La fondazione scientifica dell’economia politica · PDF file«Le teorie economiche...
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LA FONDAZIONE «SCIENTIFICA»
DELL’ECONOMIA POLITICA
- I «fatti»: internalizzazione dei mercati e della
monete; illuminismo; dalla società tradizionale alla
società in transizione ed al decollo industriale
- Le «idee sui fatti»: dai mercantilisti» ai «fondatori»
Quesnay e Smith
Le «idee sui fatti economici» dipendono dai «fatti economici»?
«Le teorie economiche sono sempre e profondamente
un prodotto di tempi e luoghi e non si può analizzarle
prescindendo dal mondo che interpretano e, dato che
quel mondo cambia, se vogliono conservare una reale
importanza, devono cambiare» (Galbraith).
La nascita della «scienza economica» si deve al ruolo
che gli stati nazionali ebbero nel XVII sec. nei traffici
coloniali di merci e argento, coniato in moneta dalla
Spagna e al forte rialzo dei prezzi che mise in crisi i
«tesori» reali incapaci di coprire le spese dello stato.
I «FATTI» STORICI: TRAFFICI COLONIALI
I «FATTI» STORICI: TRAFFICI COLONIALI «Nelle navi di ritorno dalle Indie si incontrano due sole specie di carichi, le
merci prodotte nelle Indie e quel che veniva chiamato il «tesoro», composto da
oro, argento e perle: il tesoro rappresentò da 4 a 10 volte il valore di tutte le
merci importate; poiché l'argento era bene dotato di illimitata liquidità sul
mercato internazionale ed era strenuamente ricercato, grazie alle straordinarie
quantità di argento ricevuto dalle Indie, la Spagna, da paese povero, divenne
dall'oggi al domani il paese più potente del mondo.» (Cipolla)
Nel primo decennio del sec. XVII la marea dei reales de a ocho invase India e
Cina: il movimento dei reales verso Oriente era dovuto al fatto che gli Europei,
avidi di prodotti orientali, non avevano nulla da offrire in cambio, perché né
l'India né la Cina avevano interesse ai prodotti dell'Europa. Se gli europei
volevano commerciare con l'India e con la Cina non avevano altra scelta che
offrire ai due paesi dell'argento e soprattutto reales de a ocho. Il deficit della
bilancia commerciale si poteva per così dire toccare con mano.» (Cipolla)
I «FATTI» STORICI: TRAFFICI COLONIALI
«L'effetto del grande afflusso di metallo fu una crescita
generale dei prezzi. Il rialzo dei prezzi si verificò prima in
Spagna e si estese al resto dell'Europa, seguendo la via
dell'argento e dell'oro» (Galbraith). Il fiume di argento
arrivò in Cina e India che si facevano pagare in reales de
a ocho ("pezzi da otto" coniati in Spagna con l'argento
estratto dalle miniere del Potosì) i loro pregiati prodotti:
spezie, tè e porcellane della Cina e tessuti di seta e lino
dell’India (Cipolla).
Per acquistare i prodotti manufatturieri cinesi e indiani
il dollaro e l’euro rischiano di fare la fine dei reales?
I «FATTI» STORICI: TRAFFICI COLONIALI I protagonisti dei traffici coloniali furono gli stati nazionali e i mercanti
coalizzati in un nuovo "capitalismo mercantile" dovuto «alla comparsa e
al consolidamento dell'autorità dello Stato moderno e alla stretta, intima
associazione tra l'autorità statale e l'interesse dei mercanti nonché alla
«entrata in scena di quella che sarebbe diventata l'istituzione economica
del mondo attuale: la grande società anonima moderna» (Galbraith).
La Compagnia britannica delle Indie orientali fece politiche commerciali
spregiudicate: per ridurre il debito commerciale con la Cina e il surplus
di argento accumulato in quel paese, il col. Watson suggerì di vendere
l’oppio ai Cinesi; alla reazione del governo cinese, preoccupato della
salute sia dei sudditi che delle casse imperiali, seguì nel 1839 la guerra
dell'oppio con la sconfitta e l’umiliazione dalla Cina (Cipolla):.
Ricorso storico: la Cina sta accumulando un enorme
surplus in dollari
I «FATTI» STORICI: LE SOCIETA’ ANONIME
La Compagnia britannica delle Indie orientali adottò la stessa politica
anche in India, dove proibì le filande per obbligare gli Indiani a
comprare stoffe di Manchester.
«Solo alcuni rami specifici attiravano l'attenzione degli inglesi: le
fabbriche di mussolina bengalesi e le industrie di broccato di
Benares: gli inglesi fecero di tutto per impedire che le aziende
superassero la dimensione familiare. Ma per il resto l'antica potenza
esportatrice fu degradata a fornitrice di materia prima. Il cotone
giungeva a Manchester via mare dove veniva filato e tessuto; poi il
prodotto tornava a essere venduto in India dalla Compagnia: quindici
anni di galera erano la pena per chi avesse impiantato filande sul
posto» (Behr).
Ricorso storico: l’India sta facendo shopping di storici
marchi industriali inglesi.
I «FATTI» STORICI: LE SOCIETA’ ANONIME
La Compagnia britannica delle Indie orientali, fondata dal
Elisabetta I nel 1600, operò fino al 1874, anche perché i re
d’Inghilterra erano suoi azionisti e fu sempre promossa e
protetta dai governi inglesi.
Non sempre le società anonime erano credibili. «A Parigi,
sotto gli auspici di John Law, si verificò la stupefacente
impennata dei titoli della Compagnie d'Occident, che era stata
creata per sfruttare le miniere d'oro della Louisiana che
passavano per essere ricchissime ma che erano del tutto
immaginarie.» (Galbraith).
La speculazione finanziaria promossa da società
anonime spregiudicate era nota anche nel XVIII sec.
LE «IDEE SUI FATTI»: I MERCANTILISTI «Nell'età dei mercanti il commercio registrò una notevolissima crescita.
