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LA PIANTA DELLA VITE Le piante d'uva appartengono al genere Vitis L. della famiglia delle Vitaceae. La quasi totalità delle viti coltivate appartiene alla specie Vitis vinifera L., originaria del Mediterraneo e del Vicino Oriente. La Vitis vinifera, originariamente dif- fusa con continuità dall'Europa all'Asia, durante le glaciazioni del Pleistocene si rifugiò nei territori del bacino del Mediterraneo e nei territori asiatici che oggi corrispondono all'Armenia, alla Georgia e all'Iran. Crescendo in condizioni ambientali profondamente difformi, si diversificò dando origine a due sot- tospecie: Vitis vinifera L. subsp. sylvestris (Gmelin) Hegi, in Europa, e Vitis vinifera L. subsp. sativa Hegi (= V. vinifera cauca- sica Vavilov), in Oriente. La vite è un arbusto a foglia caduca, rampicante (liana sarmentosa). Il fusto può essere unico o dividersi in branche che portano un certo numero di tralci. Il frutto è l'acino, una bacca con pochi semi (vinac- cioli), portato da un corto pedicello; l'in- sieme degli acini costituisce un racemo, quello che comunemente viene chiamato grappolo d'uva. ORIGINI E DIFFUSIONE DELLA COLTIVAZIONE Secondo molti studiosi la coltivazione della Vitis vinifera sativa per la vinifi- cazione risale almeno a 4.000 anni prima di Cristo. Si può ipotizzare che il primo centro di coltivazione fu l'area situata intorno al monte Ararat nel Caucaso, il monte dove la Bibbia racconta che si arenò l'arca di Noè. La coltivazione della vite si sarebbe dif- fusa secondo tre percorsi. Il più antico va dal Monte Ararat verso la Mesopotamia, Introduzione e diffusione della vite (Vitis vinifera L.) in Italia RAFFAELE BUONO,GIOACCHINO V ALLARIELLO Orto Botanico di Napoli, Università degli Studi di Napoli Federico II, Via Foria 223, 80139 Napoli, Italia. Delpinoa, n.s. 44: 39-51. 2002 Riassunto. La vite (Vitis vinifera subsp. sativa) fu domesticata nella Mesopotamia intorno al 4000 a. C. e si diffuse in coltura prima nella parte orienta- le del bacino del Mediterraneo, poi in Grecia, nella Magna Grecia italiana, in Francia ed in Spagna. La Vitis vinifera subsp. sylvestris fu domesticata in Italia dagli Etruschi intorno al 1000 a. C. e si dif- fuse in coltura nelle aree interne dell'Italia Centrale e della Campania. L'Italia divenne il cen- tro di sviluppo della coltivazione della vite. Fu in questo Paese che si affermarono ceppi di svariate provenienze, differenti tecniche di coltivazione, svariate utilizzazioni simboliche del vino. Abstract. The grapevine (Vitis vinifera subsp. sati- va) was domesticated in Mesopotamia around 4000 b. C. and spread first towards the Eastern part of the Mediterranean basin, and then to Greece, to Italian Magna Graecia, to France and Spain. Vitis vinifera subsp. sylvestris was domesticated in Italy by the Etruscans around 1000 b. C. and moved to the internal areas of Central Italy and to Campania. Italy became the centre for development and cultivation of grapevine. In this country many varieties of different origin were established, as well as different cultivation techniques and various symbolic uses of wine. Key words: Cultivation, Grapevine, Vintage, Vitis vinifera

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LA PIANTA DELLA VITE

Le piante d'uva appartengono al genereVitis L. della famiglia delle Vitaceae. Laquasi totalità delle viti coltivate appartienealla specie Vitis vinifera L., originaria delMediterraneo e del Vicino Oriente.La Vitis vinifera, originariamente dif-

fusa con continuità dall'Europa all'Asia,durante le glaciazioni del Pleistocene sirifugiò nei territori del bacino delMediterraneo e nei territori asiatici cheoggi corrispondono all'Armenia, allaGeorgia e all'Iran. Crescendo in condizioniambientali profondamente difformi, sidiversificò dando origine a due sot-tospecie: Vitis vinifera L. subsp. sylvestris(Gmelin) Hegi, in Europa, e Vitis viniferaL. subsp. sativa Hegi (= V. vinifera cauca-sica Vavilov), in Oriente.La vite è un arbusto a foglia caduca,

rampicante (liana sarmentosa). Il fusto può

essere unico o dividersi in branche cheportano un certo numero di tralci. Il fruttoè l'acino, una bacca con pochi semi (vinac-cioli), portato da un corto pedicello; l'in-sieme degli acini costituisce un racemo,quello che comunemente viene chiamatograppolo d'uva.

