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Pubblicazione bimestrale - Anno 15 - Numero 57 - Marzo 2012 - Iniziativa finanziata con i contributi dell’Università Bocconi - GIORNALE DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITA’ BOCCONI - SPECIALE

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Pubblicazione bimestrale - Anno 15 - Numero 57 - Marzo 2012 - Iniziativa finanziata con i contributi dell’Università Bocconi

- G I O R N A L E D E G L I S T U D E N T I D E L L’ U N I V E R S I TA’ B O C C O N I -

SPECIALE

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L’italia e la frontieratecnologica (VAE)

EGOMNIA: il facebookche ti trova lavoroRubrica CorporateSocial Irresponsibility

IL RICOSTITUENTE:dalla parte dellaCostituzioneRubrica Dura Lex

Masters of theUniverse: Dethroned.Rubrica Brain DefaultSwap

Diario di una crisi

Ode all’artistaRubrica SweetArt

La magia delretroscenaIntervista

Winter School alparlamento UE

Italians in the SiliconValley

Chi fa da se fa per...Rubrica VeryBocconi/Blond People

90’ di affari

Piccoli stati, grandi ideeL’eolico a Samso

Specialistiche inBocconi

Dialogo fra exchange:North vs South America

■ DI SERGIO RINAUDO ■ [email protected]

Innovazione. Crescita. Futuro. Creatività. Sono alcune delle parole che tro-vate sulla nostra copertina. E sono le stesse che trovate nell’agenda di go-verno dei leader di mezza Europa. Ma sono presenti nella nostra? Tra i Leoniha scelto di dedicare questo numero all’innovazione. Abbiamo cercato dinon cedere troppo spazio ai luoghi comuni, lasciando il campo agli esempi

concreti. Il primo è Egomnia (pag. 4), start-up creata da Matteo Achilli, classe1992: uno studente della Bocconi che ha scelto di innovare il mondo del recruit-ment facilitando la vita a chi cerca lavoro e a chi lo dà. Un altro esempio è quellodei ragazzi di ULMi (pag. 12), che hanno creato la University League of Milan: tor-neo di calcio che si prepara a richiamare tutti gli studenti milanesi con la passionedel pallone. Ma forse ancora più importanti sono gli esempi che non abbiamo po-tuto includere, e non sono pochi. Pensate ad Augusto Marietti, che dalle auledella Cattolica è arrivato (in pochissimo tempo) a fondare Mashape, prometten-tissima start-up nella Silicon Valley. Tutte queste attività hanno qualcosa in co-mune: sono state lanciate da studenti. Molte volte ci capita di vedere il mondodelle start-up da lontano, con ammirazione – certo –, ma quel genere di ammira-zione che riserveremmo a una top-model. Bella di sicuro, ma fuori dalla nostra por-tata. Questo è forse il maggiore ostacolo che ci troviamo davanti: non crediamoche lanciare un’impresa sia una vera alternativa.Sono in scambio negli USA e pochi giorni fa, a una festa, ho incontrato un ra-gazzo che frequenta un mio stesso corso. Simpatico, mi dice che viene da Sun-nyvale, cittadina in California. Non mi tengo e gli chiedo com’è crescere nellaSilicon Valley. “Magnifico”, mi risponde, senza alcuna esitazione. “Come im-maginavo. Che anno stai frequentando?”. “Il terzo, ma probabilmente sarà ilmio ultimo qui.” “Qualche big ti ha assunto?”. “Beh, all’incirca. Ho intenzionedi fondare una start-up”. “Ah – dico io, incerto se ho di fronte il nuovo MarkZuckerberg o solo uno studente ubriaco – non so di cosa si tratti e ti auguro tuttoil meglio, ma è sicuramente la strada più rischiosa che tu potessi scegliere”. Si-lenzio. Il ragazzo guarda nel vuoto, pensieroso. Non credo sia perchè non abbianulla da dire, ma piuttosto perchè vuole trovare le parole giuste per farlo. “Haipienamente ragione – mi dice, dopo qualche minuto – ma, vedi, «I want to puta ding in the Universe»1”. Good luck. [ ]

1«Voglio mettere qualcosa di mio nell’Universo» – Steve Jobs (San Francisco, 1955-Palo Alto, 2011)

A ding in the universe

ERRATA CORRIGE (NUMERO DI DICEMBRE):A pagina 7, l’articolo “Artemisia, più bella che mai” non è di Francesca Foglia ma diGiulia Buccione.

Si segnala l’omissis a pagina 8, nell’articolo sul film “Non ètempo per noi” dei ragazzi di Bstudents TV: il progetto si èsviluppato grazie al fortunato incontro tra Walter Rauti, ideatoredel concept, nonché responsabile sezione audiovisivi ACTMB, e

il neo-regista Alessandro Valbonesi, studente al III anno CLEACC. Ricordiamo cheAlessandro non si è rivolto a BstudentsTV per usufruire delle attrezzature audio-video,in quanto egli è parte integrante del media e le attrezzature sono di sua proprietà.

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L’Italia e la frontiera tecnologica

In un paper del 2002, Acemoglu,Aghion e Zilibotti costruisconoun modello che incorpora leistituzioni nel processo di pro-duzione dell’innovazione. Nellateoria dell’innovazione si as-

sume l’esistenza di una frontiera tec-nologica rappresentata dall’agentetecnologicamente più avanzato inogni istante di tempo (si può applicaresia alle imprese che agli stati), mentretutti gli altri sono follower. Le istitu-zioni entrano in questo meccanismopoiché la tipologia di “regole delgioco” influenza la scelta degli agenti(non solo quello alla frontiera) nel de-cidere se limitarsi ad imitare o comin-ciare ad innovare.Naturalmente queste due diverse stra-tegie generano risultati differenti, se sipensa a un paese molto lontano dallafrontiera tecnologica, allora l’imita-zione nel breve periodo è sicuramenteuna scelta migliore, mentre l’innova-zione vera e propria è più efficiente incasi di scarsa distanza dalla frontieratecnologica.Il modello conclude che vi è un puntoin cui è ottimale passare dall’imita-zione all’innovazione per potersi avvi-cinare ulteriormente alla frontieratecnologica.Calando questa teoria nella realtà sipuò partire dal condivisibile assuntoche, oggi, gli Stati Uniti rappresen-tino la frontiera tecnologica con Eu-ropa e Giappone primi inseguitori.Il fenomeno cui però si sta assistendonegli ultimi anni è il nemmenotroppo progressivo passaggio di econo-mie come quella cinese da una poli-tica di imitazione a una diinnovazione pura. Tale cambio di stra-tegia non è semplice da gestire, innan-

zitutto per lo scarso rendimento ini-ziale che una politica di innovazioneincorpora, a fronte di un rendimentocostante in termini di tasso di crescitanel momento in cui si imitano i paesiinnovatori.Le istituzioni giocano un ruolo impor-tante nella gestione della transizione,in particolare i sistemi di protezionedelle imprese tendono ad incentivaregrandi imprese in grado di imitare gliinnovatori, mentre sistemi più flessi-bili e basati su dinamiche di mercatofavoriscono imprese più efficienti edinnovatrici.Si propone ora una riflessione vaga-mente più attuale: l’Italia come si col-loca in questo panorama?Molto si discute di efficienza del mer-cato del credito, di flessibilità del mer-cato del lavoro e di investimenti inricerca e sviluppo nel caso italiano.Come è noto, in Italia prevalgono lepiccole e medie imprese, eppure laproduttività italiana continua a crol-lare se paragonata al resto d’Europa,mentre i salari reali (che dovrebbero