Comparvero le banche, prima in Italia, poi in Europa settentrionale ... già nel
XV secolo le città mercantili – Venezia, Firenze, Bruges Amsterdam, Londra e
le città della Lega anseatica – avevano importanti comunità di mercanti. Nelle
città mercantili i grandi mercanti non erano solo una presenza influente sul
governo: essi erano il governo. E dovunque in Europa tra il XV e il XVIII sec,
nel quadro dei nuovi stati nazionali la loro influenza non fece che aumentare.
La politica pubblica e l'azione pubblica ne rispecchiavano le idee» (Galbraith).
«Se alla fine del Medioevo l'Europa si staccò dalle altre civiltà del mondo,
sapendo superare la barriera del tradizionalismo e della arcaicità e iniziò la sua
espansione mondiale che alla fine mutò radicalmente il volto del nostro pianeta
tra coloro che maggiormente contribuirono alla realizzazione di questo stacco
inaudito e senza precedenti, vanno in primo luogo ricordati i mercanti.»
(Gurevic).
I mercanti avviarono un’economia «capitalistica».
I traffici transoceanici e i rapporti con i mercati asiatici furono eventi straordinari a cui rispose il mercantilismo
LE «IDEE SUI FATTI»: I MERCANTILISTI La tecnica economica dei mercanti (partita doppia, cambiale. lettera di
credito), divenne «economia politica» quando il commercio interstatale
ebbe un rilievo «pubblico» che coinvolse i «tesori» degli Stati.
«I mercanti approvarono il monopolio o il controllo monopolistico dei
prezzi e dei prodotti, l'intervento statale in economia e l'idea che
l'accumulazione d'oro e di argento fosse scopo primario dei singoli e
dello Stato. Mercantilisti illustri sono Antoine de Montchrétien (1576-
1621) in Francia*, Antonio Serra in Italia, Philipp von Hornick (1638-
1641) in Austria, Johann Joachim Becher (1635-1682) in Germania e
Thomas Mun (1571-1641) in Inghilterra. (Galbraith)
Gli economisti moderni disprezzano i mercantilisti sebbene essi fossero
un’espressione pertinente e prevedibile dell'interesse dei mercanti e degli
stati per dare soluzioni politiche ai problemi economici del loro tempo.
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* «La prima volta che s'incontri tra i moderni la parola Economia-politica è un'opera intitolata Traité d'Economie politique, dédié au roi et à la reine mère par Antoine de Montchétien, siuer de Vatteville, Rouen, 1615» (Ferrara, 1850).
L’economia del mercantilisti era una «scienza»?
I mercantilisti sono coevi di Bacone (1562-1626), Galileo (1564-1642) e
Cartesio (1596-1650). Per Bacone*, la conoscenza scientifica si ottiene
liberandosi dagli idola e con metodo basato su osservazione, induzione e
teorizzazione. Per Cartesio la conoscenza scientifica si basa sulla fiducia
che l'io pensante (res cogitans) possa conoscere la realtà fisica esterna
(res extensa) con metodo basato su evidenza, analisi, sintesi e revisione.
Galileo segue Bacone nei suoi esperimenti ma, come pensava Cartesio,
crede che la scienza debba arrivare all'essenza matematica della realtà:
«Questo grandissimo libro che… ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico
l'universo) … è scritto in lingua matematica».
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*«La storia naturale è per Bacon una storia della natura "libera" e insieme della natura modificata e
trasformata dalla mano dell’uomo. Le tecniche che Bacon ritiene più fruttuose sottoporre a esame sono quelle
che alterano e trasformano gli oggetti materiali, come «l'agricoltura, la culinaria, la chimica, l’arte della
tintura, le manifatture del vetro, dello smalto, dello zucchero, della polvere da sparo e della carta». Facendo
della storia delle tecniche una parte integrante della storia naturale, Bacon assumeva un atteggiamento
radicalmente rivoluzionario di fronte alla tradizione aristotelica che contrapponeva la natura all'arte e i
prodotti naturali ai prodotti costruiti dall’uomo.» (Rossi).
L’economia del mercantilisti era una «scienza»?
Agli esordi dell'economia uomini di scienza (forse Lavoisier, di certo Newton) si interessarono ai problemi economici: Newton, guardiano della zecca reale e cancelliere dello scacchiere stabilì il gold standard che giunse fino agli accordi di Bretton Wood. I mercantilisti usavano il metodo baconiano che, alle osservazioni O1, O2, …On, fa seguire le induzioni I1, I2, …In che consentono di passare alle teorie T1, T2,…Tn (Barrotta): O1 I1 T1 O2 I2 T2 …. On In Tn
I mercantilisti non produssero teorie scientifiche rilevanti; osservando la realtà economica dei traffici transoceanici e della svalutazione dei reales indussero una legge pseudoscientifica: poiché la ricchezza consiste nel possesso di denaro e preziosi, gli Stati devono esportare merci a valori superiori rispetto a quelli delle merci importate, imporre dazi alle frontiere, dare premi a produttori nazionali per aiutare le loro esportazioni (o fare tutte queste cose insieme).
L’economia del mercantilisti era una «scienza»?
Le «idee» dei mercantilisti sono oggi ripetute dai critici dei trattati di
Roma del 1957 (Mercato Comune Europeo per la libera circolazione
delle merci), di Maastricht del 1992 (Unione Europea per unificare la
politica estera, la difesa, la polizia, la giustizia e la moneta), di Nizza
del 2001 (allargamento della UE a 27 paesi) e infine, dopo l’accordo
di Marrakech del 1994, della creazione nel 1995 della WTO alla quale
aderiscono 153 paesi e 30 paesi osservatori che rappresentano il 97%
del commercio mondiale di beni e servizi.
