La mano tesa di Dio quando crediamo di affondare · 2017. 8. 13. · La mano tesa di Dio quando...

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PARROCCHIA DI SANT’ANDREA APOSTOLO – UDINE/PADERNO - Piazza Paderno 1 33100 UDINE Tel. 0432 42809 /email: [email protected] Anno III n. 147/33/17 DICIANOVESIMA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO 13 - 19 agosto 2017 La mano tesa di Dio quando crediamo di affondare [Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Gesù dapprima assente, poi come un fantasma nella notte, poi voce sul vento e infine mano forte che ti afferra. Un crescendo, dentro una liturgia di onde, di tempesta, di buio. È commovente questo Gesù che passa di incontro in incontro: saluta i cinquemila appena sfamati, uno a uno, con le donne e i bambini; profumato di abbracci e di gioia, ora desidera l'abbraccio del Padre e sale sul monte a pregare. Poi, verso l'alba, sente il desiderio di tornare dai suoi. Di abbraccio in abbraccio: così si muoveva Gesù. A questo punto il Vangelo racconta una storia di burrasca, di paure e di miracoli che falliscono. Pietro, con la sua tipica irruenza, chiede: se sei figlio di Dio, comandami di venire a te camminando sulle acque.

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PARROCCHIA DI SANT’ANDREA APOSTOLO – UDINE/PADERNO - Piazza Paderno 1 – 33100 UDINE Tel. 0432 42809 /email: [email protected] Anno III – n. 147/33/17

DICIANOVESIMA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO 13 - 19 agosto 2017

La mano tesa di Dio quando crediamo di affondare

[Dopo che la folla ebbe mangiato], subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo

camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Gesù dapprima assente, poi come un fantasma nella notte, poi voce sul vento e infine mano forte che ti afferra. Un crescendo, dentro una liturgia di onde, di tempesta, di buio. È commovente questo Gesù che passa di incontro in incontro: saluta i cinquemila appena sfamati, uno a uno, con le donne e i bambini; profumato di abbracci e di gioia, ora desidera l'abbraccio del Padre e sale sul monte a pregare. Poi, verso l'alba, sente il desiderio di tornare dai suoi. Di abbraccio in abbraccio: così si muoveva Gesù. A questo punto il Vangelo racconta una storia di burrasca, di paure e di miracoli che falliscono. Pietro, con la sua tipica irruenza, chiede: se sei figlio di Dio, comandami di venire a te camminando sulle acque.

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Venire a te, bellissima richiesta. Camminando sulle acque, richiesta infantile di un prodigio fine a se stesso, esibizione di forza che non ha di mira il bene di nessuno. E infatti il miracolo non va a buon fine. Pietro scende dalla barca, comincia a camminare sulle acque, ma in quel preciso momento, proprio mentre vede, sente, tocca il miracolo, comincia a dubitare e ad affondare. Uomo di poca fede perché hai dubitato? Pietro è uomo di poca fede non perché dubita del miracolo, ma proprio in quanto lo cerca. I miracoli non servono alla fede. Infatti Dio non si impone mai, si propone. I miracoli invece si impongono e non convertono. Lo mostra Pietro stesso: fa passi di miracolo sull'acqua eppure proprio nel momento in cui sperimenta la vertigine del prodigio sotto i suoi piedi, in quel preciso momento la sua fede va in crisi: Signore affondo! Quando Pietro guarda al Signore e alla sua parola: Vieni!, può camminare sul mare. Quando guarda a se stesso, alle difficoltà, alle onde, alle crisi, si blocca nel dubbio. Così accade sempre. Se noi guardiamo al Signore e alla sua Parola, se abbiamo occhi che puntano in alto, se mettiamo in primo piano progetti buoni, noi avanziamo. Mentre la paura dà ordini che mortificano la vita, i progetti danno ordini al futuro. Se guardiamo alle difficoltà, se teniamo gli occhi bassi, fissi sulle macerie, se guardiamo ai nostri complessi, ai fallimenti di ieri, ai peccati che ricorrono, iniziamo la discesa nel buio. Ringrazio Pietro per questo suo intrecciare fede e dubbio; per questo suo oscillare fra miracoli e abissi. Pietro, dentro il miracolo, dubita: Signore affondo; dentro il dubitare, crede: Signore, salvami! Dubbio e fede. Indivisibili. A contendersi in vicenda perenne il cuore umano. Ora so che qualsiasi mio affondamento può essere redento da una invocazione gridata nella notte, gridata nella tempesta come Pietro, dalla croce come il ladro morente.

