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Claudia Piano LA MELODIA SIBILANTE 1

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Claudia Piano

LA MELODIA SIBILANTE

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A tutti coloro che vivono emozionandosi

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Capitolo 1

Una scuola originale

Quella sarebbe stata una mattina decisamente speciale, pensò

Giulia, mentre si vestiva frettolosamente per andare a scuola. Infilò ivecchi jeans consumati e la felpa verde, quella con la tigre, la suapreferita. Nell’aria aleggiava l’odore del caffè. Giulia inspiròprofondamente, anche se non lo beveva, le piaceva assaporarnel’aroma, sapeva di casa e di colazione.

Si sentiva agitata e aveva lo stomaco chiuso in una leggera morsa,per l’ansia non era riuscita a mangiare granché.

Era la giornata dell’orientamento scolastico. La aspettava da unpo’. Sarebbero venuti molti professori e presidi delle scuolesuperiori. Si infilò le scarpe da ginnastica imbottite di pelliccia.Avrebbero illustrato le proposte che offrivano i vari istituti a tutti iragazzi delle classi terze. Già, perché mancava meno di un mese allascadenza per la domanda di iscrizione.

Quel momento la spaventava, sarebbe stata la sua prima sceltavera e propria. Si sentiva come se fosse arrivata alla stazione perscegliere la meta del suo viaggio e decidere su quale treno salire.Sapeva che vi avrebbe passato sopra un bel po’ di tempo e forse lascelta del treno, in quel momento, sembrava quasi più importantedella destinazione finale. Una decisione che avrebbe sicuramentecondizionato i prossimi anni della sua vita.

Giulia era ancora piuttosto confusa, al contrario, molti dei suoicompagni, avevano già deciso da tempo. Qualcuno voleva diventarebiologo marino, insegnante di educazione fisica, veterinario, grandecuoco, ma lei non lo sapeva. Si era sempre sentita turbata pensandoal suo futuro, non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe volutofare, non c’era un mestiere o un particolare ramo di studi chel’appassionasse. Se cercava di immaginarsi da adulta, proprio non ciriusciva, forse perché non le piaceva il mondo che vedeva innanzi a

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sé e non voleva calarsi in un’esistenza grigia e normale come quelledegli adulti che conosceva.

La professoressa di matematica aveva insistito con sua mammaaffinché si iscrivesse al liceo scientifico, era brillante e intuitiva,diceva, ma Giulia era contraria. Nonostante le piacesse molto lamateria, frequentare un liceo significava comunque continuare conl’università… Considerato che per lei ogni anno sembrava durare unsecolo, come faceva a prevedere un futuro così lontano? Cosa lesarebbe passato per la testa da lì a cinque anni? Poteva immaginarese avrebbe avuto ancora tanta voglia di studiare?

Si fermò per un secondo davanti allo specchio dell’ingresso. Sicalzò il cappello di lana fin sulle sopracciglia. Fuori faceva freddo ea lei poco importava di apparire buffa così infagottata. Giulia nonpensava proprio di essere una bella ragazza. Nessuno glielo avevamai detto, a parte sua mamma ovviamente, ma le mamme noncontano… no? Aveva gli occhi verdi, una pelle chiara e lisci capellicastani. Li portava davanti corti e spettinati, mentre dietro erano unpo’ più lunghi. Una sorta di compromesso tra la sua natura ribelle e idesideri materni decisamente più classici e femminili… Era alta emagra, ma no, non era bella. Molto spesso la scambiavano per unragazzo… Già, perché niente trucco né vestiti graziosi, per nonparlare delle scarpe rigorosamente da ginnastica e sempre un numeroin più… Così non sarebbe stata costretta a subire tanto presto unanuova giornata di shopping che lei odiava...

‹‹Ciao mamma, vado!›› uscì di corsa e si precipitò giù per lescale, “senza nemmeno un bacio”, si sarebbe lamentata sua mamma,se ne avesse avuto il tempo… A Giulia non piacevano proprio lesmancerie.

Dunque, sicuramente niente liceo, avrebbe voluto fare una scuolache le insegnasse qualcosa di pratico, ma i suoi avevano detto “Nonuna scuola professionale! Sei una ragazza intelligente, non puoisprecare questo dono!”…

Uffa! Era troppo presto per scegliere il suo futuro. ‹‹Ciao Giulia›› era la sua vicina di casa ‹‹mi aspetti?››

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‹‹Ciao Lara,›› si fermò per un momento titubante ‹‹sì, masbrighiamoci che è tardi!›› in verità non era affatto tardi, ma, se nonarrivava almeno dieci minuti prima, le sembrava di essere in ritardo.