La critica, più che da una revisione teorica degli economisti, schierati
a favore del mercato, viene dalla visione empirica dei politici e della
gente comune che osserva preoccupata l’invasione delle merci cinesi,
la chiusura di industrie nazionali, i fallimenti delle banche e la crisi
delle monete (dollaro, sterlina, euro) e si domanda: siamo padroni dei
nostri destini o abbiamo perso ogni sovranità politica ed economica?
L’economia del mercantilisti era una «scienza»? Tremonti ne «La paura e la speranza» imputa la crisi al «mercatismo», cioè alla «utopia-madre» della «globalizzazione» (contrapponendo il suo «neo-mercantilismo» al «mercatismo»?).
Tremonti ammira Colbert, il ministro di Luigi XIV che accrebbe la ricchezza della Francia rilanciando l’economia con le industrie statali e fondando nel 1665 la Saint Gobain: gestita da privati imprenditori la società ruppe con la tradizione artigianale della manifattura del vetro perché organizzò la produzione nella logica della grande fabbrica moderna (il primo insediamento italiano della Compagnie de Saint-Gobain è lo storico stabilimento di Pisa, fondato nel 1889)*.
La politica di Colbert salvò dalla bancarotta le finanze statali francesi con una genuina interpretazione del «mercantilismo».
------ * «La grande industria sarebbe esistita in Francia, sotto il regno di Luigi XIV ma era una creazione artificiale mantenuta in vita dal sostegno e dalla protezione della corona francese. Colbert, che può essere considerato come il suo fondatore, pensava che la grande industria non potesse esistere senza l'intervento dello Stato.» (Mantoux)
Tra «mercantilisti» e «fondatori»: i «co-fondatori»
Cantillon, Saggio sulla natura del commercio in generale, 1737 → precursore di Quesnay? «La terra è la fonte o la materia donde si trae la ricchezza; il lavoro dell’uomo … e la ricchezza in se stessa non è altro che il nutrimento, le comodità e gli agi della vita»
« La circolazione e lo scambio delle derrate e delle mercanzie (e) la loro produzione avvengono in Europa a opera degli imprenditori e a loro rischio.»
«Ho già osservato che una accelerazione o una maggiore velocità della circolazione del denaro negli scambi equivale in una certa misura a un aumento del denaro effettivo»
Chyndenius , La ricchezza della nazione, 1765 → precursore di Smith? «non si può mettere in dubbio che ogni nazione abbia la ricchezza come principale obiettivo della sua legislazione economica e politica»
«più ho iniziato a valutare le nostre attività produttive attraverso il metro della libertà, più mi è sembrato scorgere la possibilità di farle rinascere»
Galiani, Della moneta, 1780 → precursore di Bentham? « L’utilità io chiamo l’attitudine che ha una cosa a procurarci la felicità [e] utile è tutto quello che produce un vero piacere cioè appaga lo stimolo di una passione.»
« Sul valore e sulle idee nostre opera talvolta anche la moda [...]. È questa una malattia dell’animo che ha l’impero su non poche cose.»
La società tradizionale evolve in società in transizione in seguito ad eventi «epocali» avvenuti nel XVIII sec.
La rivoluzione «culturale»: l’illuminismo
Tra il 1751 e il 1772 uscirono a Parigi i fascicoli dell’Encyclopédie
(«dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri») che
catalogavano tutta la cultura scientifica del XVIII sec. Attorno ai due
autori, Diderot e d’Alembert, si era radunata la «Società delle genti di
lettere» con personaggi di varie estrazioni e varie posizioni culturali:
l’opera dei philosophes segnò il Settecento come il secolo dei lumi.
Al di là del suo valore scientifico lEncyclopédie fu l’impresa dello
spirito illuminista rivolto a unificare su basi razionali tutto il sapere
scientifico del tempo facendo convergere l’esigenza di dare una base
metodologica alle nuove scienze, lo spirito laico della cultura e le
aspirazioni etico-politiche di una borghesia emergente.
Il pensiero dei «fondatori» della scienza economica (Quesnay e Smith) è permeato dello spirito illuminista.
La rivoluzione «culturale»: l’illuminismo «Alla base della filosofia dei Lumi c'è indubbiamente un
metodo intellettuale fondato sul rifiuto dello spirito di sistema,
sul piacere della sperimentazione e sulla ricerca razionale delle
verità nella vita pratica. Ciò è evidente nelle scienze naturali,
che cominciano a volgarizzarsi suscitando una vera e propria
infatuazione e facendo nel contempo progressi fondamentali,
specie nel campo della matematica e della chimica; e è ancora
più evidente nella filosofia e nella politica. L'idea di diritto
naturale non è stata sviluppata come fine a se stessa, ma come
fondamento della rivendicazione di una eguaglianza concreta:
i philosophes tendono soprattutto alle osservazioni pratiche,
alle verità parziali, alle conoscenze nuove, che è appunto il
procedimento della ragione riformista» (Furet, Richet).
La rivoluzione «politica»: fine dell’assolutismo «In questa splendida fioritura, segnaleremo in particolare l'importanza di
un pensiero economico che ha profondamente influenzato la seconda metà
del secolo e gli inizi della Rivoluzione, quello della scuola fisiocratica.
Negli anni Cinquanta in un ammezzato di Versailles, un medico del re,
Quesnay, getta le basi della rivendicazione liberale contro la tradizione
colbertista della monarchia francese: non ha importanza la spiegazione
provvidenzialistica (l'ordine naturale) o l'attribuzione alla terra del
monopolio della produzione delle ricchezze: i fisiocrati sono figli del loro
tempo, che li porta a rivendicare la fondatezza della rivendicazione liberale
e la preponderanza della rendita fondiaria. Ma sono anche i primi teorici
francesi del calcolo economico globale e dello sviluppo annuale e della
libertà economica del laissez faire, laissez passer insomma del capitalismo
liberale. All'inizio, i fondatori di questa scuola si aspettavano tutto dalle
riforme del monarca illuminato ma col tempo, fra il ’50 e l'80, da Quesany
a Dupont de Namours i loro discepoli hanno esteso i vantaggi della libertà
al settore politico» (Furet, Richet).
