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La linfa di Bacco a Palazzo Dai pregiati vini della Tenuta Diana, passando per l’Osteria del Bafòn, fino al Cantinone Nel giornale fanese “La Fortuna” nel 1893 apparve un inserzione che reclamizzava “i vini premiati della premiata Tenuta Diana”. Così Arnolfo Pagani faceva conoscere le sue produzioni vinicole fatte con le uve dei poderi della Contessa Bracci sulle colline di San Cesario e Ferretto ma vinificate nella sua cantina in corso Vittorio Emanuele n. 25 (oggi corso Matteotti n. 97), corrispondente all’ingresso di Palazzo Bracci Pagani dal quale tuttora si deve passare per scendere nell’interrato ove, al tempo, erano alloggiate enormi botti e le migliori attrezzature per la spremitura dei grappoli e successivi trattamenti. Due anni dopo, in piena estate, sempre lo stesso foglio comunica: “Pei signori forestieri e anche pei nostri concittadini facciamo noto che le cantine della Contessa Diana Bracci, in corso Vittorio Emanuele 25, anche quest’anno, per la stagione balneare, hanno posto in vendita gli eccellenti vini rossi e bianchi da pasto delle colline di San Cesario e Ferretto, in fiaschi, damigiane, ed anche a bicchieri. Noi li abbiamo assaggiati e possiamo proprio assicurare che sono squisiti. Il pubblico è dunque avvisato” (La notizia è riportata nella bella pubblicazione di Giorgio Tonelli, “Fano attraverso le inserzioni pubblicitarie”, Fano, 2010, p. 157). Ottima organizzazione commerciale parrebbe, date le “consegne in ferrovia sul vagone, al porto sulla banchina e in città entro e fuori dazio” con anche consegne a domicilio. E siamo sicuri anche ottimi vini. Sì, Pagani ci sapeva fare, sapeva bene come far fruttare le terre della sua nobile dapprima compagna, si direbbe adesso, e poi moglie. Almeno fino al 1916, anno in cui si chiuse il suo esilio terreno. E dopo? Si può ragionevolmente presumere che A lato, inserzione sul giornale fanese “La Fortuna” del 1893, disposta da Arnolfo Pagani per reclamizzare la produzione vinicola dell’azienda agricola “Tenuta Diana”, nei poderi della contessa Diana Bracci sui colli di San Cesareo e Ferretto. Sopra, Augusto Del Medico e la moglie Maria Gori, famigli di casa Bracci Pagani, cocchiere tuttofare lui e cuoca lei. Alle pagine successive, un’immagine di Augusto Del Medico (el Bafòn) con, al fianco destro, le sorelle Maria, sua moglie, e Rosa Gori, in posa con altri aiutanti tra i grappoli d’uva raccolta e i fiaschi di vino sul bancone. Su una cassetta il n. 341 e le lettere puntate P.A., verosimilmente il nome del proprietario, Pagani Arnolfo. 50/51

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La linfa di Bacco a PalazzoDai pregiati vini della Tenuta Diana, passando per l’Osteria del Bafòn, fino al Cantinone

Nel giornale fanese “La Fortuna” nel 1893 apparve un inserzione che reclamizzava “i vini premiati della premiata Tenuta Diana”. Così Arnolfo Pagani faceva conoscere le sue produzioni vinicole fatte con le uve dei poderi della Contessa Bracci sulle colline di San Cesario e Ferretto ma vinificate nella sua cantina in corso Vittorio Emanuele n. 25 (oggi corso Matteotti n. 97), corrispondente all’ingresso di Palazzo Bracci Pagani dal quale tuttora si deve passare per scendere nell’interrato ove, al tempo, erano alloggiate enormi botti e le migliori attrezzature per la spremitura dei grappoli e successivi trattamenti. Due anni dopo, in piena estate, sempre lo stesso foglio comunica: “Pei signori forestieri e anche pei nostri concittadini facciamo noto che le cantine della Contessa Diana Bracci, in corso Vittorio Emanuele 25, anche quest’anno, per la stagione balneare, hanno posto in vendita gli eccellenti vini rossi e bianchi da pasto delle colline di San Cesario e Ferretto, in fiaschi, damigiane, ed anche a bicchieri. Noi li abbiamo assaggiati e possiamo proprio assicurare che sono squisiti. Il pubblico è dunque avvisato” (La notizia è riportata nella bella pubblicazione di Giorgio Tonelli, “Fano attraverso le inserzioni pubblicitarie”, Fano, 2010, p. 157).Ottima organizzazione commerciale parrebbe, date le “consegne in ferrovia sul vagone, al porto sulla banchina e in città entro e fuori dazio” con anche consegne a domicilio. E siamo sicuri anche ottimi vini. Sì, Pagani ci sapeva fare, sapeva bene come far fruttare le terre della sua nobile dapprima compagna, si direbbe adesso, e poi moglie. Almeno fino al 1916, anno in cui si chiuse il suo esilio terreno.E dopo? Si può ragionevolmente presumere che

