La mela e il serpente - Sant'Andrea Apostolo...2016/10/21  · cos'è Dio. Quindi il serpente appare...

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-1- La mela e il serpente A cura di Maria Grazia Scaramella

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    La mela e il serpente

    A cura di Maria Grazia Scaramella

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    Le vostre riflessioni hanno suggerito gli argomenti da mettere in cantiere per

    questi nostri incontri sulla “Parola di Dio”: Le donne nel II° Testamento.

    A me sembra necessario evidenziare due figure preminenti per l'importanza

    loro riconosciuta: EVA e MARIA.

    Non deve meravigliarci questo abbinamento perché se leggiamo con

    attenzione i primi capitoli di Genesi, l'abbinamento lo troviamo proprio lì,

    almeno questa è la lettura fatta dagli esegeti nei loro commenti al versetto 15

    del Cap. 3: “Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe;

    questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. Nell'iconografia

    antica questo primo annuncio di salvezza viene attribuito a Maria che

    schiaccia la testa del serpente, ma non tutti la pensano così.

    Altri attribuiscono questa azione al seme della donna contrapposta ad Eva ed

    individuano nel Messia colui che schiaccerà il capo al serpente.

    Tanto per chiarirci le idee ricordiamo che Genesi è il primo dei 5 rotoli che

    costituiscono la Torah. Il titolo ebraico, Be-rè shit “in principio”, secondo

    l'usanza comune dell'antichità è la prima parola del Libro, mentre la versione

    greca “in origine”- Genesis è riportata nella traduzione latina.

    Perché due racconti di creazione?

    Perché provengono da due tradizioni diverse e da epoche diverse.

    In generale descrivono l'origine del genere umano, tramandate da antiche

    memorie e la creazione da parte di Dio all'inizio dei tempi, l'intervento

    speciale di Dio che forma l'uomo e la donna, l'unità del genere umano, la

    colpa dei nostri progenitori, la decadenza e la pena ereditata che ne fu la

    sanzione.

    1° racconto – Genesi 1,1-2,4°

    Questo primo racconto è attribuito alla fonte sacerdotale, è il testo più

    recente (VI° sec. a.C.). Ci parla di un Dio che attraverso la sua forza vitale

    crea l'universo in modo completo (7 giorni compreso quello del riposo).

    Soddisfatto del suo “lavoro creativo” (e vide che ciò era buono) in una

    eccedenza di amore crea l'umanità: maschio = ish e femmina=isshah, “li

    creò a sua immagine”. Entrambi occupano il centro della creazione e viene

    loro affidato il compito di popolare la terra e custodirla, non sfruttarla.

    Possiamo definire questo racconto una riflessione di genere sapienzale.

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    2° racconto – Genesi 2,4b-3,24

    La seconda narrazione attribuita alla fonte Javista (X° sec. a. C.) appartiene

    ad una tradizione più antica che rispecchia maggiormente l'ambiente

    patriarcale nel quale ha avuto origine. Dio si presenta in forma

    antropomorfa e comunica al maschile. È un racconto più elaborato e ricco

    di particolari e simboli: la creazione dell'uomo (Adàm) nato dalla polvere

    (adamà) che prende vita dal soffio di Dio (Ruah), la creazione degli animali

    ai quali l'uomo è chiamato a dare il nome, infine la nascita di Eva perché gli

    “sia di aiuto”. Questo “aiuto” non è da intendere come asservimento

    all'uomo, ma come una presenza di grande valore e comunque alla pari e

    autonoma.

    Diamo spazio ai simboli

    L'albero

    È il segno della vita stessa ed è situato in un giardino lussureggiante. Ma la

    lettura ci parla di due alberi importanti, posti al centro del giardino: l'albero

    della vita che viene subito dimenticato e l'albero della conoscenza del bene e

    del male. Questo diventerà protagonista. Esso è l'ambito della nostra

    decisione, è l'albero della libertà e delle scelte. In questo albero è compresa

    tutta la storia del mondo, lì troviamo anche la nostra piccola storia.

    La mela

    Nella Bibbia è scritto: “frutto dell'albero” (vedi Gn 3, 3), non è specificato

    quale. La tradizione ci consegna il termine mela, usato nel linguaggio

    comune. Per capirne i motivi, bisogna fare un passaggio al latino. In questa

    lingua il melo si dice MALUS e il male si dice MALUM, e allora questo albero è

    veramente l'albero del “MALUM” perché qui si giocano le scelte dei nostri

    progenitori.