ORIGINI E DIFFUSIONE DELLA COLTIVAZIONE

Secondo molti studiosi la coltivazionedella Vitis vinifera sativa per la vinifi-cazione risale almeno a 4.000 anni primadi Cristo. Si può ipotizzare che il primocentro di coltivazione fu l'area situataintorno al monte Ararat nel Caucaso, ilmonte dove la Bibbia racconta che si arenòl'arca di Noè.La coltivazione della vite si sarebbe dif-

fusa secondo tre percorsi. Il più antico vadal Monte Ararat verso la Mesopotamia,

Introduzione e diffusione della vite (Vitis vinifera L.) in Italia

RAFFAELE BUONO, GIOACCHINO VALLARIELLO

Orto Botanico di Napoli, Università degli Studi di Napoli Federico II, Via Foria 223, 80139 Napoli, Italia.

Delpinoa, n.s. 44: 39-51. 2002

Riassunto. La vite (Vitis vinifera subsp. sativa) fudomesticata nella Mesopotamia intorno al 4000 a.C. e si diffuse in coltura prima nella parte orienta-le del bacino del Mediterraneo, poi in Grecia, nellaMagna Grecia italiana, in Francia ed in Spagna.La Vitis vinifera subsp. sylvestris fu domesticata inItalia dagli Etruschi intorno al 1000 a. C. e si dif-fuse in coltura nelle aree interne dell'ItaliaCentrale e della Campania. L'Italia divenne il cen-tro di sviluppo della coltivazione della vite. Fu inquesto Paese che si affermarono ceppi di svariateprovenienze, differenti tecniche di coltivazione,svariate utilizzazioni simboliche del vino.

Abstract. The grapevine (Vitis vinifera subsp. sati-va) was domesticated in Mesopotamia around 4000b. C. and spread first towards the Eastern part ofthe Mediterranean basin, and then to Greece, toItalian Magna Graecia, to France and Spain. Vitisvinifera subsp. sylvestris was domesticated in Italyby the Etruscans around 1000 b. C. and moved tothe internal areas of Central Italy and toCampania. Italy became the centre for developmentand cultivation of grapevine. In this country manyvarieties of different origin were established, aswell as different cultivation techniques and varioussymbolic uses of wine.

Key words: Cultivation, Grapevine, Vintage, Vitis vinifera

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l'Egitto e la Grecia sotto l'influenza di varipopoli; secondo alcuni la vite sarebbeinvece arrivata in Grecia attraversol'Anatolia. Il secondo percorso parte dallaGrecia e va verso la Magna Grecia (Sicilia,Italia del Sud), la Francia (Marsiglia) e laSpagna, sotto l'influenza dei Greci e deiFenici. Il terzo percorso va dalla Franciaverso il nord dell'Europa, principalmenteattraverso il Rodano, il Reno ed ilDanubio, sotto l 'influenza romana.

LA VITE NELL'ANTICA GRECIA

Risalgono alla fine del III millennio(2.300 a. C.) i primi documenti certi sullacoltivazione della vite e la produzione divino. I ritrovamenti di superficie nella can-tina di Godin Tepe nell'Iran occidentaledimostrano che il vino era prodotto nelvicino Oriente fin dalla metà del III mil-lennio. A partire da questo periodo le vociuva, uve essiccate, vino sono sempre piùnumerose nei testi cuneiformi mesopota-mici (MC GOVERN & MICHEL, 1995).Alcuni secoli più tardi (1.800 a. C.)

analoghe citazioni compaiono nei testiritrovati ad Alalah e Mari (attuale Siria).Tra il XIV ed il XIII secolo numerose sonole citazioni letterarie provenienti dallecittà-stato cananee (attuale Palestina) ...beviamo un calice di vino, nella coppad'oro il sangue della vite. La citazione piùantica di commercio del vino via mare(metà del II millennio a. C.) vede protago-niste le città-stato cananee attraverso ilporto di Ugarit.La ricca iconografia mesopotamica ed

egizia illustra i diversi aspetti dellavendemmia, della vinificazione e del con-sumo di vino, mettendo in evidenza ilcarattere elitario e rituale di questo con-sumo.