andare di pari passo con quest’ultima)crescono sopra la media europea. Inparticolare, in Italia, dall’analisi delledeterminanti della crescita, si evinceche il sistema di selezione naturale èassolutamente inefficiente, ovveroche le imprese poco produttive re-stano nel mercato, mentre quelle piùproduttive faticano ad entrare. Que-sti effetti sono normalmente frutto diinefficienza nel mercato del lavoro enel sistema finanziario e non sono ingrado di premiare il rischio legato al-l’attività di innovazione attraverso unsistema di accesso flessibile ed effi-ciente ai fattori produttivi (capitale elavoro).Concludendo quindi si può pensareche l’Italia sia in ritardo sul momentoottimale per passare dall’imitazione al-l’innovazione attraverso cambiamentiistituzionali che facilitino quest’ul-tima; probabilmente il treno non èperso, tuttavia è bene ricordare chepiù si ritarda, più la frontiera tecnolo-gica si allontana, visto che sicura-mente non aspetta noi. [ ]

■ DI LONG RUNNERS’ ECONOMICS ■

longrunnerseconomics.wordpress.comalways hearing a different drummer

VIENI AVANTI ECONOMISTA

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A cosa servono gli amici?A trovarti lavoro

Immaginate un mondo in cui Fa-cebook sia verde e permetta aivostri amici di suggerirvi per unannuncio di lavoro, di candi-darsi con un semplice clic delmouse e in cui una nuova noti-

fica corrisponda a un’offerta di stage.Le nuove funzionalità di Facebook?L’aggiornata versione di Linkedin? Eb-bene no, Egomnia!Egomnia.com è una start-up fresca dilancio. È basato sul concetto di do-manda-offerta di lavoro, ma ripropo-sto in una veste completamentenuova: il sito, infatti, assomiglia più aun social network che auna piattaforma di re-clutamento on-line. Èdotato di un’interfac-cia semplice e intui-tiva, fornisce una ba-

checa nella quale inserire i propri datipersonali e professionali, la possibilitàdi aggiungere amici e inviare mes-saggi istantanei. La bacheca, però,non è adibita alla pubblicazione dipost o foto, ma costituisce il proprioCV virtuale. Su Egomnia, infatti, èsufficiente selezionare direttamenteda appositi menù a discesa le infor-mazioni che si vogliono inserire.Sono presenti sezioni dedicate allacarriera scolastica, alle certificazionilinguistiche e informatiche, alle espe-rienze lavorative e a tutto il necessa-rio per costruire il proprio profilo pro-

fessionale. Questa intensa standar-dizzazione dei dati degli utenti per-mette alle aziende di confrontare ra-pidamente i potenziali candidati, difiltrare i numerosi profili e di sfruttarei ranking realizzati da Egomnia, altroaspetto rivoluzionario del sito. Egom-nia, servendosi di appositi algoritmi(scaricabili dalla homepage), assegnainfatti a ogni informazione immessadall’utente un punteggio. Il voto dilaurea, ad esempio, è condizionatoanche dagli anni impiegati a conse-guire il titolo e dall’importanza del-l’università frequentata. È finita l’era

di consegnare il CV amano, di visitare i sin-goli siti aziendali, dileggere le inserzionisui quotidiani: il fu-turo è Egomnia! [ ]

■ DI FRANCESCA GARZIERA ■ [email protected]

Piccoli imprenditori crescono. MatteoAchilli, classe 1992, studente del primoanno del CLEAM, è il fondatore delportale Egomnia.com, start up innova-tiva e in linea con le tendenze di reclu-tamento delle aziende. “Tra i Leoni”ha chiesto a Matteo di raccontarci re-troscena e potenzialità del portale.

❯❯❯ Com’è nata l’idea di Egomnia?Nel gennaio 2011 ho iniziato a inte-ressarmi all’algoritmo PageRank diGoogle. Nello stesso mese, una com-pagna mi ha dato un documento conla classifica delle migliori università.Ho intuito la necessità di una classi-fica con gli studenti migliori delmondo, ottenibile pensando i loroCV. Dal progetto iniziale del rankingdegli studenti, il sito si è dimostrato

utile per far incontrare domanda e of-ferta di lavoro e stage.❯❯❯ Chi ti ha aiutato nella conversionedella tua idea in una start up?L'incontro con il programmatoreGiuseppe Iacobucci ha segnato lasvolta. Nel settembre 2011 mi sonotrasferito a Milano per studiare allaBocconi, dove ho completato il sitograzie a un importante studio legale,uno studente di grafica e al contributodi molti altri studenti. ❯❯❯ Perché il portale è utile perl’interazione tra laureandi, neolaureatie aziende? Perché rivoluziona completamente egratuitamente il modo di pensare l’E-Recruitment. La sua velocità e sicu-

rezza abbattono costi e tempo perambo le parti. Abbiamo i dati per lan-ciarlo in Francia e Germania e pun-tiamo a espanderci nei paesi consistema scolastico anglosassone. Inquesto modo studenti e laureati di di-verse Università potranno mettersi incontatto facilmente. In Egomnia, in-serendo, modificando e cancellandole proprie informazioni s’interagisce inun sistema che unisce Social e Profes-sional Network. Società importantihanno già stretto una collaborazionecon Egomnia. Ora tocca a noi stu-denti.

La versione integrale dell’intervista è pubbli-cata sul sito ufficiale ww.traileoni.it [ ]

START (UP) YOUR CAREER■ DI VALENTINA MAGRI ■ [email protected]

CORPORATE SOCIAL IRRESPONSIBILITY

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Dalla parte della Costituzione:Il Ricostituente

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L’aspirazione di ognicorso universitario do-vrebbe essere quella dielevarsi oltre le contin-genze di un semestre edare allo studente

nuove chiavi di interpretazione dellarealtà con cui si confronta nel quoti-diano. A maggior ragione, se il corsoin questione ha come suo obiettivoultimo quello di impartire le regoleche stanno alla base di ogni comu-nità democratica e che permettonoad ognuno di affermare le proprieidee nel rispetto di quelle altrui. “Ènecessario aprire la cultura. La Costitu-zione non deve essere solo per pochieletti ma deve essere di tutti; soprat-tutto i giovani devono coltivarla e farlacrescere”, così afferma Lorenzo Cuo-colo, associato di diritto costituzio-nale presso la Bocconi e fondatore de“Il Ricostituente”, un blog che racco-glie contributi da parte di un gruppodi studiosi della Carta Costituzio-nale. Il progetto nasce nel maggio2010, “in un periodo di sofferenza dellaCostituzione e della Repubblica”, Cuo-colo ricorda. In origine, l’idea era difornire agli studenti uno strumentointegrativo che permettesse loro diandare oltre le nozioni istituzionali

apprese in aula e calarle nella realtàpolitica e costituzionale. Il destinata-rio primo de “Il Ricostituente” èquindi lo studente, che non può pen-sare che l’esame di diritto costituzio-nale sia la fine del suo rapporto conla Carta, ma che invece deve essereconsapevole che tale rapporto è ap-

pena iniziato. Uno dei punti di forzadel progetto è la veste telematica,che lo rende immediatamente frui-bile a un pubblico costituito per lopiù da studenti universitari. Vin-cente è stata l’idea di creare ancheuna pagina Facebook, cosicché lostudente possa accorgersi di ogninuovo contributo, in modo da leg-gerlo ed eventualmente condividerlosulla propria bacheca. Proprio nel-l’ottica di una Costituzione viva equotidiana, gli articoli non hannoné un taglio accademico né tropposemplicistico, nel senso che analiz-zano con occhio esperto questioni dipolitica costituzionale che sui mag-giori quotidiani vengono per forza dicose affrontate con piglio divulga-tivo. È proprio questa la peculiaritàde “Il Ricostituente”: un anello dicongiunzione tra il mondo dei profes-sori e quello di coloro che si approc-

ciano alla Costituzione da profani. Sivuole inoltre cercare di “evitare am-miccamenti a qualsiasi convenienzapolitica, restando sempre dalla partedella Costituzione”, precisa Cuocolo.

