La matematica «relativistica ... -...

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ANNALEN P H Y DER S I K. alsoKONDKT UNI) roaTourOmilm DCRCH F. A. f. GIN, L W. GILBERT, L C. POGGENPORFF, E. UND E. N'ERRANE, VIZIATE FOLGE. BAND 17. OMIZICK RIMO% 322. 13AND. KURATORIUM: F. KOHLRAUSCH, M. PLANCK, G. QUINCKE, W. C. RONTGEN, E. WARBURG. UNTER KITWIRKUNG DER DEUTSCH EN PHYSISALISCHEN GESELLSCHAFT UNI> LNISNK401,11DZILK ION M. PLANCH itzrutiosesa gen vow PAUL DRUDE. MIT ire.n, FIGURENTAFELN. LEIPZIG, 1905. VERLAG VON JOHANN AMBROSIU8 BARTH. LU E ancora opinione assai diffusa che Einstein fosse un genio iso- lato giunto nel 1905 - non si sa come né perché - a formulare la «rivo- luzionaria» teoria della relatività ristret- ta. Una decina di anni dopo, Einstein concepiva un'altra grande teoria, la re- latività generale, e la esprimeva in for- malismo matematico mediante l'uso del calcolo tensoriale, un metodo che, guarda caso, era già stato sviluppato dai due matematici Gregorio Ricci- -Curbastro e Tullio Levi-Civita. Ma il calcolo tensoriale, impiegato per «descrivere matematicamente» la teoria della relatività generale (come è stato più volte affermato), è davvero uno strumento concepito in un setto- re completamente estraneo alla fisica, quale parrebbe essere la matematica ot- tocentesca? O è invece il frutto di uno sviluppo storico che vede la sua moti- vazione principale nelle ricerche fisico- matematiche nate all'inizio del secolo scorso? p er trovare le risposte a queste do- mande, bisogna partire dalla scien- za del Settecento. Infatti già nel corso di quel secolo - e anche prima - nume- rosi «filosofi naturali» nutrivano l'am- bizione comune di formulare un'unica teoria che fosse in grado di spiegare la totalità dei fenomeni fisici. A questo scopo, essi immaginavano un fluido elastico, omogeneo e isotropo, l'etere, che riempiva l'intero universo e le cui deformazioni permettevano la trasmis- sione delle forze nello spazio, anche nota come «azione a distanza». I tenta- tivi di descrivere la propagazione dei fenomeni mediante l'azione meccanica di questo mezzo si protrassero per tutto l'Ottocento. Dopo la pubblicazione dei lavori fon- damentali sulla geometria non euclidea da parte di Jànos Bolyai (1802-1860) e Nikolaj Lobaè'evskij (1792- 1856), in- torno al 1830 molti scienziati si doman- darono se lo spazio pervaso di etere do- vesse necessariamente essere euclideo oppure se fosse concepibile un universo non euclideo, sferico o con curvatura costante negativa. Illustreremo tra poco i differenti mo- di in cui numerosi matematici illustri affrontarono questo problema e vedre- mo come alcuni cercarono di risolverlo anche in maniera assai spregiudicata. Prima però bisogna osservare che gli stessi fondatori della geometria non eu- clidea ritenevano di non poter esclude- re a priori la possibilità di un universo curvo. Infatti, l'affermazione che la meccanica possa erigersi sulla geome- tria non euclidea si trova addirittura in un manoscritto di Bolyai che risale con ogni probabilità al 1835. In alcuni appunti redatti intorno al 1850-1852, Bolyai espone con maggio- ri dettagli le sue convinzioni sull'im- possibilità di decidere, «con le misura- zioni terrestri», la validità del quinto postulato di Euclide (il celebre postula- to delle rette parallele) basandosi su da- ti sperimentali e con gli strumenti a sua disposizione. Per riuscire a discernere sperimentalmente la geometria di Eu- clide da quella non euclidea, continua Bolyai, ci si deve basare su calcoli che riguardano i moti e le mutue posizioni dei pianeti nell'ipotesi che la forza di attrazione tra due corpi sia sempre in- versamente proporzionale alla superfi- cie sferica, il cui raggio è la distanza tra i due corpi. Dunque, se lo spazio è euclideo, i pianeti si attraggono secondo l'usuale legge della gravitazione di Newton, ma se la curvatura dello spazio k è costante la forza di attrazione risulta proporzio- nale alla