A lato, inserzione sul giornale fanese “La Fortuna” del 1893, disposta da Arnolfo Pagani per reclamizzare la produzione vinicola dell’azienda agricola “Tenuta Diana”, nei poderi della contessa Diana Bracci sui colli di San Cesareo e Ferretto.

Sopra, Augusto Del Medico e la moglie Maria Gori, famigli di casa Bracci Pagani, cocchiere tuttofare lui e cuoca lei.

Alle pagine successive, un’immagine di Augusto Del Medico (el Bafòn) con, al fianco destro, le sorelle Maria, sua moglie, e Rosa Gori, in posa con altri aiutanti tra i grappoli d’uva raccolta e i fiaschi di vino sul bancone. Su una cassetta il n. 341 e le lettere puntate P.A., verosimilmente il nome del proprietario, Pagani Arnolfo.

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l’attività potesse continuare con Augusto Del Medico (1881-1963) cocchiere e uomo tuttofare di casa Bracci Pagani. Augusto aveva sposato Maria Gori (1868-1960) fantesca, con la sorella Rosa (1865-1966), della contessa Diana. E tutti abitavano nella stessa prestigiosa dimora che poi, morta nel ‘24 la nobildonna, sarebbe rimasta a loro come usufruttuari. Del Medico conosceva bene i mestieri agricoli e di cantina appresi col suo tirocinio da Arnolfo ed era anche apicoltore come attesta una fotografia in cui si mostra una vetrina, al piano terra del palazzo sul corso, in cui sono esposti in bell’ordine una buona quantità di vasi e vasetti di miele sotto la scritta in alta evidenza “Giornata del Miele” e con cartelli che reclamizzano col nome del titolare le caratteristiche della propria pregiata produzione.Quindi, per tornare al vino, l’operosità della cantina dovette essere assicurata.Sul lato del palazzo affacciato su via Arco d’Augusto frattanto era stata avviata nel 1923, da un referenziato parrucchiere fanese, un’attività di “Sala da toletta per signori e signore, con salottino separato per queste ultime. Una sciccheria in cui si praticavano “schampoing, ondulazione Marcel, applicazione tinture, massaggi facciali e manicure”. Negli stessi locali, in un tempo successivo che non si è riusciti a determinare compiutamente, Augusto Del Medico, aprirà un esercizio di mescita che fin da subito prenderà il nome popolare di “Osteria del Bafòn” per via dei baffi corposi e spioventi del gestore, un ambiente e un punto di ritrovo in cui il vino scorrerà generoso. Sarà lì che nel 1946 si riunirà un gruppo di artisti fanesi spinti dalla voglia di ricominciare a vivere la creatività e inseguire la bellezza dopo le ferite portate dalla guerra e dall’occupazione tedesca. E dovendo trovare un nome al sodalizio da costituire, si contarono e, visto che erano quindici in tutto, decisero di chiamarsi “Accolta dei Quindici” dandosi lo scopo di organizzare mostre annuali dei loro lavori da esporre nelle aule dell’antistante Scuola Elementare Luigi Rossi. Naturalmente nel periodo estivo quando, terminate le lezioni, la scuola dava la necessaria disponibilità d’uso.L’Osteria del Bafòn continuerà con lo stesso appellativo

A lato, la vetrina del locale di Palazzo Bracci Pagani, sul corso (allora Vittorio Emanuele), dove Del Medico esponeva la propria produzione di apicoltore. L’occasione, di cui non viene segnalata la data, era quella de “La Giornata del Miele”.

