L'evoluzione delle piante al calcolatore -...

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3 4 5 6 ••n••••n L'evoluzione delle piante al calcolatore Le tendenze affermatesi nel processo che ha portato dalle specie vegetali più semplici alle più complesse sono simulabili con un calcolatore da tavolo in grado di verificare le ipotesi statistiche della biologia evoluzionistica di Karl J. Niklas G li evoluzionisti incontrano una dif- ficoltà fondamentale quando le loro teorie devono essere verifi- cate: spesso le ipotesi su cui tali teorie , si basano non preannunciano nulla di speci- fico. Perciò i ricercatori riescono solo a delineare tendenze statistiche generali, in- dividuabili all'interno di grandi popolazio- ni in un ampio arco di tempo. Inoltre, sia gli organismi presi in esame, sia l'ambiente da loro abitato possono essere scomparsi già da centinaia di milioni di anni : è quanto si è avuto, per esempio, per l'evoluzione delle piante terrestri più primitive. Perciò, anche dopo che i paleobotanici, i palco- zoologi o i genetisti hanno delineato la sto- ria evolutiva di una linea di discendenza in tutti i possibili particolari, può essere an- cora impossibile dare risposte definitive ad alcune questioni fondamentali. Perché esi- stono gli schemi evolutivi che sono stati osservati? Quanto di ciò che fa parte della documentazione fossile può essere attri- buito al caso e quanto, invece, ad avveni- menti biotici chiaramente definiti e a pres- sioni selettive ben precise? Per verificare le ipotesi evolutive esiste comunque uno strumento efficace: il cal- colatore. Esso può gestire grandi insiemi di dati e compiere calcoli rapidi e ripetuti, così che il ricercatore può costruire i mo- delli di complessi processi evolutivi. Con i modelli al calcolatore è possibile esamina- re le molte nozioni intuitive dei biologi sul- le interazioni tra organismi e ambiente. Con i miei collaboratori della Cornell Uni- versity, Vincent Kerchner e Thomas D. O'Rourke, sono impegnato in questo tipo di ricerca: abbiamo verificato le conse- guenze matematiche di varie nozioni ri- guardanti l'evoluzione delle piante. Le simulazioni al calcolatore prendono in esame le ipotesi con un metodo che è stato definito ipotetico-deduttivo. Il primo passo consiste nel formulare un'ipotesi. Da questa sono poi tratte varie conclusio- ni, che vengono confrontate con i dati ri- cavati dall'osservazione. Se si ha concor- danza con le osservazioni, l'ipotesi è par- zialmente confermata. (Non si può verifi- care un'ipotesi in questo modo, ma solo renderla più probabile.) Se una delle con- clusioni tratta dall'ipotesi non concorda con l'osservazione, l'ipotesi va modificata o scartata. Il calcolatore, che può produr- re una grande «popolazione di dati» ripe- tendo lo stesso tipo generale di calcolo per molte volte, è lo strumento ideale per veri- ficare le ipotesi intrinsecamente statistiche della biologia evoluzionistica. C ome abbiamo detto, il primo passo della ricerca riguarda la formulazio- ne di ipotesi, ossia la dichiarazione di quali fattori abbiano avuto maggiore influenza sull'evoluzione delle piante. Il calcolatore può allora essere usato per imitare la pre- stazione di piante aventi varie caratteristi- che primitive e per «dare un punteggio» al successo relativo di ogni pianta simulata nel risolvere i problemi presentati dalle pressioni selettive ipotizzate. In seguito, si possono introdurre nelle piante così simu- late piccoli o grandi cambiamenti («muta- zioni») che potrebbero rendere quelle pian- te primitive più adatte, ossia in grado di fronteggiare meglio le pressioni selettive ipotizzate. Alla progenie mutata viene pu- re dato un punteggio e poi la si può far mutare ulteriormente. Il processo viene ri- petuto molte volte e il passo finale consiste nel confrontare il modello di evoluzione così simulato con i tipi riscontrati nei re- perti fossili. In caso di concordanza, il ruo- lo dei fattori che, nell'ipotesi iniziale, si pensavano responsabili di pressioni selet- tive viene parzialmente confermato. Questo procedimento per modelli si ba- sa su due importanti presupposti, che pos- sono essere considerati i due cardini fon- damentali della biologia evoluzionistica. Il primo è che il patrimonio genetico dei sin- goli individui all'interno di una specie, 'e perciò anche della specie stessa, varia con il tempo. Il secondo è che esiste un grado di continuità genetica tra un antenato e i suoi discendenti. I cambiamenti che av- vengono all'interno di una specie sono per- ciò la conseguenza di pressioni selettive applicate a molte variazioni minori, che insorgono nel passaggio tra genitore e figli. Allo scopo di elaborare un modello del- l'evoluzione vegetale, si devono aggiunge- re ai due presupposti suddetti altre ipotesi specifiche. Secondo una di queste, le pian- L'evoluzione delle piante terrestri primitive può essere simulata al calcolatore. La sequenza evo- lutiva simulata si basa sull'ipotesi che la forza motrice dell'evoluzione sia stata in parte l'esigenza della pianta di ridurre al minimo lo sforzo meccanico inerente al tipo di ramificazione che presenta, mentre la pianta espone la massima superficie fotosintetizzante al Sole. Nella sequenza della pagina a fronte, che illustra le principali tendenze osservate nell'effettiva evoluzione delle piante, la pianta più primitiva (I) è bassa e scarsamente ramificata. (I diversi colori indicano le generazioni suc- cessive di rami: i rami in colore verde chiaro sono i più recenti.) Le piante successive tendono ad avere un maggior numero di rami (2) e a crescere più verticalmente (3). 1 tipi di ramificazione verticale presentano una maggiore superficie fotosintetizzante e possono crescere sopra la zona d'ombra formata dalle piante vicine. La quantità d'ombra che la pianta proietta su se stessa viene poi ridotta dall'evoluzione di angoli più grandi tra i rami, il che dà luogo a una pianta più fittamente sviluppata (4). Le piante evolutesi in seguito (5) hanno un unico asse centrale da cui crescono molti rami laterali. La capacità di captare luce, propria di questa configurazione, viene aumentata dal fatto che i sistemi di ramificazione laterale risultano disposti su un piano (6). La somiglianza tra le tendenze prodotte da questa simulazione e le tendenze osservate nella documentazione fossile è una misura dell'accuratezza delle ipotesi sulle quali è basata la simulazione al calcolatore. 78 79