quantità: sen2 dove r è la distanza tra i pianeti. Ritro- veremo la stessa legge in alcuni articoli sulla teoria del potenziale in spazi non euclidei pubblicati nel 1885 da Killing. Qualora le previsioni teoriche risulti- no in disaccordo con i dati sperimenta- li, allora «giustamente e a buon dirit- to», aggiunge Bolyai, si potrebbe con- cludere che non valga più la geometria euclidea e che al suo posto debba su- bentrare una geometria non euclidea. Alcune misure effettive sui moti dei corpi celesti erano state compiute dallo stesso LobaUvskij che, a conclusione dei suoi calcoli astronomici sul triangolo Terra-Sole-Sirio, affermava nei Nuovi principi della geometria (1835-1837): «Dopo di ciò si può immaginare che questa differenza, sulla quale è basata la nostra teoria delle parallele, confermi l'esattezza di tutti i calcoli della geome- tria ordinaria, e consenta di considerare come rigorosamente dimostrati i principi assunti in quest'ultima. Tuttavia non si può non restare affascinati dalla opinio- ne del signor Laplace, che le stelle a noi visibili e la Via Lattea appartengano sol- tanto a un ammasso di astri celesti, simi- le a quelli che osserviamo, come chiazze debolmente scintillanti, nelle costellazio- ni di Orione, Andromeda, ecc. Pertanto, a prescindere dal fatto che nella nostra immaginazione lo spazio può essere am- pliato senza limiti, la natura stessa ci in- dica distanze tali, in paragone alle quali svaniscono per la loro piccolezza perfino le distanze delle stelle fisse dalla nostra Terra. Dopo di che non si può più garan- tire che la proposizione che la misura dei segmenti non dipenda dagli angoli [dalla quale d iscenderebbe l'intera geometria euclidea, N.d.A.] (proposizione che molti geometri vorrebbero assumere come ve- rità rigorosa, non necessitante dimostra- zione) non possa mostrarsi sensibilmen- te falsa anche prima di andare al di là del mondo a noi visibile». La geometria euclidea risulta dunque «esatta» su scala terrestre e astronomi- ca ordinaria, come del resto già Karl Friedrich Gauss (1777-1855) aveva os- servato nel suo trattato sulle superfici curve del 1827. Lobaèevskij affermava però l'esistenza di vari livelli o gradi nel mondo naturale, per cui «non vi può essere nessuna contraddizione» se le forze della natura seguono geometrie diverse tra loro. U n personaggio determinante per lo sviluppo della matematica moder- na - che contribuì allo sviluppo della geometria non euclidea e a cui si devono le origini di nuovi e fecondi campi di ri- cerca come l'analisi complessa, la topo- logia e la geometria algebrica - è Bernhard Riemann (1826-1866). Allie- vo di Gauss e successore di Peter Di- richlet a Gottinga, nella sua lezione di abilitazione, tenuta nel 1854 ma pubbli- cata postuma solo nel 1868, Riemann introduceva i moderni concetti di varietà e di curvatura di una varietà. Le varietà riemanniane includono, come casi parti- colari, gli spazi non euclidei e, sebbene Riemann non ne faccia mai menzione, Nel 1905, quando pubblicò la memoria sulla teoria della relatività ristretta il cui frontespizio è riprodotto qui a fian- co, Albert Einstein aveva solo 26 anni. egli doveva pur esserne consapevole se, al termine della sua memoria, si poneva il problema di indagare sulla natura geo- metrica del nostro spazio. Le misurazioni astronomiche, osser- va Riemann, portano a pensare che la curvatura dell'universo sia nulla; tutta- via, se il suo valore fosse molto picco- lo, allora il raggio di curvatura della su- perficie sarebbe così grande che solo una parte trascurabile di essa potrebbe essere «accessibile ai nostri telescopi». La matematica «relativistica» della seconda metà dell'Ottocento Sebbene la teoria della relatività ristretta sia stata formulata solo nel 1905, la matematica a cui Einstein attinse per le sue speculazioni cominciò a svilupparsi già a metà del secolo scorso di Rossana Tazzioli 68 LE SCIENZE n. 338, ottobre 1996 LE SCIENZE n. 338, ottobre 1996 69