Il caposcuola della «fisiocrazia»: Quesnay François Quesnay basa la «scienza economica» su principi tradizionali dell’«età della terra» e in parte «nuovi»:
- la «natura» (physis) è la base della ricchezza;
- la produzione della ricchezza avviene nell’ambito di un «sistema» economico-istituzionale («corpo») nazionale;
- la ricchezza («sangue») scorre nel sistema economico-istituzionale in flussi monetari (tableau économique);
- il diritto naturale dà ai soggetti la libertà economica (il «laissez faire, laissez passer» è una frase che Legendre disse a Colbert e che Gournay, la mente ispiratrice dei fisiocrati, amava citare spesso);
- la libertà di azione dei soggetti economici si traduce in una concorrenza di mercato che azzera i profitti degli artigiani e dei commercianti (riuniti nella classe sterile).
Quesnay: tableau économique (1758) Nel «tableau» la società è divisa in tre «classi», che si dividono il «prodotto netto» (il «surplus»):
- produttori (agricoltori)
- proprietari (fondiari)
- classe sterile (artigiani e commercianti)
Il PIL=VA è 4 (miliardi): 3 della agricoltura (5–2) e 1 di artigiani e commercianti (2–1); poiché ai proprietari, tra cui il re, spettano 2 di rendita, spesa in consumi di lusso, ai consumi di agricoltori, artigiani e commercianti vanno solo 2 (il sistema stazionario dei fisiocrati non ha investimenti).
Quesnay: i diritti naturali (1750)
Quesnay distingueva diritti legali e naturali: i primi,
imposti da leggi, non coincidono con quelli naturali. I
diritti naturali si esprimono attraverso la libertà
economica. Quesnay si oppone «alla futilità di tale
idea astratta del diritto naturale di tutti a tutto;
bisognerà allora per conformarsi all'ordine naturale
medesimo, ridurre un tale diritto naturale dell'uomo a
quelle cose delle quali esso può procurarsi godimento
il diritto naturale di ciascun uomo si riduce in realtà a
quella porzione che esso può procurarsi con il proprio
travaglio.» (Quesnay, ).
Quesnay: logica «di mercato» e «di circuito» Per Dupont la fisiocrazia aveva due scuole: la prima rispondeva al laissez faire, laissez passer di Legendre-Gournay; la seconda al tableau di Quesnay e riuniva il grosso dei fisiocrati, tra cui figurava anche il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo.
Tra le scuole Dupont poneva i filosofi eclettici che «profittano dell'una e dell'altra evitando con cura di sembrare appartenere a nessuna di esse»: Turgot, il «celebre Adamo Smith» e «a Parigi Say, a Ginevra Sismondi».
In Quesnay convivevano entrambe le scuole : il diritto naturale dà all'uomo la libertà di azione economica, nei limiti delle sue capacità fisiche e intellettuali, ma il quadro economico gli pone vincoli istituzionali e sociali: doppia presenza tradotta da Gislain nel confronto-scontro fra logica di mercato del droit naturel e di circuito del tableau: «l'une, microéconomique, concernant l'exchange marchand; l'autre, macroéconomique, ayant trait à la réproduction d'ensemble du circuit économique» (Gislain).
La «logica di mercato» e «di circuito» di Quesnay ripresa da Pearce-Turner e Passet
I meriti di Quesnay vanno oltre il tableau che, «concepito a un tempo come schema razionale per comprendere l'ordine naturale dei fenomeni e come strumento di "aritmetica politica" per valutare anche in termini quantitativi le scelte del legislatore o gli effetti di eventi esterni sulla economia della nazione, fu il primo tentativo di rappresentare con generalità, e precisione quantitativa a un tempo, i flussi di produzione e scambio in un sistema economico: insuperato, sotto questo aspetto, dalla stessa Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith.» (Ingrao, Israel).
L'intuizione che la concorrenza azzeri i profitti a vantaggio dei consumatori sarà dimostrata un secolo dopo da Walras con la teoria dell'equilibrio economico generale, punto apicale della economia moderna che non discende dalla mano invisibile di Smith, ma dalla sterilità di profitto che Quesnay assegnava alle attività delle (allora) imprese artigianali e commerciali.
Quesnay: un «fondatore» dimenticato
La società in transizione: l’high farming La gestione dei rapporti stato-mercato in una logica mercantilista non sciolse i nodi delle economie nazionali e indusse la società a promuovere innovazioni nei settori produttivi chiave: agricoltura e industria. Borghesi e aristocratici avveduti si fecero innovatori per adattare le tecniche e le strutture produttive ai nuovi contesti economici iniziando dall'agricoltura.
L'high farming di Lord Turnip Townshend anticipò la stessa rivoluzione industriale*, un’evoluzione della cottage industry promossa da mercanti che, conoscendo la domanda dei prodotti. organizzarono le manifatture addensate in luoghi che Marshall definirà «distretti industriali» dove fu attuata la divisione del lavoro con il «macchinismo» frutto dell'ingegno di artigiani inglesi (la jenny dei telai meccanici) e italiani**. ---------
* Quando apparve la grande industria l'agricoltura moderna era già nata (Mantoux). ** Le macchine per la lavorazione della seta erano descritte in un'opera di meccanica a Padova nel 1621. Andare in Italia per carpirne il segreto era un'impresa difficile. Il viaggio fu compiuto da John Lombe nel 1716. Recatosi a Livorno, riuscì non soltanto a vedere la macchina, ma anche, aiutato da un prete, a penetrare nell'edificio in cui se ne trovavano alcune così da poterne fare degli schizzi» (Mantoux).
