Re g g i o M FAMIGLIA E MISSIONE SPERANZA PER IL MONDO · Sud del mondo, con l’urbanizzazione...

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Mi s s i o n i e g g i o R 4 FAMIGLIA E MISSIONE SPERANZA PER IL MONDO sacramentum Regni. La realtà della “chie- sa domestica” fu dimenticata. Una riscoperta fondamentale: la fami- glia come soggetto ecclesiale. Il Concilio Vaticano II parlando di “chiesa domesti- ca” (Lumen gentium 11) riprende un con- cetto teologico fondato sulla Scrittura e caro ai Padri della Chiesa. La famiglia cristiana è una realtà “costitutivamente ecclesiale”. Questa idea è stata spesso ri- presa e svi- luppata nel post-conci- lio, dai Papi e dai vesco- vi. Ora, se del- la Chiesa si dice che essa è, “in Cristo come un sacramen- to o segno e strumen- to dell’inti- ma unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium 1), questo vale in modo analogo per la famiglia. In ogni famiglia sulla terra c’è un orientamento ad essere Chiesa. Questa po- tenzialità viene attuata nel matrimonio cri- stiano, che ha una “grazia” e una funzione ecclesiale diversa ma analoga a quella del sacramento dell’ordine sacro: tutti e due i sacramenti sono ordinati a strutturare la Chiesa. a) Una prima conseguenza è che alla fami- glia cristiana va restituito il “proprio dono” nei confronti dell’ascolto e della comuni- cazione della parola di Dio. La chiesa domestica è il luogo primario della Parola (kerigma e catechesi). b) Nella famiglia si impara la “chiusura” o l’“apertura” al mondo. Solo in essa può mettere radici una vera caritas che rispec- chi l’amore di Dio per il mondo. La fami- glia cristiana è quindi il primo luogo del- l’accoglienza degli “altri”. Pericoli di un’eccessiva istituzionalizzazione di una caritas che non passi attraverso le relazio- ni fra persone e fra famiglie. c) La società attuale “atomizza” gli indivi- dui, li rende (volutamente?) più deboli e più manovrabili dai meccanismi macro- scopici del “sistema”. Nella famiglia la persona trova un criterio di valutazione e di critica del mondo esterno e di sostegno nella sua testimo- nianza cristiana. Finora la famiglia cristiana è stata troppo ripiegata sulle virtù dome- stiche e ha lascia- to l’individuo solo nel frequentare il mondo a livello sociale e politico. La famiglia è il luogo proprio del- la vocazione so- ciale ed ecclesia- le di ciascuno. Non può esserle sottratto il proprio ruolo nella scoperta e nella forma- zione della vocazione, fosse anche la chia- mata al sacerdozio, alla consacrazione re- ligiosa e o missionaria. Dalla famiglia alla parrocchia. Il rappor- to chiesa domestica–chiesa universale si coglie studiando il dinamismo interiore che porta ogni famiglia cristiana a tessere rapporti di comunione che si allargano in centri concentrici, abbracciando anzitutto le altre famiglie cristiane nel territorio e le altre componenti della comunità. a) La parrocchia (parà oikiai = case ac- canto), “cammino delle famiglie cristiane verso l’Eucaristia”, è il tessuto ecclesiale formato dalle famiglie di uno stesso terri- torio che si scambiano i doni sprituali e materiali, e insieme rendono gloria a Dio proclamando il Vangelo nel loro ambiente con la vita e con la Parola. b) La parrocchia però è anche presenza del Signore, garantita in un determinato posto dalla successione apostolica (vescovo-par- roco). Tra le famiglie che si aprono le une alle altre e il ministero di unità e di verità del parroco c’è un richiamo reciproco, per cui non c’è parrocchia senza il movimento cen- tripeto delle famiglie e non c’è movimento centripeto senza la Presenza che attrae, unifica e re-invia. c) Nell’Eucaristia convengono tutte le com- ponenti della comunità. In essa abbiamo la suprema anticipazione del Regno sulla ter- ra, in essa si esprime quella comunione profonda e definitiva per la quale “Dio è tutto in tutti”. A questo ci richiamano i consacrati, la cui interazione con le fami- glie è, quindi, essenziale. Un rapporto di visibile fraternità nella par- rocchia richiede la formazione di sotto- gruppi, che consenatano forme di condivi- sione e partecipazione impossibili in un’ag- gregazione troppo vasta. Anche questi sot- togruppi devono ritrovarsi nell’unità della celebrazione eucaristica. n DON GIGINO E DON FORTUNATO Don Fortunato Monelli è stato no- minato all’inizio del 2006 coordi- natore dei Centri Missionari del- l’Emilia Romagna. È attualmente parroco della zona pastorale di Collagna (RE) e vicario foraneo. In passato è stato missionario in Brasile dal ’73 al ’76. È succeduto a don Gigino Savora- ni divenuto parroco di Lugo di Romagna, che oltre ad essere stato direttore del CMD di Imola, ha condotto per 15 anni il lavoro di coordinamento dei Centri Missionari della regione. La segreteria regionale si avvale della collaborazione di nove rappresentanti tra cui Fulvio Bucci e Francesco Panigadi del CMD di Reggio Emilia. Mons. Verucchi, padre Ottavio e i coniugi Pierotti durante la Messa Mons. Lino Pizzi, Francesco Grasselli e don Fortunato Monelli All’inizio di settembre a Pinarella di Cer- via si è svolto il Convegno Regionale dei Centri Missionari dell’Emilia Romagna. Don Fortunato Monelli, nuovo coordina- tore regionale, aprendo l’incontro e ha presentato il programma della due giorni. Il vescovo di Forlì Mons. Lino Pizzi ha guidato la preghiera iniziale. A nome della Conferenza episcopale dell’Emilia Roma- gna, ha poi incoraggiato l’impegno dei Centri Missionari e ha confermato l’im- portanza della famiglia ad essere soggetto dell’evangelizzazione nel proprio territo- rio e nel mondo. È stata quindi ascoltata con grande atten- zione e partecipazione l’ampia relazione di Francesco Grasselli sul tema del Con- vegno: “Famiglie cristiane soggetto di missione”, di cui riportiamo una sintesi. Una parabola e due premesse. Una “pa- rabola” sulla famiglia ci aiuta a mettere assieme il messaggio e la crisi... a) La crisi della famiglia è grande e si estende a tutto il mondo. Nasce con il passaggio dalla società agricola alla socie- tà industriale; si aggrava, specialmente nel Sud del mondo, con l’urbanizzazione sel- vaggia; raggiunge il suo apice con i feno- meni connessi alla globalizzazione “libe- rista”. Ma la gravità della crisi non ci esime dal credere nel “vangelo della famiglia”. b) Il “vangelo della famiglia” fu gioiosa- mente vissuto dalle prime comunità cri- stiane e annunciato dai Padri, ma successi- vamente la Chiesa nel suo complesso ha visto la famiglia non come parte di sè, ma come un istituto sociale che le sta davanti, come un instrumentum e non come un

