LA LINGUA LATINA - uniroma1.it...La diacronia studia la lingua nella sua evoluzione nel corso del...

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LA LINGUA LATINA La lingua come sistema dinamico. Il latino come lingua indoeuropea. La formazione del latino. Gli influssi. Le fasi del latino. Le varietà diacroniche e sincroniche. L’alfabeto, le sillabe, la pronuncia, l’accento, la divisione in sillabe. Propedeutica al latino universitario, Liv. 1, Università La Sapienza, a.a. 2020-2021, docente: Beatrice Larosa

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  • LA LINGUA LATINA

    La lingua come sistema dinamico. Il latino come lingua indoeuropea. La formazione del latino. Gli influssi. Le fasi del latino. Le varietà diacroniche e sincroniche. L’alfabeto, le sillabe, la pronuncia, l’accento, la divisione in sillabe.

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  • LA LINGUA COME SISTEMA DINAMICO

    La lingua latina, come tutte le lingue, non è un sistema coerente e determinato, ha avuto una sua origine e una sua storia, e si è modificata nel corso deltempo.

    Il latino che noi apprendiamo dalle grammatiche scolastiche è quello che si basa sui testi risalenti al periodo che va dal I sec. a. C. al I sec. d. C.: è questo il momento nel quale la lingua raggiunge una sua “normalizzazione” e compiutezza (il latino classico, impiegato da scrittori come Cicerone, Cesare, Livio, Orazio, Virgilio, Seneca, Tacito, Petronio, che la nostra tradizione culturale ha considerato particolarmentesignificativi).

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  • SINCRONIA E DIACRONIA

    Unalinguapuòesserestudiatasottodueaspetti: sincronicoe diacronico.

    La sincronia studia la lingua in un determinato periodo storico e il suo uso viene ricondotto a precise leggi di funzionamento (sotto l’aspetto morfologico, sintattico, lessicale). [linguistica “statica”, “descrittiva”: DeSaussure]

    La diacronia studia la lingua nella sua evoluzione nel corso del tempo (le fasi), con la finalità di individuare le leggi di mutamento. La lingua è, infatti, un sistema vivo, non stabile, capace di adeguarsi alle sempre nuove esigenze deiparlanti.

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  • IL LATINO COME LINGUA INDOEUROPEA

    La prospettiva diacronica è impiegata dagli studiosi di grammatica storica ecomparata.

    È merito dei glottologi tedeschi dell’Ottocento aver riconosciuto, dopo la scoperta del sanscrito o antico indiano, le parentele linguistiche tra idiomi parlati in aree geografiche lontane tra loro, riconducendole ad un’unica matrice comune: l’indoeuropeo.

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  • L’indoeuropeo è il ceppo linguistico che comprende, oltre al latino e alle lingue romanze da esso derivate, il greco, molte antiche parlate italiche, le lingue germaniche, celtiche, baltiche e slave, alcune lingue asiatiche (l’armeno, l’iranico, l’ittita e le lingue indiane); era parlato dalle tribù che, da un originario stanziamento (IV-III millennio a.C.), in un territorio corrispondente all’area caucasica, si diffusero, in diverse fasi migratorie, fra i territori estremi dell’India e dell’Europaoccidentale.

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  • LE PRINCIPALI LINGUE INDOEUROPEE (FONTE MAPPA: HTTP://WWW.HOMOLAICUS.COM/LINGUAGGI/LINGUE_INDOEUROPEE.HTM)

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    http://www.homolaicus.com/LINGUAGGI/LINGUE_INDOEUROPEE.HTM)

  • LE PARENTELE LINGUISTICHE E CULTURALI

    La glottologia ottocentesca, grazie al metodo storico-comparativo, sistemò un enorme materiale specie nel campo della fonetica e della morfologia.

    Trovavano, così, spiegazione anche le anomalie grammaticali o le eccezioni, che grazie alla comparazione con lingue affini, erano considerate ilresiduodiunostadiolinguisticopiùantico.