L’idea si è dimostrata un successo,visti i molti contatti e le numerosecondivisioni degli articoli su Face-book: gli studenti hanno dimostratodi apprezzare l’iniziativa, dandoglilinfa e sostanza. Il successo ha spintoil professore ad ampliare i confini de“Il Ricostituente” oltre la nostra uni-versità. Per questo, mentre all’inizioi contributi provenivano tendenzial-mente da coloro che gravitano at-torno al corso di diritto costituzio-nale della Bocconi, il progetto si ènegli ultimi mesi aperto anche a do-centi di altre realtà universitarie e,conseguentemente, ai loro studenti.È anche questa, a nostro parere, unapolitica editoriale in linea conl’anima della Costituzione: pluralitàdi idee significa arricchirsi vicende-volmente.In ultima analisi, “Il Ricostituente”nasconde nel suo stesso nome unaduplice natura: da un lato, la volontàdi custodire la Costituzione come èoggi; dall’altro, la consapevolezza cheessa può essere ripensata e modifi-cata, senza gridare a riforme affrettatema nemmeno evitando il confrontocon eventuali proposte di cambia-mento. Ricostituire come ripartire, eripartire da una Costituzione spie-gata e interpretata in modo tale cheognuno, comprendendola, la pro-tegga e se ne senta protetto. [ ]

La versione integrale e approfondita delladiscussione con Lorenzo Cuocolo è disponi-bile sul sito ufficiale www.traileoni.it

■ DI GIOVANNI GAUDIO E ROSARIA GIAMBERSIO ■[email protected] | [email protected]

ODE ALL’ASIT“Si sta come agli esamil'agendae il punto blu.”

K.S.

D U R A L E X

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Masters of the Universe: DETHRONED.

Feeling good to be a banker?

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■ DI KIM SALVADORI ■[email protected]

Sei giorni dopo i miei wel-come days in BocconiLehman fallì. Articoli dichi c’era prima di me inquesto spazio preannun-ciavano periodi bui per

le banche d’investimento, si parlò di“morte dell’M&A”. All’epoca ci fecicomunque poco caso: per me “banca”equivaleva ancora a “sportello”. Beatagioventù.Tre anni più tardi, con concetti (sispera) più chiari in testa, a guardare ilmondo dell’investment banking vedouna ricostruzione incerta, di certomeno scintillante, del vecchio regnodei Master of the Universe e, allo stessotempo, folle di studenti che anelanoad un posto nella City. Ma se nel tuoluogo di vacanza preferito al posto del-l’hotel extralusso costruiscono un mo-desto condominio, ha senso pagare lostesso prezzo di prima per il soggiorno?La maggior parte dei motivi per cui siopta verso questo settore è riassumibilenella triade “lavoro dinamico, status,soldi” (l’esperienza insegna così, anchese esistono minoranze mosse da altriintenti). Il punto è che allo stato at-tuale essa assomiglia più ad un mirag-gio che ad una realtà.

Partiamo dal lavoro: nuovi palettianti-rischio da rispettare, enti e go-verni dal grilletto facile in tema di re-golamentazioni, azionisti stufi di per-dere in borsa che chiedono livelliaccettabili di redditività. Tradotto pergli istituti, significa uscire dai businesscapital-intensive e poco redditizi. Tra-dotto per molti banker, significa ri-spolverare il proprio CV e recuperarescatole di cartone abbastanza capienti.Survival of the fittest: i caduti ci sono giàstati (Royal Bank of Scotland), i feritigravi anche (UniCredit); ora si aspettasolo la concentrazione del mercatoche lascerà l’IB nelle mani di pochigrossi player capaci di generare pro-fitti sufficienti da non mettere a ri-schio il ROE.L’appetibilità dei “soldi facili” è un al-tro mito da sfatare. Il settore rimanesenza dubbio uno di quelli che pagameglio i neolaureati, ma la cascata dimonetine inizia a rallentare il flusso. Ibonus? Ridotti, livellati, erogati in dif-ferita, trasformati in derivati sul cre-dito (accade in Credit Suisse), a volteperfino restituiti (secondo clausole diclawback). Senza dimenticare l’alto co-sto della vita di città come Londra oNew York.

Infine, lo status… di bersagli facili. Èdal 2008 che la caccia alle streghe me-diatica s’accanisce sulla figura miticadello “speculatore”: prima gli hedgefund, ora i banker. L’ultimo atto si ècompiuto con la revoca del titolo di“Sir” all’ex-CEO di RBS, colpevoledella caduta del gigante nazionale.Non fu l’unico “Sir” nella vicenda,nemmeno nel consiglio d’amministra-zione di RBS, ma di capro espiatorio,si sa, ne basta uno.In sintesi, il sistema finanziario con-tinua ad evolversi in base ai volubilirichiami delle istituzioni: gli stress testsi sprecano, l’EBA parla di aumenti dicapitale, la Volcker Rule fa chiuderebusiness di proprietary trading, BasileaIII impone riduzioni di asset tossici.Intanto si spalancano archivi per isegugi di SEC o FSA, ci si presenta intribunale per rispondere di venditepassate (a clienti magari non sempreignari dei rischi) e si fronteggiaun’opinione pubblica sempre piùvendicativa.Insomma, conviene ancora ambire adun mercato non del tutto assestato,con posti di lavoro sempre più insta-bili, un business incerto e un prestigioridotto rispetto al passato? Applicantscon gli occhi che brillano alla sigla“M&A”, siete ancora pronti a disco-noscere l’amata “work-life balance” pertutto ciò? Scommettereste ancora suLloyd Blankfein&Co.?

Io sì.