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Mi s s i o n ie g g i oR 4

FAMIGLIA E MISSIONESPERANZA PER IL MONDO

sacramentum Regni. La realtà della “chie-sa domestica” fu dimenticata.Una riscoperta fondamentale: la fami-glia come soggetto ecclesiale. Il ConcilioVaticano II parlando di “chiesa domesti-ca” (Lumen gentium 11) riprende un con-cetto teologico fondato sulla Scrittura ecaro ai Padri della Chiesa. La famigliacristiana è una realtà “costitutivamenteecclesiale”. Questa idea è stata spesso ri-

presa e svi-luppata nelpost-conci-lio, dai Papie dai vesco-vi.Ora, se del-la Chiesa sidice cheessa è, “inC r i s t ocome unsacramen-to o segnoe strumen-to dell’inti-ma unionecon Dio edell’unità

di tutto il genere umano” (Lumen gentium1), questo vale in modo analogo per lafamiglia. In ogni famiglia sulla terra c’è unorientamento ad essere Chiesa. Questa po-tenzialità viene attuata nel matrimonio cri-stiano, che ha una “grazia” e una funzioneecclesiale diversa ma analoga a quella delsacramento dell’ordine sacro: tutti e due isacramenti sono ordinati a strutturare laChiesa.a) Una prima conseguenza è che alla fami-glia cristiana va restituito il “proprio dono”nei confronti dell’ascolto e della comuni-cazione della parola di Dio. La chiesadomestica è il luogo primario della Parola(kerigma e catechesi).b) Nella famiglia si impara la “chiusura” ol’“apertura” al mondo. Solo in essa puòmettere radici una vera caritas che rispec-chi l’amore di Dio per il mondo. La fami-glia cristiana è quindi il primo luogo del-l’accoglienza degli “altri”. Pericoli diun’eccessiva istituzionalizzazione di unacaritas che non passi attraverso le relazio-ni fra persone e fra famiglie.c) La società attuale “atomizza” gli indivi-dui, li rende (volutamente?) più deboli epiù manovrabili dai meccanismi macro-scopici del “sistema”. Nella famiglia lapersona trova un criterio di valutazione e dicritica del mondo esterno e di sostegno

nella sua testimo-nianza cristiana.Finora la famigliacristiana è statatroppo ripiegatasulle virtù dome-stiche e ha lascia-to l’individuo solonel frequentare ilmondo a livellosociale e politico.La famiglia è illuogo proprio del-la vocazione so-ciale ed ecclesia-le di ciascuno. Non può esserle sottratto ilproprio ruolo nella scoperta e nella forma-zione della vocazione, fosse anche la chia-mata al sacerdozio, alla consacrazione re-ligiosa e o missionaria.

Dalla famiglia alla parrocchia. Il rappor-to chiesa domestica–chiesa universale sicoglie studiando il dinamismo interioreche porta ogni famiglia cristiana a tessererapporti di comunione che si allargano incentri concentrici, abbracciando anzituttole altre famiglie cristiane nel territorio e lealtre componenti della comunità.a) La parrocchia (parà oikiai = case ac-canto), “cammino delle famiglie cristianeverso l’Eucaristia”, è il tessuto ecclesialeformato dalle famiglie di uno stesso terri-torio che si scambiano i doni sprituali emateriali, e insieme rendono gloria a Dioproclamando il Vangelo nel loro ambientecon la vita e con la Parola.b) La parrocchia però è anche presenza delSignore, garantita in un determinato posto

dalla successione apostolica (vescovo-par-roco). Tra le famiglie che si aprono le unealle altre e il ministero di unità e di verità delparroco c’è un richiamo reciproco, per cuinon c’è parrocchia senza il movimento cen-tripeto delle famiglie e non c’è movimentocentripeto senza la Presenza che attrae,unifica e re-invia.c) Nell’Eucaristia convengono tutte le com-ponenti della comunità. In essa abbiamo lasuprema anticipazione del Regno sulla ter-ra, in essa si esprime quella comunioneprofonda e definitiva per la quale “Dio ètutto in tutti”. A questo ci richiamano iconsacrati, la cui interazione con le fami-glie è, quindi, essenziale.Un rapporto di visibile fraternità nella par-rocchia richiede la formazione di sotto-gruppi, che consenatano forme di condivi-sione e partecipazione impossibili in un’ag-gregazione troppo vasta. Anche questi sot-togruppi devono ritrovarsi nell’unità dellacelebrazione eucaristica.n

DON GIGINO E DON FORTUNATODon Fortunato Monelli è stato no-minato all’inizio del 2006 coordi-natore dei Centri Missionari del-l’Emilia Romagna. È attualmenteparroco della zona pastorale diCollagna (RE) e vicario foraneo.In passato è stato missionario inBrasile dal ’73 al ’76.È succeduto a don Gigino Savora-ni divenuto parroco di Lugo diRomagna, che oltre ad essere statodirettore del CMD di Imola, hacondotto per 15 anni il lavoro dicoordinamento dei Centri Missionari della regione. La segreteria regionale si avvaledella collaborazione di nove rappresentanti tra cui Fulvio Bucci e Francesco Panigadidel CMD di Reggio Emilia.

Mons. Verucchi, padre Ottavio e i coniugi Pierotti durante la Messa

Mons. Lino Pizzi, Francesco Grasselli e don Fortunato Monelli

All’inizio di settembre a Pinarella di Cer-via si è svolto il Convegno Regionale deiCentri Missionari dell’Emilia Romagna.Don Fortunato Monelli, nuovo coordina-tore regionale, aprendo l’incontro e hapresentato il programma della due giorni.Il vescovo di Forlì Mons. Lino Pizzi haguidato la preghiera iniziale. A nome dellaConferenza episcopale dell’Emilia Roma-gna, ha poi incoraggiato l’impegno dei

Centri Missionari e ha confermato l’im-portanza della famiglia ad essere soggettodell’evangelizzazione nel proprio territo-rio e nel mondo.È stata quindi ascoltata con grande atten-zione e partecipazione l’ampia relazionedi Francesco Grasselli sul tema del Con-vegno: “Famiglie cristiane soggetto dimissione”, di cui riportiamo una sintesi.

Una parabola e due premesse. Una “pa-rabola” sulla famiglia ci aiuta a mettereassieme il messaggio e la crisi...a) La crisi della famiglia è grande e siestende a tutto il mondo. Nasce con ilpassaggio dalla società agricola alla socie-tà industriale; si aggrava, specialmente nelSud del mondo, con l’urbanizzazione sel-vaggia; raggiunge il suo apice con i feno-meni connessi alla globalizzazione “libe-rista”.Ma la gravità della crisi non ci esime dalcredere nel “vangelo della famiglia”.b) Il “vangelo della famiglia” fu gioiosa-mente vissuto dalle prime comunità cri-stiane e annunciato dai Padri, ma successi-vamente la Chiesa nel suo complesso havisto la famiglia non come parte di sè, macome un istituto sociale che le sta davanti,come un instrumentum e non come un

