La madre di tutte le estinzioni -...

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LE SCIENZE n. 337, settembre 1996 83 82 LE SCIENZE n. 337, settembre 1996 La madre di tutte le estinzioni La più grave decimazione di specie della storia terrestre avvenne circa 250 milioni di anni fa; l'estinzione di massa del Permiano superiore diede una svolta fondamentale allo sviluppo della vita sul nostro pianeta di Douglas H. Erwin amento del livello maririó;.-- eva avuto un inizio graduale 260 'Boni di anni fa, si fece assai brusco verso la fine del Permiano, distruggen gli habitat in prossimità dell e destabilizzando il n•• -.03 L'intensa attività vu can ca ) iniziata circa 255 milioni di anni fa e continuata per alcuni milioni di anni raffreddò la Terra 'nel breve termine, ma condusse un riscaldamento sul lungo termine la distruzione dell'ozono stratosfera. n•••n•••- n••n•111. a storia della vita sulla Terra è piena di catastrofi di varia entità. Di esse, quella che si è assicurata gran parte delle attenzioni del pubblico e degli studiosi è l'estinzione dei dinosauri e di altri organismi, avvenuta 65 milioni di anni fa - al passaggio tra il Cretaceo e il Terziario - che fece sparire metà di tutte le specie allora esistenti. Ma nono- stante la sua gravità, quella devastazione impallidisce al cospetto del più grande disastro mai avvenuto: l'estinzione di massa della fine del Permiano, circa 250 milioni di anni fa. Chiamata scherzosamente dai paleontologi «la madre di tutte le estinzioni di massa» (con ..:I--)buona pace di Saddam Hussein), essa reclamò un tributo impressionante. Circa il 90 per cento di tutte le specie presenti negli oceani sparì durante gli ultimi milioni di anni del Per- miano; sulle terre emerse si ebbe la scomparsa di oltre due terzi delle famiglie di rettili e anfibi. Anche gli insetti non scamparono alla strage: anzi, fu questa la sola estinzione di massa che essi abbiano mai subito: il 30 per cento degli ordini di insetti cessò di esistere. Ma dalle catastrofi emergono anche nuove opportunità. Per parecchi milioni di anni pri- ma dell'evento del Permiano superiore, i mari poco profondi erano stati dominati soprattut- to da forme di vita immobili. Gli animali marini in gran parte poggiavano sul fondo o era- no ancorati a esso per mezzo di fusti e si procuravano il cibo filtrandolo dall'acqua oppure aspettando pazientemente la preda. All'indomani dell'estinzione, molti gruppi un tempo secondari - predatori imparentati con gli attuali pesci, cefalopodi, gasteropodi e crostacei - ebbero la possibilità di espandersi, e apparvero linee evolutive completamente nuove. Que- sta riorganizzazione ecologica fu così drastica da costituire una demarcazione fondamenta- e nella storia della vita: non solo essa separa il Permiano dal Triassico, ma stabilisce anche il termine dell'Era paleozoica e l'inizio di quella mesozoica. Negli ultimissimi anni, nuovi emozionanti dati sulle cause e sulle conseguenze dell'estin- Alla fine del Permiano, circa 250 milioni di anni fa, un concorso di eventi catastrofici spazzò via la maggior parte delle forme di vita presenti sulla Terra. Le scogliere coralline e le comunità di mare poco profondo (costituite da coralli, gigli di mare, foraminiferi e al- tri organismi) furono colpite in modo particolarmente duro. Sulla terraferma si verificò la scomparsa di oltre due terzi dei rettili e degli anfibi e di circa un terzo degli insetti. Un in- cremento delle spore fungine fa pensare che anche le piante abbiano sofferto gravi perdite. mento dell'ossid materia organica provocò aumento dei livelli di anidride onica nell'atmosfera, co riscaldamento glo - ""1-01• 71e 11 r orno del mare ai uve cedenti sconvolse e comunità costiere e le aree all'interno con acque probabil prive di ossigeno `31

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LE SCIENZE n. 337, settembre 1996 8382 LE SCIENZE n. 337, settembre 1996

La madredi tutte le estinzioniLa più grave decimazione di specie della storia terrestre avvennecirca 250 milioni di anni fa; l'estinzione di massa del Permiano superiorediede una svolta fondamentale allo sviluppo della vita sul nostro pianeta

di Douglas H. Erwin

•amento del livello maririó;.--

eva avuto un inizio graduale 260'Boni di anni fa, si fece assai brusco

verso la fine del Permiano, distruggengli habitat in prossimità delle destabilizzando il

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-.03 L'intensa attività vu can ca) iniziata circa 255 milioni di anni fa

e continuata per alcuni milionidi anni raffreddò la Terra'nel breve termine, ma condusse

un riscaldamento sul lungo terminela distruzione dell'ozono

stratosfera.

