competizione tra territori. La scelta dipende non tanto alle sorti della certosa di per sé, quanto da quelle degli stakeholders che gravitano attorno ad essa, e che potrebbero propendere per una valorizzazione armonica della comunità locale tutta, o almeno di un sistema di soggetti economici locali esterni alla certosa ma interni all’area locale in cui questa è turisticamente influente. Si tratta, in altri termini, di una decisione politica, forse prima ancora che economica.

I monasteri come “attrazione” 46

La letteratura specialistica porta il proprio contributo al riguardo introducendo il concetto di “heritage tourism20” anziché attenersi a quello, altrettanto potente, di “tourist attraction21” (Yale, 1998). In Inghilterra l’accezione di heritage tourism è sancita dal coinvolgimento nei medesimi progetti di valorizzazione della destinazione turistica del Dipartimento Turistico, di quello Ambientale, e di quello Culturale assieme (mentre l’attrazione sarebbe stata esclusiva competenza del Dipartimento Turistico). Dal 1998 risulta iscritto al 30° posto dei siti italiani nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO anche il “Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula”. E’ il Ministero per i Beni e le Attività Culturali a rendersi garante presso l’UNESCO dei monumenti e dei siti proposti dallo Stato italiano a fronte del riconoscimento del valore universale del bene. La dizione con cui anche la Certosa di Padula è stata iscritta risponde alle istanze di valorizzare unitariamente la connotazione paesaggistica in cui essa è inserita. La stessa scala territoriale non viene indicata per “la chiesa ed il convento domenicano di Santa Maria delle Grazie con La cena di Leonardo da Vinci” inserita nella medesima lista in epoca precedente (nel 1980). Quindi seguendo l’indirizzo dell’UNESCO la certosa di Padula è risorsa funzionale all’insieme di risorse locale con le quali è chiamata a fare sistema, ossia è intesa a rappresentare come un unicum con l’ambiente complessivo in cui è radicata, anziché come attrazione autonoma. Si tratta di un’interpretazione coerente con l’approccio di lettura storiografica nell’indagine fin qui condotta per analizzare il settore delle certose guardandolo nelle caratteristiche distintive rispetto ai monasteri in genere.

20 National Trust for Historic Preservation definisce “heritage tourism” come “traveling to experience the places, artifacts and activities that authentically represent the stories and people of the past and present”; in Hargrove (2002), p.10. 21 Un’attrazione turistica può essere definita come “any designated permanent resource which is controlled and managed for the enjoyment, amusement, entertainment and education of the visiting public”.; Middleton (...), in Yale (1998), p.1.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 47

IV Tre casi critici di indirizzo strategico Molti monasteri sono andati del tutto distrutti nel corso dei secoli; di altri è rimasto poco più della sola struttura architettonica privata di gran parte delle opere artistiche; solo alcuni hanno potuto tramandare la natura di edifici religiosi in senso proprio, ossia tutt’oggi abitati da religiosi. Ai nostri fini tutte e tre le categorie sono importanti, perché tutte e tre rientrano nell’ambiente competitivo inteso come insieme di attrattive monasteriali di pregio artistico e storico-culturale. Per quanto riguarda le strutture abitate da religiosi, quest’ultimo aspetto assurge ad attributo determinante dal punto di vista del prodotto turistico, e, di conseguenza, sembra delimitare un macro-segmento di mercato ben circoscritto e specificato che sembra ben differenziare il proprio ambiente competitivo. Spesso gli edifici preservati coincidono con le strutture più dense di storia, più imponenti, e anche artisticamente più significative perché selezionate proprio per tramandare l’autenticità della tradizione del monachesimo nei suoi aspetti più autentici ed eccelsi. Ma proprio per questa stessa ragione costituiscono, in pratica, una competizione d’alto livello, a stento frenata dal rigore delle barriere di spiritualità religiosa imposte dai rispettivi ordini monastici, e che, al tempo stesso, valgono a rafforzarne l’attenzione dei visitatori. In Italia si possono contare 560 tra monasteri e conventi ancor oggi vissuti da religiosi in cui le ragioni dell’ospitalità e dell’arte si combinano in composizioni di ospitalità variegate, incontrando la declinazione composita delle specifiche motivazioni al viaggio (ma salgono a 7282 tra chiese e abbazie di ogni genere). Al contempo, la progressiva esiguità della compagine dei religiosi rende passibili dette strutture di passare a potenziale entrante della tipologia di monasteri rimasti privi di religiosi. Inoltre i monasteri che hanno preservato l’edificio, pur se ormai privi di religiosi, hanno dato adito ad una variegata molteplicità di soluzioni conservative e di visibilità componendo un contesto esteso. Il criterio dell’heritage tourism, poi, offre motivo di visita anche ai monasteri ormai privi di monaci (come, appunto, la Certosa di Padula), e addirittura anche a quelli che sono ad oggi mere rovine, ma che, al contempo, se preservate come tali, possono acquisire una potenzialità di attrattiva turistica forte sul mercato, proprio a motivo della loro accezione “decadente ed effimera”.

Tre casi critici di indirizzo strategico 48

Anche per quanto riguarda i monasteri che sono rimasti al più solo mere rovine, l’attività di confronto competitivo lascia spazio a riflessioni tutt’altro che banali. Per conferire riscontro pragmatico alle prospettive di sviluppo strategico della certosa di Padula è di completamento all’analisi esplorativa fin qui svolta la riflessione su tre casi di studio, uno per ciascuna delle summenzionate fattispecie di monasteri (con monaci, prive di monaci, mere rovine). Tutte e tre le tipologie, infatti, permettono di cogliere aspetti che possono costituire elemento di reale competitività diretta per la certosa di Padula (o per le situazioni assimilabili alla certosa di Padula). Si ridimensiona, cioè, il fatto che l’essere un monastero accessibile in quanto inevitabilmente privato del filtro costituito dalla presenza dei religiosi (com’è per la certosa di Padula) costituisce caratteristica determinante sotto il profilo turistico. L’ambiente di mercato reale è difatti più complesso, e i tre casi di studio a seguire vogliono cercare riscontro per tale tesi. Tra le varie tecniche di case studies (esplorativi, cumulativi, narrativo-descrittivi, programmatici) si è scelta quella cosiddetta dei “casi critici” (critical instance case studies). Il primo dei casi critici proposti riguarda la Certosa del Galluzzo perché rappresentativo di un monastero abitato da monaci, ma da loro stessi raccontato nella visita turistica con linearità di accoglimento storico-artistico. L’esiguità dei monaci ad oggi ivi presenti accentua nella percezione turistica l’accostamento ai monasteri del tutto privi di monaci. Calci presenta il caso di una certosa rimasta priva di monaci e convertita a museo naturalistico e di storia del territorio locale, fino a provocare un’innovazione “radicale” del prodotto monasteriale, tradotto in mero supporto architettonico di pregiato valore storico, strumentale emblema dell’ambiente locale. Infine si è voluto proporre il caso di un monastero estero: l’abbazia di Kirkstall. Pur non trattandosi di una certosa (era abitata dai monaci cistercensi) e ormai ridotta ad un rudere, mostra un potere attrattivo che può perdurare al di là della totale decadenza fisica, dando ragione alla capacità di chi la sa gestire. Il suo essere rudere, anziché soffocare, alimenta la curiosità e l’umano desiderio di sapere di chi la raggiunge per la visita, fungendo da espediente per motivare i turisti a spendere un ragionevole periodo di tappa, intrattenendoli con attività ricreative che invogliano al ritorno, fino a pilotarli verso ulteriori mete che gravitano con logica di network nella periferia attorno a Leeds. La visibilità dell’ambiente locale raggiunta grazie al “pretesto” di un rudere quale

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 49

Kirkstall Abbey offre opportunità di riflessione creativa per fidelizzare - nel caso del Vallo di Diano in particolare – il segmento dei visitatori di breve raggio di cui la certosa di Padula è una leccornia, e comunque il segmento dei turisti che, pur non avendo incluso il Vallo di Diano quale destinazione principale per il soggiorno, sono disposti ad inserirlo come complemento della vacanza, contribuendo a dare all’area continuità di affluenza e vitalità di atmosfera. Si tratta, quindi, di tre casi di studio selezionati in quanto “critici”, nel senso che hanno un’importanza di ordine strategico rispetto al ruolo attribuito alla certosa di Padula sia di per sé, sia rispetto al Vallo di Diano.

4.1 Il turismo autentico di religiosi. La Certosa del Galluzzo Questo caso critico è stato individuato nell’ambito dello studio su fonti cartacee e indagine desk, seguito da sopralluogo effettivo, e tecnicamente approfondito mediante specifica indagine personale diretta con i monaci che gestiscono il monumento. L’intervista personale con Padre Luigi è stata articolata in due momenti: un primo incontro il 29 giugno 2007, un secondo incontro il successivo 16 ottobre. Già individuata (cfr. il §3.5), nei tratti essenziali del suo divenire storico possono essere compendiati in estrema sintesi tentando un percorso parallelo con la certosa di Padula: la genesi per merito di un signore locale (rispettivamente Tommaso Sanseverino a Padula attorno al 1304, e Niccolò Acciaioli a Firenze attorno al 1341); l’essere entrambe dedicate a San Lorenzo; gli stretti rapporti originari con la certosa di Napoli; l’essere nate come “certose” interpretando, cioè, seppur con esiti non convergenti, lo schema architettonico dettato dalla casa madre; il periodo di estrema sofferenza e di strazio artistico durante le soppressioni napoleoniche; il non essere più abitate dai monaci certosini; essere invece entrambe visitabili dai turisti. Ma se la certosa di Padula, come non ha mancato di enfatizzare Padre Luigi, è stata aperta al pubblico proprio dall’abbandono dei certosini (a causa delle troppo pressanti devastazioni subite), la certosa del Galluzzo ha potuto svelarsi al pubblico perché alla partenza dei Certosini sono subentrati i monaci Cistercensi. Questa congregazione, grazie alla propria regola monastica, ha potuto rendere il monastero più accessibile al mondo esterno e agli amanti della cultura e dell’arte. Cenni storici. La certosa del Galluzzo, vicino a Firenze, fu edificata da un signore locale. Il complesso monumentale, situato sulla sommità del Monte Acuto, detto anche “Monte Santo”, fu voluto da Niccolò Acciaioli