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Dalla parrocchia al mondo.a) Nelle nostre comunità è molto diffusoun peccato di cui non ci accorgiamo e chenon confessiamo: il peccato di “non mis-sione”. Stiamo appena prendendo coscien-za che c’è una missione di evangelizzazio-ne da svolgere nel territorio, perché lacristianità non esiste più e siamo minoran-za in un mondo nuovamente pagano. Ma la“missione nel territorio” non diminuiscel’urgenza della missione nel mondo. Mis-sione nel territorio e missione nel mondonon sono antagoniste fra loro, anzi sonostimolo e contributo l’una all’altra.b) In questa missione, nel territorio e nelmondo, si inserisce anche la famiglia cri-stiana; e il motivo è sempre quello: la suanatura ecclesiale. Se la famiglia è chiesa ese la chiesa è per sua natura missionaria,anche la famiglia lo è. La famiglia cristianaentra in rete con le altre famiglie cristianedel territorio per formare una comunitàevangelizzatrice; e anche per uscire dalterritorio e portare la testimonianza e l’an-nucio del Vangelo ad altri popoli. Essaeduca vocazioni missionarie tra i figli, ma sidispone essa stessa al “mandato” che lacomunità può a volte proporle fra “le genti”.c) Una parrocchia che non ha missionari,in senso stretto (sacerdoti, religiosi o reli-giose, laici, famiglie…) non ha ancoraraggiunto la sua maturità. Non basta man-dare offerte, fare adozioni a distanza, “ge-mellarsi”... Occorre che la parrocchia, inconnessione con la diocesi, e magari inter-diocesanamente, diventi “comunità invian-te”. I singoli e le famiglie possono essere“inviati”, la comunità deve essere“inviante” e assumersi in solido laresponsabilità della missio ad gen-tes. Il primo passo consiste nel for-mare i giovani alla missione, dandoloro una visione grande e nobiledella vita e la consapevolezza di unavocazione che – qualunque essa sia– è per la storia del mondo.d) La missione non è solo “dare”,ma “dare e ricevere”, in uno scam-bio fecondo con tutte le Chiese. C’èuna missione dell’accoglienza cheoggi diventa tanto più urgente quan-to più “gli altri” – altri sotto il pro-filo sociale, culturale, religioso, ec-clesiale – vengono a bussare alle nostreporte.Da questo punto di vista dobbiamo ancheconsiderare i poveri, che non sono soloquelli che hanno bisogno di noi, ma anchequelli che hanno da offrirci una migliorepercezione del Vangelo.

Famiglie ad gentes. Arriviamo al centrodel nostro discorso dopo un cammino tesoa evidenziare che il tema della “famigliemissionarie” suppone un nuovo modello di

Chiesa e conduce a un nuovo modello diChiesa: la Chiesa-famiglia dei figli di Dio,di cui il nostro mondo chiede testimonian-za. Le famiglie che partono non sono soloun fenomeno più o meno significativo intermini numerici, ma anticipano e prepara-no una grande svolta ecclesiale.a) Si pone qui un problema teologico, chediventa anche problema molto pratico: lefamiglie “che partono” lo fanno in base auna specifica vocazione o a un mandato?Le due cose non sono da contrapporre,perché il mandato esplicita la vocazione. Ilaici in genere e le famiglie in specie nonpartono in base a una “consacrazione”, maa un mandato. Non c’è, per loro, vocazionesenza mandato.b) Quando una famiglia riceve il mandatoper la missione nel mondo, deve cosciente-mente prepararsi ad essa. Ci si riferisce allapreparazione spirituale, ma anche a quellaumana, culturale, linguistica, antropologi-ca. La missione ha bisogno di famiglie benpreparate e pronte ad affrontare le varieevenienze. In questa preparazione contanomolto le basi spirituali (una solida spiritua-lità missionaria), ma anche la conoscenzadel popolo e della Chiesa a cui si è inviatie la competenza linguistica, culturale eantropologica. Non si abbia fretta di parti-re, ma si impegni tutto il tempo necessarioper la preparazione, perché in missione sipuò fare tanto bene, ma anche tanto male;e la distanza tra bene e male dipende spes-so da una buona o da una insufficientepreparazione.c) Se tutti i missionari sono “ponti fra due

Chiese”, lo sono di più le famiglie perchéla loro appartenenza alla Chiesa che leinvia non è mediata né dall’appartenenza auna famiglia religiosa, né dall’appartenzaa un “presbiterio” (l’incardinazione delclero!). Esse si immergono totalmente nel-le Chiese locali di orgine e di destinazione.Questo pone particolari problemi che sirisolvono abitualmente con un “progetto”e una “convenzione”, ma dovrebbero ri-solversi più profondamente con una spiri-tualità dell’incarnazione, del servizio e

della provvisorietà.d) «Quando siete venuti qui, siete statiinviati dalla Chiesa della vostra città, dallavostra comunità... Ora che ripartite, vi au-guriamo che questo non sia solo un rientro,ma sia un nuovo invio: andate a nome dellaChiesa di N’Djamena e portate nel vostropaese le ricchezze e le speranze delle co-

munità cristiane del Ciad»” (da una testi-monianaza di Marta e Marco Ragaini).Quel capo comunità era un grande teologoe coglieva perfettamente il senso ecclesia-le del “ritorno” di una famiglia missiona-ria. Il ritorno è un nuovo invio. L’inviata èsempre la famiglia; l’inviante è questavolta la giovane o antica Chiesa in cui si èstati; il destinatario è la Chiesa a cui siritorna. Occorrerà allora un nuovo proget-

to e una nuova convenzione, ma so-prattutto occorrerà mantenere anco-ra la spiritualità dell’incarnazione,del servizio e della provvisorietà,spiritualità che sarà sempre “fami-liare, parrocchiale e missionaria”.I Centri Missionari Diocesani devo-no prendere coscienza di questi “nuo-vi invii” e insieme al Vescovo e/o aidiversi responsabili dei vicariati edelle parrocchie costruire un percor-so perché il dono che ci fanno legiovani Chiese, con le loro “ricchez-ze” e le loro speranze non vada per-duto.Se la famiglia missionaria esige e

prepara un nuovo modello di Chiesa, lefamiglie re-inviate possono dare un grandecontributo a farlo nascere e a consolidarlo.

Famiglia e globalizzazione. Riprendia-mo il tema della crisi delle famiglie perconiugarlo con “il vangelo della famiglia”così come l’abbiamo ascoltato.a) La famiglia cristiana è chiamata a vive-re, testimoniare e diffondere quella “rela-zione d’amore” feconda e generosa chel’umanità deve ritrovare... È un segno per

il nostro tempo.b) Il Vaticano II ci dice che la famglia è “laprima comunione di persone” (Gaudium etspes n. 12), pallida immagine di quella“Prima Comunione di Persone” che è laTrinità SS.ma. In quanto tale, diventa, “inCristo, come un sacramento, o segno esturmento della comunione con Dio e del-l’unità di tutto il genere umano” (Cfr.Lumen gentium 1). Questa radicale voca-zione familiare acquista tutto il suo splen-

dore quando una famiglia è inviata perl’annuncio della Lieta Notizia. Lieta noti-zia essa stessa, diventa lo strumento piùadatto a testimoniarla e proclamarla.c) Le famiglie missionarie hanno un donoproprio di speranza. Dice Gabriel Marcelche “quando due esseri si amano veramen-te e vivono insieme un noi, ognuno credeugualmente all’amore dell’altro”. Questaè la speranza.

L’intervento di Francesco Grasselli è sca-ricabile dal sito: www.cmdre.it

Le conclusioni del convegno sono stateelaborate da don Piero Pasquini dell’Ere-mo di Caresto e sono state un ulterioreapporto alla riuscita della due giorni.