    Il serpente

    È uno dei grandi miti della creazione e dietro questa figura si intravedono i riti

    cultuali cananei che costituivano per gli israeliti una forte tentazione. Essi

    erano attratti dal fascino di questa religione del corpo, della materia, del

    movimento, della vita. Non mancava la “prostituzione sacra” con le

    sacerdotesse che rappresentavano gli dei della fecondità, fra cui il dio Baal e il

    Toro Sacro, famoso quello adorato nel deserto dagli israeliti.

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    All'interno di questi culti c'era anche il serpente, simbolo fallico, che si

    collegava al rito complesso del culto della fecondità che comprendeva anche

    il commercio sessuale con le sacerdotesse.

    Era una religione che spiegava, quasi in maniera visiva, che cos'è la vita e che

    cos'è Dio. Quindi il serpente appare quando sta per consumarsi il peccato

    dell'uomo ish e della donna isshah.

    La versione aramaica identificherà il serpente con SAMMAEL = l'angelo della

    morte. Il tardo giudaismo e il Nuovo Testamento lo identificheranno con

    SATANA, il diavolo.

    Possiamo dire che tre soli capitoli di Genesi hanno fortemente condizionato

    nella cultura giudaico-cristiana il destino delle donne.

    Ma una considerazione di questo genere ci pone anche la domanda:

    possiamo interpretare questo testo nel suo significato letterale?

    Per tanti secoli la risposta è stata affermativa, ma una lettura esegetica e

    scientifica più approfondita e adeguata ci dà risposte diverse. La teoria del

    creazionismo è chiamata a confrontarsi con quella dell'evoluzionismo.

    Basti pensare all'universo che non si è formato in sei giorni, che Eva non ha

    una costola in più rispetto ad Adamo e da esso non è nata, che Eva come

    Adamo non è mai esistita nella sua individualità e pertanto non ha una

    responsabilità personale nella trasgressione ad un comandamento divino.

    Non dobbiamo avere paura nell'ammettere che ci troviamo davanti alla storia

    del mito1 delle origini; cioè in Genesi non leggiamo una cronaca giornalistica

    di avvenimenti accaduti, ma ci accostiamo ad una narrazione poetica –

    sapienziale che vuole infondere speranza.

    Come tutti i miti quello delle origini risponde a domande fondamentali

    dell'umanità quali:

    come è nato il mondo?

    perché l'uomo e la donna?

    come si spiega l'attrazione fra i sessi e il conflitto che porta alla

    subordinazione della donna?

    perché il dolore, la fatica, la morte?

    Gli ebrei alla luce del loro vissuto, oltre a queste domande se ne sono poste

    altre e hanno dato vita ad altre narrazioni che completano il Libro di Genesi

    1 Narrazione favolosa intorno agli dei e agli eroi, all'origine degli antichi popoli. Leggenda relativa

    a persone e cose che esistono soltanto di nome.

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    (l'Esodo, il Dio che salva dalla schiavitù).

    E quindi perché Dio ha scelto il popolo di Israele e ha promesso una terra?

    In questo secondo racconto che si presenta come il più problematico, Eva da

    compagna dell'uomo diventa la tentatrice, colei che si fa sedurre dal serpente

    perché lusingata a diventare come Dio nella conoscenza del bene e del male e

    fa partecipe di questo suo desiderio – conquista ADÀM.

    Ma teniamo presente che tutte le conseguenze dovute alla trasgressione sono

    situazioni che l'umanità già vive:

    - la donna già partorisce con dolore,

    - l'uomo già fatica nel lavoro,

    - la morte è già esperienza incarnata,

    - la violenza è già presente.

    Purtroppo il mito, riflettendo una visione androcentrica2 del redattore, tende

    a scaricare sulla donna la responsabilità della scelta, addossandone tutta la

    colpa, puntando su l’inimicizia fra i sessi e la subordinazione della donna.

    Leggiamo dal Siracide 25.24:

    “Dalla donna ha inizio il peccato e per causa sua tutti moriamo”.

    E Tertulliano nel De cultu feminarum scrive:

    “Tu sei la porta del Demonio!

    Tu hai mangiato dell’albero proibito!

