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187 MARIO DONNO* LA FINANZA LOCALE: IRAP, ICI E TRIBUTI LOCALI SOMMARIO: 1. Origini dell’attuale ordinamento della finanza locale 2. L’irap e l’ici quali imposte sul reddito SEZIONE PRIMA – IRAP 1.La genesi – 2.Gli elementi costitutivi: soggetti passivi, base imponibile ed aliquote – 3.La natura del tributo - 4.Le modificazioni normative alla legge istitutiva - 5. La peculiare capacità contributiva sulla quale si applica l’irap: dibattito in ordine al tema sul versante interno e su quello comunitario. SEZIONE SECONDA – ICI 1.La legislazione statale e la potestà regolamentare dei Comuni – 1.1 La legislazione statale – 1.2 La potestà regolamentare dei Comuni – 1.3 Competenze degli organi comunali in materia di entrate – 1.4 L’esplicazione del potere regolamentare -2. I presupposti oggettivi dell’imposizione – 2.1 Generalità - 2.2 Fabbricati - 2.3 Aree fabbri- cabili – 2.4 Terreni agricoli – 2.5 Procedimento di determinazione della rendita catastale - 3.Presupposti soggettivi del tributo – 4. L’applicazione dell’imposta – 4.1 Generalità e determinazione della base imponibile – 4.2 L’aliquota d’imposta – 5. Gli aspetti agevolativi: esenzioni, riduzioni e detrazioni -5.1 Esenzioni - 5.2 Riduzioni -5.3 Detrazioni – 6. Doveri dei contribuenti, controlli, accertamenti e sanzioni SEZIONE TERZA – I TRIBUTI AM- BIENTALI 1.Premessa 2.La tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani 3. La tariffa di igiene ambientale 1. Origini dell’attuale ordinamento della finanza locale L’irap, l’ici, la tarsu e la tia fanno parte del rinnovato sistema delta finanza locale, che in questi ultimi decenni ha trovato una nuova e articolata configu- razione. Trattasi di tributi che non esauriscono la finanza locale, pur costituendone una parte rilevante. L’esame degli stessi richiede necessariamente qualche riflessione di carattere generale, in quanto in questi ultimi anni il tema delta finanza locale ha acqui- stato un’importanza progressiva e si avvia ad assumere significatività tendenzial- mente uguale a quella statale. Per comprendere il senso di questa affermazione è necessario riportarsi un po’ indietro nel tempo, fino agli inizi degli anni settanta. In tale periodo il sistema dei tributi locali, che aveva alimentato i bilanci delle amministrazioni territoriali, viene sostituito da una nuova impostazione nella quale perde rilievo l’imposizione locale per essere incorporata in un nuovo complesso di norme che ridisegna la finanza statale. Alla base della riforma vi era la ragione tecnica di unificare presso una unica amministrazione, quella statale, gli accertamenti relativi alla materia imponibile sui redditi, sui trasferimenti e sui consumi. Una ulteriore ragione era peraltro costituita dalla difficoltà di una parte dei Comuni, quelli meno provvisti di risorse, di realizzare il pareggio economico della gestione. Pertanto era apparso rispondente a un principio di equità alimentare con cri- (*) Corte dei Conti – CTP Milano

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Mario Donno*

La finanza LocaLe: irap, ici e tributi LocaLi

Sommario: 1. origini dell’attuale ordinamento della finanza locale 2. L’irap e l’ici quali imposte sul reddito SEZionE PriMa – iraP 1.La genesi – 2.Gli elementi costitutivi: soggetti passivi, base imponibile ed aliquote – 3.La natura del tributo - 4.Le modificazioni normative alla legge istitutiva - 5. La peculiare capacità contributiva sulla quale si applica l’irap: dibattito in ordine al tema sul versante interno e su quello comunitario. SEZionE SEConDa – iCi 1.La legislazione statale e la potestà regolamentare dei Comuni – 1.1 La legislazione statale – 1.2 La potestà regolamentare dei Comuni – 1.3 Competenze degli organi comunali in materia di entrate – 1.4 L’esplicazione del potere regolamentare -2. i presupposti oggettivi dell’imposizione – 2.1 Generalità - 2.2 Fabbricati - 2.3 aree fabbri-cabili – 2.4 Terreni agricoli – 2.5 Procedimento di determinazione della rendita catastale - 3.Presupposti soggettivi del tributo – 4. L’applicazione dell’imposta – 4.1 Generalità e determinazione della base imponibile – 4.2 L’aliquota d’imposta – 5. Gli aspetti agevolativi: esenzioni, riduzioni e detrazioni -5.1 Esenzioni - 5.2 riduzioni -5.3 Detrazioni – 6. Doveri dei contribuenti, controlli, accertamenti e sanzioni SEZionE TErZa – i TriBUTi aM-BiEnTaLi 1.Premessa 2.La tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani 3. La tariffa di igiene ambientale

1. Origini dell’attuale ordinamento della finanza locale

L’irap, l’ici, la tarsu e la tia fanno parte del rinnovato sistema delta finanza locale, che in questi ultimi decenni ha trovato una nuova e articolata configu-razione.

Trattasi di tributi che non esauriscono la finanza locale, pur costituendone una parte rilevante.

L’esame degli stessi richiede necessariamente qualche riflessione di carattere generale, in quanto in questi ultimi anni il tema delta finanza locale ha acqui-stato un’importanza progressiva e si avvia ad assumere significatività tendenzial-mente uguale a quella statale.

Per comprendere il senso di questa affermazione è necessario riportarsi un po’ indietro nel tempo, fino agli inizi degli anni settanta.

in tale periodo il sistema dei tributi locali, che aveva alimentato i bilanci delle amministrazioni territoriali, viene sostituito da una nuova impostazione nella quale perde rilievo l’imposizione locale per essere incorporata in un nuovo complesso di norme che ridisegna la finanza statale.

alla base della riforma vi era la ragione tecnica di unificare presso una unica amministrazione, quella statale, gli accertamenti relativi alla materia imponibile sui redditi, sui trasferimenti e sui consumi.

Una ulteriore ragione era peraltro costituita dalla difficoltà di una parte dei Comuni, quelli meno provvisti di risorse, di realizzare il pareggio economico della gestione.

Pertanto era apparso rispondente a un principio di equità alimentare con cri-

(*) Corte dei Conti – CTP Milano

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terio redistributivo la finanza degli enti territoriali, mediante trasferimenti dalla finanza statale.

Concorreva con tali esigenze, infine, il fatto che si rendeva necessario rior-dinare il sistema impositivo generale per renderlo coerente con le indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario, in modo cioè da privilegiare il sistema dell’imposizione diretta sui redditi, da applicare con criteri di progressività delle aliquote, rispetto a quella indiretta sui trasferimenti e sui consumi, che in buona parte incidono sui costi di produzione trasferendosi sui prezzi, realizzando una progressività rovesciata.

L’accentramento del sistema impositivo nell’amministrazione finanziaria sta-tale, pur apparentemente razionale, con il finanziamento dei bilanci degli enti locali mediante trasferimenti, si era presto dimostrato un fatto gravemente pre-giudizievole per la complessiva finanza pubblica, che aveva rischiato in breve tempo il collasso.

infatti le spese degli enti locali venivano inizialmente liquidate sulla base dei conti prodotti dagli enti stessi, sistema che aveva determinato la lievitazione delle spese e una deresponsabilizzazione delle amministrazioni locali.

Cominciava a delinearsi quindi il bisogno di ricostituire una capacità imposi-tiva propria degli enti locali, in modo da stabilire una diretta connessione tra il sistema delle spese e quello delle entrate, restituendo quindi alle comunità locali la visibilità delle fonti di finanziamento delle funzioni delle amministrazioni pub-bliche territoriali, con un onere ricondotto direttamente sulle comunità stesse.

Le esposte circostanze giustificano agli inizi degli anni ‘90 la riforma intro-dotta con la legge n. 421/1992, e con i successivi provvedimenti attuativi.

inizialmente è stata istituita un’imposta sui redditi del patrimonio immobi-liare chiamata isi, successivamente trasformata in ici. Mentre nell’ambito della tassazione dei sezvizi nasce la tarsu.

La presente esposizione avrà come oggetto la disciplina di questi ultimi due tributi: ici e tarsu., nonchè dell’irap, imposta destinata al finanziamento dei bi-lanci regionali.

L’ordinamento del sistema impositivo proprio degli enti locali, con il suo pos-sibile futuro sviluppo, deve essere visto peraltro in connessione con il fenomeno del c.d. federalismo, che più propriamente va qualificato come decentramento di competenze da parte dell’amministrazione centrale statale a favore di quella territoriale.