La Celebrazione eucaristica, presiedutadal Vescovo di Ravenna, Mons. Verrucchi,è stata il coronamento del Convegno, cheha preso da essa la sua forza per il cammi-no futuro. Nell’omelia, il Vescovo, dialo-gando simpaticamente con i bambini pre-senti, ha fatto capire le parole del vangelodel giorno: “Non c’è nulla fuori dell’uomoche, entrando in lui possa contaminarlo;sono invece le cose che escono dall’uomoa contaminarlo”. (Mt7,15) Da qui l’im-portanza di un cambiamento di mentalità(conversione) per tutta la Chiesa. Nondobbiamo aver paura del mondo, ma an-dare incontro ad esso con una mentalitàevengalica, cioè con il modo di vedere diGesù.

n a cura della redazione

DALLA PARROCCHIA AL MONDO

Don Piero Pasquini al Convegno di Pinarella

Famiglie missionarie intervenute al Convegno

FAMIGLIA E MISSIONE

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Via Mogadiscio, 1

42100 Reggio Emilia

Tel. 0522/514205

Mi s s i o n ie g g i oR

LA FILARIOSIA cura del dr. Claudio Gollini

La Filariosi è una malattia parassita-ria endemica in oltre 80 paesi africa-ni, asiatici, sud americani e sono col-pite 120 milioni di persone.La trasmissione avviene attraverso ilmorso di zanzare femmina che tra-smettono il parassita, allo stadio im-maturo di larva, da uomo a uomo, losviluppo poi avviene all’interno deidotti linfatici.La malattie è comunemente definita“elefantismo”, a causa dei sintomitipici della la fase cronica: edemalinfaticodisabilitante e sfigurante diarti, mammella o genitali che diven-gono enormi.

È quasi inconcepibile per noi occidenta-li, per noi appartenenti ai cosiddetti “pa-esi ricchi”, morire di malaria e altrettan-to difficile è capire quanto possa essereinvalidante per la vita di tutti i giorniessere affetti da malattie quali la filaria.Molto diverso è invece il pensiero di unabitante del Madagascar dove la malariaè una delle principali cause di mortalitàinfantile tra i bambini fino ai 5 anni edove alcune malattie croniche tra cui laFilariosi Linfatica, sono un grave pro-

blema per la società a causa degli effettiinvalidanti che hanno tra la popolazionecolpita.Questo quadro è aggravato dalle caratte-ristiche delle strutture sanitarie pubbli-che che spesso non sono adeguatamenteattrezzate (sia in termini di personale eattrezzature mediche sia di medicinali) eagevolmente accessibili fisicamente dal-la popolazione in quanto molto distantida tanti villaggi.Chi, come Reggio Terzo Mondo, operada tanti anni in Madagascar non puòcerto rimanere insensibile a questa si-tuazione ed è proprio questo che haspinto RTM ad investire tempo e risorseper la formulazione di un progetto che,se correttamente gestito e finanziato,può essere in grado di portare un notevo-le contributo al miglioramento della si-tuazione nelle zone di azione.È notizia di poche settimane fa che èstato approvato dall’Unione Europea uncontributo significativo per la realizza-zione di questo progetto, che vedrà im-pegnati operatori e volontari di RTM perun periodo di 4 anni.

In che cosa consiste?Il progetto prevede la realizzazione diuna rete comunitaria di intervento sani-tario che vede il coinvolgimento di di-

La legge finanziaria presentata dal gover-no per il 2007, finalmente riporta una certapriorità dell’azione statale nei confrontidella lotta contro la fame nel mondo, con-tro la povertà diffusa e le malattie endemi-che.Il nostro paese riprende a contribuire inquesto sforzo internazionale anche se inmisura inadeguata.Il fondo per la cooperazione internaziona-le che negli anni 2000 era di mille milionidi Euro ed era stato ridotto a 300 milioninegli ultimi anni, tagliando numerosi pro-getti internazionali tra cui quelli delle ONGe della lotta contro l’AIDS, è stato ripor-tato in un primo tempo a 600 milioni,quindi con gli ultimi emendamenti a 540misura ancora non soddisfacente rispettoagli obiettivi ed agli impegni internazio-nali, ma comunque in contro tendenza.È stato mantenuto, dopo una lunga discus-sione, il contributo del 5 per mille a favoredel volontariato nazionale, internaziona-

LUCI ED OMBRE DELLA FINANZIARIASULLA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE

le, della ricerca e delle associazioni disolidarietà sociale, anche se limitato a 250milioni ed è stata recuperata la destinazio-ne dell’ 8 per mille pari a 90 milioni diEuro, da destinare anche a progetti di lottacontro la fame nel mondo, quando nell’an-no passato il Ministro Tremonti aveva tra-sferita tale somma quasi interamente allacopertura del disavanzo complessivo delloStato.Un’inversione di tendenza c’è stata, unanuova attenzione per i problemi legati agliimpegni internazionali a favore della ridu-zione della povertà globale e della salute diintere popolazioni completamente denu-trite è da registrare.Siamo ancora molto lontani dagli impegniinternazionali assunti in sede ONU, cheriguardano contributi pari al 7 per mille delprodotto interno lordo o anche al livellointermedio del 3 per mille, quota media deipaesi europei della UE, però qualcosa,seppure insufficientemente si stà moven-

do, dobbiamo farci sentire affinché l’im-pegno del nuovo governo sia adeguatoall’urgenza internazionale e rispettoso de-gli impegni sottoscritti in sede ONU edUE.Solo una maggiore giustizia internaziona-

le potrà garantirci una pace duratura estabile, ed è quindi nel nostro interesseoltre che nel nostro dovere costringere igovernanti a rispettare per lo meno gliimpegni assunti.

n Angelo Grazzi

Il vescovo Adriano visita ed inaugura, lo scorso settembre, la nuovasede di RTM in Via Mogadiscio, 1 - Reggio Emilia

APPROVATO UN NUOVO PROGETTO PRESENTATO ALL’UNIONE EUROPEA

RTM E LA LOTTA A MALARIA E FILARIA

verse comunità e villaggi nella regioneVatovavy-Fitovinany in Madagascar.La metodologia, promossa e sperimen-tata in Madagascar con successo da RTMin un precedente progetto pilota realiz-zato in sinergia con l’OMS (Organizza-zione Mondiale della Sanità), è chiamataCHBC (Community Home Base Care) econsiste nel fornire le corrette cure einformazioni direttamente “a casa” a queimalati per i quali si può prevedere un’ade-guata terapia domiciliare senza la neces-sità di andare ad una struttura pubblicache, come già detto, spesso non è attrez-zata e/o facilmente raggiungibile.Il progetto prevede la sensibilizzazione eil coinvolgimento di autorità statali e

“tradizionali” (i Capi Clan) e il conse-guente interessamento e impegno nel-l’iniziativa di interi villaggi e comunitàche si troveranno a nominare uno o più“agenti di salute” volontari, che avrannoil compito di portare cure e informazioniprimarie ai malati e alle loro famiglie.Questa sorta di operatore sanitario forni-rà le sue prestazioni a titolo gratuito, e lacomunità stessa si incaricherà di fornir-gli eventualmente un supporto non mo-netario come ad esempio un aiuto per lacoltivazione dei campi.Questo volontario non sarà solamentefornito dell’adeguata attrezzatura, maverrà accompagnato sia in un camminodi formazione sia con una supervisione

MEMO DI RTM

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Mi s s i o n ie g g i oR

Anche quest’anno RTM propone per il S. Natale 2006 lacampagna “Riso è vita”.Con l’aiuto dei volontari di RTM, sarà presente conbanchetti sul territorio reggiano e non, offrendo una scato-la di riso in cambio di un contributo per i progetti in corsoin Madagascar.Anche le aziende hanno la possibilità di partecipare,acquistando confezioni di riso da inserire nei pacchi nata-lizi.Il riso è l’alimento base di tante popolazioni del sud delmondo: con il costo di un pacco una famiglia media

malgascia di 7 persone riesce a sopravvivere per 3 giorni!Un piatto di riso per animare le tavole di solidarietà ericordare anche nel quotidiano chi vive in condizioni dimaggior difficoltà.