Tre casi critici di indirizzo strategico 50

(1310-1365), membro di una delle famiglie di banchieri più ricche di Firenze, personaggio di spicco dell’ambiente politico ed economico trecentesco. Raggiunse l’apice del potere nel Regno di Napoli, presso la corte angioina, dove fu nominato Gran Siniscalco del Regno, e Viceré di Puglia. I primi documenti in cui Niccolò espresse la volontà di fondare un monastero dedicato a San Lorenzo Martire risalgono al 1338, quando stilò il suo primo testamento in cui esplicitava la preferenza per l’ordine certosino a motivo dei suoi rapporti con la corte angioina che aveva finanziato la costruzione di varie certose nel Regno. Seguendo tale esempio Niccolò Acciaioli, che varie volte aveva beneficiato la Certosa di San Martino a Napoli, decise di fondarne una anche nella sua città natale, come avvenne a partire dal 1341. “Il monastero rappresentava per lui uno stretto legame con la sua città natale, oltre che un simbolo della sua generosità e un mezzo per salvare la propria anima” (Fatini, p.3). Inoltre l’edificazione di una certosa conferiva notevole prestigio sia nell’ambito della corte angioina, che in quello della corte pontificia. Il complesso monumentale fu sottoposto a modifiche e ad ampliamenti dopo la morte dell’Acciaioli, e soprattutto nel Rinascimento perché i monaci desiderarono adattare gli edifici del complesso ai nuovi canoni estetici dominanti. Grazie ad una serie di priori molto legati ai circoli culturali umanisti, la certosa poté arricchirsi di notevoli opere d’arte e acquisire la maestosità e l’aspetto armonioso che ancora oggi la contraddistingue. Nonostante ciò, “il patrimonio pittorico e decorativo, una volta abbondantissimo come risulta dalle ricerche archivistiche, è oggi relativo, a causa di ripetuti saccheggi e trafugamenti. Infatti la certosa rimase di proprietà dell’Ordine certosino fino all’ottobre del 1810, quando per volontà di Napoleone, vi furono trasferiti centocinquanta fanti francesi” (Fatini, p.5) e andò perduta la maggior parte del ricco patrimonio artistico della certosa. Dopo le soppressioni degli ordini religiosi (nel 1810 e nel 1866), in entrambi i casi, i Certosini ripresero possesso del loro convento, per essere poi sostituiti nel 1958 dai Cistercensi della congregazione di Casamari. Questi anche grazie alla propria regola hanno potuto rendere il monastero più accessibile al mondo esterno e agli amanti della cultura e dell’arte. Le specificità dei due ordini sulla vita della certosa - Certosini e cistercensi costituiscono le due principali novità nel panorama monastico occidentale tra la fine del secolo XI e l’inizio del XII. L’espansione delle certose è apparsa a tutti gli studiosi che se ne sono occupati come molto più lenta e modesta rispetto a quella di altre esperienze coeve, primi fra tutti i cistercensi. A fronte dei 283 siti di certose rinvenibili nel mondo (di

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 51

cui 25 ancora abitate), i cistercensi ne possono vantare ben 2398 (di cui 411 ad oggi abitate), come risulta dalla seguente tabella.

Tab.4 - I siti delle abbazie cistercensi nel mondo Abitate Nazione

Cistercensi Trappiste Totale Esistenti

Europa: Francia 9 34 43 586 Italia 39 6 45 480 Germania 16 4 20 428 Spagna 54 19 73 186 Inghilterra 2 5 7 132 Belgio 4 14 18 99 Irlanda - 6 6 64 Paesi Bassi 1 7 8 54 Svizzera 10 1 11 43 Polonia 9 - 9 39 Repubblica Ceca 3 1 4 32 Austria 12 1 13 28 Ungheria 9 - 9 22 Scozia - 1 1 21 Danimarca 1 1 2 17 Croazia 3 - 3 9 Norvegia - 1 1 6 Jugoslavija - 1 1 5 Slovenia 1 1 2 5 Bosnia - 1 1 1 Tot. Europa 173 104 277 2257 America 21 39 60 62 Asia 12 20 32 33 Africa 9 28 37 38 Vicino Oriente - 2 2 5 Oceania - 3 3 3 Tot. Extra europei 42 92 134 141 Totale generale 215 196 411 2398

Fonte: elaborazione dati su http://www.cistercensi.info/abbazie/geografico.asp

I 480 siti in Italia sono riportati nel Prospetto 3 in Appendice. Si tratta di cifre davvero importanti; va però notato che non di rado il numero dei monasteri dei vari ordini non sono necessariamente additivi, perché i medesimi vengono traslati da un ordine all’altro, al fine di preservazione dell’esistente. Anche per i cistercensi, come per i siti dei certosini, l’Italia vanta il secondo posto per numerosità di siti, sempre a seguito della Francia. Contribuiscono all’impetuosa diffusione dell’ordine, nettamente superiore a quella certosina, il collegamento con la politica riformatrice del papato nell’insistenza sull’osservanza integrale della Regola di san Benedetto, che risponde bene alle rinnovate esigenze rigoristiche e pauperistiche espresse dalla cristianità del secolo XII. Anche il saldo rapporto con le

Tre casi critici di indirizzo strategico 52

élite aristocratiche, prima, e con le gerarchie cittadine, poi, rendono i cistercensi un ordine di fortissimo impatto sulla società coeva. I cistercensi vedono la luce nello stesso contesto spirituale dei certosini, pervaso dal proposito di riformare la vita religiosa grazie all’allontanamento del mondo, alla povertà, e al lavoro manuale. Ma, a differenza dei certosini non sono un ordine eremita, bensì cenobita. Questa caratteristica è essenziale per la tematica qui trattata, perché consente ad una certosa, come quella del Galluzzo, che per sua natura è preclusa al pubblico finché abitata da certosini, di aprire i suoi cancelli alle visite dell’esterno pur continuando ad ospitare monaci (cistercensi). L’autenticità come forza competitiva – L’effettiva presenza dei monaci, e il loro personale accompagnamento e guida nella vita alla Certosa del Galluzzo, enfatizza l’attributo di autenticità che conferisce forza alle attrazioni turistiche di qualsiasi natura. La natura di “certosa” in questo caso non preclude la visita ad un monumento ancor vivo nella componente antropica che ne definisce la funzione tecnica-economica nativa e autentica. L’alternanza dell’ordine (da certosini a cistercensi) contribuisce a scolpire nella mente del visitatore le peculiarità intrinseche in cui è stato declinato nei secoli il fenomeno del monachesimo. Qui è la presenza della guida medesima a testimoniare l’accezione spirituale del luogo. La visita diventa “esperienza”. Il soffermarsi sulla lettura iconoclasta delle opere artistiche in esposizione fa del monumento non un mero museo (inteso come collezione di tesori esposti e raccontati), ma l’opportunità di conoscenza socio-educativa dei tesori culturali ivi presenti. E’ una presenza dichiarata che non appesantisce con sermoni, è guida riservata, ma eloquente di significati nel linguaggio non verbale. Quel frate accompagna nel percorso di visita programmato, appartiene al gruppo, affianca nel guardare le pitture, presta la sua voce per tradurre l’arte, la storia, il senso di tutte quelle “cose”. Giunto il momento del commiato dalla guida (che avviene nel piano alto della scalinata interna), il visitatore può indugiare ancora un po’ nella certosa. L’annessa bottega di souvenir, in un locale poco distante, piccolo, presenta prodotti venduti solo direttamente nella certosa, senza possibilità alcuna di distribuzione tramite canali alternativi. Gli introiti mancati da un’eventuale distribuzione più ampia non preoccupano affatto i monaci, che preferiscono essere ricordati e apprezzati per la schiettezza della loro cultura di cistercensi, fatta di devozione e di rinunzia a tutto ciò che è di più rispetto all’indispensabile. Nel ritmo dato all’accompagnamento nelle stanze, nei corridoi, e lungo il porticato del chiostro, si respira un clima di “libertà guidata”, perché le

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 53

pause, le attese della comitiva, l’attenzione del Padre ai tempi di spostamento degli ospiti porta a una percezione sempre più viva del monastero stesso. La storia fatta arte si anima, si fa attesa di scoperta, e malinconia nel commiato. L’assetto proprietario, imprenditoriale e operativo: Ormai la Certosa del Galluzzo è di proprietà della Soprintendenza ai Beni Culturali, sotto la denominazione “Convento Certosa del Galluzzo”. La legge attuale di tutela è la 1089 del 1939 e successive modifiche (poi Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’art.1 della Legge 8 ottobre 1997, in vigore dall’11 gennaio 2000). Questa normativa intende tutelare anche la certosa del Galluzzo in attuazione dell’art.9 della Costituzione che merita ricordare: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Ancora, il secondo comma dell’art.21 di detto Testo Unico recita: “[I beni culturali] non possono essere adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da creare pregiudizio alla loro conservazione o integrità”. Preme rammentare il suddetto dettato, in quanto lo stesso Padre Luigi, raccontando del lavoro di conservazione che fa parte dei compiti dei monaci per prendersi cura del monastero, ha sollevato varie tematiche a carattere operativo tali da destare curiosità di approfondimento su chi sia il reale soggetto imprenditoriale che determina le sorti anche di questa certosa. In particolare risulta vischioso scindere le responsabilità dei monaci da quelle della Soprintendenza. I motivi di ingerenze sono svariati, e vanno dalle destinazioni d’uso di alcune sale, al giudizio sull’opportunità delle opere di manutenzione, al merito di scelte di allestimento anche se a carattere provvisorio. La presenza dei monaci, in estrema sintesi, non basta a fare da scudo a tutte le necessità di preservazione ed evoluzione lineare dell’autenticità dello spirito monastico. Da un punto di vista operativo, i monaci che ad oggi vivono nella certosa sono appena sei. IL più giovane è proprio Padre Luigi, che mi ha incontrata nei locali della biblioteca. Lui è un tecnico informatico, e quindi non ho avuto problemi ad organizzare l’incontro a seguito di richiesta tramite email. Ad occuparsi delle visite del pubblico, però, sono solo due monaci, che si alternano nel servizio. Gli aspetti che vengono proposti sono ovviamente quello artistico (la certosa del Galluzzo è ancora estremamente preziosa di opere d’arte di autori celeberrimi), ma anche storico, e religioso che