    Tu per prima hai disobbedito alla legge divina!

    Tu hai convinto Adamo, perché il Demonio non era abbastanza coraggioso per

    attaccarlo! Tu ha distrutto l’immagine di Dio, l’uomo!

    A causa di ciò che hai fatto, il Figlio di Dio è dovuto morire!”

    Poi in altri scritti riconosce alle donne il diritto di profetare perché era

    diventato Montanista3.

    La Parola di Dio non deve portarci alle conclusioni di cui sopra, però anche

    queste affermazioni ci suggeriscono delle riflessioni. 2 Sta ad indicare un modo di pensare la cultura, la società, le relazioni tra persone in cui l'uomo

    (maschio) è considerato la norma dell'umanità, la sua perfezione, il centro dell'universo e la

    misura del pensiero scientifico, filosofico, politico e religioso. Il termine è stato coniato da Kari

    Elisabeth BØrresen. 3 Richiama all'entusiasmo dei primi tempi cristiani e quindi la necessità di una severa riforma

    morale. Invita i cristiani a cercare volontariamente il martirio perché è ormai prossimo l'inizio

    del regno millenario di Cristo. Egli afferma di avere ricevuto rivelazioni particolari. Apre anche

    alle profezie delle donne.

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    E’ importante pensare la Sacra Scrittura come un dono a cui affidarci che ci

    offre delle conclusioni diverse sia del Siracide che di Tertulliano. L’incontro con

    la sua Parola è un atto di fede, è dare ascolto a Dio che mi parla perché è il

    frutto di un cammino faticoso fatto nella Chiesa da tanti uomini e donne.

    Anche una lettura critica ci deve far accostare alla narrazione con umiltà

    sapendo che le risposte che attendiamo non devono sostituirsi alle domande

    che la Parola di Dio ci rivolge.

    In questa stessa Parola cogliamo una fedeltà di Dio che attraversa tutta la

    creazione e la nostra storia.

    All’inizio in Genesi 1,31 Dio pone il suo sguardo materno sul nostro mondo:

    “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”, aveva creato

    l’uomo e la donna.

    Magari in ritardo, ma a Tertulliano e anche tanti misogini uomini di Chiesa

    possiamo rispondere con il Libro della Sapienza (11,23-12,2):

    “Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, ami tutte le cose che esistono e

    non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato

    qualcosa, non l’avresti neppure formata, Tu, Signore, amante della vita.”

    Dio chiama alla vita

    Tutto ciò che esiste sono realtà positive; ma l’umanità posta al centro del

    creato dà delle risposte ambigue.

    Rompe la sintonia con Dio creando una serie di fratture tra sé e Dio e anche al

    suo interno tra l’uomo e la donna e questo porterà alla violenza.

    Possiamo chiamarlo “peccato delle origini” che non è commesso solo da Eva,

    che non esiste come personaggio storico, ma che coinvolge l’umanità –

    maschio e femmina, sedotta dall’ebbrezza del potere.

    Ad Eva e a tutte le donne con lei, verrà fatto pagare un prezzo molto alto; la

    “madre di tutte le genti” sarà sottoposta a rigido controllo e verrà sottomessa.

    La sua realizzazione troverà compimento in una vita di dedizione, di silenzio e

    di servizio, nobilitata solo dalla maternità.

    Così troviamo scritto nella 1a lettera attribuita a Timoteo, discepolo di Paolo

    (1Tm 2,11-15):

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    “La donna impari in silenzio, in tutta sottomissione. Non concedo a nessuna

    donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in

    atteggiamento tranquillo.

    Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non Adamo fu ingannato, ma

    fu la donna che, ingannata fu colpevole di trasgressione.

    Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella

    fede, nella carità e nella santificazione, con modestia.”

    In questa lettera Eva viene innalzata a prototipo di tutte le donne che sono

    perciò chiamate a subire le stesse sanzioni.

    Con l’autrice de “Le ribelli di Dio” noi potremo far uscire una Eva diversa;

    vederla come una rappresentante simbolica dell’umano, alla ricerca di una

    propria autonomia, facendo l’esperienza dei limiti della condizione creaturale,

    portando sul corpo il dolore della nascita e la solitudine della morte.

    Per tutta l’età antica, medievale e moderna la creazione e la caduta sono stati

    considerati fatti storici, ma abbiamo visto che non è questa la giusta lettura.