Il riso è di prima qualità, sottovuoto e garantito.La scatola è personalizzata con la grafica della Campagnae i dati di RTM. Il contributo richiesto è di 2,50 euro allaconfezione (1 kg di riso).

Per acquistare riso, organizzare banchetti o avere ulterioriinformazioni contattare Elena Gaiti presso gli uffici diRTM (0522.514205)

RISO È VITA

MALARIAA cura del dr. Claudio Gollini

La malaria (detta anche paludismo) è la più impor-tante parassitosi e la seconda malattia infettiva almondo per morbidità e mortalità dopo la tubercolosi,con 500 milioni di nuovi casi clinici all’anno (90%in Africa tropicale) e 2,5 milioni di morti all’anno(per lo più bambini africani). Il 40% della popolazio-ne mondiale vive in zone endemiche.Il serbatoio del parassita sono gli individui infettaticronicamente.I vettori sono zanzare del genere Anopheles.È una malattia febbrile acuta che si manifesta consegni di gravità diversa a seconda della specie infet-tante. La mortalità in un paziente non-immune e nontrattato può arrivare fino al 20%. La malaria causatadal P.falciparum è le più grave e predomina nelleisole dell’Oceano Indiano e nel Sudest Asiatico.Esistono farmaci per la profilassi e la terapia, masicuramente il sistema migliore per non ammalarsidi malaria è quello di evitare le punture di zanzara.

costante da parte dell’équipe di progetto. Questo siste-ma volontaristico consente di mettere in gioco tutta unaserie di sinergie e valori dettati dalla solidarietà tra lepersone della stessa Comunità.Fase successiva ma fondamentale per la sostenibilitàdel progetto nel tempo, è la creazione di una rete dicomunità attraverso la quale i diversi volontari diventa-no in grado di gestirsi ed appoggiarsi a vicenda conl’aiuto di alcune strutture pubbliche e organizzazionigià presenti sul territorio quali dispensari gestiti dareligiosi.La creazione di questa struttura a rete permetterà diagire capillarmente e di portare cura e prevenzione dimalattie come la malaria e la filaria per le quali una

corretta prevenzione e un’adeguata terapia sono diimportanza vitale.

Il progetto non prevede solo azioni formative ma anchela fornitura di tutto il materiale didattico e sanitarionecessario all’azione quali la fornitura di kit completi(farmaci e materiale per medicazioni) per gli “agenti disalute” e la distribuzione di zanzariere trattate coninsetticidi permanenti che, attraverso studi specifici, sisono rivelate estremamente repellenti per le zanzareresponsabili della trasmissione sia di malaria che difilaria.

Altro ambito di intervento è quello che vede coinvolteequipe chirurgiche nella formazione necessaria perrealizzare interventi che, seppur non troppo complessi,possono essere risolutivi o comunque migliorativi dellecondizioni dei pazienti affetti da filariasi.

Quali sono gli obiettivi principali?Gli obiettivi generali del progetto sono:1) ridurre la mortalità infantile tra i bambini dagli 0 ai5 anni;2) combattere malaria, filaria e altre parassitosi e malat-tie croniche invalidanti;3) ridurre l’impatto sociale che queste malattie invali-danti hanno nella società malgascia.

Questi obiettivi sono coerenti con le diverse azioni alivello internazionale che mirano al raggiungimentodegli 8 Obiettivi del Millennio il cui 4° e 6° obiettivosono rispettivamente “diminuire la mortalità infantile”e “combattere l’HIV/AIDS, la malaria e le atre malat-tie” (rif. www.millenniumcampaign.it).

Cos’è “un progetto è finanziato”?Quando un organismo come RTM presenta un progettoa un “finanziatore” quale appunto l’Unione Europea, lofa costruendo uno schema di costi da sostenere per larealizzazione del progetto ma questi finanziatori nonprevedono mai un finanziamento completo del proget-to, ma concedono un contributo.

Nel caso specifico di questoprogetto i fondi stanziati co-priranno al massimo il 75%delle spese da sostenere men-tre sarà compito di RTM rac-cogliere il restante 25% attra-verso un’adeguata raccoltafondi che dovrà coprire costiper circa 50.000 Euro annuiper ognuno dei 4 anni previsti.È per questo che resta sempredi grandissima importanzaogni singola donazione e lagenerosità dei sostenitori èfondamentale per portare a ter-mine l’ambizioso progetto.

n Valeria Quaini

RTM E LA LOTTA A MALARIA E FILARIA

Personale dell’Ospedale di Ampasimanjeva in Madagascar

Via Mogadiscio, 1

42100 Reggio Emilia

Tel. 0522/514205

MEMO DI RTM

SEGUE DA PAG 8

COME SI PUÒ CONTRIBUIRE?

Per contribuire alla realizzazione del progetto sipuò effettuare un versamento all’Organismo spe-cificando nella causale “Progetto Malaria e Fila-ria”.Banca Reggiana di Credito Cooperativo — Fil. diReggio Emilia c/c 11369CIN: C - ABI: 07058 - CAB: 12800

Le offerte possono essere deducibili: per ricevereinformazioni a riguardo, prima di effettuare ilversamento contattare gli uffici amministrativi diRTM oppure consultare il sito: www.reggioterzomondo.org alla voce “contri-buisci anche tu”.

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Mi s s i o n ie g g i oR

MUHAMMAD YUNUSIL BANCEHERE DEI POVERI

Con la collaborazione di Alan JolisEdizione Feltrinelli Euro 7,50Traduzione di Ester Dornetti

Il professore Muhammad Yunus, chevive in uno dei paesi più poveri delmondo, ha trovato il modo di far sparire la povertà dalla facciadella terra facendo nascere la Grameen Bank. Accordandominuscoli prestiti al 10% della popolazione bengalese (dodicimilioni di persone) ha fornito loro gli strumenti per usciredalla miseria, e di trasferire poi la sperimentazione delmicrocredito dal Terzo mondo ai poveri di altri paesi. Labanca presta denaro, a tassi bonificati, solo ai poverissimi: inquesto modo coloro che non potevano ottenere prestiti (sonostate in maggioranza donne) vengono messi nella condizionedi affrancarsi dall’usura, di allargare la propria base economi-ca e di prendere in mano il proprio destino. Questo libro, cheè già un bestseller e che ha ispirato un film, ci racconta comeè stato possibile realizzare tutto ciò.

Sconfiggere la povertà può essere anche l’obiettivodi una banca. Muhammad Yunus, premio Nobel perla Pace 2006, ci ha scommesso “la vita”, e oggi allasua “Grameen Bank” si ispirano anche programmi dimicrocredito nei paesi ricchi. Siamo forse ad unasvolta decisiva per la lotta alla povertà?

ALCUNI DATINato 65 anni fa a Chittagong in Bangladesh, Moham-med Yunus è il terzo di 14 figli, cinque dei quali mortiancora bambini… Si è laureato in economia e hainsegnato all’università della sua città natale. Nel1983 ha fondato la Grameen Bank e nel 1997 hapresieduto a Washington la prima conferenza mon-diale sul microcredito. La sua storia personale e ifondamenti del sistema della Grameen Bank sonodescritti nel libro: “Muhammad Yunus. Il banchieridei poveri”, edito da Feltrinelli e disponibile inprestito al Centro Documentazione.

Oggi i clienti della Grameen Bank (che significa“Banca del villaggio”) sono oltre 2 milioni, la Bancaha 1.084 filiali, 12.500 lavoratori e 37.000 sono ivillaggi coinvolti.