(Letture: 1 Re 19,9.11-13; Salmo 84; Romani 9,1-5; Matteo 14,22-33)

p. Ermes Ronchi

DOMENICA 6 AGOSTO, ALLE PORTE DELLA CHIESA, ABBIAMO RACCOLTO 900,00 EURO DI OFFERTE

PER I POVERI DELLA PARROCCHIA. GRAZIE PER LA VOSTRA GENEROSITA’

BUONA DOMENICA E BUONA SETTIMANA.

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BUONE VACANZE CC AA LL EE NN DD AA RR II OO LL II TT UU RR GG II CC OO SS EE TT TT II MM AA NN AA LL EE

Diciannovesima settimana del Tempo Ordinario e Terza settimana della Liturgia delle Ore

19ª DEL TEMPO ORDINARIO 1 Re 19,9a.11-13a; Sal 84 (85); Rm 9,1-5; Mt 14,22-33 Comandami di venire verso di te sulle acque. R Mostraci, Signore, la tua misericordia.

13 DOMENICA LO 3ª set

ore 8.00 Santa Messa ore 10.30 Santa Messa ore 19.00 Santa Messa

S. Massimiliano Maria Kolbe (m) Dt 10,12-22; Sal 147; Mt 17,22-27 Lo uccideranno, ma risorgerà. I figli sono liberi dal tributo. R Celebra il Signore, Gerusalemme.

14 LUNEDÌ

LO 3ª set

ore 19.00 Santa Messa

ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA (s) Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab; Sal 44 (45); 1 Cor 15,20-27a; Lc 1,39-56 Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili. R Risplende la regina, Signore, alla tua destra.

15 MARTEDÌ

LO Prop

ore 8.00 Santa Messa ore 10.30 Santa Messa ore 19.00 Santa Messa

S. Stefano di Ungheria (mf) Dt 34,1-12; Sal 65 (66); Mt 18,15-20 Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello. R Sia benedetto Dio: è lui che ci mantiene tra i viventi.

16 MERCOLEDÌ

LO 3ª set

ore 19.00 Santa Messa

Gs 3,7-11.13-17; Sal 113A (114); Mt 18,21–19,1 Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. R Trema, o terra, davanti al Signore.

17 GIOVEDÌ LO 3ª set

ore 19.00 Santa Messa

Gs 24,1-13; Sal 135 (136); Mt 19,3-12 Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così. R Il suo amore è per sempre.

18 VENERDÌ LO 3ª set

ore 19.00 Santa Messa

S. Giovanni Eudes (mf) Gs 24,14-29; Sal 15 (16); Mt 19,13-15 Non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti,appartiene il regno dei cieli. R Tu sei, Signore, mia parte di eredità.

19 SABATO

LO 3ª set

ore 19.00 Santa Messa

20ª DEL TEMPO ORDINARIO Is 56,1.6-7; Sal 66 (67); Rm 11,13-15.29-32; Mt 15,21-28. Donna, grande è la tua fede! R Popoli tutti, lodate il Signore.

20 DOMENICA LO 4ª set

ore 8.00 Santa Messa ore 10.30 Santa Messa ore 19.00 Santa Messa

ORARI DELL’UFFICIO PARROCCHIALE:

DURANTE IL PERIODO ESTIVO: OGNI GIORNO dalle ore 11 alle ore 12. Telefono della canonica: 0432 42809 – cell. 3461314486

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EMAIL: [email protected].

LE PREDICHE DI SPOLETO 2017 SULLA PREGHIERA DEL PADRE NOSTRO

… SIA FATTA LA TUA VOLONTà

Tertulliano, che è stato il primo commentatore cristiano del “Padre nostro” con la sua De oratione Domini scritta alla fine del II secolo, affermava che questa preghiera insegnata da Gesù è il «breviarium totius evangelii» (1,6): non per nulla è incastonata dall’evangelista Matteo in quel Discorso della montagna considerato da molti come la Magna Charta del cristianesimo. Meditare il testo dell’oratio perfectissima– così la definiva san Tommaso d’Aquino nella sua Summa Theologiae (II,II, q.83, a.9) – è perciò una via per ritrovare la sostanza del messaggio cristiano. Anzi, un teologo, Aimé Solignac, riteneva che «il Padre nostro può essere