    La parentela tra le lingue è dimostrata da elementi comuni che legano le parole impiegate dalle varie lingue indoeuropee per indicare una stessaentità.

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  • Le somiglianze si deducono a questilivelli:

    • fonetico (suoni comuni per consonanti, vocali e

    dittonghi);

    • morfosintattico

    (comune

    la flessione

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    declinazione di nomi, aggettivi, pronomi e verbi, con l'aggiunta, alla radice delle parole, di prefissi, suffissi edesinenze);

    • lessicale(qui le maggiori concordanze nei vocaboli di natura religiosa, alimentare, familiare, abitativa, oggettistica, nell’abbigliamento e nei nomi degli animali).

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    Greco Pater

    Tocario

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    Latino Pater

    Sanscr . Pitar

    Antico germanico

    Fatar

    Franc. Pére

    Proven. Paire

    Ital. Padre

    Gotico Fadar

    Inglese Father

    Tedesco Vater

  • Del ceppo linguistico indoeuropeo il latino conserva il sistema della flessione, l’accento melodico e molti elementi del lessico di base, come i termini per indicare i rapporti di parentela (la struttura della società dei popoli indoeuropei era di tipo patriarcale) e quelli relativi all’economia, alla religione, alla politica (pensiamo, per es. al vocabolo rex, la cui radicedi reg- compare nelle lingue celtiche in nomi come Vercingetorix o nel sanscritoRāja).

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  • Prima dell’arrivo in Italia dei protolatini indoeuropei, nella penisola si parlavano idiomi differenti.

    Il latino era la lingua delle tribù indoeuropee che intorno al II millennio a.C. si stanziarono nella parte centrale del territorio, insieme a Falisci, Oschi, Umbri, Sabini; i Celti e i Veneti si stanziarono a nord, i Messapi e i Siculi a sud. Tra il IX e il VII sec. un gruppo si insediò su un colle posto alla sinistra del Tevere (il Palatino), dove secondo la tradizione nel 753 a.C. fu fondata Roma,sebbenestudipiùrecentiabbianocollocato i primi insediamenti sull’isola Tiberina, importante punto strategico per i rapporti commerciali con gliEtruschi.

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  • IL LATINO LINGUAITALICA

    Il latino è una lingua indoeuropea,appartenente

    al gruppo gruppo italico assiemea:

    ----Osco (lingua dei Sanniti: Sannio, Campania, Bruzio, colonia di Messina)

    ----Umbro (tra Lazio eUmbria)

    ----Dialetti sabellici (Sannio, Umbria)

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  • Propedeutica al latino universitario, Liv. 1, Università La Sapienza, a.a. 2020-2021, docente: Beatrice Larosa

    L’ITALIA PREROMANA

  • Propedeutica al latino universitario, Liv. 1, Università La Sapienza, a.a. 2020-2021, docente: Beatrice Larosa

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    http://accvmisoccul.blogspot.com/2010/12/interferenze-culturali-e-linguistiche_19.html

  • Il latino, in realtà, non era la lingua di tutto il Laziopreromano,maildialettodiRoma,estesocol predominio politico a tutto il Lazio, dove finì per soppiantare le parlate locali, dalle quali fu però ancheinfluenzato.

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  • Quel dialetto non si discostava sostanzialmente dal linguaggio parlato originariamente da un gruppo di paesi situati a sud del basso Tevere, tra i Monti Albani e il mare, regione storicamente indicata col nome di Latium Vetus. Al principio del sec. VI a. C., la continuità dialettale tra Lazio settentrionale e Lazio meridionale e tra questo stesso paese e quello degli Aurunci fu probabilmente interrotta da un'infiltrazione di Volsci, dialettologicamente Sabelli, discesi lungo il Tevere e l'alto corso dell'Aniene dal confine meridionaledell'Umbria.