Un'altra antica cultura dedita alla colti-vazione dell'uva da vino fu quella micenea(II millennio a. C.), alla quale si attribuisceil primo grande movimento commercialeverso l'Occidente. La documentazioneiconografica (il cratere di Enkomi) e lette-raria (le numerose attestazioni nell'Odis-sea), così come quella archeologica (iritrovamenti di ceramica micenea),dimostrano la frequentazione delle velocinavi micenee e per il trasporto del vino(Od. IX 151-171, Od. IX, 194-213) nell'ul-timo quarto del XII secolo a. C. lungo lecoste italiane dell'Adriatico, del Tirreno edella Sicilia.Il II millennio si conclude in Oriente

con un grave collasso delle città-stato,chiamato dagli storici la crisi del 1200.Nessuna regione rimane immune da di-struzioni e incendi e il prospero commer-cio delle anfore cananee si conclude dram-maticamente .Il commercio del vino riprende con i

Fenici e coincide con la ripresa dell'attivitàmercantile della città di Tiro (IX-VIII se-colo a. C.). Le anfore fenicie, molto similia quelle cananee, sono sempre presenti neiritrovamenti archeologici dei mari occi-dentali.Anche i Greci lentamente iniziarono a

risvegliarsi nel corso del IX secolo a. C.,grazie ai frequenti contatti che stabilironoin quel periodo con le coste dell'AsiaMinore, della Siria e con le regioni cauca-siche sul Mar Nero. L'attività commer-ciale, iniziata nel mare Egeo, si sviluppòsuccessivamente nel mare Ionio e nel mareTirreno, molto spesso sulle rotte e verso glistanziamenti dei Fenici in Occidente.Seguendo un cammino cronologico,

alla prima colonizzazione fenicia, peraltropoco nota, e ad un commercio del vinolegato ad utilizzi elitari e religiosi, segueuna fase di espansione commerciale greca

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dei secoli VII e VI a. C., soprattutto prove-nienti dalla costa asiatica, da Samo e daFocea. Si diffonde in Occidente, mediatoanche dagli Etruschi, il mito del vino,come testimoniano i numerosi ritrovamen-ti di kylix, coppe destinate al consumo delvino, nei simposi dedicati soprattutto aDionisio (Tav. 1a).Dato il carattere ideologico-religioso

del consumo del vino nel mondo classico,il servizio simposiaco, costituito dallaceramica attica e da vasellame bronzeo e-trusco, era destinato esclusivamente allapreparazione e consumo del vino durante ilbanchetto. La ricchezza dei reperti antichirelativi ai vari recipienti per il vino è ingran parte dovuta ai ritrovamenti di questesuppellettili nelle tombe maschili, comeindicatori di status sociale.La produzione e l'uso del vino nel

Mezzogiorno peninsulare d'Italia ed inSicilia sono documentati fin dall'età tardominoica e micenea. Il periodo della colo-nizzazione greca in Occidente nel quale siebbe la diffusione del mito del vino si puòcircoscrivere tra i secoli VIII e VI a. C.;questo periodo corrisponde a quello dellaconquista progressiva dell'Occidente daparte dei Greci che si può circoscrivere trail 750 a. C. ed il 540 a. C., date presuntedella fondazione di Cuma e di Elea.Un cenno particolare merita Pithecusa

(l'isola d'Ischia), sede di una antica coloniafondata, come Cuma e Naxos, dagli Eubei.Che i poemi omerici fossero conosciuti daiprimi coloni euboici di Pithecusa, i qualiforse li utilizzavano per percorrere le rottedel basso Tirreno, è dimostrato anche dal-l'iscrizione sulla coppa in argilla, detta diNestore in ricordo della coppa dell'eroegreco della quale ci parla Omeronell'Iliade. Questa è la coppa più antica inassoluto tra quelle pervenuteci dal mondogreco e fu ritrovata nella necropoli di San

Montano, in una tomba dell'VIII secolo a.C., dell'antico villaggio di Pithekoussainell'isola d'Ischia. L'iscrizione metrica pre-sente su di essa, incisa in caratteri arcaicidell'alfabeto greco calcidese, è un inno allequalità del vino. Tradotta in italiano dice:La coppa di Nestore era certo ottima perberci, ma chiunque beva da questa coppa,subito sarà preso dal desiderio della bencoronata Afrodite (RIDGWAY, 1992) (Tav.1b).