UN’IDEA RIVOLUZIONARIAEra il 1974 e, nelle misere strade del villaggio diJobra, Yunus incontrò una donna che intrecciavabambù per fare sgabelli. Sufia era brava, abile, infa-ticabile e malgrado ciò poverissima. Non guadagna-va, infatti, più di 2 centesimi di dollaro al giorno. Eraperciò costretta a comprare la materia prima da uncommerciante usuraio che la obbligava a rivenderesolo a lui i suoi sgabelli. Con 22 centesimi di dollari,Sufia si sarebbe affrancata dal suo “padrone”, avreb-be potuto acquistare il bambù liberamente e riven-derlo, con profitti più alti, al mercato del paese:avrebbe, in altre parole, cominciato a sconfiggere lapovertà.Fu una rivelazione: Yunus getto alle “ortiche” leteorie economiche e finanziarie che insegnava al-l’Università e creò nel 1977 le fondamenta dellaGrameen Bank: “la banca che prestava ai poveri”.

COME FUNZIONA?La “sua” banca rilascia crediti senza chiedere nessu-na garanzia. E praticamente, malgrado ciò, non esisteinsolvenza: il 98% dei clienti della “banca dei pove-ri” infatti, paga con regolarità i suoi debiti. Negli anniquesta “scoperta” è diventata un “caso”. Alcunericerche della Banca Mondiale hanno documentatocome l’attività della Grameen Bank ha determinato“un aumento generale dei livelli di sviluppo” delBangladesh.Viene da chiedersi come mai è stato quindi attribuitoil Nobel per la Pace e non quello per l’Economia vistoche si tratta di “un’invenzione” per prestare i soldi ai“non bancabili”, rigenerare l’economia a partire dal-la finanza e, soprattutto, si tratta di instaurare unsistema capace di dare “valore” economico alle “re-lazioni sociali” sulla base che qualsiasi individuopuò diventare “protagonista” del suo futuro.Non possiamo dimenticare che da quando l’avventu-ra è cominciata sono sorti altri programmi ispiratialla Grammen Bank oggi operativi in decine e decinedi paesi del mondo, comprese nazioni ricche come gliStati Uniti, il Canada, la Francia, la Norvegia, l’Olan-da e la Finlandia.Intervistato, il Prof. Yunus, ribadisce che la sua ideanasce come una ribellione a un sistema bancariocolpevole di mettere in atto un inaccettabile “diffe-renza (apartheid)” finanziaria. Le banche convenzio-nali, infatti, non concedono prestiti ai poveri. Ledonne in Bangladesh, ad esempio, sono escluse dalcredito “normale”. L’esperienza di Grameen Bankdimostra che è stato possibile prestare denaro diret-tamente a milioni di persone che hanno migliorato

IL NOBEL PER LA PACEAL BANCHIERE DEI POVERI

inequivocabilmente il loro tenore di vita. Perciò, se ibanchieri fossero meno “miopi” ed egoisti, potrem-mo davvero sconfiggere la povertà!

IL 95% DEI CLIENTI SONO DONNEAlla domanda il Prof. Yunus risponde che in Bangla-desh prima del loro intervento solo l’1% dei clientidelle banche erano donne. Naturalmente si trattava diuna discriminazione ingiusta. Quindi nei suoi primianni di vita la Grameen Bank si pose l’obiettivo diavere la metà dei clienti donne. Non fu facile: infattierano intimorite e rispondevano: “Date i soldi a miomarito”. Per questo motivo hanno impiegato più di 6anni per raggiungere il risultato del 50% di clientidonne. E, continua, “ci siamo subito accorti cheerano più impegnate, più responsabili e più creativedegli uomini!” E questo non è tutto: “concedendo unprestito a una donna possiamo essere maggiormentecerti che ne avrebbe beneficiato l’intera famiglia. Ladonna, infatti, pensa prima di tutto ai propri figlimentre gli uomini si assumono minori responsabili-tà. Inoltre le donne hanno una “visione” del futuropiù solida, fanno progetti a lungo periodo; l’uomoinvece vuole “godersi” subito quel poco che ha. Ledonne hanno la capacità di gestire la vita quotidianacon risorse scarsissime e quindi sanno sfruttare almassimo i prestiti che ricevono”. Le donne sonodiventate, per questo, la priorità della Banca e oggisono la quasi totalità dei soci-clienti.

TEORIE ECONOMICHEInterpellato ancora sulle teorie economiche che ilProf. Yunus ha insegnato per decenni, oggi risponde:“Ho la sensazione che l’economia basi le sue leggi supresupposti che ignorano gli esseri umani. L’econo-mia tratta gli uomini e le donne come macchine enega gli elementi essenziali della natura umana.L’economia prevede solo due attori sulla scena: gliimprenditori e i lavoratori. E considera gli imprendi-tori come persone dalle capacità eccezionali. Sonostate create istituzioni che difendono solo questacasta. E così sono state ignorate le potenzialità dellagran massa dell’umanità. L’economia ama definirsicome una scienza sociale. Non lo è! L’economiainfatti parla di lavoro e di manodopera. Non parla diuomini, donne e bambini. Quindi, per concludere,una scienza che vorrebbe essere sociale non puòignorare l’ambiente e le capacità di ciò che pretendedi analizzare”.Speriamo che l’esempio della “Banca dei Poveri”possa davvero rappresentare un modello per miglio-rare le condizioni di milioni di persone che vivono insituazione di miseria “sfruttando” la loro capacità difarsi promotori di un mondo davvero migliore pertutti.

Elaborato dal n° 77 di Altreconomian A cura di Bonati Andrea

CENTRO DOCUMENTAZIONE

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Mi s s i o n ie g g i oR

IL GRANELLO DI SENAPA

Si è svolto a Bologna, in data 6 novembre il Seminario“Ragazzi e Ragazze che lavorano: a loro la parola!”,organizzato dal Tavolo Regionale sul Lavoro Minorile. IlTavolo, che porta avanti il lavoro di ricerca e sensibilizza-zione sul territorio regionale dal 1998, è attualmentecomposto dai seguenti membri: Osservatorio Infanzia eAdolescenza della Regione Emilia Romagna, Il Granellodi Senapa, Associazione NATs, Save The Children e ilcomitato regionale dell’Unicef. La rappresentanza reggia-na del Granello di Senapa ha permesso che l’esperienza diquesto coordinamento pastorale fosse da sempre di contri-buto alle attività di sensibilizzazione e di sostegno ai lavoripreparatori di questo evento seminariale. Le associazioni,che mensilmente si trovano per portare avanti una proget-tualità comune sul tema, nel fissare le linee guida delseminario, son partite dall’ideacondivisa che, molto spesso,parlare di lavoro minorile facciasubito pensare a quella tragicarealtà di sfruttamento che tuttoil mondo condanna, senza peròlasciare effettivo spazio per unariflessione su cosa realmente vi-vono e pensano i bambini e iragazzi stessi. In realtà infatti, oltre alle risapute e realicondizioni di sfruttamento presenti in alcune parti delnostro globo, ci sono anche bambine, bambini, ragazze eragazzi che “scelgono” di lavorare o che trovano nel lorolavoro stesso delle risorse per la loro crescita. Partendoproprio da questo presupposto, si è creduto che, il provaread ascoltare la diretta testimonianza e il punto di vista dichi “vuole lavorare”, fosse lo scopo e l’obiettivo primo delseminario, l’unico auspicabile punto di partenza che po-tesse davvero aiutarci a superare atteggiamenti e posizionipretestuosamente inconciliabili.

