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Centro Militare di Studi Strategici MILSOC AF-S-10 Dott.ssa Annamaria FEOLA 2103 LA LOTTA AL TERRORISMO: MISURE DI CONTRASTO IN AMBITO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE

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Centro Militare di Studi Strategici

MILSOC AF-S-10

Dott.sa Annamaria FEOLA

Dott.ssa Annamaria FEOLA

2103

LA LOTTA AL TERRORISMO: MISURE DI

CONTRASTO IN AMBITO NAZIONALE ED

INTERNAZIONALE

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

i

INDICE

LA LOTTA AL TERRORISMO: MISURE DI CONTRASTO IN AMBITO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE Premessa ………………………………………………………………………………………..p.1

Cap. I - Evoluzione degli studi sul terrorismo: quale profilo, organizzazione, diffusione

geografica?........................................................................................................................p.3

Cap. II - Le misure adottate dall’Italia: l’adeguamento sul piano legislativo ed

istituzionale……………………………………………………………………………………...p.9

Cap. III - La politica dell’Unione Europea di contrasto al terrorismo…….………………..p.27

Cap. IV - Le dinamiche evolutive dell’idea di sicurezza: da interesse diffuso a diritto

individuale……………………………………………………………………………………...p.46

Cap. V - Le limitazioni della libertà personale imposte a tutela della sicurezza collettiva………………………………………………………………………………………….p.50 Cap. VI - La cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo…………..…………..p.54

Sviluppi futuri………………………………...………………………………………………….p.57

Bibliografia………………………………………..…………

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

ii

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

1

LA LOTTA AL TERRORISMO: MISURE DI CONTRASTO IN AMBITO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE

Annamaria Feola

PREMESSA

La destabilizzante minatoria continuatività, che caratterizza le manifestazioni di matrice

terroristica, induce a ritenere che esse, ormai, non debbano più essere qualificate come

un fenomeno congiunturale ma vadano considerate e, conseguentemente, disciplinate

come un fenomeno di natura strutturale.

La minaccia terroristica non è riconducibile ad un’entità statale definita e, pertanto, il

mancato collegamento con una realtà territoriale circoscritta vanifica la possibilità di

adottare soluzioni finalizzate a relegare il “nemico” in confini ben delimitati.

L’attività di “jihadismo” internazionale costituisce un grave pericolo per il mondo

occidentale anche in ragione di un accentuato processo di decentralizzazione che

valorizza ed assegna completa autonomia alle singole cellule. Difatti, il mutamento degli

assetti strutturali e la centralità assunta da singoli individui fondamentalisti, spesso radicati

in contesti occidentali, rafforza, per certi aspetti, le capacità operative delle varie

organizzazioni terroristiche.

Il carattere aperto, tipico delle società occidentali contemporanee, garanti di un amplissimo

livello di tutela dei diritti individuali costituzionalmente previsti, se, per un verso,

contribuisce a farne bersaglio ideale per il terrorismo, per altro verso, rende più

problematica la predisposizione di legittimi strumenti di difesa e prevenzione. Difatti

assume rilievo la ricerca di un equilibrio tra la duplice necessità di tutelare i principi

fondamentali e, al contempo, di garantire la minacciata sicurezza collettiva.

Le manifestazioni di violenza incidenti sia all’esterno che all’interno dell’ordinamento, ad

opera di organismi non statali, quali quelli di matrice terroristica, pongono gli Stati dinanzi

ad inedite congiunture per la cui gestione si rende necessario il ricorso a misure che siano

efficaci ed incisive ma che, in ogni caso, non trascendano l’ordine legale a tutela del quale

sono adottate.

Il profilo più problematico è costituito dall’individuazione dei limiti entro i quali possano

ritenersi legittime misure che, a tutela della sicurezza, inevitabilmente incidono sulle libertà

individuali. In questa prospettiva assumono rilievo essenziale e centrale i criteri di

proporzionalità e ragionevolezza.

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Risulta, poi, ineludibile il ricorso a strumenti di coordinamento internazionale. Il terrorismo,

infatti, opera su scala globale. Tale circostanza rende necessario promuovere ed

incentivare forme di cooperazione transfrontaliera al fine di approntare strumenti di

contrasto efficaci. L’implementazione dei canali di scambio di informazioni tra i vari Stati, il

rafforzamento della cooperazione giudiziaria ed investigativa assurgono al rango di

strumenti assolutamente indispensabili.

In tale prospettiva riveste un ruolo centrale la politica europea di contrasto al terrorismo

che si articola in quattro principali settori d’azione: la prevenzione dei rischi, la protezione

di cittadini e potenziali obiettivi di attentati, il perseguimento dei reati e dei loro autori e le

possibili risposte agli attacchi terroristici.

I vari piani d’azione approvati in ambito comunitario prevedono una serie di strumenti e di

dispositivi di coordinamento.

Gli sviluppi futuri non possono che essere orientati ad incrementare ulteriormente la

cooperazione con le organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite e con i Paesi

terzi, in particolare gli Stati Uniti.

Tuttavia, al di là di un imprescindibile approccio repressivo non si può non riconoscere la

necessità di implementare una sinergica azione preventiva sociale al fine di contrastare i

fattori che rendono possibile il successo della propaganda fondamentalista. Tale obiettivo,

ambizioso e di difficile conseguimento, può essere perseguito favorendo il dialogo e

l’integrazione tra le culture e le religioni. In quest’ottica occorrerebbe vigilare, nel rispetto

della libertà religiosa e di culto, sull’attività che viene svolta in contesti vicini alle moschee.

In tale prospettiva è necessaria l’azione condivisa a livello internazionale con il

coinvolgimento particolare di quegli Stati islamici che si trovano essi stessi ad essere

vittime del fondamentalismo.

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Cap. I - Evoluzione degli studi sul terrorismo: quale profilo, organizzazione,

diffusione geografica?

Le drammatiche vicende legate al fenomeno del terrorismo internazionale, fideisticamente

orientato all’annientamento dei simboli della potenza occidentale anche attraverso il

ricorso ad operazioni suicide, hanno sempre più determinato il diffondersi di una comune

sensazione di costante esposizione ad un pericolo tanto imminente quanto imprevedibile1.

Dall’undici settembre del 2001 l’Occidente si è tragicamente reso conto di essere

minacciato da una nuova forma di terrorismo universalistico dalla forza devastante, occulta

e proteiforme, non riconducibile ad un’entità statale definita. Proprio il mancato

collegamento con una realtà territoriale circoscritta impedisce di adottare soluzioni

compromissorie volte a relegare il nemico nei propri confini2.

Nel primo discorso sullo stato dell’Unione pronunciato dopo l’attentato alle torri gemelle, il

Presidente degli Stati Uniti affermò l’esistenza di un “axis of evil” formato dai regimi

accusati di “sponsorizzare il terrore” e di minacciare l’America ed i suoi alleati con armi di

distruzione di massa3. Aver avviato un’operazione militare sul territorio afghano contro il

regime talebano, come rappresaglia immediata all’attentato dell’undici settembre, non è

stata un’azione sufficiente a rendere immune l’Occidente dagli attacchi terroristici.

1 Si assiste alla dif fusione “di una destabi l izzazione endemica, di una messa in

questione permanente del nostro senso di sicurezza”( cfr . A. FERRARA , Prefazione a

B. ACKERMAN , La Costi tuzione di emergenza , Meltemi, Roma, 2005, p. 11).

2 «L’effetto strategico del tentativo di r idurre i l confronto ad un conf l i t to

convenzionale è la prol i ferazione del la minaccia, non la sua estinzione.

In parole povere, combattere i terrorist i in Afghanistan non l i t iene lontani dal le

nostre case.

La guerra del terrore non ha fronte. I fanatici islamisti possono colpire chiunque,

dovunque, in qualsiasi momento e con qualsiasi mezzo. Non devono venire da noi .

Sono già fra noi»(L. CARACCIOLO , I terrorist i di casa nostra , ar t icolo pubbl icato su la

Repubbl ica del 13.12.2010)

3 “Parlando di asse del male, l ’anal isi non può essere l imitata agl i stati . E’ stato

un attore non statuale a iniziare la guerra con l ’attacco del l ’11 settembre. E, da Al

Quaeda a Hezbol lah, sono tuttora attori non statual i a condurre concretamente la

grande offensiva contro l ’Occidente rispetto al la quale i l ruolo dei vari stati outsider è

ancora piuttosto quel lo del la minaccia eventuale o al massimo del complemento”( M.

STEFANINI , L’ordine mondiale made in USA , Limes onl ine, 15.03.2011)

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Le indagini effettuate dall’intelligence americana hanno rilevato che i superstiti del gruppo

storico radicato in Afghanistan, facente capo prima ad Osama bin Laden ed ora a Ayman

al- Zawahiri, non raggiungono le duecento unità e sono ormai rintanati nella frontiera

afghano-pakistana. Tuttavia ciò non determina l’affievolirsi della minaccia terroristica che

non può essere sottovalutata malgrado l’eliminazione di Bin Laden4.

La jihad intesa come missione volta alla cacciata degli infedeli dai territori islamici e come

opposizione all’affermarsi della cultura occidentale è il principio ispiratore del manifesto

ideologico di Al Quaeda. Lo scopo perseguito è la purificazione del mondo islamico dalle

influenze dell’occidente, ritenute contrarie ai principi religiosi del’Islam. In particolare nel

mirino della contestazione c’è l’ asserito disdicevole individualismo che viene obiettato alla

cultura occidentale nonché la forma democratica5 tipica degli stati occidentali che

determinerebbe l’invisa sostituzione del potere umano a quello divino. La prospettiva di

azione è orientata verso la dimensione globale dell’opera di contrasto, da porre in essere

in ogni luogo e con ogni mezzo.

La struttura di Al Quaeda si è sempre contraddistinta per la forte propensione all’

adattamento e per la capacità di riorganizzarsi a seconda dell’evoluzione dei tempi e delle

misure di contrasto poste in essere da quello che viene percepito come il “nemico”.

Da un’iniziale fase improntata ad una strutturazione centralizzata, fanaticamente ispirata

all’obiettivo dell’instaurazione di un Califfato universale, Al Quaeda è passata,

successivamente agli attentati di Madrid e di Londra, ad una forma di “reticolarizzazione”

in vari gruppi diffusi nel mondo, accomunati dall’imprinting ideologico jihadista e

contraddistinti da una rilevante parcellizzazione geografica.

Si è diffusa la nascita di sigle riconducibili ad Al Quaeda, come AQMI(Al Quaeda nel

Magreb islamico), ADAO (Al Quaeda in Africa orientale), AQI(Al Quaeda in Irak), AQAP(Al

4 “La fatwa lanciata da Osama Bin Laden contro l ’occidente è in grado di

sopravvivere al la scomparsa di chi l ’ha lanciata. Anzi la sua morte potrebbe

risvegl iare nuovi furori pseudo-rel igiosi . E’ per questo che l ’al lerta deve restare al ta,

anzi deve essere rafforzata” , in A. PICARIELLO “Ora i l pericolo è l ’at tentatore fai da

te” , art icolo pubbl icato su L’Avvenire del 3.05.2011.

5 L’ islamismo radicale arriva ad identi f icare la rel igione con l ’ ideologia pol i t ica

e mira ad instaurare nel lo stato la Sharia, legge islamica che discipl ina tutt i gl i

aspett i del la vi ta rel igiosa, sociale, civi le ed economica.

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Quaeda nella penisola arabica), al punto che è stata utilizzata un’espressione di icastica

evocatività nel definire Al Quaeda “una compagnia di franchising”6.

Geograficamente la zona afghano/pakistana resta ancora il fronte più rilevante dell’ azione

jihadista, meta prescelta dai volontari mujahidin provenienti da paesi islamici ed

occidentali che vi si recano per essere addestrati alla jihad sia al fine di apprendere le

tecniche di preparazione di ordigni esplosivi sia per acquisire competenze in materia di

comunicazione e di propaganda da utilizzare a scopo di proselitismo. L’area

afghano/pakistana resta poi teatro della guerriglia talebana e di attacchi ai contingenti

militari internazionali impegnati nelle missioni ISAF, NATO.

Il fronte irakeno continua ad avere un ruolo importante per la jihad mentre sempre più

rilevanza va assumendo il fenomeno jihadista sul fronte magrebino dove, accanto agli

attacchi a obiettivi militari, si registrano sequestri di turisti e lavoratori occidentali.

L’India ed il Bangladesh rappresentano realtà territoriali nell’ambito delle quali le

organizzazioni estremiste rinvengono nelle endemiche conflittualità interne humus fertile

per fare opera di propaganda e proselitismo.

La zona libano palestinese è teatro di attività di gruppi salafiti-jihadisti. Il Golfo Persico ed

in particolare l’Iran offre accoglienza ai mujahidin che dall’Europa transitano verso l’area

afghano/pakistana.

La fascia balcanica, la fascia nord-occidentale della Cina e l’area del sud est asiatico sono

zone suscettibili di offrire le condizioni per il radicamento di organizzazioni terroristiche.

L’Europa è fortemente interessata dal fenomeno dello jihadismo7 in quanto nel territorio

del vecchio continente non solo sono radicate organizzazioni che offrono alla jihad

l’appoggio logistico- finanziario ma sono presenti piccole cellule auto radicalizzate che, pur

essendo di provenienza occidentale, si ispirano ai dettami ideologici della jihad

6 L’espressione è contenuta ne “ I nuovi scenari del terrorismo internazionale di

matrice j ihadista” , a cura del la Fondazione ICSA.(www.fondazioneicsa.i t) .

7 «La minaccia terroristica di matrice jihadista resta, per l’Europa e per l’Italia, la più significativa

proiezione delle criticità del versante estero e, allo stesso tempo, sta assumendo una connotazione

“endogena”.Il territorio rappresenta infatti area di transito, retrovia logistico e potenziale obiettivo di

formazioni filoquaidiste attive nei teatri di crisi, ma assume crescente rilievo anche l’incognita

rappresentata dal fenomeno dei cd. self starters, soggetti la cui imprevedibile attivazione, al culmine di

percorsi solitari e “invisibili” di radicalizzazione costituisce una crescente sfida per l’intelligence»

(Relazione annuale al Parlamento sulla politica dell’informazione sulla sicurezza relativa al 2010 –

Dipartimento delle informazioni per la sicurezza)

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condividendone e facendone propria la missione. In tale ottica assume rilievo essenziale

l’addestramento online, la cosiddetta cyber jihad.

Le dinamiche evolutive degli assetti di Al Quaeda si sono poi orientate verso l’assoluto

decentramento fino ad arrivare ad una vera e propria personalizzazione. Infatti l'attività di

“jihadismo”8 internazionale, ormai, non si avvale del supporto solo di organizzazioni

strutturate ma vede, come primi attori, singoli individui fondamentalisti, spesso radicati in

contesti territoriali occidentali, che pongono in essere azioni isolate9 spinti da un’idea

particolare del martirio.

L’accentuato processo di decentralizzazione, che assegna completa autonomia alle

singole cellule, ha rafforzato le capacità operative delle varie organizzazioni terroristiche,

moltiplicando le difficoltà di individuazione dei militanti.

Difatti, se, per un verso, tale evoluzione ha portato a registrare una minore portata

devastante derivante da una maggiore approssimazione delle tecniche e delle modalità di

esecuzione degli attentati10, per altro verso ha fatto sì che la centralità del ruolo dei singoli

rendesse più subdola la minaccia terroristica in quanto gli attacchi sono più difficilmente

prevedibili11 così come è più complicata l’attività di contrasto.

Del resto la stessa qualificazione degli atti di violenza sussumibili nel novero delle azioni

terroristiche è un’operazione non facile.

8 I l termine Jihad indica l ’ ”esercizio del massimo sforzo” e s i presta a varie

interpretazioni. Lo stesso può essere decl inato sia in termini meramente intimistici ,

individuando la tensione verso i l raggiungimento del la perfezione spir i tuale e, quindi,

l ’ impegno di ogni musulmano a migliorare se stesso e la comunità in cui vive, sia in

termini “combattivo -difensivi” per motivare lo scontro pol i t ico e sociale vol to a

tutelare la società musulmana da governanti ingiusti o da minacce cultural i

provenienti dal mondo occidentale.

9 Basti pensare al l ’attentato terrorist ico real izzato nel dicembre del 2010 a

Stoccolma da un immigrato i racheno laureatosi in Gran Bretagna.

10 Si pensi al l ’episodio del volo Amsterdam-Detroi t del dicembre 2009 o

al l ’autobomba a Times Square scoperta a maggio 2010.

11 “Si trat ta di una guerra nuova…E’ una guerra contro obiett ivi che non si

conoscono e non si possono prevedere e che si manifesta nel le sue azioni distrut t ive

in momenti che non sono noti” , F. PERFETTi , L’Europa di fronte al terrorismo

internazionale , in S.FAGIOLO e G. RAVASI (a cura di) I l futuro del l ’Europa e l ’attual i tà

di Alt iero Spinel l i , Mi lano, 2008, p.128.

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La poliedrica varietà delle forme e delle modalità in cui si estrinseca il terrorismo ha

comportato la difficoltà di darne una definizione unitaria esaustiva e universalmente

condivisa. Tuttavia la necessità di individuare una definizione unitaria non ha rilevanza

meramente tassonomica ma rappresenta un fulcro nodale per l’elaborazione di soluzioni di

contrasto su scala internazionale comuni e, quindi, più efficaci.

La prima definizione di atti di terrorismo internazionale è delineata nell’art. 1, n°2 della

Convenzione di Ginevra del 16 novembre 193712 che parla di “ faits criminels contre un

Etat et dont le but ou la nature est de provoquer la terreur chez des personnalités

détermineés, des groupes de personnes ou dans le pubblic”. Malgrado la sua mancata

entrata in vigore, conseguenza del difetto del numero di ratifiche necessario, la

Convenzione di Ginevra del 1937 costituisce il primo tentativo di disciplina internazionale

del fenomeno terroristico al quale si ispirerà la normativa successiva. Difatti, la Comunità

internazionale si è trovata a dover fronteggiare fenomeni terroristici manifestatisi in forme

sempre più varie e cruente - basti pensare al dirottamento violento di aeromobili, ai

sequestri di agenti diplomatici - finalizzati a minare l’equilibrio delle istituzioni statali e a

diffondere un generale e comune senso di insicurezza e terrore tra la popolazione.

La Convenzione di New York del 9 dicembre 1999(Convenzione Financing), ratificata

dall’Italia con L. 7/2003, nel definire le condotte sussumibili nel novero di offences di

natura terroristica, vi riconduce la raccolta di fondi destinati al compimento di “qualsiasi

altro atto diretto a causare la morte o gravi lesioni fisiche ad un civile, o a qualsiasi altra

persona che non ha parte attiva in situazioni di conflitto armato, quando la finalità di tale

atto, per la sua natura o contesto, è di intimidire una popolazione, o obbligare un Governo

o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere qualcosa”. Tale

disposizione introduce una linea di demarcazione tra crimine terroristico e guerra,

“considerando lecito per il diritto internazionale il finanziamento diretto a forze belligeranti

ma non quello a forze terroristiche”13.

12

Adottata per la prevenzione e la repressione del terrorismo in seguito

al l ’attentato di Marsig l ia del 9 ottobre 1934 ad opera del terrorista croato Gueroguiev

che assassinò i l re Alessandro di Jugoslavia ed i l Ministro degl i Esteri f rancese

Barthou.

13 Cfr. A. MARTINI , Difendere la democrazia da un nemico sconosciuto: i l

terrorismo , in T. Groppi (a cura di), Democrazia e terrorismo , Napol i , Editoriale

scienti f ica, 2006, p. 58.

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Con la risoluzione 1373 (2001) del 28 settembre 2001, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU

ha stabilito una serie di misure finalizzate a creare fra gli Stati membri una rete di

cooperazione per combattere il terrorismo. In primis, la risoluzione ha statuito che tutti gli

Stati devono impegnarsi ad impedire e sanzionare il finanziamento di atti terroristici, anche

tramite il congelamento dei beni di persone facenti parte di gruppi riconducibili al

terrorismo. Inoltre, gli Stati devono impedire con ogni mezzo il compimento di atti

terroristici, negando qualsiasi forma di asilo e sostegno ai soggetti coinvolti in attività di

matrice terroristica e intensificando l'attività investigativa e i controlli alle frontiere in un

contesto che favorisca la cooperazione e lo scambio di informazioni. Tale risoluzione

costituisce il nucleo centrale del corpus elaborato dall’ONU ma non contiene una

definizione vera e propria di terrorismo, limitandosi nel preambolo ad affermare che gli

attacchi dell’11 settembre “such acts, like any act of International terrorism, constitute a

threat to international peace and security”. Siffatta omissione volontaria è dettata proprio

dalla difficoltà di concordare un’opzione condivisa.