anche la preghiera di tutti i figli di Abramo, espressione della loro fede in un Dio personale che è Padre e Creatore e di amore fraterno verso tutti gli uomini». Ora, la terza invocazione «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» è in un certo senso lo sviluppo logico della precedente «Venga il tuo Regno». Infatti la volontà divina ha per oggetto proprio l’attuazione del Regno di Dio che si compie nella pace, nella salvezza, nella giustizia: «Dio nostro salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1Timoteo 2,3- 4). Anzi, «Questa è la volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda» (Matteo 18,14). «Fare la volontà del Padre» è anche l’impegno fondamentale di Cristo: «Io sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato» (Giovanni 6,38-39). Nel momento supremo della sua morte Gesù si rivolge al Padre così: « Abbà, Padre, tutto a te è possibile, allontana da me questo calice! Tuttavia non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu!» (Marco 14,36).

«Fare la volontà del Padre» è anche l’impegno primario del discepolo, come si ripete nel Vangelo: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli... Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Matteo 7,21; 12,50). Certo, talora agli occhi degli uomini la volontà divina risulta misteriosa, fin oscura: «Tutti gli abitanti della terra sono, davanti a lui, come un

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nulla; egli tratta come vuole le schiere del cielo e gli abitanti della terra. Nessuno può fermargli la mano e dirgli: “Che cosa fai?”» (Daniele 4,32). E la protesta di Giobbe ne è una testimonianza lacerante. Proprio partendo da tale contrappunto tra volontà-libertà divina e volontà-libertà umana vorremmo riflettere su questa invocazione del “Padre nostro” approfondendo un tema che da sempre ha coinvolto la teologia e la spiritualità, quello dell’incrocio, talvolta problematico, tra grazia divina e libertà umana. Iniziamo dalla libertà-volontà umana esaltata in due passi biblici. Da un lato, la scena d’esordio delle Scritture: l’uomo e la donna sono collocati nei cc. 2-3 della Genesi all’ombra «dell’albero della conoscenza del bene e del male», un evidente simbolo della morale nei cui confronti la creatura si trova libera se accettarne il valore oppure, strappandone il frutto, decidere in proprio ciò che è bene e male. D’altro lato, citiamo un passo emblematico della sapienza d’Israele: «Da principio Dio creò l’uomo e lo lasciò in balìa del suo proprio volere. Se tu vuoi, puoi osservare i comandamenti, l’essere fedele dipende dalla tua buona volontà. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà» (Siracide 15,14-17).

Ora, il tema dell’incontro tra volontà umana e volontà divina è complesso perché suppone un intreccio tra antropologia e teologia, cioè tra l’immanenza e la trascendenza, tra la creaturalità e la divinità, tra l’uomo/donna e Dio. Un incontro nel quale nessuno dei due protagonisti deve prevaricare sull’altro. Infatti, la creatura umana, dotata di libertà, non può ignorare il Creatore e la

sua parola e, quindi, deve compiere una scelta libera ascoltando o rifiutando quella parola. Dio, d’altronde, ha scelto di avere di fronte a sé un interlocutore libero e non una stella regolata da meccaniche celesti obbligatorie e, quindi, rispetta la decisione umana, anche quando essa è negativa, pur non restando indifferente, e qui entra in scena il tema del giudizio morale sul bene e sul male.

La grazia divina, pur nella sua efficacia, scende quindi non all’interno di un oggetto inerte ma in un essere libero: egli può accogliere o rifiutare quel dono, può aprire o lasciare chiusa la porta della sua anima a cui bussa il Signore che passa, per usare la celebre metafora dell’Apocalisse (3,20). Esprimeva bene questo aspetto delicato e fondamentale – sul quale si sono accaniti per secoli i teologi cercando di definirne l’equilibrio – p. David M. Turoldo quando scriveva: «Sono certo che Dio ha scoperto me, ma non sono certo se io ho scoperto Dio. La fede è un dono, ma è allo stesso tempo una conquista».

[...] Essere liberi non è una pura e semplice reazione istintiva, né soltanto un sottrarsi a un’oppressione o a un’imposizione, ma è una scelta volontaria, coerente

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e cosciente tra opzioni differenti per una meta da raggiungere. Per questo il

drammaturgo tedesco Georg Büchner nella Morte di Danton (1834) affermava che

«la statua della libertà è sempre in fusione ed è facile scottarsi le dita». Vivere

nella libertà autentica, come ricorda spesso anche san Paolo, è un atto

impegnativo perché comporta una scelta rigorosamente volontaria e cosciente.