La necessità del decentramento e della valorizzazione delle autonomie locali deriva dalla Costituzione repubblicana; ma ha una ulteriore spinta alla sua attua-zione sopratutto nell’ultimo decennio dello scorso secolo, trovando realizzazione prima con le c.d. leggi Bassanini, poi con la legge costituzionale n. 3/2001 di riforma del titolo V della Costituzione, parte seconda.

il decentramento amministrativo dovrà essere completato con quello fiscale, nel senso che cosi come per il primo vale il principio di sussidiarietà, cioè quello secon-do cui le competenze amministrative devono essere esercitate dall’ente più vicino al cittadino, per il secondo vale il principio di sufficienza, cioè i mezzi per l’esercizio delle competenze devono essere reperiti in modo adeguato nel territorio.

il sintetico quadro esposto può bastare per affrontare in modo consapevole l’analisi dei tributi locali programmata per il presente incontro e trarne utilità per la loro comprensione.

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2. L’irap e l’ici quali imposte sul reddito

L’ici colpisce il reddito dei beni immobili: terreni, fabbricati ed aree fabbrica-bili. invero, pur essendo configurata nella legislazione quale imposta sul reddito, in dottrina si ritiene trattarsi di un’imposta patrimoniale.

L’irap colpisce la produzione netta (cioè il reddito) derivante dall’esercizio abituale ed organizzato di ogni attività diretta alla produzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi in quanta autonomamente organizzata.

Sia pure configurato in modo diverso, ciascun tributo colpisce manifestazioni reddituali: pertanto l’analisi relativa ai singoli tributi deve muovere dell’esame della nozione di reddito quale è accolta nell’ordinamento.

nel sistema normativo quest’ultima muove certamente da quella elaborata dalla scienza economica, ma non coincide con essa. La differenziazione delle due nozio-ni costituisce un dato comunemente acquisito, esistendo sul piano giuridico solo quella accolta nella legislazione positiva, che obbedisce a criteri tecnici di sempli-ficazione e di applicabilità, ma anche ad esigenze di ordine politico-sociale.

Dovendo muovere pertanto ogni riflessione dalla nozione di reddito quale ac-colta nell’ordinamento, va subito affermato che nel sistema positivo non esiste una nozione unitaria, ma un concetto base che viene poi qualificato con elementi aggiuntivi per ogni forma specifica di imposizione.

in linea generale risulta accolto il concetto secondo cui costituiscono reddi-to le varie forme di arricchimento individuate dal legislatore. in tale accezione reddito è pertanto ricchezza nuova, incremento patrimoniale.

Tale formulazione generale trova tuttavia nelle varie applicazioni delle speci-fiche connotazioni.

a fini conoscitivi è possibile aggiungere al generico concetto di reddito le seguenti qualificazioni:

a) reddito-prodotto, cioè il risultato derivante da una fonte particolare, sia essa un bene (redditi immobiliari o mobiliari), ovvero un’attività (lavoro od eser-cizio imprenditoriale);

b) reddito-entrata, cioè l’acquisizione di ricchezze prescindendo dalla fonte che le ha prodotte;

c) reddito-spesa, cioè quella parte delle nuove acquisizioni economiche de-stinate al consumo;

d) reddito-incremento di valore, cioè quegli incrementi di valore di beni gia posseduti (plusvalenze, rendite di posizione).

Poichè il sistema impositivo risponde ad esigenze pratiche, può accadere che nella legislazione vengano ricompresse nel concetto specifico di reddito fattispecie non tutte riconducibili ad una unica nozione.

nel vigente ordinamento infatti è stato fondamentalmente accolto il concetto di reddito-prodotto, ma il legislatore talvolta ha fatto riferimento a quello di reddito-incremento (plusvalenze), ovvero a quello di reddito-entrata o reddito-spesa (arricchimenti in genere).

Che il legislatore abbia fondamentalmente accolto il concetto di reddito pro-dotto emerge dal fatto che positivamente sono state previste le vane categorie di reddito con riferimento alla fonte che lo ha prodotto.

Pertanto sono stati individuati redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipen-dente, di lavoro autonomo e di impresa.

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L’esistenza di redditi diversi e distinti in relazione alla fonte che li ha pro-dotti apre la strada alla nozione accolta dal legislatore di reddito complessivo: il quale è costituito dalla somma dei singoli redditi, una volta che questi siano stati autonomamente determinati in relazione alla loro fonte.

Ma tale affermazione può essere riferita solo alle persone fisiche ed alle per-sone giuridiche che non siano enti commerciali.

Viceversa per le persone giuridiche che siano enti commerciali il reddito com-plessivo è solo quello d’impresa, esso è cioè costituito da una sola delle varie categorie di reddito. ove esistano altri singoli redditi nell’ambito della gestione aziendale, come quello di capitale o quello fondiario, essi concorrono alla for-mazione del reddito d’impresa.

il momento conclusivo della rilevanza del collegamento del reddito con la sua fonte è quello relativo alla modalità di tassazione dello stesso, la quale può essere di tipo personale, ovvero di tipo reale.

La prima ricorre quando è commisurata non solo al complesso dei singoli redditi, ma anche tenendo conto di specifiche condizioni personali del soggetto tassato. Sua connotazione e la progressività (irpef).

La seconda è caratterizzata dalla corrispondenza della tassazione con un sin-golo reddito, sulla quale si applica una imposta autonoma (ici, irap).

Va comunque precisato che è il collegamento con la singola fonte che de-termina il carattere reale del tributo, il quale può accogliere nella sua concreta configurazione elementi riferiti alla condizione personale del soggetto passivo, senza per questo perdere la sua connotazione di tributo reale (ad es. ici. sulla prima casa, in cui vi è una differente applicazione del tributo per effetto delta rilevanza della condizione personale del soggetto passivo di essere titolare di un immobile destinato a propria prima abitazione).

È sembrato opportuno svolgere una riflessione di carattere generale sui con-cetti di reddito, di reddito complessivo e di tassazione personale e reale per verificare in quale misura gli stessi siano stati positivamente accolti nella confi-gurazione dei due tributi sul reddito oggetto di esame, irap. ed ici

Una ultima connotazione va infine riferita ai due tributi.L’ici. è un’imposta gestita direttamente dai Comuni.L’irap. invece è gestita dagli uffici dell’amministrazione finanziaria statale, pur

essendo titolari del relativo gettito le regioni.La ragione tecnica di tale circostanza è data dal fatto the l’ir.a.P. viene appli-

cata sugli imponibili quali determinati ai fini delle imposte erariali sul reddito.Spetta naturalmente agli uffici centrali statali provvedere successivamente al

trasferimento a favore delle regioni del relativo gettito.

SEZioNE Prima - iraP

1. La genesi

Per comprendere la funzione dell’irap. nell’ordinamento tributario bisogna ri-salire indietro nel tempo.

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L’obiettivo che si era proposto la riforma tributaria degli anni settanta era stato quello di impostare la tassazione dei redditi sulla base di una imposizione personale progressiva.

Tale finalità è stata tuttavia realizzata solo con l’irpef, in quanto la tassazione delle persone giuridiche con l’irpeg non ha riprodotto tale schema se non per alcuni modesti dettagli, riguardanti la tassazione degli enti non commerciali.

La tassazione dei redditi con l’irpef e con l’irpeg era stata completata con l’introduzione dell’ilor., imposta il cui gettito era destinato nelle intenzioni del legislatore a finanziare gli enti locali territoriali.

L’imponibile di tale ultimo tributo, che era costituito da diversificate fonte reddituali, aveva sollevato perplessità e prodotto contenzioso ordinario e costi-tuzionale.

Dal 1° gennaio 1998 tale imposta è stata abolita e sostituita con l’irap, intro-dotta dal D.lgs. n. 446/1997, sulla base della delega contenuta nell’art. 3, comma 111 delta legge n. 662/1996.

Ma l’introdotto tributo ha rispetto all’ilor. una finalità nuova ed una diversa base imponibile.

in ordine al primo aspetto, va ricordato che l’irap ha avuto lo scopo di ope-rare un riordino ed una semplificazione di alcuni prelievi effettuati in preceden-za nei confronti delle imprese e del lavoro, sostituendosi ad alcuni tributi (ilor, iciap., tassa di concessione governativa sulla partita iva., imposta sul patrimonio netto delle imprese), e ai contributi per il SSn.

Sul piano concreto essa a stata destinata al finanziamento della sanità: con-seguente è l’assegnazione del gettito alle regioni, che svolgono rilevanti compiti nel settore.

Deve essere peraltro osservato che, per il modo con cui è stata configurata la specifica capacità contributiva sulla quale è basato il tributo, manca un col-legamento tra le ragioni storiche che hanno portato all’introduzione e la sua configurazione imponibile.

Tema quest’ultimo che richiederà uno specifico approfondimento, essendo basate su quest’ultima contestazioni giudiziarie sia nell’ambito interno, che in quello comunitario.

in un primo approccio con il tributo bisogna muovere dalla definizione legi-slativa della specifica capacità contributiva che è chiamato a colpire.

Questa risulta individuata nel “valore della produzione netta”, quale risulta-to di un’attività svolta in modo abituale ed organizzato, preordinata alla pro-duzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi. Circostanza che conduce facilmente ad assegnarle una prima specifica connotazione quale imposta reale.