Con la decisione quadro del 13 giugno 2002, 2002/475/GAI (GUCE L 164 del 22.6.2002,

p.3) il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una definizione comune di terrorismo.

L’articolo 1 della decisione in esame elenca una serie di atti illeciti (tra i quali, attentati alla

vita e all'incolumità delle persone, distruzioni di strutture pubbliche o governative, sequestri

di mezzi di trasporto, ecc.), “che possono arrecare grave danno a un Paese o a

un'organizzazione internazionale, quando sono commessi al fine di intimidire la

popolazione, costringere i poteri pubblici a compiere o ad astenersi dal compiere un atto o

destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politico-economico-sociali di un Paese

o organizzazione”. Per organizzazione terroristica si intende “l'associazione strutturata di

più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di

commettere atti terroristici”.

Nell’ ordinamento italiano il primo intervento posto in essere successivamente ai tragici

fatti dell’ 11 settembre 2001 (il decreto legge 374/2001 convertito nella legge 438/2001) ha

offerto un contributo anche sul piano definitorio statuendo che “ la finalità di terrorismo

ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione

o un organismo internazionale”14.

Ebbene, malgrado l’indiscutibile comune condivisione dell’opportunità di introdurre una

norma atta ad estendere la tutela anti-terrorismo anche nei confronti degli stati esteri, non

14

E’ la def inizione espressa nel comma 3 del l ’art. 270 bis del novel lato codice

penale.

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sono mancati dubbi in merito all’eccessiva vaghezza terminologica che contraddistingue la

disposizione in esame, specie alla luce delle molteplici ed eterogenee manifestazioni dei

fenomeni conflittuali che interessano le vicende mondiali. Particolarmente rilevante risulta

il mancato coordinamento con il quadro normativo internazionale che ha creato non poche

difficoltà in campo applicativo.

Ai profili problematici connessi alla scarsa determinatezza definitoria caratterizzante l’art.

270 bis c.p., il Legislatore del 2005 ha inteso porre rimedio tramite l’introduzione dell’art.

270 sexies c.p.. La testè riferita norma qualifica come contrassegnate da finalità di

terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad

un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la

popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o

astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o destabilizzare o distruggere le strutture politiche

fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione

internazionale.

Cap. II - Le misure adottate dall’Italia: l’adeguamento sul piano legislativo ed

istituzionale

Il decreto legge 18 ottobre 2001 n° 374 convertito con legge n° 438 del 15 dicembre 2001.

L’Italia si è orientata verso la riformulazione di istituti già consolidati nell’ordinamento

nazionale, riadattando ed aggiornando previsioni normative già predisposte per

fronteggiare altre forme di manifestazioni criminali15.

All’indomani degli attentati di New York dell’11 settembre 2001, il Governo italiano ha

adottato il decreto legge n° 374 del 2001( convertito con legge n° 438 del 2001) recante

“disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale”. I principi ispiratori

dell’intervento governativo richiamano, per molti aspetti, le istanze poste a fondamento

della legislazione varata per fronteggiare l’emergenza degli anni di piombo. Anche in

questa occasione si è ricorso, infatti, all’introduzione di nuove fattispecie delittuose,

15

La dottr ina ha par lato di un approccio “ ibrido”, diverso da quel lo americano e

“caratterizzato da vistose deviazioni - in un’ott ica di doppio binario o se si preferisce

di sottosistema o di sottosistemi - r ispetto al le ordinarie modal ità di contrasto contro

la criminali tà comune”, cfr . F. V IGANÒ , Terrorismo, guerra e sistema penale , in

Rivista di dir i t to e procedura penale , 2006 p. 648

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all’ampliamento dell’ambito di operatività dell’arresto obbligatorio in flagranza nell’ipotesi di

delitti connotati dalla finalità di terrorismo, all’estensione del fermo di polizia giudiziaria.

Segnatamente, l’articolo 1 della legge di conversione n° 438 del 2001 ha introdotto nel

codice penale una nuova fattispecie di reato rubricata sotto l’art. 270 bis come

“associazione con finalità di terrorismo anche internazionale e di eversione dell’ordine

democratico”. La neointrodotta fattispecie delittuosa punisce la condotta di chiunque

promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il

compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine

democratico. La finalità di terrorismo internazionale ricorre anche quando gli atti di

violenza sono rivolti contro uno stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale.

Si tratta dunque di un reato a fattispecie plurisoggettiva necessaria, riconducibile all’ambito

dei reati di pericolo. Il Legislatore ha inteso seguire un’impostazione fortemente

repressiva, anticipando notevolmente la soglia di punibilità e ritenendo che la mera

integrazione della condotta tipica, per il solo fatto di esporre al pericolo beni supremi quali

le istituzioni e l’ordine democratico, è punibile indipendentemente dal realizzarsi di

un’effettiva lesione.

La Corte di Cassazione con le sentenze n° 24994 e 24995 del 19 luglio 2006 ha statuito

che “ in presenza di una struttura organizzata, pur se in modo rudimentale, cui l’indagato

partecipi, è sufficiente per configurare il delitto in esame che l’adesione ideologica si

sostanzi in seri propositi criminali volti a realizzare una delle indicate finalità, pur senza la

loro materiale iniziale esecuzione, che supererebbe il limite tipico del pericolo presunto”.

Nella specificazione dell’elemento soggettivo del reato, il Supremo Collegio ha affermato

che “ sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per loro natura o

contesto, possono arrecare grave danno ad un paese o ad un’organizzazione

internazionale tramite il compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o

destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche

e sociali di un paese o un’organizzazione internazionale”.

Anche alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali16 è dato dunque rilevare una

garanzia rafforzata del bene-interesse tutelato dalla neointrodotta fattispecie delittuosa.

16

Si r iportano le massime di alcune sentenze particolarmente signif icative

pronunciate dal la Corte di Cassazione.

“L'aggravante di terrorismo di cui all'art. 1 L. n. 15 del 1980 è incompatibile con il delitto di cui all'art.

270 bis cod. pen., in quanto la finalità terroristica è divenuta a seguito delle modifiche apportate dalla l.

n. 438 del 2001 elemento costitutivo della fattispecie, ma altresì con quello di cui all'art. 270 dello

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

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stesso codice, atteso che, qualora la violenza caratterizzante l'intento sovversivo del sodalizio assuma

connotazione terroristica, il fatto sarebbe inevitabilmente sussumibile nella prima norma incriminatrice

menzionata. (Sez. V, sent. n. 12252 del 23-02-2012 (ud. del 23-02-2012), (rv. 251921)

“L'art. 270 sexies c.p. rinvia, quanto alla definizione delle condotte terroristiche o commesse con finalità

di terrorismo, agli strumenti internazionali vincolanti per l'Italia, e, in tal modo, introduce un meccanismo

idoneo ad assicurare automaticamente l'armonizzazione degli ordinamenti degli Stati facenti parte della

comunità internazionale in vista di una comune azione di repressione del fenomeno del terrorismo

transnazionale. Ne consegue che, a seguito della integrazione della citata norma da parte della

Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York l'8

dicembre 1999 e ratificata dall'Italia con la legge 14 gennaio 2003, n. 7, costituiscono atto terroristico

anche gli atti di violenza compiuti nel contesto di conflitti armati rivolti contro un obiettivo militare,

quando le peculiari e concrete situazioni fattuali facciano apparire certe ed inevitabili le gravi

conseguenze in danno della vita e dell'incolumità fisica della popolazione civile, contribuendo a

diffondere nella collettività paura e panico. (In applicazione di tale principio, la Corte ha affermato che,

in base all'art. 270 sexies, che contiene una norma definitoria incidente sulla portata della disposizione

incriminatrice di cui all'art. 270 bis c.p., sono qualificabili come atti terroristici anche le azioni suicide

commesse da c.d. "kamikaze" nel contesto di un conflitto armato). (Sez. I, sent. n. 1072 del 11-10-2006

(ud. del 11-10-2006),

“In tema di associazione con finalità di terrorismo internazionale, riveste natura di atto terroristico l'atto

di violenza che, ancorché rivolto contro il nemico armato, abbia come conseguenza "collaterale"

inevitabile e prevista la morte o la causazione di gravi lesioni a civili, terzi rispetto ai soggetti attivi e non

identificabili come avversari di questi; in mancanza di reati - fine effettivamente portati ad esecuzione o

non ancora portati ad esecuzione, la natura terroristica dell'associazione deve essere dedotta dalle

condotte preparatorie e dalla concreta predisposizione dei mezzi utilizzati per metterle in atto”(Sez. V,

Sent. n. 31389 del 11-06-2008 (ud. del 11-06-2008), B.M.B.A. (rv. 241174)

“L'atto terroristico è compatibile - alla luce della normativa internazionale ed in particolare dell'art. 2

della Convenzione di New York del 1999, recepita dalla L. n. 7 del 2003 - con un contesto bellico,

considerato che riveste natura terroristica anche l'atto diretto contro un obiettivo militare, quando le

peculiari e concrete situazioni di fatto facciano apparire certe ed inevitabili le gravi conseguenze per la

vita e l'incolumità fisica della popolazione civile, contribuendo a diffondere paura e panico nella

collettività. Ne deriva che, ai fini dell'individuazione della natura dell'atto incriminato, l'elemento

discretivo, in un contesto bellico o di occupazione militare, non è tanto lo strumento adoperato quanto

l'obiettivo avuto di mira, di guisa che costituisce atto terroristico quello che sia in tempo di pace, sia nel

corso di un conflitto armato, si diriga contro un civile o una persona che non partecipi o non partecipi

più attivamente alle ostilità. (Fattispecie relativa alla configurazione del delitto di cui all'art. 270 bis cod.

pen. nei confronti di alcuni appartenenti all'organizzazione "Ansar al Islam", che nel quadro della jihad

islamica, avevano provveduto al proselitismo, al reclutamento e alla raccolta di finanziamenti

preordinati a preparare e ad eseguire azioni terroristiche contro governi cosiddetti 'infedelì, ritenendo la

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

12

Tuttavia non può non evidenziarsi che l’anticipazione della soglia di punibilità, interpretata

in un contesto di forte ispirazione securitaria, si presta a generare non pochi problemi di

natura applicativa17.

Il Legislatore italiano si è poi impegnato nel recepimento degli atti normativi internazionali.

Con la legge 14 gennaio 2003 n. 7 è stata ratificata la Convenzione internazionale per la

repressione del finanziamento del terrorismo del 9 dicembre 1999 mentre con la legge 14

febbraio 2003 n. 34 è stata ratificata la Convenzione per la repressione degli attentati

terroristici mediante esplosivi adottata dall’Assemblea generale dell’ONU il 15 dicembre

1997.

In particolare la legge 34/2003 ha introdotto nel codice penale l’art. 280 bis che punisce

“l’atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi”. Tale fattispecie delittuosa è

sussumibile nel novero dei reati di attentato a consumazione anticipata in quanto

considera consumata la condotta anche con la semplice messa a rischio del bene

tutelato18.

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 2003. Dichiarazione dello

stato di emergenza in relazione alla tutela della pubblica incolumità nella contestuale

situazione internazionale.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 marzo 2003, adottato ai sensi

dell'art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225, è stato dichiarato “lo stato di emergenza nel

territorio nazionale in relazione alla tutela della pubblica incolumità nella attuale situazione

internazionale; il capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del

Consiglio dei Ministri, svolge le funzioni di commissario delegato del Presidente del

Consiglio dei Ministri, fatti salvi i poteri del Ministro dell'interno”. L’adozione di questo

peculiare provvedimento è stata giustificata dall’acuirsi del pericolo derivante dal

terrorismo internazionale “che impone l'assunzione immediata di iniziative di carattere

natura terroristica degli attentati dinamitardi e delle azioni dei cosiddetti "kamikaze" compiuti in luoghi

affollati dalla popolazione civile, pur se indirizzati contro obiettivi militari, nel corso di un conflitto

armato)”. (Sez. V, sent. n. 39545 del 04-07-2008 (ud. del 04-07-2008), C.M.C. (rv. 241730)

17 Cfr. A. CERABONA , Terrorismo, conta i l pericolo presunto . Quella sogl ia di

punibi l i tà anticipata , in Diri tto e Giustizia , 26, 2005, p.110 ss.

18 Sul tema è interessante la r icostruzione proposta da A. PECCIOLI , Lotta agl i

attentati terrorist ici mediante ordigni esplosivi : le modif iche al codice penale , in DPP,

n. 3, p. 934.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

13

straordinario ed urgente, volte sia ad acquisire la disponibilità di beni e servizi che a

definire procedure amministrative di carattere informativo e di intervento immediato

nell'ambito della definizione di un quadro organico di idonei dispositivi operativi e di misure

di carattere preparatorio adeguati a fronteggiare possibili situazioni di pregiudizio per la

collettività”. La dichiarazione di stato di emergenza in esame ha riproposto alcune

questioni relative alla legittimità del potere di ordinanza necessitato, specie in

considerazione della mancata previsione casistica, specificamente dettagliata, dei

provvedimenti adottabili in forza dell’esercizio del potere di ordinanza.

La legge n° 225 del 1992, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, ha dettato

una organica disciplina finalizzata a fronteggiare e prevenire gli eventi calamitosi e le

situazioni emergenziali ad essi connesse. La legge in esame prevede l’instaurazione di

uno stato d’eccezione al verificarsi di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per

intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

Dunque, il criterio legittimante il regime derogatorio è individuato nella necessità di dover

ricorrere a poteri straordinari, non essendo sufficiente il ricorso a strumenti ordinari.

L’articolo 5 della legge 225/92 prevede che “il Consiglio dei ministri, su proposta del

Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma

2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza,

determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla

natura degli eventi”.

Alla formale deliberazione dello stato di emergenza consegue la possibilità di esercizio del

potere necessitato di ordinanza mediante: a) l’adozione di ordinanze in deroga ad ogni

disposizione vigente, e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico; b)

l’adozione di ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a

persone o a cose. L’espressa previsione che le ordinanze di necessità possano derogare

la legislazione primaria vigente solleva dubbi in merito alla legittimità costituzionale di una

tale interferenza nella gerarchia delle fonti. La Consulta già con la sentenza n° 8 del 2

luglio 1956, ha riconosciuto la legittimità costituzionale delle ordinanze necessitate, a

condizione che le stesse siano connotate da “efficacia limitata nel tempo in relazione ai

dettami della necessità e dell’urgenza, adeguata motivazione, efficace pubblicazione nei

casi in cui il provvedimento non abbia carattere individuale, conformità del provvedimento

stesso ai principi dell’ordinamento giuridico”. La centralità del rispetto ineludibile dei

principi dell’ordinamento giuridico viene ribadita dalla Consulta nella sentenza n° 26 del 23

maggio 1961 che ritiene imprescindibili “quei precetti della costituzione che,

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

14

rappresentando gli elementi cardinali dell’ordinamento, non consentono alcuna possibilità

di deroga nemmeno ad opera della legge ordinaria”. Quanto alla natura delle ordinanze

necessitate, la Corte ( sentenza n° 4 del 4 gennaio 1977) giunge a ritenere che esse

possano avere natura normativa ma le esclude dal novero delle fonti in quanto “non

innovano al diritto oggettivo, né, tanto meno, sono equiparabili ad atti con forza di legge

per il sol fatto di essere autorizzate a provvedere in deroga alla legge”. Con la sentenza n°

201 del 3 maggio 1987, la Corte Costituzionale individua una serie di ulteriori condizioni

che costituiscono il presupposto legittimante del potere di ordinanza di necessità. Tali

condizioni sono rappresentate dalla sussistenza di una specifica autorizzazione legislativa

che “anche senza disciplinare il contenuto dell’atto, indichi il presupposto, la materia, le

finalità dell’intervento e l’autorità legittimata”; dall’efficacia meramente derogatoria rispetto

alla normativa primaria; dal rispetto delle riserve di legge e dall’adeguatezza al fatto.

Con la sentenza n° 127 del 1995, la Consulta ritorna sull’argomento ribadendo la

necessità che il potere derogatorio rispetto alla normativa primaria sia esercitato

dall’autorità amministrativa attraverso la previsione di deroghe temporalmente limitate

(carattere della provvisorietà) e con la garanzia di una ragionevole proporzione tra le

misure adottate e l’evento emergenziale(carattere della strumentalità).

Malgrado la Corte abbia sostanzialmente legittimato l’esercizio del potere di ordinanza

necessitata, pur nel rispetto di talune e ben specificate condizioni19, non possono ritenersi

completamente dissipati tutti i dubbi di legittimità costituzionale20. Difatti, parte della

dottrina21 ritiene che le ordinanze necessitate siano incostituzionali in quanto violative della

19

“Ha carattere eccezionale i l potere di deroga al la normativa primaria, conferi to

ad autori tà amministrative munite di poteri di ordinanza, sul la base di specif ica

autorizzazione legislativa. Si trat ta di deroghe temporalmen te del imitate, non anche

di abrogazione o di modif ica di norme vigenti”( cfr . la sentenza del la Corte

Costi tuzionale n° 127 del 14 apri le 1995).

20 Con una interessante pronuncia, la Corte dei Conti ha definito i l potere di

ordinanza “ un’anomalia ist i tuzionale che introduce al terazioni nel le normali

competenze di enti e organi pubblici , neutral izza sostanzialmente la forza del

control lo giuridico, attraverso i l r iconoscimento di poteri di deroga normativa,

contribuendo al tresì a radicare i l convincimento ch e interventi straordinari sanino le

ineff icienze e cancel l ino le responsabi l i tà”( cfr . la sentenza del la Corte dei Conti n°

151 del 19.11.1986).

21 Cfr . G. MARAZZITA , L’emergenza costi tuzionale. Definizione e model l i , Giuffrè,

Mi lano, 2003.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

15

riserva di decreto legge in tema di emergenza e lesive della forza di legge. L’iter

argomentativo seguito a tale fine ravvisa nell’articolo 77 della Costituzione una vera e

propria riserva in base alla quale la sussistenza di situazioni di necessità ed urgenza

legittimerebbe esclusivamente il Governo ad adottare provvedimenti provvisori con forza di

legge al fine di garantire che, in ogni caso, non venga sovvertito il sistema delle fonti e,

quindi non venga messa in discussione la forma di governo. Il meccanismo di produzione

normativa predisposto dall’articolo 77 della Costituzione, infatti, mantiene comunque

integra la centralità nel procedimento normogenetico del ruolo del Parlamento, chiamato a

convertire il provvedimento governativo ed, eventualmente, a regolare i rapporti sorti sulla

base di decreti non convertiti. La norma costituzionale tutela e garantisce, altresì, l’

ineludibilità del controllo di costituzionalità da parte della Consulta. Tali garanzie non

possono essere ricondotte a provvedimenti amministrativi diversi dal decreto legge, nella

cui adozione l’assemblea elettiva non ha alcun ruolo né di partecipazione né di controllo.

In tale ottica, si dovrebbe ritenere non ammissibile qualsivoglia provvedimento

amministrativo necessitato che tenda a derogare a normativa di rango primario22.

Diversamente opinando, si sovvertirebbe “ la centralità decisionale dell’organo

direttamente rappresentativo della sovranità popolare”23 che, attraverso i procedimenti

previsti dagli articoli 77 e 78 della Carta Fondamentale, risulta essere imprescindibile

anche in situazioni di emergenza.