Dal grande romanziere russo Fëdor Dostoevskij desumiamo una suggestiva

riflessione su questo nesso tra fede e libertà, proprio partendo dalla figura di

Cristo. Scriveva: «Tu non discendesti dalla croce quando ti si gridava: Discendi

dalla croce e crederemo che sei Tu! Perché una volta di più non volesti asservire

l’uomo… Avevi bisogno di un amore libero e non di servili entusiasmi, avevi sete

di fede libera, non fondata sul prodigio». Lo scrittore rievoca la scena del Golgota

col Cristo morente sbeffeggiato dai passanti: «Tu che distruggi il tempio e lo

ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se sei Figlio di Dio, scendi dalla croce! Ha

salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo!» (Matteo27,39- 42). Come durante la sua esistenza terrena aveva

evitato gesti taumaturgici spettacolari, preoccupandosi solo di sanare le sofferenze

umane, spesso in disparte dalla folla e imponendo il silenzio ai miracolati, così in

quel momento estremo Gesù affida la sua rivelazione non al prodigio ma allo

scandalo della croce. Egli non cerca adesioni interessate e coatte, ma invita a una

fede volontaria e guidata dall’amore che è per eccellenza un atto di libertà.

Senza questa dimensione la fede diventa parodia, come si intuisce dalla

ricostruzione che la scrittrice francese Simone de Beauvoir faceva della sua crisi

giovanile che le fece abbandonare la fede. Nelle sue Memorie di una ragazza perbene

(1958) rievoca, infatti, il momento in cui in collegio, ascoltando una predica del

cappellano p. Martin sull’obbedienza, si era fatta in strada in lei la necessità di

liberarsi dall’incubo della religione, proprio perché essa – secondo quella visione

che in realtà era una deformazione dell’autentica fede – comportava la

cancellazione della libertà. Raccontava: «Mentre l’abate parlava, una mano sciocca

si era abbattuta sulla mia nuca, mi faceva chinare la testa, mi incollava la faccia al

suolo, per tutta la vita mi avrebbe obbligata a trascinarmi carponi, accecata dal

fango e dalla tenebra; bisognava dire addio per sempre alla verità, alla libertà, a

qualsiasi gioia». Per questo è importante un annuncio corretto della fede che,

senza concedere nulla a un accomodamento troppo facile o a un compromesso

generico e comodo, non deformi però la vera anima della fede, introducendo un

volto sfigurato di un Dio imperiale e tirannico, quella che Lutero chiamava la

simia Dei, cioè la “scimmiottatura di Dio”. Il credere genuino non è schiavitù ma libertà, non è imposizione ma ricerca, non è obbligo ma adesione, non è cecità ma

luce, non è tristezza ma serenità, non è negazione ma scelta positiva, non è incubo

minaccioso ma pace. Come affermava in un suo saggio, Vivere come se Dio esistesse, il teologo tedesco Heinz Zahrnt, «Dio abita soltanto là dove lo si lascia entrare».

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Gianfranco Ravasi

Assunzione della Beata Vergine Maria

15 agosto

L'Immacolata Vergine, preservata immune da ogni colpa originale, finito il corso della sua vita, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo e dal Signore esaltata quale regina dell'universo, perché fosse più pienamente conforme al Figlio suo, Signore dei dominanti e vincitore del peccato e della morte'. (Conc. Vat. II, 'Lumen gentium', 59). L'Assunta è primizia della Chiesa celeste e segno di consolazione e di sicura speranza per la chiesa pellegrina. La 'dormitio Virginis' e l'assunzione, in Oriente e in Occidente, sono fra le più antiche feste mariane. Questa antica testimonianza liturgica fu esplicitata e solennemente proclamata con la definizione dommatica di Pio XII nel 1950. (Mess. Rom.)

Martirologio Romano: Solennità dell’Assunzione della beata Vergine Maria, Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo, che, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta anima e corpo nella gloria celeste. Questa verità di fede ricevuta dalla tradizione della Chiesa fu solennemente definita dal papa Pio XII.

