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La forma missionaria della Chiesa. Istanze dalla prassi pastorale
Luciano Meddi © Sirt 2008
Il titolo più esatto per questa relazione potrebbe essere: quale Chiesa ha senso nella prassi pastorale1? Non possiamo non prendere
coscienza, infatti, che sia nella riflessione teologica che nella prassi
la Chiesa appare spesso come problema. Nonostante l’enorme afflusso di pellegrini in determinate occasioni, l’attuale
organizzazione della Chiesa è vista problematicamente non solo da
intellettuali e persone critiche ma anche e soprattutto da molti
vescovi e teologi. E’ in discussione per il suo rapporto con la modernità2. E’ in discussione il modello di fede e di missione che
1 Per queste riflessioni userò principalmente: Kasper W., Il futuro dalla forza del Concilio. Sinodo straordinario dei vescovi 1985. Documenti e commento, Brescia, Editrice Queriniana, 1986; Dianich S., La Chiesa mistero di comunione, Genova, Marietti, 1987; Tangorra G., Dall'assemblea liturgica alla Chiesa. Una prospettiva teologica e spirituale, Bologna, Edb, 1998. 2 Balducci E., Cristianesimo e cristianità, Brescia, Morcelliana, 1964; Rahner K.-Heinemann U.R.-Lehemann K.-Bohm A., La Chiesa nella situazione d'oggi, Roma-Brescia, Herder-Morcelliana, 1969; Ramos-Regidor J.- Gecchelin A.(a cura di), Cristiani per il socialismo. Storia, problematica e prospettive, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1977; Gonzalez Ruiz J.M., La Chiesa nelle intemperie. Riflessioni postmoderne sulla Chiesa, Roma [Santander], Borla [Sal Terrae, 1989 [1986]; Valadier P., La Chiesa chiamata in giudizio. Cattolicesimo e società moderna, Brescia, Queriniana, 1989 [Paris 1987]; Comby J., Libertà,
uguaglianza, fraternità. Principi per una nazione e per una Chiesa, in Concilium, 1989,25,1, 32-43; Riccardi A., Intransigenza e modernità. La Chiesa cattolica verso il terzo millennio, Roma, Laterza, 1996; Weil S., Lettera a un religioso, Milano [Paris], Adelphi Edizioni [Gallimard], 1996 [1951]; Kehl M., Dove va la Chiesa? Una diagnosi del nostro tempo, Brescia, Queriniana, 1998 [1996]; Junker-Kenny M., Chiesa, modernità e postmoderno, in Concilium, 1999,35,1, 145-154; Prini P., Lo scisma sommerso. Il messaggio
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vivono i cristiani dentro di essa3. E’ in discussione la sua
organizzazione interna4. In buona sostanza: si vuole una Chiesa
diversa5. Centrata sul recupero delle categorie bibliche e patristiche
cristiano, la società moderna e la Chiesa cattolica, Cernusco, Garzanti, 1999; Forte B., Dove va il cristianesimo?, Brescia, Queriniana, 2000. 3 Bonhoeffer D., L'essenza della Chiesa. Dagli appunti degli uditori, ordinatori e editi a cura di Otto Dudzus, Brescia, editrice Queriniana, 1977; Pirola G.-Brena G.L., Movimenti cristiani di sinistra in Italia, Assisi, Cittadella , 1978; Metz J.B., Al di là della religione borghese. Discorsi sul futuro del cristianesimo, Brescia, Queriniana, 1981 [München 1980]; L'indifferenza religiosa, in Concilium, 1983,5; Balducci E., Il cerchio che si chiude.
Intervista autobiografica a cura di Luciano Martini, Genova, Marietti, 1986; Lohfink G., Gesù come voleva la sua comunità? La Chiesa quale dovrebbe essere , Cinisello Balsamo, EP, 1987 [Herder 1986]; Kaufmann F.X. - Metz J.B., Capacità di futuro. Movimenti di ricerca nel cristianesimo, Brescia [freiburg im Breisgau], Queriniana [Verlag Herder], 1988 [1987]; Sorge B., Uscire dal tempio. Intervista autobiografica a cura di Paolo Giuntella, Genova, Marietti, 1989; Kanavaugh J.F., Cristiani in una società consumistica. La spiritualità della resistenza culturale, Assisi, Cittadella, 1990; Velasco J.M.,
Non credenza ed evangelizzazione, dalla testimonianza al dialogo, Assisi, Cittadella, 1990; Aa.Vv., La religiosità in Italia, Milano, Mondadori, 1995. 4 Ratzinger J.-Mayer H., Democrazia nella Chiesa: possibilità, limiti, pericoli, Roma, Paoline, 1971; Rahner K.., Trasformazione strutturale della Chiesa come compito e come chance, Brescia, Morcelliana, 1973; Chi ha la parola nella Chiesa?, in Concilium, 1981,8; Bpff L., Chiesa: carisma e potere. Saggio di ecclesiologia militante, Roma, Borla, 1986; Haring B., Il coraggio di una svolta nella Chiesa, Brescia, Queriniana, 1997; Küng H., Cristianesimo. (Essenza e
storia), Milano, Rizzoli, 1997 [1994]; Koening F., Collegialità e centralismo, in Il Regno, 1999, 44,9, 285-288; Magister S., Ridateci i Patriarchi, in L'Espresso, 2000, 45,24. 5 Rahner K.., Trasformazione strutturale…, 1973; Buhlmann W., La terza Chiesa alle porte. Un'analisi del presente e del futuro ecclesiali, Alba, Ep, 1976; Boff L., Ecclesiogenesi. Le comunità di base reinventano la Chiesa, Roma, Borla, 1978; Buhlmann W., Anno 2001. Modelli per una Chiesa universale, Napoli, Ed, 1986; Dossetti G., Con Dio e con la storia. Una
vicenda di cristiano e di uomo. A cura di Angelina e Giuseppe Alberigo, Genova, Marietti, 1986; Lohfink N., Sogni sulla Chiesa, Milano, Ep, 1986; Dianich S., Una Chiesa per vivere, Milano, Ep, 1990; Noi siamo Chiesa (appello dal popolo di Dio), in Il Regno, 1996,3, 120ss.; Lafont G., Immaginare la Chiesa Cattolica. Linee e approfondimenti per un nuovo dire e un nuovo fare della comunità cristiana, Cinisello Balzamo [Paris], San Paolo [du Cerf], 1998 [1995]; Martini C.M., Leggere la Bibbia, rivitalizzare le
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fatte dal Concilio6 (in modo particolare la categoria “Chiesa povera e
Chiesa di poveri”7) e in rapporto con la teologia dei segni dei tempi8.
parrocchie, discutere dei veri problemi della Chiesa in modo collegiale.
Intervento al Sinodo per l'Europa. Roma 7 ottobre 1999. 6 Delahaye K., Per un rinnovamento della pastorale. La comunità, madre dei credenti negli scritti dei Padri della Chiesa primitiva, Cassano (Bari), Ecumenica Editrice, 1974 [1958]; Gallo L.A., Una Chiesa al servizio degli uomini. Contributi per una ecclesiologia nella linea conciliare, Torino, Ldc, 1982; Simone M. (ed.), Il Concilio venti anni dopo. 1. Le nuove categorie dell'autocomprensione della Chiesa, Roma, Ave, 1984; Alberigo G. - Jossua J.P. (a cura di), Il Vaticano II e la Chiesa, Brescia, Paideia, 1985; Galantino N., Il Concilio venti anni dopo. 3. Il rapporto Chiesa-mondo, Roma, Ave, 1986;
Schillebeeckx E., Per una Chiesa dal volto umano, Brescia, Queriniana, 1986; Sabigal S., La Chiesa serva di Dio. Per una ecclesiologia del servizio, Roma, Ed, 1992; Gallo L.A., La comunità degli uomini in Cristo, in Istituto di Catechetica Università Salesiana / Trenti Z.- Pajer F.- Prenna L.-Morante G. - Gallo L., Religio. Enciclopedia tematica della educazione religiosa. Catechesi - Scuola - Mass Media, Casale Monferrato, Piemme, 1998, 189-217; Viviani G., La Chiesa Madre: immagini e rinnovamento, in Ati- Vitali D. (a cura di), in Annuncio del Vangelo, forma Ecclesiae, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2005,
347-361. 7 Dupont J., La Chiesa e la povertà, in Baraúna G. (diretto da) , La Chiesa del Vaticano II, Firenze, Vallecchi, 1968 [1965] , 113-142; Chenu M.D., "La Chiesa dei poveri" nel Vaticano II, in Concilium, 1977, 124; Toschi M., In cammino verso una Chiesa povera, in Aa. Vv. , Il Vaticano II nella Chiesa italiana: memoria e profezia, Assisi, Cittadella, 1985, 92-124; Mozzillo G., Una Chiesa povera per essere Chiesa dei poveri: proponibilità e attualità, in Ati- Vitali D. (a cura di), Annuncio del Vangelo…, 257-267; Ruggieri G.,
Evangelizzazione e stili ecclesiali: Lumen Gentium 8,3, in Ati- Vitali D. (a cura di), Annuncio del Vangelo…, 225-255. 8 Chenu M.D., I Segni dei tempi, in Baraúna G. (diretto da) , La Chiesa del Vaticano II…, 85-102; Pellegrino M., Segni dei tempi e risposta dei cristiani, Roma, Università Gregoriana, 1976; Gennari G., Segni dei tempi, in De Fiores S.-Goffi T. (a cura), Nuovo dizionario di Spiritualità, Roma, EP, 1978, 1400-1422; Boff C., Segni dei tempi, Roma, Borla, 1983; Filippi A.(a cura di), Basilea: giustizia e pace, Bologna, Edb, 1989; Midali M., Segni dei tempi, in
Midali M.-Tonelli R. (a cura), Dizionario di Pastorale Giovanile, Torino, Ldc, 1989, 862-866; Fisichella R., I segni dei tempi, in Dotolo C. - Meddi L. (a cura di), Adulti nella fede 1. Itinerari per la formazione del catechista degli adulti, Bologna, Edb, 1991, 77-103; Segundo J.L., Rivelazione, fede, segni dei tempi, in Ellacuria I.-Sobrino J., Mysterium Liberationis. I concetti fondamentali della teologia della liberazione, Roma , Borla-Cittadella [Trotta], 1992 [Madrid 1990], 378-397; Geffrè' C., Teologia dell'incarnazione e teologia dei segni dei
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Da questi autori e responsabili ecclesiali il tema sembra così
determinante per il “futuro del cristianesimo” che è continuamente
oggetto di riflessione, anche recentemente9.
