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36 La storia recente dell'esperienza delle aziende nella gestione dei rischi finanziari insegna in modo molto chiaro quanto sia importante “blindare” il processo con procedure formalmente definite. L'avvento degli IAS e di Basilea 2 renderanno ancora piu' pressante tale must. Non esistono strategie o strumenti di copertura giusti in senso as- soluto. Esistono invece scelte corrette rispetto alla politica di co- pertura individuata dall’azienda come quella meglio rispondente alle proprie esigenze . Per hedging policy si intende la procedura che unisce in modo coerente tutti i passaggi dell’atti- vità di gestione dei rischi, dalla lo- ro individuazione e misurazione fi- no alla verifica di coerenza delle azioni intraprese con gli obiettivi di gestione prefissati. Pur con i forti limiti di ogni genera- lizzazione, l’esperienza di molte vi- site in aziende italiane di diverse dimensioni e settori mette spesso in evidenza quanto sia difficile tro- vare delle realtà in cui sia stata de- finita e formalizzata una comple- ta procedura per la gestione dei ri- schi finanziari. Si va dai casi in cui una procedura esiste in quanto consolidata nel comportamento dei singoli, spesso persone che hanno fatto la storia dell’azienda, ad altri in cui è la coscienza pro- fessionale del direttore finanziario o di altro alto dirigente che fa sen- tire l’esigenza di fissare delle re- gole di comportamento. Mentre è più diffusa ormai la sensibilità al problema del controllo del fair va- lue degli strumenti di copertura utilizzati e comincia ad emerge- re la consapevolezza dell’impor- tanza di un’analisi dei rischi con- nessi alle operazioni chiuse, più difficile è trovare, ai vari livelli del- la struttura organizzativa, un pre- sidio completo e formale di tutto il processo. Ma montare “un cru- scotto” per pilotare non è la par- te più ardua dell’impresa. Eppure i problemi sui derivati in alcuni casi sono legati proprio al- la dinamica tra funzioni diverse all’interno dell’organizzazione, co- me a volte succede tra l’impren- ditore ed il responsabile Ammini- strazione e Finanza, spesso co- lonna portante dell’azienda per- ché cresciuto con la stessa fian- co a fianco dell’imprenditore, ma con background più amministra- tivo che finanziario. Di fronte alla proposta di un’operazione in de- rivati particolarmente comples- sa, e rischiosa, l’imprenditore ha sottoscritto il contratto fidandosi di una pre-analisi che però il re- sponsabile amministrativo non poteva fare fino in fondo perché si trattava di operazioni molto lontane dalla logica di gestione finanziaria d’azienda. In questo modo il diri- gente di questa azienda è il primo ad essersi esposto a rischi per cui forse non è nemmeno retribuito. Cercherò ora di declinare alcuni passaggi fondamentali nella defi- nizione di una hedging policy. Il primo step, di grande importan- za , consiste nell’individuazione, la misurazione dei fattori di rischio a cui è esposta l’azienda. Si trat- di PAOLO CHIAIA AD di Calipso, Società di consulenza di risk management per aziende L’ IMPORTANZA DELL H EDGING P OLICY 36-38 Chiaia HEDGING POLICY def 15-04-2005 16:47 Pagina 36

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La storia recentedell'esperienza

delle aziende nella gestione

dei rischi finanziari insegna

in modo molto chiaro

quanto sia importante

“blindare”

il processo con procedureformalmentedefinite. L'avvento degli IAS e di Basilea 2renderannoancora piu' pressantetale must.

Non esistono strategie o strumentidi copertura giusti in senso as-soluto. Esistono invece sceltecorrette rispetto alla politica di co-pertura individuata dall’aziendacome quella meglio rispondentealle proprie esigenze .Per hedging policy si intende laprocedura che unisce in modocoerente tutti i passaggi dell’atti-vità di gestione dei rischi, dalla lo-ro individuazione e misurazione fi-no alla verifica di coerenza delleazioni intraprese con gli obiettivi digestione prefissati.Pur con i forti limiti di ogni genera-lizzazione, l’esperienza di molte vi-site in aziende italiane di diversedimensioni e settori mette spessoin evidenza quanto sia difficile tro-vare delle realtà in cui sia stata de-finita e formalizzata una comple-ta procedura per la gestione dei ri-schi finanziari. Si va dai casi in cuiuna procedura esiste in quantoconsolidata nel comportamento