Tre casi critici di indirizzo strategico 54

oltrepassa la descrizione dell’ordine, perché spazia fino ad una lettura iconoclasta dei dipinti. I monaci sono “affittuari” nella certosa. Hanno da darsi da fare, quindi, per provvedere al mantenimento di un monastero tanto gigantesco. Ciononostante cercano di provvedere al restauro delle opere più bisognose che non potrebbero attendere i tempi della Soprintendenza. La personalizzazione della visita – La duplice intervista con Padre Luigi ha consentito di approfondire le modalità di sostentamento del monastero. I cistercensi sono come “affittuari” all’interno del convento; hanno da provvedere alle spese di conduzione, oltre ad occuparsi di un corretto uso dei locali e dell’ambiente circostante. Il loro numero esiguo non consente produzioni che sfocino in economie sufficienti. Le donazioni (da parte di banche, associazioni, fondazioni) sono l’unico mezzo per prendersi cura delle opere di restauro. La Soprintendenza interviene con delle iniziative che non sempre rispondono a logiche di coerenza con lo spirito dei monaci e col carattere storico, artistico, quasi dimentichi del dettato del proponimento legislativo o ai margini estremi di quello. Considerazioni di criticità – Il caso della certosa del Galluzzo consente di studiare la gestione di un monastero preservato – seppure spesso a fatica - nel suo spirito di “autentico”. I conflitti d’interesse tra gli stakeholders che hanno titolo di gestione minano la limpidezza delle sorti prossime future del monastero medesimo. D’altra parte alla domanda attuale continua ad essere trasmessa proprio la valenza storico-artistica e culturale originaria del monastero, e sembra sia questa a continuare ad interessare sia visitatori occasionali (nessuna domanda è stata fatta durante la visita riguardo all’esposizione temporanea di arte moderna promossa dalla Soprintendenza), sia mecenati locali interessati alla conservazione “autentica” del monastero. D’altra parte, la scarsità di monaci che dimorano ad oggi nella certosa, paventano le sorti del monastero se non interverrà un ricambio generazionale tale da continuare a difendere nella gestione ordinaria e straordinaria quel prezioso spirito autentico di radicamento culturale che teme la forza di temperamenti poco lungimiranti. Per la certosa di Padula il caso della certosa del Galluzzo significa il confronto con la soluzione delle tematiche di sviluppo dibattute tra logiche di conservazione e logiche di innovazione radicale. La certosa del Galluzzo propone ad oggi scelte tenaci di preservazione e di continuità che sembrano trovare ragione nella continuità delle visite e nell’interesse dei visitatori che sopraggiungono anche in assenza di apprezzabili investimenti in comunicazione, quasi a reggere il confronto con la

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 55

competitività degli altri molteplici attrattori di una città d’arte come Firenze. Purtroppo non è dato di avere dati sugli accessi alla certosa, poiché non ci sono biglietti d’ingresso che possono aiutare nel computo della dimensione della domanda, ma certo l’affluenza percepita è un riscontro positivo per il monumento, benché situato alla periferia di una città per sua natura accentrata sul suo cuore più antico. La presenza lieve dei monaci, più percepita che evidente, rende il tracciato di sviluppo gestionale interessante per i monasteri proposti per il loro radicamento locale anziché come isole di spiritualità. In tale prospettiva la riflessione si propone aperta anche per la certosa di Padula.

4.2 L’innovazione radicale di prodotto nella Certosa di Calci La Certosa di Pisa, detta Certosa di Calci, fondata nel 1366, sorge a circa 10 chilometri da Pisa, ed è situata in una valle di grande valenza paesaggistica, detta un tempo “Valle Graziosa”. Soppressa a causa dalle leggi napoleoniche (1808), passò al demanio dello Stato, ma nonostante questo continuò ad ospitare l’ordine certosino fino al 1972. La Certosa è stata affidata alla Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici di Pisa, ed è visitabile quasi interamente. Negli ambienti, che un tempo erano destinati ad ospitare le attività produttive e artigianali (quali granai, cantine, botteghe dei fabbri, dei falegnami, ecc.), attualmente ha sede il Museo di Storia Naturale e del Territorio dell'Università degli Studi di Pisa. Non più abitata da monaci, tutelata dalla Soprintendenza, con annesso un museo con tematica locale, collocata in una valle suggestiva, presenta uno spettro di attributi da leggere in parallelo con le condizioni della certosa di Padula. Il Museo di Storia Naturale come attrattore locale coerente col messaggio culturale della certosa - Il Museo di Storia Naturale e del Territorio, situato dal 1981 nella suggestiva cornice della Certosa di Calci, ha origini antichissime. Già alla fine del ‘500, i Medici, nella persona di Ferdinando I dei Medici, Granduca di Toscana, vollero che nel Giardino dei Semplici pisano - l'Orto botanico - sorgesse una galleria di reperti naturali e di curiosità. Nel 1814 il museo raggiunse una completa autonomia dal Giardino dei Semplici e nel corso del XIX secolo divenne una delle realtà museali più importanti d'Italia, famosa per le splendide collezioni, formate da circa 200.000 esemplari, e per la spettacolare “galleria delle balene”. La Galleria dei Cetacei, che si trova negli antichi granai della Certosa, rappresenta sicuramente il più valido esempio di connubio tra esposizione scientifica e percorso storico: più di 20 reperti

Tre casi critici di indirizzo strategico 56

sono disposti lungo gli oltre 100 metri della Galleria, a partire dai piccoli odontoceti (delfinidi, capidoglio) fino ad arrivare agli imponenti misticeti con lo scheletro completo di una balenottera azzurra Il Museo di Storia Naturale e del Territorio è oggi un Centro Interdipartimentale dell'Università di Pisa e conserva le collezioni di reperti naturalistici formatesi nell'ambito della ricerca zoologica, paleontologica e mineralogica dell'Ateneo pisano dal 1591 ad oggi. Da allora, infatti, le collezioni si sono continuamente arricchite grazie allo stretto legame con l'Università, che ha reso l'istituzione, un polo di ricerca scientifica e didattica. Una sala tattile appositamente allestita rappresenta il cuore di un percorso accessibile a non vedenti e ipovedenti, attraverso i principali settori espositivi del museo, in cui il visitatore può ripercorrere gli ambienti tipici del territorio pisano, dai monti, lungo il fiume, fino al mare. Nella sala, che ha un duplice scopo, didattico ed espositivo, è possibile toccare reperti e modelli, nonché “leggere” informazioni direttamente sui pezzi, mediante etichettature e schede esplicative in Braille. La sede museale nel prestigioso complesso monumentale della Certosa di Calci è un connubio di grande fascino grazie all’integrarsi degli elementi scientifico-naturalistici e di quelli storico-artistici. La visita guidata, della durata di circa 1 ora e mezzo, permette di ripercorrere la storia del Museo e delle sue collezioni, introducendo i visitatori ai principi base dell’anatomia comparata e dell’evoluzione dei vertebrati (con particolare riguardo ai mammiferi). Il percorso della visita guidata comprende tutte le sale delle esposizioni permanenti. L’esperienza del personale qualificato impiegato in questa attività permette di affrontare i temi secondo schemi e approcci linguistici e concettuali differenti in funzione della tipologia e della composizione dei gruppi. Un Museo per dare visibilità all’ambiente locale – La certosa di Calci è quindi diventata pressoché un unicum col museo di Storia Naturale. Le due entità sono oggi intrinsecamente dipendenti, e la storia dell’uno si unisce e spiega quella dell’altra. Le peculiarità dell’essere certosa, o monastero, sono trasmesse ai visitatori come parte del “prodotto tangibile” costituito dal museo naturale, quest’ultimo fungendo da reale “core di prodotto” nelle visite. La certosa è la struttura architettonica che accoglie l’esposizione. L’autenticità della sua funzione originaria perpetuata per secoli (fino al 1972) sta andando sempre più a scomparire, contribuendo ormai in maniera sostanzialmente marginale a dare dignità di contenuti al contenitore dei reperti naturalistici.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 57

L’innovazione di prodotto monasteriale è stata, in questo caso, “radicale”, in quanto sovverte il rapporto “tecnologia – assetti relazionali” (sociali e organizzativi). Infatti, l’impatto del cambiamento da certosa a museo ha distrutto, anziché valorizzare, le peculiarità dell’essere monastero; è stato, cioè, di tipo “competence destroying” anziché “competence enhancing”. E’ emersa una “discontinuità tecnologica”, facendo emergere, sostanzialmente quella che possiamo chiamare “un’impresa nuova”. Soprattutto, la preferenza per la funzione tecnico-economica d’indirizzo scientifico-naturalistico tende a introdurre un mutamento nelle interazioni con i vari pubblici della certosa, che vedono soffocare l’anima avita della struttura. Si tratta di scelte strategiche deliberate che trovano saldo conforto nelle opportunità di sostenibilità concreta, data anche la necessità di reperire un sito degno di un’esposizione preziosa per il territorio. La presentazione del sito Internet del museo22 recita infatti: “Per la costituzione del Museo di Storia Naturale e del Territorio, nel 1979 venne proposta quale sede la Certosa di Calci e nel 1981 la Facoltà di Scienze deliberò la realizzazione del museo ed il trasferimento di tutte le collezioni, ad eccezione di quelle botaniche. Nel 1985 il museo venne formalizzato nello stato giuridico di Centro Interdipartimentale con uno statuto che definisce tra le sue finalità il conservare e rendere fruibili le collezioni, lo svolgere attività di ricerca e didattica nelle scienze naturali, il promuovere la cultura naturalistica. Nell'attuale sede, nonostante i limiti espositivi dettati dai vincoli architettonici, i percorsi estensivi risultano ricchi di fascino grazie all'integrarsi degli elementi scientifico naturalistici e di quelli storico-artistici”. L’antica Certosa, preziosa di storia e di identità propria, rischia di essere accantonata come un vecchio saggio, meritevole di pensiero e di rispetto, ma non di un rapporto dialettico concreto. Infatti, tra le suddette finalità del museo non viene menzionata la celebrazione della certosa in quanto tale; al contrario, questa viene presentata come un ostacolo architettonico da sopportare. Resta comunque arduo dare un giudizio in termini di sinergie effettivamente realizzate, perché le due anime (quella antica di monastero e quella attuale di scienze naturalistiche) sembrano perseguire in maniera corale la promozione del museo come esperienza sociale, aperta al grande pubblico, che viene riconosciuta nel fascino degli attributi storico-artistici.