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ANNALEN

P H YDER S I K.alsoKONDKT UNI) roaTourOmilm DCRCH

F. A. f. GIN, L W. GILBERT, L C. POGGENPORFF, E. UND E. N'ERRANE,

VIZIATE FOLGE.

BAND 17.OMIZICK RIMO% 322. 13AND.

KURATORIUM:

F. KOHLRAUSCH, M. PLANCK, G. QUINCKE,W. C. RONTGEN, E. WARBURG.

UNTER KITWIRKUNG

DER DEUTSCH EN PHYSISALISCHEN GESELLSCHAFT

UNI> LNISNK401,11DZILK ION

M. PLANCH

itzrutiosesagen vow

PAUL DRUDE.

MIT ire.n, FIGURENTAFELN.

LEIPZIG, 1905.

VERLAG VON JOHANN AMBROSIU8 BARTH.

LU

E

ancora opinione assai diffusache Einstein fosse un genio iso-lato giunto nel 1905 - non si sa

come né perché - a formulare la «rivo-luzionaria» teoria della relatività ristret-ta. Una decina di anni dopo, Einsteinconcepiva un'altra grande teoria, la re-latività generale, e la esprimeva in for-malismo matematico mediante l'usodel calcolo tensoriale, un metodo che,guarda caso, era già stato sviluppatodai due matematici Gregorio Ricci--Curbastro e Tullio Levi-Civita.

Ma il calcolo tensoriale, impiegatoper «descrivere matematicamente» lateoria della relatività generale (come èstato più volte affermato), è davverouno strumento concepito in un setto-re completamente estraneo alla fisica,quale parrebbe essere la matematica ot-tocentesca? O è invece il frutto di unosviluppo storico che vede la sua moti-vazione principale nelle ricerche fisico-matematiche nate all'inizio del secoloscorso?

per trovare le risposte a queste do-mande, bisogna partire dalla scien-

za del Settecento. Infatti già nel corsodi quel secolo - e anche prima - nume-rosi «filosofi naturali» nutrivano l'am-bizione comune di formulare un'unicateoria che fosse in grado di spiegare latotalità dei fenomeni fisici. A questoscopo, essi immaginavano un fluidoelastico, omogeneo e isotropo, l'etere,che riempiva l'intero universo e le cuideformazioni permettevano la trasmis-sione delle forze nello spazio, anchenota come «azione a distanza». I tenta-tivi di descrivere la propagazione deifenomeni mediante l'azione meccanicadi questo mezzo si protrassero per tuttol'Ottocento.

Dopo la pubblicazione dei lavori fon-

damentali sulla geometria non euclideada parte di Jànos Bolyai (1802-1860) eNikolaj Lobaè'evskij (1792- 1856), in-torno al 1830 molti scienziati si doman-darono se lo spazio pervaso di etere do-vesse necessariamente essere euclideooppure se fosse concepibile un universonon euclideo, sferico o con curvaturacostante negativa.

Illustreremo tra poco i differenti mo-di in cui numerosi matematici illustriaffrontarono questo problema e vedre-mo come alcuni cercarono di risolverloanche in maniera assai spregiudicata.Prima però bisogna osservare che glistessi fondatori della geometria non eu-clidea ritenevano di non poter esclude-re a priori la possibilità di un universocurvo. Infatti, l'affermazione che lameccanica possa erigersi sulla geome-tria non euclidea si trova addirittura inun manoscritto di Bolyai che risale conogni probabilità al 1835.

In alcuni appunti redatti intorno al1850-1852, Bolyai espone con maggio-ri dettagli le sue convinzioni sull'im-possibilità di decidere, «con le misura-zioni terrestri», la validità del quintopostulato di Euclide (il celebre postula-to delle rette parallele) basandosi su da-ti sperimentali e con gli strumenti a suadisposizione. Per riuscire a discerneresperimentalmente la geometria di Eu-clide da quella non euclidea, continuaBolyai, ci si deve basare su calcoli cheriguardano i moti e le mutue posizionidei pianeti nell'ipotesi che la forza diattrazione tra due corpi sia sempre in-versamente proporzionale alla superfi-cie sferica, il cui raggio è la distanza trai due corpi.

Dunque, se lo spazio è euclideo, ipianeti si attraggono secondo l'usualelegge della gravitazione di Newton, mase la curvatura dello spazio k è costante

la forza di attrazione risulta proporzio-nale alla quantità:

sen2

dove r è la distanza tra i pianeti. Ritro-veremo la stessa legge in alcuni articolisulla teoria del potenziale in spazi noneuclidei pubblicati nel 1885 da Killing.