Meno facile è stabilire se essa sia un’imposta diretta o indiretta, dalla qua-le qualificazione in un senso o nell’altro possono derivare conseguenze diverse, come si vedrà in prosieguo.

2. Gli elementi costitutivi: soggetti passivi, base imponibile ed aliquote

Prima di tentare una esplorazione della specifica capacità contributiva che il tributo intende colpire, da assumere poi quale base per operare la sua catalo-

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gazione classificatoria, in particolare se si tratti di imposta diretta o indiretta, appare opportuno prospettare una sua descrizione, cioè individuare chi è colpito, la base imponibile e le aliquote applicate.

1. Soggetti passivi sono tutti coloro che esercitano le attività produttive soggette a tassazione, cioè:

- le società di capitali;- le società di persone;- gli imprenditori individuali;- gli esercenti arti e professioni, sia in forma associata che individuale, pur-

chè quest’ultima attività sia basata su una pur minima organizzazione (C. Cost. n. 156/2001);

- i produttori agricoli titolari di reddito agrario;- gli enti pubblici e quelli privati non commerciali;- le società e gli enti non residenti.Sono esclusi i fondi comuni di investimento, i fondi pensione e i gruppi

economici di interesse europeo (Geie.).

2. La base imponibile del tributo è costituita dal valore della produzione netta quale realizzata net territorio della Regione.

Tuttavia il legislatore non propone una nozione unitaria di tale valore, varian-do la stessa in relazione alla tipologia dell’attività esercitata. Pertanto la stessa si realizza secondo regole differenti per le attività commerciali e non, nonchè per le attività professionali.

Per le attività produttive e commerciali in contabilità ordinaria la base di determinazione è data dal conto economico, redatto secondo le regole civilisti-che (art. 2425 c.c.).

Per determinare il valore della produzione, le componenti positive e negative vanno determinate secondo le prescrizioni contenute nella normative relativa alle imposte sui redditi.

Vanno altresì applicate a tale scopo le ulteriori prescrizioni di dettaglio sta-bilite negli artt. 5 e 11 del decreto istitutivo.

Le stesse disposizioni si applicano anche per i soggetti che non adottano la contabilità ordinaria e non applicano quindi la normativa propria dell’art. 2425 c.c. per la redazione del conto economico.

Per coloro che svolgono l’esercizio di arti e professioni, anche in forma as-sociata, mancando un conto economico, la base imponibile è costituita dalla differenza tra i compensi percepiti ed i costi sostenuti, con l’applicazione di regole particolari in ordine agli uni e agli altri.

Per gli enti privati non commerciali e per gli enti pubblici la base imponibile è data da un importo corrispondente all’ammontare delle retribuzioni spettanti al personale dipendente ed assimilato.

ove gli enti pubblici svolgano anche attività commerciale, questa soggiace alle regole proprie delle attività commerciali soltanto per tale settore, previa adozione di contabilità separata da tenersi secondo le regole civilistiche.

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3. La determinazione dell’imposta avviene applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 4,25%. Questa costituisce l’aliquota base.

alle regioni è concesso il potere di modificare in aumento o in diminuzione l’aliquota base nei limiti di un punto percentuale. Tale variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

Per gli enti pubblici e quelli privati non commerciali valgono regole partico-lari per la determinazione dell’aliquota; cosi anche per i1 settore agricolo e per quello bancario e assicurativo.

L’irap non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi, neè ammessa rivalsa.

3. La natura del tributo

nella legislazione non esiste una espressa qualificazione del tributo, la quale va quindi ricavata dalla considerazione dei suoi elementi costituivi.

non vi è dubbio che per classificare tale tributo come diretto o indiretto, in quanto cioè colpisca il patrimonio e il reddito, ovvero il trasferimento e il con-sumo della ricchezza, bisogna indagare in cosa consista la capacità contributiva che esso colpisce.

in proposito va richiamato quanto si afferma nei lavori preparatori, dai quali emerge che l’imposta e stata costruita su una capacità contributiva impersonale.

Certamente non è un’imposta personale, in quanto tributo legato ad una sin-gola specifica fonte di reddito e non al reddito complessivo personale del suo titolare.

Strutturalmente essa è un costo della produzione in genere, in quanto con-nessa con l’utilizzo di fattori produttivi.

Una parte della dottrina sostiene che sia una imposta indiretta, ma contrad-dicono tale qualificazione specifiche disposizioni, quale quella sull’indeducibilità dai costi e quella sull’esclusione della rivalsa.

appare opportuno tuttavia aver prospettato in via generale i termini in cui si pone la questione, in quanto in ordine a tale tema deve essere tuttavia as-sunto un atteggiamento di prudente attesa, per le implicazioni che deriveranno dalla pronuncia che verrà espressa dalla Corte di Giustizia dell’U.E., incentrata su tale aspetto del tributo.

4. Le modificazioni normative alla legge istitutiva

La disciplina originaria dell’irap è stata novellata con successivi interventi normativi, dei quali vengono indicati i più significativi:

- l’art. 1, comma 1, del D.lgs 10.4.1998 n. 137, che ha operato precisazioni in ordine sia al tipo di attività, che ai soggetti passivi dell’imposta; nonchè l’art. 2, che ha innovato per quanto riguarda la materia imponibile;

- il D.lgs 30.12.1999 n. 506, cha ha apportato interventi correttivi in merito alla quantificazione dell’imponibile irap;

- l’art. 5 della legge 27.12.2002 n. 289, che ha dettato nuove disposizioni per quanto riguarda la determinazione della materia imponibile;

- l’art. 3, comma 1, del D.L. 30.9.2003 n. 269, convertito dalla legge 24.11.2003

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n. 326, in materia di deduzione degli incentivi per il rientro in italia dei ricer-catori residenti all’estero;

- l’art. 8 della legge delega per la riforma del sistema fiscale (legge 7.4.2003 n. 80), che ha previsto una graduale riduzione dell’irap., preordinata alla sua successiva eliminazione dal sistema;

- l’art. 1, commi 347 e 348, della Legge 30.12.2004 n. 311 (finanziaria per il 2005), con cui sono state apportate ulteriori modiche alla materia imponibile dell’irap;

- il D.lgs 12.12.2003 n. 344, emanato in attuazione della delega di cui alla legge n. 80/2003, che ha introdotto la nozione di stabile organizzazione ai fini delle imposte dirette e dell’irap inserendone la relativa disciplina nell’art. 162 del D.P.r. 22.12.1986 n. 917 (Tuir)

Va sottolineato nell’ambito della rassegna legislativa che con la legge n. 80/2003 è stata conferita delega per la riforma fiscale che prevede l’abolizione dell’irap; mentre la legge n. 311/2004 (finanziaria per il 2005) ha stabilito un modesto alleggerimento tariffario.

5. La peculiare capacità contributiva sulla quale si applica l’irap: dibattito in or-dine al tema sul versante interno e su quello comunitario

L’istituzione dell’irap. ha generato un ampio dibattito sia nell’ambito giudizia-rio nazionale, che in quello comunitario.

Per quanto riguarda il dibattito interno, rilevano innanzitutto le prospettazioni di legittimità costituzionale sollevate in ordine alla struttura del tributo, ai suoi presupposti ed ai criteri di determinazione della base imponibile in riferimento ai principi stabiliti nella Costituzione in tema di uguaglianza, di capacità con-tributiva e di tutela del lavoro.

in particolare, è stata messa in discussione la compatibilità della specifica con-figurazione della capacità contributiva posta a base del tributo (rappresentata nella legge istitutiva non dal reddito, dal consumo o da un incremento patrimoniale, bensì dal “valore della produzione netta”) con i detti principi costituzionali.

Cercando di interpretare il significato di questa ultima locuzione, quale de-sumibile anche dal contesto dell’insieme delle disposizioni, costituisce opinione corrente quella secondo cui la specifica capacità contributiva consiste nel risul-tato derivante dalla abilità di saper coordinare fattori produttivi di per sè sol-tanto, cioè una idoneità reddituale della struttura autonomamente organizzata e separata dalla capacità contributiva personale propria del suo titolare. Viene tratta la conclusione secondo cui il tributo colpisce il valore aggiunto (valore della produzione netta), quale espresso dalla comparazione tra ricavi e costi.

La Corte costituzionale ha affrontato sia il tema centrale del tributo, cioè quello relativo alla capacità contributiva sulla quale è basato, che quelli relativi all’uguaglianza del trattamento ed alla tutela del lavoro, con la nota sentenza n. 156, depositata il 21.5.2001, respingendo gli interrogativi di incostituzionalità prospettati dalle Commissioni tributarie.

Ha affermato in proposito che rientra nella discrezionalità del legislatore, con il solo limite della non arbitrarietà, la determinazione dei singoli fatti espressivi di capacità contributiva. Precisando che “l’assoggettamento all’imposta in esame

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del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale, è d’altro canto pienamente conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva, identica essendo, in entrambi i casi, l’idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza pro-dotta, ne appare in alcun modo lesivo della garanzia costituzionale del lavoro”.