22 http://storianaturale.museo.unipi.it/storia.html

Tre casi critici di indirizzo strategico 58

4.3 Verso una visione per capacità di strutturazione sistemica. La Kirkstall Abbey

Al contrario di quanto avviene in Italia, il clima dei Paesi nordici non è considerato un fattore di richiamo per il turismo, e, pertanto, per assurgere al rango di destinazioni turistiche tali luoghi devono far leva su altri tipi di attrazioni. Non è involontariamente, quindi, che il terzo caso critico sull’attuale funzione d’uso degli edifici monastici di interesse storico-artistico sia cercato proprio in Inghilterra, perché, cioè, la necessità di investire sulle “risorse attrattive autentiche” può suggerire stimoli utili ad una riflessione d’indirizzo strategico ancor più attenta a valorizzare prodotti – come i monasteri dismessi – dalla sostenibilità reale tutt’altro che banale da garantire. Il caso della Kirkstall Abbey illustra una situazione che ad una lettura economica superficiale sarebbe parsa meritevole di abbandono. Si tratta, infatti, di mere rovine situate in periferia rispetto al fulcro della città di Leeds. I segni della storia hanno portato al disfacimento di moltissimi monasteri, ma non mancano quelli che sono riusciti a sopravvivere nella loro integrità fino a divenire celeberrimi (l’abbazia di Westmister è un esempio noto a tutti). Anche in prossimità di Leeds non mancano esempi di abbazie che sono state preservate pressoché integre (ad esempio Selby Abbey). Pertanto il recupero di un sito ridotto a mero rudere va letto come un’impresa che ha richiesto ideazione strategica, capacità politica, e destrezza organizzativa. Il caso della Kirkstall Abbey è considerato “critico” nel contesto del presente lavoro, non solo perché segna il passaggio dal “turismo dell’attrazione” al cosiddetto “heritage tourism”, ma soprattutto perché incanala la riflessione analitica sul passaggio da una gestione del turismo basata sulle risorse del territorio (la letteratura manageriale parla al riguardo di “resource based theory”) a una visione che responsabilizza le capacità degli stakeholders preposti alla valorizzazione di dette risorse (“capacities based theory”). Anche se non si tratta di una certosa, bensì fu abitata dai monaci cistercensi, viene qui proposta proprio perché letta nella prospettiva di sostenibile gestione di un antico ex-monastero. L’intervista al personale di contatto intercettato sul posto (avvenuta il 24 luglio 2007) ha consentito di esplicitare le modalità di raccordo col pubblico, e le pluralità di target che gravitano ogni giorno attorno al rudere. Presupposti contestuali – Quando il re d’Inghilterra Enrico VIII sancì la rottura della Chiesa Cattolica con la Chiesa d’Inghilterra, ebbe luogo la cosiddetta “soppressione dei monasteri” (Dissolution of the Monasteries),

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 59

ossia quel periodo (fra il 1536 e il 1540) in cui furono confiscate le proprietà della Chiesa cattolica inglese. Questo evento sancì la dissoluzione dei monasteri e di uno stile di vita che era perdurato per secoli, lasciando il suo segno sul territorio sottoforma di innumerevoli insediamenti ecclesiastici, situati spesso in parti remote del regno. Molta terra fu venduta a privati, e le costruzioni furono lasciati decadere, e spogliati di tetti e tegole per usarli altrove. Queste rovine sono state tendenzialmente ignorate fino al XVIII secolo, quando furono “riscoperte” dal movimento Romantico. Alla fine del XIX secolo i visitatori si fecero più interessati all’architettura dei ruderi, ma, comunque, la localizzazione difficilmente raggiungibile di molte abbazie le rese in concreto inaccessibili fino all’avvento dell’uso dell’automobile. A partire dagli anni ’90 molti monasteri divenuti ruderi sono passati sotto la cura del “English Heritage” (o del suo equivalente a livello regionale), e alcune ricevono ogni anno milioni di visitatori (come riportato nel Prospetto seguente riferito all’anno1995). Alcune, come l’Abbazia di Jervaulx, nell’Yorkshire, rimangono in mani private.

Tab.5 – Visite alle rovine di abbazie nel Regno Unito (1995) Abbazia Visitatori Beaulieu Abbey 335.347 Fountains Abbey 285.339 Battle Abbey 154.077 Whitby Abbey 136.842 Glastonbury Abbey 107.640 Tintern Abbey 68.991 Iona Abbey 60.345 Cartmel Abbey 60.232 Lindisfarne Priory 58.224 Rievaulx Abbey 53.946

Fonte: Yale (1998), p.112

Avere qualcosa di «extra» certamente aiuta ad attrarre un maggior pubblico, come il collegamento alla leggenda di Re Artù per Glastonbury, o con le storie della conquista normanna per Battle, o la posizione panoramica suggestiva di dominio sul centro abitato di Whitby; per alcuni monasteri, come l’abbazia di Beaulieu, le rovine visitabili costituiscono una parte veramente minima rispetto all’offerta complessiva proposta a chi decide di visitare il sito (Yale, 1997, p.112). Lo stato attuale – Pochissimo è rimasto anche della Kirkstall Abbey, nei pressi di Leeds, un’abbazia medievale dell’ordine cistercense. La magnificenza architettonica sovrasta soprattutto grazie alle mura più esterne; il tetto è il cielo, e il pavimento è pressoché completamente di erba. Gli spaccati delle finestre marcano i corridoi delle navate, e

Tre casi critici di indirizzo strategico 60

consentono uno squarcio visivo verso il cielo al di là del rudere, quasi a responsabilizzare l’immaginazione del visitatore verso tutto il patrimonio di vite, oltre che di arte, che è andato dissoluto. La cartellonistica, però, corre a riempire gli spazi. Non è fitta di parole. Scandisce la passeggiata, e aiuta il ritmo della meditazione da una tappa di lettura a quella successiva. Perché è in una passeggiata, lunga, ricca di scoperte, e indisturbata, che consiste la visita all’abbazia. Siamo all’interno di quello che il classico cartellone turistico inglese, marrone e bianco, segna come “parco”. E, infatti, la didascalia in corsivo, sotto il nome dell’abbazia, recita letteralmente: “Magnifica abbazia cistercense situata in un parco meraviglioso23”. I sostenitori del sito sono scritti sul medesimo cartello, in basso: Leaning & Leisure Department; Heritage Lottery Fund; Leeds City Council”. Il complesso è costituito, oltre che dal rudere, da un vasto parco. E’ una bella giornata quella scelta per la visita; anche se è un giorno infrasettimanale, è luglio, e il parco è frequentato da molta gente. Riconosco alcuni turisti per il fatto che non parlano inglese, ma soprattutto tanti bambini che hanno come fatto proprio di una parte delle rovine più disastrate, staccate dal corpo principale del rudere, il loro gioco più divertente. La confidenza del correre sulle pietre, e la sicurezza lasciva dei loro accompagnatori adulti palesa che questo è un luogo frequentato abitualmente. Poco distante scorgo dei campi da tennis, con dei ragazzi molto più grandi, e un campo da calcetto. La parte più affascinante è forse il sentiero che scorre lungo due lati del perimetro più prossimo del parco, e che costeggia un fiumiciattolo costeggiato da panchine e da alberi. A ridosso del fiume un pescatore mi fa vedere le sue prede. Mi trattengo un po’ con lui, poi proseguo la visita. Attraversando la strada dove sono scesa alla fermata dall’autobus direttamente dalla stazione di Leeds, sul lato opposto del parco, c’è un centro per i visitatori con tanto di caffè, con annesso un museo. Entro. La conoscenza del monastero – Vicino all’ingresso compro una brochure a poco prezzo, vedo che c’è altra gente al caffè, l’ambiente e confortevole e invoglia a soffermarsi per qualche tempo; non faccio fatica a decidere di visitare anche il museo. Si tratta di un museo particolare, nel senso che è uno di quei luoghi che più li vedi, più confidenza ci prendi, più invogliano a tornare. E’ composto di due piani, allestiti come un parco 23 “Kirkstall Abbey Park. Magnificent Cistercian Abbey in beautiful parkland setting. Abbey House Museum & Cafe. Visitor Centre & Facilities. Riverside Walks. Children’s Play Area. The Abbey and Park are open all year round and entry is free. There is a charge for Abbey House Museum. We hope you enjoy your visit to Kirkstall Abbey Park. Please remember the Abbey is a Scheduled Ancient Monument and it is an offence to damage or disturb it in any way”.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 61

a tema sull’epoca Vittoriana. E’ stato ricostruito l’ambiente di quel tempo con tanto di botteghe, abitazioni, condizioni di vita e tutto quanto possa contribuire a ricostruire quell’epoca. Chiedo al personale di contatto del rapporto tra l’Abbazia e quel museo. In effetti, il museo è strumentale a scandire la visita al rudere (di per sé gratuita), che però nella composizione del prodotto costituisce il core di attrazione. Il prodotto ampliato (museo, caffè, campi da gioco, rappresentazioni teatrali all’aperto) forma la struttura economica reale. Soprattutto il museo (o centro visitatori che dir si voglia) funge da baricentro per motivare il target delle scolaresche alla conoscenza della storia dell’abbazia. Inoltre è a disposizione dei visitatori del materiale cartaceo che mostra come la Kirkstall Abbey indirizzi i propri visitatori a fare tappa in altri siti prossimi, per integrare e completare la contestualizzazione dell’epoca lì visitata. Una cartina stilizzata riproduce la posizione degli altri siti attorno al centro di Leeds, e il libretto allegato fornisce le motivazioni per visitarli. La strumentalità dell’abbazia per indirizzare nel percorso turistico – Tentando una riflessione sulla visita, è interessante notare la funzionalità di un sito che, per quanto non sopravvissuto integro, presenta ancor oggi i tratti essenziali della sua monumentalità, e, proprio sulla base di questi, i soggetti che ne hanno assunto la gestione fanno leva per costruire un prodotto attrattivo da cui far scaturire economie di carattere “leisure”. Il target di riferimento, infatti, non è un turismo inteso in senso stretto, ma un ampio segmento da “tempo libero” che coinvolge le fasce di età più disparate, e che si avvale dell’abbazia per personificare il luogo, accrescerne la visibilità, e strutturare le visite in un ambito territoriale di più ampio respiro. La sinergia tra i poli di gravitazione, struttura un sistema di attrattive locali teso a radicare la coscienza storica dell’area e a comunicarla al pubblico esterno nella sua interezza. La Kirkstall Abbey non è il monastero più rappresentativo della regione. Ben altro spessore è riuscita a mantenere, ad esempio, la Selby Abbey, sempre nei pressi di Leeds. Ciononostante riesce a svolgere una funzione d’innovazione incrementale di un prodotto sostanzialmente ormai perso, aggiungendo attributi coerenti col senso originario dell’opera, e convogliando target differenti (residenti e non) attraverso l’apertura sistemica ad altri fulcri presenti sul territorio. Il criterio dell’heritage tourism, soprattutto, anziché restringere il panorama competitivo per i monasteri, ne modifica la configurazione e costringe a ricomprendere nell’ambiente competitivo anche i siti con caratteri strutturali impoveriti di livello (i ruderi possono essere attrattiva

Tre casi critici di indirizzo strategico 62

storica quanto i non ruderi). Anzi, in quanto rovine, i monasteri possono acquisire una potenzialità di attrattiva turistica forte sul mercato, proprio a motivo della loro accezione “decadente ed effimera”. Del resto un confronto improvvisato dell’afflusso di visitatori alle abbazie inglesi che sono mere rovine risulta intimidatorio per i risultati conseguiti dalla stessa certosa di Padula 7 anni dopo, perché nel 2002 quest’ultima ha contato circa 55.617 visitatori (dato raccolto per il Museo Archeologico Provinciale della Lucania Occidentale24, ed esteso per coincidenza di biglietto d’ingresso alla Certosa), e quindi essendo sorpassata dai risultati di almeno nove ruderi inglesi. Questo caso è interessante altresì per riflettere sulla provenienza attesa della domanda turistica alle abbazie italiane. La diffusione del fenomeno del Monachesimo, infatti, destabilizza l’unicità della natura di questa risorsa, e costringe a maturare soluzioni sostanziali per la costruzione di un vantaggio competitivo realmente sostenibile nel confronto non solo interno al Paese, ma anche rispetto alla domanda estera.