‹‹Devo aspettare Roberta›› un’altra loro vicina.‹‹Allora io intanto vado, ci vediamo là,›› poi aggiunse ‹‹oggi c’è

l’orientamento, te lo ricordi?››‹‹Sì, sì, ok a dopo›› non tutti aspettavano con ansia quel

momento…Giulia uscì dal portone a passo svelto. Non le dava fastidio andare

da sola, anche se sua madre le raccomandava sempre di rimanere incompagnia. Già da bambina, non era mai stata particolarmenteespansiva, ma ultimamente si era rinchiusa ancora di più in se stessa.Preferiva di gran lunga starsene in pace con i suoi pensieri, piuttostoche dover ascoltare le sciocchezze delle altre ragazze. Non si sentivaa suo agio, come se fosse diversa, fuori posto, a volte persinoinvisibile. Non sapeva mai cosa dire, forse perché le sembravanodiscorsi vuoti e noiosi. Sempre a parlare di vestiti, di scarpe e diragazzi…

...Ah, i ragazzi... Che complicazione… Le sue compagne nonfacevano altro che far caso ai ragazzi, a cosa dicevano, come leguardavano, ma per Giulia era diverso. Aveva sempre avuto amicimaschi, almeno fino a poco tempo fa, adesso erano strani anche loro.Alcuni non riuscivano nemmeno più a guardarla dritto negli occhi!Perché? Forse si era trasformata in una specie di mostro? Altri latrattavano con superiorità, come se improvvisamente fosse diventatauna sciocca damigella in pericolo che ha bisogno di un bel cavaliere,per fare qualsiasi cosa… Ma Giulia non aveva bisogno di esseresalvata, non aveva bisogno di nessuno, se la cavava benissimo dasola! Meglio allora, quelli che la guardavano con timore e le stavanoalla larga…

“Maschi!” Non riusciva proprio a capirli…Alzò le spalle. Concentriamoci sulla scuola, pensò, niente liceo,

niente scuole professionali, non restavano che gli istituti tecnici:contabilità, informatica…

In realtà c’era anche la musica…

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Giulia adorava suonare. Non ne aveva mai approfondito lo studio,solo un po’ a scuola: flauto, chitarra, a casa aveva anche una tastiera.Si divertiva a suonare e cantare. In quei momenti si sentiva libera diesprimere se stessa. Era come una magia… Quando strimpellava sicalmava, riusciva a non pensare a niente, i problemi sparivano, nonsi sentiva più tanto sola, aveva l’impressione di far parte di qualcosadi più grande, percepiva che c’era un mondo al di là di un velosottile, un posto molto più bello…

“Non si campa con la musica” le risuonavano in mente le paroledi suo padre. Vero, ma lei non pensava di farne un lavoro. Era unaragazza pratica, ma le dispiaceva non studiarla più, nessuna scuolasuperiore prevedeva la musica come materia di studio, in fondo acosa serviva la musica?

Beh, non sapeva spiegarlo razionalmente, ma… A lei serviva… Sì, perché nonostante apparisse seria e responsabile, c’era un’altra

parte di lei che teneva ben nascosta. In cuor suo, amava sognare adocchi aperti, leggere storie fantastiche di avventura e magia,immaginare di essere una grande eroina che, in sella ad un cavallodal mantello nero lucente, si lanciava a combattere mostri e malvagi,senza paura… A volte rimaneva lì, con lo sguardo perso nel vuotoper pomeriggi interi ad inventare storie e personaggi. Aveval’impressione di vedere altri luoghi magici e irreali, di averefantastici amici, affascinanti che pensavano che lei fosse importante,speciale, non invisibile… E la musica faceva parte di quel suomondo segreto.

Comunque, la professoressa di musica le aveva detto di portare ilsuo flauto e, strizzandole l’occhio, le aveva sussurrato misteriosa:“Ci sarà una sorpresa…”

Più tardi, quella mattina, gli studenti delle classi terze venneroriuniti nell’auditorium. Ci fu un breve intervento del loro preside, suquanto fosse importante la scelta che stavano per compiere e sucome avrebbe condizionato per sempre il loro futuro…

Già, tanto per tranquillizzarli! Pensò Giulia.