Le mie fiche sono sulla City, il tempodirà se ho ragione; per ora mi divertoad osservare la pallina che gira nellaroulette. Signori, fate il vostro gioco. [ ]

B R A I N D E FA U LT S WA P

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Scomparsa del titolo risk-free, mercato interbanca-rio congelato, svaluta-zioni di portafogliobbligazionari, caduta li-bera degli indici azionari

europei e prospettive fortemente in-certe per l’anno a seguire. Sembra il“bollettino di guerra” che aveva con-traddistinto il secondo semestre del2008, quando la crisi americana deimutui subprime aveva avvolto tutto ilmondo in una spirale recessiva, e in-vece quello sopra descritto è lo scena-rio regnante in Europa solo qualchemese fa, alla fine del 2011. Infatti, intale anno la possibilità che numerosistati dell’area Euro andassero in de-fault è divenuta sempre più certezza, alpunto di sconvolgere i mercati finan-ziari e l’economia reale.Andiamo con ordine. Già da metà2010 piccole economie periferiche del-l’Eurozona (Grecia, Portogallo e Ir-landa) avevano registrato seri deficit euno stock di debito paurosamente ele-vato, tanto da dover richiedere sup-porto al Fondo Monetario Internazio-

Storia di una crisi

nale per evitare il default. Successiva-mente, il tanto temuto contagio, ov-vero la possibilità che anche altri statipotessero versare in simili condizioni equindi fallire, si è esteso a Spagna e Ita-lia (PIIGS), e a questo punto le voci diuna possibile fine dell’Euro sono dive-nute sempre più fondate.E le banche? La situazione dei debitisovrani ha minato le istituzioni ban-carie europee, di fatto le più esposte.Infatti molte banche europee deten-gono non solo bond greci, fino ad orai più colpiti dalle svalutazioni, ma an-che altri bond sovrani il cui valore siè fortemente ridotto. Inoltre, l’incer-tezza tra controparti bancarie ha de-terminato un congelamento del mer-cato interbancario, la principale fontedi denaro per le istituzioni creditizie.Perciò, le banche sono state indebo-lite a monte, poiché il denaro, la loromateria prima, è divenuto sempre piùcostoso e difficilmente reperibile,mentre a poco sono serviti i numerosiinterventi della BCE per stabilizzare imercati. Ne ha fatto le spese unagrande banca come Dexia, pronta-

mente salvata grazie alle garanzie delgoverno francese e belga, mentre altrebanche hanno dovuto affrontare unadrastica discesa del prezzo delle rispet-tive azioni, dietro la minaccia di unacrisi di liquidità. Ma come si arriva dagli Stati al col-lasso all’economia reale, passando perle banche? La più immediata conse-guenza di quanto descritto fin’ora èstata la diminuzione del credito con-cesso. Tradotto: niente più fidi adaziende e mutui ai consumatori equindi una rapida discesa di investi-menti e consumi. Tutti gli ingredientiper una recessione. Si pensi, ad esem-pio, alle piccole e medie imprese, rap-presentanti la maggior parte del tes-suto industriale italiano, per cui ilfinanziamento bancario è una fontefondamentale di sostentamento. Eb-bene, queste sono state costrette atagli negli investimenti e nel perso-nale, cosa che anche le maggiori ban-che in tutta Europa non hanno tar-dato a fare.Molti stati dell’Eurozona, Italia e Spa-gna in testa, hanno prontamente va-rato riforme volte alla crescita e a taglistrutturali al debito, che, insieme conil recente accordo sul secondo pac-chetto di aiuti alla Grecia, sembranoaver calmato i mercati e ridato sprintalle economie nazionali. Mentre laBCE ha fatto la sua parte concedendoalle banche (per la seconda volta) li-quidità illimitata a 3 anni (LTRO).Così le aspettative sono tornate posi-tive, gli indici azionari hanno ripreso acrescere, e i tassi d’interesse sul debitosi sono ridotti.La strada per la normalità è ancoralunga ma l’Europa pare aver trovatouna ricetta che funzioni. Il 2012 hariportato almeno un po’ di sano otti-mismo. [ ]

■ DI FRANCESCO LANNI ■[email protected]

B R A I N D E FA U LT S WA P

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S’apre il sipario e inun attimo balu-gina nella sala co-tal magia che concalma e preci-sione s'appresta a

solleticar e meravigliar la nostra fan-tasia. Un passo indietro e spiego me-glio: nel volgere del meriggio in ve-spro ameno, pensai (seppur questacosa possa apparir strana e sospettatra chi s’annovera con onore e oneretra i miei amici) di romper gli in-dugi contro lo grande strozzinoTempo, e in lieta compagnia andai aveder "The artist". Rapito da quelche da subito m’apparve esser lo spi-rito del film e in vena di bizzarrie incotal modo decisi a voi, in questapergamena, di raccontar di siffattapellicola che volge lo sguardo suo alpassato e che per amor del cinema siscolara e tace. D’altro canto il silen-zio non è che un altro modo di farmusica come proferiva TheloniusMonk. Così rapito dall’inusual vi-sione dai color smarriti, fatta ora solodi bianco e nero e di tutti i grigi del-

l’arcobaleno, e ora di sguardi e gestiche più delle parol favellano, m’ac-cingo anch’io a raccontar gli amori ei dolori di attrici e teatranti, magni-fiche metafore del passaggio dellasettima arte dal muto al sonoro. Maisatollo dei pop corn acquistati daimoderni franfillecari, seguo le ven-ture di George Valentin divo del ci-nema muto che incarna lo spiritostesso di quel periodo. Fedele anzino, fedelissimo, sarà con lui un pic-colo e straordinario Terrier di cui al-tro non dirò per non guastar la vostrasorpresa. Ma proseguiamo: non fanovella che la fortuna, o a dir in al-tro modo il fato inquieto, in agguatos’apposta. Così sebbene tutto sem-bra rispondere con stessa amabilecortesia al di lui sorriso eventi foschis'adombrano sul destino del divo Va-lentin. Il progresso del dio della tec-nica, Vulcano, avanza con piglio de-ciso e la cupa crisi del 1929 incombeanch’essa. Come l’industria del ci-nema si ribaltò, conoscendo falli-menti e nuovi allori così le storie sirigirano obbedienti ai fili delle Par-

che giacché il fato, se a qualcunsgambetta con far dispettoso e quasiscorretto ad altri arride: un giorno,alla premiere d’un film, il grandedivo viene fotografato insieme aduna graziosa ammiratrice, Peppy Mil-ler. E lei pure sembra esser la meta-fora del mondo nuovo che da lì inpoi diverrà il Cinema sonoro. Pocoper volta la stella di Peppy salirà, traun provino (e qui c’è un grazioso ca-meo di Malcom McDowell indimen-ticabile Alex di quell’Arancia mec-canica che tanto fe’ scalpore) e unbonaccione produttore (John Good-man la cui stazza fa curriculum a sé).Così prosegue la storia, ed è proprioil caso di dir che c’è chi scende e c’èchi sale: in tutto quel trambusto si ri-trovano, proprio su una scala, GeorgeValentin e Peppy Miller. Son le dueanime del Cinema che s’incontrano:l’una non può lasciar che l’altra siperda giacché il sonoro giunse peramor dell’immagine e non potea di-menticar le “smorfie” dei film fatti disole movenze. Così, tra romanticheatmosfere e vaghe citazioni dal“Viale del tramonto” di Billy Wilder(film forse più grande ma a cui, percerto, “The artist” deve molto) frago-rosamente l’ultima scena arriva peramor o per destino, ma di certo perfortuna nostra, e poco altro o nullapotrebbe suonar piacevole allo spet-tator del lieto final così composto. Eor che tra le statuette Oscar, “The ar-tist” ha vinto le più ambite, si fe-steggi con gran spreco di suoni, co-lori, risa e bacco, e si dica pure cheper un giorno di vino si pagan centogiorni d'aceto! giacché al momentom'appar sopportabile come prezzopoiché l'aceto s'usa per condir l'insa-lata. Ed io servo vostro, sperando dinon avervi troppo tediato al fin cedoil passo vi saluto. [ ]

Oscar e il divo artista■ DI EMILIO LO GIUDICE ■

[email protected]