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•••-n••n•111.

a storia della vita sulla Terra è piena di catastrofi di varia entità. Di esse, quella che siè assicurata gran parte delle attenzioni del pubblico e degli studiosi è l'estinzionedei dinosauri e di altri organismi, avvenuta 65 milioni di anni fa - al passaggio tra il

Cretaceo e il Terziario - che fece sparire metà di tutte le specie allora esistenti. Ma nono-stante la sua gravità, quella devastazione impallidisce al cospetto del più grande disastromai avvenuto: l'estinzione di massa della fine del Permiano, circa 250 milioni di anni fa.Chiamata scherzosamente dai paleontologi «la madre di tutte le estinzioni di massa» (con

..:I--)buona pace di Saddam Hussein), essa reclamò un tributo impressionante. Circa il 90 percento di tutte le specie presenti negli oceani sparì durante gli ultimi milioni di anni del Per-miano; sulle terre emerse si ebbe la scomparsa di oltre due terzi delle famiglie di rettili eanfibi. Anche gli insetti non scamparono alla strage: anzi, fu questa la sola estinzione dimassa che essi abbiano mai subito: il 30 per cento degli ordini di insetti cessò di esistere.

Ma dalle catastrofi emergono anche nuove opportunità. Per parecchi milioni di anni pri-ma dell'evento del Permiano superiore, i mari poco profondi erano stati dominati soprattut-to da forme di vita immobili. Gli animali marini in gran parte poggiavano sul fondo o era-no ancorati a esso per mezzo di fusti e si procuravano il cibo filtrandolo dall'acqua oppureaspettando pazientemente la preda. All'indomani dell'estinzione, molti gruppi un temposecondari - predatori imparentati con gli attuali pesci, cefalopodi, gasteropodi e crostacei -—ebbero la possibilità di espandersi, e apparvero linee evolutive completamente nuove. Que-sta riorganizzazione ecologica fu così drastica da costituire una demarcazione fondamenta-e nella storia della vita: non solo essa separa il Permiano dal Triassico, ma stabilisce anche

il termine dell'Era paleozoica e l'inizio di quella mesozoica.Negli ultimissimi anni, nuovi emozionanti dati sulle cause e sulle conseguenze dell'estin-

Alla fine del Permiano, circa 250 milioni di anni fa, un concorso di eventi catastroficispazzò via la maggior parte delle forme di vita presenti sulla Terra. Le scogliere corallinee le comunità di mare poco profondo (costituite da coralli, gigli di mare, foraminiferi e al-tri organismi) furono colpite in modo particolarmente duro. Sulla terraferma si verificò lascomparsa di oltre due terzi dei rettili e degli anfibi e di circa un terzo degli insetti. Un in-cremento delle spore fungine fa pensare che anche le piante abbiano sofferto gravi perdite.

mento dell'ossidmateria organica provocòaumento dei livelli di anidride

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e comunità costiere ele aree all'internocon acque probabilprive di ossigeno

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DURATA DELL'ANOSSIA

FORMAZIONE DEI TRAPPI DELLA SIBERIA RIONIVULCANISMO

DELLA CINA MERIDIONALETEMPO DI RECUPERO

DELLE SCOGLIERE CORALLINE

OSSIDAZIONE DEL CARBONIO

CAMBIAMENTIDEL LIVELLO DEL MARE

FINE DEL PERMIANO INIZIO DEL TRIASSICO

TATARIANO i GRIES-

DJULFIANO CHANGXINGIANO i BACHIANO

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Il degrado dell'ambiente nel Permiano superiore è testimoniato da dati geochimicie fossili. All'epoca si verificò un picco nell'ossidazione del carbonio, iniziò un abbas-samento del livello marino ed ebbe luogo un intenso vulcanismo nelle attuali Siberiae Cina. Alcuni strati di acqua negli oceani potrebbero anche essere divenuti anos-sici. Le scogliere coralline non si ripresero del tutto fino alla metà del Triassico.