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  • Propedeutica al latino universitario, Liv. 1, Università La Sapienza, a.a. 2020-2021, docente: Beatrice Larosa

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  • L’ESPANSIONE DEL LATINO: TAPPE PRINCIPALI

    753 a.C. (fondazione di Roma)- 476 d.C.: caduta

    dell’Impero romano d’Occidente

    Principali conquistemilitari:

    • 272 a.C. Italiacentro-meridionale

    • 197 a.C.Iberia

    • 167 a.C. Illiria (cfr. ex-Jugoslavia eAlbania)

    • 146 a.C. Africasettentrionale

    • 118 a.C. Galliameridionale

    • 50 a.C. Galliasettentrionale

    • 15 a.C.Rezia

    • […]

    • 107 d.C. Dacia (cfr. attualeRomania)

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  • LE VARIAZIONI DEL LATINO

    Diacroniche (variazioni neltempo);

    Diatopiche (variazioni nellospazio);

    Diastratiche (variazione in base al parlante: età, genere, classesociale…);

    Diafasiche (variazioni di registri, generi,sottocodici)

    Diamesiche (variazioni in base al mezzo: parlato oscritto).

    Subisce influssi di adstrato (dalle lingue confinanti); sostrato (da quelle preesistenti nel territorio dove si diffonde) e superstrato (è il caso del greco nelle colonie dell’Italiameridionale).

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  • VARIABILITÀ NEL LATINO

    Latino classico ≠ latino volgare;

    latino di Roma ≠ latino delle areeperiferiche;

    latino dei ceti acculturati ≠ latino dei ceti nonalfabetizzati;

    latino scritto (proprio delle opere letterarie o dei documenti ufficiali) ≠latinoparlato.

    latinovolgare: • per usi familiari, frequente nelle aree periferiche, utilizzato dalle

    personeincolte; • non scritto (solo tracce casuali), non ha una norma

    grammaticalecodificata; • varietà: sermoplebeius, sermomilitaris, sermorusticus,

    sermoprovincialis.

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  • Il latino letterario-scritto: seguiva dei modelli linguistici e stilistici e rispettava delle norme che si tramandavano, più o meno inalterate, nelle regioni latinizzate.

    Il latino volgare: è quello effettivamenteparlato nelle regioni soggette alla dominazione romana e viene di solito usato per indicare i diversi livelli linguistici esistenti (varietà d’uso che si sono susseguite nel tempo e nei diversi territori).

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  • LE FASI DELLATINO

    1. La fase piùantica:

    latinopre-letterario sino al principio del III sec. a. C., restano scarse iscrizioni e frammenti indiretti, è ricostruibile con il metodostorico-comparativo;

    latino arcaico da Livio Andronico (240 a.C. sua prima rappresentazione) all’inizio del I sec. a C. (età di Silla morto nel 78 a.C.): palliata e opera diCatone.

    2. La fase piùmatura:

    latino classico (I sec. a.C.): età di Cesare e di Cicerone (in questo periodo la lingua raggiunge una suanormalizzazione);

    latino augusteo (fino al 14 d. C. morte di Augusto): poeti augustei eLivio;

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  • 3. latino post-classico o imperiale (i primi due secoli dell’impero-180 d.C. morte di Marco Aurelio): divergono progressivamente lingua letteraria e lingua parlata;

    4. latino cristiano: latino imperiale attestato negli autori cristiani a partire dalla fine del II sec. d. C., ricco di grecismi, semitismi,volgarismi;

    5. tardo-latino o basso latino, in parte parallelo al latino cristiano: ultimi secoli dell’impero (524 d.C. morte diBoezio).

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  • • Periodo delleorigini: V sec. A.C.- 240 a.C.

    • Periodoarc,aico(preclas·sco):240-78a.C.

    • Periodo classico: 78a.C.- 14 d.C.

    • Etacesariana/c·ceron:iana(78-44-·3a.C.)

    • Etaaugustea(44a..C..-14 d..C.

    • Etaimperiale:14- 476d.C..

    • Alto lmpero: fino a Traiano (117 d.C.)

    • Med io Im pero (fino alla fine del 11 sec. D.C.)

    • Bassolmpero(finoallacaduta:476d..C..)