S W E E T ‘A R T

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Spesso capita di fermarsidavanti a un teatro econtrollarne il pro-gramma. Ma quanto la-voro c’è dietro a quelcartellone? L’ho chiesto

all’A.D. della società che gestisce ilTeatro Carcano, la dottoressa Nico-letta Rizzato. Lo studio dove mi acco-glie assomiglia più a una casa che aun luogo di lavoro. Ci sono locandinedi vecchi spettacoli e un’aria davverofamiliare. La sua voce, un po’ timidaall’inizio, non nasconde una grandepersonalità, accompagnata da altret-tanta esperienza.❯❯❯ Come è arrivata al teatro?Ho frequentato un istituto tecnico, hosubito cominciato a lavorare a 19 anni,al Teatro Nuovo, per poi passare alNazionale. Nell’84 sono approdata alCarcano. La mia fortuna è stata du-plice: iniziare con teatri importanti edessere a contatto sin da subito congrandi maestri.❯❯❯ La tentazione di recitare non leè mai venuta? Dire di no sarebbe una bugia, diciamoche non lo trovo nelle mie corde; misono appassionata invece al profilodella promozione. In un ambientecome questo il rapporto con il pub-blico è basilare.❯❯❯ Parlando dell’organizzazione,come vengono scelti gli spettacoli?Ci sono agenzie a livello nazionale, che

redigono una sorta di cartellone gene-rale. Noi cerchiamo invece di andare avedere tutti gli spettacoli già usciti. Pergli altri ovviamente ci si può fidare solosulla parola... Mi piace sottolineare chenon si sceglie solo il meglio, ma quelloche è più vicino agli spettatori, consi-derando l'idea classica di teatro, conna-turata al Carcano. Ciò detto, l'obiet-tivo è sempre quello di alternare testiconosciuti ad altri più “leggeri”.Quando abbiamo presentato Trappolaper Topi di Agatha Christie, ci è statochiesto <Perché fate un giallo?> Credoche si debba uscire da una definizioneschematica, i generi si possono mesco-lare e fondere!❯❯❯ Si deve considerare anche illato economico...Certo, l’equilibrio tra arte, che vieneprima di tutto, ed economicità è essen-ziale. Gran parte del successo deriva in-fatti da quanto gli spettatori condivi-dano con noi la scelta degli spettacoli.❯❯❯ A proposito, che ruolo sociale sipropone di avere un'istituzionecome la vostra?

Per una serie di fattori economico-cul-turali, il teatro sembra non poter piùsvolgere il suo ruolo di aggregatore so-ciale. Oggi l'adulto non sa più fare ilbambino, e il bambino certamente nonpuò fare l'adulto. Noi vorremo realizzarel'idea che possano esserci dei nonni cheportino i bambini a teatro a vedere spet-tacoli come Pierino e il Lupo o Il Pic-colo Principe. Per la fascia giovanile lagrande novità sono gli Aperitivi Mate-matici: mini conferenze su temi curiosi,come la matematica e la musica. Sco-prire che cose del nostro quotidianoappartengano anche fortemente ad al-tri settori è sempre piacevole.❯❯❯ Non tutto però sembra perduto,penso all'occupazione del TeatroValle. Attenzione: al Valle si è partiti conidee condivisibili, anche se poi ci si è“persi”. Per mesi infatti l'occupazioneè diventata la vetrina di personaggipubblici romani, legati più al cinema,i quali hanno usato il palco e i ragazzioccupanti solo per fini personali. Ve-dremo se andrà a buon fine la costi-tuzione della Fondazione TeatroValle Bene Comune, tuttora incorso.”❯❯❯ Tornando a noi, che ricordo hadel grande Giulio Bosetti? Bellissimo. Spesso litigavamo: questomestiere non si fa da soli e le compo-nenti artistica e finanziaria sono durea scontrarsi, ma in fondo avevamouna forte intesa professionale e perso-nale. Lui, come Marina (ndr M. Bon-figli, attuale direttore artistico) sonopersone eccezionali, dalle quali do-vremo prendere esempio, nella vitaartistica e non solo. [ ]

La magia delretroscena

■ DI DILETTA GAMBACCINI ■[email protected]’intervista

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Quattro giorni all’inter-no del Parlamento Eu-ropeo: ecco cosa haofferto l’ONG e.qo,in collaborazione conGreen Light for Busi-

ness, a un gruppo di circa 80 studen-ti delle università di Bologna, Boc-coni, Luiss e PoliMI, i quali hannovarcato la soglia della sede del Parla-mento Europeo a Bruxelles perseguire diverse conferenze e discuteresu questioni riguardanti il tema“green economy & public affairs”. Nei primi giorni si è parlato delprocesso decisionale che ogni giornoprende piede all’interno del Parla-mento, con un profondo sguardosull’attività di lobby, svolta da molteaziende nei confronti di commis-sioni e parlamentari. Grazie ai discor-si di chi ogni giorno la fa e la subisce,tale attività si è rivelata essere benlontana dalla sequenza “conoscenza›bustarella-corruzione” cui è associa-ta in Italia: essa assume infatti un si-gnificato completamente differente,fino a raggiungere una sfera isti-tuzionale. L’attività di lobby svolta at-torno e all’interno del Parlamento Eu-ropeo, infatti, è e deve essere un’at-tività totalmente trasparente e chiara:esiste un registro scritto delle compag-nie autorizzate a svolgerla e i mezzi dipressione sono regolamentati da pro-cedure formali e informali. In seguito le conferenze hanno toc-cato temi quali le funzioni delle isti-tuzioni europee, il futuro ambientaledel nostro pianeta e i progetti Greendi Last Minute Market in corso di re-alizzazione. La Winter School ha

avuto anche degli ospiti d’eccezione:il vicepresidente del Parlamento Eu-ropeo Gianni Pittella, i parlamentariMatteo Salvini, Elisabetta Gardini eVittorio Prodi, vari rappresentanti delmondo privato, come dirigenti di so-cietà di consulenza, lobbisti di nu-merose aziende italiane e imprendi-tori immobiliari emigrati negli Sta-ti Uniti. L’ampia gamma di relatori hapermesso agli studenti più curiosi e in-traprendenti di poter parlare vis-a-viscon professionisti affermati e dotatidi grande esperienza, pronti e disponi-bili a rispondere alle domande diragazzi con un futuro costellato da nu-merosi punti di domanda. Da ultimo, un gruppo di studenti hapresentato alla platea alcuni per-sonali progetti sulla green economy:idee imprenditoriali semplici ed effi-caci, che hanno cercato i favori delpubblico istituzionale per potersi

concretizzare. Un’occasione di con-fronto e apertura anche per rac-cogliere i pareri degli altri studenti,che spesso si sono offerti di collabo-rare con i promotori dei progetti. Ciò che più di tutto rimane nelcuore, comunque, è la sensazione cheaccompagna il passeggiare tra quelleaule intrise di storia e di passione, ilpotersi sedere nel cuore dell’UnioneEuropea per confrontarsi con amabil-ità e rispetto. Mettere il proprio per-sonale impegno al servizio della so-cietà per renderla migliore, discuten-do e arricchendo gli altri con la pro-pria personale esperienza e competen-za maturata negli anni, è un insegna-mento per tutti. Non meno importante è stato riflet-tere poi su tematiche destinate a di-ventare i mali della società moderna,come l’eccessivo consumismo checonduce allo spreco alimentare: l’at-tenzione alle tematiche ambientali hachiamato la platea a riconoscerel’importanza di una coscienza perso-nale e collettiva che oggi non posse-diamo, che va costruita se vogliamodifendere le risorse – purtroppo sem-pre più limitate – del mondo che cicirconda. In questo, un ruolo fonda-mentale può giocarlo l’attività dilegiferazione dell’UE, che può im-porre certe norme col fine di acquisireil prima possibile dei comportamen-ti che dovranno diventare per tuttiabitudinari: attenzione ad acquisti econsumi, raccolta differenziata, smal-timento dei rifiuti, produzione incasa dell’energia, impiego di fonti dienergia rinnovabili. In breve: sosteni-bilità a ogni livello. [ ]