La Corte ha poi affrontato il tema della rilevanza eventuale di situazioni di assenza di elementi di organizzazione, cioè quello della stessa inesistenza della capacità contributiva.

Ha precisato in proposito che una tale occorrenza non può modificare il giudizio di legittimità sulla normativa relativa al tributo, aggiungendo che si tratta di una situazione di mero fatto, consistente nella mancanza dello stesso presupposto dell’imposta, cioè l’organizzazione di fattori produttivi diretta alla produzione o allo scambio di beni o alla prestazione di servizi, con la conse-guente inapplicabilità dell’imposta per mancanza del presupposto.

Deve ritenersi plausibile che una simile situazione non possa essere ipotizza-ta nei confronti dell’attività imprenditoriale, impostata strutturalmente e neces-sariamente sulla base di un supporto organizzativo di fattori produttivi, bensì certamente in riferimento a quella professionale che, ove svolta individualmente e mancando o essendo insignificante una struttura organizzativa, non può sog-giacere al tributo.

in proposito ha concluso la Corte che la sussistenza in concreto di tale even-tualità va accertata caso per caso dai giudici di merito.

È evidente che la Corte costituzionale ha inteso disegnare uno spazio di inap-plicabilità del tributo, delineato concettualmente dall’assenza di organizzazione strutturale, il cui accertamento in concreto spetta alle Commissioni tributarie.

nella giurisprudenza di queste ultime manca purtroppo un filo conduttore, una idea guida che costituisca il punto di partenza di ogni riflessione.

non vi e dubbio che la Corte costituzionale ha ritenuto che, ove il reddito professionale derivi esclusivamente o prevalentemente dalla propria capacità in-tellettiva, l’imposizione dello stesso con l’irap sostanzialmente realizzerebbe du-plicazione dell’imposizione sul reddito personale già gravato dall’irpef. ove invece il reddito derivi dalla struttura organizzativa preordinata all’esercizio dell’attività professionale,è giustificato l’assoggettamento dello stesso al tributo in quanto l’esclusione dell’irap concreterebbe una vera esenzione di tale particolare reddito dall’imposizione.

ove il reddito professionale individuale è riferibile al concorso della capaci-tà professionale con la struttura organizzativa spetterà alle Commissioni stesse formulare un giudizio di prevalenza dell’una o dell’altra.

Sul versante comunitario è stata prospettata la compatibilità o meno dell’irap con il divieto comunitario di introdurre in ambito nazionale imposte sulla cifra d’affari diverse dell’iva (sesta direttiva europea sull’iva)

La questione è stata discussa il 16 novembre 2003 davanti alla Corte di giu-stizia dell’U.E. e si è in attesa della pronuncia.

assumono rilievo in proposito le posizioni assunte dalle parti in tale giudizio: lo Stato italiano e la Commissione U.E.

L’avvocatura di Stato dell’italia ha difeso il tributo sostenendo trattarsi so-stanzialmente di imposta sui redditi e che comunque la Commissione dell’U.E. aveva a suo tempo espresso parere favorevole al varo del tributo.

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nello specifico giudizio la Commissione dell’U.E., pur dando atto dell’indica-to precedente, sostiene che l’irap costituisca duplicazione dell’i.V.a. (vedasi in proposito le conclusioni espresse dall’avvocato Francis Jacobs, avvocato generale presso la Corte di Giustizia Europea).

L’assunto dell’avvocatura italiana in difesa dell’irap à basato sull’affermazione della natura di imposta diretta, in quanto applicata a ricchezza creata e non a cessioni effettuate.

La tesi opposta è che i’irap non colpisca il reddito personale del contribuente, bensì il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate e, in quanto tale, sarebbe duplicazione dell’i.V.a.

SEZioNE SECoNDa – L’iCi

1. La legislazione statale e la potestà regolamentare dei Comuni

1. La legislazione statale

Con il d.lgs. 30.12.1992 n. 504, emanato in attuazione dell’art. 4 delta leg-ge 23.10. 1992 n.421, è stata prevista l’istituzione di tale tributo a decorrere dall’1.1.1993, destinato ad assicurare il gettito più consistente per le necessità finanziarie dei comuni.

Successivi interventi normativi hanno introdotto modifiche al provvedimento istitutivo, con la L n. 388/2000, con i1 d.lgs. n. 32/2001, con la L. n. 448/2001, con la L. n. 311/2004 (finanziaria per il 2005) e, da ultimo, con la L. n. 266/2005 (finanziaria per il 2006).

il tributo è stato disegnato quale imposta reale, cioè quale trattamento tri-butario che incide direttamente sul bene, il quale è l’oggetto del tributo. Quindi una imposta diretta sul patrimonio immobiliare.

Costituiscono eccezioni alla imponibilità del bene alcune circostanze che de-terminano esenzioni, riduzioni e detrazioni, come sarà esposto allorchè saranno presi in esame i presupposti soggettivi dell’imposizione.

Trattasi di imposta periodica, proporzionale e locale.

1.2 La potestà regolamentare dei Comuni

al momento della sua prima istituzione, con il d.lgs. n. 504/1992, la norma-tiva riservava margini abbastanza ristretti all’autonomia dei Comuni, riconoscen-do solo il potere di scegliere l’aliquota applicabile nell’ambito di percentuali di prelievo predeterminate nel minimo e nel massimo (art. 6).

La progressiva spinta alla realizzazione di un diverso sistema di rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali, che ha trovato accoglimento nella legislazione ordinaria degli ultimi anni novanta e definitivamente culminata nella espressa acquisizione del principio di parità giuridica in ordine a tali rapporti, avvenuta con la legge di riforma costituzionale n. 3 del 2001, ha prodotto effetti anche sull’impostazione dei rapporti relativi alle competenze tributarie, con la progres-siva attuazione di un sistema di federalismo fiscale.

il d.lgs. n. 446/1997 ha riconosciuto ai Comuni una potestà regolamentare

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generale in materia di entrate, riservando alla legislazione statale la individua-zione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, fissando altresì i margini di discrezionalità entro i quali i Comuni possono predisporre una normativa di applicazione dell’ici.

È evidente che la riserva di legge statale, quale fonte primaria della disciplina, risponde alla necessità di definire con logica di generalità su tutto il territorio nazionale i caratteri costitutivi dell’imposta, quale espressione del principio co-stituzionale di uguaglianza e di capacità contributiva.

La facoltà dei Comuni di integrare la disciplina generale risponde all’oppor-tunità di accogliere nella normativa regolamentare le esigenze, i bisogni e le particolarità proprie della comunità territoriale.

i rapporti tra la normativa statale e quella autonoma, con la determinazione dei rispettivi ambiti, sono attualmente disciplinati dall’art. 52 del d.lgs. citato.

Questa disposizione riconosce una potestà regolamentare generale dei Comu-ni in materia di entrate, il cui concreto esercizio deve avvenire nel rispetto dei principi fondamentali coperti da riserva a favore della legislazione statale i quali, come si è visto, riguardano l’individuazione e la definizione delle fattispecie im-ponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota massima dei singoli tributi.

La stessa norma dispone altresì che l’adottando regolamento comunale deb-ba operare nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Pertanto devono ritenersi ammesse previsioni regolamentari che, nel rispetto dei principi coperti da riserva di legge, valgano ad agevolare gli adempimenti richiesti ai contribuenti (derogatio in melius).

ii successivo art. 59 elenca gli aspetti della materia che possono costituire oggetto della disciplina regolamentare comunale in materia di ici.

1.3 Competenze degli organi comunali in materia di entrate

L’art. 32, comma 2, della legge sulle autonomie n. 142/1990 aveva stabilito la competenza consiliare per l’istituzione e l’ordinamento dei tributi, nonchè per la disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi.

Sulla base di tale disposizione non sussistevano dubbi circa la competenza consiliare in materia di regolamenti tributari, mentre la questione della compe-tenza in ordine alla determinazione delle aliquote non aveva trovato nella giu-risprudenza soluzioni uniformi, oscillando tra la considerazione di questa quale atto generale di indirizzo attribuito alla competenza consiliare, ovvero quale atto di gestione di competenza della Giunta.

L’art. 42, comma 2, lett. f), del d. 1gs. n. 267/2000, con il quale è stato appro-vato i1 nuovo testa unico delle disposizioni relative agli enti locali, ha stabilito che spetta al consiglio la competenza in ordine all’istituzione e all’ordinamento dei tributi comunali, non includendo quella relativa alla determinazione delle relative aliquote.

Poichè tale ultimo adempimento non è espressamente attribuito alla compe-tenza consiliare, sulla base del principio della competenza residuale propria della Giunta deve concludersi che lo stesso spetti a quest’ultima.

1.4 L’esplicazione del potere regolamentare

il richiamato art. 52 del d. 1gs. n. 446/1997 disciplina il procedimento per

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l’adozione, la realizzazione dei requisiti di efficacia ed il controllo di legittimità dei regolamenti in materia di entrate.

in sintesi, il regolamento viene adottato dal Consiglio e, dopo la pubblicazione nell’albo Pretorio, le nuove disposizioni hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data della sua approvazione (salvo proroghe).