Qualora le previsioni teoriche risulti-no in disaccordo con i dati sperimenta-li, allora «giustamente e a buon dirit-to», aggiunge Bolyai, si potrebbe con-cludere che non valga più la geometriaeuclidea e che al suo posto debba su-bentrare una geometria non euclidea.

Alcune misure effettive sui moti deicorpi celesti erano state compiute dallostesso LobaUvskij che, a conclusionedei suoi calcoli astronomici sul triangoloTerra-Sole-Sirio, affermava nei Nuoviprincipi della geometria (1835-1837):«Dopo di ciò si può immaginare chequesta differenza, sulla quale è basata lanostra teoria delle parallele, confermil'esattezza di tutti i calcoli della geome-tria ordinaria, e consenta di considerarecome rigorosamente dimostrati i principiassunti in quest'ultima. Tuttavia non sipuò non restare affascinati dalla opinio-ne del signor Laplace, che le stelle a noivisibili e la Via Lattea appartengano sol-tanto a un ammasso di astri celesti, simi-le a quelli che osserviamo, come chiazzedebolmente scintillanti, nelle costellazio-ni di Orione, Andromeda, ecc. Pertanto,a prescindere dal fatto che nella nostraimmaginazione lo spazio può essere am-pliato senza limiti, la natura stessa ci in-dica distanze tali, in paragone alle qualisvaniscono per la loro piccolezza perfinole distanze delle stelle fisse dalla nostraTerra. Dopo di che non si può più garan-tire che la proposizione che la misura dei

segmenti non dipenda dagli angoli [dallaquale discenderebbe l'intera geometriaeuclidea, N.d.A.] (proposizione che moltigeometri vorrebbero assumere come ve-rità rigorosa, non necessitante dimostra-zione) non possa mostrarsi sensibilmen-te falsa anche prima di andare al di là delmondo a noi visibile».

La geometria euclidea risulta dunque«esatta» su scala terrestre e astronomi-ca ordinaria, come del resto già KarlFriedrich Gauss (1777-1855) aveva os-servato nel suo trattato sulle superficicurve del 1827. Lobaèevskij affermavaperò l'esistenza di vari livelli o gradinel mondo naturale, per cui «non vipuò essere nessuna contraddizione» sele forze della natura seguono geometriediverse tra loro.

Un personaggio determinante per lo

sviluppo della matematica moder-na - che contribuì allo sviluppo dellageometria non euclidea e a cui si devonole origini di nuovi e fecondi campi di ri-cerca come l'analisi complessa, la topo-logia e la geometria algebrica - èBernhard Riemann (1826-1866). Allie-vo di Gauss e successore di Peter Di-richlet a Gottinga, nella sua lezione diabilitazione, tenuta nel 1854 ma pubbli-cata postuma solo nel 1868, Riemannintroduceva i moderni concetti di varietàe di curvatura di una varietà. Le varietàriemanniane includono, come casi parti-colari, gli spazi non euclidei e, sebbeneRiemann non ne faccia mai menzione,

Nel 1905, quando pubblicò la memoriasulla teoria della relatività ristretta ilcui frontespizio è riprodotto qui a fian-co, Albert Einstein aveva solo 26 anni.

egli doveva pur esserne consapevole se,al termine della sua memoria, si ponevail problema di indagare sulla natura geo-metrica del nostro spazio.

Le misurazioni astronomiche, osser-va Riemann, portano a pensare che la

curvatura dell'universo sia nulla; tutta-via, se il suo valore fosse molto picco-lo, allora il raggio di curvatura della su-perficie sarebbe così grande che solouna parte trascurabile di essa potrebbeessere «accessibile ai nostri telescopi».

La matematica «relativistica»della seconda metà dell'Ottocento

Sebbene la teoria della relatività ristretta sia stata formulatasolo nel 1905, la matematica a cui Einstein attinse per le sue

speculazioni cominciò a svilupparsi già a metà del secolo scorso

di Rossana Tazzioli

68 LE SCIENZE n. 338, ottobre 1996 LE SCIENZE n. 338, ottobre 1996 69

Protagonisti di una rivoluzioneNIKOLAJ I. LOBAdEVSKIJ(1792-1856)

Insieme con Janos Bolyai, fuil fondatore delle geometrienon euclidee, e contribuì a metterein discussione la validità del quintopostulato di Euclide nello spazioche ci circonda.