Un’altra argomentazione utilizzata a sostegno della tesi dell’incostituzionalità delle

ordinanze necessitate è quella della lesione della forza di legge. In un ordinamento ispirato

al principio di legalità, tutti i poteri amministrativi devono trovare nella legge il presupposto

legittimante nonché il vincolo ineludibile. Orbene, fino a quando le ordinanze necessitate

permangono nell’ambito delle fonti secondarie, non v’è alcun particolare problema. A

22

Sul punto “l ’articolo 77 del la Costi tuzione non esclude solo che ad al tre

autori tà possa spettare di provvedere in genere, in caso di necessità, secondo

necessità ed urgenza, ma anche che autori tà diverse dal Governo possano

provvedere, secondo necessità e senza al tro l imite che la necessità, a qualsiasi

s ingolo ed individuato bisogno”(C. ESPOSITO , Decreto-legge , cit . p. 866). Anche

Paladin ri t iene che per i l fatto che “ la legi tt imazione del l ’art . 77, 2° comma, riguardi

unicamente i l Governo” si può affermare “l ’attuale incosti tuzional i tà o, addiri t tura,

l ’avvenuta abrogazione del le disposizioni di legge attr ibutive del potere derogatorio

di ordinanza ai sindaci, ai prefett i e ad ogni al tro organo diverso dal Governo”( cfr .

L.PALADIN , Decreto-legge , op ci t . p. 288)

23 G. MARAZZITA , L’emergenza costi tuzionale, ci t, p. 448.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

16

conclusioni diverse si giunge quando tali provvedimenti emergenziali si pongano in

contrasto con fonti primarie, derogando ad esse. L’affermazione secondo cui le ordinanze

necessitate non avrebbero natura normativa e, pertanto, sarebbero prive di forza di legge

e quindi ammissibili perché non contrastanti con il sistema delle fonti, appare in realtà

poco rispondente al vero24. Difatti, nel momento in cui un atto amministrativo introduce una

deroga alla disciplina legislativa previgente, sebbene provvisoriamente limitata nel tempo,

è evidente che si realizza un’incidenza sull’efficacia della legge che, non solo, non sarà più

generalmente applicabile, ma non potrà essere sottoposta al vaglio di costituzionalità,

atteso che la sua non applicabilità escluderà la rilevanza ai fini della proposizione della

questione.

Dunque, il potere straordinario di ordinanza rimane ancora oggi una fattispecie quanto

meno controversa laddove i provvedimenti adottati trascendano l’ambito sub-legislativo e

si pongano in diretto contrasto con normative primarie. In tale contesto risultano

sicuramente meno problematiche le ordinanze a presupposto speciale e a contenuto

vincolato25 la cui adottabilità ed il cui ambito di operatività è espressamente e

specificamente individuato dalla norma legislativa che le prevede. In tale contesto i margini

di esercizio di discrezionalità amministrativa sono estremamente limitati e non sorgono

particolari problemi in relazione al sistema delle fonti in quanto l’eventuale deroga a norme

primarie è disposta dalla stessa legge di autorizzazione.

Contrariamente invece accade quando la legge si limiti meramente e genericamente a

prevedere la possibilità di esercizio del potere straordinario di ordinanza. In tale caso,

sarebbe auspicabile, pertanto, che, in situazioni di emergenza, nel rispetto del sistema

delle fonti e dei poteri straordinari previsti dall’art. 77 della Costituzione, il Governo, con

atto avente forza di legge, conferisse ad organi amministrativi la potestà di adottare

singole misure derogatorie rispetto a norme legislative specificamente individuate dallo

24

“E’ evidente che una vol ta attr ibui ta al le ordinanze la forza di legge, avremmo

def ini t ivamente sancito la loro incosti tuzional i tà stante la tassativi tà del le fonti

primarie; specularmente, una vol ta affermata la loro incosti tuzional i tà potremmo

argomentarla sul la base del la loro sostanziale forza di legge” ( G. MARAZZITA ,

L’emergenza costi tuzionale, ci t, p. 451)

25 L’art . 139 del R.D. 27 lugl io 1934 n° 1265 prevede nel caso di sospensione o

interruzione di un servizio farmaceutico, un potere condizionato e a contenuto

vincolato eserci tab i le solo attraverso l ’adozione di misure idonee al r iprist ino del

servizio ( qual i , ad esempio, le sosti tuzioni o le precettazioni del personale).

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

17

stesso decreto legge. Siffatto procedimento consentirebbe alle ordinanze in esame di

rimanere nell’ambito delle fonti sub-legislative meramente esecutive di precetti normativi

primari.

Il decreto legge 27 luglio 2005 n° 144 convertito con legge n° 155 del 31 luglio 2005.

Prospetto sintetico delle modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale.

Con decreto legge 27 luglio 2005 n. 144, convertito con modificazioni nella legge 31 luglio

2005, n. 155, sono state approvate le "Misure urgenti per il contrasto del terrorismo

internazionale". Ancora una volta lo Stato italiano si è trovato a dover fronteggiare una

situazione decisamente straordinaria, quale l’emergenza terroristica internazionale,

tentando di operare un equo bilanciamento tra l’esigenza di sicurezza e la tutela dei diritti

individuali. Con il provvedimento in esame sono state introdotte alcune modifiche al codice

penale ed al codice di procedura penale incentrate su una duplice configurazione

dell’oggetto della tutela penale che riguarda sia l’interesse relativo alla personalità dello

Stato sia l’ordine pubblico.

Segnatamente:

a) è stata estesa ai responsabili di livello almeno provinciale degli uffici o reparti della

Polizia di Stato o dell'Arma dei Carabinieri competenti per lo svolgimento di indagini in

materia di terrorismo la facoltà di avere colloqui personali a fini investigativi con detenuti

ed internati;

b) è stato previsto l'obbligo per il Questore, "autonomamente o su segnalazione dei

responsabili di livello almeno provinciale delle Forze di Polizia, ovvero dei direttori dei

Servizi informativi e di sicurezza, ovvero quando è richiesto dal Procuratore della

Repubblica, di rilasciare allo straniero uno speciale permesso di soggiorno a fini

investigativi, di durata annuale e rinnovabile per uguali periodi";

c) è stata riconosciuta al Ministro dell’interno, o, su sua delega, al Prefetto la facoltà di

disporre l'espulsione dello straniero a determinate condizioni;

d) è stata sospesa fino al 31 dicembre 2007, l'applicazione delle disposizioni di legge,

di regolamento o dell'autorità amministrativa che prescrivono o consentono la

cancellazione dei dati del traffico telefonico o telematico;

e) è stato prescritto l'obbligo, fino al 31 dicembre 2007, di munirsi di licenza del

Questore a carico di chiunque abbia intenzione di aprire un pubblico esercizio o un circolo

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

18

privato di qualsiasi tipo, nel quale sono posti a disposizione del pubblico, dei clienti o dei

soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni anche telematiche;

f) per specifiche esigenze di pubblica sicurezza o per la prevenzione di gravi reati, è

stata riconosciuta al Ministro dell'Interno la facoltà di disporre speciali limiti o condizioni

all'importazione, commercializzazione, trasporto e impiego di detonatori ad accensione

elettrica a bassa e media intensità e di altri esplosivi di 2a e 3a categoria;

g) è stato disposto il divieto di addestramento o di istruzione, in qualsiasi forma, anche

anonima, o per via telematica, sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi

da guerra, di aggressivi chimici o di sostanze batteriologiche nocive o pericolose o di altri

congegni micidiali;

h) è stata riconosciuta al Ministro dell'Interno la facoltà di disporre - per ragioni di

sicurezza - che il rilascio dei titoli abilitativi civili comunque denominati e l'ammissione alle

attività di addestramento al volo per un periodo determinato, non inferiore a sei mesi e non

superiore a due anni, sia subordinato al nulla osta preventivo del Questore;

i) è stata modificata la disciplina processualpenalistica in tema di identificazione

personale. In particolare è stato integrato l’art. 349 del codice di procedura penale con

l’introduzione del comma 2 bis, che prevede che se gli accertamenti finalizzati

all’identificazione dell’indagato o delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti

per la ricostruzione dei fatti “comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso

dell'interessato, la Polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità

personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata

per iscritto, del pubblico ministero". E’ stato altresì disposto l'allungamento a non oltre le

24 ore - previo avviso anche orale al Pubblico Ministero - del fermo di identificazione di

persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, quando l'identificazione stessa risulti

particolarmente complessa oppure occorra l'assistenza dell'autorità consolare o di un

interprete, e in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un

convivente;

j) è stata introdotta una nuova fattispecie di reato prevista dall’art. 497 bis del codice

penale e rubricata come “ possesso e fabbricazione di documento di identificazione falsi”

che punisce con la reclusione la condotta di chiunque venga trovato in possesso di un

documento falso valido per l’espatrio;

k) è stata disposta l’introduzione del permesso di soggiorno elettronico;

l) sono state introdotte numerose modifiche in tema di arresto e di fermo.

Segnatamente, è stato previsto : 1) l’obbligo per gli ufficiali e gli agenti di Polizia giudiziaria

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

19

di procedere all'arresto di chiunque venga colto in flagranza di "delitti commessi per finalità

di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena

della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni"; 2) la

facoltà di arresto (art. 381, comma 2, lettera m bis del Codice di Procedura Penale) da

parte degli ufficiali ed agenti di Polizia giudiziaria di chiunque venga colto in flagranza del

delitto di "fabbricazione, detenzione o uso di documento di identificazione falso", previsto

dall'art. 497 bis del Codice Penale; 3) l’obbligo del fermo di propria iniziativa di indiziato di

delitto da parte della Polizia giudiziaria, qualora sia successivamente individuato l'indiziato

ovvero sopravvengano specifici elementi, quali il possesso di documenti falsi, che rendano

fondato il pericolo che l'indiziato stia per darsi alla fuga;

m) sono state introdotte modifiche in tema di misure di prevenzione. Segnatamente è

stato stabilito che: 1) "se l'inosservanza riguarda gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla

sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, si applica la pena della

reclusione da uno a cinque anni ed è consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza"

; 2) il Questore abbia la facoltà di imporre alla persona condannata per un delitto non

colposo, ancorché non "avvisata oralmente", il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in

parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar, e visori notturni,

indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o

modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque

predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, nonché programmi informatici e altri

strumenti di cifratura o criptazione di conversazioni e messaggi; 3) "quando i delitti di

mafia, per i quali è consentito l'arresto in flagranza, sono commessi da persone sottoposte

ad una misura di prevenzione, la Polizia giudiziaria può procedere all'arresto anche fuori

dei casi di flagranza";

n) è stato disposto il congelamento dei beni, quando sussiste il rischio che i fondi e le

risorse siano utilizzati per il finanziamento di attività terroristiche;

o) sono state introdotte nuove fattispecie di reato: 1) arruolamento con finalità di

terrorismo, anche internazionale; 2) addestramento ad attività con finalità di terrorismo

anche internazionale (art. 270 quinquies del Codice Penale); 3) condotte con finalità di

terrorismo: quelle che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un

Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la

popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o

astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o destabilizzare o distruggere le strutture politiche

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

20

fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione

internazionale (art. 270 sexies del Codice Penale);

p) è stato sostituito il secondo comma dell’art. 148 del Codice di Procedura Penale,

che, nella sua novellata formulazione prevede ora che : "nei procedimenti con detenuti ed

in quelli davanti al tribunale del riesame il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le

notificazioni siano eseguite dalla Polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono

detenuti”;

q) è stata elaborata l’elencazione dei servizi di vigilanza che non richiedono l'impiego

di personale delle Forze di Polizia e che possono essere affidati a guardie giurate

dipendenti o ad istituti di vigilanza privata (servizi di sicurezza sussidiaria nell'ambito dei

porti, delle stazioni ferroviarie e dei relativi mezzi di trasporto e depositi, delle stazioni delle

metropolitane, etc).

Dal mero scorrer in lettura le previsioni normative appena elencate, è agevole rilevare

come l’esigenza di fronteggiare tempestivamente l’emergenza terroristica internazionale

abbia indotto il Legislatore ad operare scelte e ad adottare misure che, per certi versi,

paiono “sacrificare” la libertà individuale sull’ “altare” della sicurezza collettiva.

In altri provvedimenti normativi l’attenzione si è incentrata sul fenomeno migratorio

irregolare nella convinzione che esso, per un verso, rappresenti una fonte di grande

insicurezza per i cittadini e, per altro verso, renda possibile il proliferare di tentativi di

proselitismo da parte delle organizzazioni terroristiche. In tale prospettiva è stata

approvata la legge 15 luglio 2009 n. 9426 che ha ulteriormente inasprito le misure di

repressione nei confronti dell’immigrazione irregolare, nel solco già tracciato dalla L.

125/2008.

L’altro versante su cui si è attestato l’intervento legislativo è quello della lotta al

finanziamento alle attività di terrorismo in esecuzione delle relative risoluzioni adottate

dall’ONU e dei provvedimenti dell’Unione Europea. In tal senso è molto significativo il

sistema introdotto dal Decreto legislativo 109/2007 che affronta il tema delle blacklist dei

soggetti sospettati di finanziare azioni terroristiche. Parimenti rilevanti sono le modifiche

alla normativa antiriciclaggio introdotte dal D.L. 21 novembre 2007 n. 231 che, nel dare

attuazione alla Direttiva 2005/69/CE27 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema

26

Sul tema cfr. P. MAROZZO DELLA ROCCA “Immigrazione e ci t tadinanza. Profi l i

normativi e orientamenti giurisprudenzial i . Aggiornamento al la legge 15 lugl io 2009 n.

9° recante disposizioni in materia di pubbl ica sicurezza ”, Torino, 2009.

27 Cfr. G. STUMPO – T. VALLONE , I l contrasto al r iciclaggio di capital i ed al

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

21

finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del

terrorismo, ha imposto una serie di obblighi agli operatori economici per contrastare il

“money laundering”.

Ad un esame complessivo della normazione adottata si rileva che numerose disposizioni

lasciano sorgere non poco rilevanti dubbi di legittimità costituzionale. In questa prospettiva

d’indagine, ex multis, risulta particolarmente significativa la novella introdotta nel codice di

rito penale in tema di accertamenti di natura genetica.

L’art. 10 del decreto legge in esame, nel novellare l’art. 349 del codice di rito penale, ha

dato ingresso a nuove modalità di accertamento finalizzate all’ identificazione della

persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su

circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti28.

Segnatamente, il neointrodotto comma 2 bis dell’art. 349 c.p.p. prevede che, se gli

accertamenti per l’identificazione della persona indagata «comportano il prelievo di capelli

o saliva e manca il consenso dell’interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo

coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta,

oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del pubblico ministero». La norma in

esame ha espressamente previsto nei confronti dell’indagato di reato l’ammissibilità del

prelievo coattivo del DNA, disposto quindi in assenza del consenso da parte

dell’interessato. La formulazione della norma in esame ha sollevato non pochi dubbi in

riferimento alla compatibilità con la garanzia costituzionale della libertà personale

f inanziamento i l leci to. Normative internazional i ed attuazione del la II I Dirett iva

comuni taria in Ital ia , Franco angel i , 2008.

28 Nel la relazione al disegno di legge governativo è dato scorrere in lettura: « i l

prof i lo del D.N.A. è attualmente riconosciuto in ambito mondiale come la migl ior

tecnica di identi f icazione personale disponibi le in termini di sicurezza, aff idabi l i tà,

ef f icacia ed economici tà. Le tecniche di determinazione del prof i lo del D.N.A. di un

soggetto sono ormai talmente raff inate e sensibi l i che per ottenere un risul tato sicuro

sono suff icienti poche cel lule del la mucosa boccale rintracciabi l i in una piccola

quanti tà di sal iva che si preleva con uno stick dal la bocca, senza manovre invasive,

né sofferenza f isica o psicologica. Peraltro, trattandosi di una tecnica che uti l izza

metodologie e standards r iconosciuti e di f fusi in ambito mondiale, essa consente di

scambiare agevolmente i dati tra gl i organismi investigativi di Stati diversi e c iò

rappresenta, nel l ’at tuale fase di di ffusione del crimine transnazionale, una risposta

adeguata e proporzionata al la minaccia, anche terrorist ica, al la sicurezza pubbl ica e

privata»(www.giustizia.i t ).

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

22

cristallizzata nell’articolo 13 della Carta Fondamentale, specie alla luce della sentenza

della Corte Costituzionale n. 238/96.

Difatti, non può non ammettersi che la portata della pronuncia della Consulta de qua

travalica il prelievo ematico coattivo ed investa ogni analisi di tipo soggettivo che consenta

di identificare l'individuo al quale è riferibile la traccia biologica, tramite accertamenti di

carattere più o meno invasivo della sfera corporale della persona. Del resto, non può

sussistere alcuna incertezza in merito alla configurabilità del prelievo coattivo di DNA

quale restrizione della libertà personale nè appare decisiva la differenziazione tra i vari tipi

di test del DNA operata sulla base del diverso grado di invasività. L’evoluzione delle

tecniche scientifiche e mediche ha, di fatto, reso il prelievo ematico oltre che pratica

routinaria, anche operazione incapace di incidere sulla sensibilità al dolore del soggetto e

di arrecare qualsivoglia pregiudizio. Tale circostanza rende sostanzialmente equiparabile il

prelievo ematico al prelievo di capelli o di saliva. Ebbene, il novellato art. 349 del codice di

rito penale, nella sua formulazione testuale, appare integrare violazione della riserva di

legge prevista dall’art. 13 della Costituzione, in quanto non tipizza espressamente e

specificamente i casi ed i modi nei quali può avvenire il prelievo coattivo del DNA.

Il legislatore ha introdotto una norma di portata generale, astrattamente applicabile a tutti

gli indagati di qualsiasi reato e non soggetta ad alcun vincolo temporale di efficacia29.

29

Difatt i , nessuna previsione in meri to al l ’ambito di appl icabi l i tà e d al l ’eff icacia

nel tempo assiste l ’ introduzione del la modal i tà di accertamento in esame che,

comunque, si inserisce in un atto recante misure straordinarie. Ciò malgrado

l ’espresso richiamo al la giurisp rudenza costi tuzionale che, peral tro, ha indotto lo

stesso legislatore a sancire la temporaneità di alcune misure introdotte con i primi

quattro art icol i del la legge de qua , relativamente ai qual i è dato leggere nel la

relazione al d.d.l . governativo: « in relazione ai prof i l i di costi tuzional i tà, con

specif ico ri ferimento ai possibi l i r i l ievi di indeterminatezza del le fatt ispecie,

al l ’ incidenza del le nuove norme sul processo penale e amministrativo e sul le

garanzie del la l ibertà personale, si è fatto r i ferimento al la giurisprudenza del la Corte

costi tuzionale che, con specif ico riguardo al la minaccia terrorist ica, ha più vol te

evidenziato: l ’ammissibi l i tà di norme indeterminate al lorché si verte su si tuazioni

prel iminari al la commissione di reati di terrorismo o di eversione;la prevalenza del

«preciso ed indecl inabi le dovere» del l ’ordinamento al la tutela del l ’ordine democratico

e del la sicurezza pubbl ica contro i l terror ismo e l ’eversione, anche rispetto ad al tr i

princìpî costi tuzional i ; l ’ammissibi l i tà di «misure insol i te» l imitate nel tempo. Per

questo motivo le disposizioni sopra ci tate hanno un circoscri t to ambito temporale di

appl icazione f ino al 31 dicembre 2007»( www.giustizia.i t ) .

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

23

Nessun riferimento è stato fatto all’indispensabilità del prelievo di DNA ai fini della

prosecuzione delle indagini, né alcuna indicazione è volta all’ esclusione della possibilità di

esecuzione del prelievo coattivo del DNA in caso di reati caratterizzati da un disvalore

penale non particolarmente accentuato, con conseguente possibilità per il giudice di trarre

argomenti di prova in caso di rifiuto del soggetto. Quest’ultima circostanza rende la norma

in esame censurabile anche sotto il profilo della ragionevolezza. Se, infatti, si può ritenere

ragionevole ammettere il prelievo coattivo per gli indagati di reati particolarmente gravi,

alla medesima conclusione non può giungersi per reati di scarso rilievo, ai quali pure si

applica il precetto normativo de quo. Parimenti non si è dato alcun rilievo alla natura della

fattispecie delittuosa per la quale si procede. Dunque, non solo non sono stati determinati i

modi ed i casi, ma l’ambito di applicabilità della norma è del tutto indifferenziato. Quanto ai

casi, e’ sufficiente la mera sottoposizione ad indagini, pur in assenza di formulazione

dell’imputazione, per legittimare la praticabilità dell’ accertamento personale coattivo. I

modi di accertamento peritale poi non sono oggetto di puntuale e specifica descrizione

procedurale, essendosi il legislatore limitato a prevedere genericamente il prelievo di

saliva e capelli. Sul piano dei limiti negativi, il comma 2 bis dell’art. 349 del codice di rito

penale contiene un, tanto suggestivo quanto scevro di connotazione concretamente

incisiva, riferimento al rispetto della dignità umana della persona. Ebbene, appare

difficilmente immaginabile che un individuo il quale, sebbene senza giustificato motivo,

non acconsenta a sottoporsi al test del DNA, possa essere coattivamente assoggettato

all’accertamento personale con modalità effettivamente idonee a non ledere la sua dignità

personale30.