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L'evoluzione delle pianteal calcolatore

Le tendenze affermatesi nel processo che ha portato dalle specie vegetalipiù semplici alle più complesse sono simulabili con un calcolatore da tavoloin grado di verificare le ipotesi statistiche della biologia evoluzionistica

di Karl J. Niklas

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li evoluzionisti incontrano una dif-ficoltà fondamentale quando leloro teorie devono essere verifi-

cate: spesso le ipotesi su cui tali teorie , sibasano non preannunciano nulla di speci-fico. Perciò i ricercatori riescono solo adelineare tendenze statistiche generali, in-dividuabili all'interno di grandi popolazio-ni in un ampio arco di tempo. Inoltre, siagli organismi presi in esame, sia l'ambienteda loro abitato possono essere scomparsigià da centinaia di milioni di anni : è quantosi è avuto, per esempio, per l'evoluzionedelle piante terrestri più primitive. Perciò,anche dopo che i paleobotanici, i palco-zoologi o i genetisti hanno delineato la sto-ria evolutiva di una linea di discendenza intutti i possibili particolari, può essere an-cora impossibile dare risposte definitive adalcune questioni fondamentali. Perché esi-stono gli schemi evolutivi che sono statiosservati? Quanto di ciò che fa parte delladocumentazione fossile può essere attri-buito al caso e quanto, invece, ad avveni-menti biotici chiaramente definiti e a pres-sioni selettive ben precise?

Per verificare le ipotesi evolutive esistecomunque uno strumento efficace: il cal-colatore. Esso può gestire grandi insiemidi dati e compiere calcoli rapidi e ripetuti,così che il ricercatore può costruire i mo-delli di complessi processi evolutivi. Con imodelli al calcolatore è possibile esamina-re le molte nozioni intuitive dei biologi sul-le interazioni tra organismi e ambiente.Con i miei collaboratori della Cornell Uni-versity, Vincent Kerchner e Thomas D.O'Rourke, sono impegnato in questo tipodi ricerca: abbiamo verificato le conse-guenze matematiche di varie nozioni ri-guardanti l'evoluzione delle piante.

Le simulazioni al calcolatore prendonoin esame le ipotesi con un metodo che èstato definito ipotetico-deduttivo. Il primopasso consiste nel formulare un'ipotesi.Da questa sono poi tratte varie conclusio-ni, che vengono confrontate con i dati ri-

cavati dall'osservazione. Se si ha concor-danza con le osservazioni, l'ipotesi è par-zialmente confermata. (Non si può verifi-care un'ipotesi in questo modo, ma solorenderla più probabile.) Se una delle con-clusioni tratta dall'ipotesi non concordacon l'osservazione, l'ipotesi va modificatao scartata. Il calcolatore, che può produr-re una grande «popolazione di dati» ripe-tendo lo stesso tipo generale di calcolo permolte volte, è lo strumento ideale per veri-ficare le ipotesi intrinsecamente statistichedella biologia evoluzionistica.

Come abbiamo detto, il primo passodella ricerca riguarda la formulazio-

ne di ipotesi, ossia la dichiarazione di qualifattori abbiano avuto maggiore influenzasull'evoluzione delle piante. Il calcolatorepuò allora essere usato per imitare la pre-stazione di piante aventi varie caratteristi-che primitive e per «dare un punteggio» alsuccesso relativo di ogni pianta simulatanel risolvere i problemi presentati dallepressioni selettive ipotizzate. In seguito, sipossono introdurre nelle piante così simu-late piccoli o grandi cambiamenti («muta-zioni») che potrebbero rendere quelle pian-te primitive più adatte, ossia in grado di

fronteggiare meglio le pressioni selettiveipotizzate. Alla progenie mutata viene pu-re dato un punteggio e poi la si può farmutare ulteriormente. Il processo viene ri-petuto molte volte e il passo finale consistenel confrontare il modello di evoluzionecosì simulato con i tipi riscontrati nei re-perti fossili. In caso di concordanza, il ruo-lo dei fattori che, nell'ipotesi iniziale, sipensavano responsabili di pressioni selet-tive viene parzialmente confermato.

Questo procedimento per modelli si ba-sa su due importanti presupposti, che pos-sono essere considerati i due cardini fon-damentali della biologia evoluzionistica. Ilprimo è che il patrimonio genetico dei sin-goli individui all'interno di una specie, 'eperciò anche della specie stessa, varia conil tempo. Il secondo è che esiste un gradodi continuità genetica tra un antenato e isuoi discendenti. I cambiamenti che av-vengono all'interno di una specie sono per-ciò la conseguenza di pressioni selettiveapplicate a molte variazioni minori, cheinsorgono nel passaggio tra genitore e figli.