dei singoli, spesso persone chehanno fatto la storia dell’azienda,ad altri in cui è la coscienza pro-fessionale del direttore finanziarioo di altro alto dirigente che fa sen-tire l’esigenza di fissare delle re-gole di comportamento. Mentreè più diffusa ormai la sensibilità alproblema del controllo del fair va-lue degli strumenti di coperturautilizzati e comincia ad emerge-re la consapevolezza dell’impor-tanza di un’analisi dei rischi con-nessi alle operazioni chiuse, piùdifficile è trovare, ai vari livelli del-la struttura organizzativa, un pre-sidio completo e formale di tuttoil processo. Ma montare “un cru-scotto” per pilotare non è la par-te più ardua dell’impresa.Eppure i problemi sui derivati inalcuni casi sono legati proprio al-la dinamica tra funzioni diverseall’interno dell’organizzazione, co-me a volte succede tra l’impren-ditore ed il responsabile Ammini-

strazione e Finanza, spesso co-lonna portante dell’azienda per-ché cresciuto con la stessa fian-co a fianco dell’imprenditore, macon background più amministra-tivo che finanziario. Di fronte allaproposta di un’operazione in de-rivati particolarmente comples-sa, e rischiosa, l’imprenditore hasottoscritto il contratto fidandosidi una pre-analisi che però il re-sponsabile amministrativo nonpoteva fare fino in fondo perché sitrattava di operazioni molto lontanedalla logica di gestione finanziariad’azienda. In questo modo il diri-gente di questa azienda è il primoad essersi esposto a rischi per cuiforse non è nemmeno retribuito. Cercherò ora di declinare alcunipassaggi fondamentali nella defi-nizione di una hedging policy.Il primo step, di grande importan-za , consiste nell’individuazione,la misurazione dei fattori di rischioa cui è esposta l’azienda. Si trat-

di PA O L O C H I A I AAD di Calipso,

Società di consulenza di risk management per aziende

L’ IMPORTANZADELL’HEDGING POLICY

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ro verso un’altra divisa. Dipendedalla divisa di riferimento dei prin-cipali concorrenti. Una forte sva-lutazione del dollaro può infatti per-mettere ai concorrenti americanidi erodere quote di mercato eu-ropeo. Se questo concetto puòessere anche condivisibile a livel-lo intuitivo, il problema risiede neltrovare una misura della sensibi-lità della quota di mercato dome-stico alle variazioni del dollaro. Lacomplessità è legata al fatto chetale misura deve tener conto siadelle barriere all’entrata sia dellavelocità di adeguamento dei listi-ni propri e di quelli degli altri con-correnti europei.Individuati e misurati i fattori di ri-schio rilevanti, a maggior ragionein vista dell’avvento degli IAS, l’a-zienda dovrà poi formalizzare gliobiettivi economici che si proponedi raggiungere con la propria atti-vità di risk management. La for-malizzazione presuppone che si

sia fatta un’analisi di scenario cheindividui quale sia il il livello di rischiomassimo che l’azienda è dispostaa sopportare. Il caso più sempli-ce è quello in cui si decida di eli-minare completamente i rischi dioscillazione delle variabili finanzia-rie. In realtà spesso l’azienda ac-cetta di assumersi alcuni rischi alfine di poter raggiungere obiettivieconomici. La gestione dei rischiquindi viene vista non più come uncentro di costo, bensì come cen-tro di profitto, o quantomeno di ge-nerazione di efficienza. E’ in questicasi che ci deve essere la totaleconsapevolezza, a tutti i livelli del-l’organizzazione, che si è scelto unprofilo di rischio maggiore. Troppevolte si è nascosto questo ap-proccio dietro l’espressione “co-pertura dinamica dei rischi” chesuona invece come una leggeravariazione del tema “coperture”. Inrealtà è un pericoloso modo di nonchiamare le cose per quello che ▼

ta di un’analisi complessa, con for-te componente quantitativa, chedeve tenere in considerazione va-ri aspetti, non solo di natura finan-ziaria, della gestione aziendale.Obiettivo è di poter valutare il gra-do di sensibilità del proprio pianoindustriale alle oscillazioni possibilidei suddetti fattori. E’ un’analisimultifunzionale e non puramentefinanziaria che non può prescin-dere anche dal coinvolgimento dichi si occupa in azienda di piani-ficazione e definizione delle stra-tegie di posizionamento dell’a-zienda nei confronti della concor-renza. Prendiamo ad esempioun’azienda europea che nonesporta al di fuori dell’area euro.Apparentemente quindi non esi-sterebbero i presupposti per par-lare di esposizione a rischio dicambio. Anche in un caso di que-sto genere, tuttavia, il fatturato diquest’azienda può rivelarsi sen-sibile ad oscillazioni del cambio eu-