Questo seminario ha quindi offerto l’opportunità aMartin, Francesco, Jennifer, Mustafa, Sultana, Maria eDavid, ragazzi dai 14 ai 18 anni, di prendere la parola e diessere ascoltati. Tutti provenienti da diversi contesti e daorigini geografiche che vanno da Bologna, Roma, allaBolivia, tutti con l’entusiasmo e la freschezza di chi vuoleaffermare il diritto ad un lavoro degno, anche per i giova-nissimi, hanno raccontato ad una vasta platea di adulti ecoetanei, la loro “versione dei fatti”, ribadendo l’impor-

«Ragazzi e ragazze che lavorano: a loro la parola!» Breve resoconto di un seminario davvero innovativo

LA CONSAPEVOLEZZA DEI LORO DIRITTItanza della dimensione lavorativa nella loro vita, purchésia essa affiancata dalla fruizione di tutti quei diritti cheriguardano la sfera dell’infanzia e dell’adolescenza inogni parte del mondo, ponendo particolarmente l’accentosul diritto dei giovani all’istruzione.Hanno reso evidente come lavoro e infanzia, lavoro escuola, lavoro e gioco, non siano termini sempre e comun-que escludenti; hanno mostrato come sia forte la loroconsapevolezza dei propri diritti e come siano loro stessii primi a lottare contro uno sfruttamento del lavoro deiminori. Tra i ragazzi, una testimonianza molto forte èvenuta da David, 14 anni, proveniente dalla Bolivia, erappresentante del movimenti dei bambini e adolescentilavoratori (NATs). Questi movimenti costituiscono una“straordinaria esperienza di protagonismo”. I ragazzi,

chiedono infatti di essere consi-derati soggetti di diritti, vivonotra di loro una relazione che pro-muove la partecipazione, l’as-sunzione di responsabilità, il ri-spetto e l’ascolto in maniera re-ciproca. Nel sostenere la posi-zione di “valorizzazione criticadel lavoro minorile” partono dal

confronto sulle situazioni e condizioni lavorative chevivono nei loro Paesi, fino a dare vita a forme alternativedi lavoro che sono occasioni di crescita personale e socialein rispetto dei diritti sanciti dalla Convenzione Internazio-nale sui Diritti dell’Infanzia. David ha raccontato con toniseri e diretti come sin dall’età di 5 anni aveva cominciatoa lavorare per sostenere sia la propria famiglia che séstesso, descrivendo la sua situazione come naturale escontata in condizioni di estrema povertà come quella incui era costretto a vivere lui. Ha poi descritto come sia statoimportantissimo venire a contatto con la realtà dei NATsed entrarne a far parte, in quanto questo gli ha permesso divivere con dignità e tutela il proprio lavoro, proteggendosidalle insidie e dai pericoli della strada.

La sua forte testimonianza e la sua tenace determina-zione, insieme a quella degli altri autorevoli e giovanissi-mi testimoni, è stata poi seguita da un tavolo di confrontodi adulti, educatori ed esperti che si sono fatti interpreti delmessaggio di questi ragazzi, così da renderlo fonte diapprendimento e arricchimento per tutti i partecipanti.

Il Granello di Senapa è un coordinamentodiocesano degli Uffici di Pastorale per la forma-zione giovanile e missionaria e degli organismiecclesiali di servizio e di volontariato internazio-nale della diocesi di Reggio Emilia.Il Granello propone i propri incontri di sensibiliz-zazione e di formazione dai bambini delle scuolematerne fino agli adulti, compresi gli anziani.I formatori di cui si avvale il Granello per portareavanti questi percorsi, sono sia i dipendenti delcoordinamento stesso e degli enti che ne fannoparte, così come anche volontari, a partire dai

giovani in Servizio Civile, fino ad arrivare a studenti etirocinanti dell’università.Il Granello utilizza inoltre quelle che comunementevengono definite “metodologie attive” quali role -playing, simulazioni, giochi di ruolo, teatralizzazioni,fiabe animate, viste guidate e testimonianze, toccandotemi che spaziano dalla pace all’intercultura, dallaglobalizzazione al lavoro minorile, dagli stili di vitaall’informazione.

GRANELLO DI SENAPA via dell’Aeronautica, 4 -Reggio Emilia. E-mail [email protected]

CENTRO DOCUMENTAZIONE

Il Lavoro dei Bambini.Storie di vita e di movimentioltre il lavoro minorileTestimonianze di vitache raccontano cosa significaessere bambini lavoratori.Di Monica Ruffato,Prefazione di Gérard Lutte,ed. Nuovadimensione, 2006.

Un libro dossier che tratta il tema del lavorominorile dalla parte di chi lo svolge per necessitàcon dignità, chiedendone il suo riconoscimento. Unlibro che entra nella controversa questione dellavoro minorile a partire da racconti ed esperienzedi coloro che lo vivono sulla propria pelle, maanche di coloro che non tendono a scandalizzarsi difronte al fenomeno e che si interrogano piuttostosui significati che attribuiscono al lavoro, sull’ap-porto della propria esperienza nella società nellaquale vivono, sul ruolo sociale che giocano. Letestimonianze dei bambini-lavoratori raccolte inquesto libro consentono di tracciare una panorami-ca delle infinite facce del lavoro minorile, chevanno dallo sfruttamento all´impegno e alla lottaper un lavoro degno per tutti, ognuna attraversatadalla speranza di un miglioramento delle propriecondizioni di vita, non soltanto dal punto di vistaeconomico, ma nei vari aspetti di costruzioneidentitaria individuale e collettiva di ogni essereumano. L´autrice del libro è Monica Ruffato,lavora all´Università di Padova dove si è laureata inScienze dell´Educazione e perfezionata in Antropo-logia Culturale e Sociale. Da qualche annocollabora con l´Associazione Nats di Treviso e conItalianats, rete di associazioni e ONG impegnate sulfronte del lavoro infantile e della partecipazione deibambini nell´elaborazione dei propri diritti

Il Centro di Documentazione è una biblioteca –emeroteca ricca di materiale sulle tematiche legatealla mondialità; è un punto informativo di raccoltadi materiale sul lavoro minorile, lo sfruttamento diesso e i diritti dei bambini. È possibile otteneremediante prestito: libri, video, riviste, dossier,musicassette, diapositive, rassegne stampa ericerche.CENTRO DOCUMENTAZIONE presso ilCentro Missionario Diocesano, Via Ferrari Bonini3, Reggio Emilia.E-mail: [email protected] Tel 0522/436840.