Allo scopo di elaborare un modello del-l'evoluzione vegetale, si devono aggiunge-re ai due presupposti suddetti altre ipotesispecifiche. Secondo una di queste, le pian-

L'evoluzione delle piante terrestri primitive può essere simulata al calcolatore. La sequenza evo-lutiva simulata si basa sull'ipotesi che la forza motrice dell'evoluzione sia stata in parte l'esigenzadella pianta di ridurre al minimo lo sforzo meccanico inerente al tipo di ramificazione che presenta,mentre la pianta espone la massima superficie fotosintetizzante al Sole. Nella sequenza della paginaa fronte, che illustra le principali tendenze osservate nell'effettiva evoluzione delle piante, la piantapiù primitiva (I) è bassa e scarsamente ramificata. (I diversi colori indicano le generazioni suc-cessive di rami: i rami in colore verde chiaro sono i più recenti.) Le piante successive tendono adavere un maggior numero di rami (2) e a crescere più verticalmente (3). 1 tipi di ramificazioneverticale presentano una maggiore superficie fotosintetizzante e possono crescere sopra la zonad'ombra formata dalle piante vicine. La quantità d'ombra che la pianta proietta su se stessa vienepoi ridotta dall'evoluzione di angoli più grandi tra i rami, il che dà luogo a una pianta più fittamentesviluppata (4). Le piante evolutesi in seguito (5) hanno un unico asse centrale da cui cresconomolti rami laterali. La capacità di captare luce, propria di questa configurazione, viene aumentatadal fatto che i sistemi di ramificazione laterale risultano disposti su un piano (6). La somiglianzatra le tendenze prodotte da questa simulazione e le tendenze osservate nella documentazione fossileè una misura dell'accuratezza delle ipotesi sulle quali è basata la simulazione al calcolatore.

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pianta si ramificheranno. Vengono poi considerate altre caratteristichetipiche della pianta, come gli angoli tra i rami, per determinare le direzionidei nuovi assi; quindi ciascun asse viene fatto crescere per un breve tratto.

Lo spazio cubico rappresenta un «universo» di possibili tipi di ramifica-zione. Ciascuna delle tre dimensioni del cubo, l'una perpendicolare al-l'altra, rappresenta una particolare caratteristica morfologica e ciascunpunto all'interno del cubo rappresenta una «specie» di pianta con unacombinazione di caratteristiche unica. Le tre caratteristiche rappresen-tate sono la probabilità di ramificazione, l'angolo di ramificazione (ossial'angolo tra due rami adiacenti) e l'intervallo possibile di angoli di rota-zione (l'angolo di rotazione e l'angolo tra il piano definito da una coppiadi nuovi assi e il piano analogo, formato durante la precedente genera-zione di rami e definito dall'asse da cui i nuovi assi sono derivati edall'asse «gemello» di quell'asse). Il calcolatore può simulare una «traiet-toria evolutiva» (in colore) all'interno del cubo. La simulazione prendeinizio dalla pianta che rassomiglia più da vicino a una specie primitiva.Poi vengono esaminati, uno per uno, all'interno del cubo, i vicini piùprossimi a quella pianta e si determina qual e il più idoneo in base alleipotesi selezionate dal ricercatore. La pianta prescelta costituisce il puntosuccessivo sulla traiettoria. Il calcolatore esegue poi la scansione di tuttii punti attorno per individuare la pianta più idonea successiva. Il proce-dimento viene ripetuto finché il calcolatore ha localizzato la pianta ine-quivocabilmente più idonea nell'universo delle possibili morfologie.

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La crescita simulata di una pianta viene realizzata per mezzo di una seriedi stadi ripetuti. A ogni ripetizione, il calcolatore decide, basandosi sulla«probabilità di ramificazione» intrinseca alla pianta, quali «assi» della

te devono essere ritenute per la maggiorparte soluzioni strutturali alle limitazioniimposte dal processo biochimico della fo-tosintesi. Le piante con struttura ramifica-ta, in grado di captare la massima quantitàdi «luce», possono essere considerate gliesemplari più riusciti. Quindi, le variazionidi forma o di struttura interna che aumen-tino la capacità di ricevere luce dovrebbe-ro conferire vantaggi competitivi.

Per essere competitive nei riguardi dellaluce e dello spazio, le piante debbono riu-scire a svolgere alcuni altri compiti. In par-ticolare, debbono riuscire a restare erette,ossia a sopportare lo sforzo meccanico re-lativo alla loro crescita in senso verticale.Una seconda ipotesi, perciò, potrebbe es-sere che l'evoluzione delle piante è stataguidata dalla necessità di conciliare la ca-pacità di captare luce con quella di soste-nere le strutture verticali ramificate. Unaterza ipotesi suggerirebbe che l'evoluzionedelle piante sia guidata dall'entità del suc-cesso riproduttivo, premiando le struttureramificate che favoriscono una più effica-ce disseminazione di semi o spore.

Considerando questo insieme di pre-supposti e di ipotesi, molte delle principalitendenze intraviste nell'evoluzione primiti-va delle piante terrestri potrebbero esseresimulate con un calcolatore da tavolo. Lesimulazioni finora realizzate si riferisconosolo alla prima fase della diffusione dellepiante vascolari (ossia di quelle piante con-tenenti tessuti interni, xilema e floema, lacui funzione principale consiste nel tra-sportare liquidi e, inoltre, nel sostenereverticalmente la struttura della pianta stes-sa). Il periodo simulato ha la durata di soli60 milioni di anni, da circa 410 milioni dianni fa a circa 350 milioni di anni fa. (Percontro, la diversificazione delle angiosper-me, il gruppo vegetale evolutosi più di re-cente, si è realizzata in un periodo di circa100 milioni d'anni.) Non sono state consi-derate le ipotesi collegate all'influenza sul-le piante degli erbivori terrestri e degli in-setti impollinatori. Tali ipotesi, infatti, sa-rebbero molto più complesse da tradurrein un modello rispetto alle ipotesi prese inconsiderazione in questa ricerca. Con cal-colatori più potenti sarà forse possibile co-struire un modello di questi e di altri aspettiche possono aver contribuito all'evoluzio-ne, come gli effetti delle variazioni clima-tiche e di eventi catastrofici.