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I professori si susseguirono uno dietro all’altro, dicendoesattamente le stesse cose che erano scritte nei depliant dipresentazione. Per ultima, si presentò la preside di una scuola, di cuinon aveva mai sentito parlare: Armonia, “Istituto AgrarioAlternativo ad indirizzo Musicale”.

Giulia ne rimase incantata, non sapeva perché, ma ebbe lasensazione di conoscerla, o forse, le sembrava uno dei personaggidelle sue storie immaginarie… Era una signora molto elegante,anche se vestiva semplicemente, sembrava una regina. Moltoaustera, indossava una gonna verde scuro e una camicetta in tinta.Portava i capelli bianchi tagliati corti e pettinati all’indietro. Dietro aipiccoli occhialini rettangolari, brillavano grandi e vivaci i suoi occhiazzurri.

La preside Gloria Orchestri presentò la sua scuola: una serie dicorsi sulla botanica, floricoltura, agraria e allevamento di animalidomestici. Preparavano i ragazzi, dando loro insegnamenti pratici sucome gestire una fattoria o un agriturismo, con l’utilizzo di energiealternative. Sottolineò con enfasi che i ragazzi avrebbero comunquericevuto un’istruzione classica, scientifica e persino artistica,includendo nelle materie anche la musica.

Giulia trattenne per un attimo il respiro, aveva capito bene? Ilcuore le accelerò, lo sentì tamburellare nelle orecchie… Sembravaproprio la sua scuola ideale! Doveva assolutamente andare in quellascuola.

Alla fine delle presentazioni, il preside invitò gli studenti cheavessero voluto maggiori informazioni ad avvicinarsi per parlareprivatamente con i professori e ad ognuno venne riservata unastanza.

Si precipitò dalla preside Orchestri senza preoccuparsi sequalcuno dei suoi compagni andasse assieme a lei. Si mise in fila,non erano poi molti i ragazzi interessati, giusto cinque o sei. Bene,toccava a lei.

‹‹Buongiorno, mi chiamo Giulia Accordi…›› disse timidamente. ‹‹Accordi?›› la preside alzò gli occhi e la osservò in modo strano,

sembrava quasi commossa.

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‹‹Sì, esatto›› Giulia la guardò confusa alzando un sopracciglio.Rimasero a fissarsi per un attimo, ma Giulia ebbe l’impressione

che il tempo si fosse fermato, quella signora, così elegante emaestosa le trasmise una serie di sensazioni che non riusciva aspiegare razionalmente, qualcosa di piacevole e dolce che aveva ache fare con i suoi ricordi, ma era tutto molto confuso…

La preside le sorrise amorevolmente sospirando, le prese la manoe la fece accomodare accanto a lei ‹‹È molto tempo che non sentoquel nome,›› cercò di ricomporsi ‹‹forse non lo sai, ma io conoscevomolto bene tuo nonno…››

‹‹Mio nonno?›› Giulia adesso, oltre ad essere confusa, si sentìanche un po’ turbata. Suo nonno era morto molti anni prima, quandolei aveva solo tre anni. Non aveva molti ricordi di lui e nessuno infamiglia ne parlava spesso… Non le era neppure mai stato chiarocome fosse morto… Ogni volta che cercava di pensare a lui o dichiedere qualcosa ai suoi genitori… Qualcosa la distoglieva, come sesi trovasse immersa in un banco di nebbia e poi… Veniva distratta enon ci pensava più, era così strano…

La preside si accorse del suo turbamento e cercò di alleggerirel’atmosfera ‹‹Allora cara, sei interessata alla nostra scuola? Haiportato il tuo flauto?››

Giulia annuì e le mostrò il suo bel flauto di legno, glielo avevaregalato... Proprio sua nonna… Era di suo nonno, le aveva detto!‹‹Beh, io non ho mai studiato musica proprio seriamente…››

‹‹Non preoccuparti, la musica non deve essere mica seria,›› lesorrise accattivante ‹‹ma divertente, fammi sentire qualcosa›› lainvitò dolcemente.

‹‹Ok›› Giulia prese fiato e suonò una canzoncina che sapeva amemoria… Come sempre quando suonava si sentì pervadere da unasensazione piacevole che l’avvolgeva e la faceva sentire al suo posto.