Sopra, Augusto Del Medico con la moglie Maria, sul calesse fermo davanti al loro casale di Santa Cristina, colle panoramico su Fano nei pressi di Monte Giove.Oggi, nell’edificio restaurato, i parenti eredi gestiscono un agriturismo dallo stesso nome.

Sotto, Bacco fanciullo, dio latino del vino e della vendemmia, in un’incisione settecentesca del Lorenzini, da un dipinto di Guido Reni.

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anche quando Augusto passa la conduzione a suo nipote Vitaliano Del Medico (1915-1991). Questi, nel 1958, ne cederà la licenza e la gestione a Giorgio Gentili. E siamo al punto di svolta. Stanno maturando tempi nuovi. Il nuovo titolare capisce che il futuro non può essere più nell’esercizio di osteria per cui, dopo averla condotta così in un primo momento, la trasformerà in ricercata rosticceria. Siamo nei favolosi anni Sessanta, esplode il miracolo economico, la gente ha più soldi e più voglia di spenderli. Va fatto un passo avanti: Giorgio decide di utilizzare la cantina come ristorante caratteristico. Il nome? “Il Cantinone”, una scelta azzeccata. Delle botti restano solo i fondi attaccati alle pareti a far da scenografia, un po’ di ritocchi qua là per dare un aspetto rustico ma accogliente, tavoli e sedie impagliate di foggia agreste, tovaglie colorate e un grande camino con ampia arola, proprio come in campagna ma con tratto più ricercato. Da dar subito l’idea che lì si mangia bene, roba genuina, sincerae sapida, e si beve anche meglio.Sì perché al ristorante è accoppiata la ricca enoteca in cui è gioco di classe scegliersi il vino più adatto da gustare lì al momento, o da portarsi a casa, o regalare in qualche bella occasione. Nel 1966 muore, più che centenaria, Rosa Gori ultima usufruttaria di Palazzo Bracci Pagani e la disponibilità del bene, negozi e cantine comprese, passa all’ECA (Ente Comunale Assistenza) moderno Istituto che raccoglie fin dal 1937, l’eredità della disciolta Congregazione di Carità alla quale Diana Bracci aveva lasciato tutto il suo patrimonio. Gli amministratori subentrati confermano la gestione del Cantinone a Giorgio Gentili. Ristorante e enoteca continuano a rappresentare modelli di distinzione. Tra i più affezionati frequentatori c’è anche il Conte Giuseppe Bracci (1907-1980), pronipote di Diana. Per lui è un po’ come trovarsi a casa. Poi anche l’ECA verrà disciolto nel 1978 e la proprietà del fabbricato passerà direttamente al Comune e, in seguito, all’acquisizione della Fondazione Cassa di Risparmio di Fano (2011), quando ormai la condotta del Cantinone e dei suoi vini è già da tempo affidata al figlio di Giorgio, Leonardo. Tanto da non scordarsi che la linfa di Bacco, se non più nella cantina di Pagani, è ancora di casa a Palazzo.

A lato, immagini del Cantinone anni ‘60. Il ragazzino al banco è Leonardo, figlio del titolare Giorgio Gentili. Sotto, il cameriere Gino, più conosciuto in seguito come Chef del ristorante “Da Gino” al Lido di Fano. Giorgio Gentili sorridente col suo ragioniere Benito.

Sotto, una foto giovanile del conte Giuseppe Bracci (1907-1980) al mare, in piacevole compagnia.Più tardi sarà affezionato frequentatore del ristorante enoteca “Il Cantinone”, quasi se, in quanto pronipote di Diana, una volta proprietaria del Palazzo Bracci Pagani, lì si sentisse un po’ come a casa sua.

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