Alo scopo di simulare l'evoluzione vege-tale si devono sviluppare tecniche

matematiche per quantificare i vantaggicompetitivi derivanti da varie caratteristi-che. Una di queste tecniche dovrebbe de-terminare quanta luce può intercettare unapianta avente una data struttura. Sulla ba-se delle conoscenze attuali, si può dire chele prime piante vascolari, che diedero ori-gine alla grande massa della flora terrestreodierna, erano sprovviste di foglie ed era-no dotate, invece, di assi verticali che svol-gevano l'attività fotosintetica. (Il fusto, os-sia l'asse che porta le foglie, si sarebbeevoluto più tardi.) Quegli assi tendevano acrescere nel senso della lunghezza, per ad-

dizione di nuove cellule prodotte a un api-ce (o estremità di crescita). Queste cellulemeristematiche primitive producevano ingenere solo un piccolo numero di nuovecellule in direzione laterale, perciò gli assiavevano sempre un diametro massimo li-mitato. Il fenomeno della ramificazione sipresentò per la prima volta allorché un sin-golo asse riuscì a biforcarsi all'apice, for-mando due assi a crescita indipendente.

Pertanto, in queste piante primitive pri-ve di foglie, gli assi, relativamente rigidi,erano i principali organi della fotosintesi.La geometria della ramificazione di unapianta e il modo in cui le superfici dei suoiassi si proiettavano verso il Sole erano,quindi, i fattori più importanti per determi-nare la capacità di quella pianta di captarela luce. A differenza delle foglie delle pian-te attuali, gli assi rigidi delle prime piantevascolari non potevano ondeggiare moltoal vento e neppure seguire il movimentodel Sole. La capacità di captare la luce daparte delle piante primitive può perciò es-sere simulata mediante programmi che de-terminino la quantità totale di luce solareproiettata sopra un modello tridimensio-nale ramificato, statico, a mano a manoche la posizione del Sole nel cielo cambia.

Un altro parametro da quantificare è lastabilità meccanica degli assi verticali. Itipi di ramificazione che si sviluppano

principalmente in direzione verticale sonopiù efficienti nel captare la luce perchépossono crescere al di sopra delle ombreproiettate da ostacoli come rocce, monti-celli e altre piante. Ma una pianta in posi-zione verticale deve essere in grado di so-stenere il concomitante carico meccanico.Relativamente a questo, la principale in-novazione degli alberi attuali rispetto allepiante primitive consiste nella formazionedi un fusto legnoso (o tronco), il cui dia-metro aumenta in modo continuo a manoa mano che vengono aggiunti internamen-te nuovi strati cilindrici costituiti da cellu-le. La capacità delle piante vascolari pri-mitive di sopportare lo sforzo meccanico,senza questo legno secondario, dipendevaunicamente dalla loro crescita primaria:quando nuove cellule si aggiungevano agliapici degli assi preesistenti, si produceva-no assi sottili, ma virtualmente non assot-tigliati in punta.

È piuttosto facile calcolare l'entità delcarico intrinseca a un tipo di crescita ra-mificata, come pure la capacità di questotipo di ramificazione di sostenere il suddet-to carico, se si conoscono il peso, la di-mensione e l'orientazione degli assi. I pro-grammi che generano i vari tipi di ramifi-cazione possono anche calcolare la defor-mazione e il momento flettente totali di undato tipo di ramificazione, come pure la

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riniofite. Il gruppo successivo principale, vissuto circa 380 milioni di annifa, era quello delle trimerofite, comprendente Trimerophyton robustius(d), Psilophyton charientos (e), Psilophyton dawsonii (f) e Pertica quadrifaria (g). (Le relazioni tassonomiche esatte e la sequenza con cuiqueste piante sono comparse non sono ancora note e quindi le quattrospecie sono riportate in sequenza arbitraria.) Le trimerofite sembranodotate di un fusto verticale principale; in realtà questo fusto principaleapparente è il risultato statistico di molte «ramificazioni diseguali», in cuiun membro di una coppia di nuovi assi cresce con una orientazione chesi avvicina maggiormente a quella dell'asse che genera la coppia. Undiscendente delle trimerofite, dall'aspetto di felce, è Rhacophyton cera-tangium (h), che ha veramente un fusto principale verticale e anche

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L'evoluzione delle piante primitive mostra tendenze, quali un aumentonel numero delle ramificazioni, la comparsa di un asse principale e losviluppo su un unico piano dei sistemi di ramificazione, che si possonoosservare anche nelle traiettorie evolutive simulate al calcolatore. (Moltedelle piante qui raffigurate non sono direttamente imparentate l'una conl'altra; illustrano quindi delle tendenze evolutive generali e non la storiadi una particolare linea di discendenza.) Una delle piante vascolari ter-restri piu primitive era Steganotheca striata (a), una pianta scarsamenteramificata che visse circa 450 milioni d'anni fa. Rhynia gwynne raughanii (b) e Horneophyton lignierii (e), piante entrambe dotate di strut-ture ramificate più fitte di quella di Steganotheca, potrebbero essere statediscendenti di questa specie. Tutte e tre fanno parte del gruppo delle