Per ulteriori informazionie approfondimenti:

www.regione.emilia-romagna.it/lavorominorilewww.associazionenats.org

www.granello.re.itwww.savethechildren.it

L’impegno nel continuare a lavorare e nel mantenereforti rapporti con queste realtà di bambini e adolescentilavoratori, è stato ribadito da tutti, nella consapevolezzadella forte portata che la loro testimonianza positiva puòavere sulle nostre convinzioni e sui nostri, a volte troppofrettolosi, giudizi e pregiudizi.

n Elisabetta Zen e Fulvio Bucci

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Mi s s i o n ie g g i oR

e g g i oR i s s i o n iM

Trimestrale cura del CMD,in collaborazione con

RTM e Case della Carità

REDAZIONEVia Ferrari Bonini, 3 - 42100 RE

Tel. 0522/436840 - Fax: 0522/433991E-mail: [email protected]

http://www.cmdre.itDIRETTORE RESPONSABILE

Davide Bezzecchi

COMITATO DI REDAZIONEDon Emanuele Benatti, Don Luciano Pirondini,

Fulvio Bucci, Andrea Bonati,Francesco Panigadi,

Roberto SonciniSTAMPA Nuova Futurgraf

Per offerte: al giornale, alle missioni,e a favore di microrealizzazioni e progetti:

c.c.p. n°10873420c.c.b. n° 3413 BPV

ABI 05188 - CAB 12800 intestato a:

CENTRO MISSIONARIO DIOCESANOVia F. Bonini, 3 - 42100 Reggio Emilia

Per offerte deducibilic.c.p. n° 40686420

c.c.b. n° 43500 BPVABI 05188 - CAB 12800- CIN R - IT 82

intestato aReggio Missioni Solidarietà ONLUS

C.F. 91105750359Causale: progetto o adozione che si vuole sostenere

IL GIORNALE È STAMPATOSU CARTA RICICLATA

Sabato 11 novembre è partita per ilMadagascar Chiara Reverberi, di Reg-gio Emilia. Lavorerà nel progetto disicurezza alimentare di RTM, finanzia-to dal PAM, ad Antananarivo.

Sabato 18 novembre sono partiti per ilBrasile Gianluca Gozzi di S.Maria diNovellara e Valentina Trentini di Mi-lano. Gianluca e Valentina aprono ilnuovo progetto di Reggio Terzo Mondoin Bahia - Brasile, rivolto al recuperodei minori del riformatorio tramite illoro inserimento in una Fazenda.

Il 30 ottobre è rientrata dal MadagascarGiovanna Varisco di Mestre -Venezia,impegnata per un anno sul progetto delcommercio equo e solidale.

Il 2 dicembre è partito per una missione

in Madagascar Simone Lusuardi: duran-te i 15 giorni di permanenza si terrà aTsiromandidy la riunione annuale dei vo-lontari (12 in questo momento), con lapartecipazione anche di Luciano Lanzoni,don Romano Zanni, don Giovanni Casellie Suor Bernadetta.

Nel mese di ottobre e novembre vi sonostate alcune missioni in Kosovo: France-sco Bini e Simone Lusuardi della com-missione formazione assieme a Don Eu-genio Morlini e Cesare Goldoni. DanieleNovara, resp. del centro psicopedagogicodi Piacenza. Don Alessandro Ravazzini,che segue i volontari in Kosovo. Don Car-lo Fantini e Francesco Panigadi (dal-l’Albania). Lorenzo Nesti dell’ufficio pro-getti di RTM.

Don Stefano Talenti andrà in Kosovodurante le feste natalizie.

Nel mese di novembre è venuta per unsaluto Angela Meini, missionaria laica aManakara in Madagascar.

È rientrato definitivamente don RemigioRuggerini dopo 25 anni di missione tra-scorsi nel Sud Est del Madagascar. È statoparroco di Ampasimanjeva e recentemen-te del distretto di Sahasinaka.

È rientrata dal Madagascar dopo un annodi servizio Margherita Gioi infermiera diBelvì - Nuoro. Ha svolto il suo serviziopresso il dispensario di Tongarivo a Anta-nanarivo.

È rientrata dal Madagascar Suor Marghe-rita Branduzzi . È stata in passato provin-ciale delle Case della Carità in Madaga-scar, ultimamente vive nella Casa dellaCarità di Ambositra.

Rientra per un breve periodo di riposoLuciano Lanzoni che da anni si occupadei malati al Foyer di Ambositra in Mada-gascar.

È rientrato dall’India don Giuliano Mar-zucchi che si fermerà in Italia per alcunimesi per un periodo di riposo.

È rientrato dall’Albania per un breve peri-odo don Carlo Fantini vicario generaledella Diocesi di Sapa nonché parroco dellazona di Gomsiqe.

È stato in Brasile, Don Emanuele Benattiper incontrare i missionari e visitare le lorocomunità. Con lui è partito anche DonLuigi Gibellini che si fermerà per un ser-vizio missionario prolungato affiancandodon Riccardo Mioni. Con loro sono partite

anche due volontarie, Manuela Failladi Torino e Francesca Bondavalli diReggio che lavoreranno all’OratorioS.Giorgio a Ruy Barbosa con Renata.

Don Paolo Cugini è rientrato in Brasi-le. Durante il soggiorno in Italia hasvolto un’intensa attività di animazio-ne missionaria visitando numerose par-rocchie.

Rientra in Italia per stare un po’ infamiglia don Gabriele Carlotti dapoco nominato parroco di Ruy Barbosain Brasile.

È rientrata per un periodo di ripososuor Rosa Ferretti che da alcuni annivive l’esperienza missionaria nella Re-pubblica Centrafrica assieme a SuorGraziana e altre suore tra le quali SuorChiara Lusetti autrice dell’articolo diquesto numero a pag 2.

È rientrato dal Mozambico il Dehonia-no padre Renato Comastri.Si fermerà in Italia per un periodo diriposo.

Dopo alcuni anni trascorsi in Italia ri-torna alla sua missione in Congo pa-dre Tonino Manzotti saveriano.

6 gennaio 2007Giornata Infanzia Missionaria

Gesùè risorto

iniziala missione

28 gennaio 2007Giornata Mondiale dei malati di lebbra

Lebbra: una malattia dimenticata. Con questa frase, sceltadall’AIFO per promuovere la 54a Giornata mondiale deimalati di lebbra, parte una campagna di sensibilizzazione,educazione e informazione checulminerà, domenica 28 gennaio2007, nella celebrazione della ri-correnza istituita nel gennaio 1954da Raoul Follereau. La lebbra èoggi una malattia dimenticatacome dimenticate sono le perso-ne che ne sono colpite: ignorateda un mondo troppo indaffarato aseguire le mode per potersi occu-pare di chi soffre di un male,come la lebbra, che colpisce solochi è già vittima di povertà, emarginazione sociale e negazionedei diritti fondamentali.La Giornata mondiale dei malati di lebbra continua a rappre-sentare per l’AIFO un impegno fondamentale per dar voce agliUltimi. Ogni anno i volontari della nostra associazione orga-nizzano in tale giornata la distribuzione del Miele dellaSolidarietà, allestendo banchetti. Il miele utilizzato provieneda piccoli produttori delle aree rurali dello Zambia e dellaCroazia attraverso il circuito del commercio equo.

Anche la nostra diocesi è impegnata a sostenere i progetti perle cure dei malati di lebbra e pertanto siamo invitati a celebrarequesta Giornata con la preghiera e con la raccolta di fondidomenica 28 gennaio prossimo.

APPUNTAMENTI

Con la Giornata dell’Infan-zia Missionaria il prossimo6 gennaio 2007, vogliamo ri-cordare i bambini sfruttati nelmondo, spesso vittime dellaguerra, della fame, delle in-giustizie. Molti di loro nonpossono studiare, non sannoquindi né leggere né scrivere,non sanno più giocare perchésono costretti a lavorare, nonsanno più amare perché spes-so sono percossi e sfruttati.Queste ingiustizie molte vol-te avvengono perché i piùgrandi non pensano a loro.Con la preghiera aiuteremoquesti bambini il 6 gennaio.Vi suggeriamo di acquistarela matita missionaria al costodi 0,50 Euro.Con 1,00 Euro potrete per-mettere ad un bambino di fre-quentare la scuola.Questo materiale lo trovi alCMD da Andrea Tel. 0522/436840.

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