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Gli organismi permiani documentati dai fossili comprendono ibriozoi (a sinistra) e i brachiopodi, due phyla strettamente cor-

relati che prima dell'estinzione avevano un ruolo dominantenella vita marina. I fossili illustrati sono di circa 40 millimetri.

zione di massa del Permiano superioresono giunti da quasi ogni ramo dellescienze della Terra. Alcune di questescoperte includono studi di dettaglio deirapidi cambiamenti nel chimismo deglioceani, una più completa documenta-zione dell'andamento delle estinzioni enuove analisi che mostrano come al li-mite permo-triassico si siano verificateimponenti eruzioni vulcaniche (si vedal'articolo Le grandi province magmati-che di Millard F. Coffin e Olav Eldholmin «Le Scienze» n. 304, dicembre 1993).

Le mie ricerche nell'ultimo decenniosono state ispirate dalla curiosità riguar-do agli eventi che determinano l'anda-mento dell'evoluzione. In quale misura,rispetto alle tendenze adattative a lungotermine, le estinzioni di massa contri-buiscono all'evoluzione di un gruppo?Per esempio, i ricci di mare sono ubi-

quitari negli oceani attuali, ma erano re-lativamente poco comuni nel Permiano.Conosciamo un solo genere, Miocida-ris, certamente sopravvissuto all'estin-zione. Si trattò di un puro caso, oppureera meglio adattato di altri? E oggi i ric-ci di mare avrebbero caratteri diversi senon fosse avvenuta l'estinzione del Per-miano superiore?

per risolvere tali questioni, dobbia-mo raccogliere qualche elemento

in più sulle cause della catastrofe e suciò che fece la differenza tra le speciesopravvissute e quelle scomparse. Lefonti essenziali per questo tipo di infor-mazioni sono gli strati sedimentari e ifossili in essi contenuti. Purtroppo icampioni del Permiano superiore e delTriassico inferiore sono notoriamen-te molto rari. La documentazione fossi-

le di questa fase è scarsa a causa dellacattiva conservazione, della carenza dirocce da campionare e di problemi dialtra natura. Un abbassamento genera-lizzato del livello marino durante ilPermiano superiore ha limitato l'entitàdei depositi sedimentari marini, e d'al-tronde i geologi hanno potuto raggiun-gere solo con molta difficoltà le aree incui si trovano gli affioramenti migliori(soprattutto nella Cina meridionale).

Si è rivelato quindi assai difficile ac-certare con quale rapidità si siano veri-ficate le estinzioni o se vi siano statevariazioni regionali. Alcuni organismi,specialmente quelli più sensibili ai mu-tamenti ambientali, scomparvero rapi-damente, come dimostrato da Erik Fili-gel e colleghi dell'Università di Erlan-gen, i quali arrivarono a questa conclu-sione dopo avere esaminato scoglierecoralline nella Cina meridionale e inGrecia. Altri riscontri indicano estinzio-ni più graduali: per esempio, nello stu-dio della incredibilmente diversificata esplendidamente conservata fauna degliaffioramenti calcarei del Texas occiden-tale, del New Mexico e dell'Arizona, hopotuto osservare che molti gasteropodicominciarono a estinguersi poco dopola metà del Permiano, ben prima quindidel principale episodio di estinzione.

Lo studio intensivo di alcuni stratilimite di grande importanza scoperti re-centemente in Italia, Austria e Cina me-ridionale si è dimostrato illuminante, inquanto indica che la durata dell'estin-zione fu più breve di quanto si sia rite-nuto in passato; ciò implica che si sianoinstaurate improvvisamente condizioniambientali calamitose. Solo alcuni annifa, ritenevo che il periodo di estinzionepotesse essersi protratto per 5-10 milio-ni di anni; ora sembra di poter dire chel'episodio finale sia durato meno di unmilione di anni. Steven M. Stanley dellaJohns Hopkins University teorizza chel'estinzione possa essere consistita didue episodi distinti, l'uno avvenuto allafine del Permiano medio e l'altro allafine del Permiano superiore. Jin Yugandell'Istituto di geologia e paleontolo-gia di Nanchino, Samuel A. Bovvringdel Massachusetts Institute of Techno-logy e io stiamo collaborando a un pro-getto per la datazione di depositi di ce-neri vulcaniche nella Cina meridionaleche dovrebbe presto fornirci una mi-gliore stima della durata dell'estinzione.In ogni caso questa sembra essersi veri-ficata all'incirca con la stessa rapidità dimolte altre estinzioni di massa.