Winter school al Parlamento UE:

nel cuore dell’Europa per il cuore del pianeta

■ DI MARICA CAPOSALDO E RICCARDO FERRARI ■[email protected] | [email protected]

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From dream to business:

Italians in the Silicon Valley

■ DI DANIELE NADALIN ■[email protected] CAMPUSLIFE

Six thousand miles, threemonths and a $15 ti-cket – it is all what Ihave been through be-fore meeting them, theItalian start-uppers. On

February 23rd I attended here on theBerkeley campus the “Gran Finale”of the Italian Innovation Day, acompetition among Italian start-upsdirected to an audience of VentureCapitalists. This event took placethanks to Mind the Bridge, an asso-ciation that promotes Italian innova-tion around the World.As soon as I stepped into the confe-rence, I immediately felt at home:“buonasera” instead of “goodevening”, people in suits and elegantdresses instead of Berkeley’s t-shirtsand sneakers and, sometimes, a too-loud laugh – this is the funny side ofItalians. When times get serious, wecan really do great things, and thevideo that Mind the Bridge showedat the event explains why: a colle-ction of all the major Italian contri-butions to technology during thelast 400 years, from Leonardo Da Vin-ci to Massimo Marchiori (the re-searcher who developed the basic al-gorithm on which Google is based).It is apparent that we Italians arequite skilled at inventing things thatchange the World. It has beenbrought to my attention, though, thatwhen speaking about Italian innova-tors, on average, we talk about per-sonal achievements: single ideas,inventions. When compared toAmerican innovators, like SteveJobs with Apple, Bill Gates with Mi-crosoft, Larry Page and Sergey Brinwith Google, there is a big difference.Look at them: in our mind their

names are linked with a company -their company. They have been suc-cessful into translating their ideas inbusinesses, firms, jobs and brands.While trying to investigate the rea-son of their success, I would like toconsider how our University cancontribute and how we, as single stu-dents, can bolster innovation with itshelp.So what can the Silicon Valley teachus? What is its true spirit? Can we re-produce that miracle? It does not take a lot to explain. TheSilicon Valley today is a reality thatfosters itself: it attracts human and fi-nancial capital without many exter-nal contributions. It is a wonderfulexample of a virtuous circle: re-search, knowledge, venture capita-lists and talented people, all togeth-er in the same land as the perfect mixto create an innovation district. Bylooking at the history of SiliconValley, you can understand hownothing happened by accident. Thevery birth of Silicon Valley can betraced back to a Stanford professor,

Frederick Terman. In full accordwith the Californian philosophy of“if you want something to happen,make it happen,” he assigned someland owned by the University to thedevelopment of student-run start-ups.At the time there were a lot of peo-ple in the East coast just waiting forsomething to invest in. Add a bunchof good lawyers and you get therecipe for the Silicon Valley. It may be simplistic, but what can welearn from history? Consider thefact that everything happened arounda University. As every virtuous cir-cle, at the beginning you need to in-vest a lot of resources in order to pro-vide knowledge and assistance, tobuild infrastructures and to findmoney. Once you are able to light thespark, if you are surronded by talen-ted people with entrepreneurial spi-rit, you can make the difference. Weare Italians, we have resources andtiming could not be better. If youhave an idea, go out and dirty yourhands in the real world: you willmake the difference. [ ]

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CHI FA DA SÉ FA PER …“Se il lavoro nobilita l’uomo, siamo sicuri che il gruppo

lo renda di fatto un animale sociale?”

Ci sono tre grandi certezzenella vita: le tasse, lamorte e i lavori di gruppo.Naturalmente, poste inordine di invasività.Tradimenti, menzogne,

congiure, fra-tricidi: nulla rovinerà levostre relazioni personali e umane piùdella fatidica espressione “two-extra-points” seguita da “assignment-collet-tivo-con-presentazione-orale-corre-data-da-N-slide”.Certo non si discute della validità for-mativa di tanto e tale genere di sforzo:prova ne siano i lividi, le ulcere e unacartella di carteggio telematico dellafascia 2-5 a.m. Già il formare un buongruppo non è cosa facile: non esiste unalgoritmo infallibile e il mix ottimo dicompetenze/impegno dimostrato sulcampo figura spesso come una accozza-glia di intenti dalla dubbia probabilitàdi successo. Ciò nonostante, è solo unavolta tratto il dado che l’esperienza di-viene di interesse antropologico. Al-

l’avvicinarsi della deadline (detta death-line) ciascun membro riesce a dare ilpeggio di sé: chi si improvvisa gerarcamilitare, chi diventa verde (“Hulkspacca tutto”), chi prende in prestitoper qualche giorno il mantello dell’in-visibilità da Harry Potter, chi i-nizia adutilizzare la parola “free-rider” a mo’ dibuongiorno, chi ne ha sempre una(“stavo per mandarvi la mia partequando si è rotto il computer e mentre

andavo a farlo aggiustare ci ha sbavatosopra un cane. Purtroppo era una be-stia a tre teste e di razza aliena”).Apoteosi dell’umana commedia si hapoi nel momento tanto atteso dell’e-sposizione, ove le frustrazioni del meseprecedente forniscono la miccia per“accese” presentazioni. Pare che le auledel 3° piano del Velodromo siano stateteatro di sfide all’ ultimo sangue.Pare, naturalmente. [ ]

■ DI GIORGIA RAUSO ■[email protected]

l’associazione sportiva dilettantistica ULMi, University League of Mi-lan, con l’obiettivo di fondere passione, business e abilità, mettendosialla prova e verificando che i contenuti teorici appresi a lezione pos-sono effettivamente funzionare nella pratica.A novembre è partito il primo torneo organizzato da ULMi, un campio-nato di calcio a 7 rivolto a tutti gli studenti ed ex-studenti provenientida università milanesi. A tutte le squadre che non riusciranno ad ac-cedere alla fase finale del campionato è rivolta invece la “Coppa diLega”, un torneo a eliminazione diretta. L’alta qualità del torneo è benvisibile soprattutto nei servizi accessori offerti. La quota d’iscrizione, in-fatti, comprende anche l'assicurazione, un pallone da gioco e la mutacompleta. La ciliegina sulla torta? I premi! Buoni viaggio per un valoredi 4000 euro, fine settimana a Milano Marittima, abbonamenti in pa-lestra e tanto altro ancora.E tu cosa aspetti a metterti in gioco? [ ]