La società in transizione: la manifattura «Da una forma spontanea di divisione del lavoro tra botteghe indipendenti alla
divisione del lavoro organizzata nella manifattura il passaggio è avvenuto per
gradi. Come nella industria tessile, agli agenti di questa trasformazione sono
stati i commerci e i capitali commerciali. A Sheffield come a Birmingham il
mercante che visitava i piccoli fabbricanti era una figura indispensabile. Solo
alcuni fabbricanti più ricchi o intraprendenti degli altri poterono entrare in
diretto contatto con Londra e persino con i mercati continentali, grazie al
miglioramento dei mezzi di trasporto. Per soddisfare la domanda della loro
clientela man mano che si trasformavano in commercianti erano costretti a
riunire specializzazioni industriali separate. Il raggruppamento di diverse
branche dell'industria non era che un aspetto di questo movimento delineatosi
contemporaneamente in tutte le industrie. Un altro effetto forse più importante
fu la suddivisione del procedimento tecnico di ciascuna specializzazione in un
numero crescente di operazioni distinte, affidate a altrettanti operai o categorie
di operai. Questa forma classica della divisione del lavoro si è realizzata in una
forma più spiccata nelle industrie metallurgiche secondarie: fu da una di esse
che Adam Smith prese il famoso esempio» (Mantoux).
La società in transizione: la manifattura «Prendiamo un esempio di una manifattura di poco conto, ma nella quale le
divisione del lavoro è stata rilevata spesso: la fabbricazione degli spilli. Un
operaio non addestrato a questa manifattura (…) e che non conosca l’uso delle
macchine che vi si impiegano (l’invenzione delle quali è stata probabilmente
originata dalla stessa divisione del lavoro) potrà a malapena, applicandosi al
massimo, fabbricare un solo spillo al giorno (…) Ma nel modo in cui si esegue
oggi tale fabbricazione non è solo un mestiere speciale, ma si divide in molti
rami la maggior parte dei quali è un mestiere speciale. Un uomo tira il filo del
metallo, un altro lo stende, un terzo lo taglia, un quarto lo appunta, un quinto
l’arrota all’estremità in cui deve farsi la testa; farne la testa richiede due o tre
operazioni distinte, collocarla è un’operazione speciale, pulire gli spilli un’altra
e un’altra ancora è disporli entro la carta; in tal modo l’importante mestiere di
fare uno spillo si divide in diciotto operazioni distinte. Ho visto una piccola
fabbrica che occupava solo dieci uomini (che) sebbene non disponessero di
tutte le macchine necessarie potevano fabbricare dodici libbre di spilli al giorno
(cioè) quarantottomila spilli al giorno (quattromila ottocento al giorno l’uno).
Se avessero lavorato separatamente (…) non avrebbero fabbricato venti spilli al
giorno, e forse neanche uno.» (Smith).
La società in transizione: la manifattura «Dopo essersi imposto nell'industria del cotone, il macchinismo doveva
diffondersi rapidamente in tutte le industrie tessili. La lenta evoluzione che,
nell'industria della lana, impercettibilmente introduceva una organizzazione
capitalistica, improvvisamente ricevé un impulso di fronte al quale tutte le
resistenze degli interessi e della routine dovevano dimostrarsi impotenti. Una
delle cause che avevano ritardato il progresso di questa industria era la sua
dispersione: l'industria laniera era rimasta, fino alla fine del secolo XVIII,
essenzialmente regionale e locale e anche la rivoluzione industriale assunse in
questa industria l'aspetto di un episodio locale quasi completamente circoscritto
a un determinato distretto e a suo esclusivo vantaggio.» (Mantoux)
«Sommosse contro le macchine scoppiarono a Leeds nel 1780. L’ostilità venne
però manifestata in modo vero e permanente dagli operai che temevano una
flessione dei salari. Per i mastri artigiani invece la jenny fu benvenuta perché
permise di accrescere notevolmente la produzione delle loro botteghe, senza
alterarne l'organizzazione tradizionale. Lungi dal favorire il progresso del
capitalismo, la jenny sembrava fornire ai piccoli fabbricanti nuove armi per
difendere la loro indipendenza.» (Mantoux)
La società in transizione: la manifattura «Nei primi anni del sec. XIX, la rivoluzione industriale era lontana dalla
conclusione. L'impiego delle macchine appariva ancora limitato a certe
industrie e, in queste, a certe specializzazioni o a certi distretti. Tuttavia
la grande industria moderna esisteva già nei suoi elementi essenziali. Dal
punto di vista economico la rivoluzione industriale fu caratterizzata dalla
concentrazione di capitali e dalla formazione delle grandi imprese, la cui
esistenza e il cui funzionamento, da fatto eccezionale, tese a diventare
normale condizione dell'industria. L'espansione del commercio e del
credito piuttosto che accompagnare, precedettero la concentrazione che
presupponeva la sicurezza interna, lo sviluppo di vie di comunicazione e
della navigazione marittima.» (Mantoux)
«Nel 1730 si assistette a uno dei più straordinari sviluppi nella storia dei
trasporti, la creazione di un sistema nazionale di strade a pedaggio; nel
1770, quando i canali cominciarono a essere competitivi per il trasporto
di merci, le strade formavano ormai una rete davvero nazionale e
relativamente efficiente.» (Langford)
La società in transizione: la manifattura «Sir Robert Peel, visitando i propri stabilimenti, era rimasto
colpito dall'aspetto sofferente e malaticcio degli apprendisti,
delle condizioni malsane in cui vivevano, dalla loro ignoranza
e inclinazione al vizio. Come membro del Parlamento, sentì il
dovere di indurre la Camera dei comuni a varare un progetto
di legge, presentato da lui stesso nella seduta del 6 aprile 1802.
Peel fu complimentato da tutti per la sua umanità e per la sua
devozione alla causa pubblica e la legge votata senza difficoltà
alla seconda e alla terza lettura anche alla Camera dei Lord,
ottenne la sanzione reale il 29 giugno 1802.» (Mantoux)
Lo stadio della società di transizione rappresenta uno dei più
importanti momenti di svolta della storia dell’uomo, perché ha
aperto scenari di uno sviluppo inarrestabile che ci coinvolge.