I VINI DELLA GRECIA E LORO INTRODUZIONEIN ITALIA

I vigneti della Magna Grecia si sonosviluppati in un tempo molto lungo (circa500 anni), durante il quale si sono diffusialcuni vitigni, come le Aminee o il Biblino,e si sono affermate le tecniche viti-eno-logiche di origine greca. Spetta ai Greci,prima con modalità di diffusione di tipoculturale (con gli emporion) e poi di tipodemico (con le città-stato), il grande meri-to di aver trasformato il vino da sempliceprodotto alimentare a merce di scambio edi aver legato il vino al culto di un dio pro-tettore della viticoltura, Dionisio, checome dice Euripide … in dono al misero /offre, non meno che al beato, il gaudio /del vino ove ogni dolore annegasi. Questoculto greco per Dionisio fu mediato primadagli Etruschi e fu più tardi ereditato daiRomani, che trasformarono il nome inLibero e quindi in Bacco. Il culto misticodi Dionisio - Bacco acquistò, poi, ampiapopolarità nell'Italia meridionale dopo la IIguerra punica (VANDERMESCH, 1994).Alla irradiazione culturale dell'Antica

Grecia, dunque, va attribuita la diffusionedi vitigni pregiati di origine orientale, leforme di coltivazione a basso ceppo e lapotatura corta del Mezzogiorno d'Italia

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(Tav. 1c). I vini dei Greci, commercializza-ti in tutto il bacino del Mediterraneo, eranodistinti essenzialmente dalla zona di prove-nienza: le isole dell'Egeo in particolare,che si distinsero per l'alta specializzazionecolturale (Chio, Lesbo, Taso) e l'isola diCreta o le aree costiere, come la penisolaCalcidica. Il vino greco migliore era moltodolce, per l'appassimento delle uve rac-colte tardivamente, e quindi molto alcoli-co. Si consumava perciò diluito con acqua,anche di mare, e impreziosito con spezieed aromi vari.I vini greci più famosi erano prodotti

con il vitigno Byblinos, il cui nome signifi-ca testualmente vite che si attorciglia o viteche si aggrappa; esso proveniva dall'Egeoorientale e fu uno dei primi ad essere accli-matati nella Magna Grecia. Il Byblinosdava origine al vino omonimo in diverselocalità della Sicilia (Siracusa, Gela) e inCampania (VANDERMESCH, 1994).Altri vini celebri erano prodotti a

Lagaria (il Lagaritanos, dolce e delicato,raccomandato in medicina) sulle colline diCapo Spulico, non lontano dalla città diGrumento; il Thourinos nella zona delCrati e il Murgentinum a Morgantina, inSicilia; quest'ultimo si diffuse successiva-mente in Campania. Una citazione partico-lare merita il vino Capnios, vitigno allabase dell’omonimo vino di qualità noto findal IV - III secolo a. C. e introdotto dallaGrecia a Sibari.

GLI ETRUSCHI E LA VITE AUTOCTONA ITA-LIANA

La vite era coltivata nell'Italia primadell'arrivo dei Greci, soprattutto nei luoghidi espansione etrusca (FORNI, 1996), ed erail frutto della domesticazione delle viti sel-vatiche spontanee nei boschi planiziali.

Non si può escludere che sporadiche colti-vazioni di vite in Puglia o in regioni li-mitrofe fossero la conseguenza di contatticon le popolazioni della costa orientaledell'Adriatico e dello Ionio.La vite fu conosciuta e apprezzata dalle

popolazioni indigene italiane, paleoliguri edella Valle Padana, in periodo precedentealla colonizzazione greca, oltre il X secoloa. C. Gli Etruschi coltivavano la V. viniferasylvestris sin dall'VIII secolo a. C., primache i Greci e poi i Romani diffondessero inItalia la V. vinifera sativa con le suenumerose varietà.I vini etruschi delle zone costiere della