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fronde primitive disposte su un piano. Un'altrapianta probabilmente discendente dalle trime-rofite è Archaeopteris (i): le piante di questogenere avevano un tronco centrale fornito dirami laterali, che a loro volta avevano dellefoglie. Un'altra linea di discendenza, i licopodi,sembra essersi evoluta indipendentemente dalleriniofite e dalle trimerofite, passando attraversomolti stadi caratteristici (ma non tutti) delletraiettorie evolutive simulate. I licopodi rag-giunsero il vero apice della loro evoluzione coni licopodi arborei, come Lepidodendron (j).

quantità di luce solare intercettata. È per-ciò possibile quantificare, da un lato, i fat-tori che intervengono nell'equilibrio traesposizione di grandi aree di tessuto foto-sintetizzante al Sole e. dall'altro, la capa-cità di sopportare lo sforzo meccanico chene consegue.

Un altro equilibrio che occorre prende-re in considerazione riguarda la ca-

pacità delle piante di fare ombra. Le piantedi maggiori dimensioni e più estesamenteramificate hanno una maggiore capacitàdi fare ombra sulle piante circostanti e diricavarne cosi un vantaggio. Questa capa-cità ha però anche un aspetto negativo:può far si che la pianta metta in ombraparti di se stessa, riducendo la propria ef-ficienza nel captare la luce.

L'ipotesi che la capacità di captare laluce sia stata la forza motrice della evolu-zione primitiva delle piante vascolari è cer-tamente una semplificazione. Nella floraodierna esiste una miriade di piante sciafi-te (ossia che tollerano l'ombra); pertantovi sono buone ragioni per credere che an-che alcune piante vascolari terrestri primi-tive fossero sciafìte. Nella documentazio-ne fossile, tuttavia, si può osservare che letendenze a lungo termine confermano l'i-potesi dell'importanza primaria della com-petizione per la luce nell'evoluzione dellepiante terrestri. Esse includono un aumen-to in altezza riscontrato nei gruppi vegetaliche si sono evoluti successivamente, unatransizione verso un tipo di crescita carat-terizzato da un unico asse verticale por-tante assi laterali e la comparsa di sistemidi ramificazione disposti su un piano late-rale, che in talune linee di discendenza ave-vano la medesima funzione delle foglie.

Queste tendenze sono state ricreate conuna certa accuratezza mediante simula-zioni in cui i tipi di ramificazione «si svi-luppano» secondo modalità definite dacerte caratteristiche «genetiche». In cia-scuno degli stadi di sviluppo simulati, unapianta attraversa parecchie fasi di modifi-cazione. Per prima cosa, ogni asse si svi-luppa per un piccolo tratto; poi il calcola-tore sceglie, sulla base di una «probabilitàdi ramificazione genetica» predeterminata,quanti (e quali) assi si ramificheranno. Suquelli che si ramificano effettivamente, ledirezioni dei nuovi assi sono determinateda due fattori «genetici». Uno è l'«angolodi ramificazione» tra i nuovi assi; l'altro èl'«angolo di rotazione», ossia l'angolo trail piano definito dai due nuovi assi e il pia-no formato dalla precedente generazionedi rami sull'asse originario .(si veda l'illu-strazione a pagina 81).

Nelle simulazioni più semplici dei varitipi di ramificazione, l'angolo di ramifica-zione è sempre lo stesso in tutti i punti dibiforcazione: come la probabilità di rami-ficazione, così l'angolo è una delle caratte-ristiche «genetiche» del tipo di ramificazio-ne. L'angolo di rotazione, invece, può va-riare nell'ambito di un intervallo specificoe questo intervallo è una caratteristica della pianta simulata. Le piante che hanno lapossibilità di un ampio intervallo di angoli

di rotazione tendono ad avere una ramifi-cazione fitta e un aspetto cespuglioso; in-vece, nelle piante in cui l'angolo di rotazio-ne non può deviare molto da 0, i gruppi dirami tendono a disporsi in piani paralleli.Dopo che il calcolatore è stato usato perdeterminare la posizione e la direzione diciascun nuovo asse, tutti i nuovi assi ven-gono fatti crescere per un breve tratto e ilprocesso di ramificazione viene ripetuto.Le piante sono considerate complete, e laloro crescita terminata, dopo 10 cicli diramificazione. Una pianta simulata, in cuiogni asse si ramifica durante ciascuno dei10 cicli di crescita, conterrà 1024 elementiassiali. Potrebbero essere simulate anchepiante di maggiori dimensioni, ma ciò ri-chiederebbe l'uso di calcolatori dotati dimemorie più grandi. Dieci cicli di ramifi-cazione sono sufficienti per imitare le di-mensioni e la forma della maggior partedelle piante fossili prese in considerazione.

T e tre proprietà - probabilità di ramifica-zione, angolo di ramificazione e ango-

lo di rotazione - definiscono un universo dipossibili tipi di ramificazione, che caratte-rizzano la morfologia delle piante terrestripiù primitive. Il modo più semplice di im-maginare questo universo è di raffigurarlocome un cubo. Ciascuna delle tre dimen-sioni del cubo, tra loro perpendicolari.