Né sembra che la norma in esame abbia pienamente rispettato la riserva di giurisdizione,

atteso che l’intervento dell’autorità giudiziaria è subordinato all’iniziativa della polizia

30

«L’esercizio coatt ivo di tale model lo di veri f ica, a fronte del la ferma

opposizione del la persona indagata, non potrà che imp l icare i l r icorso al la forza

f isica nei confronti del la stessa – per costringerla ad aprire la cavità orale per

effettuare i l prel ievo di sal iva, o per strappare i capel l i che l ’ indagato non intende

cedere – secondo dei model l i procedimental i che, seppure appartengono al la prassi

pol iziesca sono in l inea di principio proibi t i in un ordinamento giuridico che tutela sia

la propria identi tà genetica che la integri tà e disponibi l i tà del proprio corpo»( cfr . A.

MARTINI , Difendere la democrazia da un nemico sconosciuto: i l terrorismo , in T.

GROPPI (a cura di ), Democrazia e terrorismo , Napol i , 2006, 76).

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

24

giudiziaria ed assume la veste di autorizzazione non espressamente contenuta in un atto

motivato31.

Dunque, non solo il legislatore del 2005 ha nuovamente reiterato l’indeterminatezza dei

casi ma ha anche accentuato il ruolo della polizia giudiziaria in linea con un’ impostazione

di ispirazione preventiva che permea tutto l’impianto del decreto legge in esame. Ciò,

malgrado la Corte Costituzionale nella sentenza 238/96 abbia espressamente statuito che

in materia di restrizioni della libertà personale, quale è il prelievo del DNA, è operante «la

garanzia della riserva assoluta di legge, che implica l’esigenza di tipizzazione dei casi e

modi in cui la libertà personale può essere legittimamente compressa e ristretta».

Inoltre la stessa circostanza per cui il legislatore del 2005 ha introdotto nel sistema penale

il prelievo coattivo di DNA, prevedendo una disposizione integrativa dell’articolo 349 c.p.p.,

merita qualche considerazione critica. Difatti, la novellata norma del codice di rito è

rubricata come identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e

di altre persone. Ebbene se i rilievi dattiloscopici, fotografici ed antropometrici risultano

direttamente finalizzati all’identificazione di persone non conosciute, il test del DNA

assume, in realtà, una portata che va al di là della mera identificazione. L’accertamento

del DNA consente, infatti, di operare una comparazione tra i dati risultanti dal prelievo

effettuato e le tracce biologiche rinvenute sulla scena di un delitto. Dunque, «la sua

funzione primaria è cercare autori di reati, non identificare soggetti che sono fisicamente

presenti»32.

In tema di prelievo coattivo di campioni biologici per fini di accertamento della verità è

successivamente intervenuto il Legislatore con la legge n. 85 del 2009 che, pur facendo

salvo l’art. 349 c.p.p., ha introdotto l’art. 359 bis c.p.p, a norma del quale il prelievo

coattivo di materiale organico tratto dalla mucosa del cavo orale o di capelli in assenza del

consenso della persona interessata può essere disposto dal pubblico ministero solo previa

autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, in presenza dei presupposti stabiliti

dall’art. 224 bis c.p.p.(delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge

stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni e negli

altri casi espressamente previsti dalla legge). La citata novella normativa, introdotta in

31

Sul punto la relazione al disegno di legge governativo afferma che la

necessità di un provvedimento motivato del l ’autori tà giudiziaria ai f ini

del l ’autorizzazione al prel ievo coatt ivo del DNA è da ri tenersi impl ici ta.

32 F. DE LEO , Terrorismo: le scappatoie per uscire dal l ’ incosti tuzional i tà sul

prel ievo del DNA , in Guida al Diri t to , 2005, 37, 11.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

25

attuazione del Trattato di Prum33, ha circoscritto ed individuato la tipologia di persone

passibili di sottoposizione al prelievo coattivo di campioni biologici, al contempo limitando

le ipotesi di operatività a talune e ben specificate fattispecie di reato caratterizzate da

particolare disvalore sociale.

Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare

grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero può disporre con proprio

decreto motivato l’effettuazione coattiva del prelievo biologico sulla persona interessata.

Tale decreto deve essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari entro le 48 ore

successive.

La novella del 2009 risulta essere maggiormente in linea con il dettato costituzionale ed, in

particolare, con la riserva di legge assoluta contenuta nell’articolo 13 della Carta

Fondamentale, ma lascia comunque aperti non pochi spiragli di criticità34.

Uno degli aspetti di maggiore rilevanza in tema di accertamenti genetici è costituito dalla

creazione di apposite banche dati.

Ebbene, malgrado non si possa non concordare sull’utilità dell’ istituzione di un archivio

genetico informativo35 per il contrasto contro qualsiasi forma di criminalità36, non solo

33

Il Trattato di Prum è stato sottoscritto il 27 maggio 2005 tra Belgio, Germania, Spagna, Francia,

Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria ed ha ad oggetto“l’approfondimento della cooperazione

transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la

migrazione illegale”. Per riaffermare l’esigenza di rafforzare la cooperazione tra tutti gli Stati membri in

materia di scambio delle informazioni genetiche utili alle indagini e alla prevenzione dei reati, è stata

anche adottata la Decisione 2008/615/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008, in G.U.U.E. del 6 agosto

2008, L 210/1.

34 “Anche se, fatta salva la specificità delle singole fattispecie e la difficoltà per una qualunque

disciplina legislativa di regolamentare tutte le possibili applicazioni della biomedicina, la persistenza

delle contraddizioni sopra segnalate – di tipo prettamente procedurale, in relazione all’autorità (pubblico

ministero o giudice) abilitata, secondo i casi, a disporre il prelievo coattivo, ovvero contenutistico, per la

particolare indeterminatezza di una parte del tessuto dispositivo -, nel depotenziare il portato

garantistico introdotto dal 2° comma dell’art. 13 Cost., a tutela della libertà personale del soggetto

sottoposto a prelievo del DNA, potrebbe, in una certa misura, determinare, nella stessa collettività, una

qualche diffidenza e giusta inquietudine nei riguardi di questa importante risorsa investigativa,

funzionale all’accertamento dell’identità della vittima e del responsabile di un grave reato”, L. Chieffi,

“Analisi genetica e tutela del diritto alla riservatezza. Il bilanciamento tra il diritto di conoscere e quello

di ignorare le proprie informazioni biologiche” in Studi in onore di Vincenzo Atripaldi, Napoli, 2009.

35 In Europa nel 1995 l ’ Inghi l terra è stata la prima ad ist i tuire una banca dat i

genetica.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

26

quella legata al terrorismo internazionale, si deve rilevare che l’organizzazione e la

gestione di una banca dati genetica non può prescindere dal rispetto dei valori e principi

costituzionalmente garantiti37. La banca dati genetica dovrebbe archiviare i profili genetici

ricavati da tracce reperite sui luoghi del reato, i campioni biologici delle persone offese dal

reato, degli indagati, degli imputati e dei condannati. La gestione di tale tipo di archivio

comporta numerosi problemi anche di natura etica. È necessario individuare gli organi

deputati alla raccolta dei campioni nonché l’Autorità competente alla gestione del sistema

e dei dati, con particolare attenzione alla disciplina degli accessi per la consultazione,

nell’indefettibile contemperamento delle esigenze di giustizia con la tutela dei diritti

individuali. Occorre poi definire i criteri per la protezione dei dati, i limiti temporali di

conservazione, gli strumenti di rettifica.

Il nostro Paese, nonostante la continua evoluzione scientifica e, soprattutto, le istanze

emergenti anche a livello comunitario ha mostrato una certa lentezza nell’istituzione di un

archivio genetico38.

36

In particolare l ’ ist i tuzione di una banca dati genetica consentirebbe: di

scoprire l ’autore di un reato comparando con i l suo prof i lo genetico le tracce

biologiche rinvenute sul la scena del deli t to; di identi f icare persone scomparse o

ignote; di ef fet tuare scambi di dati tra paesi diversi .

37 Tale circostanza è stata sottol ineata dal Garante per la protezione dei dati

personal i nel la segnalazione indir izzata al Parlamento ed al Governo in data 21

settembre 2007. Nel documento de quo , nel l ’evidenziare l ’esigenza di «un opportuno

intervento normativo» si r i leva che «se da un lato, ad avviso del Garante, è urgente

discipl inare organicamente la materia e potenziare le tecniche di indagine, anche per

scopi di cooperazione internazionale, dal l ’al tro vi sono ri levant i ef fett i sui dir i t t i e le

l ibertà fondamental i del le persone che vanno tutelati con pari ef f icacia» (i l

documento è consul tabi le sul si to www.garanteprivacy.i t ).

Segnatamente, con ri ferimento al l ’ ist i tuzione del la banca dati , le questioni

fondamental i sono: «a) stabi l i re f ino a che punto(per occorrenze att inenti al la

sicurezza pubbl ica o al la prevenzione dei reati) l ’autori tà pubbl ica possa essere

autorizzata a l imitare i l dir i t to al la r iservatezza; b) assicurare che ciò possa avvenire

davvero solo per f ini giudiziari» (cfr . C. FANUELE , Un archivio centrale per i profi l i del

DNA nel la prospett iva di un “di r i t to comune” europeo , in Diri tto penale e processo ,

3/2007, 393).

38 «L’Ital ia è ancora in r i tardo rispetto al le al tre nazioni ; non sono mancati

dibatt i t i pubbl ici e solo negl i ul t imi mesi organi uf f icial i (Ministeri , Regioni,

Associazioni scienti f iche) se ne sono occupati . Ma i l problema è maturo, la maggior

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

27

Il 18 aprile 2006 è stato pubblicato un documento approvato dal Comitato per le

biotecnologie e la biosicurezza39 volto a regolamentare l’istituzione di una banca dati

genetica. Il documento in esame prevede l’obbligatorietà del prelievo di un campione di

saliva per tutti i soggetti arrestati con l’accusa di aver commesso un reato per il quale la

pena edittale sia superiore ai tre anni. Qualora il soggetto in questione, all’esito

dell’esperimento di tutti le fasi processuali, risulti colpevole, i suoi dati genetici rimarranno

archiviati nella banca dati genetica per un periodo di 40 anni. In caso, invece, di

accertamento di innocenza, il soggetto potrà richiedere la cancellazione del suo profilo

genetico. La banca dati genetica, gestita da un’Autorità indipendente, è sottoposta alla

vigilanza del garante per la privacy e di un comitato tecnico. Tale documento ha sollevato,

tuttavia, non poche perplessità. Non chiarisce infatti se i campioni biologici debbano

essere utilizzati solo per trarne la sequenza alfanumerica a fini identificativi e poi distrutti,

ovvero per trarre altre informazioni relative alla vita ed alla salute della persona. Né la

previsione di un limite di pena per individuare i soggetti da schedare appare rispondere ai

criteri di proporzionalità e ragionevolezza.

Ad oggi il nostro Paese ha avuto grandi difficoltà a dotarsi di una banca dati genetica, ma

l’evoluzione scientifica e, soprattutto, le istanze emergenti anche a livello comunitario

rendono ormai necessaria l’istituzione di un archivio genetico.

Cap. III - La politica dell’Unione Europea di contrasto al terrorismo

I tragici eventi del marzo 2004 e del luglio 2005 hanno dimostrato che le democrazie

europee rappresentano uno degli obiettivi presi di mira dal terrorismo internazionale.

L’Unione europea si è trovata a dover fronteggiare la minaccia del terzo millennio ed ha

adottato una copiosa serie di provvedimenti, sostanzialmente ispirati all’esigenza di

coordinamento ed armonizzazione dei sistemi nazionali di lotta alla criminalità40.

parte dei paesi hanno del le diret t ive sul l ’argomento, con particolare ri ferimento al

diri t to di r icevere informazioni sul l ’ut i l izzo del le biobanche, al le condizioni per i l r i t i ro

dal la banca stessa e al l ’uso di campioni anonimizzati , a l la gestione dei dati

personal i» (cfr. A. P IAZZA , Le biobanche: tra genetica e biodir i t to , in Iusti t ia – Rivista

tr imestrale di cul tura giuridica , gennaio-marzo 2006, 42).

39 I l documento è consultabi le sul si to www.governo.i t.

40 Già nel 1977 era stata f i rmata a Strasburgo la Convenzione europea per la

repressione del terror ismo.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

28

Ripercorrere, sia pur summa capita, le principali misure adottate dall’Unione risulta utile al

fine di enucleare i principi e la ratio ispiratrice dell’attività comunitaria.

La politica comunitaria di contrasto del terrorismo rinviene il proprio fondamento

convenzionale nell’art. 29 del Trattato sull’Unione europea, secondo il cui disposto :“

l’obiettivo che l’Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno

spazio di libertà, sicurezza e giustizia, sviluppando tra gli Stati membri un’azione in

comune nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e

prevenendo e reprimendo il razzismo e la xenofobia. Tale obiettivo è perseguito

prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, in particolare il

terrorismo”. L’azione comune da sviluppare per la cooperazione di polizia prevede un

intenso e continuo scambio di informazioni nonché la promozione di iniziative comuni nei

settori della formazione e della ricerca in campo criminologico e l’istituzione dell’Europol

quale strumento centrale di collaborazione operativa.

La cooperazione giudiziaria in materia penale mira ad agevolare la collaborazione tra gli

organi dicasteriali e le autorità giudiziarie anche in merito allo snellimento delle procedure

di estradizione nonché ad uniformare i sistemi normativi in una prospettiva di generale

armonizzazione. In ogni caso non v’è alcuna interferenza con il sistema di responsabilità

degli Stati membri per la conservazione dell’ordine pubblico e della sicurezza interna.

All’indomani dei noti eventi americani dell’11 settembre 2001, il Consiglio europeo

straordinario riunitosi il 21 settembre 2001 per “ analizzare la situazione internazionale in

seguito agli attacchi terroristici sferrati negli Stati Uniti e imprimere l’impulso necessario

all’azione dell’Unione Europea”, definì la lotta al terrorismo una delle principali “sfide

mondiali”, qualificandola come obiettivo prioritario per l’Unione europea, ed approvò un

Piano d’azione41. Il documento programmatico testè menzionato, destinato all’attuazione

41

I l Piano d’azione in esame specif icamente prevedeva:

a) i l raf forzamento del la cooperazione giudiziaria e di pol izia attraverso

l ’ ist i tuzione del l ’ordine di arresto europeo e l ’elaborazione di una def inizione comune

di terrorismo. I l Consigl io europeo delegava i l Consigl io “Giusti zia e affari interni ”

al la compilazione di un elenco dei presunti terrorist i in Europa ed al la cura del la

def inizione del l ’accordo in materia di mandato di arresto europeo;

b) lo svi luppo degl i strumenti giuridici internazional i , at traverso l ’attuazione di

tut te le convenzioni internazional i in mater ia di terrorismo;

c) i l contrasto e la conseguente el iminazione del f inanziamento del terrorismo.

Segnatamente i l Consigl io europeo incaricava i l Consigl io Ecofin ed i l Consiglio

“Giustizia affari e interni” “di adottare le misure necessarie a combattere qualsiasi

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

29

tramite successivi atti normativi, prevedeva il rafforzamento della cooperazione giudiziaria

e di polizia, lo sviluppo di accordi internazionali, la repressione del finanziamento alle

associazioni terroristiche, il rafforzamento della sicurezza aerea ed il coordinamento

dell’azione complessiva dell’Unione anche in politica estera.

Ebbene, l’attività normativa dell’Unione europea in materia di lotta al terrorismo è stata

piuttosto copiosa e decisamente trasversale, in quanto ha assunto le forme

provvedimentali riconducibili ai vari Pilastri dell’azione comunitaria. In un’ottica di generale

unicità del quadro istituzionale dell’Unione, delineata dall’art. 3 del T.U.E.(Trattato

sull’Unione Europea), si è fatto ricorso a basi giuridiche appartenenti ai vari “Pilastri”, in

ragione della peculiare proteiforme incidenza del fenomeno terroristico nei vari settori

dell’attività comunitaria. La peculiare delicatezza della materia in esame ha indotto a

ricorrere, con maggiore frequenza, all’adozione di posizioni comuni (per indicare gli scopi

e lasciare ampia discrezionalità agli Stati membri sui mezzi e sui tempi di attuazione),

proprio in ragione dell’ opportunità di adottare strumenti con portata precettiva più elastica.

Con la posizione comune 2001/931/PESC adottata il 27 dicembre 2001, il Consiglio

dell’Unione, uniformandosi alla risoluzione ONU n. 1373, disponeva il congelamento dei

capitali e delle risorse finanziarie di particolari persone e gruppi coinvolti in attività

terroristiche. In diretta attuazione della posizione comune in esame fu adottato il

regolamento n. 2580 del 2001 che, in base agli articoli 60, 30142 e 308 T.C.E (Trattato che

forma di f inanziamento del le att ivi tà terrorist iche, segnatamente adottando un

ampliamento del la diret t iva sul r iciclaggio di denaro e la decisione quadro sul

sequestro dei beni ”;

d) i l raf forzamento de l la sicurezza aerea attraverso la delega al Consigl io

“Trasporti ” del compito di adottare le misure necessarie ad intensif icare la sicurezza

dei trasporti aerei tramite la formazione tecnica degl i equipaggi, i l control lo dei

bagagl i e la protezione del l ’accesso al la cabina di pi lotaggio;

e) i l coordinamento del l ’azione globale del l ’Unione europea.

42 L’art . 301 TCE prevede che: “quando una posizione comune o un’azione

comune adottata in virtù del le disposizioni del Trattato sul l ’Unione europea relative

al la pol i t ica estera e di sicurezza comune prevedano un’azione del la Comunità per

interrompere o ridurre parzialmente o tota lmente le relazioni economiche con uno o

più Paesi Terzi , i l Consigl io, del iberando a maggioranza qual i f icata su proposta del la

Commissione, prende le misure urgenti necessarie”. Atteso che la posizione comune

non prevedeva l ’ interruzione del le relazioni economiche con uno Stato terzo, ma solo

misure restri t t ive rivol te a determinate persone, è stato necessario l ’espresso

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

30

istituisce la Comunità Europea) specificamente disponeva, con efficacia cogente e diretta,

il congelamento delle risorse economiche dei soggetti individuati in un apposito elenco

elaborato dal Consiglio43.

Uno degli strumenti più incisivi di attuazione del Piano d’azione del Consiglio straordinario

di Bruxelles è costituito dalla decisione quadro del Consiglio44 del 13 giugno 2002(n.

2002/475/GAI), con la quale è stata individuata la definizione di reati terroristici, di reati

connessi alle attività terroristiche e di organizzazione terroristica. La decisione in esame

assume rilievo primario in considerazione del fatto che la netta identificazione dei profili

definitori risulta essenziale e indefettibilmente prodromica all’ attuazione di una comune

strategia di contrasto. Pertanto, in una prospettiva teleologica, sono ritenuti sussumibili

nella categoria dei reati terroristici alcuni specifici reati comuni45 posti in essere con la

finalità di “intimidire gravemente la popolazione o costringere indebitamente i poteri

pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un

qualsiasi atto o destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali,

costituzionali, economiche o sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale”.