Toscana, del Lazio e della Campaniadivennero oggetto di esportazione verso laGallia meridionale e la Catalogna, comedimostrano i ritrovamenti delle caratteri-stiche anfore etrusche a partire dal VII se-colo fino all'inizio del V (RIDGWAY, 1992).Nel periodo in cui ebbero a coesistere in

Italia la civiltà greca e quella etrusca, tra ledue ci fu quasi una frontiera nascosta.Questa frontiera isolava due culture pro-fondamente diverse, caratterizzate tra l'al-tro dalle diverse tecniche di sepoltura (inu-mazione i primi ed incinerazione i secon-di). Tra le diversità c'era anche la scelta deivitigni e la modalità di coltivazione dellavite, alle quali non era certamente estraneoun uso rituale, sebbene profondamentediverso, del vino. Significativa a questoproposito è la coincidenza tra l'area di dif-fusione e coltivazione della vite a sostegnovivo con l’area della massima espansioneetrusca, non solo nelle regioni dell'Italiasettentrionale, ma anche in Campania(SCIENZA, 2000). Probabilmente le vitilambrusche sono una discendenza delleviti domesticate dagli Etruschi partendo daV. vinifera sylvestris, così come moltoprobabilmente l'Asprinio coltivatonell'Aversano ha questa stessa origine.

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Va ricordato che in queste zone vienepraticata la potatura biennale comeavviene per le lambrusche modenesi.Nell'agro di Aversa, dalla prima espan-

sione etrusca fino ai nostri giorni, la vite èmaritata al pioppo (Tav. 1d), (la cosiddettacoltivazione in arbusta) e dà una forteimpronta al paesaggio agrario, differen-ziandosi dal paesaggio napoletano, carat-terizzato dalla vite coltivata a basso ceppo(coltivazione in vinea).Che il sistema di coltivazione della vite

su tutori vivi fosse un retaggio etrusco lodimostra anche la presenza nella lingua diquesto popolo misterioso di un vocabolo,atalson, che significa appunto vite marita-ta all'albero (SERENI, 1981, 2003). Apparequindi verosimile l'estensione della moda-lità di coltivazione della vite all'originegenetica del vitigno prevalentemente colti-vato nell'Aversano, l'Asprinio, il cui nomeha un valore semantico analogo a quello diCruet o Crovet (crudetto, asprigno)attribuito nei dialetti locali alle lambruschepiemontesi, altre viti derivate dalla V.vinifera sylvestris endemica in tutta Italia.D'altro canto, il nome Asprinio ha un va-lore semantico in quanto identifica unlimes culturale tra le zone a viticoltura diispirazione greca e quella paleo-ligure ede-trusca, rispettivamente prevalentinell'Italia meridionale e nell'Italia centralee padana.

LA VITE NELL'ANTICA ROMA

Nella prima metà del II secolo a. C.,secondo Catone (De Agricoltura), il vigne-to è ormai, nella graduatoria delle colture,in testa a tutte le altre; il vigneto, così comel'uliveto, non sono già più dei piccoliarboreti familiari, con la conformazionedel giardino mediterraneo, ma delle vere e

proprie piantagioni, che impegnano unasempre più numerosa mano d'operaservile. Esistevano, però, anche aree desti-nate ad una agricoltura promiscua, dove lavite era coltivata in consociazione concereali, fichi, ulivi.

I sistemi di coltivazione della viteerano vari, ma quelli ad alberello e asostegno morto continuavano a prevalerenella maggior parte del Mezzogiorno ed inLiguria; quelli a sostegno vivo predomina-vano nella Valle Padana e nell'agro diCapua.Il merito maggiore degli studiosi

romani di argomenti agricoli è rappresen-tato dalle loro descrizioni delle varietà divite coltivate e delle caratteristicheorganolettiche dei vini che da queste siottenevano (Tav. 2a). Gli Autori di questofelice periodo (Polibio, Virgilio,Columella), che proseguì fino alla cadutadell'Impero Romano (400 d. C.), con-tribuirono a definire le tecniche di colti-vazione della vite che furono utilizzatepraticamente fino al 1700.Naturalmente l'attenzione dei georgici

si concentrava sul luogo di produzione, mamai veniva trascurato il vitigno coltivato.La classificazione più semplice era quellache suddivideva le varietà in due grandicategorie: le uve da tavola (ad mensam , adedendum, cibariae, suburbanae) e le uveda vino (ad bibendum, ad vindemias).In epoca romana la concentrazione dei

vigneti d'elite in Campania non ha egualinel resto della penisola. Il segreto di que-sta particolarità può risiedere nel fatto chei popoli che abitavano la parte settentrio-nale della Magna Grecia già conoscevanola potatura della vite, mentre, come anchericorda Plinio il Vecchio (NaturalisHistoria, I-XXXV), tale pratica nel perio-do reale era poco praticata dai Romani. Loconferma Virgilio nel VII libro dell'Eneide,