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  • GLI INFLUSSI LESSICALI DELLE LINGUE PREINDOEUROPEE, DELL’ETRUSCO E DELGRECO

    Dal sostrato preindoeuropeo dell’Italia centrale il latino derivò i nomi di piante e di prodotti della zona come abies(abete), larix(larice), ficus (fico), cupressus(cipresso), vinum(vino).

    Dalla lingua etrusca (non indoeuropea) prese in prestito terminipoliticiemilitaricomemiles,veles“vèlite”(soldato alla leggera), populus, cliens, currus, parma, o indicanti tecniche e oggetti come cisterna, taberna, lanterna,catena, columna, o anche vocaboli del mondo teatrale tra cui histrio“attore”, scurra“buffone”, persona(maschera,

  • Dallalinguagrecaiprestitilessicaliriguardarono i campi del commercio, della navigazione e della tecnica, ma anche quello filosofico e letterario. I termini furono introdotti e adattati con procedimenti diversi: la traslitterazione (poietés), la formazione di calchi (ousìa) e di neologismi, l’attribuzione di nuovi significati a parole latine preesistenti(ratio)sulmodellodiquellegreche.

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  • L’ALFABETO LATINO

    L’alfabeto latino deriva da quello greco occidentale usato nelle colonie greche dell’Italia meridionale (presumibilmente nella colonia calcidese di Cuma) per intermediarioetrusco.

    L’influsso etrusco ha stabilito la direzione della scrittura (da sinistra a destra). In greco, i testi più antichi mantennero la direzione da destra a sinistra, tipica della scrittura fenicia; in seguito ci fuun periodo di incertezza: a volte il testo aveva andamento bustrofedico, a volte da destra a sinistra, o da sinistra a destra; alla fine si impose l’uso di scrivere da sinistra adestra.

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  • All’inizio anche l'etrusco era scritto con orientamento bustrofedico (secondo il modo di arare dei buoi, da destra a sinistra, da sinistra a destra, e via di seguito, cambiando direzione ad ogni andata a capo), secondo l'uso greco. Tale orientamento compare pure nei primi documenti latini, come il cippo del foro romano. Tuttavia, ben presto la scrittura etrusca, e così quella latina, accolse l'orientamento definitivo da sinistra a destra.

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  • oOriginariamente l’alfabeto era composto da 20 caratteri, divenuti presto 21 attorno al 230 a.C. con l'aggiunta della lettera ⟨G⟩, ad opera del console Spurio Carvilio Ruga.

    Le lettere ⟨J⟩, ⟨U⟩, ⟨W⟩, ⟨Y⟩ e ⟨Z⟩ erano sconosciute. L'ordinetradizionaledelleletteresichiudevaconla X.

    Durante l'epoca repubblicana, a seguito del crescente influsso greco, furono introdotte due ulteriori lettere, la ⟨Y⟩ e la ⟨Z⟩, per riportare in latino i corrispondenti caratteri dell'alfabeto greco. L'alfabeto latino arrivò così a 23 lettere (6 vocali a e i u o y e 17consonanti).

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  • Inizialmente le lettere erano scritte soloin maiuscolo (capitale arcaica, usata nelle iscrizioni). Accanto alla scrittura maiuscola era diffusa anche una scrittura di tipo corsivo per i testi privati e poi per quelliletterari.

    Tramite le conquiste imperiali, l'alfabeto latino si diffuse da Roma ai territori conquistati e venne trasmesso alle lingue neolatine che ne derivarono; le regioni orientali dell’impero romano continuarono ad usare il greco come lingua franca. L'espansione nell'Europa settentrionale e centrale avvenne attraverso la diffusione delCristianesimo.

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  • Propedeutica al latino universitario, Liv. 1, Università La Sapienza, a.a. 2020-2021, docente: Beatrice Larosa

  • LE CARATTERISTICHE DI ALCUNELETTERE

    L'alfabeto greco di tipo occidentale usava due lettere scomparse in quello classico: il digamma e il koppa che i latini ripresero per i loro segni F (inizialmente accompagnato da h) eQ.