In questo intervallo geologicamentebreve, gli oceani del Permiano viderouna complessa serie di eventi di vita edi morte. È difficile riuscire a quantifi-care l'entità delle estinzioni dal puntodi vista tassonomico, ma si ritiene che,su scala globale, siano stati spazzati via

il 49 per cento delle famiglie e il 72 percento dei generi. Dal momento che lespecie sono più difficili da identificare,è anche arduo valutare in quale percen-tuale si siano estinte, cosicché le stimeproposte da vari ricercatori sono assaidisparate. Yin Hongfu e colleghi dellaChina University of Geosciences hannoesaminato lo strato di roccia che corri-sponde al piano stratigrafico di Chang-xing, nella Cina meridionale. (Questopiano, insieme con quello di Djulfian,corrisponde all'ultima delle due sud-divisioni del Permiano superiore; ognipiano prende il nome dalla località nel-la quale si trova la documentazione fos-sile più chiara.)

Yin e colleghi hanno riferito che, del-le 476 specie di invertebrati del Permia-no superiore, 435, ossia il 91 per cento,scomparvero. (Altre stime della percen-tuale di specie estinte globalmente oscil-lano tra 1'80 e il 95 per cento, ma il li-mite inferiore di questo intervallo è pro-babilmente il più realistico.) Per con-fronto, l'evento verificatosi alla fine del-l'Ordoviciano, 439 milioni di anni fa, e-liminò il 57 per cento dei generi marini;l'estinzione al limite Cretaceo-Terziario,che fece sparire i dinosauri, si portò viail 47 per cento dei generi esistenti.

La grande estinzione del Permianosuperiore colpì alcuni animali più dura-mente di altri. I gruppi che vivevanofissati al fondo marino e si nutrivanofiltrando materiale organico dall'acquasubirono le conseguenze più gravi. Traquesti animali vi erano i coralli, i bra-chiopodi articolati (invertebrati dotati diguscio), alcuni briozoi (organismi fil-tranti raggruppati in colonie) e una va-rietà di echinodermi (i gigli di mare).

Altri gruppi marini decimati includeva-no le ultime trilobiti, i foraminiferi dibasso fondale (un tipo di zooplancton) egli ammonoidi (lontani parenti del nau-tflo). Gasteropodi, lamellibranchi e nau-tiloidi ne uscirono abbastanza bene, la-mentando la perdita di pochi gruppi. Ilsolo gruppo marino che fu davvero in-differente al caos crescente fu quellodei conodonti, cordati primitivi che fun-gono da importanti marcatori cronologi-ci in quanto il loro apparato boccale siconserva facilmente.

Le cose non andavano molto megliosulle terre emerse. Sia i vertebrati terre-stri sia gli insetti subirono perdite so-stanziali; tra i vertebrati scomparve il78 per cento delle famiglie di rettili e il67 per cento di quelle di anfibi. La ra-pidità con cui si verificarono questeestinzioni rimane oggetto di dibattito.Precedenti studi condotti sui magnificifossili della regione del Karrù, in Suda-frica, avevano fatto pensare che il de-clino fosse avvenuto in parecchi milio-ni di anni, forse con un paio di picchinel tasso di estinzione. Tuttavia, alcunilavori recenti indicano un declino piùrapido, analogo a quello con cui avven-nero le estinzioni in ambiente marino.

L'estinzione di molti insetti segna unatrasformazione di prima grandezza del-la fauna. Dei 27 ordini di insetti notidal Permiano, otto si estinsero pressoil limite permo-triassico, quattro furonogravemente decimati, ma si ripresero, etre riuscirono appena a sopravvivere perpoi estinguersi nel Triassico. Questo è ilsolo evento significativo di estinzione diinsetti che sia mai stato identificato, e te-stimonia della severità di condizioni am-bientali che caratterizzò quell'epoca.