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quando, parlando del venerabile Sabino, redel periodo mitico precedente alla fon-dazione di Roma, lo chiama Potatore diviti (vitis Sator) e lo descrive con in manola falce potatoria, come il più nobile degliemblemi (SCIENZA, 2000).Le varietà coltivate in epoca romana sul

territorio che corrisponde oggi alla attualeCampania sono descritte e classificatenella Historia naturalis (libro IV) di Plinioe nel De re rustica di Columella. I dueAutori danno un giudizio abbastanza uni-voco sulla qualità dei vitigni coltivati inCampania e li classificano nelle seguentitre classi: (a) varietà di primo merito: sonoi vitigni nobili che forniscono i vini deivigneti più famosi (Amineae eNomentanae); Plinio all'interno di questogruppo indidua i vitigni indigeni e i viti-gni importati; (b) varietà che uniscono unabuona produttività ad una discreta qualità(Murgentina minor, Argitis, Graecula); (c)varietà molto produttive, ma di scarsaqualità (Scirpula, Horconia).Plinio, inoltre, nel suddividere i vitigni

in nobili e ignobili, distingue tra questiultimi una sottocategoria di varietà che,coltivate in ambienti con particolarevocazione, possono dare dei vini con pos-sibilità di invecchiamento.I vini prodotti tra Sorrento ed il Vesuvio

godettero di grande fama soprattutto nelperiodo dell'imperatore Augusto. I vitignipiù famosi e più nobili erano le Amineae,che producevano rispettivamente il vinoSurrentinum sulle colline di Sorrento ed ilvino Vesuvinum sulle pendici del Vesuvio.La valle del Sarno e i territori attorno alvulcano erano piantati con altri due vitigni,la Vennuncola o Numisiana, che dava unvino robusto ma non di particolare qualitàe che era talvolta usata come uva da tavola,e la Murgentina o Pompeiana, vitigno diorigine siciliana sulla cui qualità i pareri

erano discordi. Alcuni dei vitigni oggicoltivati sono ritenuti da molti i diretti di-scendenti di vitigni dell'Antica Roma(SCIENZA, 2000), come riportati nella Tab.1.

LA VITE DAL MEDIO EVO ALL'OTTOCENTO

A partire dall'antichità, per molti secoliin Italia sono state coltivate vecchie enuove cultivar di V. vinifera sylvestris e V.vinifera sativa, utilizzando tecniche e stru-menti da lavoro antichi (Tav. 2b, c).Nel 1348 la peste nera spopolò le cam-

pagne italiane; venendo a mancare la manod'opera, i vitigni coltivati prima della pestefurono sostituiti da altri molto produttivima di scarsa qualità. Per tale ragione fra iceti più abbienti si diffuse la fama dei viniprovenienti dalla Grecia, prodotti con uvelasciate sovra-maturare al sole, ricchi dicorpo. Questi vini si diffusero sulle tavole

Tab. 1 - Probabili corrispondenze tra i vitigni descrittidai Georgici latini ed alcuni vitigni attualmentecoltivati.

Vitigni coltivatiin epoca romana Probabili vitigni attualiAminee Greci di Posillipo, ChasselasAminea lanata Pinot meunier, Riesling renanoAminea gemella Greco di Tufo, Riesling renanoApianae MoscatiAlbuelis Gaglioppa, ElblingBasilica Cocolubis, PicardautPergulana Uva Rota di NapoliBiturica Cabernet, Genouillet, GamayHelvolae Pinot grigio, RibollaPretia Chasselas lacinièAllobrogicae Mondeuse, Syrah, NebbioloAlopecia Coda di VolpeConseminea LanaioloHelvenaciae PinotsOleagina o Tiburtina Olivetta o OlivellaCarbonica Cabernet