    Il peccato delle origini

    Abbiamo già detto che fin dall'inizio si rompe la sintonia fra l'umanità e Dio e

    ciò non perché Eva ha mangiato il frutto proibito, ma perché Dio ha

    scommesso sulla libertà.

    Questo grande dono è stato utilizzato per carpire lo stesso potere di Dio, cioè

    appropriarsi della conoscenza del bene e del male.

    Abbiamo visto come tutto ciò generi disordine, violenza, sopraffazione,

    subordinazione.

    E' l'umanità intera, maschio e femmina che fa questo passo falso che non è

    attribuibile quindi solo al genere femminile, anche se può tornare comoda

    questa conclusione.

    Questa narrazione sulla responsabilità di Eva è stata ampiamente

    rappresentata in tutto l'Occidente Cristiano, sia negli affreschi, che nei

    mosaici, nelle vetrate delle cattedrali come nei monasteri; ma non solo, anche

    nelle sacre rappresentazioni, nella predicazione e nei trattati teologici.

    Ma vale la pena di presentare qualche mente illuminata che ha saputo

    discostarsi dalle spiegazioni comuni come il filosofo ABELARDO, vissuto

    all'inizio dell'anno mille che sottolinea l'uguale responsabilità di ADÀM et EVÆ

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    nella caduta e la loro perfetta uguaglianza sul piano della grazia.

    Il tema della corresponsabilità è presente nei mosaici della Cappella Palatina

    di Palermo del XII° secolo e una miniatura di Cristoforo Orimina che ha

    lavorato fra il 1330 e 1365, dove entrambi i progenitori e non solo Eva sono

    rappresentati mentre colgono il frutto.

    Tale interpretazione la ritroviamo anche nella Cappella Sistina, dove

    Michelangelo, umanista e teologo, rilegge le Sacre Scritture in una riflessione

    personale (da qualcuno catalogata in odore di eresia).

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    Anche nel nostro tempo storico non possiamo nasconderci gli epiteti malvagi

    rivolti ad EVA, frutto di una educazione misogina vissuta sia all'interno della

    famiglia che all'interno del mondo ecclesiastico, ma abbiamo anche figure di

    rilievo che hanno cercato di difenderla.

    Questo già dal II° sec. a. C., le comunità Montaniste che esercitavano la

    profezia e per questo considerate eretiche; importati Badesse come Ildegarda

    di Bingen ed Herrada di Hohenburg; umaniste come Cristina da Pizzano e

    Lucrezia Marinella; Moderata Fonte; Cornelio Agrippa, fino all'abolizionista di

    colore Sojourner Truth.

    La suffragista Elizabeth Cady Stanton fa una rilettura della Bibbia mettendo in

    rilievo i diritti delle donne, quindi eliminando tutto ciò che recava

    subordinazione.

    Elimina perciò il secondo racconto di creazione e salva il primo dove si

    afferma l'uguaglianza dei sessi perché creati a immagine di Dio; un Dio che

    per lei è la Trinità: Padre – Madre – Figlio, nella quale il maschile e il femminile

    si rispecchiano e si riconoscono.

    L'astrofisica Margherita Hack, da laica dichiarata, così descrive Eva: “essa

    rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede”.

    In dialogo con i filosofi

    Non è sbagliato fare un salto indietro nella storia della filosofia per scoprire e

    portare alla luce alcune teorie sulla vita misteriosa delle donne.

    Democrito vissuto nel 460 a.C., conosciuto come il capo scuola degli Atomisti,

    è l'unico ad attribuire alla donna un seme (che oggi chiamiamo ovulo)

    necessario alla formazione del nuovo essere, elaborato in organi speciali

    femminili (che oggi chiamiamo ovaie).

    E' l'unico del suo tempo a riconoscere alla donna un corpo complesso, ricco

    di funzioni proprie e attivo.

    A differenza di Aristotele (384 – 322 a.C.) che sostiene che “è il padre con il

    seme a dare ciò che fa essere l'essere, mentre la madre con il sangue mestruale

    non fornisce che la sola materia sulla quale il prestigioso seme maschile

    attecchisce vittorioso ed efficiente”.

    Perché metto in evidenza questo filosofo?

    Perché Aristotele sarà il fondamento della filosofia e della teologia di S.