BERNHARD RIEMANN(1826 - 1866)

I contributi di Riemann alla matematicamoderna sono enormi, ma

per la matematica della relativitàbisogna ricordare soprattutto

il concetto di varietà, sviluppatonel 1854, e le sue riflessioni

sulla natura geometrica dello spazio.

GREGORIO RICCI--CU RBASTRO

(1853-1925)

Tra i padri fondatoridel calcolo tensoriale,

assume anche una posizioneche è indice

di un profondo mutamento diidee nei riguardi

della filosofia naturale.

La seconda legge di Keplero afferma che i pianetiin orbita intorno al Sole spazzano aree ugualiin tempi uguali. Le tre leggi di Keplero,insieme con il teorema del flusso di Gauss,venivano estese da Wilhelm Killing (1847-1923)a spazi non euclidei.

Per risolvere questi problemi occorrepartire da uno studio approfondito deifenomeni fisici, il che, conclude Rie-mann, «conduce nel campo di un'altrascienza, quello della fisica, nel quale lanatura del presente lavoro non ci con-sente di addentrarci».

Riemann in realtà si dedicò fin dal-l'inizio della sua carriera allo studio diproblemi di carattere fisico, dagli anellidi Nobili ai fluidi magnetici, alla leggedell'induzione di Faraday, come appareda un quaderno che risale agli anni del-le sue prime ricerche. Riemann si oc-cupò anche di questioni di filosofia na-turale e su questo argomento scrissenumerosi appunti, databili intorno al1853-1854, che furono raccolti daHeinrich Weber e che, insieme ad altriscritti riemanniani su argomenti di me-tafisica, teoria della conoscenza e psi-cologia, furono pubblicati nel 1876 conil titolo di Fragmente philosophischenInhalts. Riemann immaginava un flui-do etereo «incompressibile, omogeneoe senza gravità», che riempie l'interouniverso, e forniva una descrizione ma-tematica dello spazio circostante a unaparticella di etere che agisce sopraun'altra particella. Dopo aver introdot-to un sistema di coordinate cartesianeortogonali, Riemann fissava una parti-cella di etere concentrata nel puntoP(x„ x2, x,) al tempo t e nel punto P'(x',, x',) al tempo t'. Egli considera-va poi le due forme differenziali ds2 =dx1 2±dr22±dx32 e ds ,2 = dx,12+dx,22+dx,32,

associate alla particella al tempo t e t'rispettivamente, che potevano rappre-sentarsi su una nuova base ds I, ds2, ds3nel modo seguente:

ds2 = ds12+ds22+ds32;ds'2 = G i 2ds I 2+ G2 2ds 2 2+G 3 2ds 3 2 •

Riemann definiva le grandezze G1-1,G2-1, G3-1 «le dilatazioni principalidella particella di etere in O nel passag-gio dalla prima forma all'ultima» e leindicava con A,. Dalle dilatazio-ni derivava una forza che tendeva amodificare la particella considerata inmodo che questa, resistendo alla varia-zione con una forza uguale e contraria,fosse in grado di propagare i fenomenifisici attraverso lo spazio.

In quest'ottica le dilatazioni princi-pali appaiono in relazione con la pre-senza o meno di forze che perturbanolo spazio. In assenza di fenomeni fisici,allora A, = .12 = 2, = 0. Se ora si identi-fica ogni particella di etere con la por-zione di spazio che essa occupa all'i-stante considerato e si estende a tutto lospazio l'ipotesi avanzata da Riemann,secondo la quale è la stessa particella dietere che reagendo a una variazionedella sua forma differenziale propaga ifenomeni, si è condotti a supporre chequando una forza viene trasmessa da unpunto all'altro si modifichi la curvaturadello spazio. In quest'ottica forza e cur-vatura appaiono intimamente legate edè lo spazio stesso che, mediante unamodifica della sua curvatura, è respon-sabile della trasmissione delle forze. Lafecondità di questo punto di vista, chesupera i problemi sollevati dall'azionea distanza, appare evidente nella teoriadella relatività generale.