24 Situato all'interno della Certosa di Padula, accoglie un'ampia documentazione dalla protostoria all'epoca romana, del Vallo di Diano. Si segnalano i corredi funerati databili dal IX al V sec. a.C. rinvenuti nelle tombe di Sala Consilina e di Padula. Del III e II sec. a.C. sono invece i capitelli figurati, siti nel lapidario, rinvenuti alla fine del secolo scorso nei pressi della stessa Certosa. Di grande interesse un'ara votiva com iscrizione dedicatoria ad Esculapio e un torso di statua di marmo, datata II sec. a.C., identificata con l'Apollo metapontino.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 63

V Considerazioni di sintesi Il percorso di ricerca intrapreso scandisce il passaggio da una visione della risorsa “certosa” quale attrattiva storico-culturale autonoma, a elemento costitutivo di un più complessivo prodotto radicato nel contesto storico - locale di cui il monastero costituisce una fruibile chiave di lettura. L’indagine ha consentito di leggere la pluralità dei monasteri come risorse uniche e ricche di significati. I contenuti culturali sedimentati nel complesso architettonico acquisiscono una funzione tecnico-economica reale per la domanda turistica nel momento in cui vengono contestualizzati, e, quindi, proposti come prodotto complessivo di attributi plurimi (artistici e iconografici, architettonici e sociali, umani). Il percorso esplorativo parte dall’analisi della natura del prodotto monastico, al fine di comporre il quadro macroeconomico in cui inserire l’attività competitiva di una certosa. Si è constatato, ad esempio, che l’insieme complessivo dei monasteri (diffusi anche oltre confine) è trattato dagli operatori turistici come prodotto indifferenziato. Attraverso varie metodologie d’analisi, tra loro rese coerenti e consequenziali, si è invece cercato di definire lo specifico ambito competitivo definito dalle “certose”. Identificati i caratteri essenziali che differenziano il prodotto (in estrema sintesi riconducibili alla caratteristica eremitica dei monaci e alla conseguente configurazione architettonica della certosa), si è cercato di individuare prospettive di lettura turistica tali da rendere “rilevante” la differenziazione dei singoli monumenti fruibili dalla domanda potenziale. Pertanto si è provato a distinguere il ruolo di “attrazione” da quello di “risorsa del patrimonio locale”. Sulla base teoretica che traccia i presupposti per una “differenziazione rilevante” del prodotto turistico certosa, si è infine condotta un’analisi per casi di studio critici, al fine di individuare l’indirizzo strategico che potrà condurre a guadagnare stima e familiarità del pubblico turistico. Per disporre di un prodotto efficace sul mercato, infatti, non basta chiarire quanto questo abbia costruito nel passato (diversità e rilevanza degli attributi di prodotto), ma occorre altresì progettarne la vitalità futura (stima e familiarità della domanda). Quest’ultimo processo richiede decisioni di carattere strategico e politico, che incidono inevitabilmente sugli interessi degli stakeholders della certosa. I casi di studio presentati

Considerazioni di sintesi 64

cercano di produrre l’informazione utile a indirizzare tale processo decisionale, esemplificando l’impatto del cambiamento a secondo che la sua dinamica valorizzi le competenze della natura della certosa, come nel caso del Galluzzo (“competence enhancing”), o tenda a distruggerle, come nel caso di Calci (“competence destroying”). Si tratta altresì di ponderare l’opportunità di un’innovazione di carattere “incrementale” oppure “radicale”; in tal senso il caso della Kirkstall Abbey ha inserito l’analisi dell’attrazione monastero nel contesto economico - relazionale. Il livello di continuità o discontinuità sancito dalla certosa col passato causa esiti differenti e sulle finalità perseguibili con la promozione della certosa stessa. L’analisi fin qui condotta ha consentito di guardare al mercato in cui si cerca di inserire la certosa di Padula con occhi attenti riguardo alla valorizzazione di una tipologia di prodotto turistico di per sé non unico né in Italia, né all’estero. Ha altresì consentito di individuare dei criteri per restringere l’effettivo ambito competitivo dei monasteri, a quello delle certose, attraverso una differenziazione di prodotto di cui si sono specificati gli elementi critici da comunicare efficacemente alla domanda. Ha individuato i soggetti che compongono la competizione interna al settore delle certose. Ha inoltre permesso di prospettare due livelli di intervento (centralità gerarchica in termini di attrattiva, e ruolo relazionale all’interno di un network locale). Non da ultimo, ha soprattutto inteso valorizzare gli attributi storici e culturali delle diverse tipologie di prodotto monastico. I limiti dell’indagine svolta sono intrinseci al carattere esplorativo stesso del lavoro. Richiedono, cioè, riflessione e sedimentazione politica, scelte riguardo agli scenari da prediligere, e conseguenti analisi di approfondimento per tematiche specifiche (prima tra tutte quella del livello di preminenza del ruolo relazionale della certosa rispetto al Vallo di Diano). Gli assetti relazionali non sono più focalizzati sul target che apprezza le peculiarità architettoniche di cui è maestra la certosa di Padula, ma si ampliano ad abbracciare i segmenti di domanda che intendono visitare l’entroterra salernitano: si prospetta la necessità di uno studio di sistema turistico locale per l’intera area del Vallo di Diano.

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 65

Bibliografia Aa. Vv. (1988), Certose e certosini in Europa. Atti del convegno alla certosa di San Lorenzo, Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, Soprintendenza ai Bbeni Ambientali, Architettonici, Artstici e Storici di Salerno e Avellino, Sergio Civita Editore, Napoli

Aa. Vv. (2004), Luoghi dello Spirito, Touring Club Italiano

Balmer and Crapo Inc. (1980), Tourism Development in Ontario: A framework for opportunity, Balmer and Crapo.

Bonante, Mariapia (1998), La Chartreuse. Il grande deserto di maitre Bruno, in Autori vari, Alle radici dell’Europa cristiana. Fra storia, arte e spiritualità, Edizioni San Paolo, pp. 67- 74

Caocci, Alberto (1986), Conoscere per capire la Storia, Vol. 2, Milano, Mursia

Cattana, Valerio (1999), Da San Galgano a Valserena, in Marras, Vincenzo, I luoghi del sacro. Le grandi abbazie d’Italia, San Paolo, Milano, pp. 107- 109

Chiara, Alberto (1998), Cluny. L’abbazia martirizzata, frammento della Gerusalemme celeste, in Autori vari, Alle radici dell’Europa cristiana. Fra storia, arte e spiritualità, Edizioni San Paolo, pp. 75-82

Chiusano, Italo Alghiero (1999), Novacella un’oasi di sacralità, in Marras, Vincenzo, I luoghi del sacro. Le grandi abbazie d’Italia, San Paolo, Milano, pp. 4-9

Clouse, Robert g. (1992), Rifioritura della chiesa in occidente, in Storia del Cristianesimo, Editrice Elle Di Ci, Torino, pp.260-303

Enciclopedia Bompani – Religione –

Fatini, Barbara (1997), La certosa di Firenze, Tipografia Bertelli, Firenze

Finucane, Ronald (1992), Un’epoca inquieta, in Dowwley, Tim, Storia del Cristianesimo, Editrice Elle Di Ci, Torino, pp.330-350

Flyvbjerg, Bent (2006), Five Misunderstandings About Case-Study Research, Qualitative Inquiry, Vol. 12, N. 2, pp.219-245

Bibliografia 66

Francini, Marta (1999), Gli architetti di San Martino, in Marras, Vincenzo, I luoghi del sacro. Le grandi abbazie d’Italia, San Paolo, Milano, pp. 44-45

Giusti, M. A., Lazzarini, M. T. (1993), La Certosa di Pisa a Calci, Pisa, 1993

Grant, Robert M. (1994), L’analisi strategica nella gestione aziendale, Il Mulino, Bologna

Gunn A. C. (1994), Tourism Planning. Basics, concepts, cases, London, Taylor & Francis Ldt.

Gunn C. (1972), Vacationscape: Designing tourist regions, BOBR, University of Texas.

Hargrove, Cheryl M. (2002), Heritage Tourism, CRM Magazine, Vol. 25, n.01, pp.10-11

Hogg, James (2004 a), Geografia delle certose: espansione dell’ordine certosino, Analecta cartusiana, Editors J. Hogg, Alain Girard, Daniel Le Bleévec, Institut Für anglistik und amerikanistik Universität Salzburg, Austria, pp.5-31

Hogg, James (2004 b), The Charterhouse of Liegnitz as seen in the Acta of the Carthusian General Chapter, Analecta cartusiana, Editors J. Hogg, Alain Girard, Daniel Le Bleévec, Institut Für anglistik und amerikanistik Universität Salzburg, Austria, pp.105-111

Hogg, James (2004 c), The recovery of the Charterhouse of Serra San Bruno, Analecta cartusiana, Editors J. Hogg, Alain Girard, Daniel Le Bleévec, Institut Für anglistik und amerikanistik Universität Salzburg, Austria, pp.75-103

Leoncini, Giovanni (1989), Le certose della Provincia Tusciae, Austria

Mazza, Carlo (a cura di, 1995), Cattedrali, Chiese, Abbazie e Monasteri nel giro turistico, Conferenza Episcopale Italiana, Padova

Middleton, Victor (2001), Marketing in Travel and Tourism, Butterworth-Heinemann

Miller, Graham; Hudson, Simon; Turner, Rochelle (2005), Applying the Mystery Shopping Technique, in Ritchie, Brent W.; Burns, Peter; Palmer, Catherine, Tourism Research Methods, Cabi Publishing, UK

Moreaux, Roselyne (1999), Cannes, PEC, Francia

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 67

Porter, M. E. (1980), Competitive Strategy: Techniques for Analyzing Industries and Competitors, New York, NY, Free Press

Prisco, Michele (1999), Dalle ceneri rinasce Montecassino, in Marras, Vincenzo, I luoghi del sacro. Le grandi abbazie d’Italia, San Paolo, Milano, pp. 34-40

Radius, Pietro (1999), San Bruno un segreto da mille anni, in I luoghi del sacro. Le grandi abbazie d’Italia, San Paolo, Milano, pp. 86-90

Rocca, Giancarlo (1998), Il monastero autosufficiente, in Autori vari, Alle radici dell’Europa cristiana. Fra storia, arte e spiritualità, Edizioni San Paolo, p.66.