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Il «gioco di guerra» al calcolatore simula l'evoluzione portata avanti dauna competizione tra specie. Nell'illustrazione sono riportati in succes-sione sei stadi del gioco; a ogni stadio una o più piante di ciascuna di trespecie diverse compete per la luce e per lo spazio. La singola specie che,in ciascuno stadio, cattura meno luce viene eliminata, mentre si lasciache le altre due specie disseminino le loro spore. Metà delle spore dellaspecie che avrà piu successo muta, formando una terza specie che entreràin competizione nello stadio successivo del gioco. La capacità di crescere

dipende dalla quantità di «luce» che una pianta riceve (la quale, a suavolta, dipende dalla quantità di superficie che la pianta espone e dal gradoin cui essa fa ombra a se stessa o riceve ombra dalle altre piante). Ilnumero di spore che una pianta dissemina dipende dal numero degli apicidei rami che possiede, mentre l'area di distribuzione delle spore dipendedall'altezza della pianta. In questo gioco di guerra il successo dipendedalla combinazione di tre capacita: la capacità di captare luce, la capa-cità di mettere in ombra le piante vicine e la capacita di riprodursi.

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rappresenta una delle tre proprietà fonda-mentali, e cosi ogni punto all'interno delcubo individua le piante che hanno un par-ticolare gruppo di attributi. (Come conse-guenza della natura casuale della ramifica-zione, le piante che hanno esattamente lestesse caratteristiche matematiche posso-no essere leggermente diverse sotto l'a-spetto morfologico.)

Per esempio, supponiamo che la dimen-sione verticale del cubo rappresenti l'ango-lo di ramificazione. Allora ogni puntopresso la sommità del cubo rappresente-rebbe una «specie» i cui rami divergonol'uno dall'altro con un grande angolo,mentre ogni punto presso la base del cuborappresenterebbe una specie che ha un pic-colo angolo di ramificazione. Un verticedel cubo rappresenta una «specie» di pian-ta con una probabilità di ramificazioneprossima a O, angoli molto piccoli tra irami e angoli di rotazione che non si di-staccano molto da O. I punti distanti daquesto vertice in una qualsiasi delle tre di-rezioni primarie rappresentano rispettiva-mente piante che hanno più rami, pianteche hanno angoli di ramificazione piùgrandi e piante che possiedono rami rivoltiverso un maggiore numero di direzioni. Le

combinazione delle tre variabili rappresen-tate dai punti interni al cubo comprendonovirtualmente tutte le possibili geometrie diramificazione delle prime piante vascolari.

Naturalmente questo universo a tre di-mensioni è una semplificazione eccessivadella geometria della pianta. In realtà, ifattori che possono influenzare la formadella pianta sono molto più numerosi deitre appena descritti. È possibile simulareper la forma delle piante universi a moltedimensioni, associandovi altri fattori, co-me la capacità di modificare la lunghezzadegli assi o la circonferenza degli stessi, ocome la capacità di produrre assi con di-verse probabilità di ramificazione. In par-ticolare, una simulazione più sofisticatapotrebbe considerare una variabile chetenga conto di un fenomeno chiamato ra-mificazione diseguale: in o gni punto di bi-forcazione uno dei due nuovi assi può de-viare più dell'altro dall'orientazione det-rasse dal quale entrambi hanno avuto ori-gine. In questo caso vi sono effettivamentedue angoli di ramificazione, ciascuno deiquali rappresenta l'angolo tra uno dei duenuovi assi e l'asse originario. Gli universia molte dimensioni che contengono fattoridi questo genere sono difficili da rappre-

sentare, ma si possono facilmente simula-re per mezzo dei calcolatori. Tuttavia, persemplificare il problema, ci sembra suffi-ciente un universo cubico, ossia tridimen-sionale, di tipi di ramificazione per descri-vere le fasi iniziali dell'evoluzione dellepiante.

Af interno del cubo si può rappresentareuna «traiettoria evolutiva» simulata

delle piante terrestri primitive. Per primacosa si determina la posizione, nel cubo,del tipo più primitivo di ramificazione(cioè quello che rassomiglia più da vicinoal tipo di ramificazione delle piante più an-tiche). Poi il calcolatore sceglie, nel cubo,tra le specie più vicine alla pianta in que-stione, una specie che si riveli più efficientenel captare la luce. (L'efficienza di unaspecie nel captare la luce viene valutatafacendo sviluppare al calcolatore 10 cam-pioni a caso della specie e trovando l'effi-cienza media nel captare la luce.) Il pro-cesso viene ripetuto finché il calcolatoreriesce a identificare un insieme di caratte-ristiche morfologiche, che sia più efficienterispetto a qualunque altro insieme di carat-teristiche delle specie immediatamente vi-cine alla specie in esame. La traiettoria

evolutiva basata sulla competizione per laluce è rappresentata da una linea che pas-sa per tutti i punti che si riferiscono allespecie vegetali selezionate dal calcolatore.

È anche possibile costruire una traietto-ria basata sull'equilibrio tra efficienza nelcaptare la luce e sforzo meccanico. Nellostabilire questa traiettoria, il calcolatore,quando analizza le specie più vicine allapianta, all'interno del cubo, per determina-re quale di esse sarà la prossima nellatraiettoria, sceglie la specie che presenta ilrapporto massimo tra efficienza nel capta-re la luce e momento flettente, e non, sem-plicemente, la pianta che ha l'efficienzamassima.

Le traiettorie evolutive così simulate,sia quelle basate solo sull'efficienza nelcaptare la luce, sia quelle programmate inmodo da conciliare l'equilibrio tra capaci-tà di captare la luce e capacità di soppor-tare lo sforzo meccanico, hanno una spic-cata somiglianza con le tendenze rilevatenella documentazione fossile. Il tipo di ra-mificazione più primitivo è caratterizzatoda pochi livelli di ramificazione, angoligrandi tra gli assi e piani di ramificazionequasi verticali. Il tipo più progredito hagruppi di assi laterali disposti su un pianoe uniti a un unico asse verticale principale.