La preside sorrise compiaciuta, come se quello che aveva sentitoconfermasse in qualche modo ciò che già sapeva. Stupendo laragazza, anche la preside tirò fuori dalla sua borsa un flauto di legnoscuro con delle incisioni... Sembravano animali e fiori.

‹‹Bellissimo!›› esclamò Giulia.

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‹‹Ora ascolta e prova a ripetere quello che suono io›› la presideOrchestri eseguì prima la scala, poi due volte un arpeggio ed infinealtre note. Non le era mai capitato quando sentiva suonare le altrepersone, ma la musica della preside Orchestri le provocò bizzarresensazioni, uno strano formicolio le solleticò la fronte, ma non lapelle, come se qualcosa di strano stesse succedendo dentro la suatesta…

Giulia cercò di concentrarsi e memorizzò. Appena la preside ebbeterminato, ripeté alla perfezione.

‹‹Bene, buon orecchio e buona memoria.›› disse quasi tra sé‹‹Allora, qua c’è il volantino della nostra scuola, dobbiamoassolutamente averti tra i nostri allievi›› le sorrise raggiante.

‹‹Ma…›› Giulia era di nuovo confusa.Prese il volantino e lo aprì, le cadde l’occhio su di una foto:

camerate…‹‹Ma si resta anche a dormire?›› quello la turbò un pochino, non

amava molto dormire fuori casa e poi i suoi, non sarebbero statimolto felici se fosse andata via, erano molto protettivi… ‹‹Ecco nonsaprei… Temo che i miei genitori…›› immediatamente pensò allaspesa che avrebbero dovuto sostenere ‹‹Quanto costa le retta?›› suopadre era un operaio… Questo pensiero smorzò il suo entusiasmo.

‹‹Oh cara,›› sorrise la preside ‹‹non preoccuparti di questo, i costisono ammortizzati dal lavoro che gli studenti svolgono nel lorotirocinio. Comunque se vuoi, posso parlare io con i tuoi genitori…››

Giulia si rasserenò, la preside le ispirava un’assoluta fiducia. Sifermò ancora un poco con lei e si accordarono su come affrontare lasituazione, lei non aveva più dubbi: in un modo o nell’altro sarebbeandata in quella scuola!

Passate un paio di settimane, come promesso, la preside si eramessa in contatto con la sua famiglia. Incredibilmente, non avevaavuto alcuna difficoltà a convincere i suoi genitori. Complice erastata anche la nonna Gemma. Scoprì che anche lei conosceva GloriaOrchestri.

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Così, due mesi dopo, in primavera, eccola in macchina con i suoi,diretta alla “Giornata di scuola aperta” per una visita ad Armonia,”Istituto Agrario Alternativo ad indirizzo Musicale”, presso laFattoria Muse.

Guardava fuori dal finestrino e pensava. Erano successe cosemolto strane, prima fra tutte la sua determinazione ad iscriversi adArmonia. Senza nessun’altra sua compagna o amica! In realtà nonera da lei buttarsi a quel modo, ma le era scattata dentro una forteconvinzione che non lasciava posto a nessun dubbio. Come se ad untratto, un pezzo mancante di un puzzle fosse andato al suo posto,permettendole di capire il senso del disegno che si stava formando,per indicarle la sua strada.

In secondo luogo, una settimana dopo la scadenza delle iscrizioni,era arrivato a scuola un nuovo ragazzo: Luca Conversi. Unavvenimento molto insolito. Loro abitavano in un paesino diprovincia e capitava raramente che arrivassero nuovi studenti,soprattutto ad anno scolastico già in corso. Era stato inserito inun’altra classe, ma anche lui era iscritto ad Armonia. Probabilmentequel giorno si sarebbero incontrati.

Anche la nonna Gemma aveva stupito Giulia con molterivelazioni. Non solo conosceva la preside, ma aveva frequentatoanche lei Armonia. Proprio lì aveva incontrato e conosciuto suononno: Rodolfo Accordi, divenuto poi niente meno che unprofessore di quella scuola!!

La giornata cominciò con la visita guidata alla fattoria biologicaed eco-sostenibile, per mostrare come il lavoro degli studenticontribuisse all’andamento delle attività. La fattoria non era moltodiversa da alcune strutture che aveva visitato in passato, nulla dispeciale, certo non sembrava affatto una scuola. Poi i genitorivennero invitati nel salone centrale, dietro alle cucine, per unariunione sulle questioni burocratiche e si salutarono. Sarebberotornati alla sera a riprendere i ragazzi.