Rocca, Giancarlo (1998), Oltre la regola di San Benedetto, in Autori vari, Alle radici dell’Europa cristiana. Fra storia, arte e spiritualità, Edizioni San Paolo, p.83

Sciortino, Antonio (2000), Storia della Chiesa, Vol. I, Editore San Paolo, Alba (CN)

Swarbrooke, John (1999), The Development and Management of Visitor Attractions, Great Britain, Butterworth Heinemann

Tacchi Venturi, Pietro (1971), Storia delle Religioni, Vol IV, Unione Tipografico – Editrice Torinese

Teece, D., Pisano, G., Shuen, A. (1997), Dynamic Capabilities and Strategic Management, Strategic Management Journal, Vol. 18, No. 7, pp. 509-533

Travis A.S. (1994), Tourism Destination area development (from theory into practice), pp. 29-40, in Witt S.F., Moutinho L., Tourism Marketing and Management Handbook, U.K., Prentice Hall.

Valentini, Alvaro (1999), La storia sulle carte di Fiastra, in Marras, Vincenzo, I luoghi del sacro. Le grandi abbazie d’Italia, San Paolo, Milano, pp. 86-90

Volpini, Valerio (1998), Subiaco. Il Sacro Speco in cui Benedetto concepì il monachesimo occidentale, in Autori vari, Alle radici dell’Europa cristiana. Fra storia, arte e spiritualità, Edizioni San Paolo, pp.57-66.

Yale, Pat (1998, 2nd edition), From Tourist Attractions to Heritage Tourism, Elm Publications

Bibliografia 68

Zambonini, Franca (1999), Farfa vive di storia e di silenzio, in Marras, Vincenzo, I luoghi del sacro. Le grandi abbazie d’Italia, San Paolo, Milano, pp. 66-70

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 69

APPENDICE Prospetto 1 – I siti delle certose dall’Analecta Cartusiana Paese Id.cert Nome a. fondazione a. cessazione Francia 1 Grande Chartreuse 1084 - Francia 2 Vallon 1138 1536 Svizzera 3 Oujon 1146 1536 Francia 4 Reposoir 1151 1901 Francia 5 Pomiers 1170 1793 Francia 6 Val St-Hugon 1173 1793 Francia 7 Aillon 1178 1793 Francia 8 Mélan 1282 1793 Svizzera 9 Velsainte 1295 - Francia 10 Currière 1296 1790 Francia 11 Chalais 1306 1793 Svizzera 12 La Part Dieu 1306 1848 Svizzera 13 La Lance 1317 1538 Svizzera 14 Val de Paix 1327 1332 Svizzera 15 Géronde 1330 1349 Francia 16 Lyon 1623 1793 Francia 17 Ripaille 1623 1793 Francia 18 Beauregard 1822 1980 Francia 19 Durbon 1116 1790 Francia 20 Les Écouges 1116 1422 Francia 21 Montrieux 1137 - Francia 22 Val-Ste-Marie 1144 1791 Francia 23 St-André de Ramières 1145 1228 Francia 24 La Verne 1170 1790 Francia 25 Bertaud 1188 1446 Francia 26 Valbonne 1203 1901 Francia 27 Prébayon 1228 1336 Francia 28 Prémol 1234 1790 Francia 29 Parménie 1259 1391 Francia 30 Celle-Roubaud 1260 1419 Francia 31 Eymeu 1300 1310 Francia 32 Bonpas 1318 1790 Francia 33 Villeneuve-lès-Avignon 1356 1792 Francia 34 Aix 1625 1790 Francia 35 Marseille 1633 1790 Francia 36 Reillanne 1980 - Francia 37 Portes 1115 - Francia 38 Sylve-Bénite 1116 1792 Francia 39 Meyriat 1116 1792 Francia 40 Arvières 1132 1791 Francia 41 Vaucluse 1139 1790 Francia 42 Seillon 1168 1790 Francia 43 Bonlieu 1171 1790 Francia 44 Sélignac 1200 2001 Francia 45 Montmerle 1210 1790 Francia 46 Poleteins 1230 1605 Francia 47 Salettes 1299 1792 Francia 48 Pierre-Châtel 1383 1790 Francia 49 Bosserville presso Nancy 1632 1901 Francia 50 Bonnefoy 1156 1790

Appendice 70

(segue) Prospetto 1 – I siti delle certose dall’Analecta Cartusiana Paese Id.cert Nome a. fondazione a. cessazione Francia 51 Port-Ste-Marie 1219 1790 Francia 52 Glandier 1219 1901 Francia 53 Sainte-Croix en Jarez 1280 1790 Francia 54 La Louvetière 1320 1427 Francia 55 Cahors 1328 1790 Francia 56 Vauclaire 1328 1901 Francia 57 Mortemer 1335 1413 Francia 58 Castres 1362 1790 Francia 59 Villefranche-de-Rouergue 1450 1790 Francia 60 Rodez 1511 1790 Francia 61 Toulouse 1600 1790 Francia 62 Bordeaux 1605 1790 Francia 63 Le Puy 1628 1790 Francia 64 Mougères 1825 1977 Francia 65 Montauban 1854 1903 Francia 66 Nonenque 1928 - Francia 67 Val Dieu 1170 1790 Francia 68 Liget 1178 1790 Francia 69 Apponay 1209 1790 Francia 70 Bellary 1209 1790 Francia 71 Val d'Esperance 1229 1233 Francia 72 Le Parc 1235 1790 Francia 73 Oyron 1396 1446 Francia 74 Nantes in Bretagna 1446 1790 Francia 75 Auray in Bretagna 1480 1790 Francia 76 Orléans 1621 1790 Francia 77 Moulins 1623 1790 Francia 78 Lugny 1170 1790 Francia 79 Val St-Georges 1234 1790 Francia 80 Vauvert presso Parigi 1257 1792 Francia 81 Valprofonde 1301 1790 Francia 82 Bourg-Fontaine 1323 1790 Francia 83 Basseville 1328 1790 Francia 84 Troyes 1331 1620 Francia 85 Beaune presso Fontenay 1332 1790 Francia 86 Dijon 1383 1790 Francia 87 Rose-Notre-Dame presso Rouen 1384 1667 Francia 88 Maillard 1503 1520 Francia 89 Bourbon-lez-Gaillon 1571 1790 Francia 90 Largentière presso Troyes 1620 1790 Francia 91 St. Julien presso Rouen 1667 1790 Francia 92 Mont-Dieu 1136 1790 Francia 93 Val-St-Pierre 1140 1790 Francia 94 Valenciennes 1288 (1575) (1566) 1790 Francia 95 Val Sainte Aldegonde presso Aint-Omer 1299 1792 Francia 96 Abbeville 1300 1790 Francia 97 Mont-Renaud presso Noyon 1308 1790 Francia 98 Val-St-Esprit presso Gosnay 1320 1790 Francia 99 Montreuil-sur-Mer 1324 1901 Francia 100 Mont-Sainte-Marie presso Gosnay 1329 1790

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 71

(segue) Prospetto 1 – I siti delle certose dall’Analecta Cartusiana Paese Id.cert Nome a. fondazione a. cessazione Belgio 101 Tournai 1376 1783 Francia 102 La Boutillerie 1618 1790 Francia 103 Douai 1662 1790 Francia 104 Le Gard 1871 1906 Belgio 105 La Chapelle presso Herne 1314 1783 Belgio 106 Brugge 1318 1783 Belgio 107 Kiel presso Antwerpen 1323 1542 Belgio 108 Bois-St-Martin presso Gent 1328 1783 Belgio 109 Geraardsbergen 1328 1783 Belgio 110 Diest 1328 1794 Olanda 111 Gertruidenberg 1331 1573 Olanda 112 Monichusen presso Arnhem 1340 1585 Belgio 113 Cadsant 1348 1385 Belgio 114 Brugge 1348 1783 Belgio 115 Liège 1357 1794 Olanda 116 Utrecht 1391 1580 Olanda 117 Amsterdam 1393 1578 Olanda 118 Zierikzee 1434 1572 Belgio 119 Scheut 1454 1578 Olanda 120 Bois-Le-Duc 1466 1578 Olanda 121 Delft 1471 1572 Olanda 122 Campen 1484 1580 Belgio 123 Lovanio 1491 1783 Belgio 124 Lier 1544 1783 Belgio 125 Bruxelles 1585 1783 Belgio 126 Anversa 1623 1783 Belgio 127 Nieuwpoort 1626 1783 Belgio 128 Burdinne 1906 1928 Inghilterra 129 Witham 1178 1539 Inghilterra 130 Hinton 1227 1539 Irlanda 131 Kinalekin 1279 1321 Inghilterra 132 Beauval 1343 1539 Inghilterra 133 Londra 1378 1537 Inghilterra 134 Hull 1378 1539 Inghilterra 135 Coventry 1381 1539 Inghilterra 136 Totnes 1383 1386 Inghilterra 137 Axholme 1397 1539 Inghilterra 138 Mount Grace 1398 1539 Inghilterra 139 Sheen 1414 1559 Scozia 140 Perth 1429 1567 Inghilterra 141 Parkminster 1873 - Germania 142 Magonza 1320 1781 Germania 143 Coblenza 1331 1802 Germania 144 Treviri 1331 1673 Germania 145 Colonia 1334 1794 Francia 146 Strasburgo 1335 1591 Germania 147 Friburgo 1345 1782 Olanda 148 Roermond 1373 1783 Svizzera 149 Berna 1397 1528 Svizzera 150 Basilea 1401 1529

Appendice 72

(segue) Prospetto 1 – I siti delle certose dall’Analecta Cartusiana Paese Id.cert Nome a. fondazione a. cessazione Francia 151 Sierck 1415 1431 Germania 152 Wesel 1417 1587 Francia 153 Rettel 1431 1790 Germania 154 Dulmen 1476 1803 Germania 155 Cantave presso Jülich 1478 1802 Francia 156 Molsheim 1600 1790 Germania 157 Xanten 1628 1802 Germania 158 Konz presso Treviri 1673 1794 Germania 159 Hain presso Düsseldorf 1869 1964 Svezia 160 Asserbo 1162 1169 Polonia 161 Stettino 1360 1525 Polonia 162 Danzica 1381 1823 Germania 163 Hildesheim 1387 1777 Germania 164 Rügenwalde 1394 1534 Germania 165 Francoforte O. 1396 1540 Germania 166 Arensbök presso Lubecca 1397 1564 Germania 167 Rostock 1398 1532 Germania 168 Schievelbein 1443 1552 Svezia 169 Gripsholm 1493 1527 Italia 170 Schnals 1325 1782 Germania 171 Grünau 1328 1803 Germania 172 Würzburg 1348 1803 Germania 173 Tückelhausen 1351 1803 Germania 174 Erfurt 1372 1803 Germania 175 Eisenach 1379 1525 Germania 176 Norimberga 1380 1525 Germania 177 Nördlingen 1384 1648 Germania 178 Buxheim 1402 1815 Germania 179 Astheim 1409 1803 Polonia 180 Liegnitz 1416 1548 Germania 181 Güterstein 1439 1535 Germania 182 Eppenberg 1442 1586 Germania 183 Ilmbach 1454 1803 Svizzera 184 Ittingen 1461 1848 Germania 185 Conradsburg 1477 1525 Germania 186 Crimmitschau 1477 1527 Germania 187 Prüll presso Ratisbona 1483 1803 Germania 188 Marienau bei Leutkirch 1964 - Slovenia 189 Seitz 1160 1782 Slovenia 190 Geirach 1169 1591 Slovenia 191 Freudental 1255 1782 Slovakia 192 Letenkow 1299 1563 Slovakia 193 Lechnitz 1300 1545 Austria 194 Mauerbach presso Vienna 1313 1782 Austria 195 Gaming 1330 1782 Ungheria 196 Tarkan 1330 1552 Czèco 197 Praga 1342 1419 Ungheria 198 Lewel 1364 1551 Czèco 199 Brünn 1373 1782 Czèco 200 Leitomischl 1376 1394