Entro trenta giorni dalla sua esecutività, che si realizza al termine di tale pubblicazione, deve essere inviato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, ai fini del controllo di legittimità, nonchè della sua successiva pubblicazione mediante avviso sulla Gazzetta Ufficiale.

L’art. 1, comma 1, lettera s, del d.lgs. n. 506/1999, ha stabilito che il model-lo per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’avviso relativo all’avvenuta adozione degli atti regolamentari, nonchè di quello relativo alle deliberazioni approvative delle tariffe degli enti locali, è definito con decreto dei Ministeri delle Finanze e della Giustizia.

Qualora il Ministero ritenga l’atto affetto da vizi di legittimità non ha il potere di annullamento, bensì solo quello di impugnativa dinanzi al T.a.r. nel termine di 60 giorni dal ricevimento.

Un analogo potere di impugnativa deve essere riconosciuto a tutti i soggetti interessati, sulla base dei principi generali, entro 60 giorni dal termine dell’av-venuta pubblicazione nell’albo.

Va infine ricordato che al giudice tributario è stato riconosciuto il potere di disapplicazione delle disposizioni regolamentari ritenute illegittime (art. 7, com-ma 5, del d.lgs. n. 546/1992).

2. I presupposti oggettivi dell’imposizione

2.1 Generalità

Stabilisce l’art. 1 del d.lgs. n. 504/1992 che i1 presupposto oggettivo dell’im-posizione è dato dal possesso a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi e superficie di fabbricati, aree fabbricabili o terreni agricoli siti nel ter-ritorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività di impresa.

L’analisi relativa al titolo del diritto, cioè la connessione del bene con la per-sona titolare del diritto, in quanto attinente agli aspetti soggettivi dell’imposizio-ne, sarà svolta successivamente. riguarda invece l’individuazione degli elementi oggettivi dell’imposizione la definizione e delimitazione concettuale e pratica dei tipi di beni quali elencati dal legislatore: fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli.

Dalla indicata disposizione si deduce che il presupposto oggettivo dell’impo-sizione è costituito dal possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agri-coli siti nel territorio dello Stato, qualunque possa essere la destinazione d’uso dell’immobile.

in particolare va chiarito che rientrano nel campo di applicazione dell’ici non solo gli immobili direttamente adibiti ad abitazione, le aree fabbricabili ed i terreni coltivati, ma qualsiasi bene riconducibile a tali categorie, comprese le abitazioni temporaneamente non abitate, le aree fabbricabili non utilizzate, i terreni temporaneamente non coltivati, oltre naturalmente gli immobili stru-

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mentali utilizzati per l’esercizio di arti, imprese e professioni, nonchè quelli che costituiscono l’oggetto dell’attività d’impresa, con le eccezioni normativamente previste.

aveva chiarito la giurisprudenza che vi rientrano anche gli immobili abusivi per i quali è stata concessa la sanatoria edilizia, equivalendo quest’ultima ad una concessione edilizia attribuita tempestivamente. il principio giurisprudenziale è stato poi accolto nella legislazione (art. 2, comma 41, della legge 24.12.2003 n. 350. Finanziaria per il 2004).

Quest’ultima disposizione ha altresì stabilito che, fino a quando non verrà attribuita la rendita catastale definitiva, l’ici. deve essere quantificata in misura pari ad euro 2 per ogni metro quadrato di opera edilizia regolarizzata per cia-scun anno d’imposta, senza tener conto delle detrazioni: pertanto tale metodo sostituisce quello ordinario di applicazione dell’ici.

Ha altresì stabilito che l’ici. sia dovuta in ogni caso dall’ 1.1.2003, se a tale data i lavori erano stati ultimati o il fabbricato già utilizzato, sulla base della rendita catastale definitivamente attribuita, anche se l’attribuzione è successiva a tale data.

L’art. 2 del d.lgs. n. 504/1992 provvede a definire le singole categorie di be-ni.

2.2 Fabbricati

Trattasi delle unità immobiliari iscritte o da iscrivere nel catasto edilizio ur-bano, con la precisazione che devono intendersi ricomprese nello stesso le aree occupate dai fabbricati stessi, nonchè le aree pertinenziali. L’assoggettamento ad imposizione decorre dal momento in cui le stesse risultano materialmente ulti-mate ovvero, se utilizzate prima dell’ultimazione, dal momento in cui si verifica l’utilizzazione.

a norma dell’art. 33 del D.P.r. n. 917/1986 (T.U. delle imposte sui redditi) le unità immobiliari urbane sono “i fabbricati e le altre costruzioni stabili o lo-ro porzioni suscettibili di reddito autonomo. Le aree occupate dalle costruzioni e quelle che ne costituiscono pertinenze si considerano parti integranti delle unità immobiliari”.

Un uguale concetto esprime la normativa catastale contenuta nel r.D. 13.4.1939 n. 652, convertito nella legge 11.8.1939 n. 1249, la quale qualifica im-mobile urbano “ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per sè stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”.

ai sensi della normativa ici, non rientrano nella categoria dei fabbricati le costruzioni rurali, essendo la relativa capacità di reddito inclusa nel reddito do-minicale dei terreni agricoli.

2.3 Aree fabbricabili

rientrano in tale nozione i suoli che possono essere utilizzati per l’edificazio-ne di strutture immobiliari sulla base delle previsioni degli strumenti urbanistici, siano essi generali (piano regolatore generate e programma di fabbricazione), ovvero attuativi (piani particolareggiati di attuazione, piani di lottizzazione ), ovvero in base alle effettive e concrete possibilità di edificazione.

La utilizzabilità edificatoria di qualunque livello propria di un bene determina la sua assoggettabilità al regime ici nell’ambito di tale categoria.

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La particolarità di tali beni è data dal fatto che per gli stessi non esiste la possibilità di una valutazione imponibile predeterminata sulla base di parametri analoghi agli estimi catastali, dovendo la formazione degli imponibili essere ef-fettuata secondo le regole del valore venale nel commercio ordinario. Mancando pertanto un elemento stabilizzato ed oggettivo cui rapportare l’imponibile, la determinazione di quest’ultimo è una possibile fonte di contenzioso.

Un criterio di predeterminazione di tale imponibile può essere costituito da quello utilizzato ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità, sul quale tema si tornerà successivamente con maggiori dettagli.

2.4 Terreni agricoli

È qualificato terreno agricolo ai fini dell’applicazione dell’ici quello adibito all’esercizio delle attività indicate nell’art. 2135 c.c.

Perchè un terreno sia considerato agricolo è pertanto necessario il collega-mento dello stesso con una delle attività elencate in tale norma; dalla quale circostanza discende che è l’utilizzo effettivo del bene che determina l’inclusione dello stesso nella categoria dei terreni agricoli assoggettabili ad ici.

Di conseguenza, non possono essere considerati agricoli i terreni definitiva-mente abbandonati o incolti: in tali casi il terreno resta oggettivamente escluso dall’ambito di applicazione dell’imposta.

Viceversa, in base al sistema proprio della normativa ici, i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti ovvero da imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale e sui quali è svolta l’utilizzazione agro-silvo-pastorale, non sono considerati aree edificabili anche se possiedono l’idoneità all’edificazione. Pertanto tali terreni sono considerati agricoli ai fini ici, a con-dizione che sussista identità tra il possessore e il conduttore del terreno e che quest’ ultimo sia un coltivatore diretto o un imprenditore agricolo a titolo prin-cipale (art.2 d.lgs. n. 50411992).

L’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 446/1997 ha dato la definizione di coltivatore diretto e di imprenditore agricolo, stabilendo che ai fini dell’ici devono conside-rarsi tali gli iscritti negli elenchi comunali di cui all’art. 11 della 1. 9.1.1963 n. 9, soggetti ai corrispondenti obblighi assicurativi e previdenziali.

2.5 Procedimento di determinazione della rendita catastale

ancora attualmente la competenza a determinare l’attribuzione della rendita catastale per qualsiasi tipo di immobile spetta alle agenzie del Territorio.

allo scopo, l’ambito territoriale di ogni comune è suddiviso in zone censuarie, cioè parti di territorio nelle quali è possibile individuare elementi di omogeneità per tipo di costruzioni e per destinazione urbanistica. i comuni di dimensioni limitate possono essere costituiti da una zona censuaria unica.