    Il segno V (minuscolo u) indicava sia il suono vocalico sia quello consonantico della u, ma non aveva il valore della nostra fricativa labiodentale sonora v, che i Latini non possedevano: ad esempio "vita" era scritto e pronunciato uita. Il segno v, adottato nel 500 per l'italiano, fu poi esteso ai testi latini per indicare la u semiconsonante, ma molte edizioni critiche riproducono la grafia classica e scrivono uiuere, uenioper vivere evenio.

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  • Il suono velare sordo C, in origine era rappresentatoda K, solo dopo si generalizzò in C, mentre K rimase in alcune sigle K. o Kal. (per Kalendaecioè il primo giorno del mese) e in pochi nomi come Karthagoper dire Cartagine (tra l'altro era diffusa anche la grafia Carthago).

    La lettera gamma, che indicava la velare sonora, fu usata per indicare anche la velare sorda C, su influsso etrusco, che non possedeva sonore. In un'iscrizione arcaica, per esempio, troviamo scritto VIRCO per VIRGO, vergine. Successivamente, nel corso del III sec. a.:, con una leggera modificazione della C fu introdotto il segno G per distinguere i due suoni. Dell'uso antico di C rimane traccia nelle abbreviazioni C. e Cn. dei prenomi Gaius, Gaio, e Gnaeus, Gneo. La lettera G fu allora inserita al settimo posto dell'ordine alfabetico,al posto della Zeta che al momento era statasoppressa.

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  • La Zeta infatti rappresentava la s sonora, ma tale suono sempre intervocalico, diventò ben presto in latino R (per il fenomeno del ROTACISMO: arbosem=arborem, introdotto secondo la tradizione da PapisiusCrassus, dittatore nel 340 a.C., nella trascrizione del suo nome in Papirius). Risultando inutile quindi la lettera zeta fu eliminata. Fu reintrodotta alla fine dell'epoca repubblicana, insieme col segno Y, per trascrivere le parolegreche.

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  • Essendo estranea al sistema fonetico latino la serie delle consonanti aspirate, i segni greci di queste consonanti furono utilizzati in latino come sigle numeriche: per esempio θ=thin greco divenne in latino C=100 (per influsso dell'iniziale di centum). Da X su influsso etrusco, pare sia derivata la sigla per indicare 10 e dalla sua metà quella per indicare il 5(V).

    Ennio introdusse l'innovazione, che si ispirò al modello greco, di scrivere doppie le consonanti geminate (sono quelle che hanno una durata maggiore delle altre, nonostante siano indicate con una sola consonante) originariamente scritte con una consonante semplice (fuisseinvece difuise).

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  • LA PRONUNCIA In latino distinguiamo una pronuncia scolastica, cheè

    quellachenoiutilizzeremo,eunapronunciaclassica. La pronuncia scolastica italiana non coincide con

    quella classica, propria dei ceti colti di Roma nei secoli I a.C.- I d. C., ma segue lapronuncia tradizionale della Chiesa cattolica (di cui il latino è tuttora lingua ufficiale) ed è perciò detta ecclesiastica o romana, non lontana sostanzialmente dalla realtà fonetica del latino del IV-V sec.d.C.

    Le caratteristiche principali sonoqueste:i dittonghi aee oesi pronunciano e (aetas: etasCaesar:

    Cesar). Se però le due vocali sono in iato, cioè fanno parte di due sillabe diverse, si pronunciano separatamente. In tal caso si usa porre il segno della dieresi sul secondo elemento: poëta; àër (aria);

    y e yi si pronunciano i (tyrannus: tirannus); h è sempremuta;

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  • il gruppo phsi pronunciaf;

    il gruppo ti seguito da vocale si pronuncia zi (per esempio laetitia), ma si legge ti se il gruppo è accentato (totius: di tutto) o se la ti è preceduta da s, t o x (Sextius: Sestio) o nelle parole di origine greca (tiara:tiara);

    il gruppo gl si pronuncia come l'italiano glicine;

    c e g assumono tratto palatale se seguiti da e oppure i (cena: pranzo si pronuncia come l'italiano cena, gens: stirpe, come l'italianogente);

    la u semiconsonantica è pronunciata v (peresempio uerus: verus).