Apartire dal 1868, anno della pubbli-

cazione della lezione di Riemann,apparvero numerosi articoli di diversiautori volti a generalizzare alle varietàriemanniane risultati classici di mecca-nica e fisica matematica. Oltre a Euge-nio Beltrami che, come vedremo, si de-dicò per lunghi armi a questo settore di

ricerca, Rudolf Lipschitz (1832-1903)pubblicò nel 1868 un articolo sullameccanica hamiltoniana e sulle equa-zioni del moto di Eulero-Lagrange inparticolari varietà, che generalizzanoaddirittura quelle riemanniane e chechiameremo «lipschitziane». Qualcheanno più tardi apparvero alcuni lavoridello stesso Lipschitz, di Emst Sche-ring (1883-1897) e di Wilhelm Killing(1847-1923) sulla teoria del potenzialein varietà riemanniane.

Lipschitz intendeva estendere il «pro-blema dei pianeti» a un varietà lipschit-ziana in un articolo dall'esplicativo tito-lo Extension of the Planet-Problem to aSpace of n Dimensions and ConstantIntegrai Curvature. In questo lavoroche fu pubblicato nel 1873 con una notaintroduttiva di Arthur Cayley, Lipschitzconsiderava il problema meccanico diun punto attratto verso un centro fissocon una forza che dipende dalla sola di-stanza. Oltre a determinare esplicita-mente le equazioni del moto del piane-ta, egli si proponeva anche di descriverela funzione potenziale in uno spazio concurvatura costante. Lipschitz aveva giàsvolto alcune ricerche sulla legge poten-ziale in spazi non euclidei in uno scrittodel 1869 dove aveva trovato per la fun-zione potenziale U le seguenti relazionivalide in un qualsiasi spazio con curva-tura positiva k = 1/c2

cost= rn-2

U = costi M-(n--1)dr

se m = sin (rIc)

dove r è la distanza del punto conside-rato dal centro di attrazione e n il nume-ro di dimensioni dello spazio. La stessa

espressione sarebbe stata dedotta unanno più tardi, nel 1870, da Schering,un allievo di Gauss e di Riemann aGottinga. Nel suo articolo Scheringenunciava per uno spazio con curvaturacostante negativa il teorema di Gauss,la formula di Green e il comportamentodella funzione potenziale in prossimitàdi punti, linee e superfici di disconti-nuità. I risultati ottenuti da Schering sitrovano rigorosamente dimostrati, an-che per uno spazio con curvatura co-stante positiva, nelle dissertazioni inau-gurali di due suoi allievi, G. Fresdorf ePaul Opitz.

Un diverso approccio allo studio del-la teoria del potenziale in spazi non eu-clidei fu proposto nel 1885 da Killing,che elaborò autonomamente un proprioprogramma di ricerca. Killing affronta-va lo studio dei problemi meccanici inspazi non euclidei mediante una «con-cezione geometrica» (geometrische An-schauung) dello spazio. Egli si mostra-va pertanto implicitamente critico versoil metodo di indagine «algebrico» svi-luppato da Lipschitz, e scriveva a que-sto proposito che per trasportare la leg-ge della gravitazione di Newton in spa-zi non euclidei non si può partire dallaforma algebrica, ma si deve dedurre lacorrispondente espressione analitica dal-la concezione geometrica che sta allabase della legge.

Killing prendeva in esame la cinema-tica in uno spazio con curvatura costan-te e le equazioni del moto di un corporigido con punto fisso facendo uso di unsistema di particolari coordinate, le«coordinate di Weierstrass», in uno spa-zio n-dimensionale con curvatura co-stante. Killing si proponeva di studiarecon l'aiuto di queste coordinate il motodi un punto soggetto a una forza cen-

trale e, in generale, il moto dei pianeti.Egli considerava un punto che si muo-veva sotto l'azione di una forza direttaverso un centro fisso e proporzionale al-la quantità già trovata da Bolyai, ove rrappresentava la distanza del punto dalcentro di attrazione e k la curvatura del-lo spazio. Da quella formula, che esten-de la legge di attrazione newtoniana auno spazio non euclideo, Killing era ingrado di dedurre le tre leggi di Kepleroe il teorema del flusso di Gauss. Egligiungeva inoltre a stabilire le equazionidifferenziali che descrivevano il motodi un punto nello spazio e, per integrar-le, estendeva il metodo di Hamilton-Ja-cobi a spazi non euclidei di n dimensio-ni, come già Lipschitz e Schering ave-vano fatto. Al fine di fornire una descri-zione completa del moto del punto, Kil-ling deduceva la trasformazione tra duesistemi di coordinate, uno supposto inquiete e l'altro solidale con il punto inmoto. Questa trasformazione si riduce,in un caso particolare, alla «trasforma-zione di Lorentz» e possiede pertantouna notevole rilevanza fisica. Da pre-messe puramente geometriche e senzaipotesi sull'esistenza dell'etere né suisistemi di riferimento, Killing giunge adeterminare quella trasformazione dicoordinate che sta alla base della teoriadella relatività ristretta.