Smith: teorico dello sviluppo capitalistico
Teorico di una società tradizionale e stazionaria, pur avversario di Colbert e sostenitore della libertà di commercio, Quesnay non vide nell’industria statale una trasformazione del quadro socio istituzionale tale da alterare il quadro economico nazionale; invece Smith intuì che quello che avveniva in Inghilterra provocava una transizione, i cui esiti avrebbero rivoluzionato il quadro economico e sociale del futuro.
«Basta pensare alla esemplificazione con cui inizia la trattazione della divisione del lavoro: un'esemplificazione nota da tempo fra gli studiosi che diviene l'idea-forza su cui Smith costruisce il sistema del suo pensiero economico. Quest'ultimo è il frutto maturo di una concezione per cui l'economia politica è scienza non solo che detta "precetti" ma che contrassegna quelli "buoni" per il fatto che assicurano al sistema economico una prospettiva di sviluppo. Per questo Smith è il grande teorico dello "sviluppo economico" o, tenuto conto delle ipotesi istituzionali su cui si fonda, è un grande teorico dello "sviluppo capitalistico"» (Barucci).
Smith: teorico dello sviluppo capitalistico
Smith pubblica nel 1776 Un’indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni dove dà nuove basi alla scienza economica:
- La ricchezza deriva dal «fondo di lavoro» della nazione
- Il lavoro va distinto in «produttivo» e «improduttivo»
- Molla dell’agire umano è il proprio interesse (self-interest)
- La mano invisibile del mercato fa sì che l'individuo perseguendo il self-interest promuova anche l’interesse della società
- Molla dell’agire umano è anche l’impulso morale verso l’umana solidarietà (sympathy) rivolto a procurare l'altrui felicità
- La società si basa sul self-interest e sulla sympathy perché esssa non sussisterebbe senza istituzioni garanti della giustizia
- Il contrasto fra self-interest e sympathy è apparente anche nel mercato perché anche il mercato è una «istituzione che si regge essenzialmente sulla fiducia» (Zamagni)
Smith: teorico dello sviluppo capitalistico - Smith parla di ricchezza delle nazioni (non della nazione)
perché conviene l’acquisto di merci estere che costano meno
- Se per Quesnay il mercato è nella cornice dello Stato, per
Smith il mercato può fare a meno dello Stato? No:
a) se è in gioco la difesa degli Inglesi (Atto di navigazione)
b) se proibisce le coalizioni degli operai ma non dei padroni
- Pur non ignorando lo Stato (inglese), Smith critica Quesnay
(con ironie e errori)
- Per il commercio dei beni è necessario definire i costi di
produzione dei beni nelle loro principali voci
- Oltre ai prezzi naturali (costi) Smith considera i prezzi
effettivi (prezzi di mercato).
La ricchezza si basa sul lavoro produttivo
«Il lavoro annuale di ciascuna nazione è il fondo da cui si
traggono originariamente tutte le cose necessarie e comode
della vita, che essa consuma annualmente e che consistono
sempre nel prodotto immediato di quel lavoro, o in ciò che si
acquista con quel prodotto dalle altre nazioni.» (Smith)
«Vi è una specie di lavoro che aggiunge valore all’oggetto cui
il lavoro viene destinato, e ve n’è un’altra specie che non ha
tale effetto. La prima, in quanto produce un valore può essere
chiamata lavoro produttivo; la seconda lavoro improduttivo.
Così il lavoro di un operaio aggiunge al valore dei materiali
che egli lavora il valore del proprio mantenimento e dei
profitti del suo padrone. Invece il lavoro di un servitore non si
aggiunge al valore di alcuna cosa.» (Smith)
Egoismo individuale e interesse sociale «L’uomo ha quasi sempre bisogno del soccorso dei suoi fratelli, e
invano l’attenderebbe solo dalla loro benevolenza. Non è dalla
benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che attendiamo
il nostro pranzo ma dalla loro considerazione dell’interesse proprio.
Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro interesse (…)»
«Siccome ogni individuo cerca (…) di impiegare il proprio capitale
nel sostegno dell’industria nazionale (…) e quando dirige quella
industria in modo tale che il suo prodotto possa avere il massimo
valore egli mira al guadagno proprio e in questo (…) è guidato da
una mano invisibile a promuovere un fine che non rappresenta
alcuna parte delle sue intenzioni. Nel perseguire l’interesse proprio
egli spesso promuove quello della società più efficacemente che
quando realmente intende promuoverlo.»
Self-interest, sympathy e struttura sociale «La principale obiezione alla ricostruzione del sistema smithiano sembra
costituita dal contrasto tra l'opera economica (Ricchezza delle nazioni)
che individua la molla dell'agire umano nella cura, che ciascuno ha per il
proprio interesse, e quella morale (Teoria dei sentimenti morali) che offre
alla natura dell'uomo "alcuni principi che lo rendono partecipe delle
fortune altrui, e che rendono per lui necessaria l'altrui felicità, nonostante
che da essa egli non ottenga altro che il piacere di contemplarla. Questo
contrasto tra i due moventi del self-interest e della sympathy è rubricato
nella storia delle idee come Adam Smith problem.» (Raffaelli).
L’Adam Smith problem è superabile: nel mercato gli agenti perseguono il
self-interest se operano in un’atmosfera di sympathy perché il mercato è
«un'istituzione che si regge essenzialmente sulla fiducia» (Zamagni);
premesso che le relazioni umane derivano dall'attitudine a discutere,
trafficare e mercanteggiare gli uomini cooperano alle sorti comuni se
possono unire la sympathy al self-interest («giochi cooperativi» di Nash).