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 73

(segue) Prospetto 1 – I siti delle certose dall’Analecta Cartusiana Paese Id.cert Nome a. fondazione a. cessazione Austria 201 Aggsbach 1380 1782 Czèco 202 Dolan presso Olmutz 1394 1437 Slovenia 203 Pleterje 1403/1595 - Czèco 204 Olmütz 1437 1782 Polonia 205 Cracovia 1479 1530 Romania 206 Grosswardein presso Oradeo 1494 1498 Czèco 207 Walditz 1627 1782 Polonia 208 Gidle 1641 1772 Russia blanca 209 Bereza 1648 1831 Spagna 256 Scala Dei presso Tarragona 1163/1193 1835 Spagna 257 S. Pablo del Mar presso Gerona 1269 1433 Spagna 258 Porta Coeli presso Valenza 1272 - Spagna 259 Valparaiso presso Barcellona 1345 1415 Spagna 260 Val-de-Cristo presso Segorbe 1385 1835 Spagna 261 Valldemosa in Isola di Majorca 1399 1835 Spagna 262 Montalegre presso Barcellona 1413 - Spagna 263 La Anunciada presso Valenza 1442 1445 Spagna 264 Las Fuentes presso Huesca 1507 1835 Spagna 265 Aula Dei presso Saragozza 1564 - Spagna 266 Ara Christi presso Valenza 1585 1835 Spagna 267 Ara Coeli presso Lerida 1590 1596 Spagna 268 La Concepcion presso Saragozza 1634 1835 Spagna 269 Via Coeli presso Valenza 1640 1681 Spagna 270 Benifacà presso Castellòn de la Plana 1967 - Spagna 271 El Paular presso Segovia 1390 1835 Spagna 272 Las Cuevas presso Siviglia 1398 1835 Spagna 273 Aniago presso Valladolid 1442 1835 Spagna 274 Miraflores presso Burgos 1441 - Spagna 275 Jerez de la Frontera 1478 2001 Spagna 276 Cazalla de la Sierra presso Siviglia 1479 1835 Spagna 277 Granada 1506 1835 Portogallo 278 Evora 1587 - Portogallo 279 Lisbona 1593 1834 Stati Uniti 280 Transfiguration, Monte Equinox, Vermont 1971 - Brasile 281 Mostero Nossa Senhora Medianeira Ivora 1984 - Argentina 282 Deán Funes 1997 - Corea 283 - 2003 -

Appendice 74

Prospetto 2 – I Cistercensi in Italia 1 Acerenza 51 Badia a Settimo 2 Acquaformosa 52 Badia Celestina 3 Acquafredda 53 Badiazza, La 4 Acqualunga 54 Baida 5 Acqui 55 Bari 6 Adria 56 Barnaba di Carbonara, San 7 Agata al Bisagno, Sant’ 57 Barona 8 Agata di Vernato, Sant’ 58 Bartolomeo al Pino, San 9 Agnese, Sant’ 59 Bartolomeo all’Olivella, San

10 Agostino di Montalto, Sant’ 60 Bartolomeo della Nora, San 11 Agrigento 61 Bartolomeo di Ferrara, San 12 Alamanni 62 Basilica di Monte Murgo 13 Alba 63 Basilide di Parma, Santa 14 Albano 64 Benedetto al Monte Subasio, San 15 Albenga 65 Benedetto de Silva, San 16 Ales 66 Benedetto di Conversano, San 17 Alessandria 67 Benedetto di Fassolo, San 18 Alife 68 Benedetto di Monte Favale, San 19 Altofonte 69 Benedetto di Polignano a Mare, San 20 Ambrogio della Vittoria, Sant’ 70 Benedetto di Pontonorio, San 21 Ambrogio Maggiore, Sant’ 71 Benedetto di Roiate, San 22 Ampurias 72 Benedetto, San 23 Anagni 73 Bernardo alla Colonna Traiana, San 24 Andrea al Monte Soratte, Sant’ 74 Bernardo alla Foce, San 25 Andrea di Chiaravalle, Sant’ 75 Bernardo alle Terme, San 26 Andrea di Chieri, Sant’ 76 Bernardo del Voto, San 27 Andrea di Sestri, Sant’ 77 Bernardo di Brisighella, San 28 Andrea di Vercelli, Sant’ 78 Bernardo di Cosenza, San 29 Andrea di Viterbo, Sant’ 79 Bernardo di Crema, San 30 Andria 80 Bernardo di Cremona, San 31 Angelo al Monte Fogliano, Sant’ 81 Bernardo di Faenza, San 32 Angelo di Morrone, Sant’ 82 Bernardo di Limonta, San 33 Angelo di Prizzi, Sant’ 83 Bernardo di Offida, San 34 Angelo in Frigido, Sant’ 84 Bernardo di Piacenza, San 35 Angelo in Valle Arcese, Sant’ 85 Bernardo di Pisa II, San 36 Anglona 86 Bernardo di Pisa, San 37 Anna di Asti, Sant’ 87 Bernardo di San Donnino, San 38 Anna di Messina, Sant’ 88 Bernardo di Vigevano, San 39 Antonio Abate, Sant’ 89 Bernardo in Borgo dell’Argento, San 40 Antonio di Dronero, Sant’ 90 Bona di Vidor, Santa 41 Aosta 91 Borgo Podgora 42 Aquileja 92 Borgo San Donnino 43 Arabona 93 Boschi 44 Arco I 94 Brisighella 45 Arezzo 95 Brondolo 46 Ascoli Piceno 96 Buonsollazzo 47 Assisi 97 Cabuabbas 48 Atri 98 Carlo Maggiore, San 49 Avellino 99 Casa Generalizia Cistercense 50 Aversa 100 Casa Generalizia OCSO

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 75

(segue) Prospetto 2 – I Cistercensi in Italia 101 Casalvolone 151 Fontevivo 102 Casamari 152 Fossano 103 Casamari (Suore) 153 Fossanova 104 Casanova (Pennensi) 154 Franca di Piacenza, Santa 105 Casanova di Carmagnola 155 Franca in Pertica, Santa 106 Caterina del Deserto, Santa 156 Francesco Vecchio, San 107 Caterina di Cingoli, Santa 157 Frattocchie 108 Caterina di Cuneo, Santa 158 Frediano di Firenze, San 109 Caterina di Gaeta, Santa 159 Frediano in Cestello, San 110 Caterina di Macerata, Santa 160 Frontiniano, San 111 Caterina di Piazzo Biellese I, Santa 161 Galeso 112 Caterina di Piazzo Biellese II, Santa 162 Galgano, San 113 Caterina di S. Severino Marche, Santa 163 Gaudenzio di Rimini, San 114 Caterina in Thermis, Santa 164 Gaudenzio, San 115 Caterina, Santa (Fermo) 165 Gervasio e Protasio di Belluno, Santi 116 Cava Tigozzi 166 Gervasio e Protasio di Capo d’Acqua, Santi 117 Cecilia di Savona, Santa 167 Gervasio e Protasio di Paderno, Santi 118 Cerbone di Vaccoli, San 168 Giacomo di Granarolo, San 119 Cerreto 169 Giacomo di Pontedecimo, San 120 Cestello in Borgo Pinti 170 Giacomo di Veglia, San 121 Chiara di Sora, Santa 171 Giacomo in Paludo, San 122 Chiaravalle della Colomba 172 Giovanni Battista di Caravaggio, San 123 Chiaravalle di Castagnola 173 Giovanni Battista di Fiorenzuola, San 124 Chiaravalle di Fiastra 174 Giovanni Battista e Bernardo di Perugia, Santi 125 Chiaravalle Milanese 175 Giovanni della Pipia, San 126 Cliente 176 Giovanni di Abate Marco, San 127 Colomba di Castelvetere, San 177 Giovanni Evangelista di Camerino, San 128 Colombano di Genova, San 178 Giovanni in Fiore, San 129 Corazzo 179 Giovanni in Lamis, San 130 Corpo di Cristo 180 Giovanni in Venere, San 131 Corpo di Cristo al Bosco di Bacco 181 Girolamo di Camerino, San 132 Corpo di Cristo e S. Caterina e S. Onofrio 182 Giugnano, San 133 Cortona 183 Giuliana di Perugia, Santa 134 Cotrino 184 Giuliano al Monte, San 135 Cristoforo di Pavia, San 185 Giuliano di Fermo, San 136 Domenico di Cremona, San 186 Giusto, San 137 Domenico, San 187 Guglielmo di Bologna, San 138 Donato in Polverosa, San 188 Incoronata 139 Donnino di Credaria, San 189 Ippolito di Veroli, Sant’ 140 Donzella 190 Ivrea 141 Elena di Albaro, Sant’ 191 Leonardo e Orsola, Santi 142 Elena di Amalfi, Sant’ 192 Lorenzo in Doliolo, San 143 Ercolano, Sant’ 193 Luca di Milano, San 144 Ermete all’Orticaria, Sant’ 194 Luca di Potenza, San 145 Eustachio, Sant’ 195 Lucedio 146 Falleri 196 Lucia allo Stale, Santa 147 Felice e Fortunato, Santi 197 Lucia di Agrigento, Santa 148 Ferraria 198 Lucia di Faenza, Santa 149 Firenze 199 Lucia di Porta Cumana, Santa 150 Follina 200 Lucia di S.Ginesio, Santa