tempi nell'opera di M.-D. Chenu, in Mieth D.-Schillebeeckx E.-Snijdewind H., Universalità e regionalità della teologia nel XX secolo. Scritti in onore di Rosino Gibellini, Brescia, Queriniana, 1996, 37-56; Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (CCEE)-Giordano A. (a cura), Religione: fatto privato e realtà pubblica. La Chiesa nella realtà pluralista, , Bologna, Edb, 1997; NanniI C. (a cura), Pace, giustizia, salvaguardia del creato, Roma, Las, 1998; Ruggieri G., Per una ermeneutica del Vaticano II, in Concilium, 1999,35,1, 18-34; Ruggieri G., La teologia dei "segni dei tempi": acquisizioni e compiti, in Canobbio G. (a cura di) , Teologia e storia: l'eredità del' 900, Cinisello Balsamo,
San Paolo, 2002, 33-77. 9 Pottmeyer .J., Dal Sinodo del 1985 al Grande giubileo dell'anno 2000, in Fisichella R. (a cura di ), Il Concilio Vaticano II. Recezione e attualità alla luce del Giubileo, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2000, 11-25; Cozzi M., L'uomo e il sabato. Quando il disagio provoca la Chiesa e le sue prassi, Boves, Ega, 2000; Aa. Vv. Un tempo di grazia. Quale futuro per la Chiesa?, Milano, Ancora, 2000; Forte B., Tre priorità per il cristianesimo prossimo venturo, in Servizio Nazionale Della Conferenza Episcopale Italiana per il Progetto Culturale,
Libertà della fede e mutamenti culturali. III Forum del Progetto Culturale, Bologna, Edb, 2000, 139-141; Militello C., Prospettive di rinnovamento ecclesiale, in Servizio Nazionale Della Conferenza Episcopale Italiana per il Progetto Culturale, Libertà della fede… 291-293; Maggiolini A., Fine della nostra cristianità, Casale Monferrato, Piemme, 2001; Moro G. (Servizio di Animazione Comunitaria), Prima che sia troppo tardi. Manifesto pastorale. Sei conversioni urgenti, Torino, Ldc, 2001; Duquoc C., "Credo la Chiesa". Precarietà istituzionale e Regno di Dio, Brescia [Paris], Queriniana [Cerf],
2001 [2000]; Ruggieri G. Cristianesimo, chiese e vangelo, Bologna, il Mulino, 2002; Lohfink G., Dio ha bisogno della Chiesa? Sulla teologia del popolo di Dio, Cinisello Balsamo [Freiburg-Basel-Wien], San Paolo [Herder], 2000 [1998]; Kaufmann F.-X, Quale futuro per il cristianesimo?, Brescia [Freiburg im Breisgau], Queriniana [Verlag Herder], 2002 [2000]; Vattimo G., Dopo la cristianità. Per un cristianesimo non religioso, Cernusco s/N, Garzanti, 2002; Thellung A., Con la Chiesa oltre la Chiesa. Provocazioni di un vecchio cristiano, Assisi, Cittadella Editrice, 2002; Libanio J.B., Scenari di Chiesa,
Padova [São Paulo], Emp [Edições Loyola], 2002; Garelli F. (a cura di) , Sfide per la Chiesa del nuovo secolo. Indagine sul clero in Italia, Bologna, Il Mulino, 2003; Bellet M., La quarta ipotesi. Sul futuro del cristianesimo, Sotto il Monte, Servitium, 2003; Ambrosio G., Forme di cattolicesimo nella postmodernità. Limiti e chances di un cattolicesimo fragile, in La Rivista del Clero, 2003,84,10, 652-278; Melloni A., Chiesa madre, Chiesa matrigna, Torino, Einaudi, 2004; Jenkins Ph., La terza Chiesa. Il cristianesimo del XXI secolo,
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Il contributo di questa riflessione parte dal termine istanze dalla
prassi pastorale. Già prima del Concilio e soprattutto dopo l’evento
sinodale la pastorale e la riflessione ecclesiale sono state
direttamente o indirettamente provocate in ordine ad un ripensamento del modo di presentare e di vivere (organizzare) la
Chiesa. In realtà il mio contributo potrà solo soffermarsi su alcune
indicazioni di modello di Chiesa come emergono dalla riflessione teologico pastorale recente.
Il luogo maggiormente sensibile a tale tema è all’interno della
riflessione sulla parrocchia o del “modello nuovo di parrocchia”. Alcune considerazioni possono prevenire dalle riflessioni sul
rapporto tra modello di parrocchia e azione pastorale. Il tema è stato
richiamato anche nelle ricerche recenti10.
Questa stessa riflessione scritta alcuni anni fa non avrebbe avuto bisogno di altre premesse. Oggi invece il tema risulta sensibile con prospettive differenti. Si deve registrare, in verità, la percezione che tale l’impostazione di fondo viene radicalmente messa in questione. Troppi indicatori lasciano intendere che la questione del rapporto Chiesa-modello di Chiesa viene oggi intesa nel senso di una continuità o recupero del modello di Chiesa tridentino.
Due sono le acquisizioni di fondo. Da una parte la percezione che
ogni modello di configurazione pastorale della chiesa si rapporta ad
un paradigma culturale e teologico proprio dei diversi momenti storici. In secondo luogo che ai nostri giorni assistiamo ad una
Roma , Fazi Editore [Oxford University Press], 2004 [2002]; Ruini C. Nuovi segni dei tempi. Le sorti della fede nell’età dei mutamenti, Milano, Mondadori, 2005; Torcivia C., La Chiesa oltre la cristianità, Bologna, Edb, 2005; Sobrino J.-Wilfred F. Cristianesimo in crisi? Editoriale, in Concilium, 2005, 41, 3, 15-
22; Ruini C. Verità e liberta. Il ruolo della Chiesa in una società aperta, Milano, Mondadori, 2006; Mastrofini F., Geopolitica della Chiesa Cattolica, Roma-Bari, Editori Laterza, 2006; Thellung A., Elogio del dissenso, Molfetta, Edizioni la Meridiana, 2007. 10 Molte delle ultime riflessioni sono state presentate o riprese nel convegno dell’Ati del settembre 2003: Ati-Vitali D. (a cura di), Annuncio del Vangelo, forma Ecclesiae, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2005.
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interpretazione non condivisa su quale possa essere il modello
adeguato a rispondere alla sfide della missione nel tempo
contemporaneo. Per alcuni è necessario non più una difesa
apologetica del passato modello di Chiesa e nemmeno una opposizione preconcetta alle forme della cultura e modelli
contemporanei di società ma un ripensamento dell’autocoscienza
ecclesiale e un suo adeguamento organizzativo; per altri esattamente i contrario e cioè il mantenimento o la riproposizione del modello
che si è organizzato nella tarda modernità.
1. “Una chiesa moderna”? Evoluzione nella ricerca di un nuovo modello di Chiesa
La ricerca di un nuovo modello11 per la vita della Chiesa dalla
fine del diciannovesimo secolo fino alla realizzazione del Concilio Vaticano II si può descrivere come crisi del modello relativo al
paradigma teologico pastorale nato con il Concilio di Trento, e come
ricerca di un nuovo modello. Ma tale ricerca fu compiuta senza prima definire adeguatamente l’insieme del nuovo paradigma
peologico-pastorale dentro cui si può interpretare i dati fondamentali
della dottrina e delle esperienze cristiane. La crisi creata nella Chiesa durante il XIX secolo dalla cultura
tardo-moderna portò gli operatori e i responsabili a descrivere una
azione pastorale più missionaria (anche se solamente apologetica).
Tale considerazione nasceva dalla preoccupante diminuzione della frequenza alle celebrazioni liturgiche. È da questo punto di vista che
veniva analizzato il tema della qualità della vita ecclesiale. In quel
momento non era percepito adeguatamente che in termini più teologici tale questione ne faceva emergere uno più complesso
perchè riguardante il ripensamento dell’affermazione della Chiesa
come dispensatrice della salvezza. Come mai molte componenti della
11 Lanzoni A., Modelli di Chiesa e azione pastorale, in Aa. Vv. (quaderni teologici Del Seminario di Brescia), in Modelli di Chiesa, Brescia, Morcelliana, 2001, 205-219.
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società non desiderano e non chiedono i mezzi ordinari della grazia?
Tale interrogativo sembrò non coinvolgere la riflessione degli
operatori pastorali per cui non venne messa in questione seriamente
la organizzazione delle parrocchie e quindi il volto concreto della Chiesa.
In qualche modo si può affermare che le indicazioni dei diversi
autori si limitavano a considerare la necessità del superamento del modello di cristianità ma non si collegavano alla rilettura della
identità propria della chiesa che progressivamente veniva riflettuta.
1.1. Oltre il modello tridentino della chiesa santuario
La chiesa che emerge dal Concilio di Trento si può configurare
come “chiesa santuario”. A lei Cristo ha affidato il frutto della sua
passione e risurrezione: i frutti della redenzione. Lei è la custode e la dispensatrice di tali beni. La dinamica missionaria consiste nella
offerta di tali beni e nel convincimento della necessità degli stessi per
la personale salvezza. L’organizzazione pastorale che ne deriva è tutta centrata sulla ministerialità ordinata perché solo essa può
celebrare i misteri della salvezza. I diversi modelli che nacquero da
questo paradigma vennero messi in crisi dalle diverse forme di
opposizione della cultura moderna ma anche da una progressiva perdita di rilevanza proprio della “evidenza salvifica” connessa alla
“unicità del sistema sacramentale”.
Già A. Rosmini auspicando una nuova prassi di vita ecclesiale12 sottolineava il rinnovamento di alcuni aspetti della organizzazione
della parrocchia: la eliminazione della divisione clero-laici, il
superamento della insufficiente formazione del clero, la fine della servitù dei beni ecclesiastici. Quelle indicazioni hanno
progressivamente preso piede nella forma contemporanea della
comunità cristiana provocando molti e giusti cambiamenti.
12 Rosmini A., Delle cinque piaghe della santa Chiesa, Roma, Città Nuova, 1998.
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Tra i parroci più attenti alle novità ci fu chi13 reagì a questa
situazione investendo molte energie nella formazione del laicato e
nella testimonianza della carità. Altri14 organizzarono nella
parrocchia una presenza ramificata di laici in ogni condominio. Attivazione dei laici, quindi.