Anche la flora terrestre soffrì, manon è possibile dire in quale misura, inquanto i dati su cui si potrebbero fareaffermazioni in proposito sono, per ora,tutt'altro che certi. Esaminando fossilidi foglie in Australia, Greg J. Retallackdell'Università dell'Oregon ha dimo-strato nel 1995 che le estinzioni di spe-cie vegetali furono di gran lunga piùdrastiche di quanto non si ritenesse. Glieventi di estinzione condussero a quelrapido mutamento dei tipi vegeta-li dominanti che si riscontra nella do-cumentazione fossile australiana. (Lascomparsa delle piante potrebbe ancheavere contribuito all'estinzione di que-gli insetti che se ne cibavano.)

La testimonianza fornita dai pollini edalle spore riflette più accuratamen-te gli effetti sulle piante. Negli stratidel Permiano superiore, il polline dellegimnosperme (piante legnose come leconifere) è quasi assente, e gli stratisuccessivi ospitano solo cellule funginee qualche altro tipo di resto organico.Nel 1995 Henk Visscher e colleghi del-l'Università di Utrecht, nei Paesi Bassi,hanno scoperto che questa espansionedei funghi sembra avere avuto inizio inuna fase tardiva del Permiano - specifi-camente nel piano di Changxing - pri-ma di raggiungere l'acme al limite per-mo-triassico.

Aquanto indica la documentazione

fossile marina e terrestre, il Per-miano superiore fu un'epoca nella qualequasi tutto andò storto, almeno dal pun-to di vista di una specie intenzionata asopravvivere. Che cosa potrebbe averecausato questa carneficina di massa? Lasola cosa che a quanto pare non avven-

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PERMIANO

1 SPUGNA

2 CRINOIDE

3 BRACHIOPODE

4 NAUTILOIDE

5 SPUGNA

6 BRIOZOO

7 CORALLO

8 TRILOBITE

9 ALGA

10 GASTEROPODE

11 PESCE (Janessa)

12 PESCE(Dorypterus)

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CRETACEO

1 CELACANTO

2 AMMONOIDE

3 BELEMNOIDE

4 GASTEROPODE

5 BIVALVI (RUDISTE)

6 RICCIO DI MARE

7 GRANCHIO

8 ALGA

9 PETTINE

10 PESCE (Thrissops)

11 PESCE(Davichthys)

12 STELLA DI MARE

La vita marina cambiò del tutto le sue caratteristiche in seguitoall'estinzione di massa. A metà del Permiano (a sinistra) i ma-ri contenevano per lo più animali immobili, alcuni pesci e po-

che trilobiti; ma all'inizio del Cretaceo (a destra) l'ambiente o-ceanico assomigliava ai mari attuali, con una massiccia presen-za di animali mobili: bivalvi, gasteropodi, cefalopodi e pesci.

Tra le vittime dell'estinzione di massa del Permiano superio-re si annovera la fauna della regione sudafricana del Karrù,dove è stato portato alla luce questo fossile, lungo 36 centi-

metri, di Oudendon (a sinistra), un terapside dalle caratteri-stiche affini a quelle dei mammiferi. L'ammonoide a destra,del diametro di nove centimetri, è stato rinvenuto nel Texas.

ne fu l'impatto di una meteorite, l'even-to che invece con ogni probabilità ucci-se i dinosauri. Alla metà degli anni ot-tanta un gruppo di geologi dichiarò diavere trovato tracce quasi impercettibilidi iridio - un indicatore critico di colli-sione - nello strato limite permo-triassi-co nella Cina meridionale. Ma a dispet-to di molti tentativi, nessuno è riuscito adare consistenza a queste asserzioni.

Non vi è comunque penuria di «indi-vidui sospetti». Una possibilità è il vul-canismo: un indizio chiave è costituitodai Trappi della Siberia, strati solidifi-cati di antiche lave. I Trappi (nome de-rivato dal vocabolo svedese per «sca-le», che descrive l'aspetto a gradini diquesti depositi) includono almeno 45effusioni distinte, e variano in spessoreda 400 a 3700 metri. Essi coprono al-meno 1,5 milioni di chilometri cubi, eforse più, dal momento che potrebberoestendersi verso ovest al di sotto di roc-ce più giovani fino agli Urali. (Al con-fronto, l'eruzione del Pinatubo avvenu-ta nel 1991 fu una specie di sbuffo, cheprodusse soprattutto ceneri vulcaniche,ma non magma. Un termine di confron-to più adeguato potrebbe essere l'eru-zione del Laki, in Islanda, che nel 1783produsse 15 chilometri cubi di lava.)