90’ DI AFFARI: UNA PASSIONE CHE DIVENTA START-UP

È una buia sera d’inverno e la colonnina di mercurio è prossima allozero, ma Emilio, Giorgio e Davide non si fanno scoraggiare nemmenodalle intemperie.“Perché non basta avere una buona idea” sostieneGiorgio, con l’aria di chi negli ultimi mesi ha faticato davvero parec-chio. Lanciare la propria start-up è un po’ come realizzare un gol: sononecessarie la capacità di individuare la parte di area scoperta, l’abi-lità di correre più veloce degli avversari, la volontà di percorrere la di-stanza che ti separa dalla porta nonostante la fatica e le avversità e,ovviamente, la fortuna di trovare dei buoni compagni di squadra.Emilio Picasso, neolaureato triennale in Bocconi, non ha la minima in-tenzione di farsi rubare la palla né sul campo da gioco né, tantomeno,in quello degli affari. Insieme a Giorgio e Davide ha ideato e creato

■ DI FRANCESCA GARZIERA E GIACOMO DELINAVELLI ■[email protected] | [email protected]

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Quindici anni fa l’isoladi Samsø, situata ametà tra Copenaghene la penisola dello Jut-land, sembrava senzafuturo: la forte concor-

renza dei prodotti stranieri stava met-tendo in seria difficoltà l’economiaprevalentemente agricola dell’isola,spingendo buona parte della popo-lazione a emigrare verso la terraferma.Samsø, non possedendo risorse natu-rali di rilievo e non trovandosi in unaposizione strategica dal punto di vistacommerciale, appariva condannata aun silenzioso e inesorabile declino. Oggi Samsø è invece una delle princi-pali mete turistiche della Danimarca,spesso anche oggetto dell’attenzionedei media, sia danesi che stranieri. Dal2003, infatti, è un’isola a emissionizero, completamente indipendente dalpunto di vista energetico in modo deltutto ecosostenibile. Per questo mo-tivo è divenuta un punto di riferi-mento internazionale per quantoriguarda le energie rinnovabili, visitatanon solo dagli ecologisti e dagli amanti

della natura ma anche da ricercatori edelegazioni provenienti da tutto ilmondo. Tutto è iniziato nel 1997, quando ilgoverno danese ha avviato un pianoper coprire, entro il 2030, il 35% delfabbisogno energetico del paese attra-verso le fonti rinnovabili. Tale obiet-tivo risulta ancora più ambizioso se siconsidera che in Danimarca, paesepoco soleggiato e dalla morfologia pia-neggiante, le possibilità di sviluppo dienergia fotovoltaica e idroelettricasono limitate. Tuttavia, come avrannosicuramente avvertito sulla loro pellei bocconiani che hanno trascorso l’ex-change nei paesi scandinavi, da quelleparti c’è almeno una fonte inesauribiledi energia pulita che non manca quasimai: il vento. I samsinger (gli abitanti di Samsø)hanno quindi pensato di trasformare laloro isola in un vero e proprio la-bora-torio per testare il potenziale dell’en-ergia eolica in Danimarca. Grazie aun deciso supporto governativo (sottoforma di finanziamenti, incentivi esgravi fiscali), nel giro di soli sei anni

sono state installate sull’isola ben 22pale eoliche, di cui 10 sul mare. Con il passare del tempo, i samsingerhanno iniziato a sperimentare lepotenzialità anche delle altre fonti dienergia rinnovabili, avviando unavasta gamma di progetti: una centralefotovoltaica con 2500 m² di pannelli,impianti di ultima generazione per losfruttamento delle biomasse (pallet etrucioli di legno), pompe di calore ge-otermiche, motori per le auto a olio dicolza, a idrogeno ed elettrici.Già nel 2005 Samsø produceva cosìtanta energia pulita che ha iniziato aesportarla sul continente attraversoun apposito cavo sottomarino. In virtùdi questi eccellenti risultati, l’annoseguente è stata inaugurata l’Accade-mia delle Energie Rinnovabili, con loscopo di divulgare i progressiriguardanti i progetti sull’isola e diavviarne di nuovi. Un’altra peculiarità dell’esperimentoecologista di Samsø è che la proprietàdi tutti gli impianti è rimasta intera-mente nelle mani dei samsinger, chepercepiscono un dividendo annualeper l’energia esportata: le famiglie del-l’isola possiedono addirittura le chi-avi d’accesso alle pale eoliche. C’è an-che chi ci ha creato un business,organizzando apposite gite per turistisugli impianti installati sul mare, dallacui cima, in prossimità della turbina, èpossibile godere di un bellissimopanorama. Guardando verso l’isola si può scorgerein lontananza anche un vecchiomulino a vento. Ma da lassù, sferzatidalla brezza che muove le pale eoliche,gli abitanti di Samsø vedono soprat-tutto il loro futuro. [ ]

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Dai mulini a vento alle pale eoliche:la prima isola a emissioni zero

■ DI ENRICO CAVAZZUTI ■[email protected]

PICCOLI STATIGRANDI IDEE

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Vademecum semiserio sulla scelta dellaSpecialistica in Bocconi

Si sa, il calendario bocconiano (vera e propria alternativa alcalendario gregoriano) per scandire le stagioni preferisce, ri-spetto ai banalissimi solstizi ed equinozi, innovative unità dimisura del tempo, quali i parziali ed i MAV. Nel nostro caso,a farci presagire l’arrivo della bella stagione non è tanto ilprofumo dei fiori o il cinguettio dei passerotti, quanto piut-

tosto l’avvicinarsi di una scadenza ben precisa che riguarda gli studentidel terzo anno: la temuta ed elettrizzante scelta della specialistica. Eccoquindi, per tutti coloro che fra di voi bramano prolungare di altri due annila loro permanenza nella nostra Università, l’ABC di sopravvivenza per lascelta della specialistica.

■ DI VITTORIA GIANNONI ■[email protected]

12 Marzo 2012: deadline per la domandad’ammissione online riservata al popoloariano di chi possiede un GMAT con pun-teggio almeno pari a 650. Gli esiti sarannopubblicati il 27 Marzo.26 Aprile 2012: termine ultimo per la do-manda d’ammissione online, secondo lamodalità “Carriera”. A questo giro, ad es-sere presa in considerazione è, semplice-mente, la media ponderata; inutile dirlo,aver partecipato ad un programma Ex-change/Stage o possedere un GMAT nonguasta! Esiti della selezione: 24 Maggio.31 Maggio 2012: la scadenza per la do-manda d’ammissione online alla terza edultima sessione “Test e dossier”. Il famige-rato test Bocconi si terrà mercoledì 8 Giu-gno. In alternativa si potrà comunicare l’of-ficial score del GMAT . Altri elementi cheverranno presi in considerazione sono lamedia dei voti e la valutazione di un dos-sier (cv, lettera di motivazione ed eventualialtre certificazioni). Giovedì 27 Giugno i ri-sultati.