Sempre a Roma i papi diedero avvio alla costruzione di grandi
parrocchie all’ingresso della città. Sono gli anni dell’inizio dell’inurbamento della città. La gente dai paesi vicini approdava alle
periferie lungo le vie consolari. Qui, quasi in posizione strategica,
vennero edificate nuove parrocchie che rispondevano in pieno al modello di parrocchia enunciato dal recente Codice di diritto
canonico del 1917. Queste parrocchie passavano dall’immagine di
Chiesa santuario a quella di “edificio attrezzato”15.
Per altri invece la reazione andò nella direzione di un ripensamento sia della attività pastorale che del modello di comunità
cristiana.
Tra le riflessioni – presenti in un altro settore della riflessione
ecclesiale - che contribuirono a modificare l’idea di Chiesa in
rapporto alle situazioni ci fu anche la riflessione missiologica16. Già con G. Warneck si ricominciò a pensare il compito della missione
non più solo in riferimento alla “salvezza delle anime” e come
esportazione di tale modello di Chiesa nei nuovi territori “annessi”,
ma come l’attività di una comunità di fede che, nella fede e attraverso la fede, deve saper trasformare profondamente la vita di un
13 Manzo M., Don Pino Scavizzi. Prete romano, Casale Monferrato, Piemme, 1997. 14 Mi riferisco una intervista a cura del gruppo Aesp (Associazione ecclesiale per la sperimentazione pastorale) al Card. Canestri quando era parroco in S. Maria liberatrice a Casal Bertone – Roma. 15 Questa interpretazione del codice del § 216 del Codice del 1917 è ripresa dagli
studiosi di diritto. Cf. ad esempio Coccopalmerio F., Il concetto di parrocchia, in Aa. Vv., La parrocchia e le sue strutture, Bologna, Edb, 1987, 29-82: “b) parrocchia come territorio-Chiesa-popolo-rettore: cioè "un territorio ecclesialmente strutturato, atto cioè a favorire le esigenze di una comunità ecclesiale e l'assolversi della cura delle anime" (37)”. 16 López-Gay J., Ecclesiologia della missione, in Valentini D. (a cura), L'ecclesiologia contemporanea, Padova, Emp, 1994, 42-68.
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popolo. Compito della missione, cioè, sarà inserire il quadro di fede
cristiana nei popoli e la loro vita in modo tale che essi possano
assumerla. Questa prospettiva con J. Schmidlin venne prontamente
accolta anche dalla riflessione cattolica. In questa prospettiva compito della missione è costruire forme di Chiesa nella Chiesa
locale in un dato contesto. Se in passato le “missioni” avevano come
contenuto la trasmissione della salvezza (sacramentalizzazione) attraverso la costruzione di “stazioni missionarie” identiche alla
Chiesa madre che le inviava, ora la “costruzione della Chiesa” in un
luogo” cioè in forma originale diventava il nuovo compito della “missione”17. In questa fase della vita della Chiesa la costruzione
della Chiesa è contenuto e scopo della missione.
In questo contesto, quindi, il rinnovamento della chiesa passa attraverso una localizzazione della chiesa stessa. Tuttavia questa
espressione venne intesa solamente nella sua dimensione
istituzionale e cioè relativa al soggetto ministeriale. Si afferma infatti che il clero deve essere locale. Non riguarda in profondità la
dimensione misterica: quale salvezza in rapporto alla cultura di un
soggetto popolare concreto? Di fatto la prassi missionaria continuò nella linea della sacramentalizzazione.
1.2. Quasi un nuovo punto di partenza: la “mission de France”
A distanza di anni è davvero interessante rileggere le pagine di quegli autori che si impegnarono con generosità per una rifondazione
della immagine di comunità cristiana nell’ambito parrocchiale. Non
condivido il giudizio di chi ritiene quella stagione una esperienza solo velleitaria e ingenua18.
17 Su questo anche Dianich S., Chiesa in missione. Per una ecclesiologia dinamica, Cinisello Balsamo , Ep , 1985, c. I. 18 Cf. Bressan L, La parrocchia oggi. Identità, trasformazioni, sfide, Bologna, Edb, 2004; giudizio ripreso in Bressan L., Una Chiesa a disagio. La fatica di
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Intuizioni pastorali: una utopia e tre conseguenze. I motivi
che spinsero alcuni operatori pastorali della Francia19 dagli inizi degli
anni 40 fino agli anni 50 ad modificare l’agire pastorale sono rintracciabili nella percezione che la pastorale di impostazione
tridentina non permetteva alle nuove generazioni di entrare nel
vissuto della Chiesa. In modo particolare quegli autori indicavano la difficoltà della classe operaia con la propria cultura e le proprie
esigenze a sentire vicino il messaggio evangelico. Nacquero tre
ipotesi di lavoro: 1. Innanzitutto la necessità di riadeguare il messaggio a partire dalle categorie culturali proprie del mondo o
operaio. Questa operazione sarà chiamata da Giovanni XXIII
“aggiornamento” della presentazione del messaggio. 2. La necessità
di portare la chiesa lì dove vive la gente. Questa operazione si sarebbe realizzata nella prospettiva di una “pastorale di insieme” in
modo tale che le diverse parrocchie di uno stesso territorio (cioè
cultura) potessero organizzare attività adatte alla situazione. Ma anche attraverso una organizzazione di nuove agenzie pastorali. In
modo particolare ebbero grande diffusione le " pastorali
specializzate” della azione cattolica. 3. Una terza direzione riguardava la qualità dell’incontro tra la chiesa e il mondo operaio. In
modo particolare questo modello chiedeva la articolazione della
parrocchia in modo che si possano attuare rapporti interpersonali
primari. Una utopia guidò e illuminò il lavoro di quella stagione. Per utopia intendo un orizzonte di fondo a cui ispirarsi nelle scelte
concrete. Questa utopia fu l’insieme delle narrazioni del libro degli
Atti degli Apostoli che descrivevano la Chiesa primitiva. Diversi autori successivamente riprenderanno questa linea di ripresentazione
biblica. Troppo spesso tuttavia il termine “utopia” viene utilizzato
per marginalizzare di fatto i contenuti di quella esperienza in nome di
una forma ecclesiae tra progetti radicali di riforma e inerzie strutturali con cui vivere, in Ati- Vitali D. (a cura di), in Annuncio del Vangelo…, 29-47. 19 Godin H.-Daniel Y., La France, Pays de mission?, Paris, Les Editions de l'Abeille [poi Cerf], 1943 [1950] ; Michonneau G., Paroisse communauté missionaire. Conclusions de cinq ans d'expérienxe en milieu popoulaire, Cerf, Paris, 1945 ; Congar Y., Mission de la Paroisse, in Structures sociales et pastorale paroissiale, Congrès de Lille 1948, Paris,1949, 48-65.
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un realismo che in realtà significa primato della dimensione
istituzionale su quella evangelica.
I fondamenti teologici della esperienza della “Missione”. Dietro le riflessioni e sperimentazioni di questi autori troviamo
teologi che hanno riflettuto sulla necessità della “riforma” della
Chiesa non solo in termini di spiritualità ma soprattutto in chiave di riorganizzazione strutturale della stessa. “Le istituzioni stesse e non
soltanto i costumi, sono spinti a rinnovarsi, mediante un ritorno al
vangelo, alla vita primitiva degli apostoli, ai loro carismi, alla potenza creatrice dello Spirito” (pp. 42-45).
In tempi non sospettabili M.-D. Chenu20 affermava in scritti come
quello citato che la Chiesa deve avere il coraggio di accettare la fine
dell’era costantiniana (pp. 15-27) perché solo in questo modo può riuscire a costruire una nuova cristianità21. Il motivo di tale necessità
è certamente sociologico: la progressiva indifferenza religiosa del
popolo francese22. Ma ancora di più è da ricercare nella esigenza che la grazia ha di continue incarnazioni23. La Chiesa deve assumere un
volto nuovo secondo le spinte che vengono dalla sua interiorità: il
risveglio del vangelo, il primato della parola di Dio, il ritorno ad una Chiesa missionaria, il rapporto ritrovato tra poveri e parola di Dio.
Notevole importanza ebbe anche Y. Congar24. Egli afferma che la
riforma è un compito e un desiderio continuo della Chiesa e della sua
20 Chenu M.-D., Il vangelo nel tempo, Roma [Paris], Ave [Les Edition du Cerf], 1968 [1964]. Cf. Meddi L., Criteri e vie della missione delle comunità cristiane in un mondo che cambia, in Sarnataro C. (a cura di), Annuncio del vangelo e percorsi di Chiesa, Napoli, Pontificia Facoltà dell'Italia Meridionale. Sezione S. Tommaso D'Aquino - Napoli, 2005, 347-381 (par. 2). 21 Come l’autore segnala a p. 37 l’espressione deriva dal titolo di una parte del volume di Maritain J., Humanisme intégral, Paris, Aubier, 1936. 22 Chenu fu un decisivo collaboratore della impostazione pastorale della Joc e
del metodo della “revisione di vita”. 23 “…le vie e i mezzi della incarnazione della Grazia”: p. 38 (ma il saggio Riforme di struttura nella cristianità è del 1946). Altrove parla dello studio dei modi attraverso cui si esprime lo Spirito nella storia della Chiesa: cf. pp.58-59. 24 Congar Y., Vera e falsa riforma nella Chiesa, Milano [Paris], Jaca Book [Du Cerf], 1972 [1968]; Id:, Servizio e povertà della Chiesa, Roma, Torino, 1964; Strazzari F., La riforma, una parola per la Chiesa. Intervista a Y. Congar , in
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gerarchia tanto che la storia della Chiesa è stata la storia delle sue
riforme.
Per evangelizzare il mondo contemporaneo la Chiesa possiede
certamente il deposito della fede e dei sacramenti. Ma molte cose non possono essere ulteriormente conservate: le formule della
catechesi, la struttura poco comunitaria della parrocchia, la mentalità
dei chierici, le pratiche di cristianità. Per questo è necessario adattare o rivedere alcune forme della vita concreta della Chiesa.
Nuovi elementi strutturali nella organizzazione della Chiesa,
quindi, e nuove impostazioni pastorali. Non sono ancora indicazioni di un modello, ma orizzonti da tener presente per una configurazione
paradigmatica della identità della chiesa stessa. Se al centro del
paradigma tridentino vi era la amministrazione e conservazione della
grazia, ora si configura l’idea e la necessità di storicizzare e incarnare in un luogo e in un tempo la medesima missione. Appunto, il
“vangelo nel tempo”.