Le geometrie intermedie mostrano co-me, nella traiettoria evolutiva simulata,avviene la transizione da una geometriaprimitiva verso una geometria progredita.Dapprima aumenta il grado di ramifica-zione; poi, in ciascuna ramificazione suc-cessiva, un asse cresce sempre più ravvici-nato alla verticale rispetto agli altri assi, inmodo da diventare un asse centrale. Allafine, gli assi che risultano di conseguenzalaterali (cioè che si staccano dall'asse cen-trale) tendono a situarsi in piani che sonoquasi orizzontali. Questa sequenza rap-presenta variazioni che migliorano fino aun livello ottimale l'efficienza nel captarela luce, mentre riducono al minimo lo sfor-zo meccanico. Per coincidenza, essa risul-ta virtualmente identica alla sequenza cherende massima la quantità d'ombra proiet-tata sulle piante circostanti e, nello stessotempo, minima la quantità d'ombra che lapianta proietta su se stessa.

Denché le tendenze evolutive simulatecoincidano con ragionevole precisio-

ne con le tendenze riscontrate nella docu-mentazione fossile, la corrispondenza trale une e le altre nell'evoluzione vegetalepotrebbe essere il frutto di pura conciden-za ed essere perciò biologicamente irrile-vante. Altre ipotesi potrebbero spiegaremeglio e in modo più completo la docu-mentazione riguardante l'evoluzione dellepiante che non l'ipotesi secondo cui lepiante agirebbero sotto l'effetto di pressio-ni per captare la luce e sopportare lo sfor-zo meccanico. Di certo, per esempio, ilsuccesso di una specie dipende in gran par-te dal successo che essa realizza come en-tità riproduttiva. Il calcolatore può analiz-zare questa ipotesi?

Per rispondere alla domanda, è possibi-le simulare un «gioco di guerra», in cui i tipi

di ramificazione con differenti capacità dicaptare la luce e potenziali riproduttivi di-versi competono l'uno con l'altro in ununiverso rappresentato sul video del calco-latore. L'obiettivo è quello di dichiarare un«vincitore nell'evoluzione» avvalendosi diregole, che sono in realtà ipotesi sul modoin cui si sarebbe svolta l'evoluzione.

A ogni pianta viene assegnata un'areain cui può crescere. Tale area è determina-ta dalla capacità che ha quella pianta diproiettare ombra sulle piante circostanti.A ogni pianta viene pure assegnata un'a-rea di dimensione diversa, concentrica ri-spetto alla prima e nella quale la piantapuò disseminare le proprie unità riprodut-tive, che nelle specie primitive erano sporedisperse dal vento. Poiché molte pianteterrestri primitive diffondono le loro sporedalla sommità degli assi, il numero di spo-re che ciascuna pianta produce risulta pro-porzionale al numero di estremità dei ramipresentato dal suo particolare tipo di rami-ficazione. D'altra parte, l'area in cui lapianta può disseminare le proprie spore èdeterminata dalla sua altezza. (Questa as-serzione è ragionevole dal punto di vistaaerodinamico: infatti, l'altezza da cui ognioggetto leggero viene lasciato libero di ca-dere è determinante agli effetti della distan-za a cui una brezza potrà trasportarlo dalpunto d'origine.) L'altezza di una piantadipende non solo dal numero di ramifica-zioni, ma anche dall'angolo di ramificazio-ne: piante con angoli di ramificazione piùpiccoli crescono maggiormente in altezza.Le spore che cadono in un'area d'ombra.compresa quella della stessa pianta che leproduce, non riescono a germinare. (An-che questa regola di gioco è ragionevoleperché molte delle attuali piante vascolaridi minor altezza possono inibire la crescitadella propria progenie.)

Le piante che hanno aree d'ombra so-vrapposte interferiscono l'una con l'altraper la capacità di captare la luce. Il tassodi ramificazione di ciascuna pianta, equindi anche il suo tasso di crescita, è de-terminato dalla quantità di luce solare chela pianta riceve. Questa dipende a sua vol-ta in parte dalla tendenza della pianta aevitare di farsi ombra da sé, in parte dalgrado con cui altre piante le fanno ombrae in parte, dall'ampiezza della superficiefotosintetizzante che la pianta stessa espo-ne alla luce solare.

Quando il gioco ha inizio, quantitàuguali di spore di piante, con i tre tipi

di ramificazione primitivi più marcata-mente distinti sono sparpagliate su un((campo di gioco» livellato e fatte crescere.Dopo che ciascuna pianta ha raggiunto 10livelli di ramificazione, il calcolatore deter-mina la specie i cui membri captano la mi-nor quantità di luce solare ed elimina tuttele piante di quella specie. Si dà poi la pos-sibilità alle altre due specie di disseminarele spore. La metà delle spore provenientidalla specie i cui membri captano la maggior parte della luce solare è poi fatta mu-tare, cioè i fattori «genetici» di queste sporevengono leggermente alterati secondo mo-

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dalità che fanno aumentare la capacitàdella pianta in fase di crescita di proiettareombra, di evitare di farsi ombra da sé, diprodurre spore o di disseminare le propriespore sopra una vasta area. I tre tipi diramificazione che ne risultano (i due chehanno avuto maggior successo nella par-tita precedente e il nuovo tipo mutante)vengono poi fatti crescere e la sequenzaripetuta. Il gioco può essere reso piu com-plesso introducendo mutazioni che nonsiano vantaggiose, ma ciò generalmentemodifica solo di poco i risultati e allungaconsiderevolmente il tempo necessario perfinire il gioco.