La preside Gloria Orchestri li avrebbe portati a visitare il restodella struttura, la scuola “vera e propria”, aveva detto e sarebbero

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rimasti lì tutto il pomeriggio. Li radunò in una sala arancione, eranocirca una ventina.

Giulia si guardò attorno. Non era solita guardare i ragazzi, omeglio, cercava di non farlo o comunque di non darlo a vedere,anche perché in generale nessuno restituiva il suo sguardo coninteresse o con l’espressione che avrebbe voluto vedere lei, quindicercava di evitare inutili delusioni… Vide un ragazzo, però, cheattirò inevitabilmente la sua attenzione. Aveva i capelli neri corti,non era tanto alto, ma piuttosto robusto e la sua pelle era olivastra.Aveva occhi scuri, con un taglio leggermente orientale, ciglia folte esopracciglia marcate. Il suo viso mostrava ancora qualche tracciadelle rotondità tipiche dell’infanzia. La stava guardando anche lui.Quegli occhi… Avevano un’aria familiare, si conoscevano? Le feceun mezzo sorriso che gli diede subito un’espressione accattivante eamichevole, forse un po’ impertinente, ma la colpì. Si sentìpiacevolmente confusa e un senso di calore le si insinuò nel cuore,non poté fare a meno di sorridergli a sua volta.

Accanto a lui c’era una ragazzina. Era piuttosto bassa e un po’grassottella, aveva spessi occhiali e capelli a caschetto di colorecastano scuro. L’aveva già notata prima di entrare, mentre parlavainsieme a sua mamma con la preside Orchestri.

Sembrava che si conoscessero molto bene e, le era parso, chestessero parlando proprio di lei. Si avvicinò, voleva conoscerli.

‹‹Ciao, anche tu sei della “Leopardi”?›› una voce alle sue spalle lafermò.

Giulia si voltò e vide proprio quel Luca Conversi a cui stavapensando prima in macchina. Era un bel ragazzo, un po’ più alto dilei, capelli biondi spettinati, occhi chiari, grigi?

Tutte le ragazze a scuola erano già innamorate di lui, ma nonGiulia, per natura era piuttosto diffidente. Aveva notato anche lei cheera molto carino, ma le dava l’impressione di essere arrogante, nonle ispirava nessuna fiducia e non gli avrebbe concesso troppaconfidenza…

‹‹Ciao, sì mi chiamo Giulia e tu sei Luca, giusto?›› gli sorriseeducatamente, ma sostenuta.

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‹‹Sì giusto, allora sono famoso?›› sorrise impertinente. ‹‹Beh, sai? Sei quello nuovo!›› rispose per le rime, sì,

decisamente arrogante.Il gruppo si mosse e si fermò alla fine di un corridoio davanti ad

una porta verde. ‹‹Attenzione studenti, questa sarà la porta che varcherete la

prossima volta che ci incontreremo, quando inizierete qui il vostroanno scolastico. È severamente vietato l’ingresso a coloro che nonsiano studenti o professori.››

Giulia si chiese il perché di quella regola così rigida.‹‹Vi ricordo inoltre›› continuò la preside ‹‹di non portare

telefonini o macchine fotografiche, perché interferiscono con ladelicata rete elettrica ad energia solare che alimenta la scuola.››

Ci fu un mormorio generale. E qualcuno tornò indietro di corsa aposare gli oggetti in questione.

‹‹Attenzione, adesso attraverseremo la porta uno per volta.Dall’altra parte del corridoio, fermatevi ed aspettatemi. Non doveteassolutamente allontanarvi dal gruppo. Riceverete un assaggio dicome saranno le vostre giornate future.››

‹‹Prima le signore›› Luca la fece passare avanti, sembravanervoso.

Giulia fece una smorfia ‹‹Grazie, ma non sono una signora névorrei esserlo›› rispose un po’ scocciata.

«E dai» le diede una leggera spallata «non fare la sostenuta,saremo nella stessa classe…» le sorrise cercando di abbagliarla «Nonpossiamo essere amici?»

Giulia sospirò, non le piaceva essere messa in difficoltà e quelLuca non le sembrava il tipo su cui poter fare affidamento.