1.3. Riflessioni e proposte post-conciliari
L’impostazione data dalla ricerca della “Mission de France”
secondo la quale c’è uno stretto rapporto tra “missione” e “riforma della Chiesa” (nei suoi diversi aspetti) ebbe un notevole sviluppo nel
post-Concilio.
La sfida dell’Handbuch e la “chance” di K. Rahner.
L’idea che la forma della Chiesa si deve costruire in riferimento
ad un preciso contesto missionario e quindi pastorale venne esaltata
dalla riflessione teologico-pastorale di K. Rahner e degli autori del
Hanbuch. Nella sua impegnativa riflessione di Pastorale fondamentale sui fondamenti di questa disciplina25 egli è cosciente
che il modello (la forma) della Chiesa è importante per il suo agire.
Il Regno , 1982,4, 53; Id., Appello alla permanente riforma della Chiesa. Intervista a Y Congar, in Il Regno , 1984,20, 489. 25 Rahner K., Fondamenti della teologia pastorale, Roma-Brescia, Herder-Morcelliana, 1969.
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Egli afferma che deve essere dedotta dalla ecclesiologia ma non si
può limitare ad essa. L’ecclesiologia “essenziale” ha il compito di
indagare gli elementi che definiscono la Chiesa in modo strutturale,
ma è la ecclesiologia “esistenziale” (la teologia pratica) che ha il compito di comprendere come questa si attua in un contesto preciso.
"La teologia pratica….tratta la singola attuale
autorealizzazione della Chiesa, quale ed in quanto con una riflessione scientifica, che la precede e che parte dalla natura
della Chiesa e dall'analisi teologica della situazione presente,
può essere conosciuta così come avviene (punto di vista
critico) e deve avvenire (punto di vista normativo). Questo
compito suppone quindi una conoscenza della natura
permanente della Chiesa. Tale conoscenza è compito della
dogmatica, perchè il lavoro della teologia pratica per sé, cioè
in senso strettamente scientifico-teoretico, incomincia solo
quando si considera la figura temporale concreta della Chiesa
quale sua autorealizzazione, che si compie di volta in volta
con unicità storica” (p. 9).
Se tale impostazione ebbe un limite paradossalmente questo fu
proprio nella limitata riflessione tra rinnovamento pastorale e
rinnovamento strutturale. Di questo forse ebbe sentore nello scrivere il successivo libretto sul modello di comunità cristiana26. Tra le
indicazioni che egli sosteneva per rendere la comunità cristiana
capace di sostenere il futuro del cristianesimo sono interessanti per il nostro tema alcuni capitoli: Chiesa del piccolo gregge; Chiesa
declericalizzata; Chiesa dalla base; Chiesa democratizzata. Già i
titoli lasciano intravedere alcune opzioni per un modello di Chiesa.
Andando a definire un possibile modello di Chiesa adatto alla
missione egli affermava (p. 31-32): "La situazione dei
cristiani di oggi, e quindi anche della Chiesa, è perciò la
situazione di trapasso da una Chiesa di popolo,
corrispondente alla società e alla cultura profane omogenee di
26 Rahner K.., Trasformazione strutturale della Chiesa…, 1973 [1972].
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un tempo, ad una Chiesa quale comunità dei credenti, che in
una decisione di fede personale e libera si permettono anche
di scostarsi criticamente dall'opinione e dal modo di sentire
comune del loro ambiente sociale e scoprono e caratterizzano
la fede propriamente teologica forse precisamente in e
mediante un rapporto critico con la loro società e le sue forze
dominanti. In ciò non è di alcun aiuto l'ansioso attaccamento
ai ricordati residui della società profana e cristiana omogenea
di un tempo, non è di aiuto il ritorno dell'attività missionaria
della Chiesa al cosiddetto `piccolo gregge’, costituito da
questi residui, il quale quindi offrirebbe ancora alla Chiesa una possibilità, sia pure esigua, di continuare a vivere
secondo il vecchio stile, fino a quando saranno scomparse più
o meno completamente le ultime oasi piccolo-borghesi e
contadine di questi residui di un'epoca storica che volge al
tramonto. Naturalmente non è con ciò vietato, bensì
addirittura comandato, di preservare con tutti gli sforzi da un
troppo rapido declino ciò che di tali residui e ancora presente
e può ancora essere mantenuto; rimane sempre naturalmente
compito della Chiesa tradurre in nuove forme, più consone al
presente e al futuro di quelle che ora lentamente ma
inesorabilmente vanno scomparendo, ciò che rimane in eterno e che finora si e legittimamente incarnato in queste realtà
declinanti di una cultura e società profana e religiosa, e quindi
trasmettere in maniera autentica ed efficace questo
permanente alle età future."
Questa idea di una Chiesa che nel futuro avrebbe avuto un volto
localizzato e molto più laicale appartiene anche alla riflessione di J. Ratzinger che in un saggio del 197027 (prima ancora del testo citato
di K. Rahner) scriveva:
"Essa si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come la comunità della libera volontà, cui si può accedere
solo per il tramite di una decisione. Essa come piccola
comunità solleciterà molto più fortemente l'iniziativa dei suoi
singoli membri. Certamente essa conoscerà anche nuove
27 Ratzinger J., Fede e futuro, Brescia [München], Queriniana [Kösel Verlag GmbH & Co.], 2005 3 [1970].
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forme di ministero e ordinerà sacerdoti dei cristiani provati,
che esercitano una professione: in molte delle comunità più
piccole e in gruppi sociali omogenei la cura d'anime sarà
normalmente esercitata in questo modo. Ma accanto a queste
forme sarà indispensabile la figura principale del prete, che
esercita il ministero come lo ha fatto finora. Ma, nonostante
tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa
troverà di nuovo e con tutta l'energia ciò che le è essenziale,
ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio unitrino,
in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell'assistenza
dello Spirito, che durerà fino alla fine. Essa riconoscerà di nuovo nella fede e nella preghiera il suo proprio centro e
sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e
non come un problema di struttura liturgica.
Sarà una Chiesa interiorizzata, che non mena vanto del suo
mandato politico e non flirta né con la sinistra né con la
destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della
cristallizzazione e della chiarificazione le costerà anche talune
buone forze. La renderà povera, la farà diventare una Chiesa
di piccoli" (pp. 115-116).
La configurazione comunitaria di Klostermann.
Nella sua proposta28 egli introduce il principio comunità come
criterio fondamentale per la concreta realizzazione della Chiesa (cf.
Klostermann, 1965 e 1970?, 7-63; e Assisi 1978). Il suo paradigma deve divenire la comunità di Gesù: "l'intenzione di Gesù decide della
configurazione attuale, perchè sempre la comunità cristiana è
"comunità di Gesù"." (20-21). È una comunità in stretto collegamento con la vita, gesti, morte e resurrezione del Signore.
Vive nello Spirito che riunisce l'unico popolo; fonda la comunità, la
conserva nell'unione, esprime la vita battesimale. Lo Spirito sostiene l'impegno per la volontà di riconciliazione per il mondo. Il principio
comunità si realizza nella partecipazione di tutti ed esige il
dinamismo dell'intersoggettivo che amplia la sola dimensione
28 Klostermann F., Chiesa: evento e istituzione. Riflessioni sulla problematica del potere e dell'istituzione nella Chiesa, Assisi, Cittadella, 1976.
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istituzionale. Conosce la differenziazione dei ruoli e la responsabilità
che in precedenza erano riservati al solo ministero ordinato.
Questa intuizione è stata fatta propria da molti autori, documenti
ecclesiali ed esperienze pastorali. Essi prendono come base per la riorganizzazione della vita ecclesiale il modello della piccola
comunità. Ciò che definisce una piccola comunità è innanzitutto la
qualità dei rapporti interpersonali che si realizza nella limitata quantità dei partecipanti. Si può definire tutto questo con i termini
della sociologia dei gruppi sociali e dei gruppi primari. Accanto alla
qualità della relazione si colloca anche inevitabilmente il tema della ministerialità. Di fatto la guida e l’animazione del compito ecclesiale
(cura pastorale) viene svolto concretamente da laici a cui spesso il
riconoscimento delle le loro caratteristiche carismatiche viene dalla
base. Di fatto nel termine ministerialità entra la dimensione carismatica e laicale. Sarà proprio questa caratteristica di “base” a
caratterizzare in modo ambiguo alcune esperienze di comunità e ad
allarmare parte della gerarchia ecclesiale. La vita della comunità si ispira, almeno nell'intenzionalità, ai
racconti del libro degli Atti e alla descrizione del discepolato come
narrato nei testi evangelici. Questo diede luogo al fenomeno del recupero del primato della Parola di Dio e della sua necessaria
interpretazione comunitaria. Questa intuizione, inoltre, portò i gruppi
ecclesiali a porre il centro dell'esperienza nella attività di servizio
alla salvezza nella storia. L'impegno per la trasformazione del mondo, soprattutto per lo sviluppo dei popoli, divenne la chiave
interpretativa del modello di chiesa. Anche in questo caso
l'esperienza ecclesiale si sosteneva a partire da una ministerialità laicale e di tipo carismatico.
Chiesa via o scopo della missione?
Queste esperienze vennero collegate anche con le rinnovate riflessioni di alcuni autori sugli scopi della missione. Proprio in
quegli anni la riflessione teologica e pastorale della missione mise in
forte crisi la tradizionale affermazione che il compito principale
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dell'agire missionario debba essere la “edificazione della Chiesa”29.
Questa finalità era stata riaffermata da autori significativi, sia
protestanti che cattolici, con l’espressione plantatio ecclesiae. Era
stata fatta propria da Benedetto XV nella Maximum Illud, 1919, e voleva significare il superamento da una parte della sola finalità della
salus animarum tipica della missione tridentina spesso raggiunta con
il collateralismo dei conquistatori e delle armi, dall'altra dava inizio alle idea della missione come inculturazione del messaggio in un
luogo preciso. Aveva però il limite di essere realizzata come
implementazione del modello di chiesa europea soprattutto delle nazioni da cui venivano i missionari (che speso erano sostenuti dagli
eserciti coloniali). Questa situazione non fece la fortuna
dell’espressione.