La recente datazione radiometrica in-dica che tutta la lava dei Trappi dellaSiberia venne eruttata in un arco ditempo inferiore a un milione di anni -forse solo 600 000 - a partire dal limitepermo-triassico per proseguire nelleprime fasi del Triassico. Paul R. Rennedel Berkeley Geochronology Center hariscontrato che questa stima coincidecon altre grandi eruzioni che provoca-

rono la deposizione di ceneri vulcani-che nella Cina meridionale.

Ma un esteso vulcanismo potrebbeessere stato responsabile delle estinzio-ni del Permiano superiore? Le eruzionihanno una varietà di effetti a breve ter-mine, tra i quali il raffreddamento in-dotto dall'immissione nell'atmosfera dipolveri e solfati, le piogge acide, gli in-cendi, la liberazione di elementi tossicie un incremento della radiazione ultra-violetta dovuto all'impoverimento del-l'ozono stratosferico. Inoltre, su tempipiù lunghi, l'anidride carbonica emessapuò provocare riscaldamento globale.

Per quanto attraente sia quest'ipotesi,uccidere il 90 per cento delle speciepresenti negli oceani non è cosa faci-le. Di per sé il vulcanismo, pur rapidoed esteso come quello che produsse iTrappi della Siberia, non è all'altezzadel compito. Thomas A. Vogel dellaMichigan State University e io abbiamoesaminato strati di ceneri vulcaniche de-positati negli ultimi 100 milioni di anni.Queste eruzioni furono simili per entitàa quelle che produssero la cenere trova-ta in Cina meridionale negli strati delPermiano superiore; eppure nessuno diquesti eventi condizionò grandementela diversità della vita a livello regionaleo globale, sulla terraferma o negli ocea-ni. Inoltre il danno ambientale prodottoda un'eruzione dipende da vari fattori.È difficile dedurre effetti del vulcani-smo, come la quantità di solfati immessinella stratosfera, relativi a eruzioni av-venute 250 milioni di anni fa. In con-clusione, il vulcanismo può avere con-tribuito alle estinzioni, ma solo comeparte di un processo più vasto.

I a più interessante fra le nuove acqui-sizioni sull'estinzione di massa del

Permiano superiore è data dalla geochi-mica. I cambiamenti forse più rilevantidal punto di vista geochimico sono lealterazioni dei rapporti isotopici del car-bonio nelle rocce (nello specifico, ilrapporto fra carbonio 12 e carbonio 13).Questo fatto sembra indicare che nelPermiano superiore venisse sepolta piùmateria organica che non in precedenza.

Sebbene il seppellimento del carbo-nio ci dica qualcosa sui mutamenti geo-chimici coincidenti con l'estinzione delPermiano superiore, il messaggio non èdel tutto chiaro. Un fattore può esserestato il repentino abbassamento del li-vello del mare. Nelle prime fasi delPermiano, i continenti si aggregarono aformare un solo supercontinente: il Pan-gea. Attorno alle piattaforme continen-tali prosperavano scogliere coralline ealtre comunità di mare poco profondo.Verso la fine del Permiano, però, il li-vello del mare scese bruscamente. (Ilfenomeno potrebbe essere stato causa-to da cambiamenti nella dinamica delmantello terrestre che avrebbero allar-gato i bacini oceanici.) L'abbassamentodel mare distrusse gli habitat in prossi-mità delle coste. Dato che una notevoleporzione della piattaforma continentaledel Pangea si trovò esposta, i processidi erosione e di ossidazione di materiaorganica probabilmente si accentuaro-no. L'ossidazione ridusse i livelli di os-sigeno nell'atmosfera e fece aumentarequelli di anidride carbonica, il che po-trebbe avere reso il pianeta più umido eaumentato la temperatura media anchedi due gradi Celsius.

Quando il livello del mare risalì nuo-vamente, forse molte centinaia di mi-gliaia di anni più tardi, si ebbero ulte-riori distruzioni. Le acque dell'oceanoinvasero gli habitat vicini a quella chesarebbe diventata la nuova linea di co-sta, spazzando anche l'interno. Questeintrusioni provocarono senza dubbio ladistruzione di molte comunità costiere.