La preside, prima di farli passare, suonava una breve melodia conil suo flauto, inspiegabilmente Giulia ebbe l’impressione che li stessecontrollando, che cosa insolita…

‹‹Aspetta!›› Luca la fermò ‹‹Puoi tenermi lo zaino? Hodimenticato la giacca fuori su una panchina…›› disse conun’espressione implorante.

‹‹Va bene, ti aspetto di là›› cedette Giulia.

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Toccava a lei, non si vedeva nulla dall’altra parte della porta, eratutto buio. Giulia sentiva una strana melodia, la preside Orchestrismise di suonare quando passò e le sorrise.

‹‹Sono molto felice di avere tra i nostri studenti la nipote di unvecchio amico›› il suo sguardo tornò a risvegliare in lei quei ricordi equelle sensazioni, proprio com’era successo quando l’aveva vista perla prima volta.

Giulia ricambiò il sorriso di nuovo un po’ turbata. Fece un passoed ebbe l’impressione di cadere. Come se non avesse visto ungradino e avesse appoggiato il piede più in basso di quanto siaspettasse.

Poi vide, nella penombra, il resto del gruppo, erano radunati piùavanti e proseguì nel corridoio. Voleva raggiungere il ragazzo dagliocchi neri… e la ragazzina con gli occhiali, ovviamente. Se suamamma conosceva la preside, sicuramente sapeva già tante cose, sigiustificò.

‹‹Molto bene, adesso seguitemi›› la preside li superò e fece stradanel corridoio.

‹‹Alla vostra destra c’è la biblioteca.›› La biblioteca! Giulia sbirciò passando quell’infinità di libri,

scaffali su scaffali! Avrebbe voluto entrare a dare un’occhiata. Era instile decisamente più classico ed elegante rispetto al resto dellafattoria che avevano visitato… E ora che ci pensava, l’edificio non leera sembrato così grande dall’esterno… Comunque la biblioteca eraproprio invitante, non vedeva l’ora di poterci passare del tempo.

Svoltarono a sinistra e proseguirono.‹‹A destra ci sono gli alloggi degli insegnanti e a sinistra la Sala

Cure, adesso usciremo all’esterno.›› Quando uscirono Giulia provò un’intensa sensazione di déjà-vu.

Era già stata lì. Possibile? La luce fuori era strana. Guardò il cielo,aveva un colore rossastro, forse era scesa della foschia… Nell’ariac’era un intenso profumo dolce di rose, doveva esserci un roseto lìvicino… Lei adorava il profumo delle rose… Le girava leggermentela testa…

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Si trovarono di fronte ad un grande edificio ‹‹Qua c’è la grandeSala Comune, dove si mangia e ci si riunisce, mentre al piano disopra ci sono le camerate›› spiegava intanto la preside.

Svoltarono ancora a sinistra e si ritrovarono in un grande spazioaperto. Un fitto bosco, a sinistra, delimitava un vasto prato, dal latoopposto si affacciavano le stalle ed altri edifici in lontananza. L’erbaera di un verde intenso e brillante.

Che bel posto, pensò Giulia, le veniva voglia di fare una corsa suquell’immenso prato. Era confusa, continuava a percepire stranesensazioni che non riusciva a capire chiaramente, avrebbe volutofermarsi per analizzarle, ma la preside stava proseguendo.

Vennero condotti verso gli orti e la serra. La scuola sembravadeserta.

‹‹Ma dove sono gli studenti?›› chiese una ragazza.‹‹Sono in trasferta, oggi c’è un’importante partita di Tornado, uno

sport simile all’hockey. La nostra scuola è arrivata di nuovo infinale, quindi sono andati tutti a fare il tifo›› disse orgogliosa lapreside.

‹‹Eccomi›› Luca era riapparso al suo fianco, aveva il fiatone.‹‹Tieni, ma cosa c’è lì dentro? Ti sei portato dietro mezza casa?

Pesa un quintale!›› gli restituì lo zaino.‹‹Ehm…›› Luca sembrava imbarazzato ‹‹No niente, mi spiace…››

poi le chiese studiandola, «tutto a posto?»Giulia lo guardò un po’ stupita «Sì» rispose, poi alzando le spalle

e proseguì seguendo gli altri.Oltre la serra, improvvisamente, si aprì sulla sinistra un panorama

mozzafiato: un meraviglioso ed immenso lago verde scuroincorniciato da colline boscose che scendevano dolcemente…

Ma com’era possibile? Prima non aveva visto nessun lago! Sisentì attratta da quelle acque magneticamente, avrebbe volutosfiorarne la superficie, ma…

‹‹Mi raccomando,›› disse la preside ‹‹non avvicinateviall’acqua!››

‹‹Perché?›› scherzò qualcuno ‹‹C’è il mostro di Loch Ness?››seguì una risata generale.