Alcuni autori (Hoekendijk e Rütti) partendo dall'affermazione della Missio Dei conseguente alla teologia della Actio Dei (di
origine Barthiana) giunsero alla conclusione di dover rigettare il
rapporto chiesa e azione missionaria come configurato dal Concilio in Ad Gentes. Se l'azione missionaria della Chiesa deve essere
dedotto dalla azione della intera Trinità, ne consegue che la Chiesa
non ha un suo proprio oggetto missionario. Compito principale della Chiesa è quello di farsi strumento della azione di Dio nella storia. Lo
Shalom è l'espressione che meglio descrive l’agire missionario30.
Ancora di più ne consegue che la Chiesa, la edificazione della
Chiesa, non è compito specifico dell'agire missionario. In alcuni autori e testi divulgativi questa affermazione arrivava
alla conclusione della necessità di eliminare il soggetto-compito
Chiesa nella azione missionaria. Spesso il soggetto Chiesa è un impedimento per l'avvento del regno di Dio. In verità questa
interpretazione del pensiero di tali autori risulta essere eccessiva e
29 Dianich S., Chiesa in missione., c. I; López-Gay J., Ecclesiologia della
missione, in Valentini D. (a cura), L'ecclesiologia contemporanea, 42-68; Barreda J.-A., Missionologia. Studio introduttivo, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2003, c. VI; Bosch D.J., La trasformazione della missione. Mutamenti di paradigma in missiologia, Brescia [New York], Queriniana [Orbis Book], 2000 [1991], 527-538. 30 Colzani G., Teologia della missione. Vivere la fede donandola, Padova, Emp, 1996, c. II.
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fuorviante. Nella loro buona sostanza il pensiero di questi autori
consiste nel prendere coscienza che la Chiesa è solamente strumento,
uno degli strumenti, di cui Dio si serve per raggiungere il suo scopo.
In questo contesto ciò che viene messo in discussione non è propriamente il ruolo della Chiesa ma la affermazione che in ordine
alla salvezza tutti e fisicamente debbano entrare nella realtà
ecclesiale. La conseguenza che si deve dedurre da questa impostazione non è
l'esasperazione del rapporto chiesa mondo, chiesa-regno, piuttosto il
superamento degli errori e quindi l’ipotesi di liberare il rapporto tra azione missionaria e scopo ecclesiale. In altre parole scopo della
missione è il servizio allo Shalom. Una conseguenza dell'annuncio e
del raduno di tutti coloro che si mettono al servizio di tale compito
sarà quello di istituire e far crescere la stessa Chiesa. In questa prospettiva una migliore traduzione del mandato missionario di
Matteo potrebbe essere inteso come “andate fate discepoli tra tutte le
nazioni”.
1.4. Configurazioni di Chiesa: le esperienze pastorali
Indicazioni di rinnovamento vengono anche dalla pastorale
parrocchiale31.
Esperienze spontanee. Anche in Italia la Parrocchia ha avuto una
modificazione costante. Per usare delle immagini essa è passata dal
modello di parrocchia santuario, a quella di parrocchia fontana del villaggio, all’idea di assemblea parrocchiale e di comunità
parrocchiale. Nella prima immagine la parrocchia si sentiva
chiaramente espressione del modello di Chiesa tridentino: aspettava i fedeli dando loro i beni della salvezza e principalmente l’eucaristia.
31 La ricerca più accurata è di Romersa F.R., Il rinnovamento della parrocchia nella Chiesa italiana dal Concilio ad oggi, Roma, Pontificia Università Lateranense-Mursia, 2000.
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In questa parrocchia per la missione bastavano il parroco e il
catechismo.
Il progressivo inurbamento nelle città, lo sradicamento anche
culturale dai luoghi di origine, spinse le parrocchie ad assumere un ruolo di socializzazione e promozione umana notevole. Oltre il fonte
battesimale le parrocchie si attrezzarono con numerosi luoghi di
incontro e di gestione del tempo libero per ragazzi e adulti. Non bastava più il parroco. Occorrevano associazioni e cooperatori laici
per l’oratorio.
Dopo il Concilio alcuni “parroci giovani” intuirono la necessità di fare un passo in avanti nella direzione di trasformare la Chiesa in
luogo di condivisione e progettazione comunitaria attraverso legami
forti e coinvolgenti. La parola guida fu il termine “assemblea”. Per
questo anche i segni esterni avevano significato: i nuovi edifici e la disposizione dei banchi indicavano che il centro si spostava dal
Tabernacolo all’insieme delle dinamiche del Popolo di Dio.
Ma anche in reazione alla deriva che alcune di queste esperienze generarono, la parrocchia ritrovò il suo centro nel più tranquillo
orizzonte delle “attività parrocchiali”. Il soggetto tornò ad essere il
parroco con il consiglio parrocchiale. La ricerca di un modello di chiesa adatto alla missione, infine,
oggi sembra vivere un “momento di stasi” nella sua ricerca.
Immagini nuove per la parrocchia. In alcuni contesti la riespressione della parrocchia ha seguito modelli più articolati e
riflessi. Sono le immagini nuove di parrocchia. Per citarne solo
alcune: la Nip (Nuova Immagine di Parrocchia) del centro di animazione pastorale internazionale di J. Cappellaro centrata sulla
idea di aiutare le comunità a passare da Massa a popolo di Dio
attraverso un catecumenato di popolo ma anche una progressiva
organizzazione della partecipazione dei battezzati in molti livelli. La idea di Chiesa missionaria di Antonio Fallico, il cui principio
organizzatore è la idea di comunità di base realizzata fuori dalla
Chiesa-tempio, e vissuta nei luoghi della vita quotidiana, attraverso animatori e responsabili della vita delle piccole comunità. Un terzo
modello si può ritrovare nella idea di articolare progressivamente le
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comunità parrocchiali in piccoli gruppi di cellule di
evangelizzazione. La caratteristica principale di questo modello è
nella idea di costituire i gruppi di base a partire dalla relazione di
conoscenze che ciascuno ha all’interno dei propri mondi vitali.
Forme di vita cristiana non parrocchiale. Per altra via si sono
affermate nuove forme di vita cristiana: i movimenti32. All'origine i movimenti nascono dalla fuoriuscita o opposizione alla parrocchia
stessa. In realtà il motivo di opposizione va rintracciato nel bisogno
di spiritualità più profonde e diverse dalla idea di cristianesimo popolare diffuso nelle parrocchie del tempo. Almeno agli inizi di tali
esperienze la novità reale fu la possibilità di realizzare una
esperienza cristiana al di fuori della prospettiva clericale. Le persone
quasi sempre si riunirono attorno ad un laico per vivere l'esperienza di fede a partire dalla interpretazione della scrittura. La relazione con
il sacramento non era rifiutato ma non era più l’unica via della
organizzazione spirituale e pastorale. Un elemento significativo fu anche il nascere di figure ministeriali laicali differenti. Ogni gruppo
o movimento è infatti guidato da un laico catechista spesso
individuato all’interno della stessa comunità.
Comunità ecclesiali di base. Parallelamente in contesti
missionari nacquero forme di vita comunitaria e pastorale differenti.
Soprattutto in Africa e poi in America latina nacquero le comunità ecclesiali di base. In un primo momento esse nacquero per il motivo
della mancanza del clero e della eccessiva distanza fisica dalla
Chiesa parrocchiale. Successivamente esse divennero un vero principio pastorale. Le stesse direttive dei vescovi e il magistero
pontificio videro in questo modello di Chiesa il futuro della e
evangelizzazione. Una ceb si costituisce per vivere la fede insieme,
per rispondere ai bisogni di realizzazione umana del territorio, per preparare la catechesi per le nuove generazioni, per realizzare liturgie
in assenza del parroco. In verità mentre i primi documenti della
32 Cf. Castellano J., Carismi per il terzo millennio. I movimenti ecclesiali e le nuove comunità, Roma, Edizioni Ocd, 2001 e Favale A., Comunità nuove nella chiesa, Padova, Emp, 2003.
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Chiesa e esaltavano questo modello, successivamente i documenti
preferirono investire pastoralmente nei movimenti e nelle
associazioni tradizionali. Probabilmente il motivo fu l’incerta
identificazione dell'animatore pastorale all’interno delle stesse piccole comunità. Il pericolo, tuttavia, di identificare il ruolo
sacerdotale con l’attività degli animatori è una problematica molto
lontana dal grande numero delle comunità di base.
Quale è l’ultima localizzazione della Chiesa? Queste ultime esperienze di vita cristiana hanno fatto nascere
interrogativi nuovi sulla densità ecclesiologica delle loro forme.
L'Interrogativo maggiore nasce dopo le prospettive aperte (o chiuse)
dalla lettera enciclica di Giovanni Paolo II "Cristifideles Laici”. Secondo questo documento la ultima localizzazione della chiesa resta
la parrocchia33. È solo lì che si trovano tutte le caratteristiche
dell’essere chiesa: fede, eucaristia, istituzione. Tuttavia questa impostazione può e deve essere molto contestata proprio a partire dal
documento base dell'organizzazione parrocchiale che è
Sacrosanctum Concilium 42a. Questo testo ricorda che il punto centrale che l’articolazione della Chiesa locale deriva innanzitutto
dalla celebrazione dell'eucaristia. Ed è proprio il principio eucaristico
che legittima, come insegna il medesimo testo, la molteplicità delle
sue realizzazioni tra cui la parrocchia. In verità sembra più utile una prospettiva che dia maggiore equilibrio alle le diverse dimensioni
proprie della fede.
1.5. Cosa è passato nelle comunità cristiane?
Come sono state recepite le indicazioni di rinnovamento del
modello ecclesiale che la breve ricerca storica ha messo in evidenza
(soprattutto nella esperienza francese)?
33 Canobbio G., Comunità ecclesiali di base: un 'alternativa alla parrocchia ? , in La parrocchia come chiesa locale, Brescia, Morcelliana, 1993, 117-147.
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La prospettiva di una pastorale capace di un aggiornamento della
comunicazione della fede non è stata accolta (se non in termini anche
fisicamente marginali). Il Progetto Catechistico Italiano non ha
assunto questa espressione come obiettivo e suo compito. Gli stessi documenti dopo una iniziale attenzione al tema della “non
significanza” della dottrina nella comunicazione della fede nel
mondo contemporaneo avvenuta negli anni ’70, si sono progressivamente spostati sul tema più tradizionale della ignoranza
religiosa o del paolino “rupi rapaci” (cultura e sue agenzie)da cui
difendersi. In verità la istituzione ecclesiale non è ancora capace di “entrare nel mercato” della produzione della cultura senza avere la
garanzia “politica” di una qualche forma di monopolio. Da questo
punto di vista il problema fondamentale del futuro del cristianesimo
rimane il suo non risolto rapporto con il pensiero moderno e postmoderno34.