    Tommaso, portata avanti nella preparazione dei sacerdoti nei seminari, dove

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    veniva insegnato, fino a non molto tempo fa, che il corpo della donna era un

    mero contenitore, non già un trasmettitore di vita.

    A questo proposito Elisa Salerno, nostra concittadina e difensora delle donne,

    ha combattuto una dura battaglia, scontrandosi anche con le gerarchie per

    contrastare le tesi di Tommaso che definisce poco amico delle donne.

    Elisa Salerno non fa solo una riflessione biologica, ma teologica e,

    contestando la teoria esposta dall’Aquinate che afferma: “la donna è un

    incidente nel percorso della creazione: è un maschio occasionato, venuto fuori

    per caso” e “la perfezione della natura umana risiede nel sesso maschile e la

    generazione ha per ideale la produzione di un figlio maschio”4, ribadisce il

    concetto che: “uomini e donne hanno nello stesso modo dignità di Cristiani; la

    donna è come l'uomo, Tempio di Dio, i nostri corpi sono come quelli degli

    uomini, membra di Cristo”5.

    A questo riguardo Gesù di Nazareth non nomina mai Eva, né il peccato delle

    origini, ma in Matteo 19,4 richiama il primo racconto della creazione quando:

    “Da principio Dio li fece maschio e femmina” e ciò in relazione all'amore

    indissolubile: “diventeranno una sola carne”.

    Ma la svalutazione della donna e della sua corporeità è proseguita mettendo

    in rilievo le sue caratteristiche limitate dalla debolezza che la portano alla

    esclusione da tutti gli ambiti del governo e della Parola autorevole, essendo la

    donna immagine secondaria e riflessa perché a torto creata dopo l'uomo.

    Paolo a questo riguardo non ci fa mancare niente (1Cor 11,7-9):

    “L'uomo non deve coprirsi il capo, perché egli è immagine e gloria di Dio; la

    donna invece è gloria dell'uomo. 8E infatti non è l'uomo che deriva dalla donna,

    ma la donna dall'uomo; 9né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per

    l'uomo”. E poi: “le donne nelle assemblee tacciano” (1Cor 14-34).

    Nel XII° secolo il grande codice di diritto che ha regolato per secoli la vita

    della società cristiana occidentale, conosciuto come il Decreto di Graziano,

    così si esprime:

    “L'immagine di Dio è nel maschio, creato unico, origine di tutti gli altri uomini,

    che ha ricevuto da Dio il potere di governare come suo sostituto, perché è

    immagine di Dio unico.

    4 Vedi Summ. Theol. I, 92, a.1, ad 1 et 2.

    5 G.A. CISOTTO, Elisa Salerno e la promozione della donna, Roma 1996.

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    Ed è per questo che la donna non è fatta ad immagine di Dio”.

    Con questa storia alle spalle la figura di Eva e con essa delle donne fatica a

    prendere un po' di respiro.

    In fondo la chiusura che la Chiesa dimostra nei confronti del riconoscimento

    dei ministeri alle donne, parte da questo peccato di origine: Adàm o la

    debolezza maschile che cede alla proposta di Eva tentatrice e quindi donna da

    evitare.

    Ma la rivoluzione antropologica pone in questione non solo il ruolo e

    l'identità femminile, ma anche l'immagine del maschile, il suo essere più

    profondo, il suo rapportarsi con l'altro da sé, la sua capacità di relazionarsi

    con la donna in un piano di dialogo paritario.

    Non c'è un genere nato prima, maschio, e quindi con tutti i diritti, ed un altro

    genere, femmina, nata dopo e quindi subordinata, c'è solo una umanità creata

    ad immagine di Dio.

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    Bibliografia

    − Adriana Valerio, Le ribelli di Dio, Ed. Feltrinelli, 2014

    − Armanda Guiducci, La mela e il serpente, Ed. Rizzoli, 1978

    − Gianfranco Ravasi, “Commento Pentateuco 1°”, La Bibbia di Gerusalemme,

    Ed. Corriere della Sera, 2006

    − Maria Grazia Scaramella, Tesi di Laurea in scienze religiose: Febe chiede di

    essere riconosciuta - La donna e i Ministeri nella Chiesa, Ist. Sup. di

    Scienze Religiose “A. Onisto” - Facoltà teologica del Triveneto, Padova,

    Anno Accademico 2012/2013, Vicenza