Anche gli scarsi livelli di ossigeno at-mosferico potrebbero avere esacerbatole condizioni ostili che già si stava-no instaurando. Negli oceani poteva di-sciogliersi una minore quantità di os-sigeno; la conseguente anossia potreb-be avere soffocato certe forme di vi-ta marina. Indicazioni dell'esistenza diacque anossiche vengono dalle anomaliegeochimiche. Alcuni studiosi hanno direcente esposto un'argomentazione inte-ressante, sebbene non del tutto cogente,secondo la quale gli andamenti delleestinzioni da specie a specie rifiettereb-

bero le capacità degli organismi di farfronte a condizioni di anossia.

In definitiva, tutte le possibilità fino-ra menzionate potrebbero avere contri-buito all'estinzione di massa. Nessunodi questi fattori, da solo, poteva causa-re un disastro di una simile entità, ma,per somma sfortuna di quelle mera-vigliose faune, tutti interagirono quasisimultaneamente.

Io ritengo che l'estinzione sia consi-stita di tre fasi. La prima ebbe inizio conl'abbassamento del livello marino intor-no al Pangea, fenomeno che provocò di-struzione di habitat, instabilità climaticaed eliminazione di molte specie con li-mitati areali di diffusione. Al procederedella regressione oceanica, ebbe iniziola seconda fase, caratterizzata da eruzio-ni vulcaniche e dall'immissione nell'at-mosfera di grandi volumi di anidridecarbonica, la quale accentuò l'instabilitàclimatica e avviò il collasso ecologico.

La terza fase, a cavallo tra Permiano eTriassico, cominciò con la risalita del li-vello marino e le conseguenti inonda-zioni da parte di acque verosimilmenteanossiche. Questa fase distrusse gli ha-bitat terrestri presso le coste e contribuìall'estinzione di molti taxa che avevanoresistito fino a quel momento.

Lconseguenze dell'estinzione del

Permiano superiore sono interes-santi almeno quanto l'evento stesso.Dopo altre estinzioni di massa, la vitainiziò a riprendersi entro un milione dianni circa, ma in questo caso ci volleroforse cinque milioni di anni. (Vi è an-che la possibilità che il recupero appaiapiù lungo di quanto fu in realtà a causadella cattiva conservazione dei fossili.)

Comunque, prescindendo dalla lun-ghezza dei tempi di recupero, la vitasulla Terra aveva subito drastici cam-biamenti. Come notavo in precedenza, i

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Questo riccio di mare del Permiano, della lunghezza di quat-tro centimetri, appartiene all'unico genere di echinodermi -Miocidaris - che riuscì a sopravvivere all'estinzione di massa.

mari del Permiano erano stati dominatida animali per lo più immobili: brachio-podi, briozoi ed echinodermi. Questi or-ganismi poggiavano sul fondo, filtrandol'acqua per estrarne il cibo o aspettan-do che la preda transitasse nei paraggi.Gli animali mobili - pesci, bivalvi, cefa-lopodi e gasteropodi - costituivano solouna piccola parte della comunità; resta-vano inoltre poche trilobiti.

Poco dopo l'estinzione, in quella cheviene definita fase di sopravvivenza delTriassico inferiore, le poche specie re-stanti tendevano a essereabbondanti e molto diffuse.Le faune degli esordi delTriassico consistono di al-cuni molluschi, ammonoidie pochi gasteropodi. Il te-rapside erbivoro Lystrosau-rus, progenitore dei mammi-feri, era il vertebrato più co-mune sulla terraferma e sitrovava in tutto il Pangea. Ilmollusco Claraia prospera-va negli oceani. Ma allametà del Triassico, circa 25milioni di anni più tardi, iricci di mare e altri gruppirelativamente sensibili al-l'ambiente iniziarono a rie-mergere, ponendo le basiper il ritorno a condizionimarine più normali. Questitaxa redivivi cominciaronoa rimpiazzare la fauna sopravvissuta.

In effetti, i mari di quell'epoca pre-sentavano una certa somiglianza congli oceani attuali. Predominavano ani-mali dotati di mobilità, come i bivalvi, igasteropodi e i granchi; emerse ancheuna maggiore diversità di cefalopodi edi altri predatori natanti.