Maggiore fortuna ha avuto il tema della riorganizzazione
comunitaria della esperienza cristiana35. Questo termine esprimeva in primo luogo la qualità delle relazioni che si stabiliscono all’interno
dei piccoli gruppi. Tuttavia occorre fare alcune precisazioni. In
primo luogo si deve prender coscienza che in modo pieno il tema del volto comunionale della comunità cristiana è stato realizzato solo
nelle associazioni e movimenti che sono la minima parte della
comunità cristiana. Non è entrato in modo definitivo nelle comunità
parrocchiali e neppure nella comunità diocesana in quanto tale. Anche in questo caso, tuttavia, una attenta analisi delle dinamiche
comunicative che si stabiliscono all'interno di tali esperienze
cristiane mostra con evidenza il ripetersi dello stesso modello gerarcologico della Chiesa già denunciato ai tempi del Concilio. In
realtà la prospettiva comunionale si è realizzata solo nella
34 Sartorio U. (a cura), Annunciare il Vangelo oggi: è possibile?, Padova, Emp,
2004; Torcivia C., La Chiesa oltre la cristianità, Bologna, Edb, 2005; Dotolo C., Un cristianesimo possibile. Tra postmodernità e ricerca religiosa, Brescia, Queriniana, 2007. 35 Mazzoleni A., Le strutture comunitarie della nuova parrocchia, Roma, Ep, 1973; Chiaretti G., Comunità, in Bo V.-Bonicelli C.-Castellani I.-Peradotto F. (a cura), in Dizionario di pastorale della comunità cristiana , Assisi, Cittadella Editrice, 1980, 170-180.
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dimensione della relazione calda e affettiva all’interno dei piccoli
gruppi elettivi.
Più evidente ancora è il mancato decollo, all'interno del tema
della Chiesa come comunione, della diffusione della ministerialità. In buona sostanza a ormai 40 anni dal Concilio l'unica ministerialità
presente nelle nostre comunità è soltanto la ministerialità sacerdotale.
Il tema della ministerialità dei laici non è stato assolutamente preso in considerazione. Su questo tema prevale ancora il documento di
Paolo VI la Ministeria quaedam (1973). Onestamente va
riconosciuto che qualche piccolo tentativo viene espresso in quelle diocesi italiane (e in alcuni documenti di chiese internazionali)36
nelle quali si manifesta la opportunità di definire ruolo è compito di
alcune figure di ministerialità laicale chiamate, di volta in volta,
animatori pastorali o coordinatori pastorali. In buona sostanza la scelta del Codice di Diritto Canonico del
1983 di individuare sia per il ministero sacerdotale sia per la
comunità tutta insieme i medesimi compiti e la medesima responsabilità verso la cura pastorale è rimasto ancora inascoltato.
Nonostante diversi autorevoli interpreti del Codice della Chiesa
ormai da diversi anni parlino delle comunità ecclesiali (laici e presbiteri insieme) in termini di soggettività e di soggetti, questa
terminologia non è ancora presente nei documenti e tanto meno nella
prassi pastorale37. Ancora con molta fatica nei documenti della
36 Diocesi di Vicenza, Laici e ministeri ecclesiali, 1997; Prezzi L., Laici nel ministero: La paura di dare un nome. Intervista a p. B. Sesboüé, in Il Regno, 1998,2, 12; Vescovi Del Brasile, Missione e ministeri dei cristiani laici e laiche, in Il Regno, 1999, 44,17, 569-592; Zambon G., Laici e Unità Pastorali. Verso nuove corresponsabilità ecclesiali, in Orientamenti Pastorali, 2000,48,4, 22-43; Cocconi U., Una nuova figura ecclesiale: il coordinatore dei catechisti, in Orientamenti Pastorali, 2001, 49, 2, 68-73; Egger W., Regolamento per gli «assistenti pastorali», in Orientamenti Pastorali, 2003,51,12, 63-68;
Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, Collaboratori nella vigna del Signore, in Il Regno, 2006, 51, 7, 237-262. 37 Montan A., I soggetti dell'azione pastorale nella comunità parrocchiale, in Ciola N. (a cura), in La parrocchia nell'ecclesiologia di comunione, Bologna, Edb, 1995, 159-185; Borras A., La parrocchia. Diritto canonico e prospettive pastorali, Bologna, Edb, 1997; Coccopalmerio F., La Parrocchia. Tra Concilio Vaticano II e Codice di Diritto Canonico, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2000
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Chiesa italiana si utilizza il termine “corresponsabilità” in
riferimento ai fedeli laici.
In verità quanto appena detto non sembra valere nei contesti di
movimenti e gruppi. In questi contesti sembra essersi sviluppata effettivamente una ampia ministerialità laicale. A tale proposito,
tuttavia, va sottolineato come troppo spesso il modello pratico di
ministerialità riprende gli stessi schemi della monarchia sacerdotale. Tuttavia, tralasciando questo aspetto di organizzazione, è ugualmente
evidente come questa esperienza di sviluppo della ministerialità
laicale in senso forte venga marginalizzata dalla Chiesa ufficiale. Se questa affermazione fosse troppo forte basta vedere come lo stesso
modello non è assolutamente recepito e permesso a livello di
riorganizzazione della parrocchia. Non è desiderato né dal clero
(vescovi e presbiteri-parroci) e neppure dai laici. Nella parrocchia è presente solo il modello del “ministero ordinato con collaboratori”38.
Come verrò a dire successivamente questo pone un interrogativo
fondamentale sul rapporto tra ministero e carisma nella prospettiva di una Chiesa missionaria.
1.6. Segnali di disagio? Si, no, forse!
Può sembrare strano il titolo di questo paragrafo, ma non lo è. Si
potrebbe dire che la sensazione di disagio nei confronti della Chiesa
non sia più uniforme. Nelle comunità parrocchiali negli anni recenti non si parla più della necessità di ricercare e attuare una nuova
immagine di Chiesa. La riforma della Chiesa viene sì ancora
ricercata da alcuni, ma questi sono una minoranza spesso isolata. Al
(c. II); Toniolo A., La comunità cristiana come soggetto della pastorale, in
CredereOggi, 2005,25,150, 6, 25-36; Incitti G., Il popolo di Dio. La struttura giuridica fondamentale tra uguaglianza e diversità, Roma, Urbaniana University Press, 2007. 38 Il tema, a lungo discusso nella preparazione del documento sulla parrocchia[Conferenza Episcopale Italiana, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Nota Pastorale, 2004, 30 maggio], non ha avuto sufficiente esplicitazione.
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contrario negli ultimi anni si assiste ad un grande recupero della
impostazione tradizionale della vita e della organizzazione ecclesiale
e parrocchiale. Un segnale viene dalla “soddisfazione” che le
indagini di sociologia della religione le quali mostrano un clero “soddisfatto” del proprio ruolo di “organizzatore” della attività
parrocchiali39.
Cosa ci faccio in questa Chiesa? I segnali di disagio per un
modello di Chiesa non adatto al cammino di fede dei credenti si
moltiplicarono nel post-Concilio. Questi segnali provenivano da operatori pastorali qualificati e da alcuni settori della cultura. Il
messaggio fondamentale che ne deriva è che esiste una crisi del
cristianesimo, che questa crisi deriva dalla non significazione tra
messaggio e organizzazione della vita e nel fatto che la istituzione “Chiesa” non aiuta l’esperienza di fede. In buona sostanza il bisogno
di un modello nuovo di Chiesa nasceva (e nasce) dalla irrisolta
questione del rapporto con la modernità. Anche alcuni fatti recenti della cronaca hanno ripreso queste espressioni. Due esempi del
contesto italiano possono illuminare.
Il “padre” dei filosofi cattolici, P. Prini40, nel 1999 edita un testo
che potrebbe essere definito il “grido dei cristiani della soglia”. A
suo parere esiste una vera difficoltà ad entrare (o rimanere) nella
Chiesa a motivo della incapacità di collegare cultura e fede:
"La ragione principale che ha fornito il motivo probabilmente
urgente delle mie riflessioni a questo proposito è nata dal
riconoscimento che l'«aggiornamento» della Chiesa al mondo
contemporaneo, così come fu iniziato dal Concilio e
proseguito da una generazione di teologi eccezionalmente
preparata e aperta, ha trovato da alcuni anni una visibile battuta di arresto e, direi, proprio là dove bisognava avere il
39 Bressan L., La "rivincita della parrocchia", in Garelli F. (a cura di) , Sfide per la Chiesa del nuovo secolo…, 101-143. Forse qualche osservazione andrebbe fatta sugli obiettivi che tali ricerche spesso perseguono. 40 Prini P., Lo scisma sommerso. Il messaggio cristiano, la società moderna e la Chiesa cattolica, Cernusco, Garzanti, 1999.
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coraggio di mettere a confronto la fede con i risultati
dottrinali e metodologici delle scienze antropologiche di
oggi” (9).
Ancora più articolato il pensiero di G. Vattimo che in molte
pubblicazioni41 chiede una nuova ed urgente ermeneutica della esperienza cristiana a partire dalla scrittura e che potrebbe
sintetizzarsi nel principio della charitas : il principio amore inteso
come sostituzione del principio della difesa etica derivata dalla
verità. Alla verità sostituire l'amore42. Se ripensiamo alla letteratura che ha espresso questa corrente
viene da domandarsi quanto di questo sia entrato nella quotidianità
della comunità parrocchiali.