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  • La pronuncia detta “classica” –o, con termine latino, restituta, cioè “ripristinata”– fu elaborata per primo dall'umanista Erasmo da Rotterdam ed è più vicina a quella usata nel periodo classico (posto tra I sec. a.C. e I sec.d.C).

    Le principali caratteristiche della pronuncia restituta sono queste:

    nei dittonghi si pronunciano sempre entrambi gli elementi, con l'accento sul primo di questi: Caesar: Càesar, “LAETUS, “làetus”, POENA, “pòena”;

    la Y si pronuncia ü, alla greca (lyra: liura)

    il nesso TI seguito da vocale si pronuncia come è scritto;

    C e G si pronunciano sempre dure, anche prima di E o I: CICERO, “kikero”; CELER, “keler”; • di conseguenza il grafema GN si pronuncia sempre con la velare seguito dalla nasale: DIGNUS si pronuncia“dig-nus”;

    il segno V indica la semivocale U seguita da vocale: VISUM si pronuncia “uisum”,VIVERE, “uiuere”.

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  • LA QUANTITÀ VOCALICA

    Uno degli aspetti della fonetica latina più sfuggente per i parlanti italiani è il concetto di quantità vocalica, ossia della durata della pronuncia di una vocale. Si tratta di una caratteristicadiorigineindoeuropeacheèandata perduta già tra IV e V sec. d.C., all'inizio del processo di trasformazione del latino parlato nelle lingueromanze.

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  • In latino si distinguevano vocali brevi, indicate a stampa coi segni Ă / ă, Ĕ / ĕ, Ĭ / ĭ, Ŏ / ŏ, Ŭ / ŭ, e vocali lunghe, indicate coi segni Ā / ā, Ē / ē, Ī / ī, Ō / ō, Ū / ū. Le vocali lunghe avevano una emissione di suono di durata doppia rispetto alle vocali brevi. Questa differenziazione aveva una funzione fondamentale nella lingua latina: essa infatti permetteva ai parlanti di distinguere parole omografe (cioè scritte nello stesso modo) ma diverse, come ŎS, “osso” e ŌS, “bocca”, oppure voci diverse della morfologia di un nome o di un verbo, come ROSĂ, nominativo singolare, e ROSĀ, ablativo singolare, oppure LĔGIT, terza persona singolare del presente indicativo, “egli legge”, e LĒGIT, terza persona singolare del perfetto indicativo, “eglilesse”.

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  • LE REGOLE DELLA QUANTITÀ E DELL’ACCENTO Nella lingua latina la quantità delle sillabe (se una

    sillaba è lunga o breve) è un fattore essenziale anche per la posizione dell'accentotonico.

    Nella parole latine l'accento può trovarsi solamente sulla penultima o sulla terzultima sillaba, in base a una semplice regola (legge della penultima sillaba): se la penultima sillaba è lunga, allora l'accento case su di essa; se è breve, allora cade sulla sillaba precedente, ossia sulla terzultima. L'accento non può risalire oltre la terzultima (legge del trisillabismo). Ovviamente il problema si pone solo nelle parole composte da tre o più sillabe: nei bisillabi l'accento tonico sarà sempre sulla penultima (ter-ra ecc.): legge dellabaritonesi.

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  • Per determinare la posizione dell'accento siparla non di quantità vocalica ma di quantità sillabica, che oltre alla durata della vocale prende in considerazione anche le consonanti che eventualmente si trovano nella sillaba. Per determinare se la penultima sillaba è lunga o breve(equindisel'accentocadesuquestaosulla terzultima), occorre tener presente una semplice regola della fonetica latina: se la sillaba è “chiusa”, ossia termina per consonante, la sillaba è sempre lunga; se la sillaba è “aperta”, ossia termina per vocale, allora la sillaba avrà la stessa quantità della sua vocale. I dittonghi sono sempre lunghi. Le vocali sono ancipiti (lunghe o brevi in base allaposizione).