Dunque i matematici tedeschi forni-

rono, a partire da differenti teoriematematiche, un notevole contributoalle ricerche sulla meccanica e sullateoria del potenziale in spazi non eucli-dei. In Italia Eugenio Beltrami (1835--1900), che oggi è soprattutto noto peril suo modello della geometria iperbo-lica di LobaCevskij-Bolyai, compì stu-di analoghi sulla teoria del potenziale

e giunse a risultati ancora più generali.In un lavoro pubblicato nel 1876,

Beltrami esibiva un'espressione per lalegge di attrazione tra due particelle,differente da quella newtoniana, atta agarantire l'equilibrio della massa totaledelle particelle che occupano uno spa-zio sferico. Dunque, se l'insieme delleparticelle si identifica con un etere cheriempie tutto l'universo supposto concurvatura costante positiva, il potenzia-le di attrazione dedotto da Beltrami al-tro non è che la legge di interazione trale particelle di etere che mantiene l'e-quilibrio del fluido etereo.

Beltrami si impegna anche a ricercareuna corrispondenza tra la legge di attra-zione delle particelle e il fenomeno ma-croscopico che da essa scaturisce. Inquesto universo sferico, per esempio,Beltrami determina l'espressione del po-tenziale di attrazione tra due particelleda cui si deduce l'equazione della diffu-sione del calore in un mezzo isotropo.

L'idea di considerare tra due parti-celle leggi di attrazione diverse daquella newtoniana risale addirittura aLaplace. Nel corso dell'Ottocento nu-merosi studiosi operarono leggere va-riazioni alla forza di attrazione di New-ton ottenendo nuove leggi che, in diver-se occasioni, utilizzarono per «spiegare»osservazioni planetarie oppure fenomenielettrici e di capillarità.

Ancora legate a questioni di filosofianaturale, riguardanti l'etere e la propa-gazione dei fenomeni, sono alcune ri-cerche di Beltrami sulla teoria matema-tica dell'elasticità. Come si è già osser-vato in precedenza, il mezzo etereo ve-niva supposto elastico e, in quanto tale,era soggetto alle usuali leggi dell'ela-sticità. Beltrami estese queste leggi auno spazio con curvatura costante in un

se k O

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TULLIO LEVI-CIVITA(1873-1941)

Tra i primi studiosi del calcolotensoriale, mette a confronto- nella tesi di laurea - le ideedi Ricci e di Lie, e nel 1896pubblica una memoriasul calcolo tensoriale intitolataSulle trasformazioni delle equazionidinamiche.

HENDRIK LORENTZ(1853-1928)

Autore del sistema di trasformazioniche ancora porta il suo nome

e che trovò la sua piena interpretazionenella relatività einsteiniana,

fu insignito del premio Nobel nel 1902per gli studi sull'effetto Zeeman.

triche ed elettromagnetiche attraversole deformazioni del mezzo etereo.

In particolare in un articolo del 1886,Sull'interpretazione meccanica delleformole di Maxwell, Beltrami si propo-se di studiare se il sistema di tensioni epressioni a cui l'etere doveva esseresottoposto per propagare le azioni elet-tromagnetiche fosse compatibile con leleggi dell'elasticità. Questo sistema diforze era stato presentato da JamesClerk Maxwell (1831-1879) nel suo ATreatise on Electricity and Magnetism

(1873). Ebbene, Beltramidedusse che «non è gene-ralmente possibile ripro-durre il sistema delle pres-sioni definite dalle formo-le di Maxwell mediante ledeformazioni di un mezzoisotropo».

Le ricerche di Beltramisulla teoria dell'elasticitàin spazi non euclidei sicollocano dunque all'inter-no di quel tentativo «filo-sofico naturale» che aveval'obiettivo di fornire unaspiegazione del mondo fi-sico in termini meccanici.Beltrami mostrava un at-teggiamento che in alcunicasi può definirsi pragma-tico: egli cercava di spie-gare meccanicamente leforze elettriche ed elettro-magnetiche, e le onde sfe-riche per mezzo di un etereche riempie uno spaziosferico, pseudosferico oeuclideo a seconda del fe-nomeno da rappresentare.Il modello fisico che egliintendeva seguire non è es-

senziale; esso è soltanto il mezzo pergiungere alla descrizione matematica delfenomeno che svolge costantemente ilruolo principale nelle sue ricerche.