Per organizzazione terroristica deve intendersi l’associazione composta da più di due

persone stabilmente orientata alla commissione di reati aventi matrice terroristica. Infine

sono reati connessi alle attività terroristiche reati quali il furto, l’estorsione, la produzione di

documenti amministrativi falsi volti a favorire la commissione di reati più specificamente

terroristici. La decisione quadro in esame impegna tutti gli Stati membri ad adottare tutte le

misure necessarie al fine di garantire l’irrogazione di sanzioni penali effettive,

proporzionate e dissuasive. La responsabilità penale per le attività appena descritte è

imputabile non solo alle persone fisiche ma anche alle persone giuridiche che con la

omissione di controlli e sorveglianza abbiano reso possibile la commissione di reati di

matrice terroristica.

r ichiamo ai poteri impl ici t i ex art . 308 TCE.

43 L’elenco in esame è stato elaborato con la decisione 2001/927/CE del 27

dicembre 2001 ed è stato successivamente oggetto di aggiornamento periodico.

44 Tale decisione è stata adottata nel l ’ambito del Terzo Pi lastro, in base agl i

art t. 29, 31 let t . e) e 34 par.2, let t b).

45 Attentati al la vi ta e al l ’ integri tà del le persone, distruzioni di strutture

pubbl iche o governat ive, sequestri di mezzi di trasporto, omicidi , lesioni personal i ,

cattura di ostaggi, r icatt i , fabbricazione d’armi, minacce.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

31

Con la decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 è stato istituito Eurojust, un organo

con personalità giuridica composto da un componente nazionale di ciascuno Stato

membro con la funzione di pubblico ministero, giudice o funzionario di polizia. Scopo

istituzionale di Eurojust, organo di ausilio alle competenti autorità nazionali, è

l’implementazione ed il miglioramento del coordinamento tra le autorità nazionali

competenti nelle indagini, nelle azioni penali e nell’esecuzione delle sentenze relative a

gravi forme di criminalità ( tra le quali quelle di stampo terroristico) attinenti ad almeno due

Stati membri. Ai sensi dell’art. 5 della decisione 2002/187/GAI l’Eurojust è legittimata ad

agire sia in composizione collegiale che tramite uno o più componenti essenzialmente per

richiedere agli Stati membri l’avvio di un’indagine o di un’azione penale per fatti specifici,

l’istituzione di un pool investigativo comune o lo scambio di informazioni.

Le competenze operative di Eurojust sono state ulteriormente ampliate dal Trattato di

Lisbona. Difatti l’articolo 85 del Trattato sul funzionamento dell’U.E. prevede che “Eurojust

ha il compito di sostenere e potenziare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità

nazionali responsabili delle indagini e dell'azione penale contro la criminalità grave che

interessa due o più Stati membri o che richiede un'azione penale su basi comuni, sulla

scorta delle operazioni effettuate e delle informazioni fornite dalle autorità degli Stati

membri e da Europol”…. Eurojust ha competenza in materia di “avvio di indagini penali,

nonché proposta di avvio di azioni penali esercitate dalle autorità nazionali competenti, in

particolare quelle relative a reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione;

coordinamento di indagini ed azioni penali; potenziamento della cooperazione giudiziaria,

anche attraverso la composizione dei conflitti di competenza e tramite una stretta

cooperazione con la Rete giudiziaria europea”.

A seguito dell’attentato dell’ 11 marzo 2004, l’Unione europea ha tragicamente preso atto

di essere uno dei principali obiettivi del terrorismo internazionale. La dichiarazione del

Consiglio europeo del 25 marzo 2004 ha istituito la figura del coordinatore antiterrorismo,

ha fatto espresso riferimento alla clausola di solidarietà ed ha posto l’attenzione

sull’assistenza alle vittime.

Il 26 maggio 2005 il Parlamento europeo ha approvato una proposta di raccomandazione

indirizzata al Consiglio sul Piano d’azione dell’Unione per la lotta contro il terrorismo.

L’assemblea elettiva sostanzialmente ha posto l’accento su :

a) necessità di un’autentica politica comune globale di lotta al terrorismo contro tutti

gli elementi;

b) assoluto rigore degli Stati membri nell’applicazione efficace delle misure adottate

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

32

dal Consiglio;

c) garanzia di effettività della cooperazione tra le forze ed i corpi di sicurezza;

d) impegno, in caso di attacchi terroristici, ad applicare la clausola di solidarietà

prevista dall’articolo 42 del progetto di trattato che adotta una Costituzione per

l’Europa;

e) assegnazione nei bilanci annuali comunitari di fondi necessari a garantire aiuti ed

indennizzi congrui alle vittime degli attentati.

La direttiva 2005/60/CE del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’utilizzo del

sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di

finanziamento del terrorismo, esprime una chiara definizione di finanziamento al

terrorismo, riconducendo ad essa tutte le attività di fornitura e di raccolta di fondi

direttamente o indirettamente finalizzate al compimento di azioni criminose di matrice

terroristica.

Il primo dicembre 2005 la Presidenza del Consiglio dell’Unione europea, in cooperazione

con l’ufficio del Coordinatore Antiterrorismo, ha approvato un Final report avente ad

oggetto “the evaluetion of national Anti-terrorism arrangements: improving national

machinery and capability for the fight against terrorism”. L’analisi svolta sull’attività

realizzata dalle autorità nazionali preposte alla lotta al terrorismo internazionale ha

evidenziato una sempre maggiore efficacia degli strumenti predisposti, implementata

anche dal coordinamento con le strutture sopranazionali. Particolarmente significativa è

risultata l’azione di supporto del neoistituito Counter-Terrorism Task force(Cttf) nell’ambito

dell’Europol46. Nelle raccomandazioni 1 e 2 è formulato l’invito ad istituire a livello

46

L’articolo 88 del vigente Trattato sul funzionamento dell’U.E. prevede che “ Europol ha il compito di

sostenere e potenziare l'azione delle autorità di polizia e degli altri servizi incaricati dell'applicazione

della legge degli Stati membri e la reciproca collaborazione nella prevenzione e lotta contro la

criminalità grave che interessa due o più Stati membri, il terrorismo e le forme di criminalità che ledono

un interesse comune oggetto di una politica dell'Unione.

2. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura

legislativa ordinaria, determinano la struttura, il funzionamento, la sfera d'azione e i compiti di Europol.

Tali compiti possono comprendere:

a) la raccolta, l'archiviazione, il trattamento, l'analisi e lo scambio delle informazioni trasmesse, in

particolare dalle autorità degli Stati membri o di paesi o organismi terzi;

b) il coordinamento, l'organizzazione e lo svolgimento di indagini e di azioni operative, condotte

congiuntamente con le autorità competenti degli Stati membri o nel quadro di squadre investigative

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

33

nazionale una struttura unica centralizzata47 responsabile della strategia politica nazionale

sulla prevenzione, sull’attività investigativa e degli apparati di sicurezza, sulla protezione

delle infrastrutture sensibili.

Il Consiglio dell’Unione ha sollecitato poi l’istituzione di un’autorità centrale investigativa

nazionale con il compito di coordinare tutte le investigazioni giudiziarie48 e la creazione di

banche dati efficienti per la raccolta delle informazioni utili alla prevenzione ed al contrasto

al terrorismo.

La lotta al terrorismo costituisce uno degli obiettivi dell’Unione e lo stesso Trattato sul

funzionamento dell’U.E., nella versione consolidata a seguito dell’entrata in vigore del

Trattato di Lisbona, all’articolo 75 prevede che “per quanto riguarda la prevenzione e la

lotta contro il terrorismo e le attività connesse, il Parlamento europeo e il Consiglio,

deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, definiscono

un insieme di misure amministrative concernenti i movimenti di capitali e i pagamenti, quali

il congelamento dei capitali, dei beni finanziari o dei proventi economici appartenenti,

posseduti o detenuti da persone fisiche o giuridiche, da gruppi o da entità non statali.

Il Consiglio, su proposta della Commissione, adotta misure per attuare l'insieme di misure

di cui al primo comma”.

comuni, eventualmente in collegamento con Eurojust. Tali regolamenti fissano inoltre le modalità di

controllo delle attività di Europol da parte del Parlamento europeo, controllo cui sono associati i

parlamenti nazionali. 3. Qualsiasi azione operativa di Europol deve essere condotta in collegamento e

d'intesa con le autorità dello Stato membro o degli Stati membri di cui interessa il territorio.

L'applicazione di misure coercitive è di competenza esclusiva delle pertinenti autorità nazionali”.

47 Tale Authori ty dovrebbe elaborare la strategia nazionale di lotta al terrorismo,

favorire i l coordinamento tra pol izie e magistratura, incentivare i l raccordo con i

servizi segreti , e laborare pol i t iche di sicurezza degl i obiett ivi sensibi l i nonché

occuparsi del la gestione del le conseguenze degl i at t i di terrorismo.

48 Tale raccomandazione assume ri l ievo pecul iare nel nostro ordinamento

laddove “esistono att ivi tà central izzate del le vari e forze di pol izia giudiziaria, ma non

sempre sono interagenti e in cooperazione tra loro contestualmente, a causa di

resistenze cultural i nel l ’approccio investigativo che mirano a volte a valorizzare più

la visibi l i tà del la divisa che la maggiore eff icaci a del l ’att ivi tà operativa posta in

essere” ( cfr . S. DAMBRUSO , Terrorismo: nel rapporto del Consigl io le l inee guida per

un’azione eff icace , in Diri tto Comunitario e Internazionale , n.1/2006, p.104).

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

34

Il mandato di arresto europeo.

L’evoluzione delle dinamiche dei rapporti tra i vari Stati membri dell’Unione ha evidenziato

l’obsolescenza dei meccanismi predisposti dalle disposizioni della convenzione europea di

estradizione del 13 dicembre 1957 (con i relativi protocolli del 1975 e 1978) e della

convenzione europea del 27 gennaio 1977 per la repressione del terrorismo, al punto da

rendere necessaria la rimodulazione di alcuni istituti. La convenzione relativa alla

procedura semplificata d'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea del 10

marzo 1995 e la convenzione relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione

europea del 27 settembre 1996, costituirono un primo passo, sebbene non risolutivo,

verso la semplificazione dei meccanismi della convenzione del 1957. Più

significativamente, all’esito del Consiglio di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 si concordò,

nel contesto della cooperazione giudiziaria, al fine di rendere più spedite e meno gravose

le procedure operative, di dar corso all’abolizione, nell’ambito degli Stati membri, della

procedura formale di estradizione per le persone che si sottraggono alla giustizia, pur

essendo state condannate definitivamente. Si stabilì, altresì, di favorire l’accelerazione

delle procedure di estradizione relative alle persone sospettate di aver commesso un

reato. Il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni delle autorità giudiziarie assurse

al rango di fulcro basale della cooperazione giudiziaria, tanto in materia civile, quanto in

materia penale. Conseguentemente, in applicazione di tale principio, nell’ambito del

procedimento di estradizione ogni autorità giudiziaria nazionale, all’esito di controlli dalla

portata decisamente minima, può riconoscere, in via automatica, la legittimità della

richiesta di consegna di una persona formulata dall'autorità giudiziaria di un altro Stato

membro. La decisione quadro 2002/584/GAI (GUCE L 190 del 18.7.2002, p. 1), adottata il

13 giugno 2002, nel prevedere l’istituto del mandato di arresto europeo (quale sostituto di

tutti gli strumenti previgenti in tema di estradizione), rappresenta la prima applicazione del

principio di mutuo riconoscimento nell’ambito del diritto penale. L’ambito di operatività del

mandato è limitato ai reati previsti nella decisione stessa tra i quali sono ricompresi quelli

di matrice terroristica. La nuova disciplina prevede l’intervento esclusivo delle autorità

giudiziarie degli Stati membri49. Difatti, ai sensi dell’articolo 8 della sopra menzionata

decisione quadro, l’autorità emittente trasmette il mandato redatto secondo uno schema

49

I l mandato di arresto mira a superare “i l f i l tro del control lo pol i t ico

amministrativo introducendo rapporti dirett i t ra le autori tà giudiziarie degl i stati

membri” ( G. FRIGO , Uno strumento senza eff icacia di retta , in Guida al Diri tto , n.

19/05, p. 69).

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

35

prestabilito all’autorità di esecuzione, che provvede alla cattura e alla riconsegna. In ogni

caso, sono assicurate all'arrestato una serie di garanzie, ed, in primis, è prevista la sua

audizione per manifestare il proprio consenso alla consegna all'autorità emittente. La

decisione sulla consegna è adottata dall'autorità che ha effettuato l'arresto, sulla base

delle informazioni acquisite dall'autorità emittente. Il procedimento in esame deve svolgersi

con la massima urgenza e costituisce, senza dubbio, un notevole passo in avanti in termini

di snellezza e celerità.

La concreta attuazione nel contesto nazionale del mandato di arresto europeo ha posto

non pochi problemi in merito all’individuazione dei mezzi e delle forme compatibili con i

vari ordinamenti costituzionali. L’ambito di operatività dell’istituto in esame, infatti, incide

direttamente sul sistema della tutela dei diritti fondamentali della persona.

Con la legge n. 69 del 22 aprile 2005 l’Italia ha approvato le disposizioni per conformare il

diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002,

relativa al mandato d’arresto europeo ed alle procedure di consegna tra Stati membri. Il

mandato di arresto è definito dall’art. 1 della L. 69/05 come “una decisione giudiziaria

emessa da uno Stato membro dell'Unione europea, di seguito denominato «Stato membro

di emissione», in vista dell'arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro, di

seguito denominato «Stato membro di esecuzione», di una persona, al fine dell'esercizio

di azioni giudiziarie in materia penale o dell'esecuzione di una pena o di una misura di

sicurezza privative della libertà personale”. Per procedere all’esecuzione del mandato

d’arresto europeo è necessario che “ il provvedimento cautelare in base al quale il

mandato è stato emesso sia stato sottoscritto da un giudice, sia motivato, ovvero che la

sentenza da eseguire sia irrevocabile”. Nella legge in esame si fa espresso riferimento

all’attuazione della cooperazione giudiziaria penale delineata dagli articoli 31, paragrafo 1,

lettere a) e b), e 34, paragrafo 2, lettera b) del Trattato sull’U.E. quasi a voler

esplicitamente affermare la condivisione e l’impegno nel perseguimento degli scopi

comuni ma, in ogni caso, nel rispetto degli spazi di autonomia nazionale. E, difatti, lo

stesso articolo 1 della legge 69/05 statuisce che l’attuazione dell’istituto in esame è

garantita “nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i princìpi supremi

dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di

libertà e del giusto processo”.

A ben vedere, al di là di questioni relative ai profili meramente procedurali, non può non

rilevarsi come l’applicazione del mandato di arresto europeo ponga non pochi problemi in

tema di compatibilità con alcuni principi costituzionali, in ragione della diversità che

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

36

caratterizza i sistemi penali dei vari Stati membri. Potrebbe infatti verificarsi il caso in cui

un individuo sia oggetto di un provvedimento restrittivo della libertà personale adottato da

uno Stato comunitario che applica una procedura meno garantista rispetto a quella

applicata dal Paese in cui il soggetto si trova. Si potrebbe ritenere,quindi, che l’unica

soluzione alle potenziali violazioni del principio di uguaglianza50 sarebbe costituita

dall’omogeneizzazione di tutte le procedure penali degli Stati membri, ovvero dalla

creazione di una procedura penale europea.

L’articolo 3 della L. 69/0551 prevede la riserva parlamentare per le modifiche delle

fattispecie di reato indicate nella decisione quadro. Tale norma ha ispirazione fortemente

garantista, in quanto riserva alle singole assemblee elettive il potere di non aderire alle

modifiche eventualmente introdotte a livello comunitario nell’ambito della classificazione

dei reati per i quali si applica il mandato di arresto europeo.

Uno degli articoli più controversi della legge 69/05 è rappresentato dall’art. 7 che afferma il

principio della doppia incriminabilità secondo cui “l'Italia darà esecuzione al mandato

d'arresto europeo solo nel caso in cui il fatto sia previsto come reato anche dalla legge

nazionale”. In effetti, l’art. 2, paragrafo 2, della decisione quadro prevede una nutrita lista

di reati di una certa gravità per i quali lo stato di esecuzione non può opporre rifiuto in

ragione della circostanza per cui il fatto non è previsto come reato anche dalla legge

50

Qualche Autore, invece, r i t iene insussistente la vi olazione del principio di

uguagl ianza in ragione del la considerazione secondo cui: “ quando i l ci ttadino

commette uno dei 32 reati in un al tro paese europeo membro del l ’Unione, egl i viola

l ’ordine pubbl ico di quel Paese…e quindi va incontro al le conseguenz e penal i

previste da quel l ’ordinamento….diversa è la posizione del lo straniero che commette

lo stesso reato in I tal ia; esso va incontro al le consegu enze penal i e repressive

proprie del nostro ordinamento. La disuguagl ianza, dunque, anche se si veri f ica,

appare oggettivamente giusti f icata”( la tesi è r iportata da T.E. FROSINI , Subito una

procedura penale comune , in Guida al Dir i t to,n. 19/2005, p. 75 ) .

51 Ex art . 3 del la L. 69/05: “Le modif iche del l 'art icolo 2, paragrafo 2, del la

decisione quadro sono sottopos te dal Governo a riserva parlamentare”.

2. I l Presidente del Consigl io dei Ministr i trasmette al le Camere i relativi

progett i di modif ica, unitamente ad una relazione con la quale i l lustra lo stato dei

negoziati e l ' impatto del le disposizioni sul l 'ordiname nto i tal iano, chiedendo di

esprimersi al r iguardo.

3. La pronuncia non favorevole del la Camera dei deputati o del Senato del la

Repubbl ica è vincolante e non consente l 'adesione del lo Stato i tal iano al le modif iche

proposte.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

37

nazionale. Tuttavia, il Legislatore italiano ha tenuto conto dei rilievi mossi da più parti in

merito al contrasto tra la normativa comunitaria ed i principi di legalità e di tassatività52 e

ha riaffermato la doppia incriminabilità, seppur mitigata per alcune ipotesi tassativamente

previste.

In effetti, proprio l’immediata incidenza sulla garanzia dei diritti della persona - costituenti il

nucleo fondamentale di ogni ordinamento costituzionale – fa sì che il mandato d’arresto

europeo sia uno strumento di controversa attuazione, destinato a sollevare non poche

questioni di illegittimità. Tale considerazione rende ancor più evidente la difficoltà di

elaborare una via europea comune di lotta al terrorismo.

Già il Tribunale costituzionale polacco il 27 aprile 2006 ha dichiarato l’incostituzionalità del

comma 1 dell’art. 607t del Codice di procedura penale del 1977 ( novellato nel 2004 per

consentire l’attuazione del mandato d’arresto europeo), in quanto contrastante con l’art. 55

della Carta fondamentale della Polonia che vieta l’estradizione dei cittadini polacchi. Pur

espressamente riconoscendole differenze procedurali tra l’estradizione e il mandato

d’arresto europeo, il Tribunale costituzionale polacco ha evidenziato che la finalità dei due

istituti è la medesima, ossia il deferimento ad altra giurisdizione straniera. Alla luce di tale

considerazione i giudici polacchi hanno,altresì, ritenuto che il diniego del diritto ad essere

giudicati dalla giurisdizione nazionale debba considerarsi direttamente violativo

dell’essenza dei diritti fondamentali la cui tutela è resa ineludibile dall’art. 31 Cost. anche

in stato di emergenza.

Anche il Tribunale Costituzionale tedesco ha dichiarato l’illegittimità della legge di ratifica

del mandato d’arresto europeo in quanto contrastante con l’art. 16, comma 2,

G.G.(Grundgesetz) che ammette deroghe al divieto di estradizione di cittadini tedeschi

solo tramite una legge ordinaria espressione di un bilanciamento di valori che giustifichi la

sospensione della garanzia in esame e faccia salva la possibilità di appello innanzi

all’autorità giudiziaria. Considerato che la legge di recepimento del mandato di arresto

europeo non ossequia queste condizioni, ne è derivata la declaratoria di incostituzionalità.

52

“ In base al ci tato art icolo 2, paragrafo 2 del la decisione quadro, el iminata la

cautela del la doppia incriminabi l i tà, la consegna veniva a correlarsi a fatt i che, pur

previsti come reato nel l ’ordinamento del lo stato emittente, si presentavano del tut to

neutri e inapprezzabi l i penalmente nel l ’ordinamento del lo stato r ichiesto ponendo

così punti di contrasto rispetto al principio di legal i tà”( cfr . E. CALVANESE -G. DE

AMICIS , Riaffermata la doppia incriminabi i tà , in Guida al Diri t to , n. 19/05, p. 79).