Lasciatemi morire cattolico! D’altra parte sempre a partire dal
Concilio (l’espressione, se vera, è attribuita a uno dei più stretti
collaboratori di Giovanni XXIII proprio durante la preparazione del Concilio) è cresciuta una esperienza di fede che va nella direzione
differente. Molte persone hanno colto il bisogno di un rafforzamento
della propria esperienza religiosa nei termini di una vita comunitaria e liturgica più intensa ma non nei termini di una contestazione del
modello di Chiesa tradizionale ma nel rafforzamento di esso. Proprio
nella difesa di una visione tradizionale di separazione tra clero e laici, tra natura e sopranatura, tra fede e storia, hanno poggiato il
rinnovamento della propria esistenza religiosa. Se si è chiesto un
cambio è nella dimensione comunionale e relazionale, ma non nella
41 Vattimo G., Credere di credere, Milano, Garzanti, 1996; Vattimo G.-Sequeri P.-Ruggeri G., Interrogazioni sul cristianesimo. Cosa possiamo ancora attenterci dal Vangelo?, Roma, Edizioni Lavoro-Editrice Esperienze, 2000; Vattimo G., Dopo la cristianità. Per un cristianesimo non religioso, Cernusco s/N, Garzanti, 2002; Girard R.-Vattimo G., Verità o fede debole? Dialogo su
cristianesimo e relativismo, a cura di Antonello P., Massa, Transeuropa, 2006. Ottime introduzioni: Dotolo C., La teologia fondamentale davanti alle sfide del "pensiero debole" di G. Vattimo, Roma, Las , 1999; Giorgio G., Il pensiero di Gianni Vattimo. L'emancipazione della metafisica tra dialettica ed ermeneutica, Milano, FrancoAngeli, 2006. 42 Su questo tema i teologi italiani avevano già riflettuto: Ati, De caritate ecclesia. il Principio "amore" e la Chiesa, Padova, Emp, 1987.
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interpretazione della fede in rapporto alla cultura contemporanea. Si
è chiesto di proteggere una sub-cultura più che di realizzare una
nuova inculturazione. Certamente questa descrizione va adeguata alle
diverse esperienze. Un luogo concreto dove verificare quanto viene affermato può
essere la liturgia. Mentre alcuni si ridono modi di celebrare e
propongono esperienze celebrative che mettano in evidenza una nuova considerazione del rapporto tra persona e di grazia, al
contrario molti autori e molta parte del popolo cristiano siete a viva
forza il ritorno in cui la liturgia prima primariamente non il senso della risposta del credenti alla proposta di fede quanto la
comunicazione gratuita della grazia di Dio.
L’oggettivo: il ritorno del religioso. Non si è avverata la profezia! Gli stessi sociologi che negli anni
60 avevano previsto la fine della dimensione religiosa nelle società
occidentali, al termine degli anni 90 scrivevano pagine nelle quali pubblicamente riconoscevano che la loro profezia non si era
avverata. Come spesso si usa dire dopo la crisi delle grandi ideologie
che avevano tentato di sostituire la religione il ritorno del sentimento religioso sono con il quale fare i conti sia a livello culturale e sociale.
Non ci troviamo di fronte al superamento del linguaggio religioso ma
al suo aumento. Non ha alla fine ma al suo ampliamento. Uno degli
effetti della globalizzazione sembra essere anche l'aumento della relazione fra le grandi religioni. Se questo vada intesa con la
categoria di conflitti otto delle culture oppure no in questo momento
non è l'importante tosto va segnalato come la diffusa sensazione di incertezza sociale e culturale propria dell'Occidente sta sostenendo
sia a livello individuale che anche politico e culturale, la necessità di
una forte via rocca l'appropriazione culturale della religione cristiana
intesa come radice propria dell'Occidente. Al di là della questione politica se la dimensione religiosa debba essere riconosciuta come un
criterio interpretativo da utilizzare nel momento legislativo e quindi
costituzionale, oltre la questione della costituzione europea, è indubbio che una parte della cultura anche politica vedi nel fatto
religioso e il suo linguaggio una nuova forma di sicurezza sociale e
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di contrasto culturale al grave fenomeno della trasmigrazione delle
culture. Da questo punto di vista si chiede insistentemente un
modello di Chiesa che sappia garantire identità e di identificazione.
A questa richiesta viene da parte del mondo civile non può essere funzionale un modello chiesa che voglia esaltare la soggettività degli
individui, tosto un modello di Chiesa possa rassicurare e far accettare
i valori minimi condivisi della civiltà occidentale.
Nuove forme di interesse religioso tra individuo e istituzioni.
È tuttavia vero che questo tentativo di unificare nuovamente le diverse per culture europee attorno ad un gruppo di valori condiviso
e sostenuto dalle chiese non sembra avere totalmente successo.
Accanto a questa istanza in stanza di religione civile voluta dalle
istituzioni politiche culturali si manifesta La aumento della soggettiva azione e personalizzazione delle forme religiose. Come
scrive Garelli43 il pluralismo religioso in Italia non si manifesta tanto
in una prospettiva di multireligiosità, piuttosto si manifesta all'interno della medesima tradizione cattolica come desiderio e
realizzazione di fatto di multiformi esperienze dell'unico credo
religioso. Associazioni, movimenti, gruppi religiosi, ponendo al centro del loro universo religioso uno o l'altro degli aspetti del senso
religioso cattolico realizzano proprio per questo una pluralità di
forme spesso non in relazione le une con le altre.
Se si dovesse dire quale siano le esigenze dell'attuale momento
del vita e cristiane in Italia si dovrebbe è fondere in termine di
pluralità. Per molti il valore centrale attorno accumuli configurare un modello di Chiesa è La dimensione religiosa della esperienza umana.
Per altri è il le tema di un confronto culturale con i modi di pensare
della tarda modernità. Per altri ancora il valore centrale è la
realizzazione di luoghi di appartenenza forte e significa la. Infine per un certo numero di credenti il tema principale per un modello futuro
di Chiesa e deriva atto dalla esperienza di servizio collegata alla
trasformazione della storia. non è senza fondamento l'espressione già
43 Garelli F., L'italia cattolica nell'epoca del pluralismo, Bologna, Il Mulino, 2006; anche La Chiesa in Italia, Bologna, Il Mulino, 2007.
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di molti anni fa di S. Dianich secondo il quale si deve parlare
propriamente di un modello ecumenico intra-ecclesiale44.
2. Una Chiesa sensata. Impostazione criteriologica
A partire dalle indicazioni raccolte emergono alcune considerazioni da chiarire.
2.1. Una riflessione teologica.
Il tema del senso della Chiesa era nato nella prospettiva del
dialogo con la cultura ma nel corso della storia della Chiesa in questi
decenni, questo aspetto è venuto meno: la maggior parte delle esperienze non sono andate in questa direzione. Ma è proprio così?
Ad una lettura attenta questa considerazione si rivela parziale. È vero
che le esperienze in atto sono nella maggior parte nella direzione della opposizione con il dialogo con la cultura moderna. È vero che il
principio ispiratore non è nel dialogo. Ma questo non va inteso che
non ci sia stata una inculturazione, al contrario! Il principio ispiratore
o “tema generatore” che sta guidando le configurazioni delle comunità cristiane è un altro aspetto della cultura moderna. Non il
rifiuto della cultura moderna ma degli aspetti che si erano preferiti in
passato. Più esattamente il tema generatore attorno a cui si sta
ridisegnando la attuale forma storica della Chiesa è il bisogno di
religiosità sociale e personale. La Chiesa ha senso se viene in sostegno a tale bisogno. Questo ha certamente bisogno di un nuovo
modello di Chiesa, ma non nella direzione di un suo cambio, ma di
una sua conferma e riconferma del modello tradizionale. Ha bisogno
44 Dianich S., La teologia della parrocchia, in Aa. Vv., Parrocchia e pastorale parrocchiale. Storia teologia e linee pastorali, Bologna, Edb, 1986, 57-103.
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di un modello verticale, sacrale, etico e liturgico. Differente (ma è
poi così vero?) dal passato è l’acquisizione della liberta personale nel
partecipare o meno. Per usare le parole di Metz: prevale in pieno il
modello di una religione borghese. Ma allora: per quale motivo quindi si può o si deve parlare di una
“riforma” della Chiesa? Analizzando i testi di alcuni autori si
deduce che il motivo per cui si debba modificare il modello di Chiesa sia di origine sociologica. Il ragionamento che spesso viene
realizzato è del tipo: cambiando la situazione sociale occorre
modificare il modo di organizzare la Chiesa. Questo aspetto ha un suo valore infatti la modificazione della cultura incide in molti
aspetti della organizzazione delle attività della Chiesa stessa.
Tuttavia si potrebbe affermare che la modificazione che viene
richiesta riguarda soprattutto il modo di comunicare e di organizzare le attività pastorali. Credo che un modo più profondo di affrontare il
problema sia quello di vedere anche l'aspetto della fedeltà alla
identità stessa della Chiesa. Infatti la riflessione ricostruita ha messo in evidenza da una parte un bisogno di continua incarnazione della
Chiesa, dall'altra ha fatto emergere forte e urgente il tema del
rapporto tra immagine di Chiesa e fedeltà alle origini. Anche se abbiamo aspetti problematici per ricostruire in modo certo la forma
della esistenza della Chiesa nelle origini, anche se il nuovo
testamento ci presenta una pluralità di modelli di Chiesa45, tuttavia
non è utile e non è opportuno superare questo problema affermando che la Chiesa abbia solo una caratterizzazione legata al tempo in cui
essa vive. Occorre riflettere sul punto di origine che ha generato la
Chiesa. Da questo punto di vista mi sembrano insufficienti le posizioni
che fanno riferimento solo all’evento pasquale per identificare le
caratteristiche di ogni Chiesa in ogni tempo. È sempre più necessario
riportare la riflessione al momento che ha preceduto la Pasqua. È la condivisione della prassi messianica il luogo dove rintracciare la
nascita e riconoscere i dati fondamentali dell'essere Chiesa. Dalla
45 È sicuramente più corretto parlare di modelli di chiesa già nelle origini: cf. “Transizione da Gesù a Paolo” in Barbaglio G., Gesù di Nazaret e Paolo di Tarso. Confronto storico, Bologna, Edb, 2006.
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convivenza di Gesù con il Dodici, dalle attività da loro realizzate,
dalle finalità del cammino fatto insieme, possiamo identificare gli
elementi che non si possono tralasciare in ogni modello di essere
Chiesa. È dalla missione pre-pasquale che possiamo correttamente intende il senso della missione post-pasquale.
Più esattamente la mia riflessione vuole sostenere l'idea che il
nostro tempo non soffre solamente della mancanza di un modello di Chiesa nel senso solo sociologico. Il problema non è solo la
riadeguatezza tra organizzazione di Chiesa e il tempo presente. Il
problema fondamentale è il recupero nella Chiesa di oggi degli elementi fondativi che si sono persi nei modelli di Chiesa
storicamente determinati. Il nostro compito non è tanto quello di
scoprire modelli quanto quello di riscoprire il “modello”.
È a partire da questa impostazione metodologica e criterio o logica fondamentale che si possono esplorare anche i principi di
riorganizzazione che in questi anni si sono individuati.