Il gioco può richiedere tempi lunghi peressere eseguito, anche al calcolatore; si de-vono effettuare, infatti, migliaia di calcolipersino per una breve scaramuccia. Essotermina quando l'ultima mutazione è stataselezionata dal repertorio offerto dallatraiettoria in esame. Risultano vincitrici lespecie che sopravvivono sino alla fine. Ilgioco viene perciò troncato artificialmen-te. L'evoluzione reale può produrre nonsolo variazioni nella forma del tipo di ra-mificazione di una pianta, ma anche varia-zioni nella fisiologia di quella pianta, adesempio nella capacità di tollerare l'ombrao di sviluppare legno secondario. L'evolu-zione reale può essere anche punteggiatada eventi esterni, come catastrofi naturali,che fanno ripartire il gioco con giocatoriin proporzioni diverse. Comunque, anchequesto semplice gioco di guerra generatendenze molto simili a quelle riscontrabilinella documentazione fossile: perciò le sueregole probabilmente hanno un certo rap-porto con la biologia delle piante reali.

La traiettoria che evidenzia la capacitàdi captare la luce e la traiettoria che con-cilia la capacità di captare la luce con lacapacità di sopportare lo sforzo sono pa-rimenti valide, o quasi, nell'indicare qualimutazioni danno origine a piante che ot-tengono poi buoni risultati nel gioco diguerra. In entrambi gli schemi l'assettogeometrico più primitivo presenta solo po-chi livelli di ramificazione. Con gli sporan-gi (organi portatori di spore) situati agliapici degli assi, una pianta con questo tipodi ramificazione avrà un rendimento ripro-duttivo assai basso. In entrambi gli schemil'assetto geometrico più progredito è costi-tuito, invece, da un singolo asse elevato,che porta assi laterali disposti su molti li-velli. Gli sporangi di una pianta del genere,se situati alle estremità degli assi, sarebbe-ro numerosi e molti sarebbero in posizioneelevata rispetto al suolo: in tal modo sa-rebbe assicurata la dispersione delle sporesu una vasta area.

Le osservazioni su piante viventi indica-no che il tipo di pianta che vince nel giocodi guerra ha successo anche nella compe-tizione naturale. Gli studi compiuti sulladinamica di popolazione di monocolturevegetali (ossia su colture di molti individuiappartenenti alla medesima specie) indica-no che gli individui più grandi hanno unvantaggio sopra quelli più piccoli. A manoa mano che la densità della popolazione dipiante aumenta, aumenta anche il tasso di

mortalità: tuttavia muoiono in percentualepiù elevata le piante di piccole dimensionirispetto a quelle di dimensioni maggiori.Tali fenomeni sono stati osservati nella re-altà come nella simulazione al calcolatore.

Le stesse pressioni che danno origine aqueste tendenze nelle monocolture viventihanno probabilmente influenzato l'evolu-zione primitiva delle piante vascolari ter-restri. Quando, per la prima volta, le pian-te invasero la terraferma, il nuovo habitatera probabilmente occupato da pochi or-ganismi e, pertanto, le densità di popola-zione erano basse. Con l'andar del tempo,in una determinata località sia il numerodi individui sia quello delle specie sarebbe-ro aumentati. Le specie che raggiungeva-no una maggior altezza o che crescevanopiù rapidamente ne avrebbero quindi rica-vato un vantaggio. A mano a mano che ladensità delle comunità vegetali aumenta-va. può darsi che alcuni individui e addi-rittura alcune specie si siano estinti per se-lezione naturale, favorendo così la soprav-vivenza di specie di maggiore altezza.

In questo contesto, è interessante nota-re un punto apparentemente contradditto-rio. Per il fatto che la pianta proietta om-bra anche su se stessa, la crescita aggiun-tiva finisce con il ridurre l'efficienza dellapianta stessa nel captare la luce: la piantacapta complessivamente più luce, ma necapta meno per asse. Questa perdita di ef-ficienza è tuttavia controbilanciata dal-l'aumentata tendenza della pianta a proiet-tare ombra sulle piante vicine più basse esulle loro spore. La tendenza verso dimen-sioni maggiori delle piante può pertantoaver conferito benefici a una determinataspecie, anche se in realtà ha diminuito ilrendimento vegetativo delle singole piante.Apparentemente, allora, la pura e sempli-ce presenza di molti individui della stessaspecie può generare tendenze evolutiveche certamente avvantaggeranno tale spe-cie nella competizione con le altre.

T e simulazioni al calcolatore hanno di-mostrato che le varie ipotesi formula-

te per l'evoluzione delle piante portano aconclusioni che possono essere verificatenella documentazione fossile. Non si puòsostenere che di tali ipotesi sia stata dimo-strata l'esattezza; si può dire tuttavia cheesse hanno avuto parziale conferma. Inol-tre, le conclusioni simulate delle numeroseipotesi sono virtualmente identiche. È per-ciò impossibile determinare l'importanzarelativa dei vari criteri usati per produrretali simulazioni: ciò può essere fatto sola-mente quando due ipotesi portano a previ-sioni che siano in conflitto tra loro. Perdip-più dobbiamo ancora sviluppare simula-zioni che si conformino a esigenze struttu-rali importanti, come la capacità di tra-sportare liquidi o di dissipare calore. Latecnica generale di simulazione offre gran-di prospettive come strumento di ricercaper il biologo evoluzionista; tuttavia il suc-cesso nell'impiego di un qualsiasi strumen-to richiede pratica e discernimento e lostrumento stesso deve essere perfezionatoe affinato.

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