Il primo scritto attendibile che narra dell’Assunzione di Maria Vergine in Cielo, come la Tradizione fino ad allora aveva tramandato oralmente, reca la firma del Vescovo san Gregorio di Tours (538 ca. - 594), storico e agiografo gallo-romano: «Infine, quando la beata Vergine, avendo completato il corso della sua esistenza terrena, stava per essere chiamata da questo mondo, tutti gli apostoli, provenienti dalle loro differenti regioni, si riunirono nella sua casa. Quando sentirono che essa stava per lasciare il mondo, vegliarono insieme con lei. Ma ecco che il Signore Gesù venne con i suoi angeli e, presa la sua anima, la consegnò all’arcangelo Michele e si allontanò. All’alba

gli apostoli sollevarono il suo corpo su un giaciglio, lo deposero su un sepolcro e lo custodirono, in attesa della venuta del Signore. Ed ecco che per la seconda volta il Signore si presentò a loro, ordinò che il sacro corpo fosse preso e portato in Paradiso». Il Dottore della Chiesa san Giovanni Damasceno (676 ca. - 749) scriverà: «Era conveniente che colei che nel parto aveva conservato integra la sua verginità conservasse integro da corruzione il suo corpo dopo la morte. Era conveniente che colei che aveva portato nel seno il Creatore fatto bambino abitasse nella dimora divina. Era conveniente che la Sposa di Dio entrasse nella casa celeste. Era conveniente che colei che aveva visto il proprio figlio sulla Croce, ricevendo nel

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corpo il dolore che le era stato risparmiato nel parto, lo contemplasse seduto alla destra del Padre. Era conveniente che la Madre di Dio possedesse ciò che le era dovuto a motivo di suo figlio e che fosse onorata da tutte le creature quale Madre e schiava di Dio». La Madre di Dio, che era stata risparmiata dalla corruzione del peccato originale, fu risparmiata dalla corruzione del suo corpo immacolato, Colei che aveva ospitato il Verbo doveva entrare nel Regno dei Cieli con il suo corpo glorioso. San Germano di Costantinopoli (635 ca. -733), considerato il vertice della mariologia patristica, è in favore dell’Assunzione e per tre principali ragioni: pone sulla bocca di Gesù queste parole: «Vieni di buon grado presso colui che è stato da te generato. Con dovere di figlio io voglio rallegrarti; voglio ripagare la dimora nel seno materno, il soldo dell’allattamento, il compenso dell’educazione; voglio dare la certezza al tuo cuore. O Madre, tu che mi hai avuto come figlio unigenito, scegli piuttosto di abitare con me». Altra ragione è data dalla totale purezza e integrità di Maria. Terzo: il ruolo di intercessione e di mediazione che la Vergine è chiamata a svolgere davanti al Figlio in favore degli uomini. Leggiamo ancora nel suo scritto dell’Omelia I sulla Dormizione, che attinge a sua volta da San Giovanni Arcivescovo di Tessalonica ( tra il 610 e il 649 ca.) e da un testo di quest’ultimo, che descrive dettagliatamente le origini della festa dell’Assunzione, dato certo nella Chiesa Orientale dei primi secoli: «Essendo umano (il tuo corpo) si è trasformato per adattarsi alla suprema vita dell’immortalità; tuttavia è rimasto integro e gloriosissimo, dotato di perfetta vitalità e non soggetto al sonno (della morte), proprio perché non era possibile che fosse posseduto da un sepolcro, compagno della morte, quel vaso che conteneva Dio e quel tempio vivente della divinità santissima dell’Unigenito». Poi prosegue: «Tu, secondo ciò che è stato scritto, sei bella e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto abitazione di Dio: perciò è anche estraneo al dissolvimento in polvere. Infatti, come un figlio cerca e desidera la propria madre, e la madre ama vivere con il figlio, così fu giusto che anche tu, che possedevi un cuore colmo di amore materno verso il Figlio tuo e Dio, ritornassi a lui; e fu anche del tutto conveniente che a sua volta Dio, il quale nei tuoi riguardi aveva quel sentimento d’amore che si prova per una madre, ti rendesse partecipe della sua comunanza di vita con se stesso». Restano incorrotti molti corpi di Santi (manifestazioni scientificamente inspiegabili) e come sarebbe stata possibile la dissoluzione in polvere della Corredentrice che ha contribuito, rendendo possibile l’Incarnazione, a liberare l’uomo dalla rovina della morte? Il dogma cattolico è stato proclamato da Pio XII il 1º novembre 1950, Anno Santo, con la Costituzione apostolica Munificentissimus Deus: «Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica».

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