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‹‹Ora seguitemi dentro la serra›› tagliò corto.Giulia a malincuore accelerò per non rimanere indietro. Sua

nonna le aveva parlato con molto entusiasmo dei fiori che sicoltivavano ad Armonia. Mentre seguiva la fila incantata daibellissimi narcisi rosa, perse nuovamente di vista Luca, dov’erafinito? Intravide più avanti la ragazza con gli occhiali e il ragazzo.La guardava di nuovo. Il suo cuore accelerò e cercò di allungare ilpasso. Non fece molta attenzione ai fiori intenta com’era a cercare diraggiungerli.

Quando uscirono il cielo si era fatto violetto e stava venendo buio‹‹Adesso andremo a fare uno spuntino nella Sala Comune e poi viriporterò indietro, tra un’ora arriveranno i vostri genitori.››

La Sala Comune era grande ed accogliente, aveva tende e tovagliecolor arancio, molti tavoli da sei, otto posti... Le finestre eranopiccole e rettangolari. Tutto l’arredamento era in stile rustico, moltoaccogliente e avvolto in un aroma di pino e pane caldo.

Mentre si sedevano cercò ancora di individuare il ragazzo con gliocchi neri, quando ecco riapparire Luca.

‹‹Dov’eri finito?›› non le dispiaceva che si fosse aggregato a lei,tutto sommato la faceva sentire un po’ meno sola…

‹‹Sono rimasto indietro...›› si giustificò. Purtroppo il tavolo dove si era seduto il ragazzo con gli occhi neri

era già tutto occupato, così si sedette ad un altro, assieme a Luca.Furono offerti pane e marmellata, ovviamente genuini ed artigianali,un fantastico cesto di mele e pesche dei loro alberi. Chiacchieraronodel più e del meno, Giulia non gli prestò molta attenzione, si sentivaaddosso quegli occhi neri… Non voleva voltarsi ancora, ma aveva lacertezza che la stesse guardando di nuovo.

Ripercorsero la strada verso l’edificio della biblioteca, fino allaporta verde. Varcandola Giulia provò ancora quello strano senso divertigine e, una volta usciti dal salone della fattoria, vide che il cieloera molto più scuro rispetto a prima… Che strano.

‹‹Ciao›› una voce sottile la fece voltare. La ragazza con gliocchiali! Seguita a ruota dal ragazzo con gli occhi neri, le stavanosorridendo in modo molto amichevole.

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‹‹Oh ciao›› finalmente, Giulia ricambiò il sorriso entusiasta.La ragazza arrossì un po’ imbarazzata ‹‹Allora, tu sei…››‹‹Sei rimasta contenta della visita alla scuola?›› si fece avanti il

ragazzo, sembrava che l’avesse interrotta di proposito. La sua voceera calda e gentile.

Aveva di nuovo quel mezzo sorriso. I suoi occhi scuri lascrutavano curiosi, ma molto dolci.

‹‹Oh sì, certo›› Giulia fece un respiro profondo, si sentiva dinuovo piacevolmente confusa ‹‹Mi chiamo Giulia Accordi, piaceredi conoscervi…›› intanto tese loro la mano.

‹‹Io sono Camilla Fedeli›› prese di nuovo la parola la ragazza ‹‹elui è Pietro Leoni›› le strinsero la mano. Quella di Camilla eramorbida e delicata, mentre quella di Pietro era calda e accogliente, leprovocò un insolito piacere e conforto. Le sorrisero entrambi conaffetto.

Provò subito una spontanea simpatia nei loro confronti. Giuliaaveva una marea di cose da chiedere ‹‹Strana esperienza, vero? Avoi non è sembrato che…››

‹‹Giulia! Vieni papà è in macchina che ci aspetta!›› era arrivatasua mamma, accidenti…

‹‹Oh no. Scusate, devo andare…›› salutò i suoi recentissimi amici‹‹Beh, allora, ci vediamo a settembre›› li guardò ancora una volta.

Vide che anche loro erano dispiaciuti, soprattutto Pietro, laguardò andar via con un velo di delusione.

Accidenti, le sue domande avrebbero dovuto aspettare…

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