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

38

Particolarmente interessanti sono le argomentazioni addotte dai giudici tedeschi per

giustificare il divieto di estradizione dei cittadini. L’estradizione, infatti, sottoporrebbe i

cittadini ad un diritto penale straniero alla cui genesi essi non hanno democraticamente

preso parte e che probabilmente è ad essi sconosciuto. Solo qualora sussista un

collegamento esterno, ossia quando il cittadino tedesco abbia compiuto un crimine in

territorio straniero, può essere valutata la sussistenza dei presupposti di operatività

dell’estradizione. Il Tribunale costituzionale tedesco individua, poi, due principi ineludibili

per ammettere deroghe al divieto di estradizione. In primis il principio di sussidiarietà(deve

ammettersi estradizione solo se ritenuta la misura più efficace), poi il principio di rispetto

delle garanzie giurisdizionali tipiche dello stato di diritto.

Il bilanciamento tra libertà e sicurezza nel contesto comunitario. Il nucleo inviolabile dei

diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e l’art. 15 della CEDU.

Le dinamiche evolutive delle manifestazioni degli inediti fenomeni emergenziali del terzo

millennio rendono sempre più evidente la necessità di incentivare e potenziare strumenti di

collaborazione e cooperazione interstatali. Parimenti, l’azione interna posta in essere dai

singoli stati a fini di tutela della sicurezza pubblica non può esimersi dal rispetto di quelle

disposizioni ineludibili che, a livello sopranazionale, individuano il nucleo essenziale di

principi e diritti fondamentali, universalmente ritenuto intangibile anche in situazioni

d’eccezione. In questa prospettiva, nel contesto dell’Unione europea, assume rilievo

centrale la Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali.

Difatti, la stessa Decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 - ispirata al precipuo

fine di definire regole per l’omogeneizzazione degli strumenti nazionali di prevenzione e

repressione dei reati di matrice terroristica - espressamente ribadisce l’ineludibilità del

rispetto, in ogni caso, dei diritti fondamentali tutelati dalla CEDU53.

53

Il decimo considerando della decisione 2002/475/GAI del 13 giugno 2002 (Decisione quadro del

Consiglio sulla lotta contro il terrorismo) testualmente afferma:“la presente decisione quadro rispetta i

diritti fondamentali quali sono garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti

dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati

membri, in quanto principi del diritto comunitario. L'Unione rispetta i principi riconosciuti dall'articolo 6,

paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea e rispecchiati nella Carta dei diritti fondamentali

dell'Unione europea, ed in particolare nel suo capo VI. Nella presente decisione quadro nulla può

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

39

L’articolo 15 della Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo e delle

libertà fondamentali riconosce agli Stati aderenti la facoltà - in costanza di situazioni

peculiari derivanti da ragioni di guerra o di altro pericolo pubblico che rechi minaccia alla

vita della nazione – di adottare misure anche derogatorie rispetto ad alcuni obblighi

imposti dalla Convenzione stessa54.

La previsione dell’articolo 15 della CEDU, nell’introdurre una peculiare clausola di

limitabilità dell’ossequio delle disposizioni della Convenzione, in sostanza assolve ad un

duplice ordine di funzioni. Infatti, per un verso, essa è stata dettata dall’intenzione di

evitare il rischio che gli Stati aderenti, al verificarsi di particolari emergenze, si vedessero

costretti a ritirarsi dalla Convenzione, non potendone garantire il pieno rispetto. Per altro

verso, la norma in esame positivizza espressamente l’ipotesi di deroga per ragioni di

urgenza, al fine di arginare la tendenza a rinvenire nello stato di necessità un limite

generale incidente sull’efficacia cogente degli obblighi internazionali55.

La portata dell’articolo 15 della CEDU è tale da potersi affermare che essa non è atta ad

autorizzare deroghe a norme interne di rango costituzionale, al di fuori dei limiti previsti

dalle Carte fondamentali nazionali. Del resto, in sede di ratifica, non sono mancati casi di

apposizione di riserva. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’ espressa riserva apposta dalla

Francia, all’atto del deposito della sua ratifica, a salvaguardia, in ogni caso, del modello

essere interpretato come una misura intesa a limitare od ostacolare diritti o libertà fondamentali quali il

diritto di sciopero, le libertà di riunione, di associazione o di espressione, compreso il diritto di fondare

un sindacato insieme con altre persone ovvero di affiliarsi ad un sindacato per difendere i propri

interessi, e il conseguente diritto a manifestare”.

54 L’articolo 15 della CEDU, rubricato sotto la voce “Deroga in caso di stato d'urgenza”, testualmente

prevede che: “In caso di guerra o di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta

Parte Contraente può prendere misure in deroga agli obblighi previsti nella presente Convenzione nella

stretta misura in cui la situazione lo esiga e a condizione che tali misure non siano in contrasto con altri

obblighi derivanti dal diritto internazionale.

2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all'articolo 2, salvo che per il caso di morte

risultante da atti di guerra conformi alle Convenzioni internazionali, e agli articoli 3, 4 (paragrafo 1) e 7.

3. Ogni Alta Parte Contraente che eserciti tale diritto di deroga comunica al Segretario Generale del

Consiglio d'Europa delle misure prese e dei motivi che le hanno determinate. Essa deve parimenti

informare il Segretario Generale del Consiglio d'Europa della data in cui queste misure sono revocate e

la data in cui le disposizioni della Convenzione riacquistano piena applicazione”.

55 Cfr. G. CATALDI , Art. 15. deroga in caso di stato d ’urgenza , in S.Bartole -

B.Confort i - G.Raimondi, Commentario al la Convenzione europea per la tutela dei

diri t t i del l ’uomo e del le l ibertà fondamental i , Cedam, Padova, 2001.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

40

interno di gestione degli stati d’emergenza e della disciplina costituzionale dei poteri

d’eccezione.

La facoltà di deroga alla CEDU in caso di urgenza è stata esercitata da vari Stati. Nel

giugno del 1985, ad esempio, la Francia ha dato comunicazione dell’instaurazione dell’etat

d’urgence in Nuova Caledonia. La Gran Bretagna si è avvalsa della procedura prevista

dalla norma convenzionale in esame in numerose occasioni afferenti all’emergenza del

terrorismo nell’Irlanda del nord. Anche dopo l’11 settembre 2001, il Regno Unito si è

avvalso della derogabilità alla CEDU relativamente all’irrigidimento delle condizioni di

arresto e di detenzione degli stranieri sospettati di terrorismo in applicazione dell’Anti-

Terrorism, Crime and Security Act 200156.

La Corte europea di Strasburgo, più volte adìta da parte di soggetti lesi nei loro diritti

fondamentali, in ragione dell’applicazione di norme nazionali derogatorie, si è pronunciata,

spesso in merito a fattispecie relative al terrorismo, individuando e fissando principi e limiti

ineludibili in tema di sospensione dei diritti. La Corte ha conseguentemente individuato un

nucleo essenziale di principi fondamentali e di libertà costituzionalmente garantite che

devono comunque essere tutelati anche in stati d’eccezione.

Innanzitutto, quanto al presupposto di operatività del procedimento derogatorio previsto

dall’art. 15 CEDU, la Corte europea ha affermato che l’esistenza di guerra o di pericolo

pubblico che minacci la vita della nazione può ritenersi effettiva solo allorquando si

verifichino situazioni di una gravità tale da rendere insufficiente l’operatività delle

specifiche limitazioni di taluni diritti fondamentali tutelati dalla CEDU, già previste in caso di

pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza. Gli Stati possono legittimamente ricorrere a

misure derogatorie che trascendano la mera limitazione e arrivino anche alla sospensione

di taluni diritti fondamentali, solo in presenza di “una situazione di crisi e di pericolo

eccezionale ed imminente che sovrasta l’insieme della popolazione e costituisce una

minaccia per la vita organizzata della comunità che compone lo Stato”.57 La dottrina

internazionalistica maggioritaria ritiene che i provvedimenti adottati secondo il

procedimento previsto dall’art. 15 CEDU non debbano avere finalità meramente

56

Sul punto, cfr . F. DE SANCTIS , La deroga del Regno Unito alla Convenzione

europea nel l ’ot t ica del la giurisprudenza di Strasburgo , in Diri tto penale e processo ,

2003, n° 5, p. 641 ss.

57 Cfr . Commissione europea dir i t t i umani, rapporto del 19 dicembre 1959,

Lawless v. I reland , par. 28.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

41

preventive, ma debbano limitarsi a fronteggiare pericoli attuali o imminenti, comunque

gravi e concreti58.

In ogni caso, la valutazione relativa all’esistenza di un pericolo pubblico che minacci la

vita della nazione è rimessa, con un certo margine, all’ apprezzamento degli Stati i quali,

quando ritengono di doversi avvalere del procedimento previsto dall’art. 15 CEDU, hanno

l’obbligo solo di attenersi ad una specifica procedura di comunicazione preventiva ed

espressa delle misure adottate in deroga. Difatti, non è ammissibile né un’applicazione

implicita della norma in esame, né la possibilità di comunicazione successiva di misure già

operative.

Lo Stato è “ l’unico soggetto capace di valutare davvero non tanto la portata astratta del

pericolo, quanto piuttosto l’impatto concreto nell’ordinamento giuridico interno alla luce del

modo di essere di quest’ultimo e del grado di assorbimento del pericolo garantito dagli

strumenti ordinari”59.

Nell’ipotesi in cui l’esercizio del potere di deroga sia contestato, la Corte europea è

chiamata a verificare il rispetto di tutti gli obblighi internazionali da parte dello Stato

interessato, il quale ultimo è onerato di dar prova della sussistenza delle condizioni

previste dall’art. 15 CEDU. Difatti, la norma convenzionale in esame, se, da un lato,

individua espressamente il minimum comunitario essenziale di tutela dei diritti da garantire

in ogni caso, d’altro lato, in via implicita, rende possibile per la Corte operare un controllo

sul rispetto degli obblighi internazionali al cui rispetto sono tenuti i singoli Stati. Ferma

restando l’inderogabilità dei diritti menzionati nello stesso art. 15 della CEDU60, vi sono

altri principi e diritti fondamentali che assumono il carattere dell’inderogabilità, in ragione

dell’adesione di singoli stati a convenzioni internazionali.

Sotto il profilo più strettamente operativo, la Corte di Strasburgo ha elaborato alcuni

principi generali per valutare la legittimità delle misure derogatorie adottate dagli stati. In

primis, la Corte ha affermato il principio di necessità, in base al quale le misure derogatorie

possono essere ritenute legittime solo laddove sussista e sia dimostrabile un nesso di

diretta necessità tra le misure stesse e la situazione emergenziale da fronteggiare.

Dunque, la Corte valuta se, nel caso esaminato, la situazione d’urgenza possa essere

58

Cfr. G.CATALDI , op.ci t . , p. 429.

59 Cfr. P.BONELLI , Terrorismo, emergenza e costi tuzioni democratiche , I l Mul ino,

Bologna, 2006, p. 233.

60 I l dir i t to al la vi ta, i l divieto di tortura, i l divieto di schiavi tù e i principi di

tassativi tà ed ir retroatt ivi tà del la legge penale.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

42

efficacemente fronteggiata solo con il ricorso a strumenti eccezionali, stante

l’inadeguatezza delle procedure ordinarie. In materia di terrorismo, la Corte europea ha

affermato che, senza dubbio, gli stati si trovano dinanzi a situazioni particolarmente difficili

da gestire, pertanto, deve essere riconosciuto un più elastico margine di apprezzamento

riguardo all’ammissibilità dell’adozione di misure ordinarie61.

In secundis, la Corte Europea ha elaborato il principio di proporzionalità in base al quale

le modalità concrete di esercizio dei poteri derogatori devono essere proporzionali rispetto

alle esigenze concrete connesse alle singole situazioni emergenziali. Il giudizio di

proporzionalità si basa sul bilanciamento degli interessi contrastanti in rilievo. Esso è

strettamente connesso anche al profilo temporale, in quanto la provvisorietà deve essere

ritenuta ontologicamente connaturata all’eccezionalità. In ragione di tali considerazioni, gli

Stati sono chiamati sia a prevedere la durata limitata nel tempo delle misure derogatorie,

sia ad operare un controllo continuo62 sulla loro operatività al fine di disporne la tempestiva

abrogazione in caso di mutamento delle condizioni di fatto. Nell’individuare i criteri di

giudizio in merito al rispetto del principio di proporzionalità, la Corte ha affermato

l’indefettibile centralità della previsione, nell’ambito delle misure derogatorie, di un

costante controllo parlamentare e di effettive garanzie giurisdizionali. Dunque, per potersi

ritenere ossequiato il principio di proporzionalità è necessario che le misure derogatorie

siano sottoposte a costante monitoraggio parlamentare e che siano predisposte adeguate

garanzie al fine di evitare possibili abusi nell’applicazione degli strumenti eccezionali.

Nel novero dei diritti assolutamente intangibili espressamente previsti dall’art. 15 CEDU

merita particolare menzione il diritto all’integrità fisica connesso all’affermazione del divieto

della tortura63. La Corte Europea ha sempre icasticamente affermato il divieto assoluto e

61

Cfr. Counci l of Europe, Office of the Commissioner for Human Rights, Opinion

1/2002 of the Commissioner for Human Rights, Mr. Alvaro Gi l -Robles, on certain

aspects of the United Kingdom 2001 derogation from article 5, par. 1 of the European

Conventio on Human Rights, 28 august 2002, CommDH( 2002) 7, par. 35.

62 Sul punto cfr . G.CATALDI , Le deroghe ai d ir i t t i umani in stato di emergenza, in

La tutela internazionale dei dir i t t i umani. Norme, garanzie, prassi , a cura di L.

Pineschi, Giuffrè, Mi lano, 2006, p. 766.

63 L’art. 3 del la CEDU prevede che: “ nessuno può essere sottoposto a tortura

né a pene o trat tamenti inumani o degradanti” .

L’art icolo 2 del la Convenzione inte rnazionale contro la tortura prevede che: “

nessuna circostanza eccezionale, quale che essa sia, che si trat t i di stato di guerra o

di minaccia di guerra, di instabi l i tà pol i t ica interna o di qualsiasi al tro stato

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

43

mai derogabile della tortura anche in presenza di terroristi riconosciuti da tutti gli stati64.

Sotto il profilo definitorio, la Corte Europea ha sostanzialmente fatto proprie le definizioni

formulate nella Convenzione ONU del 10 dicembre 1984, in base alle quali devono

ritenersi trattamenti crudeli, disumani e degradanti: gli atti che infliggono alla persona

dolore e sofferenza acuta, fisica o psichica, precipuamente al fine di ottenere informazioni

o confessioni, di intimidire o esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque

altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali

sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o sotto sua istigazione, oppure con il

suo consenso. Tale definizione non attiene al dolore o alle sofferenze derivanti

esclusivamente da sanzioni legittime.

La Corte Europea65 ha affermato che, per essere ritenuti in contrasto con il divieto

espresso nell’art. 3 CEDU, i trattamenti esaminati devono superare una soglia minima di

gravità che deve essere contestualizzata e valutata in relazione alle concrete situazioni

oggettive e soggettive della vittima. In tale giudizio, rilevano la durata e la premeditazione.

La Corte ha considerato trattamenti inumani e degradanti quelli derivanti dall’applicazione

di alcune tecniche adottate dalla polizia inglese e francese nell’attività di lotta al terrorismo.

L’ incontestabile complessità e difficoltà dell’attività di investigazione mirata alla

repressione del terrorismo, in ogni caso non può mai arrivare a compromettere la tutela

dell’integrità fisica garantita a tutte le persone66.

Direttamente connesso al divieto della tortura è il divieto di espulsione, allontanamento o

estradizione di un soggetto, cittadino o straniero, verso un paese in cui la persona

potrebbe essere sottoposta a pratiche di tortura. La Corte ha ritenuto che l’allontanamento

o l’espulsione debba essere vietata se sussista per il soggetto interessato il rischio reale di

sottoposizione a tortura sia da parte di organi pubblici che da parte di organizzazioni

criminali. In quest’ultimo caso deve essere effettivamente provata l’impossibilità per il

paese di destinazione di garantire adeguata tutela al soggetto67. Il giudizio prognostico

d’emergenza pubbl ica, può essere invocata per giusti f icare la tortura”.

64 Cfr. la sentenza CEDU del l ’11 maggio 2001( Jordan e Kel ly c. Regno Unito )

pronunciata pochi mesi prima del l ’11 settembre 2001 proprio in tema di trat tamento

dei terrorist i .

65 Cfr. sentenza CEDU 6 apri le 2000, Labita c. I tal ia .

66 Cfr. CEDU, sentenza 18 gennaio 1978, Ir landa c. Regno Unito e sentenza 27

agosto 1992, Tomasi c. Francia .

67 Cfr . sentenza CEDU del 20 febbraio 1991, Cruz Varas and others v. Sweden (

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

44

deve basarsi su substantial grounds e spesso si fonda, sebbene non in via esclusiva, sulle

risultanze emergenti dai rapporti sul rispetto dei diritti umani redatti da organismi

internazionali. Pertanto ogniqualvolta sia provata la sussistenza di elementi effettivi che

inducono a ritenere che dall’espulsione o dall’allontanamento di una persona possa

derivare a quest’ultima la conseguenza della sottoposizione a trattamenti di tortura, lo

Stato “disponente” viola un obbligo della Convenzione.

La tutela della dignità e dell’integrità fisica di ogni persona umana, nucleo del principio

personalista alla base dello stato di diritto, rende le pratiche di tortura, oltre che eticamente

riprovevoli, anche giuridicamente illegittime. Malgrado tale incontroversa affermazione di

principio, non può affermarsi che gli stati europei abbiano fermamente ripudiato le pratiche

della tortura. Particolarmente significativo è il caso del Regno Unito che, dopo aver

ratificato la CEDU, reintrodusse lo Special Power Act del 1921 che autorizzava le forze

dell’ordine a porre in essere pratiche vessatorie a fini investigativi nell’ambito della lotta al

terrorismo in Irlanda del Nord. Più recentemente, con la sentenza dell’ 8 dicembre 2005, i

Lords giudiziari della House of Lords hanno confermato la legittimità di una decisione della

Commissione speciale per i ricorsi in materia di immigrazione, secondo la quale sono

utilizzabili le prove provenienti da paesi terzi anche se acquisite con il ricorso a pratiche di

tortura, purchè sia accertata l’assoluta estraneità delle autorità britanniche alle procedure

di coercizione fisica.

In ogni caso deve affermarsi che la tradizione culturale e giuridica europea rende,

dunque, del tutto inaccettabili le pratiche di tortura. Assolutamente non condivisibili

risultano i tentativi di ritenere ammissibile il ricorso a fini investigativi a strumenti di

coercizione, seppur minima. Difatti, non ci si può esimere dal manifestare forti perplessità

in merito all’ipotizzabilità di una forma di graduazione della coercizione in merito ad attività

che, proprio in quanto mirate a ledere la dignità umana, devono essere decisamente

ripudiate.

Qualche Autore68 ha ritenuto che, nell’ambito della lotta al terrorismo, dovendo operare un

bilanciamento tra l’incolumità della nazione e il rispetto dell’integrità fisica dei terroristi, si

debba necessariamente sacrificare quest’ultima, in quanto, infliggere un male non letale

ad un terrorista, per ottenere informazioni importanti, è meno grave che provocare la

morte di una molteplicità di persone. Pertanto, si ritiene ammissibile il ricorso a pratiche di

Appl ication n. 46/1990/237/307)

68 A.M. DERSHOW ITZ , Why terrorism works. Understandig the Threat, Responding

to the Chal lenge ( 202), t rad. i t . Terrorismo , Carocci, Roma, 2003.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

45

tortura a fini investigativi, ma se ne auspica l’ espressa legalizzazione proprio per evitare

abusi.