Nel tentativo di fornire una descri-zione del fluido etereo valida in

uno spazio con curvatura costante, Bel-trami era condotto a dedurre numeroserelazioni e risultati della fisica matema-tica che erano validi in qualsiasi sistemadi coordinate scelto. Il calcolo tensorialedi Gregorio Ricci-Curbastro (1853--1925) e Tullio Levi-Civita (1873-1941)rappresenta lo strumento ad hoc peresprimere in modo indipendente dal si-stema di coordinate numerose equazionidella geometria e della fisica matemati-ca, come le equazioni che descrivono lapropagazione del calore e quelle dell'e-quilibrio elastico. Esse vengono formu-late per mezzo di espressioni «intrinse-che», i tensori, che sono indipendentidalla scelta delle coordinate e che dun-que sono per loro natura le quantità piùadatte per esprimere numerosi risultatidi geometria e fisica matematica.

punto di vista di Ricci è comunqueindicativo di un profondo mutamento diidee nei riguardi della filosofia naturale.Mentre Beltrami prendeva le mosse dal-l'analisi delle deformazioni del fluidoetereo per interpretare meccanicamentela trasmissione dei fenomeni, Ricci stu-dia direttamente la geometria dello spa-zio. Egli non formula assunzioni circal'esistenza dell'etere né tantomeno a-vanza ipotesi sulla natura fisica delmezzo. I rapporti tra realtà fisica e de-scrizione matematica sono infatti, se-condo Ricci, assai complessi e articola-ti. La «fisica teorica» deve quindi limi-tarsi a fornire una rappresentazione ma-tematica, simbolica, della realtà fisica,

senza partire da assunzioni sulla naturadello spazio, né formulare ipotesi sul-l'azione a distanza o per contatto. Sva-nisce il veicolo materiale - l'etere - e ri-mane la geometria dello spazio, ossia ilcampo svincolato dal mezzo materiale.

Queste idee troveranno conferma nel-la teoria della relatività generale di Ein-stein, dove l'etere viene posto al di fuo-ri della scienza e la geometria, intima-mente legata alla materia, diventa es-senziale per lo studio dei fenomeni fisi-ci. «Einstein crebbe nella tradizione diChristoffel e Ricci» osserva Felix Kleinnella sua storia della matematica delXIX secolo. Dal punto di vista matema-tico la teoria della relatività generalepuò in effetti considerarsi come il puntoculminante di una tradizione che ha ini-zio con l'opera di Gauss e Riemann eprosegue con Christoffel per giungere alcalcolo tensoriale di Ricci e Levi-Civita.

ROSSANA TAZZIOLI ha consegui-to il dottorato di ricerca in matematicapresso l'Università di Bologna nel1993. Recentemente ha vinto un postodi ricercatore in storia e didattica dellamatematica presso il Dipartimento dimatematica dell'Università di Catania.I suoi argomenti di ricerca riguarda-no la storia della matematica nel XIXsecolo, e in particolare le connessio-ni tra la geometria differenziale e la fi-sica matematica nella seconda metà del-l'Ottocento.

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articolo del 1882 e, in seguito, tentò diformulare un'interpretazione meccani-ca della propagazione dei fenomeni, as-sumendo che il mezzo etereo riempisseuno spazio che variava la propria cur-vatura a seconda del fenomeno fisicoche vi aveva luogo. L'universo non erapiù un immobile palcoscenico dove av-venivano i fenomeni, ma partecipavaesso stesso, cambiando la propria cur-vatura, alla propagazione delle forze. Inquesto spazio, Beltrami rendeva contodella propagazione di certe azioni elet-

Schema dell'interterometro di Michelson e Morley:l'esperimento, eseguito nel 1887, contribuì a dare ildefinitivo colpo di grazia all'idea dell'etere. I due spe-ravano di poter misurare uno spostamento delle fran-ge d'interferenza tra due fasci luminosi dovuto al mo-to terrestre, ma l'esito negativo portò a ipotesi checulminarono con la teoria della relatività ristretta.

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