Appendice 76

(segue) Prospetto 2 – I Cistercensi in Italia 201 Lucia di Siracusa, Santa 251 Maria della Scala, Santa 202 Madonna di Vicoforte 252 Maria della Spina di Brione, Santa 203 Mara, Santa (Torino) 253 Maria della Spina di Pralormo, Santa 204 Margherita del Cretaccio, Santa 254 Maria della Stella di Rifreddo, Santa 205 Margherita del Torcello, Santa 255 Maria della Visitazione di Mirafiori, Santa 206 Margherita della Rocchetta, Santa 256 Maria della Visitazione di Siena, Santa 207 Maria "De Insula Rubiliana", Santa 257 Maria della Vittoria, Santa 208 Maria a Fiume, Santa 258 Maria delle Canne, Santa 209 Maria ad Florem, Santa 259 Maria delle Convertite, Santa 210 Maria Annunciata di Cuneo, Santa 260 Maria delle Fosse, Santa 211 Maria Annunciata di Saluzzo, Santa 261 Maria delle Grazie di Amelia, Santa 212 Maria de Caritate, Santa (de Sylva) 262 Maria delle Grazie di Mestre, Santa 213 Maria de Forio, Santa 263 Maria delle Grazie di Parma, Santa 214 Maria de Paulis, Santa 264 Maria delle Macchie, Santa 215 Maria dei Lumi, Santa 265 Maria delle Piane, Santa 216 Maria dei Martiri, Santa 266 Maria delle Stelle, Santa 217 Maria del Boschetto, Santa 267 Maria delle Terrate, Santa 218 Maria del Castello, Santa 268 Maria delle Vergini di Bologna, Santa 219 Maria del Cistello, Santa 269 Maria delle Vergini di Cosenza, Santa 220 Maria del Paradiso, Santa 270 Maria dello Zerbino, Santa 221 Maria del Refugio, Santa 271 Maria di Acqualonga, Santa 222 Maria del Rio di Noli, Santa 272 Maria di Acquaviva, Santa 223 Maria del Rio, Santa 273 Maria di Altilia, Santa 224 Maria del Soccorso, Santa 274 Maria di Banno, Santa 225 Maria del Soccorso, Santa 275 Maria di Basiano, Santa 226 Maria del Terzo Passo, Santa 276 Maria di Bonluogo, Santa 227 Maria dell’Arco II, Santa 277 Maria di Castello, Santa 228 Maria dell’Arco, Santa 278 Maria di Coros, Santa 229 Maria dell’Auricola, Santa 279 Maria di Donna Romita, Santa 230 Maria dell’Intercessione, Santa 280 Maria di Episcopia, Santa 231 Maria dell’Orto, Santa 281 Maria di Fontanella, Santa 232 Maria dell’Ospedale del Piave, Santa 282 Maria di Fonte Scivolosa, Santa 233 Maria della Carità di Mondovì, Santa 283 Maria di Fonte Stivolato, Santa 234 Maria della Carità di Pogliola, Santa 284 Maria di Fontelaurato, Santa 235 Maria della Carità di Taranto, Santa 285 Maria di Gaeta, Santa 236 Maria della Celestia, Santa 286 Maria di Galilea di Piacenza, Santa 237 Maria della Colomba di Manerbio, Santa 287 Maria di Laniano, Santa 238 Maria della Consolata di Asti, Santa 288 Maria di Laterza, Santa 239 Maria della Consolata di Torino, Santa 289 Maria di Latronorio, Santa 240 Maria della Consolata di Vercelli, Santa 290 Maria di Loreto ai Corpi Santi, Santa 241 Maria della Consolazione, Santa 291 Maria di Loreto di Valenzano, Santa 242 Maria della Fontanella, Santa 292 Maria di Maniace, Santa 243 Maria della Gloria, Santa 293 Maria di Martorano di Parma, Santa 244 Maria della Misericordia di Bologna, Santa 294 Maria di Monte Mirteto, Santa 245 Maria della Misericordia di Modena, Santa 295 Maria di Monte Oliveto, Santa 246 Maria della Pace di Firenze, Santa 296 Maria di Montelana, Santa 247 Maria della Pace di Montichiari, Santa 297 Maria di Nazareth di Piacenza, Santa 248 Maria della Pietà di Cellanova, Santa 298 Maria di Nazareth di Treviso, Santa 249 Maria della Pietà di Cosenza, Santa 299 Maria di Paulis, Santa 250 Maria della Rocchetta, Santa 300 Maria di Perano, Santa

Le Certose: direttrici strategiche di governo per un’impresa antica 77

(segue) Prospetto 2 – I Cistercensi in Italia 301 Maria di Pietà, Santa 351 Michelangelo di Cortona, San 302 Maria di Pietraminuta, Santa 352 Michele a Quarto, San 303 Maria di Ponza, Santa 353 Michele alla Verruca, San 304 Maria di Riolo, Santa 354 Michele Arcangelo, San 305 Maria di Ripalta, Santa 355 Michele di Borgo di Bando, San 306 Maria di Sala, Santa 356 Michele sul Dosso, San 307 Maria di Salvada, Santa 357 Mirteto 308 Maria di Spina, Santa 358 Montalto Dora 309 Maria di Testona, Santa 359 Monte Faeta 310 Maria di Valverde, Santa 360 Montecorona 311 Maria di Varenna, Santa 361 Montefavale 312 Maria di Viano, Santa 362 Montereale 313 Maria e del Santo Spirito di Zannone, Santa 363 Morgano 314 Maria e San Michele, Santa 364 Morimondo 315 Maria in Bettelem, Santa 365 Morrone 316 Maria in Campis, Santa 366 Nepi 317 Maria in Carinis, Santa 367 Nicola di Agrigento, San 318 Maria in Monticelli, Santa 368 Nicolò Lo Gurgo, San 319 Maria in Piano, Santa 369 Nonantola 320 Maria in Volturna, Santa 370 Novara di Sicilia 321 Maria Intemerata, Santa 371 Nuara 322 Maria la Nuova, Santa 372 Ognissanti 323 Maria Maddalena di Arlenico, Santa 373 Palazzolo 324 Maria Maddalena di Lecco, Santa 374 Palude 325 Maria Maddalena di Mondovì, Santa 375 Pancrazio al Gianicolo, San 326 Maria Maddalena di Riva Biellese, Santa 376 Pastore, San 327 Maria Maddalena e Abbondio, Santi 377 Pavia 328 Maria Maddalena in Cellibus, Santa 378 Pietro a Bosa, San 329 Maria Maggiore, Santa 379 Pietro a Paliano, San 330 Maria Nova di Modena, Santa 380 Pietro a Sindia, San 331 Maria Nova di Treviso, Santa 381 Pietro della Canonica, San 332 Maria Novella, Santa 382 Pietro della Costa di Coronata, San 333 Maria Nuova di Faenza, Santa 383 Pietro di Lenta, San 334 Maria Trenitana, beata 384 Pietro di Prà, San 335 Maria Valle di Milano, Santa 385 Pietro di Romanisio, San 336 Maria Vecchia, Santa 386 Pietro di Vesima, San 337 Mariengarten 387 Pietro e Andrea di Novalesa, Santi 338 Marmosoglio 388 Pietro e Nicolò, Santi 339 Martano 389 Pietro in Valle, San 340 Martino al Cimino, San 390 Pietro in Verzolo, San 341 Martino de Bocci, San 391 Pietro Martire, San 342 Martino di Abbiategrasso, San 392 Pinerolo 343 Martino di Veroli, San 393 Piona 344 Martino di Verona, San 394 Pipalta 345 Martino la Palma, San 395 Pra’d Mill 346 Matina 396 Preallo 347 Matteo di Costanziago, San 397 Prospero, San 348 Matteo di Montecchio, San 398 Prudenziana, Santa 349 Matteo e Margherita di Mazzorbo, Santi 399 Quartazzola 350 Meran-Untermais 400 Raimondo di Piacenza, San

Appendice 78

(segue) Prospetto 2 – I Cistercensi in Italia 401 Realvalle 441 SS. Trinità di Capolago 402 Ripalta di Puglia 442 SS. Trinità di Cori 403 Rivalta Scrivia 443 SS. Trinità di Cortona 404 Rivalta Torinese 444 SS. Trinità di Macerata 405 Roccadia 445 SS. Trinità di Orvieto 406 Roccamadore 446 SS. Trinità di Refech 407 Saba, San 447 SS. Trinità e S. Ambrogio 408 Sagittario 448 Staffarda 409 Salvatore di Cremona, San 449 Stefano al Corno, Santo 410 Salvatore di Monte Acuto, San 450 Stefano del Bosco, Santo 411 Salvatore di Monte Amiata, San 451 Stefano di Millesimo, Santo 412 Sambucina 452 Stefano di Sezzadio, Santo 413 San Nicola De Legistis 453 Stefano di Valvisciolo di Carpineto, Santo 414 Santa Croce di Grumento 454 Stefano, Santo 415 Santa Croce in Fauce Arni 455 Sterpeto 416 Santa Croce in Gerusalemme 456 Strada 417 Santo Sepolcro 457 Susanna, Santa 418 Santo Spirito ad Fontanellas 458 Teodoro di Noto, San 419 Santo Spirito d’Ocre 459 Tiglieto 420 Santo Spirito del Vespro 460 Tommaso dei Borgognoni, San 421 Santo Spirito della Valle del Fico 461 Tommaso del Torcello, San 422 Santo Spirito di Semprone 462 Tommaso di Cremona, San 423 Santo Spirito di Venezia 463 Tommaso di Genova, San 424 Santo Spirito di Vercelli 464 Tommaso di Rieti, San 425 Santo Spirito di Zannone 465 Tommaso di Rutigliano, San 426 Sebastiano alle Catacombe, San 466 Torre Caietani 427 Sebastiano di Pozzolo, San 467 Tre Fontane 428 Severo di Cotignola, San 468 Tre Re Magi 429 Severo, San 469 Trisulti 430 Sgurgola 470 Valle Christi 431 Siena 471 Valserena 432 Silvestro al Soratte, San 472 Valvisciolo 433 Silvestro di Sora, San 473 Vincenzo e Anastasio, Santi 434 Sortino 474 Viterbo 435 Spanò 475 Vito di Polignano a Mare, San 436 SS. Sacramento di Sortino 476 Vito e Modesto all’Esquilino, Santi 437 SS. Trinità a Spineta 477 Vito e Salvo, Santi 438 SS. Trinità al Pino 478 Vitorchiano 439 SS. Trinità del Legno 479 Vittore e Amedeo, Santi 440 SS. Trinità della Magione 480 Vittorello all’Olmo, San

Gruppo di lavoro Area sviluppo progetti: Azzato Antonello Barbone Silvia Becheri Emilio Becheri Giacomo Billi Sandro Ciccolini Massimo Cocilova Maurizio De la Feld Gianpiero Gambassi Roberto Iannario Maria Iannibelli Antonietta Picilli Pierluigi Russo Michela Sommese Antonio Stumpo Sergio Ventisette Elisabetta Vitale Carmine Comunicazione: Breglia Carmela Medici Salvatore Picarelli Ugo Segreteria organizzativa e monitoraggio: Menna Pamela