Gli elementi sulla base dei quali viene attribuita la rendita sono i seguenti:- categoria, corrispondente alla destinazione d’uso ordinaria dell’immobile,

cioè il tipo di immobile quale risultante dalla catalogazione catastale: immobili a destinazione ordinaria (suddivisibile nei gruppi a-B-C), a destinazione speciale (gruppo D), ovvero a destinazione particolare (gruppo E);

- classe, corrispondente agli aspetti del bene singolo che determinano il diver-so livello della capacità di reddito, come la qualità delle rifiniture e dei servizi, ovvero l’epoca della costruzione;

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- consistenza, corrispondente alle caratteristiche interne dell’immobile (dimen-sione complessiva e parti di cui si compone).

in riferimento a tale ultimo elemento, per gli immobili del gruppo a, cioè per le unità ad uso abitativo, va determinato con riferimento al numero dei vani. a tale proposito si distinguono i vani utili (soggiorno, salone, camere, cucina abitabile) da quelli accessori. nell’ambito di questi ultimi si distinguono quelli funzionali di servizio o di disimpegno ai vani principali (ingressi, corridoi, bagni, ripostigli, dispense, disimpegni, cucine non abitabili) da quelli che ne integrano la funzione (soffitte, cantine, lavanderie).

Mentre ciascun componente del primo gruppo è conteggiato per un terzo di vano, quelli del secondo lo sono per un quarto.

La consistenza dei fabbricati del gruppo B (collegi, convitti, scuole, case di cura, ecc.) si misura in metri cubi, calcolando il volume vuoto per pieno; quella del gruppo C (stazioni per servizi di trasporto, ponti soggetti a pedaggio, ecc.) si misura in metri quadrati, sommando le superfici libere; quella del gruppo D (opifici, alberghi, teatri, ecc.) mediante stima diretta del bene.

3. Presupposti soggettivi del tributo

Soggetto attivo del rapporto tributario ici è il Comune sulla cui superficie insiste totalmente o prevalentemente l’immobile alla data del 1° gennaio di cia-scun anno.

Qualora un singolo bene al quale sia stata attribuita un’unica rendita catastale ricada in due differenti comuni, l’imposta deve essere versata a favore di quello sul cui territorio insiste la maggior parte del bene. Quest’ultimo rimborserà al Comune contermine la quota di competenza.

Soggetto passivo è la persona fisica o giuridica, di qualsiasi tipo, comprese le società commerciali anche di fatto o irregolari, nonchè quelle non commerciali, che sia proprietaria ovvero titolare di diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), senza che rilevi la sua residenza nel territorio statale, ovvero la sede legale oil luogo di esercizio dell’attività.

La soggettività è stata attribuita dall’ 1.1.1998 ai titolari del diritto di enfiteusi e di superficie con l’art. 58 del d.lgs. 15.12.1997 n. 446, che l’ha estesa anche ai locatari esclusivamente per gli immobili concessi in locazione finanziaria (le-asing). Prima di quella data il soggetto passivo era il concedente, che poteva rivalersi poi nei confronti del superficiario, dell’enfiteuta o del locatario.

Per effetto dell’art. 18, comma 3, della legge 23.12.2000 n. 388, con decor-renza dal 1° gennaio 2001, i concessionari di aree demaniali sono diventati soggetti passivi ici.

ai sensi dei commi 335 e segg. dell’art. 1 della legge n. 311/2004 i Comuni possono richiedere all’agenzia del territorio la revisione dei classamenti catastali non più adeguati alle situazioni reali.

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4. L’applicazione dell’imposta

4.1 Generalità e determinazione della base imponibile

attiene al tema dell’applicazione dell’imposta la considerazione di due opera-zioni concettualmente e proceduralmente distinte.

La prima riguarda la determinazione della base imponibile, cioè la quantifi-cazione del valore del bene su cui poi applicare la percentuale d’imposta.

La seconda operazione riguarda l’individuazione della misura percentuale di prelievo, cioè dell’aliquota, da applicare sull’imponibile, ai fini della concreta determinazione del debito d’imposta.

i criteri di determinazione della base imponibile sono differenziati, come pre-visto nell’art. 5 del d.lgs. n. 504/1992, in riferimento alle singole categorie tipiche di beni: i fabbricati, le aree fabbricabili e i terreni agricoli.

Fabbricati

Viene operata una distinzione tra quelli iscritti nelle categorie catastali (a-B-C-D); quelli di categoria D non iscritti in catasto, utilizzati per l’intero da im-prese; e quelli non iscritti in catasto.

Fabbricati iscritti in catasto

il valore è determinato applicando alla rendita catastale vigente alla data del 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutata del 5% dall’ 1.1.1997 (art. 3, comma 48, della legge 23.12.1996 n. 662), i coefficienti moltiplicatori previsti dall’art. 52 del D.P.r. n. 131/1986 (T. U. dell’imposta di registro), attualmente in vigore come segue:

- 100 per le unità immobiliari classificate nei gruppi catastali a (abitazioni), B (collegi, convitti,...) e C (magazzini, depositi, laboratori,...), escluse le categorie a/10 (uffici e studi privati) e C/1 (negozi e botteghe)

- 50 per i fabbricati appartenenti ai gruppi catastali a/10 e D (alberghi, te-atri, banche,...);

- 34 per i fabbricati classificati in C/1

Fabbricati classificati in d non iscritti in catasto interamente utilizzati da imprese e distintamente contabilizzati

il valore imponibile è determinato sulla base del valore risultante dalle scrit-ture contabili fino all’anno di imposta nel corso del quale al fabbricato viene at-tribuita la rendita catastale, oppure viene annotata al catasto la rendita proposta con l’osservanza della procedura DoC-Fa (D.M. 19.4.1994 n. 701).

in questo secondo caso, poiché è avviato l’accatastamento con l’osservanza della procedura prevista net detto provvedimento, viene utilizzata la rendita pro-posta dall’interessato.

Quando invece l’imponibile è determinato sulla base delle scritture contabili, viene indicizzato il costo lordo dell’immobile per ciascun periodo di formazione, secondo appositi coefficienti annualmente aggiornati con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ugualmente per gli immobili in leasing di categoria catastale D l’art.5, com-ma 3, del d.lgs. n. 504/1992 stabilisce che la base imponibile può essere rap-portata alla rendita catastale proposta al momento del loro accatastamento o,

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in difetto, al valore risultante dalle scritture contabili del locatario, come sopra specificato.

Va chiarito che il criterio del valore contabile è applicabile finchè non viene attribuita la rendita catastale; e che, comunque, non esplica alcun effetto sugli anni pregressi la differenza di imponibile che dovesse verificarsi net passaggio dal valore contabile a quello catastale.

Pertanto è precluso il recupero di differenza di imposta da parte del Comune in ipotesi di valore contabile inferiore a quello catastale; ed è altresì precluso i1 rimborso al contribuente net caso opposto.

Fabbricati privi di rendita catastale:

Fabbricati inquadrabili nelle categorie a, B, e C non iscritti in catasto; fab-bricati classificati in D non utilizzati da imprese; fabbricati per i quali sono intervenute variazioni permanenti che influiscono sull’ammontare delta rendita catastale, ovvero dovute all’accorpamento di più unita immobiliari.

Per gli immobili diversi da quelli classificabili in D e non iscritti in catasto il valore imponibile è determinato sulla base della c.d. rendita presunta, cioè considerando la rendita di fabbricati similari già iscritti.

Un uguale criterio deve essere applicato per i fabbricati classificabili in D e non utilizzati da imprese. Se invece esiste tale utilizzazione si applica il valore registrato nelle scritture contabili.

il ricorso alla stessa rendita si può verificare naturalmente nel caso di fab-bricati di nuova costruzione; ma può anche riguardare quegli immobili che, già provvisti di rendita catastale, hanno subito variazioni strutturali o di destinazione permanenti per effetto delle quali non è applicabile la rendita precedentemente attribuita (modificazione delle ripartizioni interne, fusione totale o parziale di più unità immobiliari).

Immobili di interesse storico o artistico

ai sensi dell’art. 2, comma 5, della Legge n. 75/1993, quale modificato dal d. 1gs. n. 490/1999, la base imponibile per tali beni si determina applicando alla minor tariffa d’estimo della zona censuaria in cui si trova l’immobile i moltipli-catori previsti per le categorie a, B e C.

Aree fabbricabili

Per tale categoria di beni non sussiste la possibilità di predeterminare un valore sulla base di classificazioni corrispondenti a quelle catastali.

Come anticipato nel paragrafo 2.3, una possibilità tuttavia per conseguire una base di valutazione che possa avvicinarsi al sistema catastale è data dalla facoltà concessa dall’art. 59, comma 1, lettera g), del D.P.r. 446/1997 ai Comuni di determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali delle aree edificabili secondo il comune mercato, ovvero secondo i criteri utilizzati ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità.

L’esercizio di tale facoltà è finalizzato allo scopo di dare trasparenza e cre-dibilità all’attività accertativa del Comune, ed anche a quello di limitare il con-tenzioso.

Qualora non venga esercitata tale facoltà, il valore imponibile dovrà consi-derare la zona di allocazione del bene, l’indice di edificabilità, la destinazione

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consentita, tutti gli oneri connessi alla edificazione e l’andamento nell’ambito territoriale e nell’anno considerato del mercato di tali aree.

Terreni

La base imponibile per tale ultima tipologia di beni è data dal reddito do-minicale risultante in catasto all’inizio dell’anno di imposizione; tale base va moltiplicata per 75 e, a decorrere dall’ 1.1.1997, con successiva rivalutazione del 25%.