I «vantaggi comparati» delle nazioni «I vantaggi naturali che un paese possiede rispetto ad un altro
nella produzione di particolari merci sono talvolta così grandi
che tutto il mondo riconosce che sarebbe vano lottare con quel
paese. Mediante invetriate, letti di pattume e serre calde si
possono coltivare in Scozia ottime uve, e se ne può ottenere
anche un ottimo vino, con un costo circa trenta volte maggiore
di quello al quale si potrebbe importare da paesi esteri un vino
almeno altrettanto buono. Sarebbe ragionevole una legge che
proibisse l’importazione di tutti i vini stranieri, unicamente per
incoraggiare a fare il claretto o il borgogna in Scozia?»
Il principio enunciato da Smith è oggi contemplato nei testi di
economia come «teoria dei costi comparati», su cui si basano
l’UE e la WTO: cioè la «globalizzazione» («mercatismo»?).
Stato: arbitro «parziale» nei rapporti con i paesi esteri
«L'atto di navigazione non è favorevole al commercio estero, né all'aumento
della prosperità che ne può derivare. L'interesse di una nazione nei suoi rapporti
commerciali con le nazioni estere, al pari di quello di un commerciante nei
rapporti con le varie persone con le quali negozia, è di comprare al più basso
prezzo possibile e di vendere quanto più caro è possibile. Tuttavia, siccome la
difesa è di importanza molto maggiore della prosperità, l'atto di navigazione è
forse il più saggio fra tutti i regolamenti commerciali dell'Inghilterra*. Il
secondo caso in cui è in generale vantaggioso porre qualche onere sull'industria
straniera per l'incoraggiamento di quella nazionale è quando è applicata una
imposta all'interno sulla produzione di questa industria. In tal caso sembra
ragionevole imporre un'uguale imposta sull'analogo prodotto dell'industria
estera.» (Smith)
* L'atto di navigazione prevedeva: i) proibizione di commerciare con colonie e piantagioni
britanniche e di fare cabotaggio sulle coste della Gran Bretagna, pena confisca delle navi e del
carico, alle navi i cui armatori, capitani e tra quarti dei marinai non fossero sudditi britannici; ii)
dazi doppi sulle merci straniere importate da paesi stranieri da navi di quei paesi; iii) proibizione
di importare merci voluminose con navi diverse da quelle del paese esportatore; iv) dazio doppio
sul pesce salato di ogni genere non pescati né preparati a bordo delle navi britanniche. (Smith)
Stato: arbitro «parziale» nei rapporti operai-padroni
«Quale sia il salario comune del lavoro, dipende ovunque dal
contratto concluso ordinariamente tra le parti, i cui interessi
non sono gli stessi. Gli operai desiderano ottenere quanto più è
possibile, i padroni di dare quanto meno è possibile. I primi
sono disposti a coalizzarsi per innalzare il salario del lavoro, i
secondi a coalizzarsi per abbassarlo. Non è difficile prevedere
quale delle due parti deve avere il sopravvento nella disputa, e
costringere l’altra ad accedere alle sue condizioni. I padroni,
essendo in minor numero, possono coalizzarsi più facilmente;
e la legge autorizza, o non proibisce, la coalizione dei padroni,
mentre proibisce quella degli operai. Non abbiamo leggi
contro le coalizioni per abbassare il prezzo del lavoro, mentre
ne abbiamo molte contro le coalizioni per elevarlo.» (Smith)
Il salario operaio e il «livello della sussistenza»
«Chiunque immagini che i padroni si uniscano raramente è
ignorante tanto del mondo che di questo argomento. I padroni
sono sempre e ovunque uniti in una specie di coalizione tacita
al fine di non fare i salari del lavoro al di sopra del loro livello
attuale. Inoltre i padroni entrano in coalizioni particolari aventi
il fine di abbassare i salari del lavoro anche al di sotto di quel
livello. (…) Ma quantunque nei contrasti con i loro operai i
padroni debbano in generale avere il sopravvento vi è però un
certo livello al di sotto del quale sembra impossibile ridurre
per un tempo considerevole i salari ordinari anche del lavoro
del genere più basso. Un uomo deve vivere del suo lavoro e il
suo salario deve essere almeno sufficiente a mantenerlo. Nella
maggior parte dei casi deve essere anche qualcosa di più,
altrimenti non sarebbe possibile allevare una famiglia» (Smith)
Ironie (esagerate?) di Smith sulla fisiocrazia
«I sistemi agricoli di economia politica non richiedono una
spiegazione così lunga come quella giudicata necessaria per il
sistema commerciale. Quel sistema che rappresenta il prodotto
della terra come la sola fonte del reddito e della ricchezza non
è mai stato adottato, per quanto mi consti, in alcuna nazione, e
attualmente esiste soltanto nelle speculazioni di pochi uomini
di grande dottrina e talento in Francia. Non vale la pena di
esaminare lungamente gli errori di un sistema il quale non ha
mai fatto e probabilmente non farà mai alcun male in alcun
luogo del mondo (…) Come nel sistema di Colbert l’industria
delle città era sopravvalutata rispetto a quella della campagna,
così nel sistema dei filosofi risulta altrettanto sottovalutata.»
(Smith).
Commenti (errati?) di Smith sulla fisiocrazia «Quesnay, che era medico molto speculativo, sembra si fosse formato del corpo politico la medesima opinione del corpo umano (dove un ignoto principio di conservazione corregge gli effetti cattivi) e avesse immaginato che il corpo politico non avrebbe potuto fiorire e prosperare fuorché sotto il regime della perfetta libertà e della perfetta giustizia. Sembra che egli non considerasse che nel corpo politico lo sforzo naturale che ogni uomo compie per migliorare la propria condizione è un principio di conservazione capace di impedire e di correggere gli effetti cattivi di una economia politica oppressiva (…)*»
«L’errore capitale di questo sistema consiste nel fatto che rappresenta la classe degli artigiani, dei manifattori e dei commercianti come sterile e improduttiva, mentre essa non è soltanto utile ma sommamente utile (…)**» (Smith).