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  • NOTAZIONI SULL’ACCENTO

    In seguito alla caduta della vocale o della sillaba finale (apòcope), alcune parole risultano accentate sull’ultima sillaba.Così:

    --gli avverbi formati con la particella –ce: p. es.illic, istucecc.;

    --le forme interrogative che presentano la particella –ne: p. es. audin(daaudīsne);

    --gli imperativi dei composti di duco: reduc(da redūce), adduc(daaddūce);

    --alcune forme dei composti di facio, nei quali l’accento si mantiene in posizione originaria (patefít, calefít)

    -- i sostantivi Arpinás(da Arpinatis), Maecenás(da Maecenatis), Samnís(da Samnītis).

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  • Le particelle atone (enclitiche) –quee –ve (congiunzioni); -ce, -pte, -te, -met, -dem(con valore rafforzativo); -ne, -nam(interrogative), si uniscono alla parola d’appoggio determinando lo spostamento di accento (accento d’enclisi) sulla sillaba che precede l’enclitica, indipendentemente dalla sua quantità (p. es. populúsque, filiáve, egómet).

    Quando l’enclitica non è più sentita come tale, si segue la legge generale (útinam, úndique, éadem, ítaque).

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  • LA DIVISIONE INSILLABE

    Il numero delle sillabe di una parola è data dal numero di vocali della parola stessa in esse presenti o dei dittonghi (foederatusè una parola di 4 sillabe; diligentiadi 5sillabe).

    La divisione in sillabe segue le stesse regole dell’italiano,masidevetenercontodeiseguenticasi:

    1. se in una parola si incontrano 2 o più consonanti,la prima va con la vocale che precede, l’altra o le altre con quella che segue (dis-co, as-trum); se, però, il gruppo è costituito da una muta (gutturale, labiale, dentale) o da una f + liquida (l/r) allora ladivisione avviene come l’italiano(te-ne-brae);

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  • 2. i digrammi qu e gurappresentano un unico suono consonantico (labiovelare) e formano una sillaba con la vocale che segue (an-ti-quus;san-guis);

    3. la i e la u semiconsonantiche formano sillaba con la vocale che segue(Iu-no);

    4. la x intervocalica forma sillaba con la vocale successiva, ma chiude la sillaba precedente perché è consonante doppia (di-xi=dic+si);

    5. nelle parole composte le preposizioni formano sillaba a parte(per-o-ro).

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  • RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E SITOGRAFICI

    Palmer L. R., La lingua latina, Torino2002;

    StolzF.,DebrunnerA.,SchmidW.P.,Storiadellalingualatina,Bologna1993;

    TrainaA.,BernardiPeriniG.,Propedeuticaallatinouniversitario,Bologna1998;

    https://www.bookinprogress.org/bookinprogress/_file/documenti/PDF_LIBRI/latino/AIE%2

    0800%20C1%20Latino%20ELEMENTI%20DI%20FONETICA.pdf

    https://slideplayer.it/slide/607683/2/images/3/Le+epoche+della+letteratura+latina.jpg

    https://it.wikipedia.org/wiki/Latium_vetus#/media/File:Ligue-latine-carte.png

    http://accvmisoccul.blogspot.com/2010/12/interferenze-culturali-e-linguistiche_19.html

    http://www.homolaicus.com/linguaggi/lingue_indoeuropee.htm

    http://accvmisoccul.blogspot.com/2010/12/interferenze-culturali-e-linguistiche_19.html

    https://dizionaripiu.zanichelli.it/storiadigitale/p/mappastorica/288/l-italia-preromana

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    http://www.bookinprogress.org/bookinprogress/_file/documenti/PDF_LIBRI/latino/AIE%252http://accvmisoccul.blogspot.com/2010/12/interferenze-culturali-e-linguistiche_19.htmlhttp://www.homolaicus.com/linguaggi/lingue_indoeuropee.htmhttp://accvmisoccul.blogspot.com/2010/12/interferenze-culturali-e-linguistiche_19.html