4.2 L’aliquota d’imposta

L’aliquota d’imposta deve essere deliberata dalla Giunta comunale entro i1 31 ottobre di ogni anno ed ha effetto per l’anno successivo.

Dopo la pubblicazione all’albo pretorio, della deliberazione deve essere data notizia per estratto nella Gazzetta Ufficiale.

il Comune ha facoltà di graduare l’aliquota ici in relazione ai vari tipi di immobili.

L’aliquota minima è quella del 4 per mille, che viene applicata direttamente in mancanza di determinazione diversa.

L’aliquota massima è quella del 7 per mille, che è obbligatoria per i Comuni che hanno dichiarato il dissesto.

in ipotesi particolari è possibile scendere al di sotto, ovvero sfondare al di sopra,delle dette percentuali delle aliquote.

5. Gli aspetti agevolativi: esenzioni, riduzioni e detrazioni

i regimi agevolativi sono previsti negli artt. 7 e 8 del d. 1gs. n. 504/1992.

5.1 Esenzioni

il primo comma dell’art. 7 elenca le fattispecie di esenzione come segue:a) immobili destinati a pubbliche funzioni (demanio e patrimonio indisponi-

bile degli enti pubblici territoriali);b) immobili posseduti dagli stessi enti ai quali, anche se si tratta di immobili

non destinati esclusivamente a scopi istituzionali, con norma regolamentare può essere concessa tale esenzione (art. 59 d.lgs. n. 446/1997);

c) fabbricati aventi destinazione particolare: stazioni per servizi di trasporto; ponti comunali o provinciali soggetti a pedaggio, costruzioni per speciali esigenze pubbliche, fari, semafori, fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti;

d) fabbricati destinati ad usi culturali: musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche, quando siano aperti al pubblico e non produttivi di reddito per il possessore; giardini, terreni, parchi aperti al pubblico la cui conservazione sia riconosciuta di pubblico interesse; nonchè i fabbricati destinati in via esclusiva all’esercizio del culto, unitamente alle pertinenze;

e) fabbricati di proprietà della Santa Sede;f) fabbricati appartenenti agli Stati esteri ed alle organizzazioni internazionali,

se l’esenzione è prevista nelle convenzioni internazionali;g) fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e recuperati per attività assi-

stenziali;

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h) terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina individuate ai sensi di legge;

i) immobili destinati allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricreative, di religione o di culto.

in aggiunta a tali ipotesi, l’art. 1, comma 86, della legge 28.12.1995 n.549 ri-conosce ai Comuni la facoltà di deliberare agevolazioni per le attività artigianali e commerciali situate in zone chiuse al traffico per lo svolgimento di lavori finalizza-ti alla realizzazione di opere pubbliche, la cui durata sia superiore a sei mesi.

L’art 31, comma 18, della legge 27.12.2002 n. 289 estende l’esenzione 1.C.i. agli immobili posseduti dai consorzi tra enti pubblici anche non territoriali, ove si tratti di beni destinati a fini istituzionali.

5.2 Riduzioni

nella legislazione positiva vi sono varie ipotesi di riduzione dell’aliquota ap-plicabile, di seguito ne vengono indicate alcune.

L’art. 8 del d.lgs. n. 504/1992, modificato dalla legge n. 662/1996, prevede una riduzione dell’imposta nella misura del 50 % per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, per il periodo durante il quale sussistono tali condizioni.

inoltre per gli immobili non ancora venduti, realizzati da imprese di costru-zione, il Comune può introdurre un’aliquota ridotta nella misura fissa del 4 per mille, da usufruire per un periodo non superiore a tre anni.

Spetta altresì l’aliquota ridotta per l’abitazione principale, come stabilito dall’art. 4 del D.L. n. 437/1996, convertito nella legge n. 556/1996.

5.3 Detrazioni

L’indicata disposizione prevede anche una detrazione d’imposta, cioè un ab-battimento del carico tributario che spetterebbe normalmente, per l’abitazione principale del contribuente (attualmente pari a € 103,29).

Tale deve intendersi l’unita immobiliare nella quale il contribuente dimora abitualmente con la famiglia.

6. Doveri dei contribuenti, controlli, accertamenti e sanzioni

Gli adempimenti a cui sono chiamati i contribuenti sono previsti nell’art. 10 del d. 1gs. n. 504/1992.

il debito tributario si calcola per anno solare, ed ogni obbligazione annuale è autonoma e di norma non è ammessa compensazione tra debiti e crediti relativi a periodi diversi, salvo diversa regolamentazione.

L’importo dovuto va versato in due rate: il 50% a titolo di acconto entro il 30 giugno; il residua entro il 20 dicembre.

i Comuni normalmente gestiscono l’ici. attraverso un sistema informativo ter-ritoriale realizzato con supporti informatici tale da consentire l’organizzazione di banche-dati quale struttura di base per l’assolvimento di compiti di monito-raggio e verifica.

ove tale sistema non sia realizzato, devono provvedere con un adeguato si-stema organizzativo.

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L’attività di riscontro può sfociare in uno dei seguenti atti:- controllo formale delle dichiarazioni prodotte e dei versamenti effettuati;- emissione di avvisi di liquidazione per attribuzione della rendita catastale defi-

nitiva ed eventuale recupero della differenza di imposta per l’anno di riferimento;- accertamento in rettifica per difformità di dati e minore versamento rispet-

to al dovuto;- accertamento per omessa dichiarazione ovvero omesso versamento; atti di

irrogazione di sanzioni.il controllo delle dichiarazioni è preordinato innanzitutto alla correzione degli

errori materiali e di calcolo, con successiva liquidazione dell’imposta. il conse-guente avviso di liquidazione deve essere notificato entro il termine di decadenza del 31 dicembre del secondo anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione o della denuncia.

in caso di infedeltà, incompletezza od inesattezza della dichiarazione o del-la denuncia si provvede con avviso di accertamento e contestuale liquidazione dell’imposta entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o denuncia.

i termini per l’accertamento e la liquidazione ici. sono stati prorogati di 1 anno (cioè da 3 a 4 anni) con l’art. 1, comma 67, delta legge n. 311/2004 e con l’art. 1, quater, dal D.L. n. 314/2004, convertito nella legge n. 26/2005 limitata-mente all’anno 2005.

nella finanziaria per il 2006 non e stata disposta alcuna proroga.nel caso di omessa presentazione, i’avviso di accertamento deve essere noti-

ficato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichia-razione o la denuncia avrebbero dovuto essere presentate.

il 1° comma dell’art. 11 del D.P.r. n. 504/1992 stabilisce che, nel caso di fabbricati privi di rendita catastale, copia della dichiarazione è trasmessa dal Comune all’U.T.E. per l’attribuzione della stessa. in questa ipotesi il Comune provvede alla successiva liquidazione dell’imposta sulla base della rendita attribu-ita, senza applicazione di sanzioni e con la maggiorazione degli interessi. il Co-mune disporrà poi il rimborso delle somme eventualmente versate in eccedenza maggiorate degli interessi; ovvero dovrà pretendere il pagamento della maggior somma dovuta la quale, se supera di oltre il 30% quella dichiarata, a titolo di sanzione sarà maggiorata del 20%.

il sistema sanzionatorio è previsto dall’art. 14 del D.P.r. n. 504/1992, mo-dificato dall’art. 14 del d.lgs. n. 473 del 18.12.1997, che può essere riassunto come segue.

Per l’omessa presentazione della dichiarazione si applica la sanzione ammi-nistrativa dal cento al duecento per cento del tributo dovuto, con un minimo di lire centomila.

La sanzione per infedele denuncia è pari ad un importo tra il 50 e il 100% della maggiore imposta dovuta.

Se entro il termine per ricorrere alle Commissioni tributarie interviene adesio-ne del contribuente con il pagamento del tributo e della sanzione, quest’ultima è dovuta nella misura di un quarto.

L’omissione o l’errore non incidente sull’ammontare dell’imposta, nonchè la mancata esibizione di documenti o restituzione di questionari sono puniti con la sanzione amministrativa da € 51,50 a € 258,20.

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SEZioNE TErZa - i TriBUTi amBiENTaLi

1. Premessa

Le migliorate condizioni generali di benessere della popolazione nazionale hanno portato ad un mutamento delle abitudini sociali ed individuali.

Con un più favorevole accesso ad ogni bene di consumo, alimentare e non, neces-sario e voluttuario, si è assistito in questi ultimi decenni ad un vertiginoso aumento della produzione di rifiuti, con contestuale necessità da parte delle amministrazioni locali di organizzarne la raccolta e lo smaltimento, sostenendo il relativo costo.

L’impegno dei Comuni ha dovuto indirizzarsi sia nei confronti del tessuto urbano, per assicurarne il decoro mediante la raccolta dei rifiuti, sia più in gene-rale a tutela della collettività, per le possibili conseguenze connesse alle esigenze di smaltimento dopo la raccolta.