* Smith ignora diritto naturale e lasciar fare, lasciar passare dei fisiocrati. ** Smith non capisce che «sterile» significa «profitto = 0»: nella sua logica di sviluppo può essere giusto, ma non nella logica di equilibrio di Quesnay.
Le voci del costo di produzione
«Il valore reale di tutte le diverse parti componenti del
prezzo (naturale)* è misurato dalla quantità di lavoro
che ciascuna di esse può acquistare o della quale può
disporre. Il lavoro misura non solo il valore di quella
parte del prezzo che si risolve in lavoro ma anche
quella che si risolve in rendita, e di quella che si
risolve in profitto. (…) Tutte le tasse, tutti gli stipendi,
le pensioni e le annualità di ogni genere derivano (…)
immediatamente o mediatamente dai salari del lavoro,
dai profitti del capitale e della rendita della terra.»
* prezzo naturale (costo) = salari + profitti + rendite
Prezzi naturali (costi) e prezzi effettivi (di mercato)
«Il prezzo effettivo al quale la merce di vende si chiama prezzo di mercato, il quale può essere al di sopra o al di sotto o lo stesso esattamente del suo prezzo naturale. Il prezzo di mercato è regolato dal rapporto tra la quantità che viene effettivamente portata al mercato e la domanda di coloro che sono disposti a pagare il prezzo naturale della merce, ossia l’intero valore della rendita, del lavoro e del profitto, che deve essere pagato per portarla la mercato. Queste persone (esprimono) la domanda effettuale (e) se la quantità portata al mercato è minore della quantità effettuale tutti coloro che sono disposti a pagare il (prezzo effettivo) si faranno concorrenza tra loro e il prezzo di mercato si eleverà (in caso contrario diminuirà). La quantità di merce portata al mercato si adegua naturalmente alla domanda effettuale. Se la quantità portata al mercato supera la domanda effettuale alcune delle parti componenti il prezzo (costo) devono essere pagate al di sotto del loro saggio naturale.» (Smith)
Quesnay & Smith: similitudini e differenze
Similitudini: - l’economia non si riduce, come per i mercantilisti, ai deficit di bilancio
degli stati o delle loro bilance commerciali o dei pagamenti (ops, Monti!)
- l’economia si deve all’azione di cittadini liberi di agire nella cornice di
regole (istituzioni) dettate e governate dallo Stato o dalle comunità locali
- i cittadini agiscono in base al diritto naturale mossi sia dal self-interest
che dalla sympathy (tra loro uniti a formare comunità nazionali e locali)
- se si adotta la regola del laisser faire la mano invisibile del mercato si
incarica di far sì che l’egoismo individuale si traduca in benessere sociale
Differenze: -in Quesnay lo Stato è la cornice indispensabile di un sistema economico
“nazionale”, in Smith solo lo Stato inglese serve … agli Inglesi, per gli
altri stati vale la regola dei costi comparati e delle frontiere permeabili
- Quesnay ha presente la logica di circuito e di mercato; Smith soltanto
quella di mercato: in un’ottica mondiale, ha ragione Smith o Quesnay?
Quesnay e Smith fondatori della scienza economica?
Che cos’è la « scienza »? Per Popper nella scienza sono possibili tre approcci: essenzialismo, strumentalismo e falsificazionismo. Per l’essenzialismo le teorie «veramente scientifiche descrivono l'essenza o la natura essenziale delle cose, la realtà che giace al di là delle apparenze»; per lo strumentalismo del cardinal Bellarmino inquisitore di Galileo una teoria è valida se descrive la realtà meglio di altre; per il falsificazionismo tutte le teorie sono congetture che sottoposte a esperimenti, possono mostrarsi ugualmente vere o false: ma anche le confutazioni «indicano i punti in cui abbiamo, per così dire, toccato la realtà.» (Popper).
Per Popper lo «scopo della scienza è trovare spiegazioni soddisfacenti di ciò che ci colpisce come bisognoso di spiegazione con] asserzioni, una delle quali descrive lo stato delle cose che si devono spiegare (explicandum) e l’altra è la spiegazione in senso stretto (explicans) dell’explicandum)» e «la spiegazione scientifica in tutti i casi in cui costituisca una scoperta è la spiegazione del noto con l'ignoto» mentre il metodo scientifico è «per dirla in tre parole problemi–teorie–critiche» (Popper).
L’economia di Quesnay e Smith è «scienza»?
Quesnay e Smith cercano la realtà che giace al di là delle
apparenze per dare una spiegazione soddisfacente di ciò
che è bisognoso di spiegazione: la ricchezza di singoli e
nazioni (explicandum) trova un explicans in motivi ignoti
(physis, droit naturel, tableau économique, laissez faire,
self-interest, sympathy, invisible hand) che spiegano il
noto (ricchezza di singoli e nazioni). Entrambi seguono il
metodo problemi-teorie-critiche ma le loro induzioni
teoriche non sono confermate da esperimenti (impossibili
in economia) ma da introspezioni fatte nel loro intimo per
conoscere la natura umana e poi messe alla prova dei fatti
(criticate) dialogando con la società che è il loro oggetto
di studio (come la natura è oggetto di studio dei fisici).
Quesnay e Smith fondarono la «scienza economica »? Il ‘modello retorico’ di Pera applicato nelle scienze naturali e nella scienza economica:
COMUNITÀ SCIENTIFICA A risposta (strumentale) della natura
dibattito che propone la teoria 1
regimentato che propone la teoria 2 NATURA
COMUNITÀ SCIENTIFICA B
risposta (strumentale) della natura
B – Il "modello retorico" nella scienza economica
SCUOLA ECONOMICA A comunicazione (formalizzata) con la società
dibattito che propone la teoria 1
regimentato che propone la teoria 2 SOCIETÀ
SCUOLA ECONOMICA B
comunicazione (formalizzata) con la società