2.2. Il senso di una crisi: modelli senza paradigmi?
La presa di coscienza che nelle comunità cristiane fa resistenza la
realizzazione del modello conciliare fa nascere il sospetto che il
senso profondo della crisi e della ricerca di un nuovo volto di Chiesa si trovi nel fatto che alla ricerca di un modello non si ritiene
opportuno collegare anche un nuovo paradigma complessivo nella
interpretazione della fede. Un nuovo modello non decolla per il fatto che molti degli operatori pastorali non ritengono necessario
modificare la interpretazione fondamentale , cioè il paradigma, della
fede. Seguendo le indicazioni di H. Kung46 esiste uno stretto
collegamento tra manifestazione del pensiero teologico e
46 Küng H., Teologia in Cammino. Un'autobiografia spirituale, Milano [München], Mondadori [R. Piper & Co. Verlag], 1987 [1987]; cf. anche Cristianesimo…, 1997 [1994].
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interpretazione fondamentale della fede. A suo parere ogni grande
momento del cammino della storia della chiesa è stato segnato
proprio dal consenso di tutta la comunità attorno alla interpretazione
fondamentale della sua esistenza. Tale interpretazione riguarda in modo particolare il modo di comprendere la vicenda di Gesù, il senso
della parola salvezza, e quindi il ruolo della Chiesa, il suo rapporto al
tempo. Quanto questo autore afferma della teologia si può ugualmente dire della organizzazione pastorale e dei modelli di
chiesa che nel tempo si sono susseguiti. Sulla stessa linea si colloca
la ricostruzione sulla azione missionaria della chiesa fatta da D.J. Bosch47.
Condivido l'idea di coloro che affermano, come C. Molari48, che
c’è uno stretto rapporto tra modello di chiesa e interpretazione data
all’evento salvifico. Il nostro è il tempo in cui e la parola meno chiara di tutta l'esperienza cristiana è proprio la parola salvezza. Il
dibattito sul rapporto tra salvezza come azione dello Spirito dono
della Pasqua di Gesù e il significato di salvezza come trasformazione della storia secondo i desideri di Dio, inaugurata dal battesimo al
Giordano, non sembra aver raggiunto un consenso all'interno della
comunità cristiana. Il rapporto tra salvezza come Grazia e salvezza come Umanizzazione (qualità della vita e della storia) non ha
maturato una convincente condivisione. A mio parere questo è il
motivo per cui non abbiamo ancora un adeguato paradigma con il
quale fare sintesi nuova tra fede e cultura. Di conseguenza non possiamo ancora avere un modello adeguato di comunità cristiana.
2.3. Modelli, scenari e paradigmi
47 Bosch D.J., La trasformazione della missione…, 2000 [1991]. Cf. anche
Salvation. A Missiological Perspective, in ExAuditu, 1989, 6, 139-157. Significativa è anche la ricostruzione di Comblin J., La forza della parola, Bologna, Emi, 1989. 48 Molari C., La salvezza cristiana nella moderna teologia cattolica, in Ati, La salvezza cristiana, Assisi, cittadella, 1975, 35-118; Salvezza nella ricerca teologica III, in Barbaglio G.-Dianich S., Nuovo dizionario di teologia, Alba, EP, 1977, 1414-1438.
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Esistono modelli di Chiesa? Anche se contestata per alcune
semplificazioni in ordine all’uso del termine “modello” applicato in
teologia, sì è ormai autorevolmente imposta la riflessione iniziata da
A. Dulles49 finalizzata alla individuazione di modalità di organizzare la Chiesa nella storia. Cinque sono i modelli fondamentali di Chiesa
da lui individuati: istituzione, comunione mistica, sacramento,
annunciatrice della Parola, servizio al mondo. A questi nella edizione recente (2002) ne aggiunge un sesto: la comunità dei discepoli.
L'importanza della ricerca va posta nell'affermazione che nella
storia della Chiesa sia possibile individuare modelli della sua organizzazione a partire da interpretazioni, paradigmi, teologici della
fede stessa. In effetti ad ogni modello corrisponde una immagine di
missione. Alla idea di Chiesa istituzione corrisponde una missione
intesa come semplice ingresso nella comunità attraverso i sacramenti. L'immagine di una Chiesa come "comunione mistica"
lascia intendere l'idea di una Chiesa che si manifesta soprattutto nella
celebrazione e nella accoglienza del mistero pasquale. Ugualmente l'immagine di Chiesa annunciatrice della parola mette in evidenza
un altro dei compiti o attività della missione: l'annuncio del Vangelo
o della dottrina, o della via, secondo come nei diversi contesti viene definito l'annuncio stesso. Anche l'ultimo modello, il servizio al
mondo, mette in evidenza il tema della liberazione come compito
principale della comunità cristiana. Non è senza significato il
tentativo di sintesi raggiunto nella edizione del 2002 che viene definito, "comunità dei discepoli".
Discorso differente ma complesso è l'approfondimento circa le
motivazioni per cui nel corso della storia anche recente della Chiesa si utilizza una o l'altra delle immagini. Questo rimanda al grave e
difficile tema del rapporto tra verità e interesse della conoscenza. In
effetti non è trascurabile l'intuizione di chi riconosce negli asserti
della conoscenza e della verità la natura sociale e contestuale della stessa.
49 Dulles A., Models of the Church. A critical assessment of the church in all its aspects, Dublin, Gill and Macmillan, 1987 2, recentemente proposto, con ampliamento, anche al lettore italiano: Dulles A., Modelli di Chiesa, Padova [Dublin] , Emp [Gill and Macmillan], 2005 [19872].
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Nella medesima linea si pone la ricerca semplice ed intuitiva di J.
Libanio50 per il quale nella prassi pastorale futura o per il futuro del
cristianesimo si dovrà scegliere tra quattro scenari, paradigmi
pastorali, della azione pastorale. L'idea guida del suo testo è che gli elementi ecclesiali tradizionali di ogni azione pastorale (catechesi,
liturgia, laici, teologia, rapporto Chiesa mondo, cultura, modernità)
possono assumere quattro modelli fondamentali. Ogni suo modello contiene una idea di missione. La Chiesa della istituzione ritiene che
la missione consista essenzialmente nel rapporto tra offerta
sacramentale e destinatari. La Chiesa carismatica mette in rapporto le nuove generazioni con l'esperienza, a volte estatica, del
cristianesimo. Una Chiesa della predicazione intende la missione sul
versante dell'annuncio o la comunicazione di un messaggio o di una
verità. Secondo il giudizio dell'autore solo una Chiesa che intenda la missione come prassi di liberazione può svolgere adeguatamente nel
futuro la sua missione.
Una volta accertato che la missione passa attraverso una articolazione nuova della comunità si pone il problema di quale
caratteristica essa debba assumere. C. Floristan ha studiato e
sperimentato a lungo questo tema51 arrivando alla conclusione che si deve mettere in evidenza il progetto ecclesiale e la maniera che esse
hanno di rapportarsi alla società. Nel termine “comunità di base”
alcune esperienze distinguono tra coloro che mettono l’accento
sull’elemento ecclesiale ad intra (modelli che insistono sulla comunione-fratenità) o al contrario su quello ad extra (“base” come
attività di trasformazione della realtà). Oppure comunità nel senso
di esperienze “calde” e ricche di relazione interpersonale , mutuo aiuto, sostegno, etc. O critiche o profetiche nel senso che desiderano
un impegno temporale e politico, una preoccupazione per le strutture,
azione sociale, comunione critica con la Chiesa, teologia popolare. In
esse si ritrova la prospettiva trascendente o l’impegno immanente. Le
50 Libanio J.B., Scenari di Chiesa, Padova [São Paulo], Emp [Edições Loyola], 2002. 51 Floristan C., Modelli di Chiesa soggiacenti all'azione pastorale, in Concilium, 1984,6 , 127-138; Id., Comunità di base, in Seveso B-Pacomio L., Enciclopedia di pastorale. 4. Servizio Comunità, Casale Monferrato, Piemme, 1993, 196-204; Id., Il catecumenato, Città di Castello, Borla, 1993, 164ss.
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stesse problematiche si ritrovano nei modelli che utilizzano linguaggi
del tipo: comunità eucaristico-sociali o sociopoliche, etc.
Ancora sul versante pastorale e colloca la ricerca di P. Scabini52 il
quale si domanda, in riferimento ai diversi modelli di Chiesa realizzati nella parrocchia, quali possano essere i criteri per una
adeguata valutazione. A suo modo di vedere per ogni realizzazione
parrocchiale si deve parlare di una immagine basale che serva come idea a madre, intuizione originaria, motivazione di fondo.
Ovviamente tutti i modelli intendono riferirsi alla ecclesiologia
del Vaticano II e principalmente alla LG e alla GS. Questo vuol dire che i diversi modelli assumono innanzitutto le “immagini” di Chiesa
che si trovano nei primi numeri del documento sulla Chiesa : popolo
di Dio, corpo di Cristo, comunione nello Spirito santo, sacramento,
mistero, germe e inizio del regno, comunità gerarchica (LG 6-8). È mia opinione tuttavia che di fronte a queste scelte occorre
domandarsi se si possono priorizzare e in che misura; in che
relazione si pensano le une con le altre. Allo steso nodo per l’immagine (generica) di Chiesa in rapporto al mondo (GS).
Questo vale in particolare per la nozione di Chiesa-comunione.
Essa può ispirare immagini diverse : Chiesa di popolo ma anche Chiesa comunità fraterna. Anche la terminologia missionaria
sottolinea una immagine di Chiesa: Chiesa estroversa o
evangelizzatrice. E’ dunque lecito domandarsi in che misura i
tentativi di rinnovamento della parrocchia stanno realizzando un nuovo modello di Chiesa. Se attraverso di esse si realizza una sua
nuova inculturazione53.
52 Scabini P., Immagini di parrocchia a confronto. Istanze ecclesiologiche e pastorali, in Ciola N. (a cura), La parrocchia in una ecclesiologia di comunione, Bologna, Edb, 1995, 65-84. Cf. anche Romersa F.R., Il rinnovamento della parrocchia nella Chiesa italiana dal Concilio ad oggi, Roma, Pontificia Università Lateranense-Mursia, 2000. 53 Ho fatto alcune riflessioni critiche in Nuova immagine di parrocchia? in che senso?, in Orientamenti Pastorali, 2001,49,5, 39-47.
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2.4. Principi org