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della nobiltà e del clero grazie all'impor-tazione dei mercanti veneti. Di conseguen-za cominciò l'importazione di alcuni viti-gni, o della tecnica greca di vinificazione,per cui con il nome di Greco si indicaronoanche vitigni locali che si prestavano adessere lavorati alla maniera dei Greci.Purtroppo si diffuse anche la tendenza amillantare un'origine greca per questo oquel vitigno al fine di favorirne la vendita.Fra l'altro le uve greche e le tecniche disovra-maturazione poco si adattavano alleregioni del nord Italia, molto meno soleg-giate della Grecia, per cui la qualità dimolti di questi vini greci lasciava adesiderare e, quando nel 1800 il migliora-mento della rete viaria consentì una piùfacile diffusione dei vini meridionali, la

loro fama si oscurò rapidamente e la lorocoltivazione venne progressivamenteabbandonata.Oggi esistono solo sei varietà di vini

Greci iscritti al Registro Nazionale dellevarietà delle viti: quattro a bacca bianca edue a bacca rossa. I vini ottenuti da questeuve presentano caratteristiche organolet-tiche molto diverse a dimostrazione del-l'eterogeneità della loro origine.I principali vitigni di origine greca oggi

coltivati in Italia sono elencati nella Tab. 2.Intorno alla metà del XIX secolo i

vigneti europei cominciarono ad esseresempre più spesso attaccati da patogeni diorigine fungina, in particolare oidio(Uncinula necator Burr., Oidium tuckeriBerk.). Pertanto nei decenni successivi, in

Tab. 2 - Alcuni vitigni di origine greca coltivati in Italia

Vitigno Vini D.O.C. che lo contengono Province in cui la varietà èraccomandata (R) o autorizzata (A)

Grecanico dorato Contessa Entellina, Menfi, Santa R: Agrigento, Caltanissetta,Margherita di Belice, Sciacca, Contea Palermo, Ragusa, Trapanidi Sclafani, Delia Nivolelli, Alcamo A: Catania, Siracusa

Grechetto Bianco di Pitigliano, Torgiano, Orvieto, R: Lucca, Macerata, Perugia, Rieti,Colli Perugini, Montefalco, Colli del Siena, Terni;Trasimeno o Trasimeno, Colli Martani, A: Arezzo, Grosseto, L’Aquila,Colli Amerini, Colline Lucchesi, Vin TeramoSanto di Montepulciano, Assisi,Valdichiana, Cortona

Grechetto rosso Colli Etruschi Viterbesi R: ViterboGreco Bianco di Pitigliano, Greco di Tufo, R: Avellino, Bari, Benevento,

Capri, Gravina, Taburno, Cilento, Latina, Brindisi, Campobasso,Vignanello, Sant’Agata de’ Goti, Caserta, Foggia, Grosseto,Penisola Sorrentina, Colline Lucchesi, La Spezia, Lucca, Massa, Carrara,Sannio, Molise o del Molise, Napoli, Salerno, Taranto, ViterboColli Etruschi Viterbesi A: Cagliari, Chieti, L’Aquila, Lecce,

Oristano, SassariGreco bianco Cirò, S. Anna di Isola Capo Rizzuto, R: Catanzaro, Crotone, Matera,

Melissa, Greco di Bianco, Scavigna, Potenza, Reggio Calabria, ViboLamezia, Donnici, San Vito di Luzzi, ValenziaVerbicaro, Bivongi A: Cosenza, Roma, Frosinone

Greco nero Donnici, Savuto, Pollino, Lamezia, R: Cagliari, Catanzaro, Cosenza,Melissa, Vervicaro, Bivongi Crotone, Latina, Oristano, Vibo