Management: trattasi del corso ideale per gli eterni inde-cisi e no, in quanto, come con i LEGO, ci puoi costruire unpo’ quello che vuoi. E se dà anche la possibilità di accedereal CEMS, tanto meglio!International Management: impartito solo in lingua inglese,è la punta di diamante dell’offerta Bocconi; ambìto e am-bizioso, CEMS inclusive, e dal prossimo anno raddoppieràla classe. Marketing Management: Jacques Séguéla disse “Non ditea mia madre che faccio il pubblicitario… lei mi crede piani-sta in un bordello”. Questo e tanti altri sbocchi professio-nali per il MSc in MM, un evergreen disponibile anche inversione british.AFC: dire “Vai a AFC?” non è turpiloquio! L’acronimo sta in-fatti per “Amministrazione, finanza e controllo”: un cocktailben shakerato delle tre discipline, ottimo per chi non sistanca mai di usare la calcolatrice. In italiano e in inglese.CLAPI: alias “Economia e management delle amministra-zioni pubbliche e delle istituzioni internazionali”. Il refugiumpeccatorum dei (pochi) bocconiani ancora ottimisti che so-gnano di far la differenza. CLEFIN/Finance: “Il pranzo è per chi non ha niente da

fare!” E’ il motto (preso a prestito da Gordon Gekko) deglistudenti di finanza. Se anche tu ti rispecchi in questa mas-sima, questo è il corso che fa per te! Doppia variante ita-liano-inglese.CLELI: “Economia e legislazione di impresa”. O lo ami o loodi. Se miri a essere un gradino sopra rispetto al RagionierFantozzi, sappi che i futuri commercialisti partono da qui!ACME: dimenticatevi l’ACME Inc. Scegliendo ACME non cat-turerete Bip Bip! Infatti si tratta di “Economics and Mana-gement in Arts, Culture, Media and Entertainment”, un ap-petitoso corso tutto in inglese che spazia con nonchalancedal management alla cultura.DES: è il corso di laurea in “Discipline economiche e so-ciali”. Dedicato a tutti i geni incompresi, soprattutto quelliche piangono ogni volta che guardano “A Beautiful Mind”.Anche in inglese.EMIT: “Economics and Management of Innovation and Te-chnology”. Popolato per metà dai nerd della Terra di Mezzo,e per metà da aspiranti Mark Zuckerberg, gira voce chel’EMIT (rigorosamente in inglese) miri a formare professio-nisti finalmente in grado di far funzionare i sistemi informa-tici della nostra Università.

LE LAUREE MAGISTRALI

LED

ATE

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Oi, tudo bem?What??È portoghese... scusami ma sono ap-pena tornata dallo scambio in Brasi-le!È inutile che fai la figa, io sono andato ne-gli Stati Uniti. Tu cosa sei andata a fare?A imparare la samba?In realtà ho frequentato una delle mi-gliori università del Sud America:l’Universidade de São Paulo! E tu in-vece hai domato tori in qualche rodeonel Montana?Ma quali tori… Sono andato in Virginia,alla University of Richmond, RobinsSchool of Business, non so se mi spiego.Ho sentito dire che lì siano tuttinerd, come hai fatto a sopravvivere?Diciamo che le confraternite mi hanno aiu-tato.Con gruppi di studio e nottate sui li-bri immagino...Certamente. Hai presente i gruppi studioche ci sono in “American Pie”?In realtà no.Ecco, appunto! Ti sei almeno dedicata allaricerca di qualche bel calciatore?E chi ne ha avuto il tempo! Tra lezio-ni alle sette e mezzo del mattino e fe-ste al campus…Che mi dici della cucina di lì? Io ho segui-to una dieta degna di “Oversize me” tracookies, hamburger e litri di birra!

Guarda, bisogna solo superare loshock di trovarsi riso e fagioli ovun-que… e poi churrascos e frutta tropi-cale a go-go!Chu…che?Lascia stare… Degli esami che midici?Beh di sicuro negli States ti alzi la media.Ho seguito cinque corsi molto interessan-ti, ma ho sofferto qualche nottata in biblio-teca per finire i lavori di gruppo. Piuttostotu con tutti quei cocktails in spiaggia sei riu-scita a dare qualche esame da sobria?Devo ammettere di essere stata un po’“allegra” nelle ultime prove, ma an-ch’io ho dovuto studiare! Non è faci-le far tutto in un’altra lingua, e nonparliamo dell’infinità di assignements!Vabbè adesso non deprimerti…Sono depressa dal mio ritorno. Quesaudade! Almeno hai migliorato l’in-glese?I can tells yu thet I know inglish pretty goodnow!Oxfordiano, direi!Scherzi a parte, in quattro mesi l’ho sicu-ramente consolidato.Io ho addirittura imparato una nuo-va lingua!Complimentão!Sei esilarante. E dimmi, come ti sonosembrati gli americani?Grossissimi.

Intendi grassi?No, intendo dire enormi! Conta che tan-tissimi studenti sono atleti. In generale sonosocievoli e divertenti e, giusto a tratti, unpo’ tonti! Non voglio chiederti dei brasilia-ni perché so già la risposta…È gente meravigliosa, molto aperta esempre pronta a darti una mano. Amalincuore, però, devo sfatare il mitoche siano tutti belli. Gli adoni sono soloa Rio de Janeiro, e come ben sai io eroa San Paolo!Non è una città pericolosa?Come qualsiasi altra metropoli! E poic’è molta polizia in giro…Perciò consiglieresti ad altri di fare la tuastessa esperienza?Assolutamente sì. Lasciando stare i so-liti cliché, il Brasile ha davvero mol-tissimo da offrire in termini di cultu-ra, bellezze naturali e perfino oppor-tunità di lavoro per i giovani, sebbe-ne con tutte le difficoltà di un paeseancora in via di sviluppo. E tu?Io sono assolutamente entusiasta di com’èandato lo scambio, siamo riusciti a viaggia-re, divertirci e studiare. La realtà delcampus americano è esattamente comequella che si vede nei film e le opportuni-tà che offrono certe università all’estero, inparticolare quelle di stampo anglosassone,sono infinite.Ti dirò, niente male questi States! Cifarò un pensierino per lo scambio inspecialistica.Anche tu mi hai convinto col Brasile, vaa finire che tra un paio d’anni ci ritrovia-mo qui per un altro faccia a faccia!Ora ti lascio, inizia la lunga procedu-ra di conversione degli esami.Ma dai che è solo una formalità. Ah, di-menticavo, cos’è che si beve in Brasile?Litri di caipirinha!Allora vado a farmene un paio! See yousoon, have a nice day!Para você também, até logo! [ ]

OPINIONI DA EXCHANGE

North vs SouthAMERICA ■ DI ADRIANA COLA E ANDREA BIANCHI ■

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Edito da Università Commerciale Luigi Bocconi. Registrazione n. 428 del 10/07/2001 del Tribunale di Milano.

Direttore Responsabile Barbara Orlando

Direttore Editoriale Maurizio ChisuVicedirettore Editoriale Sergio Rinaudo

Caporedattori Giulia Cagnazzo, Adriana Cola, VittoriaGiannoni, Sergio Rinaudo.

Redazione Alessandro Ancora, Lorenzo Azzi, Kristen Bor-da, Margherita Caccetta, Marica Caposaldo, Enrico Ca-vazzuti, Filippo Maria d’Arcangelo, Pietro Fazzini, Riccar-do Ferrari, Francesca Foglia, Diletta Gambaccini, Giovan-ni Gaudio, Giada Giardiello, Francesco Lanni, Emilio Lo Giu-dice, Valentina Magri, Gabriele Marzorati, Fiammetta Piaz-za, Michele Pittaro, Giorgia Rauso, Kim Salvadori.

Redazione online Giulia Buccione, Donato Colucci,Giacomo Delinavelli, Francesca Garziera, Vito Gervasi,Rosaria Giambersio, Annie Marino, Marco Rastelli,Gioia Stendardo, Sofija Sztepanov, Sara Tanieli, Loren-zo Triboli.

Hanno collaborato Andrea Bianchi, Daniele Nadalin.

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Responsabili web Pietro Fazzini, Luca Stefanutti.

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Vignette Emilio Lo Giudice (colori: Kim Salvadori)

Fotografia on campus Luca Stefanutti

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