Questa tesi non può essere condivisa anche per ragioni attinenti all’ impropria efficacia

degli strumenti di coercizione fisica e psichica. Al di là, infatti, dell’inammissibilità sotto il

profilo etico e giuridico, non può non rilevarsi come, per un verso, il ricorso alla tortura non

garantisce l’acquisizione di informazioni attendibili, per altro verso, le dichiarazioni estorte

con la violenza potrebbero portare alla chiamata in correità di persone assolutamente

estranee ai fatti che si troverebbero a loro volta a poter essere sottoposte a tortura.

Il rispetto dell’integrità fisica ed il conseguente divieto espresso della tortura costituiscono

un elemento essenziale del nucleo intangibile dei diritti individuali che non può essere

scalfito neanche in costanza di uno stato d’eccezione.

Lo stato di diritto, minacciato dal terrorismo non può ammettere che, in nome della

necessità di arginare l’emergenza, si adottino misure lesive di quegli stessi principi che

intende preservare.

Il programma specifico: prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze del

terrorismo (2007-2013)

Nel contesto del programma generale “Sicurezza e tutela della libertà” il Consiglio, con

decisione 2007/124/CE del 12 febbraio 2007, ha istituito il programma specifico

“prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo e di altri

rischi correlati alla sicurezza”. Tale programma ha la finalità di promuovere la valutazione

delle minacce per le infrastrutture tecniche nonché di sviluppare metodologie di protezione

e sistemi di sicurezza; di implementare la salvaguardia delle catene di fornitura

transfrontaliere e di favorire la cooperazione e lo scambio di informazioni nel settore della

protezione delle infrastrutture. In ambito di gestione delle conseguenze il programma

promuove lo scambio di competenze e buone prassi anche tramite la predisposizione di

esercitazioni comuni per implementare il coordinamento tra i vari attori. Sono previste

specifiche sovvenzioni per il finanziamento di progetti europei promossi e gestiti dalla

Commissione, progetti transnazionali tra Stati membri o candidati all’adesione e progetti

nazionali che sperimentino nuove tecnologie.

Le azioni ammissibili si concretizzano in attività di analisi, monitoraggio, controllo, scambio

di informazioni e coordinamento operativo.

Il programma di Stoccolma: un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

46

Il programma di Stoccolma delinea una nuova agenda per l’Unione Europea per il periodo

2010-2014 individuando le priorità da perseguire nello spazio di libertà, sicurezza e

giustizia. Le azioni primarie sono orientate a garantire la piena tutela dei diritti,

promuovendo la partecipazione dei cittadini alla vita democratica dell’Unione ed

assicurando il rispetto delle diversità e specificità dei singoli al fine di contrastare

manifestazioni di intolleranza. Il programma pone l’attenzione sulla necessità di tutelare i

diritti degli indagati e degli imputati nei processi penali ed afferma la esigenza di realizzare

uno spazio giudiziario europeo in cui sia rafforzata la cooperazione tra i vari attori

istituzionali attraverso l’armonizzazione delle legislazioni interne e l’implementazione

dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in ambito giudiziario.

Viene altresì promossa l’adozione di una politica dell’immigrazione69 che, pur tutelando la

sicurezza dei cittadini, sia ispirata a principio di solidarietà.

Cap. IV - Le dinamiche evolutive dell’idea di sicurezza: da interesse diffuso a diritto

individuale

Il carattere aperto, tipico delle società occidentali contemporanee, garanti di un amplissimo

livello di tutela dei diritti individuali costituzionalmente previsti, se, per un verso,

contribuisce a farne un bersaglio ideale per il terrorismo70, per altro verso, rende più

problematica la predisposizione di legittimi strumenti di difesa e prevenzione. In questo

contesto di diffuso disorientamento, l’antinomica polarità tra libertà individuale e sicurezza

collettiva assume un ruolo cruciale e si connota di caratteri inediti.

Sotto il profilo definitorio, la nozione di sicurezza pubblica è stata tradizionalmente

descritta come la “finalità di conservazione dello Stato e di mantenimento dell’ordine

69

Nell ’Unione Europea è att ivo i l Sistema di informazione Schengen di II

generazione(SIS I I ) ed i l sistema di informazione visti (VIS)

70 Particolarmente signif icativa è la vicenda di Zacarias Moussaoui, uno degl i

attentatori del l ’11 settembre 2001, per i l quale l ’ FBI dispose lo stato di fermo,

giudicando sospett i i suoi tentativi di ottenere lezioni di volo, ma non formulò

neppure la r ichiesta di autorizzazione al l ’ ispezione del computer portati le, r i tenendo

che nessun giudice avrebbe pronunciato la relativa ordinanza sul la base di meri e

non oggettivamente suffragati sospett i ( cfr . “Moussaoui Probe Pushed US Limits: FBI

Wanted to deport suspect to France to access his computer ” , Washington Post , 31

gennaio 2002).

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

47

interno”71. Non di rado si è operata una sorta di sostanziale identificazione tra funzione

amministrativa di tutela e interesse pubblico tutelato.

Originariamente, la sicurezza pubblica veniva intesa quale funzione statale finalizzata alla

prevenzione dei reati ed alla garanzia dei diritti individuali allo scopo di “ assicurare la

tranquillità di ciascuno e l’ordine pubblico”72. In tale prospettiva, la sicurezza assumeva un

ruolo strumentale al perseguimento dell’ordine pubblico che, in un’accezione ideale,

diveniva scopo essenziale e principale.

La finalità della conservazione e della prosperità dello Stato perse rilievo nella definizione

del Ranelletti, che, all’inizio del secolo scorso, identificò la sicurezza pubblica nella

garanzia del “tutto sociale e delle sue parti contro i danni che possono provenire

dall’attività umana”73.

In ogni caso, la definizione dei caratteri tipici della sicurezza pubblica, direttamente o

indirettamente, è sempre stata influenzata dalla delineazione dei tratti tipici dell’ ordine

pubblico, rispetto al quale ha assunto ruolo spesso ancillare. Segnatamente, accanto ad

un’ipotesi di lettura secondo cui la sicurezza materiale costituirebbe un presupposto

ineludibile per l’affermazione dell’ordine pubblico ideale, ha assunto rilievo anche una

diversa opzione interpretativa secondo la quale l’ordine pubblico (condizione necessaria

ed indefettibile per l’esistenza stessa dello Stato) risulterebbe essere il presupposto per

l’affermazione della sicurezza pubblica, che ne costituirebbe ulteriore specificazione.

Con l’approvazione del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, R.D. n° 773 del

18.06.1931, nell’ambito dei compiti dell’autorità di pubblica sicurezza assunse rilievo

precipuo ed autonomo, accanto alla tutela dell’ordine pubblico, anche la garanzia della

sicurezza dei cittadini.

La Carta costituzionale, profondamente ispirata al principio personalista, ha posto in

evidenza la centralità della tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, sancendone l’ intangibilità

nel nucleo essenziale, ma non ha espressamente positivizzato il diritto individuale alla

sicurezza.

71

S. FOÀ , “Sicurezza pubbl ica ”, in Digesto del le discipl ine pubbl icist iche , XIV,

UTET, 1999, p. 128.

72 G DE ROSA . , Sicurezza pubbl ica , in Digesto I tal iano , XXI, parte I I I, Sez. I ,

Torino, 1895-1902, p. 360.

73 V. RANELLETTI , La pol izia di sicurezza , in Trattato di di r i t to amministrativo ,

diret to da V.E. Orlando, 1904, p. 276.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

48

A far data dall’11 settembre 2001, pare essersi ormai completamente dissolta nell’opinione

pubblica la percezione della distinzione tra sicurezza interna e sicurezza esterna74. I

drammatici attentati terroristici di Madrid e Londra hanno dimostrato che il pericolo è

costantemente presente ed è potenzialmente atto a concretizzarsi in una proteiforme

molteplicità di manifestazioni di violenza. Da tale circostanza deriva che l’aspirazione

collettiva alla sicurezza non è esaurientemente soddisfatta dalla mera garanzia

dell’assenza di minacce provenienti dall’esterno, ma si sostanzia sempre più nell’esigenza

di stabilità interna e di conseguente equilibrio tra tutti i fattori sociali. E’ questa la ragione

per cui si assiste ad un mutamento di prospettiva nell’individuazione dei caratteri salienti

dell’ordine pubblico, la cui accezione primaria non va più interpretata in un’ottica di statica

“difensività” ma, con sempre maggiore incidenza, assume connotati di dinamicità,

evolvendo verso declinazioni preventive di sicurezza.

Questa evoluzione può trovare un proprio riferimento costituzionale nello stesso articolo

11 della Carta fondamentale laddove i Costituenti, nel cristallizzare quale principio

supremo l’istanza pacifista, ne hanno individuato riflessi non solo staticamente negativi(

attraverso il ripudio della guerra) ma anche dinamicamente preventivi(attraverso la

promozione delle organizzazioni internazionali rivolte ad assicurare la pace e la giustizia

tra le nazioni).

La sicurezza diviene non soltanto necessaria condizione generale strumentale alla

preservazione dello Stato e, quindi, dell’intera collettività, ma anche precondizione

ineludibile per l’esercizio delle libertà individuali. Non può, difatti, ritenersi realizzabile la

garanzia di certezza dei diritti in assenza di sicurezza. Ed è proprio in ragione di tali

considerazioni che la sicurezza si sta sempre più evolvendo verso la dimensione della

conservazione dei beni e della prevenzione dei rischi. Il diffuso timore di sconvolgimenti

dell’equilibrio statale interno, nonché il profondo e comune sentimento di incertezza che

accompagna la vita quotidiana di ogni cittadino occidentale dall’11 settembre 2001, induce

a ritenere che l’esigenza di sicurezza sia avvertita come diritto individuale. In questa

prospettiva il ruolo di garanzia dello Stato assume rilievo sempre più centrale.

74

Le vicende legate ai recenti fenomeni terrorist ici hanno contribuito ad

intensif icare nel comune sentire l ’ “appercez ione reale del valore del la sicurezza”( V.

BALDINI , L’incosti tuzional i tà del la Rasterfahndung, ovverosia, al la perenne ricerca di

un (di ff ici le…) equi l ibrio tra stato di dir i t to e stato di prevenzione ,

www.associazionedeicosti tuzional ist i . i t )

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

49

Da tale circostanza deriva che pare affermarsi un’ ineludibile tendenza al rafforzamento

dello stato di prevenzione75. Denninger ha asserito che “sicurezza significa non più in

primo luogo la coscienza della libertà garantita all’individuo, ma l’affermazione di un’attività

statale e, in via di principio, illimitata per tutelare il cittadino da rischi e pericoli sociali

causati dalla tecnica o dall’ambiente o anche dal crimine”76. Alla luce di tali considerazioni

emerge con evidenza che la sicurezza non è più configurabile come un interesse

meramente pubblico, ma ha assunto il rango di diritto individuale, per certi versi

strumentale all’esercizio della libertà personale77.

Una volta ritenuto ammissibile e, quindi tutelabile, un diritto individuale alla sicurezza,

sorge il problema di definirne i contenuti ed i limiti. Difatti, se la garanzia di sicurezza non

può non attualizzarsi in una risposta anche preventiva alla minaccia, è evidente che la

notevole ed imprevedibile molteplicità delle potenziali minacce ai diritti individuali rende

oltremodo indefinito il profilo delimitativo della sicurezza. Tale difficoltà non può, tuttavia,

esimere dal cercare, comunque, di ben individuare i poteri dello Stato, onde scongiurare il

rischio, da taluni paventato, che la mera identificazione della sicurezza come diritto

fondamentale sostanzialmente divenga “più una procura in bianco affidata allo stato per

ogni possibile intervento sulla libertà che non un autentico diritto fondamentale”78. Non è

assolutamente secondario, poi, il rischio che, in nome di un’assoluta ed oltranzistica difesa

della sicurezza possano essere compromessi i diritti individuali costituzionalmente

riconosciuti in una sorta di collettiva “ansia che cancella i diritti”79.

Mai come nell’epoca contemporanea è evidente che l’antinomica polarità libertà

individuale/sicurezza collettiva può essere ricomposta solo in una condizione di equilibrio

che, pur ispirandosi e compiutamente informandosi ai valori fondanti la Carta

75

“Lo stato di prevenzione è lo stato del l ’aspirazione al la massima sicurezza.

Sembra paradossale ma è così: le strategie di prevenzione intese a produrre e

garantire questa sicurezza f iniscono per distruggere la certezza del dir i t to”( cfr .

E.DENNINGER , Diri t t i del l ’uomo e Legge Fondamentale , ed.i t . a cura di C. Amirante,

Giappichel l i , Torino, 1998, p. 29).

76 E. DENNINGER , Diri tt i del l ’uomo e Legge Fondamentale, op.ci t ., p. 38.

77 “ La l ibertà pol i t ica consiste nel la sicurezza, o almeno nel l ’opinione che si ha

del la prop r ia sicurezza” (MONTESQUIEU , De l ’espri t des lois , l ibro XII, cap.2)

78 E. DENNINGER , Diri tt i del l ’uomo e Legge Fondamentale, op.ci t . p. 38.

79 E’ i l t i tolo di un art icolo di S.RODOTÀ pubbl icato su La Repubbl ica del l ’11

ottobre 2001.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

50

Costituzionale, deve necessariamente tener conto delle peculiari contingenze storiche di

riferimento.

Cap. V - Le limitazioni della libertà personale imposte a tutela della sicurezza

collettiva

L’esatta definizione dei tratti essenziali e dei limiti della libertà personale80 è stata oggetto

di un iter interpretativo che ha visto i Giudici delle leggi optare per soluzioni non sempre

uniformi. Sin dalle prime pronunce della Consulta sul tema, è dato rinvenire la coesistenza

di due direttrici interpretative fondamentali, destinate a costituire gli argini di un dibattito

sempre vivo ed attuale. Nella prima sentenza con la quale la Corte Costituzionale ebbe ad

occuparsi di libertà personale( n° 2/56) ne emerse una nozione fortemente incentrata

sull’aspetto strettamente “fisico”. Difatti, trovandosi a dover decidere sulla legittimità

dell’art. 157 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, i Giudici delle leggi statuirono

che le norme attinenti ai provvedimenti di rimpatrio con foglio di via obbligatorio non

fossero in contrasto con l’art. 13 della Carta Fondamentale, se non limitatamente alla

previsione della fattispecie di rimpatrio per traduzione o di obbligo di rimpatrio motivato

sulla base di meri sospetti relativi alla pericolosità sociale. Orbene, il sancire l’illegittimità

del rimpatrio per traduzione poneva l’accento sull’inammissibilità di una pratica che,

comunque, si concretizzava in una coazione fisica, incidente essenzialmente sulla libertà

personale nel suo profilo strettamente correlato alla dimensione corporea81.

Tale impostazione subì un’evoluzione nella sentenza n° 11 del 1956 con la quale la Corte

Costituzionale, nel pronunciarsi sulla legittimità dell’istituto dell’ammonizione previsto e

disciplinato dagli articoli 164-176 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ne

evidenziò la profonda incidenza sulla libertà personale in quanto “si risolve in una sorta di

degradazione giuridica in cui taluni individui, appartenenti a categorie di persone che la

80

I l nucleo essenziale del la l ibertà personale è tradizionalmente ricondotto

al l ’habeas corpus cristal l izzato nel la Magna Charta del 1215: “ nul lus homo capiatur

vel imprisonetur aut exuletur nisi per legale judicium parium suorum vel per legem

terrae”

81 “Nel divieto di t raduzione era impl ici to un concetto strettamente <f isico> del la

l ibertà personale, identi f icandosi la sua restrizione in una forma di assoggettamento

materiale da parte del la forza pubbl ica” (cfr . L. ELIA , Libertà personale e misure di

prevenzione , Mi lano, 1962 p. 3)

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

51

legge presume socialmente pericolose, magari designati come tali dalla pubblica voce,

vengono a trovarsi per effetto di una pronuncia della pubblica autorità”. Nella sentenza in

esame, tuttavia, i Giudici delle leggi proposero un’interpretazione più ampia della libertà

personale ritenendo che essa potesse essere lesa non soltanto da atti che determinassero

una stretta coazione fisica, ma anche da “ tutta una serie di obblighi di fare e di non fare”.

Dunque, accanto ad una prospettiva meramente empirica, incentrata sull’esclusiva

centralità della dimensione fisica della libertà personale, si affianca una concezione più

ampia che arriva a ricomprendere nella libertà personale profili di carattere morale che

risulterebbero lesi dall’imposizione di obblighi di fare e di non fare anche non direttamente

concretizzatisi in forme di coazione corporea. Si rileva dunque la coesistenza, nell’ambito

della giurisprudenza costituzionale in tema di libertà personale, di due diverse prospettive

ermeneutiche: quella “fisico-coercitiva” e quella “obbligatoria-degradante”82 destinate a

divenire gli estremi di sviluppo di un iter evolutivo spesso caratterizzato dall’adozione di

criteri interpretativi, per così dire, “originali”.

In effetti, la definizione dei caratteri della libertà personale tutelata dal vigente Testo

costituzionale è stata oggetto anche di un articolato dibattito dottrinario fortemente

influenzato dall’evoluzione giurisprudenziale. Nel tentativo di individuare sinteticamente gli

orientamenti dottrinari e giurisprudenziali in tema di libertà personale è possibile enucleare

quattro principali opzioni ermeneutiche.

La prima tesi, sulla scia della sentenza della Corte Costituzionale n° 2/56, identifica la

libertà personale con la libertà dagli arresti, traducendola essenzialmente nel diritto

all’esclusione di ingiustificate restrizioni coattive sul proprio corpo. Tale impostazione

rende praticabile la distinzione tra libertà personale, tutelata dall’articolo 13 della

Costituzione e libertà individuale garantita dall’articolo 2383. Solo le coercizioni fisiche

82

Sul punto cfr . M. RUOTOLO , Gli i t inerari del la giurisprudenza costi tuzionale in

tema di l ibertà personale , in Questione Giustizia , 2004 p. 237.

83 “ A di f ferenza del la l ibertà personale … imperniata sul l ’esclusiva pretesa di

non vedere i l legi tt imamente eserci tata alcuna <potestà coerci t iva>, la l ibertà

garanti ta dal l ’art . 23 presuppone, per converso, i l consenso e la compartecipazione

individuale… Il congegno normativo del l ’art .13 non può ri tenersi appl icabi le in tutte

le ipotesi in cui i l soggetto si sottoponga spontaneamente a del le perquisizioni

personal i( in aeroporto, per prendere parte a manifestazioni particolari o per entrare

in determinati edif ici) trattandosi in questi casi di oneri volontar iamente assunti”( cfr .

C. DE F IORES , Libertà personale , in Dizionario di Dir i t to Pubbl ico , vol . IV, Giuffrè,

Mi lano, 2006, p. 3526).

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

52

ricadrebbero nell’ambito di operatività dell’articolo 13 Cost.84, mentre l’eventuale

imposizione di obblighi e divieti risulterebbe assoggettata alla disciplina dettata da altre

disposizioni costituzionali meno rigorose perché non direttamente incidenti sulla libertà

fisica. Nel caso, ad esempio, della limitazione della libertà di circolazione ammessa

dall’art.16 della Costituzione, con un procedimento indubbiamente meno garantista

rispetto a quello previsto dall’art. 13 per le restrizioni della libertà personale, non sarebbe

ravvisabile il carattere di immediata coercizione fisica, in quanto le limitazioni imposte

atterrebbero essenzialmente al luogo e ciò giustificherebbe l’applicazione di una diversa

disciplina. A tale orientamento pare aver aderito la sentenza n° 105 del 200185 con la

quale la Corte Costituzionale ha affermato che “ il carattere di immediata coercizione

qualifica le restrizioni della libertà personale e vale a differenziarle dalle misure incidenti

solo sulla libertà di circolazione”.

Una seconda opzione ermeneutica86 ravvisa restrizioni della libertà personale, da

assoggettare alla disciplina dettata dall’art. 13 della Carta Costituzionale, in ogni atto volto

ad arrecare pregiudizio alla dignità o al prestigio della persona, determinando

l’assoggettamento all’altrui potere. Tale ultima circostanza costituisce di per sé violazione

dell’habeas corpus. Questa impostazione è stata fatta propria dalla Corte Costituzionale

sia nella sentenza 11/56, che ha introdotto il concetto di degradazione giuridica, sia dalla

sentenza 105 del 2001 con la quale la Corte ha affermato che “ la mortificazione della

dignità dell’uomo che si verifica in ogni assoggettamento fisico all’altrui potere…è indice

sicuro dell’attinenza della misura alla sfera della libertà personale”.