Per l’una e l’altra ragione le amministrazioni comunali sono state chiamate a un poderoso sforzo organizzativo, con oneri finanziari che devono comunque essere sostenuti dalla collettività locale.

L’aspetto peculiare che emerge dalla più recente normativa relativa alla mate-ria è costituito dal travaglio, anche legislativo, per individuare con che modalità realizzare la copertura del costo del servizio.

L’importanza dell’aspetto finanziario risultava ben rinvenibile nella normativa sulla tassa per la rimozione e smaltimento dei rifiuti solidi urbani (tarsu), ed è presente ancora di più nella nuova formulazione dell’imposizione che assume il nome di Tariffa di igiene ambientale (tia).

Con tale nuovo tributo i Comuni hanno l’obbligo di raggiungere l’integrale copertura del costo del servizio nei confronti della comunità locale, quale bene-ficiaria primaria e diretta dello stesso.

Ma la nuova normativa ha anche la finalità di proporre elementi di indiriz-zo alternativo, mediante una politica ambientale di promozione e rinnovamento culturale, sia nell’impostazione organizzativa del servizio da parte delle ammi-nistrazioni comunali, che nei comportamenti degli utenti beneficiari, sollecitati ad attività collaborative.

L’obiettivo è quello di ottenere da parte di quest’ultimi un impegno diretto ad avviare sin dalla formazione del rifiuto una raccolta differenziata, quale mezzo per conseguire una riduzione del conferimento in discarica, e, da parte delle amministrazioni, la predisposizione degli aspetti organizzativi che facilitino i comportamenti degli utenti.

recuperare il costo del servizio nonchè realizzare la tutela dell’ambiente sono, pertanto, gli obiettivi che la nuova normativa si propone di realizzare.

2. La tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani

attualmente il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti prodotti dai cittadini nell’ambito del territorio urbano è disciplinato dagli articoli dal 58 all’80 del d.lgs. n. 507 del 15.11.1993, emanato in attuazione della delega prevista all’art. 4 della legge 23.10.1992 n. 421.

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il provvedimento fissa alcune prescrizioni ed criteri cui devono attenersi i Comuni nel disciplinare con proprio regolamento il servizio, che deve essere obbligatoriamente istituito (art. 58)

ai fini dell’applicazione del tributo stabilisce poi quel provvedimento che il primo adempimento del Comune è quello della delimitazione dei perimetri del-le zone di raccolta, nonchè la scelta della forma organizzativa e delle modalità di effettuazione, con approvazione delle conseguenti tariffe. Prevede, altresì, che nelle zone esterne a quelle delimitate i residenti debbano ugualmente utilizzare il servizio pubblico, ma la tassa va applicata in misura non superiore al 40%, in relazione alla distanza di tali zone rispetto al più vicino centro di raccolta (art. 59).

il regolamento comunale deve altresì disciplinare le modalità per l’equipa-razione ai rifiuti urbani domestici di quelli derivanti da attività professionali e d’impresa (artigianali, commerciali, di servizi e produttive in genere) ai fini del conferimento al servizio pubblico e dell’applicazione della tassa (art. 60).

Punto centrale delta normativa è la disposizione secondo cui, con gradualità, il costo di esercizio deve essere coperto dal gettito della tassa, salvo casi parti-colari per i quali non si applica tale principio (art. 61). Ma nella realtà ammi-nistrativa non sempre e stato realizzato tale obiettivo.

il presupposto oggettivo è dato dal fatto dell’occupazione o detenzione da parte di un soggetto di locali ed aree scoperte adibite a qualsiasi uso, con al-cune eccezioni:

- locali ed aree che non possono produrre rifiuti;- aree o parti di aree dove si producono rifiuti speciali, tossici o nocivi, che

devono essere smaltiti dai produttori a proprie spese;- aree che producono rifiuti da smaltire secondo particolari discipline (sani-

tarie, ambientali, di protezione civile, ecc.) (art. 62).il presupposto soggettivo è dato dal fatto che tale occupazione o detenzione

dei locali e delle aree sia effettuato da un soggetto a qualsiasi titolo: per abita-zione o per l’esercizio di attività professionali o d’impresa (art. 63).

il Comune determina le tariffe sulla base delle categorie e sottocategorie delle aree e dei rifiuti (art. 64-66).

il regolamento comunale prevede le possibili agevolazioni quali esenzioni, riduzioni e detrazioni (art. 67).

Le disposizioni successive a quelle indicate riguardano le altre materie oggetto della regolamentazione comunale, quali quelle relative agli obblighi degli utenti e ai poteri di accertamento, di riscossione anche coattiva, nonchè di applicazione delle sanzioni da parte dei Comuni.

Tra gli obblighi degli utenti vi è quello della dichiarazione su appositi mo-duli entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione. La dichiarazione è unica per tutti gli immobili o le aree occupati o detenuti da uno stesso soggetto nel territorio comunale ed è valida anche per gli anni successivi, salvo dichiarazione di modifica.

il quadro normativo delineato consente di ricavare qualche concetto generale relativo al tributo.

Va innanzitutto rilevato che il presupposto per l’applicazione del tributo è dato dalla potenzialità di produzione di rifiuti da parte degli occupanti, non dalla effettiva produzione.

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La logica fatta propria dalla normativa è quindi quella secondo cui la tassa è dovuta per l’occupazione di locali ed aree, non per l’attività che possa svolgersi all’interno delle stesse. Solo comprovate ipotesi, espressamente previste, possono escluderne l’applicazione.

Con l’art. 1, comma 340 e segg. della l. n. 311/2004 sono stati introdotti meccanismi di controllo e di verifica per le superfici degli immobili dichiarati dai contribuenti ai fini tarsu, rispetto alle superfici risultanti dal catasto, ai fini delta riduzione dell’evasione fiscale.

3. La tariffa di igiene ambientale

L’art. 49, comma 1, del d.lgs. n. 22/1997 ha previsto la soppressione della tarsu e la sua sostituzione con la Tariffa di igiene ambientale.

L’entrata in vigore della disciplina introdotta con tale disposizione, meglio co-nosciuta quale “Decreto ronchi”, è stata variamente diversificata, come stabilito dall’art.1 del D.P.r. n. 158/1999, modificato dall’art. 4, comma 116, della legge n. 350/2003 (finanziaria per il 2004).

allo scopo tale norma considera due distinti presupposti ai fini dell’applica-zione della nuova disciplina: il grado di copertura dei costi del servizio ed il numero di abitanti dei Comuni.

Per i Comuni aventi una popolazione superiore ai 5000 abitanti l’obbligo di applicare la nuova tariffa decorre dall’ 1.1.2005, se per l’anno 1999 hanno realizzato una percentuale di copertura dei costi del servizio pari o superiore al 55%. Se tale percentuale è inferiore, l’obbligo dell’applicazione è stabilito all’ 1.1.2008.

Tale termine è stato spostato al 2006 dall’art. 1, comma 523, della legge n. 311/2004; ed al 2007 dall’art. 1, comma 134, delta i. n. 266/2005.

Per i Comuni con popolazione inferiore, tale obbligo decorre comunque dall’ 1.1.2008.

Caratteristica della nuova imposizione è quella di dover necessariamente re-alizzare la copertura integrale di tutti i costi di gestione dei rifiuti, siano essi domestici che assimilati a questi; ed il gettito dove coprire gli oneri di raccolta, trasporto e smaltimento, comprese le attività da effettuare ai fini dei controlli sulle operazioni stesse e sugli impianti di smaltimento, nonchè quelle connesse con l’attività di accertamento, riscossione e contenzioso.

i presupposti soggettivi ed oggettivi relativi alla Tariffa riproducono di mas-sima i caratteri propri della tarsu.

L’originalità della normativa è costituita dalle modalità di applicazione e ri-scossione della Tariffa.

Viene infatti assegnato un ruolo centrale al gestore del servizio, al quale fanno riferimento gli oneri e le entrate, l’organizzazione del servizio nonchè l’effettua-zione delle operazioni di applicazione e riscossione.

Le modalità di gestione del servizio possono essere di tre tipologie:a) gestione diretta o in economia, nella quale ipotesi il servizio è gestito

all’interno della struttura comunale mediante la nomina di un responsabile;b) gestione mediante affidamento, sulla base di convenzione, ad un soggetto

terzo estraneo all’amministrazione, il quale diventa il titolare e il responsabile

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del servizio, chiamato ad organizzare il servizio nonchè ad applicare e riscuotere la tariffa quale determinata dal Comune;

c) gestione del servizio da parte dell’autorità di ambito Territoriale ottima-le (a.T.o.), nel qual caso la gestione del servizio sarà effettuata da parte di un nuovo soggetto pubblico sovra-comunale (una specie di authority costituita dagli stessi enti locali interessati).

Qualunque sia la forma di gestione, spetterà sempre al Comune determinare l’istituzione, il regolamento applicativo e le misure delle tariffe, nonchè effettuare i controlli sulla gestione del servizio.