Si moltiplicarono gli organismi sca-vatori, fenomeno che forse riflette unastrategia di difesa dalla predazione. Siinstaurò una «corsa agli armamenti» e-volutiva tra predatore e preda, la qualeprodusse cambiamenti nelle strutturescheletriche. Ciò portò allo sviluppo,attraverso tutto il Mesozoico, di faunedotate di una maggiore quantità di tes-suti molli rispetto agli animali dell'eraprecedente. Tali cambiamenti produs-sero ecosistemi più complessi e sofisti-cati: c'era sicuramente più da mangiaree anche una maggiore scelta nel menu.

I dettagli dei cambiamenti evolutiviverificatisi su terraferma nello stessoperiodo sono alquanto incerti, dal mo-mento che i fossili devono ancora es-sere campionati sistematicamente. Glistudi che ci si propone di condurre pro-mettono di ampliare considerevolmentela nostra conoscenza delle estinzioni suterraferma. Per il momento sappiamoche molti gruppi di anfibi e rettili tro-varono la fine, e anche che gli insettimodificarono notevolmente le loro ca-

ratteristiche, passando da una varietà digruppi simili alle libellule - dotati di alifissate nella posizione di volo e impos-sibili da ripiegare sul corpo - a gruppiche invece erano in grado di ripiegarele ali. Queste forme più nuove, che co-stituiscono il 98 per cento delle speciedi insetti attuali, avevano anche fasi se-parate di sviluppo: larvale e adulto. Gliadattamenti potrebbero riflettere unacapacità di sfruttare nuovi habitat e difronteggiare forti oscillazioni stagionalie altre instabilità climatiche.

T cambiamenti che ebbero luogo fraI gli insetti sollevano un problemapiù generale: si tratta di capire se lespecie sopravvissute erano dotate di a-dattamenti specifici che permisero lorodi sopravvivere oppure se questa so-pravvivenza fu un fatto più accidenta-le. I fossili di Claraia si trovano in roc-ce che recano inequivocabilmente trac-ce di condizioni anossiche. Il gran nu-meri di esemplari ritrovati e la loroampia distribuzione potrebbero indica-re che questa specie era in grado di so-pravvivere con poco ossigeno. Un altroesempio è Miocidaris, il solo echinoi-deo (riccio di mare) sicuramente so-pravvissuto (sebbene sia assai probabi-

le che anche un suo parente stretto visia riuscito). Miocidaris ha solo due co-lonne di piastre interambulacrali (per e-sprimersi in modo un po' improprio, learee comprese tra i petaloidi sul gusciodi un riccio di mare); gli altri echinoi-dei del Permiano potevano avere dauna a otto colonne di piastre. Dal mo-mento che Miocidaris fu l'unico gene-re a sopravvivere, la forma predomi-nante di echinoideo passò da quella cheaveva un numero fortemente variabiledi colonne di piastre a quella che ne

aveva solo due. Alcuni pa-leontologi hanno ipotizzatoche lo scheletro di echinoi-deo fosse particolarmente ro-busto se composto da solodue colonne di piastre, e per-tanto meglio adattato a re-sistere alla predazione nelmondo post-Permiano.

Sfortunatamente è quasiimpossibile dire se sia sta-

`c ta proprio l'estinzione per-mo-triassica a permettere a

i talune caratteristiche di im-2: porsi. Non si può escludere3 che gli echinoidei moder-

ni avrebbero finito per svi-luppare due colonne di pia-stre anche se l'estinzione delPermiano superiore non fos-se mai avvenuta. La faunasopravvissuta potrebbe sem-

plicemente consistere di quei gruppiche prima dell'estinzione erano i piùabbondanti e i più ampiamente distri-buiti e che quindi avevano le miglioriopportunità di sopravvivenza. Distin-guere tra queste due possibilità si è ri-velato assai arduo.

La sola cosa che possiamo affermarecon sicurezza è che l'estinzione di mas-sa del Permiano superiore, tra tutti glieventi verificatisi dalla comparsa degliorganismi complessi, fu quello con ef-fetti più cospicui sulla storia della vita.Senza questo episodio, non vi è dubbioche la composizione delle attuali comu-nità biologiche della zona di marea a-vrebbe caratteristiche assai diverse.

DOUGLAS H. ERWIN è un paleobiologo che lavora presso il National Museumof Natural History della Smithsonian Institution; ha studiato rocce di età cambrianae permiana in Siberia, Cina, Terranova e in tutti gli Stati Uniti occidentali.

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