Un altro orientamento, che, per la verità, ha registrato scarsa adesione, risultando

sostanzialmente relegato ad alcune pronunce del Giudice costituzionale, ha ampliato i

limiti della libertà personale arrivando a ricomprendervi anche la libertà morale.

Segnatamente, con la sentenza n° 30 del 1962, la Corte sostenne che “ la garanzia

dell’habeas corpus non deve essere intesa soltanto in rapporto alla coercizione fisica della

84

“ L’art icolo 13 Cost. garantisce la persona f isica contro le si tuazioni

temporanee o durature di assoggettamento al l ’al trui volere conseguenti ad una

situaz ione di coazione f isica”( cfr . A.PACE , Problematica del le l ibertà costi tuzional i ,

parte speciale , Padova, 1992, p. 169).

85 Tale sentenza è stata pronunciata dal la Corte Costi tuzionale in tema di

trattenimento del lo straniero presso i centri di permanenza t emporanea ed

assistenza.

86 C. MORTATI , Rimpatrio obbl igatorio e Costi tuzione , Mi lano, 1962, p. 689.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

53

persona, ma anche alla menomazione della libertà morale, quando tale menomazione

implichi un assoggettamento totale della persona all’altrui potere”. La concezione di libertà

morale quale intrinseco profilo della libertà personale fu riproposta dalla Corte nella

sentenza n° 32 del 1965, ma non ebbe ulteriori affermazioni anche in ragione della forte

critica proveniente da illustri esponenti della dottrina87.

Un’altra tesi, prendendo spunto dalla centralità assoluta del pieno sviluppo della

personalità enunciato dal secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione, arriva ad

elaborare una concezione estremamente estensiva della libertà personale fondata non

solo sull’articolo 13 della Costituzione ma anche sulla interpretazione sinottica e

sistematica degli articoli 2 e 3 . Alla luce di tali premesse metodologiche, la dottrina ha

enucleato una concezione onnicomprensiva della libertà personale intesa come libertà

psicofisica ovvero come libertà della mente e del corpo nella loro indissolubile unità88.

Dunque la libertà personale diviene archetipo ed origine fondante di tutta una serie di

ulteriori e specifici diritti( quali il diritto all’immagine, il diritto al nome, il diritto all’identità

sessuale) che costituiscono estrinsecazione del pieno sviluppo della persona umana e che

sono strettamente correlati alla dignità umana. “La nozione di libertà personale assume

dunque confini più ampi ed è intesa come “<libertà-situazione>, suscettibile cioè di

assumere contenuti diversi e ulteriori(ancorché in ogni caso legati alla posizione della

persona, in sé, nei confronti dei pubblici poteri e dei privati) rispetto al suo nucleo

fondamentale, rappresentato dalla c.d. <libertà dagli arresti>”89.

Le opzioni dottrinarie appena sintetizzate hanno trovato solo parziale adesione da parte

della giurisprudenza costituzionale che non si è assestata su una posizione unitaria ed

univoca. Ad un’attenta lettura delle varie decisioni pronunciate dalla Corte, può rilevarsi

che l’individuazione della soglia di legittimità della restrizione alla libertà personale con lo

stato di degradazione giuridica tale da incidere sulla dignità sociale della persona, può

87

Tra gl i al tr i , El ia evidenziò come l ’ampl iamento del la nozione di l ibertà

personale, f ino al punto di r i tenere ricompresa in essa la l ibertà morale, non

r iscontrasse alcun fondamento costi tuzionale. L’autore ri tenne al tresì inappropriato i l

r ichiamo all ’habeas corpus, def inendo addiri t tura falsante i l tentativo di porre la

menomazione del la l ibertà morale “sotto l ’usbergo del l ’ habeas corpus ”( L. ELIA ,

Libertà personale e misure di prevenzione , Mi lano, 1962, p. 6).

88 Cfr. F. MODUGNO , I nuovi dir i t t i nel la giurisprudenza costi tuzionale , Torino,

1995, p. 11 ss. L’Autore individua qual i elementi del l ’uni tà psicof isica del la persona

umana l ’ identi tà, l ’ integr i tà, l ’ interiori tà o intimità o coscienza.

89 P. CARETTI , I dir i t t i fondamental i , Giappichel l i , Torino, 2002, p. 229.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

54

essere considerata un criterio ermeneutico che si pone come sostanzialmente mediano

rispetto alle varie opzioni analizzate. Con l’adozione di tale criterio risulta certamente

soddisfatta l’esigenza di non circoscrivere la nozione di libertà personale entro confini

meramente fisici, consentendo un’interpretazione dinamicamente orientata alla

valorizzazione della dignità umana nell’interezza delle sue manifestazioni evolutive.

Cap. VI - La cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo

La strategia elaborata a livello internazionale per prevenire e reprimere gli episodi

criminosi di matrice terroristica si è sempre orientata nella prospettiva di dare centralità

agli strumenti di cooperazione interstatuale, tramite la sottoscrizione di accordi pattizi

aventi portata settoriale e miranti ad approntare misure di volta in volta idonee a

fronteggiare le singole fattispecie criminose riconducibili al terrorismo90.Tuttavia i recenti

episodi connessi alle manifestazioni terroristiche, per la loro complessità e devastante

portata, hanno posto in evidenza la difficoltà di trasfondere l’asserita necessità di

rafforzamento della cooperazione internazionale dal piano della dichiarazione di intenti a

quello più concreto della effettiva predisposizione di strumenti condivisi. In particolare è

emersa la differenza, che talvolta è divenuta distanza, tra l’approccio adottato dagli Stati

Uniti e quello invece fatto proprio dall’Unione Europea91. Quest’ultima ha mostrato una

certa incapacità di dare forma al suo interno ad una strategia unitaria, tant’è vero che le

reazioni degli stati membri rispetto alle misure americane adottate all’indomani dell’11

settembre sono state abbastanza eterogenee. Gli Stati Uniti, dal loro canto, in principio

90

La Convenzione de L’Aja del 1970 e quel la di Montreal del 1971 furono

promosse dal l ’Organizzazione internazionale per i l t raf f ico civi le aereo; la

Convenzione di New York del 1973 aveva ad oggetto i l sequestro a scopo terrorist ico

di ostaggi diplomatici e di coloro che svolgevano funzioni per conto di uno Stato; la

Convezione di New York del 1979 si occupò del sequestro di ostaggi civi l i . L a

Convenzione di Roma del 1988, a seguito del le tragiche vicende del dirottamento

del la nave Achi l le Lauro, ebbe ad oggetto la pirateria mari tt ima; le Convenzioni di

New York del 1997 e del 1999 si occuparono, r ispett ivamente, di attentati terrorist ici

med iante l ’uso di esplosivi e di repressione del f inanziamento del terrorismo.

91 I l 20 settembre 2001 le autori tà europee ed americane hanno sottoscri t to una

dichiarazione ministeriale congiunta Usa -UE in cui hanno assunto l ’ impegno di

intraprendere “uno sforzo col lett ivo, costante e sistematico per el iminare i l terrorismo

internazionale”

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

55

hanno manifestato un atteggiamento fortemente accentratore e poco incline a dare

eccessivo rilievo al consenso internazionale ed hanno incentrato inizialmente la loro

azione solo sul piano militare, promuovendo una vera e propria global war on terror.

Con il passare del tempo, la necessità di predisporre strumenti di cooperazione concreta è

stata più fortemente condivisa in quanto si è fatta strada la convinzione che una minaccia

globale deve essere contrastata definendo a livello interstatuale principi fondanti, criteri e

strumenti operativi comuni.

In questa prospettiva il ruolo centrale è rivestito dall’ONU nel cui ambito è stato elaborato

un vero e proprio corpus iuris di settore.

Con la risoluzione 1373 (2001) del 28 settembre 2001, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ,

ispirandosi implicitamente alla Convenzione sul finanziamento del terrorismo del 1999,

non ancora entrata in vigore all’epoca, impone agli Stati di sancire negli ordinamenti

interni l’illiceità della raccolta e del possesso di fondi per finanziare il terrorismo,

disponendo il blocco dei conti e delle risorse finanziarie appartenenti a persone od

organizzazioni coinvolte in attività di natura terroristica.

Il paragrafo II della Risoluzione impone agli Stati l’obbligo di astensione da qualsivoglia

forma di supporto ad attività terroristiche e di vigilanza sul territorio al fine di evitare il

radicamento di organizzazioni criminali. Il Consiglio delle Nazioni Unite chiede agli Stati di

adottare provvedimenti interni volti a vietare il reclutamento di terroristi e la fornitura di

armi e sollecita l’istituzione di meccanismi per lo scambio di informazioni92 e l’assistenza

con gli altri Stati.

Il paragrafo VI della Risoluzione in esame istituisce il “Counter Terrorism

Committee”(C.T.C.), composto da membri del Consiglio di sicurezza e presieduto dal

rappresentante permanente alle Nazioni Unite di uno di essi. Il Comitato si avvale di un

organismo tecnico di esperti, il Counter Terrorism Executive Directorate(istituito con

Risoluzione 1535 del 2004) e ha compiti di monitoraggio e di impulso dell’azione

antiterrorismo nonché di promozione dell’assistenza istituzionale agli Stati membri che ne

92

In effetti proprio il settore dello scambio di informazioni è quello più delicato. Sul punto Sergio

Romano ha sottolineato che “ i servizi di informazione sono organismi molto delicati, costruiti con una

lunga pazienza, fondati sulla reciproca fiducia dei membri della famiglia, arricchiti da un capitale

facilmente deperibile e difficilmente ricostruibile. Il capitale è costituito dagli informatori. Ve ne sono

alcuni a cui si può credere interamente ed altri per i quali si deve continuamente o pazientemente

separare la verità dalla menzogna, dalla millanteria, dalla fantasia e dalle motivazioni personali”.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

56

abbiano necessità. Da gennaio 2002 il Comitato ha iniziato l’esame dei rapporti periodici

prodotti dai singoli Stati, con l’obiettivo di incentivare la ratifica delle convenzioni e

l’adeguamento normativo93. Proprio per favorire quest’ultimo aspetto il Comitato ha svolto

un ruolo di forte supporto per gli Stati. E’ stata istituita la “Directory of Counter –terrorism

information and sources of assistance”, un data base consultabile on line nel quale sono

raccolti modelli di legislazione interna e di provvedimenti di applicazione.

La Risoluzione 1373 del 2001 rappresenta senza dubbio il fulcro nodale del corpus

elaborato dall’ONU e ad essa si sono ispirati tutti i provvedimenti successivi.

A giugno del 2004, nell’ambito del meeting semestrale USA-UE è stata resa pubblica una

importante dichiarazione euro-americana sulla lotta al terrorismo in cui sono stati

evidenziati i punti essenziali dell’azione comune: attuazione delle risoluzioni dell’ONU,

lotta al finanziamento del terrorismo, rafforzamento della protezione delle infrastrutture,

sicurezza delle frontiere, implementazione della cooperazione giudiziaria e di polizia. Nel

giugno del 2003 gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno sottoscritto i trattati sulla mutua

assistenza legale e sull’estradizione.

L’ambito di cooperazione più efficace ma anche più problematico è rappresentato dallo

scambio di informazioni. In tale settore, infatti, attesa la particolare natura delle attività e la

delicatezza dei contenuti, risulta più difficile contemperare le varie attività comuni specie

alla luce della necessità di garantire il rispetto della privacy. Il nodo cruciale è trovare una

soluzione che garantisca la compatibilità giuridica e tecnologica dei sistemi di condivisione

di informazioni e di protezione della riservatezza. Sul tema è particolarmente significativa

la vicenda del Passenger Name Record(PNR) richiesto dalle autorità americane in forza

dell’Aviation and Transportation Security Act del 2001.

L’8 settembre 2006 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato per consenso la

“Strategia globale per la lotta al terrorismo” , integrata da un Piano d’azione, che delinea i

principi comuni e le linee orientative d’azione. ll programma dell’ONU, partendo dalla

necessità di garantire la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, evidenzia

l’importanza di incentivare le iniziative di capacity-building degli Stati e pone l’accento

sull’opportunità di elaborare soluzioni mirate a rimuovere le condizioni che consentono la

diffusione del terrorismo e quindi a contrastare l’attività di propaganda e reclutamento tra

93

I l Comitato ha suddiviso le att ivi tà anti terrorismo degl i Stati in tre fasi

consequenzial i : la fase A di approvazione di misure legislative, la fase B di

predisposizioni di misure esecutive, specie in tema di reclutamento e traf f ico di armi,

la fase C di contrasto di fenomeni criminal i indirettamente legati al terrorismo .

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

57

le giovani leve. L’ottica privilegiata dall’ONU non è di ispirazione meramente repressiva

ma si declina in prospettiva preventiva, evidenziando la necessità di un approccio di più

ampio respiro che miri a individuare le “conditions conducive to the spread of terrorism”94.

Sviluppi futuri

La nozione di emergenza, ontologicamente caratterizzata dalla proteiforme attitudine ad

inverarsi in manifestazioni multiformi ed imprevedibili, soggiace, nel contemporaneo

contesto storico, a dinamiche evolutive particolarmente complesse. Le manifestazioni di

violenza incidenti sia all’esterno che all’interno dell’ordinamento, ad opera di organismi

non statali, quali quelli di matrice terroristica, pongono gli Stati dinanzi ad inedite

congiunture emergenziali, per la cui gestione si rende necessario il ricorso a misure che

siano, sì, immediatamente efficaci ed incisive, ma che, in ogni caso, non trascendano

l’ordine legale a tutela del quale sono adottate.

In questa prospettiva, la categoria della “democrazia che si difende” e la schmittiana

dialettica amico-nemico soggiacciono ad inedite dinamiche evolutive. Lo stato democratico

si trova a dover affrontare la minaccia derivante da minoranze violente, non appartenenti

ad entità di natura statale. In siffatto contesto, rileva la ricerca costante di equilibrio tra la

duplice dilemmatica necessità di tutelare i principi fondamentali e, al contempo, di

garantire la minacciata sicurezza collettiva.

Malgrado l’indubbia problematicità dell’applicabilità delle categorie costituzionali

tradizionali, l’opzione risolutiva di questa peculiare esigenza non sembra essere

validamente rinvenibile nell’introduzione di una specifica e puntuale Norma Fondamentale

di riferimento. Tale conclusione si fonda su un duplice ordine di motivazioni. Difatti, da un

lato, la codificazione casistica, per sua stessa natura, mal si presta a disciplinare fenomeni

potenzialmente idonei a manifestarsi in forme che difficilmente possono essere oggetto di

esaustiva previsione analitica. D’altro lato, la destabilizzante minatoria continuatività che

caratterizza le manifestazioni di matrice terroristica induce a ritenere che esse, ormai, non

debbano più essere qualificate come un fenomeno congiunturale, ma vadano considerate

e, conseguentemente, disciplinate, come un fenomeno di natura strutturale.

Risulta essenziale il ricorso a strumenti di coordinamento internazionale. Il terrorismo,

infatti, opera, purtroppo, su scala globale. Tale circostanza rende ormai opportuno e

necessario promuovere ed incentivare forme di cooperazione transfrontaliera al fine di

94

Cfr . Piano d’azione, t i tolo I .

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

58

approntare strumenti di contrasto più efficaci. L’implementazione dei canali di scambio di

informazioni tra i vari Stati, il rafforzamento della cooperazione giudiziaria ed investigativa

assurgono, oggi, al rango di strumenti assolutamente indispensabili.

Lo Stato democratico deve opporsi ai tentativi fideistici di eversione, attraverso la

stentorea affermazione di quei valori e di quei principi fondanti, direttamente messi in

discussione dalle organizzazioni terroristiche. Parimenti, però, le moderne democrazie

occidentali si trovano a dover fare i conti con il paradosso della tolleranza. “La tolleranza

illimitata porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche

a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante

contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con

essi. In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre

sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con

argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall’opinione pubblica, la

soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni. Ma dobbiamo

proclamare il diritto di sopprimerle, se necessario, anche con la forza; perché può

facilmente avvenire che esse non siano disposte ad incontrarci a livello

dell’argomentazione razionale…… Dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza,

il diritto di non tollerare gli intolleranti”95.

Il quotidiano e comunemente diffuso senso di insicurezza che accompagna ogni cittadino

occidentale dopo l’11 settembre 2001 determina un istintivo favore rispetto al

rafforzamento di talune misure preventive.

Il profilo più problematico è costituito dall’individuazione dei limiti entro i quali possano

ritenersi legittime misure che, a tutela della sicurezza, inevitabilmente incidono sulle libertà

individuali. In questa prospettiva, assumono rilievo essenziale e centrale i criteri di

proporzionalità e ragionevolezza.

La vera sfida delle democrazie occidentali è costituita, dunque, dalla ricerca dell’equilibrio

tra tolleranza e sorveglianza, attraverso l’affermazione stentorea dei valori e principi

fondamentali.

Sul piano istituzionale si è auspicata la creazione di un’organizzazione internazionale di

settore di tipo classico fondata su un trattato ed avente una propria autonoma fisionomia.

In essa dovrebbe essere convogliato il coordinamento dell’attività internazionale di

contrasto al terrorismo. Tuttavia sono ben note le difficoltà oggettive di dar vita ad un

95

K. POPPER , La società aperta e i suoi nemici , Armando editore, Roma, 1996 p.

304.

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

59

nuovo ente e parimenti elevati sono i dubbi circa l’effettiva portata del contributo concreto

che tale ente potrebbe fornire sul piano operativo.

Alla luce dell’evoluzione dell’organizzazione del terrorismo che, come già evidenziato, ha

visto emergere una forte preponderanza della componente individualista rispetto a quella

associativa(il riferimento è al fenomeno dei cosiddetti lupi solitari) si rende necessario

rimodulare le misure di contrasto.

Il piano su cui portare l’analisi, al fine di formulare una strategia efficace, non può che

essere quello sociale in un’ottica multidisciplinare. Se, da un lato, è necessario fermare il

finanziamento, colpendo i promotori economici del terrorismo, d’altro lato è indifferibile

attuare un’attività di ostacolo alla radicalizzazione di cellule self starters.

Le recenti vicende hanno di fatto dimostrato che si stanno diffondendo “homegrown

mujaheddin”, che vivono in contesti occidentali e conducono una sorta di jihad personale,

si addestrano grazie ad internet ed al proselitismo realizzato nelle moschee e

costituiscono una vera e propria minaccia imprevedibile.

La minaccia è decisamente asimmetrica e gli obiettivi potenziali sono i più vari di natura

sia militare che civile(si pensi, tra l’altro, alla rete delle infrastrutture e dei trasporti,ai

sistemi informatici). Sul piano del contrasto operativo rileva il ruolo essenziale

dell’intelligence che deve essere informato sempre più ad una logica di coordinamento e di

scambio di informazioni interstatuale.

Si rende però necessario porre in essere un’azione preventiva sociale al fine di

contrastare i fattori che rendono possibile il successo della propaganda fondamentalista.

Tale obiettivo, ambizioso e di difficile conseguimento, può essere perseguito favorendo il

dialogo e l’integrazione tra le culture e le religioni. In quest’ottica occorrerebbe vigilare, nel

rispetto della libertà religiosa e di culto, sull’attività che viene svolta in contesti vicini alle

moschee. In tale prospettiva è necessaria l’azione condivisa a livello internazionale con il

coinvolgimento particolare di quegli Stati islamici che si trovano essi stessi ad essere

vittime del fondamentalismo.

L’integrazione è senza dubbio il punto cardine su cui fondare una nuova strategia comune,

nel rispetto delle reciproche differenze. La tutela dei diritti fondamentali è una condizione

imprescindibile, nella consapevolezza che “chi ammette la libertà di negare la libertà

La lotta al terrorismo: misure di contrasto in ambito nazionale ed internazionale A. Feola

60

rischia di contribuire a distruggere proprio il valore che vorrebbe difendere, chi nega

questa libertà nega il valore stesso che dichiara di voler sostenere”96.

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