ValenziaA: Napoli, Reggio Calabria

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LETTERATURA CITATA

particolar modo ad opera dei Francesi,furono importati dall'America alcuni viti-gni produttori diretti d'uva che risultavanoessere resistenti alle malattie di originefungina. L'importazione e la diffusione deinuovi vitigni americani, peraltro poco pro-duttivi, comportò purtroppo il diffondersiin Europa di una nuova malattia, la fil-lossera (Phylloxera vastatrix Planchon),provocata da un piccolo insetto, un afidelungo circa 1 mm, di colore giallo-verda-stro, che distrugge l'apparato radicale delleviti europee. La presenza della fillosserafu segnalata in Italia per la prima volta nel1877; ad essa si aggiunse nel 1879 un altropatogeno, la peronospora (Plasmoparaviticola Berl. et De Toni), anche questa diorigine americana (GOIDANICH, 1964).Tutto ciò determinò la falcidia di gran

parte delle colture italiane di V. viniferasativa e di V. vinifera sylvestris. Furonoindividuate, allora, altre specie di Vitis,sempre di origine americana, particolar-mente resistenti agli attacchi parassitaridella fillossera. Così iniziò l'importazionedall'America e la diffusione in Europa dialtre specie, tra cui Vitis berlandieriPlanch, Vitis riparia Michx. e Vitis

rupestris Scheele, che possedevano unapparato radicale in grado di resistere agliattacchi del parassita (TRAVERSO, 1926),ma dimostravano scarsa attitudine alla pro-duzione di uve. Per tale motivo si inne-starono su queste specie marze di tutte lecultivar italiane, ottenendo come sintesi laresistenza dell'apparato radicale dellespecie americane e l'attitudine alla pro-duzione di uve delle viti europee.Dalle Americhe fu importata anche la

Vitis labrusca L. (SACCARDO, 1971) che,incrociata con Vitis vinifera, ha prodottocultivar utilizzate per la produzione di uveda frutto e da vino; essa risulta particolar-mente resistente agli attacchi parassitari difillossera, oidio e peronospora; per tali suecaratteristiche, non viene innestata. Neesistono diverse varietà: le più comunivengono chiamate uva fragola bianca e uvafragola nera.

Ringraziamenti. Gli autori ringraziano ilProf. Paolo De Luca, Direttore dell’OrtoBotanico di Napoli, per l’impulso dato ailoro studi e per i preziosi consigli fornitidurante la stesura del lavoro.

COLUMELLA N.O. 1806. Delle coserustiche, ovvero dell'agricoltura teorica.Stamperia Flantiana, Napoli.FORNI G. 1996. Le tecnologie e l'econo-

mia vitivinicola italiota e siciliota desuntadalle tavole di Eraclea e dalla paleontolo-gia linguistica. Convegno "Alle radicidella civiltà del vino nel Mediterraneo:3000 anni di storia", Menfi, Egitto, 6Luglio 1996.GOIDANICH G. 1964. Manuale di

Patologia vegetale. Vol. II, EdizioniAgricole, Bologna.

MC GOVERN P.E., MICHEL R. 1995. Theanalytical and archaeological challenge ofdetecting ancient wine: two case studiesfrom the ancient near East. In: P.E. McGovern, G.J. Fleming, S.H. Katz. The ori-gins and ancient history of wine. GordonBreach Publ.RIDGWAY D. 1992. L'Alba della Magna

Grecia. Longanesi & C., Milano.SACCARDO P. A. 1971. Cronologia della

flora italiana. Edizioni Agricole, Bologna.SCIENZA A. 2000. Per una storia della

viticoltura Campana. Camera di commer-

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cio di Napoli. Programma D.I.T.SERENI E. 1981. Terra nuova e buoi

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TRAVERSO O. 1926. Botanica orticola.Tipografia Mario Ponzio, Pavia.VANDERMESCH C. 1994. Vins et ampho-

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Finito di stampare nell’ottobre 2003

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Tav. 1 - a) Kylix, vaso vinario per cerimonie, sul quale è raffigurata una imbarcazione avela con sopra una pianta di vite e il dio Dionisio (530 a. C. circa);

b) Kotyle, detta Coppa di Nestore, rinvenuta nella necropoli di San Montano adIschia (725 a. C. circa);

c) Esemplare di vite coltivato a basso ceppo, con potatura corta, sistema deriva-to dagli Antichi Greci;

d) Esemplare centenario di vite Asprinio, franco di piede, maritato al pioppo,fotografato nei dintorni di Aversa (Caserta).

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Tav. 2 - a) Trasporto di un’anfora di vino. Mosaico del piazzale delle corporazioni diOstia (II sec. d. C.);

b) Potatura di vite maritata, rappresentata in una xilografia della fine del XV -inizio XVI sec.;

c) Riproduzione del dipinto La Musa Polinnia inventrice dell’agricoltura(Scuola Ferrarese, 1450 circa).

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