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(knock-out o knock-in) in base al-le quali vene disattivata la coper-tura o viene introdotta una condi-zione penalizzante, esiste un con-creto rischio di non valutare cor-rettamente , id est di sottovaluta-re, le probabilità che il mercato at-tribuisce in un dato momento al ve-rificarsi dell’evento indesiderato.Il controllo ex ante non può chebasarsi su criteri matematico-sta-tistici che consentono di simula-re migliaia di scenari possibili diandamento delle variabili ed il re-lativo impatto economico diognuno di essi sulla strategia dicopertura attuata. La verifica a posteriori, fatta conadeguata periodicità, è infine l’uni-co strumento di controllo di coe-renza certa con gli obiettivi posti.Ricorrendo ancora al gergo di na-vigazione, è necessario avere lostrumento per fare “il punto nave”e stabilire il grado di “fuori rotta”.Non dobbiamo dimenticare che daquesto punto di vista un’azienda èspesso una realtà più complessada gestire di un attore prettamen-te finanziario. L’interazione di varia-bili esogene di diversa natura, dal-le materie prime ai cambi fino all’e-nergia, obbliga ad un approccio ilpiù possibile integrato ai problemi,al fine di essere sempre pronti adaggiustamenti che tengano contodi nuove dinamiche e scenari. L’augurio più grande, in merito aitemi sin qui trattati, che si può fa-re a chi è chiamato a gestire leaziende di oggi è di riuscire a farleva sulle innumerevoli e spessodolorose esperienze, non solo inItalia, per seguire la strada, pe-raltro quasi obbligata, della tra-sparenza e del rigore dotandosidi tutti gli strumenti e presidi perevitare di intervenire quando i fa-mosi buoi siano già scappati.

L’ IMPORTANZADELL’HEDGING POLICY

sono. Non c’è nulla di male nel-l’assumere dei rischi. E’ necessa-rio però che tutti ne siano consa-pevoli attraverso una trasparentee rigorosa comunicazione, in pri-mo luogo all’interno della strutturaorganizzativa. In questi casi è fon-damentale definire il rischio mas-simo che si decide di correre e l’o-biettivo economico/finanziario peril raggiungimento del quale si ac-cetta il rischio. Contemporanea-mente vanno definiti gli strumenticon cui si effettueranno i controllisul rispetto del limite di rischio equelli per capire se si è in rotta peril raggiungimento degli obiettivi.Mai navigare a vista. Una corretta gestione passa poianche per la definizione di un si-stema di deleghe e di poteri diimpegnare l’azienda che tengaconto dei diversi l ivell i di re-sponsabilità già definiti nellastruttura organizzativa.L’organo che è deputato ad ap-provare ed emanare le linee gui-da dell’attività di gestione dei ri-schi non può che essere il Con-siglio d’Amministrazione. La gestione dei rischi finanziari èpoi un’attività interfunzionale. Seprendiamo il problema del rischiodi cambio, pensiamo a quanto siaimportante stabilire delle regole intermini di tempi e metodologie ditrasferimento delle informazioni ri-levanti tra area commerciale, areaamministrativa, pianificazione econtrollo ed area finanza. La que-stione ovviamente si complica in gruppi industriali che ricorronoad una gestione accentrata dei rischi assunti da aziende diverseall’interno del gruppo stesso.

Una hedging policy non può con-siderarsi completa se non si è de-finita la gamma di strumenti fi-nanziari che si intende utilizzare.Deve infatti esserci coerenza traobiettivi, grado di rischio massi-mo accettato e strumenti che sivuole utilizzare per i fini della ge-stione. Deve essere molto chia-ro quali tipi di operazioni si pos-sano fare e quali invece vadanoesclusi. Questo passaggio, secorrettamente comunicato all’in-terno (organi societari) ed all’e-sterno della struttura (revisori eanalisti finanziari), da una parteeviterà il rischio di pericolosi frain-tendimenti, dall’altra definirà il fra-mework all’interno del quale ri-condurre l’operatività, dando co-sì conferma a mercato ed azioni-sti di un presidio costante sulllevariabili da controllare.L’ossatura del processo qui de-scritto si completa con il dotarsi daparte dell’azienda di strumenti dianalisi di rischiosità ex ante dellediverse strategie di gestione e distrumenti di analisi di performan-ce e di coerenza ex post di risultaticon obiettivi. La necessità di stru-menti di verifica ex ante è legatoalla complessità e volatilità dei mer-cati innanzitutto, ma anche dallacomplessità, spesso peraltro ec-cessiva, delle soluzioni di hedgingche il mercato propone. Si è ri-scontrato a tal proposito comespesso l’analisi di rischiosità rela-tiva ad alcune strategie che sonostate effettivamente collocate sulmercato, possa riservare sorpre-se anche per lo specialista. Seprendiamo il caso di operazionicon barriere di uscita o di entrata ❑

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